News 27 Febbraio 2017 - Area Tecnica


NORMATIVA

Gare: i contributi dovuti da stazioni appaltanti, operatori economici e SOA

close icon

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2017 la delibera dell’Autorità, già in vigore dal 1 gennaio 2017, con le quali sono fissati i termini e le modalità dei versamenti dovuti da stazioni appaltanti, operatori economici e Società Organismi di Attestazione per la partecipazione alle gare pubbliche.  Per approfondire vai alla Delibera n. 1377 del 21 dicembre 2016

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21 febbraio 2017 la delibera dell’Autorità, già in vigore dal 1 gennaio 2017, con le quali sono fissati i termini e le modalità dei versamenti dovuti da stazioni appaltanti, operatori economici e Società Organismi di Attestazione per la partecip ... Continua a leggere

 

Nuovo codice della strada: la circolare sul programma delle competizioni motoristiche su strada

close icon

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18.2.2017 la CIRCOLARE 13 febbraio 2017, n. 765 del Ministero Delle Infrastrutture e Dei Trasporti recante "Nuovo codice della strada - Art. 9 - Competizioni motoristiche su strada. Circolare relativa al programma delle gare da svolgersi nel corso dell'anno 2017." Per saperne di più vai alla circolare.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18.2.2017 la CIRCOLARE 13 febbraio 2017, n. 765 del Ministero Delle Infrastrutture e Dei Trasporti recante "Nuovo codice della strada - Art. 9 - Competizioni motoristiche su strada. Circolare relativa al programma delle gare da svolgersi nel cor ... Continua a leggere

 

Codice dei contratti pubblici: al via la consultazione per i correttivi

close icon

L’articolo 1, comma 8, della legge 28 gennaio 2016, n. 11, dispone che il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016) può emanare disposizioni integrative e correttive al codice stesso, con la medesima procedura prevista per l’adozione del provvedimento principale. A tal fine, in attuazione di quanto previsto dal comma 2 del richiamato articolo 1 della legge delega, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha avviato una consultazione, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l’ANAC, delle principali categorie di soggetti destinatari del provvedimento correttivo, di prossima adozione. I soggetti coinvolti sono stati invitati a fornire i propri contributi in relazione al testo coordinato degli articoli modificati o integrati dal provvedimento correttivo, con la possibilità di proporre modifiche riferite anche ad altri articoli. La consultazione si concluderà il prossimo 22 febbraio 2017 Per maggiori informazioni vai al testo coordinato del correttivo, sottoposto a consultazione.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

L’articolo 1, comma 8, della legge 28 gennaio 2016, n. 11, dispone che il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016) può emanare disposizioni integrative e correttive al codice stesso, con la medesima procedura prevista pe ... Continua a leggere

 

Codice dei Contratti Pubblici: Regolamento con requisiti degli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti

close icon

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13.2.2017 il DECRETO 2 dicembre 2016, n. 263 del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI sul "Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell'articolo 24, commi 2 e 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50." note: Entrata in vigore del provvedimento: 28/02/2017. per approfondi vai al decreto.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13.2.2017 il DECRETO 2 dicembre 2016, n. 263 del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI sul "Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingeg ... Continua a leggere

 

Nuovo codice degli appalti: Quadro aggiornato delle Linee guida dell’Anac. In arrivo il vademecum sulle Società in house

close icon

L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha reso noto che, dopo il recente parere favorevole del Consiglio di Stato, saranno varate a breve le linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione sugli affidamenti in house. Salirà così a sette il numero dei "vademecum" messi a punto per attuare il nuovo Codice degli appalti. Dalla scorsa estate, in conformità a quanto previsto dalla legge, l’Anac ha infatti emanato linee guida su alcune delle principali innovazioni introdotte nel comparto dei lavori pubblici: affidamento dei servizi di architettura e ingegneria (pubblicate in Gazzetta ufficiale il 29 settembre 2016), offerta economicamente più vantaggiosa (11 ottobre 2016), responsabile unico del procedimento (22 novembre 2016), affidamenti sotto soglia (23 novembre 2016), commissari di gara (3 dicembre 2016), gravi illeciti professionali (3 gennaio 2017). A queste vanno poi aggiunte le linee guida sul Direttore dei Lavori e Direttore dell’esecuzione, che lo scorso 15 dicembre sono state inviate al Ministero delle Infrastrutture perché confluiscano in un decreto ministeriale. Prima dell’approvazione, tutti i documenti sono stati sottoposti a consultazione pubblica e, in uno spirito di collaborazione istituzionale, al Consiglio di Stato, come le linee guida sul monitoraggio del partenariato pubblico-privato attualmente all’esame di Palazzo Spada. Quelle sui servizi infungibili, deliberate nelle settimane scorse, sono invece in attesa del parere dell’Agenzia Italia digitale. Per completare le previsioni normative restano da emanare le linee guida sulla qualificazione (il Codice consente un anno di tempo) e gli affidamenti dei concessionari, mentre sono sospese quelle sul rating d’impresa (oggetto di una segnalazione a Governo e Parlamento lo scorso 1° febbraio con richiesta di modifiche) e i requisiti aggiuntivi dei soggetti sottoposti a procedure fallimentari (di cui nel decreto correttivo al Codice potrebbe esserci la cancellazione). Per la qualificazione delle stazioni appaltanti si attende invece un apposito Dpcm del governo. Vai alle Le Linee guida

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha reso noto che, dopo il recente parere favorevole del Consiglio di Stato, saranno varate a breve le linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione sugli affidamenti in house. Salirà così a sette il numero dei "vademecum" messi a punto per attuare il nuovo C ... Continua a leggere

 

Potere sanzionatorio dell’Anac: in Gazzetta Ufficiale il comunicato con i nuovi modelli di segnalazione per gli operatori del settore

close icon

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2017 il Comunicato del Presidente del 21 dicembre scorso con il quale si forniscono i nuovi modelli di segnalazione, destinati agli Operatori del settore (Stazioni appaltanti, SOA, Operatori economici e soggetti interessati) correlati alle fattispecie che danno luogo all’esercizio del potere sanzionatorio riconosciuto all’Autorità dal nuovo codice dei contratti (art. 213, d.l.gs 50/2016). Il comunicato ed i modelli allegati sono entrati in vigore dalla data di pubblicazione in G.U., abrogando i modelli precedenti (Comunicato del Presidente del 18 dicembre 2013). Per approfondire vai al Comunicato del Presidente del 21 dicembre 2016 recante Modelli di segnalazione all’Autorità per le comunicazioni utili ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio della Autorità, relativamente ad Operatori Economici nei cui confronti sussistono cause di esclusione ex art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nonché per le notizie, le informazioni dovute dalle stazioni appaltanti ai fini della tenuta del casellario informatico.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2017 il Comunicato del Presidente del 21 dicembre scorso con il quale si forniscono i nuovi modelli di segnalazione, destinati agli Operatori del settore (Stazioni appaltanti, SOA, Operatori economici e soggetti interessati) correlat ... Continua a leggere

 

Casellario Informatico e Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici: i nuovi modelli Anac per le Stazioni appaltanti, gli Operatori economici e le Società Organismo di Attestazione

close icon

Sono stati adottati con una delibera dell’Autorità nuovi modelli standardizzati di comunicazione che le Stazioni appaltanti, gli Operatori economici e le Società Organismo di Attestazione dovranno utilizzare per ciascuna tipologia di informazione da rendere all’Autorità. Vai alla Delibera n. 1386 del 21 dicembre 2016

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Sono stati adottati con una delibera dell’Autorità nuovi modelli standardizzati di comunicazione che le Stazioni appaltanti, gli Operatori economici e le Società Organismo di Attestazione dovranno utilizzare per ciascuna tipologia di informazione da rendere all’Autorità. Vai alla Delibera n. 13 ... Continua a leggere

 

Codice Identificativo Gara: la delibera Anac sul CIG

close icon

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2017 una delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione con la quale si danno indicazioni alle stazioni appaltanti su tempi e modalità per l’acquisizione del CIG e su il suo perfezionamento e mancato perfezionamento. L’operatività del sistema resta invariata. L’atto entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Vai alla Delibera n. 1 dell’ 11 gennaio 2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2017 una delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione con la quale si danno indicazioni alle stazioni appaltanti su tempi e modalità per l’acquisizione del CIG e su il suo perfezionamento e mancato perfezionamento. L’operatività de ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Abusi edilizi: l'inviolabilità del domicilio non blocca l'ordine di demolizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Penale Sez. III del 23.2.2017

close icon

La Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale nella sentenza depositata in data 23 febbraio 2017 ha affermato che "L'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competenteautorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando tra l'altro il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972). Non sussiste infatti alcun diritto "assoluto" alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo, finalizzato a ristabilire l'ordine giuridico violato (dalla giurisprudenza CEDU si ricava, al contrario, l'opposto principio dell'interesse dell'ordinamento all'abbattimento - in luogo della confisca - delle opere incompatibili con le disposizioni urbanistiche)(Sez. 3, n. 18949 del 10/03/2016, Contadini e altro, Rv. 267024)." È poi ininfluente la circostanza che la procedura di sanatoria penda da molti anni e, addirittura nella vicenda in esame da circa venti anni, laddove non sia prevedibile un apprezzabile risultato. Sul punto, infatti, la Corte ha rilevato "la sanzione dell'ordine di demolizione, prevista dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sfugge alla regola del giudicato penale ed è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è consentita solo in presenza di determinazioni della P.A. o del giudice amministrativo incompatibili con l'abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (Sez. 3, n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv. 253050)". Quindi per neutralizzare l'ordine di demolizione non è sufficiente la, mera, possibilità che in tempi lontani, e comunque non prevedibili siano emanati atti favorevoli alla parte ricorrente ed è per questo che nella fattispecie concreta la Corte ha ritenuto irrilevante "la pendenza ventennale della procedura amministrativa di sanatoria (tra l'altro, finora, ad evidente esclusivo vantaggio del privato che ha goduto del bene), atteso che, a fronte delle innegabili inefficienze di pubbliche autorità, si pone in ogni caso l'obbligo di porre in esecuzione un ordine di demolizione, nascente da una sentenza irrevocabile di condanna". Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Penale Sez. III del 23.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale nella sentenza depositata in data 23 febbraio 2017 ha affermato che "L'ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente ... Continua a leggere

 

Abusi edilizi: l'ordinanza di demolizione penale non si prescrive

close icon

Si segnala la sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione depositata in data 23 febbraio 2017 che si è soffermata ad analizzare la natura dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna al fine di valutare il motivo di ricorso con il quale laricorrente (condannata con sentenza divenuta irrevocabile) ha invocato l'intervenuta prescrizione, a norma dell'art. 173 del codice penale della pena accessoria dell'ordine di demolizione, in ragione della sua natura penale. La Corte sul punto ha richiamato i precedenti giurisprudenziali in materia laddove hanno affermato che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere ripristinatorio, non è soggetto alla prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, né alla prescrizione stabilita dall'art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva. La Corte peraltro, richiama altresì la sentenza resa dalla Terza Sezione n. 9949 del 20/01/2016 che appunto conclude ribadendo che la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9 del d.P.R. 380 del 2001, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa, che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere stato o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso. Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una «pena» nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen.. In ogni caso, l'art. 31 Testo Unico dell'edilizia disciplina l'ingiunzione alla demolizione delle opere abusive, adottata dall'autorità amministrativa nel caso non venga disposta la demolizione d'ufficio; in caso di inottemperanza, è prevista l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, e, comunque, l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del Comune, finalizzata alla demolizione 'in danno', a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con specifica deliberazione consiliare non venga dichiarata l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. Il comma 9 del medesimo art. 31 prevede che la demolizione venga ordinata dal giudice con la sentenza di condanna, "se ancora non sia stata altrimenti eseguita". Una lettura sistematica della disposizione, dunque, conduce la Corte a ribadire la natura amministrativa, e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale, della demolizione, pur quando ordinata dal giudice penale. Conclude poi la Corte precisando come sia pacifico che l'ordine 'giudiziale' di demolizione è: - suscettibile di revoca da parte del giudice penale allorquando divenga incompatibile con provvedimenti amministrativi di diverso tenore, in tal senso non mutuando il carattere tipico delle sanzioni penali, consistente nella irretrattabilità, ed è impermeabile a tutte le eventuali vicende estintive del reato e/o della pena (ad esso non sono applicabili l'amnistia e l'indulto); - resta eseguibile, qualora sia stato impartito con la sentenza di applicazione della pena su richiesta, anche nel caso di estinzione del reato conseguente al decorso del termine di cui all'art. 445, comma 2, codice procedura penale. Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Si segnala la sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione depositata in data 23 febbraio 2017 che si è soffermata ad analizzare la natura dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna al fine di valutare il motivo di ricorso con il quale la ... Continua a leggere

 

Lottizzazione abusiva: i segnali indicatori

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 24.2.2017

close icon

La giurisprudenza del Consiglio di Stato da ultimo richiamata dalla Quarta Sezione nella sentenza depositata in data 24.2.2017 (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 24 novembre 2015, n. 5328) ha chiarito che la cd. lottizzazione abusiva (materiale o anche solo negoziale) configura una tipologia diabusivismo di particolare gravità. Rappresentano segnali indicatori di essa: il mero inizio di opere edilizie, o anche soltanto la suddivisione di un'area più o meno estesa in lotti, con modalità tali da far supporre la destinazione a scopo edificatorio, mediante opere concretamente idonee a stravolgere l'assetto territoriale preesistente. Una lottizzazione abusiva può individuarsi solo in presenza della preordinata trasformazione di una porzione di territorio, in modo tale da aggiungere una nuova e composita maglia al tessuto urbano, con conseguente necessità (per la consistenza innovativa dell'intervento) di costituzione o integrazione della necessaria rete di opere di urbanizzazione. Nella fattispecie le opere in concreto realizzate costituiscono un chiaro esempio di lottizzazione poiché rappresentano una trasformazione del territorio a servizio degli immobili in questione, non potendo altrimenti intendersi la realizzazione di una strada dotata di marciapiedi, di cunette e di sottoservizi tra i quali la realizzazione di una fogna di tipo misto. Lo stato di fatto rilevato dai documenti di causa risulta correttamente ricostruito dal primo giudice (...). Inoltre, nell’ipotesi di lottizzazione c.d. "materiale", si è a più riprese evidenziato (cfr. Cons. St., Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115) che la fattispecie integra qualcosa di diverso, seppur collegato, rispetto alle singole opere realizzate, costituendo un quid pluris (anche, ovviamente, in termini di maggiore gravità). Si rammenta, infatti, che, la fattispecie di lottizzazione abusiva disciplinata in passato dall'art. 18 l.n. 47 cit., si riferisce alla mancanza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione, prevista dall'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150. Si è posto in luce pertanto che alcun rilievo sanante sull'abuso in questione può rivestire il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria. Ciò in quanto, ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di tale lottizzazione, sia stata rilasciata una concessione edilizia (cfr. C.d.S. sez. V 26.03.1996 n. 301). In tal senso si è pronunciata altresì la Corte Costituzionale nella sentenza n. 148/1994, con cui è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle norme che escludono la condonabilità, ai fini penalistici, del reato di lottizzazione abusiva, nel caso in cui la stessa risulti conforme alle prescrizioni di legge ed alla strumentazione urbanistica. Sul punto la Corte ha chiarito al riguardo che: "il rilascio della concessione in sanatoria opera nell'ambito di uno schema procedimentale, delineato nell'art. 13 della stessa legge 26 febbraio 1985, n. 47, con previsione di interventi, adempimenti e termini, che appaiono specificamente modellati sulla fattispecie della costruzione priva di concessione. Di qui l'impossibilità di una mera trasposizione di un siffatto schema procedimentale all'ipotesi della lottizzazione abusiva, per la quale occorrerebbero, pertanto, soluzioni normative che mai potrebbero essere apprestate in questa sede, implicando, fermo quanto dedotto in ordine alla non comparabilità delle situazioni, scelte di modi, condizioni e termini che non spetta alla Corte stabilire". Né, da ultimo, rileva la mancata trascrizione nei registri immobiliari dell’ordinanza n. 56/2006, circostanza che non può valere quale vizio di legittimità, ma al più può rilevare sotto il profilo civilistico nei rapporti tra privati. Del resto, dal punto di vista amministrativo, in presenza di lottizzazione abusiva, è irrilevante l'asserita buona fede degli acquirenti, i quali in ipotesi facciano risalire la responsabilità della lottizzazione stessa esclusivamente ai loro danti causa, trattandosi di una situazione in cui rileva, dal punto di vista urbanistico, la sussistenza di un abuso oggettivo, fermo restando che la tutela dei terzi acquirenti di buona fede, estranei all'illecito, può essere fatta valere in sede civile nei confronti dell'alienante (Cons. St., Sez. IV, 3 aprile 2014, n. 1589)." Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 24.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato da ultimo richiamata dalla Quarta Sezione nella sentenza depositata in data 24.2.2017 (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 24 novembre 2015, n. 5328) ha chiarito che la cd. lottizzazione abusiva (materiale o anche solo negoziale) configura una tipologia di ... Continua a leggere

 

Parcheggio interrato: il principio di generale rilevanza paesaggistica

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 24.2.2017

close icon

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata il 24 febbraio 2017 ha affermato che "Anche la realizzazione di un parcheggio interrato comporta alterazione dell’aspetto visibile dei luoghi attraverso le necessarie opere complementari fuori terra -ad esempio l’accesso e le prese d’areazione- per le quali un problema di compatibilità paesaggistica si pone: così in un caso analogo si è espressa la sentenza della Sezione 3 giugno 2014, n. 2835. Vale poi quanto affermato, sempre in un caso analogo, dalla sentenza della Sezione 11 settembre 2013, n. 4503. L’art. 167 del d. lgs. 42/2004, comma 2 lettera a), non consente la sanatoria di lavori "realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica", i quali abbiano comunque determinato "creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati", e quindi non distingue fra costruzioni fuori terra e costruzioni interrate o seminterrate. Se ne ricava, in base alla comune logica, un principio di generale rilevanza paesaggistica anche delle costruzioni di questo tipo, che devono quindi essere autorizzate al pari delle costruzioni fuori terra quando siano oggetto di nuove opere, restando soggette a tutti i divieti e limiti come quello che qui rileva.". Per approfondire leggi il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 24.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata il 24 febbraio 2017 ha affermato che "Anche la realizzazione di un parcheggio interrato comporta alterazione dell’aspetto visibile dei luoghi attraverso le necessarie opere complementari fuori terra -ad esempio l’accesso e le prese d ... Continua a leggere

 

Ristrutturazioni abusive: i presupposti per la sanzione pecuniaria in luogo della rimessione in pristino

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 24.2.2017

close icon

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 24.2.2017 ha richiamato quanto già affermato dal medesimo Consesso (sentenza 1084/2014) relativamente alla fattispecie, di ristrutturazione abusiva, alla quale è applicabile la norma statale l’art. 33 del T.U. 308/2001, che in generale prevede la sanzione della rimessione in pristino (comma 1) e solo qualora essa non sia possibile "sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale", dispone che si applichi una sanzione pecuniaria, commisurata peraltro all’aumento di valore dell’immobile e non compresa entro un minimo e un massimo edittale (comma 2). Per quanto qui più da vicino interessa, la stessa norma prevede poi, al comma 3, che "Qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro novanta giorni dalla richiesta il dirigente o il responsabile provvede autonomamente". La sentenza 1084/2014 ha chiarito che la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria rimane anche quando, come accaduto nella specie, la Soprintendenza, regolarmente richiesta del parere, non si sia pronunciata." Per saperne di piu vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 24.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 24.2.2017 ha richiamato quanto già affermato dal medesimo Consesso (sentenza 1084/2014) relativamente alla fattispecie, di ristrutturazione abusiva, alla quale è applicabile la norma statale l’art. 33 del T.U. 308/2001, che i ... Continua a leggere

 

Apertura di nuove attività commerciali, imprenditoriali od artigianali: la legittimazione ad impugnare degli esercenti del medesimo tipo di attività

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

close icon

La legittimazione a impugnare i provvedimenti finalizzati ad autorizzare l’apertura di nuove attività commerciali, imprenditoriali o artigianali da parte degli esercenti del medesimo tipo di attività, non sempre può essere riconosciuta sulla base del solo elemento della vicinitas, intesa in senso commerciale (ovvero come medesimo bacino di utenza), dovendosi avere riguardo, a tal fine, alla tipologia, alla natura e alle dimensioni dell’attività considerata nonché al contesto territoriale e spaziale in cui la medesima andrà ad inserirsi. Di modo che se la vicinitas, nel senso sopra detto, può essere di per sé sufficiente a qualificare l’interesse ad opporsi all’apertura di una grossa struttura commerciale che per le sue caratteristiche ha la capacità di attrarre clientela anche da zone molto distanti da quella in cui si prevede l’ubicazione, non altrettanto può dirsi in relazione ad attività, come quella di specie, di non grandi dimensioni e, sostanzialmente, di tipo artigianale (officina meccanica). È' quanto affermato dalla Quinta sezione del consiglio di stato che nella sentenza depositata il 23 febbraio 2017 ha altresi evidenziato come in tali casi sia da escludere la titolarità della legittimazione ad agire in assenza di prova circa la diretta e immediata interferenza della nuova attività con quella preesistente, ciò, in particolare, laddove il nuovo esercizio sia da localizzare a notevole distanza dal quello già esistente (Cons. Stato, V, 13 marzo 2014, n. 1263; 30 novembre 2012, n. 6113; IV, 26 novembre 2009, n. 7447). A quanto sin qui esposto, la Quinta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23 febbraio 2017 ha aggiunto che, trattandosi di condizione dell'azione, non è necessario che il danno derivante dal rilascio della nuova autorizzazione, che costituisce titolo fondante della legittimazione ad agire, sia concretamente provato nella sua effettiva consistenza, venendo esso in rilievo in chiave meramente potenziale. Cionondimeno occorre che lo stesso venga prospettato in modo non implausibile e suffragato da elementi di prova dotati di apprezzabile significatività, specie a fronte dell'altrui contestazione di tale condizione." Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La legittimazione a impugnare i provvedimenti finalizzati ad autorizzare l’apertura di nuove attività commerciali, imprenditoriali o artigianali da parte degli esercenti del medesimo tipo di attività, non sempre può essere riconosciuta sulla base del solo elemento della vicinitas, intesa in senso c ... Continua a leggere

 

Procedure di gara: l'oggetto del contratto di avvalimento finalizzato a munire l’impresa ausiliata dell’attestazione SOA

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

close icon

Quando oggetto dell’avvalimento è un’attestazione SOA di cui la concorrente è priva, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale - comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse - che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire l’attestazione da mettere a disposizione. Ed invero, in base al combinato disposto dell’art. 40 del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici) e 76 del D.P.R. 5/10/2010, n. 207 (regolamento di esecuzione ed attuazione al detto codice) l’attestazione SOA è rilasciata da appositi organismi a seguito di un’articolata verifica istruttoria volta a constatare la sussistenza, in capo all’impresa richiedente, oltre che dei requisiti di ordine generale, di quelli indicati nell’art. 79 del citato D.P.R. n. 207/2010, nello specifico: "a) adeguata capacità economica e finanziaria; b) adeguata idoneità tecnica e organizzativa; c) adeguata dotazione di attrezzature tecniche; d) adeguato organico medio annuo". Inoltre, ai sensi dell’art. 63, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 207/2010, per poter ottenere la qualificazione, in classifiche superiori alla I e alla II, "…le imprese devono possedere il sistema di qualità aziendale conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000…". Dal che discende che l’attestazione SOA costituisce il frutto di una valutazione complessiva degli svariati elementi facenti parti dell’organizzazione aziendale, che non coincide con la mera sommatoria degli stessi e che non ne consente una considerazione atomistica. Conseguente il contratto di avvalimento finalizzato a munire l’impresa ausiliata dell’attestazione SOA necessaria per partecipare alla gara deve avere ad oggetto il prestito dell’insieme delle dette risorse e tale oggetto, ai sensi dell’art. 88, comma 1, del citato D.P.R. n. 207/2010, dev’essere puntualmente determinato dal contratto, ovvero agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, secondo quanto recentemente affermato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con sentenza 4/11/2016, n. 23". Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Quando oggetto dell’avvalimento è un’attestazione SOA di cui la concorrente è priva, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale - comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse - che, co ... Continua a leggere

 

Gare pubbliche: l'accesso agli atti ed il termine per impugnare l'aggiudicazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

close icon

L'accesso ex art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163-2006 aggiunto dall'art. 2, comma l, lett. d), d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 ha istituito una ipotesi di accesso nello specifico settore delle gare pubbliche, con caratteristiche di specialità rispetto all’accesso ordinario all’epoca vigente ex art.22 e ss. L. n. 241-1990. Per la Quinta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 23 febbraio 2017 i caratteri differenziali sono evidenti, poiché: 1. non occorre istanza; 2. non occorre quindi un provvedimento di ammissione; 3. il titolo all'accesso è esclusivamente nella legge; 4. non occorre formale esplicitazione di legittimazione all'accesso; 5. non occorre formale dimostrazione di interesse; 6. non è assegnato all'Amministrazione un termine per la risposta; 7. non è imposta nessuna previa informativa ai controinteressati per l'eventuale opposizione; 8. l'accesso è garantito per legge "durante tutto l'orario in cui l'Ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio". Il comma 5-quater in esame, in particolare, specifica che "L'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'art. 13". Ciò significa che i 10 giorni cui fa riferimento il legislatore sono preordinati a permettere al concorrente di acquisire gli elementi eventualmente mancanti e solo in tale ipotesi e a tali condizioni è ammissibile l’eccezionale differimento dell’ordinario termine perentorio di impugnazione applicabile in materia di appalti che è improntato, come è noto, alla celere definizione dei relativi giudizi. Peraltro, come già osservato (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 30 ottobre 2015, n. 4982) è comunque irricevibile il ricorso giurisdizionale proposto per l'annullamento dell'aggiudicazione definitiva di gara pubblica e notificato oltre il termine di 30 giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione stessa, effettuata ai sensi dell'art. 79, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non essendo applicabile l'ulteriore termine di 10 giorni per l'accesso alla documentazione previsto dall'art. 79 comma 5-quater, cit. d.lgs. n. 163 del 2006 e, quindi, per avere conoscenza dei vizi procedimentali denunciati, ove risulti che il ricorrente ha già avuto notizia (nel caso in esame, con la stessa Determina impugnata) dei verbali delle sedute riservate della commissione giudicatrice, e dei punteggi assegnati alle ditte concorrenti per il merito tecnico ed era stata formata la graduatoria finale, atteso che in questa situazione il ricorrente già disponeva di tutte le informazioni essenziali per presentare il ricorso.". Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

L'accesso ex art. 79, comma 5-quater, d.lgs. n. 163-2006 aggiunto dall'art. 2, comma l, lett. d), d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 ha istituito una ipotesi di accesso nello specifico settore delle gare pubbliche, con caratteristiche di specialità rispetto all’accesso ordinario all’epoca vigente ex art. ... Continua a leggere

 

Strumenti urbanistici: la motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.2.2017

close icon

Per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifichearee, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate. È' questo il principio ribadito dalla Quarta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 22.2.2017 nella quale, inoltre, relativamente alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, si è ricordato che "l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478). Come si è già affermato (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), "le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute". Per completezza, il Collegio inoltre osserva che le uniche tassative ipotesi (individuate dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata in base alle argomentazioni elaborate dall’Adunanza plenaria n. 24 del 1999), in cui è richiesta una motivazione rafforzata, sono le seguenti: I) superamento degli standard minimi; II) presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; III) giudicato di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza; IV) destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola. Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459). Si è affermato che: "come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come "virtuale" e "imperfetto"), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico "documento" sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale "volontà"), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico. E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una "visione" dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano "a valle" in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente". Infine, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico (per il quale non è prevista comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto di pianificazione, come tale escluso dall’art. 13 l. n. 241/1990), non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.)". Per approfondire scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche ... Continua a leggere

 

Edilizia: i box realizzati per l'allenamento di cani

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

close icon

Per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un'opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un'opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (fra le decisioni più recenti cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016). Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015). La "precarietà" dell'opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016 cit.). Facendo applicazione di tali principi, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21 febbraio 2017 ha affermato che "i box, in parte coperti, realizzati per l’allevamento di cani e le altre opere accessorie che sono state realizzate, sul suolo agricolo di proprietà dell’appellante, non possono farsi rientrare fra le opere precarie, ai fini edilizi, e quindi fra le opere di edilizia libera. Peraltro, come ha evidenziato il T.A.R., i box per la custodia dei cani risultano anche ancorati stabilmente al suolo con pali di plastica riempiti di cemento che ne costituiscono il basamento. Correttamente pertanto il Comune ha ritenuto che le opere in questione erano state realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi e dovevano ritenersi quindi abusive.". Per approfondire scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un'opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un'opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche qua ... Continua a leggere

 

Opere abusive: il terzo condono e il vincolo paesaggistico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

close icon

Il c.d. terzo condono (previsto dall’art.32, comma 27, del d.l. n.269 del 2003) esige, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che non implica l’inedificabilità assoluta, il parere favorevole espresso dall’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo. In altri termini, l’insistenza dell’intervento in un’area protetta da un vincolo paesaggistico relativo non comporta un impedimento automatico del condono, ma postula, al contrario, una verifica di compatibilità delle opere con le esigenze di tutela implicate dal vincolo, che compete all’Autorità incaricata dell’amministrazione del regime di tutela, e non al Comune, che deve provvedere (solo) in via definiva sull’istanza di condono e che resta, quindi, onerato, prima di definire il procedimento, di acquisire il parere della competente Soprintendenza. Il principio appena enunciato espresso nella sentenza della Sesta sezione del Consiglio di Stato depositata in data 21 febbraio 2017 si fonda, in particolare, sul dirimente rilievo che la clausola di salvezza, contenuta nell’art.32, comma 27, del d.l. n.269 del 2003, delle previsioni di cui agli artt.32 e 33 della legge n.47 del 1985 non può che essere decifrata come comprensiva anche del richiamo del precetto che subordina il rilascio del titolo edilizio in sanatoria di opere eseguite su aree vincolate al previo parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, con conseguente esclusione, quindi, di qualsivoglia automatismo preclusivo connesso all’esistenza di un regime di tutela della zona interessata dagli interventi oggetto del condono. In coerenza con la conclusione appena raggiunta, la previsione della non sanabilità delle opere realizzate su immobili soggetti a vincolo, di cui all’art.32, comma 27, lett. d) d.l. n.269 del 2003, non può che essere intesa come riferita alle sole ipotesi in cui il regime di protezione implichi l’inedificabilità assoluta dell’area, e non anche ai casi di inedificabilità relativa, in cui, quindi, la indefettibile valutazione della compatibilità dell’intervento edilizio con la disciplina di tutela resta rimessa all’apprezzamento dell’Autorità preposta all’amministrazione del vincolo. La diversa esegesi che intende le disposizioni citate come preclusive della condonabilità di opere realizzate su zone protette, a prescindere dal carattere assoluto o relativo del vincolo, dev’essere, in particolare, rifiutata perché finirebbe per privare di qualsivoglia effetto e di ogni utilità la clausola di salvezza degli artt.32 e 33 della legge n.47 del 1985 (per quanto qui interessa), in violazione del canone ermeneutico che preclude un’esegesi che impedisca alla disposizione di produrre ogni effetto. La predetta regola ermeneutica, espressamente codificata all’art.1367 c.c. per l’interpretazione dei contratti, deve intendersi, infatti, applicabile, per la sua evidente valenza logica e generale, anche all’esegesi delle leggi (Cass. Civ., SS. UU, 5 giugno 2014, n.12644), con la conseguenza che tra più opzioni interpretative possibili dev’essere preferita quella che consente alla norma di produrre qualche effetto, rispetto alla lettura secondo cui il precetto resterebbe privo di ogni utilità. Per saperne di piu scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Il c.d. terzo condono (previsto dall’art.32, comma 27, del d.l. n.269 del 2003) esige, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che non implica l’inedificabilità assoluta, il parere favorevole espresso dall’Amministrazione preposta alla t ... Continua a leggere

 

Informativa antimafia: i principi giurisprudenziali consolidati per l'anticipazione della soglia di difesa sociale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 21.2.2017

close icon

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 21 febbraio 2017 ha richiamato i principi giurisprudenziali elaborati in materia di informativa antimafia rilevando che: " L’istituto dell’informativa antimafia si basa su una logica di "anticipazione della soglia di difesasociale", che consente di emanare il provvedimento anche a semplici "elementi sintomatici" di infiltrazioni e condizionamenti del crimine organizzato: così per tutte, da ultimo C.d.S. sez. III 22 giugno 2016 n.2774. Sussiste quindi in proposito una discrezionalità dell’amministrazione la quale, per quanto ampia, non è però senza limiti: deve essere esercitata sulla base non di meri sospetti, ma di specifici elementi di fatto, idonei a dimostrare un rischio di collegamenti con la criminalità organizzata in questione, elementi da considerare non isolatamente, ma nel quadro indiziario che nel loro complesso vanno a delineare: così espressamente C.d.S. sez. III 27 febbraio 2016 n.868. Assumono poi potenziale rilievo per il caso di specie alcune situazioni frequentemente poste a fondamento della misura interdittiva. In primo luogo, è noto che in proposito possono rilevare i rapporti tra i soggetti che, in senso ampio, governano l’impresa e loro familiari che risultino organici, affiliati, organici o semplicemente contigui alle associazioni mafiose. In proposito, si è chiarito che il mero rapporto di parentela non è sufficiente -non essendo possibile affermare che il parente di un mafioso sia per ciò solo mafioso- ma occorre che esso si atteggi in modo tale da far pensare, anche solo in termini di maggior probabilità, che l’impresa sia gestita dal soggetto criminale mediante il contatto con il proprio congiunto (così C.d.S. sez. III 3 maggio 2016 n.1743). In secondo luogo, possono rilevare anche rapporti non di parentela, ma di semplice frequentazione, fra gli stessi soggetti preposti all’impresa o da essa dipendenti e persone soggette a provvedimenti di carattere penale o a misure di prevenzione antimafia, quando si tratti di rapporti non dovuti al caso, ovvero ad una necessità di vita. Occorre in altre parole una "consapevolezza", anche non tradotta in condotte penalmente rilevanti, dell’imprenditore di "frequentare soggetti mafiosi e di porsi su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità", come ritenuto sempre dalla citata C.d.S. 1743/2016. In terzo luogo, possono rilevare vicende anomale di qualsiasi tipo nella struttura formale o nella concreta gestione dell’impresa, vicende spiegabili, anche qui semplicemente in una logica di maggiore probabilità, con "con la permeabilità mafiosa dell'impresa e il malcelato intento di dissimularla", di cui è tipico esempio l’intestazione di quote sociali o l’attribuzione della carica di amministratore ad una cd. "testa di legno": così ancora C.d.S. 1743/2016. Si è in particolare ritenuta legittima l’adozione di un’informativa antimafia cd. a cascata, ovvero fondata soltanto su "legami associativi stabili" tra l'impresa colpita dall'informativa ostativa e quella gravata da un'interdittiva precedente e senza, quindi, diversi e ulteriori addebiti rivolti alla prima, nel momento in cui "la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici": così C.d.S. sez. III 22 giugno 2016 n.2774." Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 21.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 21 febbraio 2017 ha richiamato i principi giurisprudenziali elaborati in materia di informativa antimafia rilevando che: " L’istituto dell’informativa antimafia si basa su una logica di "anticipazione della soglia di difesa ... Continua a leggere

 

Demolizione di opere abusive: la consapevolezza della natura abusiva degli interventi edificatori è antitetica alla tutela dell'affidamento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

close icon

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21 febbraio 2017 con riferimento alla problematica della tutela dell'affidamento del privato a fronte di un'ordinanza di demolizione che, nel caso di specie, veniva emessa a distanza di 18 anni dalla realizzazione del manufatto, ha dato continuità all’indirizzo giurisprudenziale, a mente del quale "la consapevolezza della natura abusiva degli interventi edificatori, è antitetica alla tutela dell’affidamento. Tutela che, in ogni caso, dovendo fondarsi su un affidamento legittimo è in apicibus temperata dalla natura dovuta dei provvedimenti adottati nell’esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo dell’attività edilizia (cfr., Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013 n. 3847)". Per maggiori informazioni vai al testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21 febbraio 2017 con riferimento alla problematica della tutela dell'affidamento del privato a fronte di un'ordinanza di demolizione che, nel caso di specie, veniva emessa a distanza di 18 anni dalla realizzazione del manufatto, ha dato con ... Continua a leggere

 

Aggiudicazione e violazione della clausola di "stand still"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

close icon

La violazione della clausola di "stand still", senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, non può mai comportare l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto. È quanto espresso nella sentenza del 21 febbraio 2017 dalla Sesta sezione del Consiglio di Stato nella quale,in particolare in ordine alla violazione del termine dilatorio (art. 11, comma 10, del d.lgs. 163 del 2006), viene precisato la correttezza della statuizione del TAR che ha ritenuto di poter rilevare d’ufficio la violazione dello "stand still" ai limitati fini dell’applicazione della sanzione amministrativa. Le sanzione alternative previste dall’art. 123 c.p.a. sono applicate d’ufficio dal giudice amministrativo in relazione al verificarsi sul piano "oggettivo" dei presupposti di legge, indipendentemente dal successivo esito del ricorso in merito alla sussistenza delle condizioni di legittimazione alla domanda di annullamento (in tal senso, cfr. Consiglio di Stato, sez. III Sezione, n. 3568 del 2013, sia pure con riguardo al periodo di stand still c.d. processuale, previsto dall’art. 11, comma 10-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006). L’automatismo sanzionatorio è giustificato, in primo luogo, dalla lettera della disposizione, secondo cui «il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto […]» in alternativa all’inefficacia parziale o totale del contratto. È inoltre coerente con la scelta normativa di attribuire al giudice amministrativo una funzione "materialmente" amministrativa, quale dispositivo organizzativo meglio in grado di garantire la concorrenza. Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La violazione della clausola di "stand still", senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, non può mai comportare l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto. È quanto espresso nella sentenza del 21 febbraio 2017 dalla Sesta sezione del Consiglio di Stato nella quale, ... Continua a leggere

 

Cauzione provvisoria: la funzione di garanzia della serietà e attendibilità dell'offerta e del "patto d'integrità"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 20.2.2017

close icon

In termini generali la cauzione provvisoria di cui all'art. 75 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 mira ad assicurare la serietà e attendibilità dell'offerta; essa, tuttavia, riveste anche una funzione sanzionatoria per altri comportamenti dell'offerente, pure ascrivibili alla rottura del patto d'integrità, quali quelli delineati dall'art. 48 d.lgs. n. 163-2006, relativi alla mancata o insufficiente dimostrazione dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, e altresì dei requisiti di carattere generale ex art. 38. L'incameramento della cauzione provvisoria non presuppone l'intervenuta formale aggiudicazione provvisoria: in ragione dell'essenziale funzione di garanzia della serietà e attendibilità dell'offerta e del "patto d'integrità", infatti, è evidente che la cauzione copre ogni ipotesi nella quale la mancata sottoscrizione del contratto, e a monte il non conseguito perfezionamento dei suoi presupposti procedimentali (aggiudicazione provvisoria e definitiva), sia addebitabile all'offerente. La sanzione correlata alla mancata produzione della prova del requisito ovvero di una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è l'esclusione dalla gara, con la conseguenza che detta esclusione interviene: a) sia in ipotesi di mancata produzione di prove atte a confermare la sussistenza dei requisiti; b) sia in ipotesi di mancata produzione di prove entro il termine perentoriamente previsto, salvo oggettiva impossibilità, il cui onere della prova grava sull'impresa; c) sia in ipotesi di produzione e documentazione che non confermi (nel senso che neghi o che non sia sufficiente a confermare) le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta. Per saperne di piu scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 20.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

In termini generali la cauzione provvisoria di cui all'art. 75 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 mira ad assicurare la serietà e attendibilità dell'offerta; essa, tuttavia, riveste anche una funzione sanzionatoria per altri comportamenti dell'offerente, pure ascrivibili alla rottura del patto d'integri ... Continua a leggere

 

Antimafia: la Banca dati nazionale unica consente ai Prefetti di monitorare e mappare le imprese sull’intero territorio nazionale e nelle attività svolte all'estero

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 9.2.2017

close icon

La disciplina dettata dal d. lgs. n. 159 del 2011 (c.d. codice delle leggi antimafia) consente l’applicazione delle informazioni antimafia anche ai provvedimenti a contenuto autorizzatorio. La tendenza del legislatore muove, in questa materia, verso il superamento della rigida bipartizione tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni. Questo tradizionale riparto dei rispettivi ambiti di applicazione, tipico della legislazione anteriore al nuovo codice delle leggi antimafia (d. lgs. n. 159 del 2011), si è rilevato inadeguato ed è entrato in crisi a fronte della sempre più frequente constatazione empirica che la mafia tende ad infiltrarsi, capillarmente, in tutte le attività economiche, anche quelle soggetto a regime autorizzatorio (o a s.c.i.a.), e che un’efficace risposta da parte dello Stato alla pervasività di tale fenomeno criminale rimane lacunosa, e finanche illusoria nello stesso settore dei contratti pubblici, delle concessioni e delle sovvenzioni, se la prevenzione del fenomeno mafioso non si estende al controllo e all’eventuale interdizione di ambiti economici nei quali, più frequentemente, la mafia si fa, direttamente o indirettamente, imprenditrice ed espleta la propria attività economica. L’esperienza ha mostrato, infatti, che in molti di tali settori, strategici per l’economia nazionale (l’edilizia, le grandi opere pubbliche, lo sfruttamento di nuove fonti energetiche, gli scarichi delle sostanze reflue industriali, come appunto nel caso di specie, relativo all’AUA, e persino la ricostruzione dopo i gravi eventi sismici che funestano il territorio italiano), le associazioni di stampo mafioso hanno impiegato, diretto o controllato ingenti capitali e risorse umane per investimenti particolarmente redditizi finalizzati non solo ad ottenere pubbliche commesse o sovvenzioni, ma in generale a colonizzare l’intero mercato secondo un disegno, di più vasto respiro, del quale l’aggiudicazione degli appalti o il conseguimento di concessioni ed elargizioni costituisce una parte certo cospicua, ma non esclusiva né satisfattiva per le mire egemoniche della criminalità; disegno, quello mafioso, talvolta agevolato dall’omertà, se non persino dalla collusione o dalla corruzione, dei pubblici amministratori. La tradizionale reciproca impermeabilità tra le comunicazioni antimafia, richieste per le autorizzazioni, e le informazioni antimafia, rilasciate per i contratti, le concessioni e le agevolazioni, ha fatto sì che le associazioni di stampo mafioso potessero, comunque, gestire tramite imprese infiltrate, inquinate o condizionate da essa, lucrose attività economiche, in vasti settori dell’economia privata, senza che l’ordinamento potesse efficacemente intervenire per contrastare tale infiltrazione, al di fuori delle ipotesi di comunicazioni antimafia emesse per misure di prevenzione definitive con effetto interdittivo ai sensi dell’art. 67 del d. lgs. n. 159 del 2011, anche quando, paradossalmente, a dette imprese fosse stata comunque interdetta la stipulazione dei contratti pubblici per effetto di una informativa antimafia. Ciò non di rado ha condotto allo stesso aggiramento della normativa antimafia, nel suo complesso, perché l’organizzazione mafiosa, anche dopo l’interdizione di una impresa mediante una informativa, poteva (e può) servirsi di una nuova, creata ad hoc, per avviare, intanto e comunque, una nuova attività economica privata, soggetta solo al regime della comunicazione antimafia, e nuovamente concorrere alle pubbliche gare, fintantoché non venga emessa una informazione antimafia anche a carico di quest’ultima. Il riordino della materia, impresso dalla legge delega, ha posto fine a molte delle gravi lacune evidenziatasi nel sistema precedente della prevenzione antimafia. La l. n. 136 del 13 agosto 2010, intitolata «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia», ha introdotto, nell’art. 2 che reca la specifica Delega al Governo per l’emanazione di nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, il comma 1, lett. c), il quale ha istituto la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, con immediata efficacia delle informative antimafia negative su tutto il territorio nazionale e «con riferimento a tutti i rapporti, anche già in essere, con la pubblica amministrazione, finalizzata all’accelerazione delle procedure di rilascio della medesima documentazione e al potenziamento dell’attività di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa». Sulla base di tale ricostruzione del quadro giuridico, la Terza sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 9 febbraio 2017 ha evidenziato come sia evidente che l’art. 2, comma 1, lett. c) si riferisca a tutti i rapporti con la pubblica amministrazione, senza differenziare le autorizzazioni dalle concessioni e dai contratti, come fanno invece, ed espressamente, le lett. a) e b); dunque, la lettera c) si riferisce anche a quei rapporti – come nel caso di specie l’AUA – che, per quanto oggetto di mera autorizzazione, hanno un impatto fortissimo e potenzialmente devastante su beni e interessi pubblici, come nei casi di scarico di sostanze inquinanti o l’esercizio di attività pericolose per la salute e per l’ambiente. Né giova replicare, come fa il primo giudice, che l’espressione «rapporti» si riferisca solo ai contratti e alle concessioni, ma non alle autorizzazioni, che secondo una classica concezione degli atti autorizzatori non costituirebbero un "rapporto" con l’Amministrazione. Tale conclusione non solo è smentita dal tenore letterale dell’art. 2, comma 1, lett. c), che non differenzia le une dalle altre come fanno, invece, la lett. a) e la lett. b) (che richiama la lett. a), ma anche a livello sistematico contrasta con una visione moderna, dinamica e non formalistica del diritto amministrativo, quale effettivamente vive e si svolge nel tessuto economico e nell’evoluzione dell’ordinamento, che individua un rapporto tra amministrato e amministrazione in ogni ipotesi in cui l’attività economica sia sottoposta ad attività provvedimentale, che essa sia di tipo concessorio o autorizzatorio o, addirittura soggetta a s.c.i.a., come questo Consiglio, in sede consultiva, ha chiarito nei numerosi pareri emessi in ordine all’attuazione del d. lgs. n. 124 del 1015 (v., in particolare e tra gli altri, il parere n. 839 del 30 marzo 2016 sulla riforma della disciplina della s.c.i.a.). Di qui la legittimità, anche prima dell’introduzione dell’art. 89-bis – di cui ora si dirà – con il decreto correttivo n. 153 del 2014, delle originarie previsioni contenute nel d. lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia) attuative dei fondamentali principî già contenuti in nuce nell’art. 2 della legge delega e, in particolare: - dell’art. 83, comma 1, laddove prevede che le amministrazioni devono acquisire la documentazione, di cui all’art. 84, prima di rilasciare o consentire i provvedimenti di cui all’art. 67 (tra cui rientrano, appunto, le autorizzazioni di cui alla lett. f); - dell’art. 91, comma 1, laddove prevede che detti soggetti devono acquisire l’informativa prima di rilasciare o consentire anche i provvedimenti indicati nell’art. 67; - dell’art. 91, comma 7, che prevede che con regolamento, adottato con decreto del Ministro dell’Interno – di concerto con quello della Giustizia, con quello delle Infrastrutture e con quello dello Sviluppo Economico ai sensi dell’art. 17, comma 3, della l. n. 400 del 1988 – siano individuate «le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore di impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l’acquisizione della documentazione indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all’art. 67», dovendosi ricordare che l’art. 67 tra l’altro prevede, alla lett. f), proprio le «altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominate»; L’introduzione dell’art. 89-bis del d. lgs. n. 159 del 2011 ad opera del d. lgs. n. 153 del 2014, dunque, non rappresenta una novità né, ancor meno, una distonia nel sistema, ma è anzi coerente con esso, secondo la chiara tendenza legislativa di cui si è detto, avviata dalla legge delega, che aveva già trovato parziale attuazione, sul piano sostanziale, nelle richiamate disposizioni del codice delle leggi antimafia. Tale disposizione prevede, nel comma 1, che «quando in esito alle verifiche di cui all’articolo 88, comma 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un’informazione interdittiva antimafia e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia» e in tal caso, come espressamente sancisce il comma 2, «l’informazione antimafia adottata ai sensi del comma 1 tiene luogo della comunicazione antimafia richiesta». Con questa previsione, che non ha natura attributiva di un nuovo potere sostanziale, invero già rinvenibile nei dati di diritto positivo sopra evidenziati, ma ha al più carattere specificativo e procedimentale, il codice delle leggi antimafia ha inteso chiarire e disciplinare l’ipotesi nella quale il Prefetto, nell’eseguire la consultazione della Banca dati nazionale unica per il rilascio della comunicazione antimafia, appuri che vi sia il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa. "L’art. 98, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011, come è noto, prevede che nella Banca dati nazionale unica, ora operativa, «sono contenute le comunicazioni e le informazioni antimafia, liberatorie ed interdittive» e, dunque, tutti i provvedimenti che riguardano la posizione "antimafia" dell’impresa; tale Banca consente, ai sensi del comma 2, la consultazione dei dati acquisiti nel corso degli accessi nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici, disposti dal Prefetto, e tramite il collegamento ad altre banche dati, ai sensi del comma 3, anche la cognizione di eventuali ulteriori dati anche provenienti dall’estero. Si tratta di disposizione quanto mai opportuna, considerato il carattere pervasivo ed espansivo, a livello economico, e la dimensione sovente transnazionale delle attività imprenditoriali da parte delle associazioni mafiose. Va qui ricordato che il Prefetto, richiesto di rilasciare la documentazione antimafia, può emettere la comunicazione antimafia liberatoria, attestando che la stessa è stata emessa utilizzando il collegamento alla Banca dati, in due ipotesi. a) quando non emerge, a carico dei soggetti censiti, la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 (art. 88, comma 1: c.d. comunicazione de plano); b) quando, emersa la sussistenza di una di dette cause ed effettuate le necessarie verifiche, di cui all’art. 88, comma 2, per accertare la «corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati nazionale unica alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto ad accertamenti», queste abbiano dato un esito negativo e non sussista più, nell’attualità, alcuna causa di decadenza, di sospensione o di divieto (art. 88, comma 1). Nel corso di tali verifiche, quando emerga dalla Banca dati la presenza di provvedimenti definitivi di prevenzione, ai sensi dell’art. 67, comma 1, del d. lgs. n. 159 del 2011, o comunque di dati che, ai sensi del richiamato art. 98, impongano una necessaria attività di verifica nell’impossibilità di emettere la comunicazione antimafia de plano, il Prefetto può riscontrare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, in base all’art. 89-bis, ed emettere informazione antimafia, sostitutiva della comunicazione richiesta. 8.7. Ciò può verificarsi, ad esempio, quando il Prefetto, nell’eseguire il collegamento alla Banca dati e le verifiche di cui all’art. 88, comma 2, constati l’esistenza di «una documentazione antimafia interdittiva in corso di validità a carico dell’impresa», come ad esempio una pregressa informativa emessa in rapporto ad un contratto pubblico, secondo quanto prevede espressamente l’art. 24, comma 2, del d.P.C.M. n. 193 del 2014 (regolamento recante le modalità di funzionamento, tra l’altro, della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita ai sensi dell’art. 96 del d. lgs. n. 159 del 2011), o acquisisca dati risultanti da precedenti accessi in cantiere, ai sensi dell’art. 98, comma 2, o informazioni provenienti dall’estero, ai sensi dell’art. 98, comma 3. 8.8. L’istituzione della Banca dati nazionale unica, prevista dall’art. 2 della legge delega sopra ricordato e resa operativa con il d.P.C.M. n. 193 del 2014, consente ora al Ministero dell’Interno, e per esso ai Prefetti competenti, di monitorare, e di "mappare", le imprese sull’intero territorio nazionale – o, addirittura, anche nelle loro attività svolte all’esterno – e nello svolgimento di qualsivoglia attività economica, che essa sia soggetta a comunicazione o a informazione antimafia, sicché l’autorità prefettizia, richiesta di emettere una comunicazione antimafia liberatoria, ben può venire a conoscenza, nel collegarsi alla Banca dati, che a carico dell’impresa sussista una informativa antimafia o ulteriori elementi di apprezzabile significatività, provvedendo ad emettere, ai sensi dell’art. 89-bis, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, una informativa antimafia in luogo della richiesta comunicazione. 8.9. E ciò perfettamente in linea con la richiamata previsione dell’art. 2, comma 1, lett. c) della legge delega che, giova ripeterlo, ha istituto una Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, testualmente, con «immediata efficacia delle informative antimafia negative su tutto il territorio nazionale» e «con riferimento a tutti i rapporti, anche già in essere, con la pubblica amministrazione, finalizzata all’accelerazione delle procedure di rilascio della medesima documentazione e al potenziamento dell’attività di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa». 9. Tale ultima finalità, chiaramente enunciata dal legislatore, pienamente giustifica, ad avviso di questo Consiglio, il potere prefettizio di emettere una informativa antimafia, ricorrendone i presupposti dell’art. 84, comma 4, e dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 in luogo e con l’effetto della richiesta comunicazione antimafia. 9.1. Al riguardo questo stesso Consiglio di Stato, sez. I, nel parere n. 3088 del 17 novembre 2015 ha già evidenziato che «le perplessità di ordine sistematico e teleologico sollevate in ordine all’applicazione di tale disposizione anche alle ipotesi in cui non vi sia un rapporto contrattuale – appalti o concessioni – con la pubblica amministrazione non hanno ragion d’essere, posto che anche in ipotesi di attività soggette a mera autorizzazione l’esistenza di infiltrazioni mafiose inquina l’economia legale, altera il funzionamento della concorrenza e costituisce una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubbliche». 9.2. La prevenzione contro l’inquinamento dell’economia legale ad opera della mafia ha costituito e costituisce, tuttora, una priorità per la legislazione del settore, che ha indotto il legislatore delegante e, di seguito, quello delegato, nelle previsioni originarie del codice delle leggi antimafia e dei successivi correttivi, ad estendere la portata delle informazioni antimafia anche ad ambiti tradizionalmente e precedentemente ad esse estranei. 9.3. Questo Collegio non ignora che, con l’ordinanza n. 2337 del 28 settembre 2016, il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha rimesso alla Corte costituzione la questione di compatibilità dell’art. 89-bis del d. lgs. n. 159 del 2011 in relazione ad un presunto eccesso di delega ai sensi degli art. 76, 77, primo comma, e 3 della Cost. 9.4. Alla Corte competerà, ovviamente, decidere di tale delicata questione quanto al sollevato vizio inerente al presunto eccesso di delega. 9.5. Ritiene tuttavia questo Collegio che tale questione, anche al di là della sua manifesta infondatezza per le ragioni sopra vedute, sia comunque irrilevante nel presente giudizio, perché l’applicazione dell’informativa antimafia alle autorizzazioni si fonda sull’applicazione della stessa legge delega e di disposizioni del codice delle leggi antimafia anche diverse dal richiamato art. 89-bis, che pure costituisce indice significativo ed ulteriore riconferma, sul piano procedimentale, della innovativa impostazione del legislatore in questa materia. 10. Deve questo Collegio solo qui aggiungere, per completezza, che non ritiene che la nuova disciplina contrasti con gli artt. 3, 24, 27, comma secondo, 41 e 42 Cost. 10.1. Lo Stato non riconosce dignità e statuto di operatori economici, e non più soltanto nei rapporti con la pubblica amministrazione, a soggetti condizionati, controllati, infiltrati ed eterodiretti dalle associazioni mafiose." Scarica il testo integrale.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 9.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La disciplina dettata dal d. lgs. n. 159 del 2011 (c.d. codice delle leggi antimafia) consente l’applicazione delle informazioni antimafia anche ai provvedimenti a contenuto autorizzatorio. La tendenza del legislatore muove, in questa materia, verso il superamento della rigida bipartizione tra com ... Continua a leggere

 

Informativa antimafia: galeotto fu anche il naufragio della Costa Concordia

segnalazione del Pro. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 8.2.2017

close icon

Oggetto del giudizio giunto innanzi alla Terza sezione del Consiglio di Stato è l’informativa antimafia emessa dalla Prefettura nei confronti di una società ritenuta riconducibile alla gestione della famiglia -OMISSIS-e, tramite questa, permeabile all’influenza criminale di stampo ‘ndranghetista.Il primo giudice ha annullato l’informativa antimafia emessa dalla Prefettura nei confronti di -OMISSIS- perché ha ritenuto che «gli elementi di sospetto ravvisati nei confronti della società ricorrente, compresi quelli relativi ai dipendenti della -OMISSIS-., possono costituire al più un punto di partenza di uno sviluppo investigativo, non essendo stati evidenziati elementi concreti che possano fondare il giudizio di contiguità mafiosa nei confronti della società destinataria dell’interdittiva impugnata» Il T.A.R. per il Lombardia ha accolto le censure formulate da -OMISSIS-, in altri termini, ha valutato i fatti indicati, in assenza di più specifici riscontri, non idonei a dare conto del tentativo di infiltrazione mafiosa «in quanto non emerge l’inequivoca possibilità dell’organizzazione criminosa di condizionare le scelte e gli indirizzi sociali, anche alla luce dei fatti emersi nel corso dell’istruttoria, che avrebbero richiesto uno sforzo motivazionale diverso e maggiore» . Ad avviso del Consiglio di Stato il ragionamento seguito dal primo giudice non va esente da censura perché contrasta con il quadro della materia, dettato dal d. lgs. n. 159 del 2011 e chiarito dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 3 maggio 2013, n. 1743). In particolare il collegio ha evidenziato che: "Esso, più in particolare, poggia su una visione atomistica e frammentaria dei singoli elementi, ciascuno dei quali – come meglio si dirà – svalutato sia nel proprio singolo significato sintomatico che, soprattutto, nell’intima connessione con gli altri, e trascura di considerare il ben più grave contesto familiare ed imprenditoriale all’interno del quale si colloca la vicenda della -OMISSIS- Occorre anzitutto muovere dal dato, ben messo a fuoco dall’informativa qui impugnata, e cioè che -OMISSIS- è una realtà imprenditoriale riconducibile sin dalla sua origine, incontestabilmente, alla famiglia-OMISSIS-, siccome emerge dalla storia della società ricostruita nell’informativa sulla base delle risultanze degli atti delle Forze di polizia. L’attuale socia di maggioranza ed amministratrice, -OMISSIS-, è subentrata nella titolarità del 90% delle quote sociali e nella gestione di -OMISSIS- in seguito al decesso del marito, -OMISSIS--OMISSIS-, ucciso a Crotone il 19 gennaio 2011, insieme con il fratello -OMISSIS--OMISSIS-, nel corso di uno scontro a fuoco, e definito – p. 5 dell’informativa - «persona di mediocre condotta morale e civile» dai Carabinieri di Crotone in virtù della sua propensione a delinquere e dell’assidua frequentazione di soggetti pregiudicati di origine calabrese, perlopiù originari di Crotone. È particolarmente significativo, ai fini che qui interessano, che i due fratelli -OMISSIS- -OMISSIS-ed -OMISSIS--OMISSIS-, come ricorda l’informativa prefettizia, si fossero recati a Crotone, in compagnia del pregiudicato -OMISSIS-, affiliato alla cosca di-OMISSIS-, e del cugino -OMISSIS--OMISSIS--OMISSIS-, per riscuotere forzosamente un credito vantato dagli stessi fratelli -OMISSIS-nei confronti di -OMISSIS- -OMISSIS-, titolare del negozio "-OMISSIS- Ne era nato un alterco, nel quale era intervenuto anche il fratello del titolare, -OMISSIS- -OMISSIS-, esponente della potente cosca mafiosa -OMISSIS- di Crotone, che con arma illegalmente detenuta aveva attinto mortalmente -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS--OMISSIS-, ferendo invece il cugino -OMISSIS--OMISSIS--OMISSIS-. L’episodio di sangue verificatosi a Crotone non può ritenersi un delitto di stampo mafioso, come ha bene osservato la stessa informativa prefettizia, ma come un atto di impeto da parte di -OMISSIS- -OMISSIS-, che in seguito si è costituito alle Forze dell’ordine ed è stato condannato, con sentenza definitiva, per omicidio. E tuttavia esso, per quanto non ascrivibile al novero dei delitti mafiosi, è altamente indicativo della vicinanza dei fratelli -OMISSIS-alla criminalità di stampo ‘ndranghetista, consentendo di mettere bene a fuoco il contesto nel quale si situavano le frequentazioni dei fratelli-OMISSIS-, come non ha mancato di fare puntualmente l’informativa antimafia (p. 4), laddove essa ha osservato che questi ultimi, per esigere il proprio credito, non hanno esitato a farsi accompagnare da -OMISSIS-, esponente riconosciuto e già condannato del clan ‘ndranghetista facente capo a-OMISSIS-. La vicinanza della famiglia -OMISSIS-con soggetti organici o gravitanti a pericolose cosche criminali e la loro cointeressenza economiche con soggetti controindicati, quali -OMISSIS-, socio fondatore dell’impresa e fratello di-OMISSIS-– quest’ultimo partecipe e figura di spicco del clan -OMISSIS-infiltratosi anche nel territorio emiliano e veneto e tratto in arresto nell’ambito dell’Operazione Aemilia – è un dato univocamente e concordemente emergente da tutti gli atti delle Forze di polizia, raccolti in sede istruttoria. L’informativa prefettizia elenca e ricostruisce dettagliatamente e diffusamente tutti i rapporti della famiglia -OMISSIS-– e, in particolare, dei defunti -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS--OMISSIS-, ma anche del cugino -OMISSIS--OMISSIS--OMISSIS-, scampato all’eccidio del 2011 – e dei soggetti ad essa legati – l’originario cofondatore, -OMISSIS-, e il ben più noto fratello -OMISSIS-, coinvolto nell’operazione Aemilia, e il già citato -OMISSIS-, vicino ad ambienti mafiosi, e figlio di -OMISSIS-, affiliato alla cosca di-OMISSIS-, ma anche numerosi dipendenti o ex-dipendenti e collaboratori della società stessa, tra i quali -OMISSIS- – con la criminalità organizzata di origine calabrese e riconducibile alle ‘ndrine. Quanto sin qui esposto dimostra una inquietante contiguità della famiglia -OMISSIS-e dei suoi collaboratori o dipendenti ad ambienti criminali, secondo quanto ha rilevato anche l’informativa prefettizia, contiguità che, come ora si dirà, non è affatto scalfita dalle considerazioni svolte dal T.A.R.. Il primo giudice ha ritenuto che il quadro indiziario valorizzato difetti di attualità e, in parte, anche di obiettiva significatività, ma il suo giudizio non appare a questo Collegio fondato su una attenta e complessiva analisi del rapporto tra l’attuale gestione societaria, condotta da -OMISSIS-, vedova di -OMISSIS--OMISSIS-, e la precedente con la precedente gestione, rappresentata dai fratelli -OMISSIS-e irrimediabilmente compromessa con il mondo della criminalità di stampo mafioso. Tale continuità con la precedente gestione, riconducibile alla famiglia e alla sfera di controllo dei-OMISSIS-, non è affatto venuta meno perché, come ha ben rilevato l’informativa prefettizia (p. 26) all’esito della approfondita istruttoria, i componenti della -OMISSIS- «sia nel passato che nel presente hanno sempre avuto cointeressenze economiche e rapporti di stretta amicizia con esponenti di spicco della criminalità organizzata», riconducibile, in particolare, alla ‘ndrina capeggiata da-OMISSIS-. A smentire tale assunto depongono taluni elementi di sicura rilevanza indiziaria ai fini del più che probabilmente inquinamento mafioso, che il T.A.R. ha trascurato debitamente di considerare. Anzitutto – ed il dato non è affatto neutro – il 30 novembre 2011, a seguito del decesso di -OMISSIS- -OMISSIS-nelle significative circostanze di cui si è detto, la quota del 90% detenuta da quest’ultimo è stata ereditata per 1/3 dalla moglie, -OMISSIS-, e dai tre figli, per i 2/9 ciascuno, mentre il rimanente 10% è rimasto in capo ad-OMISSIS-, già socio della società prima dell’omicidio e costituente un indubbio elemento della vecchia compagine sociale. Il 20 dicembre 2012 -OMISSIS- ha acquisito le quote dei figli, trovandosi a detenere il 90% del capitale che, prima, era di proprietà del marito. Come ben rileva l’informativa prefettizia qui in esame, a p. 27, -OMISSIS- non era affatto rimasta estranea, ma aveva partecipato, con ruolo attivo, alle attività economiche del marito prima della morte di questo, poiché sino a quel momento era stata socia accomandataria – ed il marito socio accomandante – della -OMISSIS- di San Bonifacio (VR), società che compare nell’elenco dei fornitori della -OMISSIS- dal 2010 al 2015. L’obiezione dell’appellata, secondo cui in tale società i coniugi avevano fatto confluire gli immobili di famiglia con un’operazione del tutto lecita, consueta e ininfluente ai fini della valutazione di permeabilità mafiosa, non scalfisce certo il ragionevole convincimento che -OMISSIS- non fosse estranea alle attività economiche e alle dinamiche di affari del marito. Ella, coerentemente con tale dato di partenza, non ha infatti esitato a rilevarne e a proseguire la gestione, dopo la sua morte, anche a livello imprenditoriale nella -OMISSIS-, per quanto in apparenza digiuna di competenze gestionali. Peraltro anche il supporto, nella conduzione dell’azienda, da parte di «persone competenti sia in ufficio che in cantiere», ammesso dalla stessa -OMISSIS- in sede di audizione avanti al Prefetto di Verona il 16 ottobre 2015, non può non riferirsi anche alla figura dello stesso cognato, -OMISSIS--OMISSIS-, procuratore della società anche dopo la morte del fratello, come a breve si dirà, sempre in una linea di essenziale continuità con la passata gestione. Appare quindi corretta la valutazione del Prefetto di Milano, secondo cui ella, nel prendere la guida della società dopo la morte del marito, è stata coadiuvata dal cognato; -OMISSIS--OMISSIS-, che ha rivestito nell’impresa vari ruoli, da ultimo quello di procuratore fino al 12 gennaio 2015, anche a distanza di molto tempo dagli eventi del 2011, dopo l’avvicendamento societario che ne è scaturito. Già da questi semplici dati si evince che la nuova gestione sociale di -OMISSIS-, dopo gli eventi del 2011, è erede diretta e continuatrice della precedente e riconducibile allo stesso nucleo familiare, essendone divenuta socia, per il 90%, la moglie del defunto socio di maggioranza, ed essendo rimasto socio di minoranza-OMISSIS-, già parte della precedente compagine. A nulla giova replicare in senso contrario, come fa la società appellata, che-OMISSIS- detiene solo una modesta parte del capitale sociale – il 10% – e non riveste cariche sociali. Si tratta di un rilievo meramente formale, se non formalistico, il quale però non può dissimulare il dato, sostanziale, che egli era ed è figura riconducibile alla vecchia governance, che dimostra l’assenza di qualsivoglia soluzione di continuità tra la precedente e la nuova gestione societaria, e di cui non è possibile affermare l’ininfluenza sulla conduzione della società per la sola partecipazione minoritaria al capitale sociale. . Questo Consiglio ha già osservato, in una vicenda analoga a quella in esame, che «la circostanza che il socio di maggioranza muova le leve della gestione sociale non esclude ex se che il socio di minoranza non possa avere alcuna influenza, quanto meno di fatto, sulla conduzione dell'impresa, ove si consideri che si è al cospetto di una compagine sociale assai ristretta, a base familiare, il cui capitale è detenuto da soli due soci» (v., sul punto, Cons. St., sez. III, 21 luglio 2014, n. 3873). In questo contesto le frequentazioni di -OMISSIS--OMISSIS-, che il T.A.R. ha eccessivamente svalutato per la loro presunta genericità, assumono la valenza di un elemento in sé non decisivo, ma che conferma, del tutto verosimilmente secondo la logica del «più probabile che non», la sua vicinanza ad ambienti criminali o comunque la sua collaborazione, consolidata, con un contesto permeabile all’influenza di soggetti controindicati ai fini antimafia. A questa circostanza si aggiunga, come già accennato, che il terzo dei fratelli-OMISSIS-, -OMISSIS-, già socio unico ed amministratore di -OMISSIS- dal 1° marzo 2006 al 10 luglio 2008, ne è stato – anche dopo la morte dei fratelli – procuratore dal 22 marzo 2013 fino alla data del 12 gennaio 2015, quando è stato sostituito da-OMISSIS-, già dipendente di -OMISSIS-. Peraltro -OMISSIS- -OMISSIS-ha intrattenuto rapporti societari con il già citato -OMISSIS-, esponente di spicco della criminalità organizzata, essendo stati entrambi soci di-OMISSIS- in liquidazione, ora cancellata, e risulta anche menzionato nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 17375/2011 emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bologna, nell’ambito della citata operazione Aemilia, per i suoi rapporti con la cosca di-OMISSIS-. Non vi è nessun dubbio che l’assetto societario della -OMISSIS-, già solo per questi elementi, non sia affatto mutato in quanto tuttora pienamente riconducibile alla famiglia-OMISSIS-, ma presenti una indiscutibile linea di continuità diretta ed immediata con la precedente gestione societaria fortemente compromessa con la criminalità organizzata, continuità assicurata – e niente affatto scongiurata – dalla successione di -OMISSIS- nelle quote e nelle cariche sociali del defunto marito e garantita dalla permanenza di soggetti appartenenti e radicati, indubitabilmente, alla vecchia governance, che di fatto – al di là della violenta morte dei fratelli -OMISSIS-– mai si è sostanzialmente interrotta. Soccorre al riguardo, quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo cui «l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del «più probabile che non», che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto» (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 9 maggio 2016, n. 1846). A fronte di tale quadro indiziario assai grave, alla stregua del criterio del "più probabile che non", e già ampiamente sufficiente a supportare la qui contestata valutazione prefettizia di permeabilità mafiosa, diventa persino secondario, per quanto non irrilevante ai fini di prevenzione antimafia qui in esame (v., sul punto, Cons. St., sez. III, 3 maggio 2013, n. 1743, già citata sopra), il lungo elenco, contenuto nell’informativa prefettizia (pp. 21-25), di diversi dipendenti della società – circa 9, come ricorda la stessa appellata, di cui 3 ancora in servizio -OMISSIS-,-OMISSIS-e -OMISSIS-) – controindicati, pregiudicati o vicini ad ambienti criminali di stampo ‘ndranghetista. Non appare nemmeno irrilevante, per quanto diventi finanche secondario a fronte degli elementi sopra menzionati, l’elenco, contenuto nell’informativa prefettizia (pp. 19-21), dei rapporti di natura commerciale e dei fornitori di -OMISSIS-, tra i quali -OMISSIS-l., costituita da -OMISSIS- -OMISSIS-e -OMISSIS- -OMISSIS-e poi ceduta al più volte citato -OMISSIS-, e la-OMISSIS-. di -OMISSIS-., legata alla ‘ndrina di-OMISSIS-. La valutazione del primo giudice è erronea, infine, anche laddove svaluta i rapporti di -OMISSIS- con -OMISSIS-, condannato per gravi delitti (tra i quali la contraffazione di pubblici sigilli e la dichiarazione fraudolente mediante uso di fatture false), già dipendente della -OMISSIS- in modo non continuativo dal 2005 sino al dicembre 2013, vicino ad ambienti criminali per le sue assidue frequentazioni con soggetti legati a cosche mafiose, e controllato il 9 maggio 2013 presso il casello autostradale di San Bonifacio (VR) in compagnia della stessa socia di maggioranza -OMISSIS-, come ricorda la medesima informativa (p. 19). Tale circostanza dimostra la non casuale frequentazione personale della stessa-OMISSIS-con quello che, al tempo, era, sì, un dipendente della società, ma anche un soggetto che solitamente si accompagna a personaggi di sicuro spessore criminale – tra essi, come ricorda l’informativa, -OMISSIS-e il già citato -OMISSIS- – e coinvolto, attualmente, in una indagine penale per emissione di fatture inesistenti ai sensi dell’art. 8 del d. lgs. n. 74 del 2000, dal 2009 a 2011, a favore anche della -OMISSIS-, insieme con altri soggetti pregiudicati (tra cui il già menzionato -OMISSIS-, -OMISSIS-) e con lo stesso socio di minoranza della -OMISSIS-,-OMISSIS-, di cui si è detto. Anche la circostanza che -OMISSIS- si trovasse a bordo della nave Costa Concordia, in occasione del naufragio di questa, contestualmente all’appena menzionato -OMISSIS- del resto già legato alla famiglia-OMISSIS-, circostanza che emerge dalla denuncia di smarrimento della carta di identità presentata da entrambi in quella tragica evenienza, se non dimostra una assidua frequentazione, come ritiene il T.A.R., nemmeno può ritenersi un fatto irrilevante o casuale, ma offre un ulteriore riscontro, ove ve ne fosse bisogno, che ella sia in contratto, anche al di fuori di contesti lavorativi, con soggetti controindicati a fini antimafia. Come ha correttamente rilevato il Prefetto di Milano nel provvedimento interdittivo, dunque, il profilo dei soci che si sono succeduti nel tempo, la continuità nei rapporti e le frequentazioni nonché la presenza di dipendenti che si accompagnano con noti ‘ndranghetisti, ma anche la contiguità con e tra familiari del noto clan di-OMISSIS-, confermano la sussistenza del requisito della permanente regìa familiare e della conseguente permeabilità mafiosa di -OMISSIS-. Scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Pro. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 8.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Oggetto del giudizio giunto innanzi alla Terza sezione del Consiglio di Stato è l’informativa antimafia emessa dalla Prefettura nei confronti di una società ritenuta riconducibile alla gestione della famiglia -OMISSIS-e, tramite questa, permeabile all’influenza criminale di stampo ‘ndranghetista. ... Continua a leggere

 

Gare: in via generale non è vietato il raggruppamento sovrabbondante

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 8.2.2017

close icon

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 8 febbraio 2017, con riguardo al raggruppamento sovrabbondante, ha richiamato la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 12 febbraio 2013, n. 842), che ha indirettamente chiarito che un siffatto raggruppamento non è vietato in via generale dall’ordinamento, anche in considerazione del favor del diritto europeo alla partecipazione alle gare ad evidenza pubblica anche dei soggetti riuniti, quale che sia la forma giuridica di tale aggregazione. Nella vicenda in esame poi la lex specialis, da parte sua, non ha precluso tale tipo di raggruppamenti, costituito cioè da imprese in grado, già singolarmente, di soddisfare i requisiti economici e tecnici di partecipazione, in conformità, del resto, di quanto ritenuto sia dall’A.N.A.C. con il comunicato del 3 settembre 2013 che dall’A.G.C.M. con la comunicazione del 23 dicembre 2014. Per saperne di più scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 8.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 8 febbraio 2017, con riguardo al raggruppamento sovrabbondante, ha richiamato la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 12 febbraio 2013, n. 842), che ha indirettamente chiarito che un siffatto raggruppamento non è vietato i ... Continua a leggere

 

Tende da sole: quando non serve il permesso di costruire

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.2.2017

close icon

Oggetto della controversia giunta innanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato è una «tenda apribile ad impacchettamento, di mt. 5,88 x 3,50 con altezza minima di mt. 2,60 ed altezza massima di mt. 2,80, montata su una struttura in legno i cui lati sono chiudibili tramite teloni scorrevoli inPVC trasparente». Il Collegio, nella sentenza depositata in data 7 febbraio 2017, ha ritenuto che al fine di comprendere se la tipologia di manufatto in esame, in relazione a consistenza, caratteristiche costruttive e funzione, costituisce o meno un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo, non è dirimente la circostanza che le strutture siano ancorate al suolo. Invero, l’ancoraggio si palesa comunque necessario, onde evitare che l’opera, soggetta all’incidenza degli agenti atmosferici, si traduca in un elemento di pericolo per la privata e pubblica incolumità. Anche dall’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del TUE si desume che la natura di opera "precaria" (non soggetta al titolo abilitativo) riposa non nelle caratteristiche costruttive ma piuttosto in un elemento di tipo funzionale, connesso al carattere dell’utilizzo della stessa. Su queste basi, il Consiglio di Stato ha affermato che deve in primo luogo escludersi che il manufatto in esame sia riconducibile tra gli «interventi di nuova costruzione», categoria giuridica nella quale rientrano le sole opere che realizzano una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. Nel caso che ci occupa, va rimarcato che l’opera principale non è la struttura di legno in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa. La struttura si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda. Quest’ultima, integrata alla struttura portante, non vale a configurare una "nuova costruzione", atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Tanto è escluso dalla circostanza che la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, in ragione del carattere retrattile della tenda; onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie. Esclude che si tratti di una "nuova costruzione" anche la tipologia dell’elemento di copertura e di chiusura, il quale è una tenda in materiale plastico, privo pertanto di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione (in questi termini si è espressa la Sezione, con la sentenza n. 1619 del 2016). Aggiunge il collegio che "Il manufatto neppure è sussumibile nella fattispecie della «ristrutturazione edilizia», in quanto la relativa nozione (di cui all’articolo 3, lettera d, del TUE) richiede pur sempre che le opere realizzate abbiano rilevanza edilizia tale da poter "trasformare l’organismo edilizio". Tali caratteristiche risultano all’evidenza non sussistenti nella struttura di legno atta ad ospitare una tenda retrattile, avuto riguardo alla consistenza di tale intervento ed alla circostanza che l’immobile sul quale essa è collocata è un fabbricato in muratura, sulla cui originaria identità e conformazione l’opera nuova non può certamente incidere". In definitiva, la conformazione e le ridotte dimensioni del manufatto hanno reso evidente e riconoscibile la sua esclusiva finalità di riparo e protezione, come tale riconducibile nel novero degli interventi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUE. Da tali considerazioni i giudici amministrativi ne hanno fatto conseguire l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione, adottata ai sensi dell’articolo 31 del TUE, sull’erroneo presupposto che l’intervento abbisognasse del previo rilascio del permesso di costruire. Per saperne di più scarica la sentenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.2.2017

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Oggetto della controversia giunta innanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato è una «tenda apribile ad impacchettamento, di mt. 5,88 x 3,50 con altezza minima di mt. 2,60 ed altezza massima di mt. 2,80, montata su una struttura in legno i cui lati sono chiudibili tramite teloni scorrevoli in ... Continua a leggere

 
 
 
 
Chiudi Messaggio
Questo sito utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per saperne di più accedi alla Informativa sulla Privacy. Procedendo nella navigazione, acconsenti all'uso dei cookie.