News 11 Novembre 2014 - Area Tecnica


NORMATIVA

Ambiente marino: in Gazzetta Ufficiale il decreto di determinazione del buono stato ambientale e definizione dei traguardi ambientali

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È stato pubblicato sulla gazzetta Ufficiale n. 261 del 10.11.2014 il decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare recante "Determinazione del buono stato ambientale e definizione dei traguardi ambientali". Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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Agenzia del Demanio: in Gazzetta Ufficiale l'elenco degli immobili di proprietà dello Stato

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 260 del 8.11.2014 è stato pubblicato l'elenco degli immobili di proprietà dello Stato. Ai sensi dell'art. 3 del decreto contro l'iscrizione dei beni nell'elenco è ammesso ricorso amministrativo all'Agenzia del demanio entro sessanta giorni dalla pubblicazione delpresente decreto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, fermi gli altri rimedi di legge. Per scaricare il decreto e l'elenco allegato cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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GIURISPRUDENZA

Anomalia dell'offerta: la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 11.11.2014

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Secondo giurisprudenza ormai consolidata, in tema di verifica dell’anomalia dell’offerta, deve ritenersi che: a) il giudizio della stazione appaltante costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale ( Cons. stato Sez. V 26 giugno 201\2 n.3737; idem 22 febbraio 2011 n.1090).; b) il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci , cosa che rappresenterebbe invece una inammissibile invasione della sfera d’azione della P.A. ( Cons. Stato Sez. IV 30/5/2013 n.1956; Cons. Stato Sez. V 18/2/2013 n.974; idem 19 novembre 2012n.5846); c) anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto , il giudice può intervenire, fermo restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’Amministrazione (Cons. Stato Sez. V 6 giugno 2012 n.3340). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 11.11.2014

 
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Secondo giurisprudenza ormai consolidata, in tema di verifica dell’anomalia dell’offerta, deve ritenersi che: a) il giudizio della stazione appaltante costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale ( Co ... Continua a leggere

 

Opere pubbliche: il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 11.11.2014

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La giurisprudenza è ferma nel ritenere che (ex aliis T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 26-07-2013, n. 599) "il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, deltravisamento e della contraddittorietà, anche se l'amministrazione è tenuta a dare conto, nella relativa determinazione, dell'avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti, e, segnatamente, di quelli sacrificati, e che, sotto il profilo dell'adeguato apprezzamento delle posizioni interessate dall' ubicazione dell' opera, le delibere che ne approvano il progetto risultano sicuramente sindacabili.". Per scaricare la sentenza cliccare di "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 11.11.2014

 
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La giurisprudenza è ferma nel ritenere che (ex aliis T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 26-07-2013, n. 599) "il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del ... Continua a leggere

 

Urbanistica: il "lotto intercluso" quale eccezione alla necessaria presenza di strumenti urbanistici per la disciplina del territorio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

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A mente dell'art. 9, t.u. ed. costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongano, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni - di solito contenute nelle n.t.a. - sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625). Corollari immediati di tale principio fondamentale sono: a) che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento (cfr. Cons. St., sez. V, 1 aprile 1997, n. 300); b) che in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471); c) l'insurrogabilità dell'assenza del piano attuativo con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio; invero, l'obbligo dell'interessato di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione è idoneo a sopperire solo alla mancanza fisica e materiale di tali opere ma non è in grado di colmare l'assenza dello strumento esecutivo (cfr. Cons. Sr., sez. IV, 26 gennaio 1998, n. 67; Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 1998, n. 302; Cons. St., sez. V, 15 gennaio 1997, n. 39); d) l'inconfigurabilità di equipollenti al piano attuativo, circostanza questa che impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione del piano attuativo, la cui indefettibile approvazione, se ritarda, può essere stimolata dall'interessato con gli strumenti consentiti dal sistema (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625); e) la necessità dello strumento attuativo anche in presenza di zone parzialmente urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cass. pen., sez. III, 19 settembre 2008, n. 35880). Alla luce di tale normativa la giurisprudenza ha individuato, tuttavia, un’eccezione a tale stringente necessaria presenza di strumenti urbanistici per la disciplina del territorio: il cd "lotto intercluso". Tale fattispecie si realizza, secondo tale impostazione, allorquando l'area edificabile di proprietà del richiedente: a) sia l'unica a non essere stata ancora edificata; b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni; c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici; d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g. In sintesi, si consente l’intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall'attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l'ente pubblico (cfr. Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; sez. IV, Sent., 10 giugno 2010, n. 3699). Quindi, lo strumento urbanistico deve considerarsi superfluo posto che è stata ormai raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo in tal modo la scopo e i risultati perseguiti dai piani esecutivi (i.e. piano attuativo). Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta anche dal Comune di Casandrino emerge che il lotto di proprietà del sig. Bilancio è inserito in una zona completamente urbanizzata e servita dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, in una zona razionalmente urbanizzata e circondata da una serie di abitazioni private, di tal ché l’approvazione di un piano attuativo sarebbe del tutto superflua, non rimanendo margini di regolamentazione. Contrariamente si porrebbe a carico del privato l’inutile attesa per l’approvazione del piano esecutivo che comunque non potrebbe apportare alcun significativo intervento volto alla salvaguardia del territorio, che si ripete già pienamente urbanizzato.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

 
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A mente dell'art. 9, t.u. ed. costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongano, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni - di solito contenute nelle n.t.a. - sono vincolanti e id ... Continua a leggere

 

Esproprio: l’accordo amichevole sull'ammontare dell'indennità di esproprio perde efficacia se il procedimento di espropriazione per pubblica utilità non si concluda con il negozio di cessione o con il decreto di esproprio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha condiviso e fatta propria l’affermazione giurisprudenziale secondo cui (ex aliis Cons. Stato Sez. IV, 23-09-2004, n. 6239) "l’ accordo amichevole sull'ammontare dell'indennità di esproprio previsto dall'articolo 26 della legge 2359del 1865 non comporta una cessione volontaria del bene, sicché è sempre necessario il completamento della procedura espropriativa al fine del passaggio della proprietà del bene dall'espropriato all'espropriante: pertanto, l'accordo amichevole viene a caducarsi e a perdere di efficacia ove il procedimento di espropriazione per pubblica utilità non si concluda con il negozio di cessione o con il decreto di esproprio; in tale ipotesi il privato subisce un danno ingiusto a causa della sopraggiunta perdita della proprietà del bene per effetto della occupazione divenuta illegittima e della sua radicale e irreversibile trasformazione per la costruzione dell'opera pubblica. Tuttavia, quando il contenuto dell'accordo amichevole si arricchisce e si accompagna al pagamento e alla relativa quietanza, nonché alla dichiarazione di non avere null'altro a pretendere per quel titolo, il mancato compimento della procedura di esproprio nei termini, unita alla mancata impugnazione del decreto tardivo da parte del privato interessato, rende l'assetto di interessi concordato dalle parti stabile, legittimo, valido e non disapplicabile dal giudice a fini risarcitori.".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

 
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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha condiviso e fatta propria l’affermazione giurisprudenziale secondo cui (ex aliis Cons. Stato Sez. IV, 23-09-2004, n. 6239) "l’ accordo amichevole sull'ammontare dell'indennità di esproprio previsto dall'articolo 26 della legge 2359 ... Continua a leggere

 

Edilizia economica e popolare: il diritto di prelazione (o di preferenza) dei proprietari di aree incluse in un piano di zona si configura ai soli fini dell'assegnazione dell'area e non in relazione a un'area determinata

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

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L’art. 35 della L. 22-10-1971 n. 865 così dispone all'undicesimo comma: "Le aree di cui al secondo comma, destinate alla costruzione di case economiche e popolari, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi, adimprese di costruzione e loro consorzi ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati ai sensi della presente legge sempre che questi abbiano i requisiti previsti dalle vigenti disposizioni per l'assegnazione di alloggi di edilizia agevolata" Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame rileva che come anticipato in sede cautelare, nella la deliberazione dell’Amministrazione (peraltro contraria ad altra resa precedentemente sul punto) si è discostata dalla interpretazione prevalente in giurisprudenza secondo cui la detta disposizione configura un diritto di prelazione (o di preferenza) dei proprietari di aree incluse in un piano di zona per l'edilizia economica e popolare ai soli fini dell'assegnazione dell'area e non in relazione a un' area determinata (Cons. Stato, sez. IV, 27 giugno 1978, n. 608; 1 aprile 1993, n. 381; 25 marzo 2003, n. 1545; 21 maggio 2004, n. 3315). Secondo tale orientamento, aderente al dato testuale della norma e alle sue finalità, la preferenza agli originari proprietari opera con riguardo al complesso delle aree, da assegnare in proprietà, incluse nel piano, sicché non è richiesto dalla norma che al beneficiato appartenga tutto l'intero terreno su cui sarà effettuato l'intervento edilizio.". Per scaricare la sentenza cliccare su accedi al Provevdimento.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.11.2014

 
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L’art. 35 della L. 22-10-1971 n. 865 così dispone all'undicesimo comma: "Le aree di cui al secondo comma, destinate alla costruzione di case economiche e popolari, sono concesse in diritto di superficie, ai sensi dei commi precedenti, o cedute in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi, ad ... Continua a leggere

 

Gara pubblica: le regole contenute nel bando hanno portata vincolante e ad esse deve essere data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all'organo amministrativo, cui compete l'attuazione delle medesime, residui alcun margine di discrezionalità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

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Le regole contenute in un bando di gara pubblica hanno portata vincolante e ad esse deve essere data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all'organo amministrativo, cui compete l'attuazione delle medesime, residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento, sia a garanzia dell'imparzialità dell'attività amministrativa che, per conseguenza, a tutela della par condicio dei concorrenti. È questo il principio sancito dalla Quinta Sezione ed Consiglio di Stato che nella sentenza depositata in data 5.11.2014 precisa altresì che il meccanismo competitivo proprio della gara pubblica è infatti tale per cui il rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis non può essere oggetto di interpretazioni (Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2014, n. 3150).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

 
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Le regole contenute in un bando di gara pubblica hanno portata vincolante e ad esse deve essere data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all'organo amministrativo, cui compete l'attuazione delle medesime, residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto de ... Continua a leggere

 

Avvalimento: ai fini della legittimità dell’avvalimento non è sufficiente una dichiarazione meramente formale riproduttiva della disposizione di legge, dovendo contenere la volontà seria dell’ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliata, per tutta la durata dell’appalto, i mezzi di cui essa è carente

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

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L’istituto dell’avvalimento, di derivazione comunitaria, è finalizzato a garantire la massima partecipazione alle gare pubbliche, consentendo alle imprese non munite dei requisiti partecipativi, di giovarsi delle capacità tecniche ed economico-finanziarie di altre imprese; il principio generale chepermea l'istituto è quello secondo cui, ai fini della partecipazione alle procedure concorsuali, il concorrente, per dimostrare le capacità tecniche, finanziarie ed economiche nonché il possesso dei mezzi necessari all'esecuzione dell'appalto e richiesti dal relativo bando, è abilitato a fare riferimento alla capacità e ai mezzi di uno o più soggetti diversi, ai quali può ricorrere tramite la stipulazione, appunto, di un contratto di avvalimento (Cons. St., sez. V, 13 marzo 2014, n. 1251). E’ stato rilevato, tra l’altro, che esso può essere utilizzato anche per dimostrare la disponibilità dei requisiti soggettivi di qualità, atteso che la disciplina del codice non contiene alcuno specifico divieto in ordine ai requisiti soggettivi che possono essere comprovati mediante tale istituto (che ha pertanto una portata generale), fermo restando l’onere del concorrente di dimostrare che l’impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (Cons. St., sez. III, 25 febbraio 2014, n. 887; 7 aprile 2014, n. 1636; sez. IV, 16 gennaio 2014, n. 135; sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6125), e quindi, a seconda dei casi, mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all’oggetto dell’appalto (Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 294). Conseguentemente ai fini della legittimità dell’avvalimento non è sufficiente una dichiarazione meramente formale riproduttiva della disposizione di legge, dovendo essa contenere la volontà seria dell’ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliata, per tutta la durata dell’appalto, i mezzi di cui essa è carente (Cons. St., sez. V, 12 novembre 2013, n. 5384).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

 
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L’istituto dell’avvalimento, di derivazione comunitaria, è finalizzato a garantire la massima partecipazione alle gare pubbliche, consentendo alle imprese non munite dei requisiti partecipativi, di giovarsi delle capacità tecniche ed economico-finanziarie di altre imprese; il principio generale che ... Continua a leggere

 

La nozione di "volume tecnico": a titolo esemplificativo sono da considerare "volumi tecnici" quelli strettamente necessari a contenere i serbatoi idrici, l'extracorsa degli ascensori, i vasi di espansione dell'impianto di termosifone, le canne fumarie e di ventilazione, il vano scala al di sopra delle linee di gronda

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

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In base ad una consolidata giurisprudenza "la nozione di volume tecnico, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita, può essere applicata solo con riferimento ad opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa; si tratta, in particolare, di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione, che non possono essere ubicati all'interno di essa, connessi alla condotta idrica, termica, ascensore ecc., mentre va escluso che possa parlarsi di volumi tecnici al di fuori di tale ambito, al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi comunque esistenti nella realtà fisica" (Cons. di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2565). Nel caso in esame, si è accertato che l’ordine di demolizione riguarda un fabbricato, già sul piano dimensionale ( 6,30 mt X 5,40 mt e di altezza pari a mt 2,90), ex se di consistente impatto e nient’affatto accessorio o servente rispetto all’abitazione principale. La stessa destinazione principale a ricovero di biciclette ed altri mezzi, riconosciuta dai proprietari ( unitamente alle altre destinazioni proprie dei volumi tecnici), non fa altro che corroborare la correttezza della tesi dell’amministrazione, a ragione condivisa dai giudici di primo grado, secondo cui si tratta in realtà di un manufatto potenzialmente ( ma anche in fatto) autonomo rispetto a quello principale, pienamente compatibile, anche in ragione della sua altezza con destinazioni d’uso di differente tipologia e perciò non qualificabile alla stregua di un volume tecnico. In ogni caso, giova qui ricordare che, come statuito da questa sezione nella sentenza 5 agosto 2013 n. 4086, in assenza di leggi regionali e di altre disposizioni normative urbanistico-edilizie specificamente applicabili, si deve tenere conto nella materia della circolare del Ministero dei lavori pubblici 31 gennaio 1973, n. 2474, che ha ammesso la possibilità di non computare nella volumetria assentibile i volumi tecnici, soltanto quando si tratti di un manufatto ancora da realizzare e l'amministrazione abbia effettuato ex ante le valutazioni inerenti alle sue esigenze tecnico-funzionali. Quando, invece, sia stato realizzato abusivamente un nuovo volume, rispetto a quello legittimamente assentito, nessuna disposizione consente di effettuare le medesime valutazioni: il solo fatto che si tratti di un nuovo manufatto abusivo preclude all'amministrazione di considerarlo irrilevante. Inoltre, nella stessa circolare si legge che, sentito il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, si propone la seguente definizione di volume tecnico: "Devono intendersi per volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc.) che non possono per esigenze di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche. A titolo esemplificativo il Consiglio Superiore fa presente che sono da considerare "volumi tecnici" quelli strettamente necessari a contenere i serbatoi idrici, l'extracorsa degli ascensori, i vasi di espansione dell'impianto di termosifone, le canne fumarie e di ventilazione, il vano scala al di sopra delle linee di gronda. Non sono invece da intendere come volumi tecnici i bucatai, gli stenditoi coperti, i locali di sgombero e simili."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

 
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In base ad una consolidata giurisprudenza "la nozione di volume tecnico, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita, può essere applicata solo con riferimento ad opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a cont ... Continua a leggere

 

Detenzione e porto d'armi: la licenza può essere negata o revocata anche in assenza di pregiudizi connessi al corretto uso delle armi, potendo l'Autorità valorizzare sia fatti di reato, sia situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, anche se non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa comunque desumere la non completa "affidabilità" da parte del soggetto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

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In generale l'autorizzazione alla detenzione ed al porto d'armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza, conseguentemente la valutazione dell'Autorità di pubblica sicurezza, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili tanto che il giudizio di "non affidabilità" è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni genericamente non ascrivibili a "buona condotta" (Cons. Stato, sez. III, 19/09/2013, n. 4666). Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, la licenza di porto d' armi può essere negata o revocata anche in assenza di pregiudizi e controindicazioni connessi al corretto uso delle armi, potendo l'Autorità amministrativa valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali del soggetto che non assumano rilevanza penale, anche se non attinenti alla materia delle armi, da cui si possa comunque desumere la non completa "affidabilità" da parte del soggetto interessato all'uso delle stesse (Cons. Stato, sez. III, 29/07/2013, n. 3979). Le norme di cui agli artt. 11 e 43 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, difatti, oltre ad ipotesi tipiche di diniego vincolato, collegato alla condanna per alcuni reati, consentono di negare le autorizzazioni di polizia anche in altri casi essendo previsto, all’art. 43, che "la licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi" (la prova della buona condotta, a seguito della sentenza della Corte Cost. 16 dicembre 1993, n. 440, grava sull'Amministrazione).....E’ da ricordare che nel nostro ordinamento l’autorizzazione alla detenzione delle armi deve considerarsi eccezionale e le esigenze di incolumità di tutti i cittadini sono prevalenti e prioritarie, per cui la richiesta di porto d’armi può essere soddisfatta solo nell’ipotesi che non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusarne richiedendosi che l’interessato sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo in modo tale da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica. Come già rilevato, la revoca o il diniego dell’autorizzazione possono essere adottate sulla base di un giudizio ampiamente discrezionale circa la prevedibilità dell’abuso dell’autorizzazione stessa potendo assumere rilevanza anche fatti isolati, ma significativi.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

 
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In generale l'autorizzazione alla detenzione ed al porto d'armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell'ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza, conseguentemente la valutazione d ... Continua a leggere

 

Radio Televisione Italiana: il Consiglio di Stato apre alla possibilità di discutere se la RAI sia tenuta all’evidenza pubblica (bando di gara, etc.) anche per l’acquisizione di progetti originali di nuovi spettacoli televisivi, di fiction, etc..

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

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Nel giudizio in esame la società appellante, già ricorrente in primo grado, è una impresa per la produzione e realizzazione di film, sceneggiati, e altro materiale analogo da cedere alle emittenti televisive. Espone di avere sottoposto a RAI-Radio Televisione Italiana s.p.a. – con la richiesta chelo inserisse nei suoi piani di produzione – l’abbozzo ("concept" ossia soggetto) di uno sceneggiato seriale televisivo da essa ideato basato sulle vicende immaginarie di funzionari e agenti della polizia postale e delle telecomunicazioni. Non avendo ricevuto risposta, la società appellante ha proposto ricorso al T.A.R. del Lazio con il rito di cui all’art. 117 c.p.a. (silenzio) chiedendo l’accertamento dell’obbligo della RAI di provvedere sull’istanza con condanna della stessa RAI a concludere con provvedimento espresso il procedimento amministrativo entro il termine di trenta giorni, e infine la nomina di un commissario ad acta. Il T.A.R. del Lazio, con sentenza n. 7304/2014, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione. Nella sentenza si ricorda che RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. è concessionaria di un pubblico servizio e che diversi aspetti della sua attività sono soggetti alla disciplina pubblicistica, ma nella fattispecie non ha esercitato funzioni pubblicistiche, e non è stata richiesta di esercitarle. Si ritiene comunemente che la RAI sia soggetta alle regole dell’evidenza pubblica per i contratti di appalto, ma la richiesta avanzata dalla ricorrente alla RAI si qualifica come una proposta negoziale di diritto privato, non correlata ad un bando né finalizzata alla emanazione di un bando. Ogni contestazione in merito deve essere dunque proposta davanti al giudice civile. La società interessata ha proposto appello davanti a questo Consiglio, insistendo nelle sue domande. Resistono all’appello RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a. e il Mi.S.E.. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado dando per acquisito che RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a., come società costituita con capitale pubblico e concessionaria di un servizio pubblico (regolato da apposito contratto di servizio), sia almeno per certi aspetti assoggettata alle norme sull’evidenza pubblica in materia contrattuale. Interessante è poi il passaggio motivazionale con il quale il Collegio evidenzia che "Si potrebbe tuttavia discutere se la RAI sia tenuta all’evidenza pubblica (bando di gara, etc.) anche per l’acquisizione di progetti originali di nuovi spettacoli televisivi, di fiction, etc." Purtroppo, rileva il Collegio, tale ultimo quesito non è pertinente nella presente controversia in quanto l’attuale appellante non ha chiesto, e non chiede, alla RAI di pubblicare un bando o comunque indìre una selezione di tipo concorsuale affinché essa possa parteciparvi, presentando il proprio progetto in competizione con quelli di altre case di produzione. L’appellante, invece, ha fatto alla RAI una proposta negoziale (peraltro allo stadio iniziale di abbozzo sommario) al fine di avviare una trattativa privata, strettamente bilaterale, non diversamente da come avrebbe potuto farla a qualsivoglia altro gestore di trasmissioni televisive. Si tratta di un modo di procedere tipicamente privatistico, impostato come tale dalla stessa appellante. Non si può parlare di "procedimento amministrativo avviato ad istanza di parte", né di "obbligo di definire il procedimento con un provvedimento espresso". E’ vero che la RAI ha dato pubblicità ad un documento di «linee editoriali per la produzione della fiction RAI» (doc. 5 del fascicolo dell’appellata) contenente fra l’altro l’invito alla generalità delle case di produzione di presentare progetti originali rispettando talune indicazioni di massima riguardo ai contenuti e riguardo alle modalità di presentazione (queste ultime, osserva incidentalmente la difesa della RAI, non sono state puntualmente osservate dalla ricorrente: la sua bozza era di ampiezza minore dello standard richiesto). Questo documento, peraltro, non può essere assimilato ad un bando di gara. Non vi è fissato un termine di scadenza, non vi è prevista una vera e propria valutazione comparativa sulla base di criteri oggettivi prefissati, etc. Vi si legge, fra l’altro: «Ove RAI ritenga, a suo insindacabile giudizio, uno o più dei progetti presentati di proprio interesse, ne darà comunicazione alle relative società proponenti nel termine di 90 giorni dalla ricezione dei progetti stessi... Decorso il predetto termine in assenza di riscontro da parte di RAI, la società proponente sarà libera di proporre a terzi il progetto. Le dichiarazioni di interesse di RAI di cui sopra non avranno valore vincolante in capo a quest’ultima, ma attesteranno esclusivamente l’interesse di RAI ad aprire con la società proponente un tavolo di confronto, su base non esclusiva, volto ad individuare l’effettiva sussistenza o meno delle condizioni, di reciproco interesse, per lo sviluppo del progetto... I progetti proposti saranno valutati da RAI con la più ampia autonomia e discrezionalità... L’invio dei progetti da parte delle società di produzione e/o l’invio delle dichiarazioni di interesse da parte di RAI non determinano l’instaurazione di alcun rapporto giuridico con RAI e/o con società del gruppo RAI...». Come si vede, la RAI non si è autovincolata a dare risposta espressa (ancorché negativa) alle singole proposte; al contrario ha indicato un termine (novanta giorni dalla ricezione del progetto) decorsi i quali il silenzio equivale a diniego, e svincola il proponente dall’impegno di non presentare a terzi la medesima proposta. In conclusione, deve essere confermato il giudizio del T.A.R. riguardo al fatto che la controversia non presenta profili pubblicistici riconducibili alla giurisdizione del giudice amministrativo, neppure nella forma del ricorso avverso il silenzio-inadempimento. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

 
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Nel giudizio in esame la società appellante, già ricorrente in primo grado, è una impresa per la produzione e realizzazione di film, sceneggiati, e altro materiale analogo da cedere alle emittenti televisive. Espone di avere sottoposto a RAI-Radio Televisione Italiana s.p.a. – con la richiesta che ... Continua a leggere

 

Farmacie comunali: il Consiglio di Stato chiarisce il quadro normativo dopo il referendum abrogativo e l'intervento della Corte Costituzionale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

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La disciplina risalente in tema di farmacie di cui il comune è titolare (art. 9 della legge n. 457 del 1968, come modificato dall’art. 10 della legge n. 362 del 1991) prevedeva, tra l’altro, la possibilità di gestione "a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità". Il t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con d.lgs. n. 267 del 2000, agli artt. 112 e segg. ha disciplinato in toto la materia dei servizi pubblici locali, nel cui ambito ricade il servizio farmaceutico, prevedendo (art. 113, lett. c) fra le forme di gestione quella a mezzo i società per azioni o a responsabilità limitata con partecipazione di capitale dell’ente pubblico locale. Nella vigenza del su riferito quadro normativo è stato affermato in giurisprudenza che "il t.u. 18 agosto 2000, n. 267, ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi interiori che regolavano le forme di prestazioni di singoli servizi, come appunto l’art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall’art. 10 della legge 1 novembre, n. 362" (cfr. Cons. St., sez. V n. 210 dell’ 8 maggio 2007;.sez. III, n. 3647 del 9 luglio 2013). E’ poi intervenuto l’art. 23 bis, comma 1, del d.l. n.112/2008 (che ha integrato e in parte modificato la normativa prevista dall'art.113 dal Testo unico degli enti locali - successivamente modificato dal d.l. n. 135 del 2009, nel testo emendato in sede di conversione operata dalla legge n. 166 del 2009 di "Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici di rilevanza economica") recante la previsione di esclusione delle farmacie comunali dall’ applicazione della disciplina ivi prevista, confermando quindi la riconduzione della gestione delle farmacie municipalizzate all’originaria regolamentazione disciplina di cui all’ art. 9 legge n.475 del 1968. La predetta disposizione è stata espunta dall’ordinamento con referendum abrogativo con decorrenza 21 luglio 2011 Dopo l'abrogazione in via referendaria dell'art. 23 bis sopra citato è intervenuta nella stessa materia l'art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, che al comma 34 ha nuovamente previsto l’ esclusione dalla nuova disciplina sui servizi pubblici locali anche "dellagestionedelle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475." Con sentenza n. 199 del 2012 la Corte costituzionale ha poi dichiarato l'illegittimità delle disposizioni del citato art. 4, in quanto dirette a ripristinare norme abrogate dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall'art. 75 Costituzione. Ciò determina ha determinato la reviviscenza del quadro precettivo derivante dagli artt. 113, 113 bis, 115 e 116 del d.lgs. n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, che non soffrono preclusioni, né prevedono un regime di specificità per la gestione in forma societaria del servizio di vendita di prodotti farmaceutici. Del resto le disposizioni prima richiamate sono parte di un complesso di norme attuative di principi dell'Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, con la conseguenza che una interpretazione "esclusiva" dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968 più volte citato dall’effetto abrogativo - nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti - dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di Giustizia. (cfr. sui principi Cons. St., Sez. III, n. 3647 del 2013) Per le considerazioni che precedono non sussiste la condizione ostativa alla costituzione di una società a capitale pubblico e privato per la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune di Bellizzi, che la Regione Campania ha opposto con richiamo all’art. 9 della legge n. 478 del 2968 e successive modificazione, che prevedeva la necessaria presenza nella compagine sociale "di farmacisti che, al momento della costituzione della società,. prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

 
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La disciplina risalente in tema di farmacie di cui il comune è titolare (art. 9 della legge n. 457 del 1968, come modificato dall’art. 10 della legge n. 362 del 1991) prevedeva, tra l’altro, la possibilità di gestione "a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al m ... Continua a leggere

 

Autorizzazione paesaggistica: alla Soprintendenza è affidata una compiuta valutazione di legittimità che abbraccia ogni vizio compreso l’eccesso di potere in ogni figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta)

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

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Sulla base di ampia e consolidata giurisprudenza alla Soprintendenza è affidata una compiuta valutazione di legittimità, anche sotto il profilo del ponderato bilanciamento degli interessi tutelati, quale espressione di un potere non di mero controllo formale, ma di vera e propria attiva cogestionedel vincolo, funzionale all’"estrema difesa" dello stesso (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151; 18 ottobre 1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437), con conseguente riferibilità dell’eventuale annullamento dell’autorizzazione paesaggistica a qualsiasi vizio di legittimità, ivi compreso l’eccesso di potere in ogni figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta: cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9, nonché, fra le tante, Cons. Stato, VI, 25 marzo 2009, n. 1786 e 3557, 11 giugno 2012, n. 3401, 23 febbraio 2010, n. 1070, 21 settembre 2011, n. 5292; Cons. Stato, V, 3 dicembre 2010, n.8411)....E’ opportuno sottolineare, a tale riguardo, come l’autonomia delle valutazioni di ordine paesaggistico, rispetto alla pianificazione urbanistica, debba ritenersi rispondente non solo all’oggi vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), ma anche – per quanto qui interessa – al precedente Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali (d.lgs. n. 490 del 1999: cfr., in particolare, art. 150), in considerazione della distinzione – direttamente riconducibile alla Costituzione e in particolare all’art. 9 – fra tutela del paesaggio ed urbanistica (cfr. in tal senso Cons. Stato, VI, 20 dicembre 2004, n. 8142 e 25 febbraio 2013, n. 1117). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

 
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Sulla base di ampia e consolidata giurisprudenza alla Soprintendenza è affidata una compiuta valutazione di legittimità, anche sotto il profilo del ponderato bilanciamento degli interessi tutelati, quale espressione di un potere non di mero controllo formale, ma di vera e propria attiva cogestione ... Continua a leggere

 
 
 
 
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