News 13 Settembre 2016 - Area Tecnica


NORMATIVA

Società a partecipazione pubblica: in Gazzetta Ufficiale il Testo Unico

close icon

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 210 del 8.9.2016 il DECRETO LEGISLATIVO 19 agosto 2016, n. 175 recante Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica". note: Entrata in vigore del provvedimento: 23/09/2016

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 210 del 8.9.2016 il DECRETO LEGISLATIVO 19 agosto 2016, n. 175 recante Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica". note: Entrata in vigore del provvedimento: 23/09/2016 ... Continua a leggere

 

Anticorruzione: le Quarte linee guida per le imprese che esercitano attività sanitaria

close icon

La legge di stabilità 2016 ha incluso anche le imprese che esercitano attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale, in base agli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, tra quelle soggette all’applicazione delle misure di gestione, sostegno e monitoraggio introdotte dall’articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90. Al fine di una puntuale attuazione delle modifiche legislative sopra richiamate, si è ritenuto opportuno, diramare nuove Linee Guida volte, in particolare, a disciplinare, entro la cornice definita dal legislatore, l’individuazione degli amministratori straordinari e degli esperti e la determinazione dei relativi compensi. Le Quarte linee guida sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 197 del 24 agosto 2016. Vai alie Linee guida - Misure straordinarie art. 32, d.l. 24 giugno 2014, n. 90

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La legge di stabilità 2016 ha incluso anche le imprese che esercitano attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale, in base agli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, tra quelle soggette all’applicazione delle misure di g ... Continua a leggere

 

SOA: le indicazioni interpretative sul sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici

close icon

Pubblicato il 5 agosto scorso il Comunicato del Presidente ‘Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; ulteriori indicazioni interpretative a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs n. 50/2016’. In particolare, già con il comunicato del Presidente del 31 maggio 2016 ("Criticità Codice dei contratti d.lgs. 50/2016") e con le Faq allegate al Comunicato dell’ 8 giugno 2016 sono state affrontate prime questioni interpretative relative al sistema unico di qualificazioni degli esecutori di lavori pubblici, connesse all’entrata in vigore del d.lgs n. 50/2016 (di seguito "Nuovo codice dei contratti") e relative all’individuazione della disciplina applicabile, nelle more dell’approvazione delle Linee guida, previste dall’art. 83 del Nuovo Codice dei contratti. Alcune Società Organismo di Attestazione (SOA), però, hanno evidenziato il permanere di ulteriori problematiche ermeneutiche, sempre connesse a questa "fase transitoria", in particolare riferite alla vigenza o meno di alcune disposizioni normative e alle conseguenze della eventuale vacatio legis che ne sarebbe derivata. In particolare, le problematiche sollevate si riferiscono: all’avvalimento nel sistema unico di qualificazione; l’art. 88 del d.p.r. 207/2010 regolava la qualificazione delle imprese attraverso l’istituto dell’avvalimento finalizzato al conseguimento dell’attestazione dell’impresa ausiliata, richiamando, però, l’art. 50 del d.lgs. 163/2006, norma quest’ultima abrogata e non riproposta espressamente nel Nuovo Codice; alle lavorazioni ricadenti nelle cosiddette categorie variate; i commi 12-bis, 14-bis e 15 dell’art. 357, del d.p.r. 207/2010, regolavano le modalità di riemissione dei certificati di esecuzione lavori, affidati ed eseguiti sulla base della declaratoria delle categorie di opere generali e specializzate contemplata dall’allegato A del d.p.r. 34/2000, poi modificata dall’allegato A del d.p.r. 207/2010 (per le cosiddette categorie variate); in base a tali disposizioni le imprese potevano esercitare la facoltà di ottenere la riemissione dei CEL, con il riconoscimento delle nuove categorie di qualificazione equivalenti, introdotte dal d.p.r. 207/2010, secondo l’allegato B1 (Certificato di esecuzione lavori ex art. 357, comma14 e 15, del Regolamento) richiamato dagli articoli del d.p.r. citato; alla dimostrazione dei requisiti dell’idonea direzione tecnica; il comma 23, dell’art. 357, del d.p.r. 207/2010 prevedeva che i soggetti che, alla data di entrata in vigore del d.p.r. 34/2000, svolgevano la funzione di direttore tecnico, potevano conservare detto incarico presso la stessa impresa, pur non essendo in possesso dei requisiti abilitativi, previsti dall’art. 87, comma 2, del medesimo d.p.r. 207/2010, che stabilisce i titoli di studio ovvero la pregressa esperienza professionale; alla possibilità di estendere al decennio il periodo documentabile per la dimostrazione dei requisiti; il Nuovo Codice dei contratti ha abrogato anche la previsione contenuta all’art. 253, comma 9-bis, d.lgs. 163/2006 - come, da ultimo, modificata dall’art. 7, comma 2, lettera a), del decreto legge del 30 dicembre 2015 n. 210, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21 - che consentiva alle imprese richiedenti l’attestazione di far valere, ai fini della dimostrazione dei requisiti minimi d’ordine speciale, l’arco temporale decennale, anziché quello quinquennale, ordinariamente previsto dall’art. 83 del d.p.r. 207/2010. Il Consiglio dell’Autorità, nella seduta del 3 agosto 2016, si è occupato delle problematiche da ultimo brevemente sintetizzate e, con riferimento a quelle indicate nei punti a), b) e c), ha ritenuto che esse saranno affrontate ex professo con le linee guida previste dall’art. 83 del Nuovo codice dei contratti e che, nelle more della loro adozione - in virtù di quanto stabilito dall’art. 83, comma 2 e 216 comma 14 del medesimo Nuovo codice ed in ossequio alla necessità di una interpretazione sistematica delle disposizioni tesa ad evitare situazioni di vacatio legis - le disposizioni tutte del d.p.r., poco sopra richiamate, devono ritenersi, medio tempore, ancora vigenti ed, in conseguenza di tale vigenza, deve ritenersi, ai limitati fini in esame, applicabile quanto previsto dall’art 50 del d.lgs. 163/2006, in quanto richiamato dall’art. 88 del citato d.p.r. n. 207/2010. Con riferimento, invece, alla questione di cui al punto d), il Consiglio ha ritenuto che le imprese, solo per variare l’attestazione originaria, conseguita sulla base di un contratto sottoscritto con la SOA prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, possano usufruire ancora della deroga - introdotta dal d.l. 30 dicembre 2015 n. 210, convertito con modificazioni dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21 - e solo per le lavorazioni svolte nel decennio antecedente la stipula del medesimo contratto di attestazione; in tal caso, quindi, le SOA potranno valutare positivamente, ai fini dell’incremento della qualificazione, la quota parte dei lavori realizzata prima della sottoscrizione del medesimo contratto originario. Qualora, successivamente al 19 aprile 2016 (data di pubblicazione in G.U. del Nuovo codice dei contratti), l’impresa sottoscriva un contratto integrativo e di variazione dell’attestazione in corso di validità, finalizzato ad incrementare la qualificazione già conseguita, con il riconoscimento di ulteriori lavori eseguiti successivamente alla data di stipula del contratto originario, l’estensione al decennio del periodo documentabile non sarà assolutamente applicabile - non potendosi più applicare la deroga da ultimo indicata, caducata ex lege in virtù dell’entrata in vigore del Nuovo codice dei contratti – con la conseguenza che tutte le certificazioni esibite nelle categorie di cui si chiede l’integrazione - anche quelle esibite in sede di rilascio della prima attestazione - dovranno essere ricondotte all’arco temporale ordinario di 5 anni antecedenti la stipula del contratto di integrazione della attestazione originaria. Il Consiglio ha, altresì, disposto di rendere note tali indicazioni ermeneutiche attraverso un comunicato del Presidente, per consentire a tutte le SOA di conoscere l’orientamento dell’Autorità e di adeguarsi ad esso. Vai al Comunicato del 3 agosto 2016

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Pubblicato il 5 agosto scorso il Comunicato del Presidente ‘Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; ulteriori indicazioni interpretative a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs n. 50/2016’. In particolare, già con il comunicato del Presidente del 31 maggio 2016 ("Cr ... Continua a leggere

 

Enti locali: al via dal 9 agosto il ricorso ai Soggetti aggregatori

close icon

Dal prossimo 9 agosto anche gli enti locali, nonché loro consorzi e associazioni, sono tenuti al ricorso ai Soggetti aggregatori per gli affidamenti nelle categorie del DPCM 24 dicembre 2015. La legge 208/2015, art. 1, co. 499, lett. d) estende anche gli enti locali di cui all’art. 2 del dlgs 18 agosto 2000 n. 267 e i loro consorzi e associazioni il rispetto di quanto disposto dall’art. 9 del dl 66/14 e s.m. e i. e dal relativo dPCM 24 dicembre 2015. Il comma 3 di tale dPCM prevede che dal 9 agosto 2016 entri in vigore l’estensione per tali amministrazioni, le quali vanno quindi ad affiancarsi a quelle già individuate dall’art. 9, co. 3 del citato dl, che rispettano tali previsioni normative già dal mese di febbraio 2016. In sostanza, per affidamenti di servizi e forniture nelle 19 categorie merceologiche e relative soglie elencate nel citato dPCM (ossia: farmaci, vaccini, stent, ausili per incontinenza, protesi d’anca, medicazioni generali, defibrillatori, pace-maker, aghi e siringhe, servizi integrati per la gestione delle apparecchiature elettromedicali, servizi di pulizia per gli enti del SSN, servizi di ristorazione per gli enti del SSN, servizi di lavanderia per gli enti del SSN, servizio di smaltimento rifiuti sanitari, vigilanza armata, facility management immobili, pulizia immobili, guardiania, manutenzione immobili e impianti), le amministrazioni statali, centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché le regioni e gli enti regionali, comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, nonché i loro consorzi e associazioni, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono tenuti al ricorso ai Soggetti aggregatori elencati nella delibera ANAC n. 784 del 20 luglio 2016. Le modalità operative per l’acquisizione del CIG sono illustrate nel Comunicato del Presidente del 10 febbraio 2016 . Le risposte ai più frequenti quesiti (FAQ) relativi al ricorso ai Soggetti aggregatori sono pubblicate nella sezione FAQ . Si ricorda infine che i Soggetti aggregatori sono esclusivamente quelli elencati nella citata Delibera ANAC: essi sono infatti caratterizzati da una specifica qualificazione che li distingue rispetto a ogni altra tipologia di enti che pure svolgono attività di aggregazione della domanda, quali ad es. centrali uniche di committenza, stazioni uniche appaltanti, unioni di comuni, etc.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Dal prossimo 9 agosto anche gli enti locali, nonché loro consorzi e associazioni, sono tenuti al ricorso ai Soggetti aggregatori per gli affidamenti nelle categorie del DPCM 24 dicembre 2015. La legge 208/2015, art. 1, co. 499, lett. d) estende anche gli enti locali di cui all’art. 2 del dlgs 1 ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Usi Civici: la giurisdizione commissariale

close icon

Si segnala l'ordinanza della Corte di Cassazione Sezione Unite Num. 17879 pubblicata il 9.9.2016 che decidendo su un ricorso preventivo di giurisdizione precisa che "Del tutto condivisibili sono le considerazioni svolte nella requisitoria scritta del PG in atti, che traggono spunto dalla letteradella legge — art 29 legge 1766 del 1927 — per la riaffermazione della giurisdizione del Commissario degli Usi Civici in ordine a tutte le controversie nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo, nonché quando venga in evidenza una questione che presupponga la necessità, anche in assenza di una esplicita contestazione della qualitas soli , di un accertamento preliminare sull'esistenza di un diritto civico sulle terre oggetto del giudizio ( citata Cass. 9829/2014) . Degno di adesione è anche l'ulteriore svolgimento argomentativo contenuto nella requisitoria sopra citata, allorché sottolinea che la domanda tendente a far dichiarare la inidoneità della istruttoria demaniale amministrativa ad incidere sulla determinazione della qualitas soli comporta, in caso di rigetto, una pronuncia affermativa della esistenza dei diritti di uso civico, mentre la domanda concernente la questione della natura del demanio collettivo — se comunale o frazionale- e quella relativa all'ente legittimato a gestirlo, attengono alla determinazione della natura e della estensione di tali diritti, dovendosi quest'ultima nozione intendere non solo in senso spaziale — vale a dire riferita all'ambito territoriale in cui tali diritti operano- ma anche soggettivo, in quanto l'individuazione dei soggetti coinvolti nella gestione, costituisce il coronario della natura, comunale o frazionale, dei diritti stessi." Per continuare la lettura scarica la sentenza.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Si segnala l'ordinanza della Corte di Cassazione Sezione Unite Num. 17879 pubblicata il 9.9.2016 che decidendo su un ricorso preventivo di giurisdizione precisa che "Del tutto condivisibili sono le considerazioni svolte nella requisitoria scritta del PG in atti, che traggono spunto dalla lettera ... Continua a leggere

 

Processo amministrativo: produzione di nuove prove e nuovi documenti in appello ed il completamento funzionale delle opere abusive per accedere ai benefici del condono straordinario

close icon

Nella sentenza n. 3837 del 9.9.2016 preliminarmente il Consiglio di Stato rileva che ai sensi dell’art. 104 comma 2 c.p.a. nel giudizio di appello non possono essere prodotti nuovi mezzi di prova e neppure nuovi documenti, a meno che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero la parte dimostri di non averli potuto produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Sulla base di tale norma ha evidenziato che nel caso di specie la documentazione prodotta da parte appellante in data 20/2/2016 non incorre nel divieto imposto da detta norma ed è perciò utilizzabile, in conformità all’orientamento assunto da questa Sezione con la sentenza n. 4315 del 29/8/2013. Invero, quelli depositati sono documenti strettamente attinenti la vicenda relativa al rilascio del permesso di costruire in sanatoria n.59/2006, non alterano il thema decidendum, assumono un ruolo rilevante ai fini della decisione della causa e, soprattutto, risulta per tabulas che il ricorrente non li ha potuti depositare in primo grado per causa al medesimo non imputabile. (.....) Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consesso (ex multis, Cons. Stato Sez. IV 8/11/2013, n. 5336; Sez. IV, 1 agosto 2014, n. 4089 ; Sez. VI, 15/9/2015 n. 4287) per accedere ai benefici del condono straordinario di cui alla legge n. 47/85 è necessario che il manufatto abusivo abbia raggiunto la funzionalità propria della destinazione d’uso per la quale è stato richiesto il condono, consentendosi, in particolare , il completamento delle sole opere già funzionalmente definite alla data del 31/12/1993 (art. 39 della legge n. 724/94) e coincidenti, queste ultime, con la presenza di uno stato di avanzamento della realizzazione del manufatto tale da permetterne (fatte salve le sole rifiniture) la fruizione. In altri termini l’immobile condonabile deve consistere in un organismo edilizio con una sua ben configurata staticità e adeguata consistenza planovolumetrica, per il quale sia intervenuta l’ultimazione al rustico e cioè la intelaiatura, la copertura nochè i muri di tompagno. (...) D’altro canto costituisce jus receptum il principio secondo cui incombe sul richiedente il condono edilizio straordinario fornire rigorosa prova dell’effettivo completamento funzionale delle opere abusive (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, nn. 2541 e 2194 del 2014); onere che nel caso di specie non risulta essere stato assolto.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nella sentenza n. 3837 del 9.9.2016 preliminarmente il Consiglio di Stato rileva che ai sensi dell’art. 104 comma 2 c.p.a. nel giudizio di appello non possono essere prodotti nuovi mezzi di prova e neppure nuovi documenti, a meno che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione del ... Continua a leggere

 

Il potere di pianificazione urbanistica: la giurisprudenza granitica del Consiglio di Stato

close icon

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3806 del 5 settembre 2016 ha ribadito i principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate. Più precisamenteil Collegio ha rilevato come "Questa Sezione con sentenza del 10 maggio 2012 n. 2710 ( successivamente riconfermata nelle sue motivazioni) ha già avuto modo di osservare che il potere di pianificazione territoriale deve essere correlato ad un concetto di urbanistica che non è limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (relativamente ai tipi di edilizia, distinti per finalità), ma che è volto a perseguire obiettivi economico- sociali della comunità locale, in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali. In particolare, il concetto di urbanistica non è strumentale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in relazione alle diverse tipologie di edificazione, ma è volto funzionalmente alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente tutelati (cfr. di recente, Sez. IV, n. 2221 del 2016)". Si aggiunge altresi nella sentenza attenzionata che per granitico orientamento giurisprudenziale "le scelte effettuate dall’Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale (come quella qui in rilievo) costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza, qui non rinvenibili (Cons. Stato, Sez. IV, n. 7492 del 2010). Infine, vale qui far rilevare come non ricorra una particolare situazione che abbia creato aspettativa o affidamento in favore della Società richiedente la variazione urbanistica in contestazione, non potendo certo discendere una aspettativa giuridicamente qualificata dalla interlocuzione infra procedimentale e dalla esistente destinazione produttiva impressa all’area, come richiesto dalla Società originariamente ricorrente ed erroneamente pure sostenuto dal TAR (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. n. 9006 del 2009).

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3806 del 5 settembre 2016 ha ribadito i principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate. Più precisamente ... Continua a leggere

 

Interdittiva antimafia: il rischio di inquinamento mafioso e la valutazione del pericolo

close icon

Secondo la più recente giurisprudenza, in materia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743): - l'informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»; - quanto alla ratio dell'istituto dell’interdittiva antimafia, si tratta di una misura volta - ad un tempo - alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: l'interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti ‘affidabile’) e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge; - ai fini dell'adozione del provvedimento interdittivo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione 'parcellizzata' di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri; - è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né - tanto meno - occorre l'accertamento di responsabilità penali, quali il ‘concorso esterno’ o la commissione di reati aggravati ai sensi dell'art. 7 della legge n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante; - il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più ‘probabile che non’, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso; - pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione; - quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del ‘più probabile che non’, che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto; - nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all'interno della famiglia si può verificare una ‘influenza reciproca’ di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; - una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch'egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della 'famiglia', sicché in una 'famiglia' mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l'influenza del 'capofamiglia' e dell'associazione; - hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l'Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza - su un'area più o meno estesa - del controllo di una 'famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito). A questi principi enucleati di recente dalla Sezione, occorre aggiungere quelli che sono stati costantemente affermati dalla giurisprudenza: - non è richiesta la prova dell'attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile - secondo il principio del ‘più probabile che non’ - il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell'ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell'attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2012, n. 4708; Cons. Stato n. 3057/10; 1559/10; 3491/09); - la valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall'utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto (Cons. Stato, n. 5130 del 2011; Cons. Stato, n. 2783 del 2004; Cons. Stato, n. 4135 del 2006); - l'ampia discrezionalità di apprezzamento del Prefetto in tema di tentativo di infiltrazione mafiosa comporta che la sua valutazione sia sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell'informativa antimafia rimane estraneo l'accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (in termini, Cons. Stato, n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. Stato, n. 7260 del 2010).

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Secondo la più recente giurisprudenza, in materia trovano applicazione i seguenti principi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743): - l'informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, presuppone «concreti elementi da cui risulti che l'a ... Continua a leggere

 

Appalti e Durc: l'ultima pronuncia del Consiglio di Stato

close icon

È giunto all'attenzione della Quinta Sezione del Consiglio di Stato il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore dei servizi ambientali (la quale aveva partecipato alla gara indetta dal comune di Castellammare di stabia per l’affidamento per sei mesi del servizio di igiene urbana e si era classificata al primo posto) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è stato respinto il ricorso contro gli atti con cui il comune l’ha dichiarata decaduta dalla gara per avere essa riportato un DURC negativo (per insoluti contributivi pari a circa 290mila euro). Nella sentenza n. 3751 del 31 agosto 2016 in via preliminare il Collegio osserva che non può trovare accoglimento l’argomento con cui il Comune di Castellammare di Stabia ha lamentato la carenza di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine alle questioni attinenti la validità del DURC. E’ noto al riguardo che, ai sensi dell’articolo 9 del cod. proc. amm, "il difetto di giurisdizione [del Giudice amministrativo] è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione". Ebbene, siccome l’eccezione in esame si sostanzia in una censura della sentenza in epigrafe (per la parte in cui non ha rilevato in parte qual il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo), essa avrebbe dovuto essere sollevata attraverso la proposizione di uno specifico motivo di appello (incidentale). Al contrario, la questione è stata irritualmente affidata dal Comune di Castellammare di Stabile a un argomento contenuto nella memoria di costituzione (peraltro, non notificata). Essa risulta quindi inammissibilmente proposta. In via parimenti preliminare si osserva che, nelle more del presente giudizio, è interamente decorso il termine di durata (pari a sei mesi) dell’affidamento che costituiva oggetto della procedura per cui è causa. Deve pertanto trovare applicazione nel caso in esame l’articolo 34, comma 3 del cod. proc. amm. secondo cui "quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori". Nel merito, l’appello è infondato, risultando la legittimità degli atti con cui il Comune di Castellammare di Stabia ha disposto l’esclusione della società appellante dalla procedura per cui è causa. Si osserva al riguardo: - che, in sede di presentazione della domanda di partecipazione (14 gennaio 2015) il legale rappresentante dell’appellante dichiarava di essere in possesso della regolarità contributiva; - che, al contrario, risulta in atti che a quella data l’appellante versasse in situazione di irregolarità, presentando un insoluto contributivo di importo pari ad oltre 290mila euro (circostanza, questa, cristallizzata nel DURC in data 23 marzo 2015 il quale dava conto della situazione esistente al momento in cui era stata presentata la domanda di partecipazione). Risultava quindi certamente superata l’attestazione positiva contenuta nel precedente DURC del settembre del 2014. 5. Ne consegue che il dato storico (invero, incontestato) relativo all’irregolarità contributiva a carico dell’appellante alla data di presentazione della domanda di partecipazione non poteva che determinare l’esclusione della stessa dalla procedura. Al riguardo il Collegio ritiene dirimente richiamare le conclusioni cui è di recente pervenuta l’Adunanza plenaria di questo Consiglio. E’ stato infatti stabilito che ai fini della partecipazione alle gare di appalto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante. Risulta quindi irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (Cons. Stato, Ad. Plen. 29 febbraio 2016, n. 5). L’Adunanza plenaria di questo Consiglio ha altresì chiarito che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione (che già era previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 ed oggi risulta recepito a livello legislativo dall’articolo 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69) può operare unicamente nei rapporti tra l’impresa concorrente e l’Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera i) del previgente ‘Codice dei contratti’ ai fini della partecipazione alla procedura di gara. Il che palesa l’infondatezza dei motivi di appello fondati sulla pretesa violazione delle previsioni di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013. 6. Per ragioni in tutto connesse a quelle appena richiamate non possono essere condivisi i motivi fondati sulla sussistenza (alla data di presentazione della domanda di partecipazione) di crediti della società appellante nei confronti dello stesso Comune di Castellammare di Stabia (per euro 473.418,00) e del Comune di Torre del Greco (per euro 600.000,00). Al riguardo ci si limita ad osservare che (in disparte qualunque considerazione circa il complessivo contegno serbato nel corso della vicenda dal Comune di Castellammare di Stabia) la sussistenza del richiamato debito non valeva di per sé ad escludere il dato dell’irregolarità contributiva che sussisteva a carico dell’appellante. Sarebbe infatti possibile accedere alla tesi dell’appellante soltanto se il Legislatore avesse ammesso una sorta di immanente ed automatico diritto alla compensazione fra i crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche e i debiti contributivi nei confronti dell’Ente previdenziale. Ma il punto è che il Legislatore (per intuibili ragioni di contemperamento fra gli interessi pubblici e quelli privati che in tali casi vengono in rilievo) ha fissato precisi presupposti e condizioni per l’operatività della richiamata compensazione (presupposti e condizioni che, nel caso di specie, non risultano sussistenti). In particolare, l’articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012 stabilisce che il rilascio del DURC pure in presenza di debiti contributivi è possibile solo in presenza del previo rilascio di una certificazione da parte dell’amministrazione pubblica debitrice la quale dia atto della sussistenza e dell’importo dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti di tali amministrazioni. Ma nel caso in esame è pacifico in atti che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione (i.e.: al momento centrale ai fini della presente decisione) l’insoluto contributivo sussistesse (e che non fosse stato dichiarato dal legale rappresentante della società appellante), mentre la certificazione del debito da parte del Comune di Torre del Greco sia intervenuta solo successivamente. In concreto (e, si ripete, in disparte ogni considerazione circa il contegno complessivamente tenuto nel corso della vicenda dal Comune appellato – al quale era nota almeno dal 30 gennaio 2015 il credito vantato dall’appellante nei confronti del Comune di Torre del Greco -), non sussistevano gli stringenti presupposti perché la società appellante potesse invocare l’applicazione in proprio favore delle previsioni di cui al richiamato articolo 13-bis, comma 5 del decreto-legge n. 52 del 2012. Pertanto (e in senso contrario a quanto affermato dalla Ego Eco alle pagine 12 e 13 dell’atto di appello) non solo non sussistevano nel caso in esame i presupposti per procedere a una (peraltro inammissibile) regolarizzazione postuma della propria posizione previdenziale, ma non sussistevano neppure i presupposti perché potesse essere invocata la disciplina sulla compensazione dei debiti previdenziali di cui al richiamato decreto-legge n. 52 del 2012. In definitiva (e in senso contrario a quanto affermato dall’appellante): - non sussiste l’illegittimità delle determinazioni adottate dal Comune di Castellammare di Stabia all’esito della verifica delle dichiarazioni di cui all’articolo 38, comma 1 del decreto legislativo n. 163 del 2006, risultando in fatto confermata la sussistenza di un importante insoluto contributivo (non dichiarato) alla data di presentazione della domanda di partecipazione; - non può essere invocata la presunta irrilevanza dei richiamati insoluti in ragione della sussistenza (nota al Comune appellato almeno dal 30 gennaio 2015) di un concomitante credito nei confronti del Comune di Torre del Greco; - non può essere invocata la mancata attivazione da parte dell’INPS della procedura di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 69 del 2013, attenendo tale procedura ai soli rapporti fra l’Ente previdenziale e l’impresa e non incidendo invece sui rapporti inerenti lo svolgimento della gara (in tal senso la richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 2016).

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È giunto all'attenzione della Quinta Sezione del Consiglio di Stato il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore dei servizi ambientali (la quale aveva partecipato alla gara indetta dal comune di Castellammare di stabia per l’affidamento per sei mesi del servizio di igiene urban ... Continua a leggere

 

Cauzione provvisoria: legittimo l'incameramento in caso di comportamenti delle concorrenti tali da impedire il perfezionamento della gara

close icon

Nel giudizio in esame l'appellante sostiene che l’art. 75, comma 6, del codice "appalti", nel prevedere che la garanzia provvisoria copre la «mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario», riguarderebbe solo l’ipotesi in cui la gara sia stata definitivamente aggiudicata, e dunquenon si applicherebbe quando in essa sia stata disposta la sola aggiudicazione provvisoria. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3746 del 31 agosto 2016 ha affermato che il "Consiglio di Stato afferma al riguardo principi diversi. In linea con la finalità tipica della cauzione provvisoria, consistente nel responsabilizzare i partecipanti a procedure di affidamento in ordine alle dichiarazioni rese e nel garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (cfr. Ad. plen. 10 dicembre 2014, n. 34), la giurisprudenza è infatti orientata nel senso che il suo incameramento è giustificato dal pregiudizio arrecato all’interesse della stazione appaltante di affidare il contratto posto a gara, e pertanto ogniqualvolta in quest’ultima si siano verificati comportamenti delle concorrenti tali da impedirne il perfezionamento, ancorché non sia stata ancora formalizzata l’aggiudicazione provvisoria (Sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6302; nella medesima linea Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3749). Pertanto, a fortiori l’incameramento della cauzione deve ritenersi legittimo nel caso di specie, in cui l’aggiudicazione provvisoria era già stata emessa in favore dell’odierna appellante (all’esito della selezione delle offerte, nel citato verbale di gara in data 12 agosto 2014). Deve soggiungersi al riguardo che nella materia dei contratti pubblici come le stazioni appaltanti sono chiamate ad amministrare un diritto di rilevante complessità e soggiacciono ad un regime di particolare rigore per le illegittimità in esse commesse, nel quale non ha rilievo l’elemento della colpevolezza (Corte di giustizia Ue, 30 novembre 2011, C-314/09 Stadt Graz), così un livello di correlativa responsabilizzazione è esigibile dalle imprese che partecipano alle procedure di affidamento di tali contratti. Pertanto, del tutto è del tutto logico e coerente che le stesse si assumano le conseguenze negative sul piano economico per condotte ambigue e contraddittorie, come quella di presentare un’offerta, poi risultata la migliore all’esito della selezione concorsuale, per poi comunicare di volere rinunciare all’appalto, imponendo all’amministrazione di rivalutare i presupposti di convenienza sottesi alla stipula del contratto. A questo riguardo, peraltro, deve evidenziarsi che il più volte citato comma 6 dell’art. 75, cod. contratti pubblici non accolla in modo indiscriminato alla concorrente il rischio di mancata sottoscrizione del contratto, ma richiede che tale evento sia ascrivibile al «fatto dell’affidatario», e quindi ad una condotta allo stesso imputabile. Ma sull’imputabilità alla appellante della mancata conclusione del contratto oggetto della procedura di gara qui in contestazione non vi è alcun dubbio, atteso che la rinuncia dell’odierna appellante è rimasta del tutto immotivata, al di là del generico richiamo a imprecisate sopravvenienze aziendali, di cui alla nota del 19 agosto 2014. Nel motivo d’appello in esame si sottolinea infine che il rifiuto non ha arrecato alcun pregiudizio al regolare svolgimento della gara ed al tempestivo avvio del servizio, in virtù del fatto che, non appena ricevuta la comunicazione di rinuncia in questione, il Comune di Ancona ha provveduto contestualmente ad aggiudicare la gara alla concorrente che seguiva in graduatoria. Anche questa censura non può tuttavia essere condivisa, perché la previsione normativa che pone la garanzia provvisoria a copertura del rischio di mancata stipula del contratto per fatto dell’affidatario ha una funzione preventiva di responsabilizzazione dei partecipanti alla gara, come sopra evidenziato, la quale prescinde dal concreto sviluppo successivo di questa ed in particolare dal fatto che ad essa la stazione appaltante vi abbia fatto fronte." Per approfondire scarica la sentenza.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nel giudizio in esame l'appellante sostiene che l’art. 75, comma 6, del codice "appalti", nel prevedere che la garanzia provvisoria copre la «mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario», riguarderebbe solo l’ipotesi in cui la gara sia stata definitivamente aggiudicata, e dunque ... Continua a leggere

 

Procedura di gara: la nomina della commissione giudicatrice

close icon

Nel giudizio in esame l'appellante deduce l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il T.A.R. nel respingere la censura proposta avverso il provvedimento di nomina del presidente della Commissione di gara, adottato dal Consiglio d’amministrazione della stazione appaltante, in violazione dell’art.84, comma 10, del d.lgs. n. 163 del 2006, prima della pubblicazione del bando di gara. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3743 del 31.8.2016 ha ritenuto il motivo infondato evidenziando come "Al di là della questione dell’ammissibilità della censura dedotta senza impugnare la deliberazione del consiglio d’amministrazione che ha designato il presidente della Commissione di gara, è dirimente il dato testuale: "la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte" recita l’art. 84, comma 10 del d.lgs. n. 163/2006. Vale a dire che l’organo nel plenum di collegio perfetto – e non la designazione di un singolo membro ancorché individuato in ipotesi quale presidente – deve essere costituito dopo la presentazione delle offerte e, nello stesso tempo, a monte, devono essere nominati i commissari chiamati a farne parte. L’imparzialità e la trasparenza delle operazioni di gara, presidiati dalla norma richiamata, vanno per l’appunto riferiti all’organo in quanto tale che decide nell’integrità dei suoi membri componenti. È significativo al riguardo richiamare l’orientamento della giurisprudenza su punto che circoscrive l’ambito precettivo della norma "nella nomina della commissione giudicatrice" e/o, alternativamente, "nella nomina dei componenti della commissione di gara" dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, giammai nella designazione di un membro di essa (cfr., rispettivamente, Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2011 n. 1784; Cons. Stato, ad. plen., 7 maggio 2013 n. 13). La designazione di un singolo membro è, in definitiva, un atto prodromico di carattere preparatorio, privo di efficacia esterna, mentre la nomina della commissione, con effetti costitutivi dell’organismo collegiale, risulta intervenuta, in conformità alla legge regolatrice della materia, in un torno di tempo posteriore alla presentazione delle offerte. Per approfondire scarica la sentenza per esteso.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nel giudizio in esame l'appellante deduce l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il T.A.R. nel respingere la censura proposta avverso il provvedimento di nomina del presidente della Commissione di gara, adottato dal Consiglio d’amministrazione della stazione appaltante, in violazione dell’art. ... Continua a leggere

 

Servizio idrico integrato: la giurisdizione nelle controversie relative alle somme dovute dal gestore al Consorzi di bonifica

close icon

"Secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale dal quale non vi è ragione di discostarsi, la controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell’art. 27, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successivamente dell’art. 166 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152,da parte del gestore del servizio idrico integrato (che utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura) appartiene alla giurisdizione ordinaria, allorché la normativa regionale di dettaglio, come nel caso di specie, preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all’esito di una procedura negoziale, differenziandosi in tale modo dalla contribuzione di bonifica prevista dall’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente invece un’obbligazione tributaria a carico dei consorziati (esattamente in termini Cass., Sez. Un., 29 marzo 2011, n. 7101)." È questo il principio richiamato dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 30 agosto 2016 n. 3720 nella quale si rileva altresi che "in tali ipotesi l’obbligazione gravante sul gestore nasce dal momento negoziale della convenzione tra Autorità d’Ambito e Consorzio di bonifica, e ciò evidenzia un modello differente rispetto a quello del contributo (per la gestione delle opere di bonifica) dovuto, alla stregua di onere reale (art. 860 del c.c.), dai soggetti proprietari dei fondi ricompresi nei consorzi, avente natura indiscutibilmente tributaria, e dunque rientrante nella giurisdizione tributaria (in termini, tra le tante, Cass., Sez. Un., 5 agosto 2009, n. 17943). Come ha osservato anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Umbria n. 263/2011; 235/2012) la bilateralità della fonte determinativa del contributo esclude la connotazione propriamente tributaria, avendo la legge attribuito rilievo genetico e funzionale alla volontà delle parti nella costruzione della prestazione del servizio fornito dal Consorzio ed a quella, sinallagmatica, assicurata dal gestore, così che il canone dovuto dal gestore si atteggia principalmente quale corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, la cui obbligatorietà non trae origine dall’atto impositivo, ma piuttosto dalla contrattazione che si colloca a monte, e che, seppure imposta dalla legge, resta espressiva nei suoi contenuti dell’autonomia negoziale (si veda anche Corte cost., 11 febbraio 2010, n. 39). A diversa conclusione non conducono del resto né la considerazione di parte appellante, secondo cui l’annullamento richiesto riguarderebbe atti amministrativi generali, vale a dire i criteri contenuti nel piano di classificazione e nel piano di riparto consortile sulla base dei quali è stata definita la misura del canone, posto che non è da tali atti di natura unilaterale che ha origine il rapporto con il Consorzio e quindi l’obbligo del gestore stesso corrispondere il canone in base alla successiva convenzione, la quale, in base alla disciplina di settore, è la conseguenza del carattere esclusivamente sinallagmatico di tale rapporto. Non è poi inutile aggiungere che la descritta situazione giuridica non genera alcuna minore tutela, ben potendo il giudice ordinario disapplicare i detti atti generali in relazione alla contestazione del quantum del canone dovuto dal gestore del servizio idrico integrato. E’ conseguentemente irrilevante ai fini del riparto della giurisdizione anche la circostanza del rifiuto delle società appellanti di sottoscrivere la convenzione, dal momento che, com’è intuitivo, l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione non dipende dal comportamento delle parti, bensì dal petitum sostanziale in rapporto alla causa petendi, ossia dall’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio. Sussiste pertanto nella controversia de qua il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la cognizione della stessa al giudice ordinario innanzi al quale il processo può essere riassunto nei termini di legge".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

"Secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale dal quale non vi è ragione di discostarsi, la controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell’art. 27, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successivamente dell’art. 166 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ... Continua a leggere

 
 
 
 
Chiudi Messaggio
Questo sito utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per saperne di più accedi alla Informativa sulla Privacy. Procedendo nella navigazione, acconsenti all'uso dei cookie.