News 14 Luglio 2016 - Area Tecnica


NORMATIVA

Conferenza di servizi: in Gazzetta Ufficiale le norme per il riordino della disciplina

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13.7.2016 il DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2016, n. 127 recante "Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124". note: Entrata in vigore del provvedimento: 28/07/2016

 
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Segnalazione Certificata di Inizio Attività: in G.U. la disciplina per i procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a SCIA

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13.7.2016 è stato pubblicato il DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2016, n. 126 recante "Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), a norma dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124". Il decreto, che entra in vigore il 28/07/2016, reca la disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attivita' private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attivita', ivi incluse le modalita' di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni. Resta ferma la disciplina delle altre attivita' private non soggette ad autorizzazione espressa. Con successivi decreti legislativi sono individuate le attivita' oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio di attivita' (di seguito «SCIA») od oggetto di silenzio assenso, nonche' quelle per le quali e' necessario il titolo espresso. L'art. 1 del decreto precisa, inoltre, che allo scopo di garantire certezza sui regimi applicabili alle attivita' private e di salvaguardare la liberta' di iniziativa economica, le attivita' private non espressamente individuate ai sensi dei medesimi decreti o specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, sono libere. Per approfondire scarica il decreto.

 
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GIURISPRUDENZA

Impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: il decorso dei termini in tema di valutazione preliminare di sottoponibilità a V.I.A. (c.d. screening)

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza dell'11 luglio 2016 n. 3081 ha richiamato i precedenti della medesima Sezione con i quali si è avuto modo di osservare in altra circostanza (sentenza 9 settembre 2014, n. 4566), come la disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - sulla base di un sostanziale favor del legislatore comunitario e nazionale - ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di "rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa" (cfr. Corte costituzionale, 28 gennaio 2014, n. 13). A questo fine, la normativa nazionale (combinato disposto dell’art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003) e quelle regionali stabiliscono delle stringenti griglie di termini anche in tema di valutazione preliminare di sottoponibilità a V.I.A. (c.d. screening), il decorso dei quali di per sé comporta, come ha chiarito la Sezione: a) l'impossibilità per l'Ente di richiedere ulteriori integrazioni documentali (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4755); b) l'illegittimità, in ogni caso, del provvedimento di sottoposizione a V.I.A. del progetto in esame. Per continuare nella lettura scarica la sentenza

 
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Lottizzazione abusiva: il frazionamento giuridico del terreno

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 11 luglio 2016 n. 3073 ha affermato che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, ai sensi dell’art. 30, comma 1 del T.U. sull'edilizia, che riproduce sostanzialmente la L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 1, quando: vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione (lottizzazione materiale); quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (lottizzazione cartolare). Nel caso di specie al ricorrente è contestata la lottizzazione cartolare o formale, ossia quella lottizzazione che non presuppone l’alterazione fisica del territorio bensì il frazionamento giuridico del terreno. Essa si fonda sulla presenza di elementi indiziari, indicati dalla norma in modo non tassativo, da cui risulti, in modo non equivoco, la destinazione a scopo edificatorio del terreno. La giurisprudenza prevalente ritiene che gli elementi che indicano la presenza di una lottizzazione cartolare non debbano essere presenti tutti in concorso fra di loro, in quanto è sufficiente anche la presenza di uno solo di essi, purché rilevante ed idoneo a fare configurare, con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione ( Cass., Sez. III, sent. 27739 del 8 luglio 2008). Pertanto il ricorrente, procedendo alla vendita di lotti di ridotte dimensioni, aveva contraddetto esplicitamente la vocazione agricola del terreno, in cui tra l’altro erano già stati realizzati alcuni fabbricati abusivi, così dando vita a quegli indizi che fanno presumere la volontà di procedere a lottizzazione. Nella logica del mercato agricolo, infatti, possedere un terreno di notevoli dimensioni risulta maggiormente proficuo e dunque il frazionamento planimetrico del fondo fa emergere l’intento di voler procedere a lottizzazione abusiva.

 
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Gare pubbliche: il termine d'impugnazione che deve rispettare l'impresa esclusa che assiste alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta

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La piena conoscenza delle motivazioni dell’atto di esclusione implica la decorrenza del termine decadenziale a prescindere dall’invio di una formale comunicazione ai sensi dell’art. 79, comma 5, del d. lgs. n. 163 del 2006. Il Consiglio ha più volte chiarito che l’art. 120, comma 5, c.p.a., non prevedendo forme di comunicazione "esclusive" e "tassative", non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, «con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita, come accaduto nel caso di specie, con forme diverse di quelle dell’art. 79 cit. (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2013, n. 1204; sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593; sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6531; V, 6284 del 27 dicembre 2013) » (Cons. St., sez. III, 18 giugno 2015, n. 3126). Com’è ormai consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, se l’impresa assiste, tramite rappresentante, alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta, è in tale seduta che l’impresa acquisisce la piena conoscenza del provvedimento ed è dalla data della stessa seduta che decorre il termine per impugnare il medesimo provvedimento, mentre la presenza di un rappresentante della ditta partecipante alla gara di appalto in quella seduta non comporta ex se la piena conoscenza dell’atto di esclusione ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione solo qualora il rappresentante stesso non sia munito di apposito mandato o non rivesta una specifica carica sociale ovvero non ricorrano i casi in cui la conoscenza avuta dal medesimo sia riferibile alla società concorrente (Cons. St., sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593).

 
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Edilizia: lo stato di degrado di un’area sottoposta a tutela può legittimare le autorità competenti a promuovere la revisione dello strumento pianificatorio, di rango superiore ai piani urbanistici, ma non giustifica la disapplicazione con provvedimenti di sanatoria

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Il nucleo fondante della sentenza di primo grado impugnata innanzi al Consiglio di Stato è rappresentato dall’affermazione secondo la quale: <o l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi "secundum ius", ove materialmente possibile>> (Cons. Stato, VI, 3 settembre 2013, n. 4390). <> (Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2012, n. 1096).La Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2959 del 4 luglio 2016 ha ritenuto di confermare i suesposti principi affermando che censure svolte dall’appellante non sono idonee a smontare l’impianto della sentenza perché non si dimostra in alcun modo che l’immobile non sia ubicato in zona vincolata.L’appellante chiede l’annullamento del provvedimento impugnato facendo leva su (presunti) comportamenti omissivi dell’amministrazione, che non avrebbe sanzionato analoghi abusi.Ma una simile richiesta - conclude il Collegio - contrasta con i principi affermati dalla giurisprudenza della Sezione, appena richiamati e dai quali non v’è ragione di discostarsi.

 
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Il nucleo fondante della sentenza di primo grado impugnata innanzi al Consiglio di Stato è rappresentato dall’affermazione secondo la quale: <Continua a leggere

 
 
 
 
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