News 29 Luglio 2016 - Area Tecnica


NORMATIVA

Documento di gara unico europeo: le Linee guida per la compilazione del modello di formulario

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È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27.7.2016 la CIRCOLARE 18 luglio 2016, n. 3 del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI recante "Linee guida per la compilazione del modello di formulario di Documento di gara unico europeo (DGUE) approvato dal Regolamento di esecuzione(UE) 2016/7 della Commissione del 5 gennaio 2016".

 
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Edilizia scolastica: nuovi termini per la definizione dei piani annuali 2016 della programmazione triennale nazionale

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27.7.2016 il DECRETO 3 giugno 2016 del MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE recante "Nuovi termini per l'anno 2016 per la definizione dei piani annuali 2016 della programmazione triennale nazionale in materia di edilizia scolastica".

 
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Ente parco nazionale: il Regolamento dell'albo degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 luglio 2016 il DECRETO 15 giugno 2016, n. 143 del MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE recante "Regolamento dell'albo degli idonei all'esercizio dell'attivita' di direttore di ente parco nazionale, ai sensi dell'articolo 2, comma 26, della legge 9 dicembre 1998, n. 426". note: Entrata in vigore del provvedimento: 11/08/2016

 
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Consip: definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 26.7.2016 il DECRETO 21 giugno 2016 del MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE recante "Definizione delle caratteristiche essenziali delle prestazioni principali costituenti oggetto delle convenzioni stipulate da Consip S.p.a."

 
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Efficienza energetica: in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n. 141/2016

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25.7.2016 il DECRETO LEGISLATIVO 18 luglio 2016, n. 141 recante "Disposizioni integrative al decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CEe 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE". note: Entrata in vigore del provvedimento: 26/07/2016

 
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SOA: inviata a Governo e Parlamento la Ricognizione straordinaria sul possesso dei requisiti di esercizio dell'attività dei soggetti attualmente operanti in materia di attestazione

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L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha inviato a il 20 luglio scorso a Governo e Parlamento, entro i termini previsti dal nuovo Codice dei contratti pubblici, gli esiti della ricognizione straordinaria sugli Organismi di Attestazione (SOA). Quale elemento di novità rispetto al passato, il Codice prevede all’articolo n. 84 l’effettuazione da parte dell’ANAC di una ricognizione straordinaria circa il possesso dei requisiti di esercizio dell’attività da parte dei soggetti attualmente operanti in materia di attestazione, provvedendo all’esito mediante diffida, sospensione, ovvero decadenza dall’autorizzazione nei casi di mancanza del possesso dei requisiti o di esercizio ritenuto non virtuoso. La ricognizione ha lo scopo di fornire elementi di valutazione sulla rispondenza del sistema attuale di qualificazione unica a requisiti di concorrenza e trasparenza, anche in termini di quantità degli organismi esistenti ovvero di necessità di individuazione di forme di partecipazione pubblica agli stessi e alla relativa attività di attestazione. Alcune criticità riscontrate dall’Autorità, peraltro facilmente risolvibili, sono in via di soluzione da parte delle Soa. Per saperne di più accedo alla Stralcio della ricognizione straordinaria sulle Società Organismi di Attestazione (S.O.A.) – pdf

 
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L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha inviato a il 20 luglio scorso a Governo e Parlamento, entro i termini previsti dal nuovo Codice dei contratti pubblici, gli esiti della ricognizione straordinaria sugli Organismi di Attestazione (SOA). Quale elemento di novità rispetto al passato, il Codice p ... Continua a leggere

 

Appalti pubblici: l'andamento della domanda nel primo semestre 2016

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L’Autorità, al fine di verificare l’andamento relativo alla domanda di appalti pubblici, ha elaborato i dati contenuti nella BDNCP relativamente a lavori, servizi e forniture, tenendo conto dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti (d.lgs. 50/2016), avvenuta il 19 aprile 2016. Nella Tabella 1 sono riportati i dati relativi ai lavori nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 18 aprile 2016 e tali dati sono stati posti a confronto con gli stessi dati relativi al medesimo periodo degli anni 2015 e 2014. Nella Tabella 2 invece sono riportati i dati relativi ai lavori nel periodo compreso tra il 19 aprile 2016 ed il 30 giugno 2016 e tali dati sono stati posti a confronto con gli stessi dati relativi al medesimo periodo degli anni 2015 e 2014. Dette tabelle mostrano una forte riduzione della domanda dei lavori pubblici nel 1° semestre 2016. Prima dell’entrata in vigore del Codice la percentuale media ha evidenziato, rispetto all’analogo periodo del 2015, una riduzione pari al 16% relativamente al numero degli appalti ed al 33% relativamente all’importo, con oscillazioni più o meno ampie a seconda della classe di importo e del mese di riferimento. Dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice, invece, nel periodo compreso tra il 19 aprile ed il 30 giugno 2016 tale riduzione rispetto all’analogo periodo del 2015 è risultata più accentuata con valori medi nell’ordine del 52% in termini di numerosità e del 62% in termini di importo. Per quanto riguarda servizi e forniture, invece, la Tabella 3 riporta la domanda di appalti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 18 aprile 2016. Gli stessi dati sono stati confrontati con quelli dell’analogo periodo del 2015 e del 2014 e sono state riscontrate oscillazioni positive e negative, pur rimanendo mediamente il dato complessivo pressoché invariato rispetto all’anno 2015. Tuttavia, tali oscillazioni non sono omogenee per servizi e forniture in quanto le forniture hanno una contrazione del 23% in termini di numerosità e del 13% in termini di importo rispetto al 2015, mentre per i servizi nell’analogo periodo si è registrato un incremento del 30% in termini di numerosità e del 4% in termini di importo. Per entrambe le tipologie di appalti all’interno delle classi di importo e dei singoli mesi considerati si sono registrate oscillazioni molto variabili. Nella Tabella 4, infine, sono riportati i dati relativi a servizi e forniture relativi al periodo compreso tra il 19 aprile ed il 30 giugno 2016. In tale periodo, come per i lavori, si sono verificati dei decrementi significativi nell’ordine medio del 30% in termini di numerosità e del 29% in termini di importo per quanto riguarda le forniture mentre per i servizi tali percentuali sono rispettivamente del 43% e del 48%. All’interno di questo periodo sia per i servizi che per le forniture la tendenza di tale riduzione si evidenzia sia con riferimento alla classe di importo sia con riferimento al mese considerato. Analizzando congiuntamente servizi e forniture il dato medio della riduzione rispetto al 2015 è pari al 37% in termini di numerosità ed al 42% in termini di importo. Al fine di comprendere le dinamiche della domanda di appalti pubblici nel periodo considerato, è necessario tenere conto dell’entrata in vigore delle disposizioni normative che si sono succedute nel corso dell’ultimo anno. Per quanto riguarda i lavori pubblici, significativa risulta la modifica del Codice con riferimento alla progettazione in quanto lo stesso decreto legislativo prevede che il progetto da porre a base di gara debba essere quello esecutivo, non consentendo più l’aggiudicazione dei lavori mediante appalto integrato, facoltà invece ancora consentita per il Partenariato Pubblico Privato (PPP) e per la realizzazione di opere mediante Contraente Generale. Un’ulteriore novità del Codice dei contratti riguarda la qualificazione delle stazioni appaltanti che dovrà avvenire sulla base di un D.P.C.M. predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentita l’ANAC. Su questo punto si osserva che dal 2011 si è cercato di razionalizzare il numero delle stazioni appaltanti mediante la loro aggregazione attraverso la modifica dell’art. 33 del previgente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163/2006). Tale articolo, infatti, al comma 3-bis, nel testo modificato dapprima dal DL 66/2014, convertito con modificazioni dalla L. 89/2014, e da ultimo dall’art. 23 bis della legge 114/2014, a sua volta modificato dall’art. 8 comma 3 ter legge 11/2015 e dall’art. 1 comma 169 della L. 107/2015, prevedeva che i Comuni non capoluogo di provincia avrebbero dovuto procedere all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni avrebbero potuto acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. Al fine di garantire l’attuazione del disposto normativo, il medesimo comma 3 bis prevedeva, inoltre, che l’Autorità non rilasciasse il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che procedevano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in difformità ai previsti obblighi di aggregazione. Il mancato rilascio del codice identificativo di gara comportava, infine, quale sanzione accessoria espressamente prevista dalla legge 136/2010 in tema di lotta alla criminalità organizzata, la nullità assoluta dei contratti stipulati per violazione della disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari. A seguito di successivi interventi normativi, precedentemente richiamati, il termine inizialmente previsto per l’entrata in vigore delle disposizioni in questione, e originariamente fissato con riferimento alle gare bandite dal 1° gennaio 2015 per i servizi e le forniture ed alle gare bandite dal 1° luglio 2015 per i lavori, è stato prorogato al 1° novembre 2015, prevedendosi, altresì, la possibilità per i soli Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti di procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro. Il testo della legge di stabilità 2016 prevede, da ultimo, all’art. 28 comma 7 lett. b) che "All’articolo 23-ter, comma 3, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, con legge 11 agosto 2014, n. 114, sono apportate le seguenti modificazioni: …b) le parole "con popolazione superiore a 10.000 abitanti" sono soppresse". L’intento del legislatore è stato, pertanto, quello di estendere anche ai Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti la possibilità di procedere ad acquisti autonomi per importi inferiori a 40.000 euro, in un quadro generale di coerenza, ragionevolezza e parità di trattamento. In relazione alle suddette normative, è interessante verificare l’andamento degli appalti nel periodo compreso tra il 1° novembre ed il 31 dicembre 2015; infatti dalla Tabella 5, che riporta i dati relativi ai lavori per tale periodo e li pone a confronto con quelli relativi al medesimo periodo dell’anno 2014, si rileva in termini di importo una contrazione media degli appalti di lavori nell’ordine del 20%. Nello stesso periodo, invece, per servizi e forniture (Tabella 6) si riscontra un aumento dell’ordine del 26% (6% per quanto riguarda forniture e 33% per i servizi). Tale incremento, in esito all’analisi delle informazioni contenute nella banca dati, è dovuto principalmente all’acquisto centralizzato effettuato da Consip e da altri soggetti aggregatori che nel mese di dicembre hanno esperito alcune gare di elevato importo. L’analisi dei dati va necessariamente messa in relazione con la complessa disciplina normativa sopra citata poiché la stessa presentava profili attuativi distinti per affidamenti di servizi e forniture da un lato e di lavori dall’altro, in forza di numerosi recenti interventi normativi in materia di spending review, che hanno determinato di fatto un regime "speciale" per gli acquisti di servizi e forniture. La suddetta specialità si sostanziava nella circostanza che secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 7 del DL 95 del 2012 convertito con legge 135 del 2012, era fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti, per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (tra cui rientrano anche i Comuni), in determinate categorie merceologiche, anche al di fuori delle modalità di acquisto centralizzato/aggregato "a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali". Non si rinveniva, invece, per i contratti di lavori alcuna disposizione analoga e pertanto non sussistevano, con riferimento ai Comuni, esenzioni dall’obbligo di centralizzazione. Il nuovo Codice dei Contratti ha superato tutte queste criticità introducendo la qualificazione delle stazioni appaltanti sia per i lavori sia per servizi e forniture. Tra l’altro, l’art. 28 della già richiamata legge di stabilità 2016 ribadiva la possibilità di procedere ad affidamenti nelle suddette categorie merceologiche di servizi e forniture, anche al di fuori delle modalità previste dall’art 1 comma 7 del DL 95 del 2012 convertito con legge 135 del 2012, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica e prevedano corrispettivi inferiori almeno del 10% rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali. Quanto sopra si rileva anche nei dati della domanda di appalti pubblici considerati fino al 18 aprile 2016. Dall’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti, il settore di servizi e forniture ha subìto l’impatto delle nuove norme, scaturito per lo più dalla necessità per le stazioni appaltanti di adeguare la documentazione di gara alle nuove disposizioni del Codice, oltre che alle nuove procedure di gara ed ai criteri di aggiudicazione, in cui tra l’altro per gli appalti sopra soglia non è più consentita l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso. Per quanto riguarda i lavori, invece, la forte riduzione registrata dopo il Codice dei contratti è dovuta alle disposizioni normative precedenti, già sopra evidenziate, nonché alla necessità delle stazioni appaltanti di dover bandire ponendo a base di gara il progetto esecutivo e di dover utilizzare obbligatoriamente, per gli appalti di importo superiore ad un milione di euro, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’effetto del Codice, per quanto riguarda i lavori, sembra comunque mostrare segni di attenuazione, infatti per ciascuna fascia di importo la riduzione sembra affievolirsi tra i primi 40 giorni dopo l’entrata in vigore del Codice ed i successivi 30 giorni. Infatti, se si considera la fascia di importo superiore ad un milione di euro, tra il 19 aprile ed il 31 maggio 2016 si è registrata una contrazione dell’84% rispetto al medesimo periodo del 2015, mentre nel mese di giugno tale contrazione, rispetto al giugno 2015, è passata al 45%. Per saperne di più scarica il comunicato con le Tabelle.

 
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L’Autorità, al fine di verificare l’andamento relativo alla domanda di appalti pubblici, ha elaborato i dati contenuti nella BDNCP relativamente a lavori, servizi e forniture, tenendo conto dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti (d.lgs. 50/2016), avvenuta il 19 aprile 2016. Nella Ta ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Appalti: Sistema AVCpass non aggiornato, niente esclusione dalla gara senza definitività dell'accertamento dei debiti tributari

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La vicenda vede una Società impugnare la propria esclusione dalla procedura aperta indetta dalla RAI-Radiotelevisione italiana s.p.a. per "l’affidamento del servizio per il mantenimento e lo sviluppo del CMM e dei sistemi per la digitalizzazione e catalogazione massiva degli archivi RAI-gara n. 5903797". Tale esclusione era motivata nella considerazione dell'accertata mancanza del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. p), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), contrariamente a quanto dalla stessa società dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara. In particolare, il provvedimento in data 17 giugno 2015 della RAI contesta alla ricorrente la violazione degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse per un importo di euro 61.197,21, come attestato dal sistema AVCPass e certificato dall’Agenzia delle Entrate. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 28 luglio 2016 n. 3421 ha affermato che "Il requisito della definitività dell’accertamento, alla stregua dell’art. 38, comma 1, lett. g), del Codice dei contratti pubblici (che parla di «violazioni […] definitivamente accertate»), non ricorre quando la definizione concreta del rapporto tributario è ancora esposta all’oppugnabilità o alla negazione giudiziale e dunque non ha raggiunto un livello di sicurezza tale per cui l’aspirante concorrente sia da presumere senz’altro inaffidabile e da estromettere: vale a dire, o allorché siano ancora pendenti i termini per la presentazione di una contestazione giurisdizionale o, in caso di avvenuta impugnazione, allorché la pronuncia giurisdizionale non sia ancora passata in giudicato (in termini, ex multis, Cons. Stato, V, 20 aprile 2010, n. 2213; VI, 27 febbraio 2008, n. 716). Ciò comporta qui che la posizione della società appellata non poteva essere ritenuta irregolare. Ne consegue l’illegittimità dell’impugnata esclusione. Invero, al momento di presentazione della domanda di partecipazione, il debito tributario connesso alla cartella esattoriale non era esigibile, pendendo il termine per l’impugnazione; pertanto non era configurabile, ai fini della gara, un onere dichiarativo in tale senso, né vi era una causa di esclusione sostanziale. Così ricostruita la vicenda, passa in secondo piano l’effettualità dell’istanza di rateazione del debito tributario, che, secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria (v. la già richiamata sentenza 20 agosto 2013, n. 20), solamente allorché accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo consente di ritenere reintegrato il requisito della regolarità fiscale. Si può anzi rilevare che lo sviluppo del giudizio tributario, nel corso del quale è stata presentata un’istanza di conciliazione, con ammissione della società alla rateizzazione, dimostra come il debito fiscale originario non sia più configurabile". Aggiunge il Collegio che "Deve essere analogamente disatteso il secondo motivo di appello, con il quale la violazione dell’art. 38, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 163 del 2006 è dedotta anche nella prospettiva combinata della violazione dell’art. 6.6 del disciplinare di gara, che prescriveva che la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione avvenisse attraverso l’utilizzo del sistema AVCPass, messo a disposizione dall’A.N.A.C.: la stazione appaltante si era attenuta, ai fini della valutazione del requisito della regolarità fiscale della Nikesoft, alla lex specialis, e aveva chiesto un ulteriore riscontro all’Agenzia delle Entrate; in ogni caso il ricorso alla Commissione tributaria è stato proposto dopo la presentazione della domanda di partecipazione e solo dopo la ricezione della nota del 27 marzo 2015 con cui la RAI ha chiesto la prova dei requisiti e ne è stata data notizia alla stazione appaltante solamente con la proposizione del ricorso in primo grado. Il tema di base risiede su quanto già rilevato in ordine all’assenza del requisito della violazione definitivamente accertata degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse. Rispetto a tale condizione, formale e sostanziale al contempo, non può darsi prevalenza alle modalità meramente formali di verifica dei requisiti di partecipazione prescritti dalla lex specialis. L’esclusione in questione, come accennato, genera una restrizione della platea dei concorrenti alla gara: sicché, incidendo sulla concorrenza e sulla sua ottimizzazione delle offerte, è giustificabile soltanto in presenza di un difetto realmente esistente in capo all’escludendo. Non vale dunque opporvi risultanze amministrative formali che poi siano, a un’attenta verifica, smentite dalla realtà effettiva delle circostanze. In altri termini, le modalità messe per legge a disposizione da soggetti terzi (attestato AVCPass - Authority Virtual Company Passport, elaborato dall’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici; certificazione dell’Agenzia delle Entrate), ove risultino in realtà incomplete ovvero non aggiornate, per quanto siano prescritte dalla lex specialis con inerente autovincolo dell’Amministrazione e per quanto possano in principio essere ritenute assistite da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 del Cod. civ., non permangono tali da giustificare un’esclusione dalla gara qualora sia – come è qui – dimostrata l’assenza dell’effettivo presupposto dell’irregolarità fiscale: se così fosse, vi sarebbe un’insanabile incoerenza del sistema e senza una ragione sufficiente sarebbe vulnerato il principio generale del favor partecipationis. L’inadeguatezza, dimostrata nel caso specifico, del sistema di verifica dell’affidabilità del soggetto partecipante alla gara va imputato alla stazione appaltante (che, d’altro canto, non ha inteso instaurare un contraddittorio procedimentale). Si è infatti al di fuori del perimetro di operatività del tardivo adempimento degli obblighi fiscali. Nemmeno, come si è già osservato, può assumersi sussistere un obbligo dichiarativo dell’impresa partecipante alla gara che vada oltre quanto la legge le richiede: vale a dire oltre il contenuto specifico della disposizione sui requisiti di ordine generale cui corrispondono cause tipiche di esclusione; per quanto rileva in questa sede, il solo non avere commesso violazioni gravi e definitivamente accertate degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse. Invero, per ragioni di certezza e di affidamento, il sistema della disciplina delle procedure di evidenza pubblica poggia sulla presentazione, da parte delle imprese aspiranti alla partecipazione, di dichiarazioni sostitutive che le vincolano in base al principio dell’autoresponsabilità e che devono essere rese con diligenza e veridicità secondo il contenuto che la legge stessa richiede; ma non oltre la sua oggettiva lettera. Per tali dichiarazioni non rileva un preteso elemento intenzionale in capo al dichiarante, né la sua pretesa insussistenza (Cons. Stato, IV, 7 luglio 2016, n. 3014)".

 
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Abusi edilizi: con il rigetto dell'istanza di sanatoria, il provvedimento di demolizione riacquista efficacia

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La proposizione di un’istanza di sanatoria ordinaria non comporta la radicale e definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, (cfr. Cons. di Stato, n. 1546/2014 e 4818/2013), ma fa conseguire all’atto uno stato di temporanea quiescenza, fino alla definizione del procedimento, espressa o tacita, all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un’opera che, benché realizzata in assenza o difformità dal titolo edilizio, si accerti tuttavia essere conforme alla strumentazione urbanistica. Una volta rigettata l’istanza di sanatoria, il provvedimento di demolizione riacquista la sua efficacia, determinando, così, la permanenza dell’interesse all’impugnazione dello stesso.

 
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La proposizione di un’istanza di sanatoria ordinaria non comporta la radicale e definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, (cfr. Cons. di Stato, n. 1546/2014 e 4818/2013), ma fa conseguire all’atto uno stato di temporanea quiescenza, fino alla definizione del procedimento, espressa o tacita ... Continua a leggere

 

Appalti: le "spie" non tipizzate dal legislative dell'infiltrazione mafiosa

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La vicenda giunta all'attenzione della Terza Sezione del Consiglio di Stato riguarda una società (appellata) che svolge la propria attività nel settore della raccolta e del trattamento dei rifiuti solidi urbani e, in tale qualità, ha ottenuto diversi affidamenti, anche in forma diretta, da parte diComuni del territorio calabrese, aventi ad oggetto lo svolgimento di tali attività. La società è stata destinataria di un’informazione antimafia interdittiva, emanata dalla Prefettura di Crotone ai sensi degli artt. 84 e 91 del d. lgs. n. 159 del 2011, essendo stata riscontrata a suo carico la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata, tendenti a condizionarne le scelte e gli indirizzi. A tale provvedimento prefettizio si sono succedute le conseguenti determinazioni, pure impugnate nel primo grado di giudizio, adottate dei Comuni committenti, dirette a interrompere i rapporti contrattuali. Il T.A.R., con la sentenza n. 2227 del 20 dicembre 2014, ha annullato l’interdittiva antimafia e gli atti applicativi posti in essere dalle diverse stazioni appaltanti, ritenendo che il provvedimento interdittivo – pure supportato da elementi indiziari a carico di quindici dipendenti della società ricorrente – sia illegittimo, non avendo l’Amministrazione sufficientemente motivato circa la possibile incidenza di tali elementi sulla gestione aziendale e, quindi, sulla effettiva capacità di condizionamento sulle scelte imprenditoriali. Il Consiglio di Stato Sez. III con sentenza del 20 luglio 2016 n. 3299 ha accolto l'appello proposto dal Ministero dell’Interno e dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Crotone e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto il ricorso proposto dalla società. Si legge nella parte motiva della sentenza che "Come emerge dalla vasta giurisprudenza formatasi sul punto nel corso di oltre venti anni, vi sono numerose situazioni, non tipizzate dal legislatore, che costituiscono altrettante ‘spie’ dell’infiltrazione (nella duplice forma del condizionamento o del favoreggiamento dell’impresa), anche se non ricomprese nel ‘catalogo’ dell’art. 84 del d. lgs. n. 159 del 2011. 5.1. Gli elementi di inquinamento mafioso, ben lungi dal costituire un numerus clausus, assumono infatti forme e caratteristiche diverse secondo i tempi, i luoghi e le persone e sfuggono ad un preciso inquadramento, per l’insidiosa pervasività e mutevolezza, anzitutto sul piano sociale, del fenomeno mafioso (Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743). 5.2. Quello voluto dal legislatore, ben consapevole di questo, è dunque un ‘catalogo aperto’ di situazioni sintomatiche del condizionamento mafioso, come si desume chiaramente dall’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011. 5.3. Tra queste situazioni sintomatiche non tipizzate dal legislatore, come la Sezione ha già chiarito nella citata sentenza n. 1743 del 2016, figura anche «l’assunzione esclusiva o prevalente, da parte di imprese medio-piccole, di personale avente precedenti penali gravi o comunque contiguo ad associazioni criminali». 5.4. Con riferimento al caso di specie, occorre qui precisare ulteriormente che la presenza di un ‘numero rilevante’ di dipendenti – come lo è il numero di 15 su 90 – legati alle cosche mafiose e gravati da specifici precedenti penali in una piccolo-media impresa può assurgere ad elemento di inquinamento mafioso, anche indipendentemente dal loro ruolo di ‘amministratori di fatto’, se tale anomala presenza non è giustificata né preceduta da un efficace attività di vigilanza e di selezione da parte degli organi decisionali o gestionali dell’impresa. 5.4.1. Consentire, infatti, che la propria attività esecutiva sia affidata a soggetti contigui o affiliati alle cosche non può far ragionevolmente escludere che anche le decisioni e la vita stessa dell’impresa siano affidati ad una ‘direzione esterna’, per il tramite di uomini di fiducia posti dalle cosche all’interno dell’impresa. 5.5. La mafia non si serve necessariamente, infatti, dei soli amministratori o dei soci di una società per condizionare l’impresa e strumentalizzarla ai propri scopi, ben potendo avvalersi di soggetti che nell’impresa svolgono una qualsivoglia mansione, poiché il suo scopo non è solo – o non sempre – la scalata delle gerarchie societarie, ma il controllo delle attività economiche più lucrose con ogni mezzo e con ogni uomo idoneo allo scopo, con una flessibilità di forme interne che sfugge e intende sfuggire, per non attirare controlli esterni, alle ‘armonie prestabilite’ del diritto societario. 5.6. Ne deriva quindi che, sul piano qualitativo, il condizionamento mafioso (ovvero il ‘controllo del territorio’ con la creazione di un clima di paura o di omertà) può derivare anche dalla presenza di soggetti che non svolgano ruoli apicali all’interno della società, ma siano o figurino come meri dipendenti, entrati a far parte dell’impresa senza alcun criterio selettivo e filtri preventivi. 5.7. Sul piano quantitativo, poi, è evidente che non si tratta qui, come ha ritenuto il primo giudice, nemmeno di una questione meramente numerica, apprezzabile cioè soltanto in base alla misura percentuale dei dipendenti ‘controindicati’ assunti dall’impresa rispetto all’organico totale dei dipendenti, sicché l’assunzione di 15 dipendenti contigui ad associazioni mafiose o con gravi precedenti penali, rispetto ad un numero complessivo di 90, si dovrebbe considerare un valore trascurabile. 6. Accade che i ‘protocolli di legalità’ prevedano e precisino, sempre più di frequente, quali attività di vigilanza e di controllo debbano necessariamente porre in essere gli imprenditori, ma anche laddove tali protocolli di legalità non siano stati stipulati l’assenza di tale vigilanza e di controllo ben può formare oggetto di valutazione da parte del Prefetto. 6.1. L’obbligo di vigilanza non ha solo un fondamento pattizio, ex contractu, nei protocolli di legalità, ma trova nelle previsioni del d. lgs. n. 159 del 2011 un sicuro fondamento normativo, ex lege, secondo una lettura sistematica e anche costituzionalmente orientata di tali disposizioni. 6.2. Al di là delle previsioni dei ‘protocolli di legalità’ e degli obblighi da esse previsti, infatti, il condizionamento mafioso, ai sensi dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, si può desumere anche dalla presenza di un solo dipendente ‘infiltrato’, del quale la mafia si serva per controllare o guidare dall’esterno l’impresa, ciò che può risultare da atti investigativi (intercettazioni), frequentazioni, ed altri elementi sintomatici. 6.3. Il condizionamento si può altresì desumere anche dalla assunzione o dalla presenza di dipendenti aventi precedenti legati alla criminalità organizzata, pur quando non emergano specifici riscontri oggettivi sull’influenza delle scelte dell’impresa. 6.4. In presenza di tali situazioni, infatti, la Prefettura ben può trarre elementi per ritenere sussistente un fattore di inquinamento mafioso all’interno dell’impresa, in considerazione dell’atteggiamento dell’impresa, già sul piano della scelta dei suoi dipendenti. 7. Le imprese possono effettuare liberamente le assunzioni che meglio credano, qualora non abbiano o non intendano avere i rapporti economici con la pubblica amministrazione, disciplinati dal d. lgs. n. 159 del 2011. 7.1. Ove però intendano avere tali rapporti, le imprese devono garantire la massima affidabilità, non solo nelle selezione di amministratori e soci, ma anche dei dipendenti, e devono vigilare affinché nella loro organizzazione non vi siano dipendenti risultati contigui al mondo della criminalità organizzata, 7.2. Contrariamente a quanto ha rilevato il T.A.R., tuttavia, l’impresa che intenda intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione – fondati sulla affidabilità necessaria ex lege – deve essere vigile e responsabile nella selezione dei dipendenti di cui si avvale. 7.3. Sia in sede di assunzione che nel corso dei rapporti di lavoro, infatti, essa si deve organizzare in modo tale da avere una struttura su cui non possa interferire la criminalità organizzata, ben potendo l’impresa far valere anche la giusta causa del recesso da rapporti di lavoro già instaurati, rappresentando che la loro prosecuzione, con chi ne sia risultato contiguo, può indurre la Prefettura a disporre misure interdittive. 8. La Prefettura del tutto ragionevolmente rileva la sussistenza del rischio di infiltrazioni, quando l’impresa – per disattenzione o per ‘quieto vivere’ – non abbia disposto controlli o abbia esercitato filtri selettivi sulle assunzioni (in un contesto per di più ad alta densità criminale). 9. Sotto tale profilo, dunque, le disposizioni del codice antimafia (d. lgs. n. 159 del 2011) – nella misura in cui costituiscano, come detto, la fonte ex lege di obblighi di vigilanza dell’impresa in ordine alla gestione delle proprie strutture e dei propri dipendenti – rinvengono una propria giustificazione nell’art. 41, terzo comma, Cost., per il quale «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» 9.1. Ciò risponde ad una interpretazione di tale disposizione costituzionale che, superata la originaria matrice dirigistica, evolva invece verso una più matura e democratica visione del rapporto tra autonomia imprenditoriale e pubblico potere, intesa a responsabilizzare massimamente e a rendere consapevoli le imprese, che intendano svolgere la loro attività economica con lo Stato e per lo Stato, circa il fondamentale presupposto e, insieme, il «fine sociale» di tale rapporto, riguardato sul versante della legislazione antimafia, ossia la loro alta affidabilità e la loro impermeabilità al fenomeno mafioso."

 
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Dichiarazione di pubblica utilità: la comunicazione di avvio del procedimento di proroga dei termini

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Come già ricordato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2012 n. 5822), se è pur vero che la proroga dei termini fissati dalla dichiarazione di p.u. richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento, è altrettanto vero che occorre verificare, in concreto, quali avrebbero potuto essere gli apporti partecipativi dei privati e, dunque, un eventuale, diverso contenuto del provvedimento, con ciò evitando di validare una rilevanza meramente formale dell’omissione di comunicazione. È questo il principio ribadito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 luglio 2016 n. 3248 nella quale il Collegio ha altresì osservato che, una volta emesso il provvedimento che dispone la proroga dei termini, il privato ben può proporre al giudice propri specifici motivi di ricorso con i quali censura, nel merito, il provvedimento di proroga impugnato, motivi che rappresenterebbero le doglianze che egli avrebbe esposto all’amministrazione ove fosse stato messo in condizione di partecipare al procedimento.

 
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Esproprio: la mancata previsione di un indennizzo non è ex se circostanza viziante il decreto di esproprio

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Secondo il costante insegnamento giurisprudenziale la mancata previsione di un indennizzo non è ex se circostanza viziante il decreto di esproprio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 2014, nr. 5814, id., sez. VI, 30 luglio 2013, nr. 4006). In applicazione di tale principio, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza del 20 luglio 2016 n. 3291, ha affermato che "la doglianza afferente alla mancanza dell’indennizzo, ove non la si voglia intendere sic et simpliciter come infondata, si risolve nel far valere il diritto soggettivo alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo medesimo, e quindi nell’instaurare una controversia sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lettera g), cod. proc. amm."

 
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Pianificazione urbanistica: la nozione di lotto intercluso

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 luglio 2016 n, 3293 ha, tra l'altro, evidenziato che dal punto di vista urbanistico, un lotto non può qualificarsi come "lotto intercluso" se è confinante con un’altra area più vasta anch’essa inedificata per cui non può dirsi che il terreno edificabile sia l’unico a non essere stato ancora edificato (Cons. Stato Sez. IV 7/11/2014 n. 5488). Peraltro la nozione di lotto intercluso in tema di pianificazione urbanistica - aggiunge il Collegio - ha una sua valenza quando non si rinviene spazio giuridico per un’ulteriore pianificazione (Cons. Stato Sez. IV 17/7/2013 n. 3880; idem 21712/2012 n. 6656), stante la presenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma non è questo il caso che ci occupa, posto che in loco non è possibile ravvisare la sussistenza di un’adeguata dotazione degli standard urbanistici prescritti dal d.m. n.1444/1968. Invero, anche a voler ammettere, come in sostanza rivendica il ricorrente, che la zona sia parzialmente urbanizzata, questo non equivale a consentire di prescindere dalla previa approvazione di uno strumento attuativo proprio perché l’ulteriore edificazione espone la zona in cui è inserita l’area de quaal rischio di compromissione definitiva dei valori urbanistici, mentre la pianificazione attuativa può ancora conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto nonché di assicurare un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo.

 
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Pianificazione generale del territorio: l'ampia discrezionalità del Comune

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È jus receptum (cfr., per tutti, da ultimo, Cons. St., IV, 12 maggio 2016 n. 1907) che, in sede di pianificazione generale del territorio, la discrezionalità, di cui il Comune dispone in ordine alle scelte sulla destinazione dei suoli, è ben ampia e, quindi, in genere non abbisogna di una particolare motivazione al di là di quella ricavabile dai criteri e principi generali cui s’ispira il PRG. È questo il principio ribadito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 luglio 2016 n. 3250 con la quale rileva altresi che, già il concreto esercizio di tal amplissima discrezionalità del Comune comunque può esser censurato quando appaia manifestamente illogico, irragionevole, contraddittorio, errato nei presupposti o viziato nel procedimento (arg. ex Cons. St., IV, 29 maggio 2015 n. 2685).

 
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È jus receptum (cfr., per tutti, da ultimo, Cons. St., IV, 12 maggio 2016 n. 1907) che, in sede di pianificazione generale del territorio, la discrezionalità, di cui il Comune dispone in ordine alle scelte sulla destinazione dei suoli, è ben ampia e, quindi, in genere non abbisogna di una particola ... Continua a leggere

 

Gara da aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso: l'Amministrazione non può sottoporre le offerte a verifiche e prove non previste e non predeterminate ed esprimere valutazioni tecniche sulla minore o maggiore qualità dei prodotti

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È giunta all'attenzione della Terza Sezione del Consiglio di Stato una gara che doveva aggiudicarsi secondo il criterio del prezzo più basso relativamente alla quale il Collegio ha evidenziato che, per costante giurisprudenza, essa impone una valutazione stringente sulla conformità o meno del prodotto alla specifiche già predeterminate dalla lex specialis(Cons. St., sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5655) e non consente alla stazione appaltante di formulare apprezzamenti sul grado di maggiore o minore qualità tecnica dell’offerta, sottoponendo i prodotti a prove o verifiche non previste dalla lex specialis, come è avvenuto nel caso di specie.....Se è ben vero che nelle gare bandite secondo il criterio del prezzo più basso l’Amministrazione può e deve verificare la conformità del prodotto alle specifiche tecniche predeterminate dalla lex specialis, essa non può sottoporre le offerte a verifiche e prove non previste e non predeterminate ed esprimere valutazioni tecniche sulla minore o maggiore qualità dei prodotti, basate su una comparazione qualitativa tra i prodotti offerti (consentita invece nelle gare bandite con il metodo dell’offerta economicamente vantaggiosa), con il risultato illegittimo, peraltro, di escludere in toto l’offerta ritenuta solo qualitativamente meno vantaggiosa, come è accaduto nel caso di specie

 
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