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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

AVCP: indicazioni alle SOA per l'attività di attestazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato AVCP del 16.5.2014

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Con la Determinazione n. 4 del 2014 l’Avcp indica i criteri a cui le SOA devono attenersi per la redazione o per l’aggiornamento del documento - previsto dall’art. 68, comma 2, lett. f), del D.P.R. n. 207/2010 - relativo alle procedure da adottare per il rilascio degli attestati di qualificazione secondo le disposizioni normative vigenti. In particolare l’atto specifica gli elementi costitutivi del documento e dei flussi procedurali operativi, ritenuti necessari per assicurare le garanzie minime in tema di certezza dei rapporti contrattuali instaurati dalle SOA con gli operatori economici, nonché di trasparenza e correttezza dell’attività di attestazione. Per scaricare la determinazione cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato AVCP del 16.5.2014

 
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Con la Determinazione n. 4 del 2014 l’Avcp indica i criteri a cui le SOA devono attenersi per la redazione o per l’aggiornamento del documento - previsto dall’art. 68, comma 2, lett. f), del D.P.R. n. 207/2010 - relativo alle procedure da adottare per il rilascio degli attestati di qualificazione s ... Continua a leggere

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Occupazione di suolo pubblico: le prerogative del Comune nella regolamentazione dell'uso temporaneo dei beni nel centro storico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico. Michetti della sentenza del TAR Lazio Sez. II ter del 15.5.2014

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La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che i piani di massima occupabilità delle vie e piazze del centro storico trovano la loro giustificazione nell’esigenza dell’amministrazione comunale di individuare forme omogenee di fruizione di spazi pubblici da parte di operatori commerciali in luoghi di notevole interesse pubblico, nell’obiettivo di garantire una rigorosa tutela del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale e per garantire un equilibrio tra l'espansione delle attività commerciali, la regolamentazione del traffico urbano e la tutela della residenzialità nonché, anche, per salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini (ex multis: TAR Lazio, II ter, 4 aprile 2013, n. 3446; TAR Lazio, II ter, 19 giugno 2012, n. 5649). La natura dell’atto di concessione amministrativa o.s.p., di conseguenza, conferisce al Comune una serie di prerogative, volte a regolare l’uso temporaneo del bene in alcune aree della città, in prevalenza situate nel centro storico, dove l’occupazione del suolo pubblico è limitata dall’esistenza di un preponderante pubblico interesse diretto alla salvaguardia del patrimonio storico-culturale e dove, quindi, gli interessi imprenditoriali dei privati si rivelano recessivi rispetto agli interessi pubblici volti alla tutela dei beni architettonici e, in generale, del patrimonio monumentale e culturale della città. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Gare d'appalto: per impugnare gli atti della procedura non basta il solo interesse strumentale del concorrente alla "riedizione" della procedura

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Oggetto di controversia è se in tema di gare d’appalto, il soggetto, come l’attuale appellante, terza graduata all'esito della procedura di gara di cui trattasi, abbia interesse giuridicamente tutelabile ad impugnare gli atti della procedura e la relativa aggiudicazione solo nell’ipotesi in cui le censure da essa dedotte siano tali da determinare, in caso di accoglimento del ricorso, l'utilità finale dell'aggiudicazione in suo favore o anche nel caso in cui siano tali da determinare anche solo utilità strumentale della rinnovazione dell'intera procedura. Secondo il Collegio la società ricorrente, per dimostrare di avere un interesse giuridicamente tutelato, effettivo e concreto alla proposizione del gravame, era tenuta a dimostrare che l’accoglimento dello stesso avrebbe comportato la sua collocazione al primo posto nella graduatoria finale e che l'eventuale violazione della procedura si sarebbe concretata in una lesione effettiva della posizione della ricorrente stessa, sicché, in mancanza di un indice di lesività specifico e concreto, condivisibilmente il T.A.R. non ha ammesso un annullamento della procedura al solo fine strumentale della rinnovazione della gara. Il Collegio non condivide, infatti, l'orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato, sez. V, n. 1082/2011) che considera meritevole di tutela anche il solo interesse strumentale del partecipante alla gara alla "riedizione" della procedura, che configurerebbe l’utilità derivante dall'accoglimento dell'appello. Con sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2011 è stata riconosciuta la possibilità, per il ricorrente che abbia partecipato legittimamente alla gara, di far valere sia un interesse "finale" al conseguimento dell'appalto affidato al controinteressato, sia, in via alternativa (e di norma subordinata), l'interesse strumentale alla caducazione dell'intera gara e alla sua rinnovazione, purché, tuttavia, sussistano ragionevoli e concrete possibilità di ottenere l'utilità richiesta (è ivi esplicitamente affermato che la nozione di "interesse strumentale" non identifica un'autonoma posizione giuridica soggettiva, ma indica il rapporto di utilità tra l'accertata legittimazione al ricorso e la domanda formulata dall'attore). Quindi il criterio dell'interesse strumentale va contemperato con le peculiarità in punto di fatto che caratterizzano la procedura per la quale è causa, che consentono al Collegio, in base all'indirizzo giurisprudenziale formatosi in tema di procedure in senso lato selettive e applicabili quindi anche alle procedure di appalto (Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3084/2011, n. 1928/2011 e n. 6406/2009), di confermare il punto della sentenza appellata che ha ritenuto il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio inammissibile per carenza di interesse. In base a quell'indirizzo, nei giudizi di cui trattasi, non può infatti prescindersi dalla verifica della prova di resistenza, con riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura selettiva delle cui operazioni è dedotta la illegittimità, nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso contro un provvedimento qualora, a seguito dell'esperimento della prova di resistenza e all’esito di una verifica "a priori", risulti con sicurezza che la parte ricorrente non avrebbe comunque ottenuto l’utilità perseguita anche in caso di accoglimento del ricorso (Consiglio di Stato, sez. III, 5 febbraio 2014, n. 571). Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su " Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Appalti: e' illegittimo il disciplinare di gara se non predefinisce specifici criteri di valutazione con correlati punteggi e sub punteggi

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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In tema di gare di appalto, è da valutare illegittimo il disciplinare di gara solo se non abbia predefinito specifici, obiettivi e puntuali criteri di valutazione, con correlati punteggi e sub punteggi, in modo da formare una griglia di parametri valutativi capace di delimitare effettivamente la discrezionalità della commissione giudicatrice. L'art. 83, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui "...il bando di gara per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi", pone infatti una estrema limitazione della discrezionalità della commissione nella specificazione dei criteri, escludendone ogni facoltà di integrare il bando, e quindi facendo obbligo a quest'ultimo di prevedere e specificare gli eventuali sottocriteri, con conseguente illegittimità della "lex specialis" che, pur richiamando il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nulla preveda in ordine agli elementi dell'offerta da considerare ed all'attribuzione dei punteggi. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Edilizia: per la determinazione degli oneri di costruzione le opere devono essere valutate complessivamente, non potendosi considerare separatamente i singoli fabbricati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Gli oneri di costruzione costituiscono una prestazione patrimoniale di natura impositiva che trova la sua "ratio" giustificatrice nell’incremento patrimoniale che il titolare del permesso di costruire consegue in dipendenza dell’intervento edilizio. Il contributo in questione è strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di edificare, in misura corrispondente all’entità e alla qualità del maggior carico urbanistico conseguente alla realizzazione del fabbricato assentito ed all’insieme dei benefici che la nuova opera ne ritrae. La formazione del credito del comune postula quindi, quale condizione di esigibilità, l’effettiva attività di edificazione e comporta la corresponsione di un contributo commisurato al costo di costruzione globalmente inteso, nel senso che deve investire ed essere riferito all’intera opera assentita e realizzata. Deve quindi affermarsi che le opere devono essere valutate complessivamente, non potendosi considerare separatamente i singoli fabbricati ed i singoli componenti. Nel caso che ora occupa, è di tutta evidenza che l’ultimazione dei lavori, intesa come realizzazione dell’opera autorizzata nel suo complesso, non può che essere successiva al 13 dicembre 1985, data di approvazione dell’ultima variante (n. 54); tale elemento di fatto è certo anche a non voler considerare la data di effettiva e formale ultimazione dei lavori (cfr. certificato di abitabilità 24 aprile 1986 n. 4). Inoltre, osserva il Collegio che la norma che impone l’immediata quantificazione degli oneri conseguenti al rilascio della concessione ha una duplice funzione. La norma in primo luogo sollecita l’Amministrazione alla tempestiva esecuzione di un’attività obbligatoria, dalla quale deve derivare un’entrata; in secondo luogo, la norma tutela l’interessato, il quale ha diritto a conoscere subito la quantificazione del suo debito. Quest’ultimo profilo è, nella specie, irrilevante, avendo l’odierno appellato espressamente consentito alla determinazione degli oneri in un momento successivo al rilascio del titolo autorizzatorio. Quanto all’altro profilo, trova applicazione il principio secondo il quale la violazione dei termini posti nell’interesse dell’Amministrazione non può comportare la decadenza dal relativo potere. Il ricorrente in primo grado, le cui tesi sono state condivise dal primo giudice, ha sostenuto che il fatto costitutivo della pretesa contributiva è il rilascio del titolo abilitativo (4.12.1978 – 9.8.1980 – 11.7.1981), con la conseguenza che a tale momento si determina il suo importo, il quale dovrà essere corrisposto in corso d’opera con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune e, comunque, non oltre sessanta giorni dall’ultimazione delle opere ai sensi dell’invocato art. 11 della legge 28 gennaio 1977 n. 10. In altri termini, come si esprime la sentenza impugnata, il "dies a quo" del termine prescrizionale decorre dal rilascio della concessione edilizia e delle sue varianti, in quanto noti a tale momento tutti gli elementi utili alla determinazione dell’entità del contributo, secondo la regola generale per cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ex art. 2935 c.c. Il Collegio osserva, in contrario senso, come anche nel ragionamento del primo giudice la prescrizione presupponga la esigibilità del credito. In base alle argomentazioni appena svolte, il credito relativo al contributo di costruzione non è definitivamente esigibile fino a che non si concretizza la materiale e definitiva trasformazione urbanistica del territorio, e quindi fino all’ultimazione delle opere. Il "dies a quo", nel caso di specie, decorre pertanto quanto meno dall’approvazione dell’ultima variante (concessione n. 54 del 13 dicembre 1985), onde, per ciò solo, il diritto dell’Amministrazione non può dirsi estinto per prescrizione. Le specificità del caso in esame confortano ulteriormente la conclusione raggiunta. Nel caso di specie l’Amministrazione e l’appellato manifestando la convergente volontà di determinare il costo di costruzione solo una volta completato l’intervento e sulla base delle sue effettive dimensioni hanno costruito una fattispecie a formazione progressiva nella quale l’effettiva consistenza dell’obbligo dell’odierno appellato poteva essere definita solo una volta completate le diverse opere in progetto; in questo quadro, appare logica la espressa riserva di determinare i costi di costruzione successivamente al rilascio della concessione e delle varianti, e la previsione della decadenza del titolo abilitativo per inadempimento. Di conseguenza, il credito dell’Amministrazione, odierna appellante, è divenuto liquido ed esigibile solo al completamento delle opere di cui si tratta, quando è stato possibile accertare compiutamente il suo ammontare. L’appellato infatti ha assunto il formale impegno di procedere al pagamento degli oneri dietro richiesta dell’Ente, che l’intesa raggiunta fra le parti rendeva ammissibile solo dopo il completamento delle opere e la liquidazione del suo ammontare. Alla luce di tali osservazioni, la pretesa contributiva che ora occupa deve essere ritenuta legittima anche in applicazione dell’art. 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, richiamato dall’appellato, secondo cui gli oneri di concessione "sono corrisposti con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune". Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Differenza tra appalto e concessione: i rischi della gestione del servizio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.5.2014

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Per consolidato orientamento giurisprudenziale si ha concessione quando l'operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l'onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull'Amministrazione (in tal senso - ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 4 settembre 2012, n. 4682; id., V, 9 settembre 2011, n. 5068; id., V, 6 giugno 2011, n. 3377). Si è precisato, al riguardo, che quando l'operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull'utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora si ha concessione, ragione per cui può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall'appalto di servizi. Pertanto, si avrà concessione quando l'operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza, mentre si avrà appalto quando l'onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull'amministrazione (Cons. Stato, VI, 4 settembre 2012, n. 4682, cit.; id, V, 6 giugno 2011, n. 3377). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Pianificazione Urbanistica: il Consiglio di Stato ribadisce i principi consolidati in materia di onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.5.2014

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Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710). Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.). Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), con considerazioni che devono intendersi riconfermate nella presente sede: "le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute". Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.5.2014

 
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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Abusi edilizi: il Consiglio di Stato precisa i termini di natura perentori entro cui richiedere la sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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La sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non può essere più richiesta quando sia definitivamente decorso il termine di novanta giorni dall’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi (nel caso di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità e con variazioni essenziali, art. 7) ovvero quello fissato dal sindaco nell’ordinanza di demolizione (nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia, art. 9, comma 1, e di opere eseguite in parziale difformità dalla concessione, art. 12, comma 1) e, nel caso di opere eseguite senza autorizzazione, ex art. 10, fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative. Qiesto il principio sancito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 27.5.2014. In particolare il Collegio nella sentenza in esame rileva che l’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora trasfuso nell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), su cui è stata fondata l’istanza di concessione in sanatoria dell’abuso edilizio, negata col provvedimento impugnato in primo grado, stabilisce che il responsabile dell’abuso possa ottenere la concessione o l’autorizzazione in sanatoria, quando l’opera eseguita in assenza della concessione o autorizzazione sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda, "fino alla scadenza del termine di cui all’art. 7, terzo comma, per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con varianti essenziali, o dei termini stabiliti nell’ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell’art. 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nel termine di cui al primo comma dell’art. 12, ovvero nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell’art. 10 o comunque fino alla irrogazione delle sanzioni". La particolare sanatoria prevista dall’articolo in esame non può pertanto essere più richiesta quando sia definitivamente decorso il termine di novanta giorni dall’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi (nel caso di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità e con variazioni essenziali, art. 7) ovvero quello fissato dal sindaco nell’ordinanza di demolizione (nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia, art. 9, comma 1, e di opere eseguite in parziale difformità dalla concessione, art. 12, comma 1) e, nel caso di opere eseguite senza autorizzazione, ex art. 10, fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative. Il legislatore ha in tal modo inteso contemperare i contrapposti interessi in conflitto, subordinando la sanatoria dell’abuso edilizio, di natura esclusivamente formale per la sola mancanza del titolo abilitativo o per la violazione dello stesso, stante invece la sua doppia conformità edilizia ed urbanistica (al momento della realizzazione dell’opera e al momento della domanda), al mancato definitivo consolidarsi del provvedimento sanzionatorio di demolizione o di irrogazione della sanzione, indipendentemente dal fatto che la sanzione sia stata effettivamente già portata ad esecuzione (sul rapporto di consequenzialità tra provvedimento di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell'area di sedime rispetto all'ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi e sulla loro non autonoma impugnabilità in mancanza di tempestiva impugnazione dell'atto con cui era stata ingiunta la demolizione, tra le tante Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40). Da ciò deriva la natura perentoria dei termini sopra indicati. Nel caso di specie non è contestato che la richiesta di concessione in sanatoria ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 47 del 1985 sia stata presentata dall’interessato iquando era ormai diventata definitiva l’ordinanza di demolizione dello stesso abuso di cui si discute. Correttamente pertanto i primi giudici hanno ritenuto tardiva la nuova domanda di concessione in sanatoria (risultando infondato il richiamo operato dall’appellante alla pretesa mancata irrogazione delle sanzioni amministrative), tardività che preclude l’esame delle altre censure. Vanno poi respinte le deduzioni secondo cui la sanatoria ex art. 13 sarebbe possibile al di là dei casi da esso tassativamente previsti. Per la consolidata giurisprudenza, che il Collegio condivide e fa propria, è legittimo il doveroso diniego della concessione in sanatoria di opere eseguite senza titolo abilitante, qualora le stesse non risultino conformi tanto alla normativa urbanistica vigente al momento della loro realizzazione quanto a quella vigente al momento della domanda di sanatoria (Cons. St., Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1324; Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3235; Sez. V, 17 settembre 2012, n. 4914; Sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1126; Sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2306). Infatti, solo il legislatore statale (con preclusione non solo per il potere giurisdizionale, ma anche per il legislatore regionale: Corte Cost., 29 maggio 2013, n. 101) può prevedere i casi in cui può essere rilasciato un titolo edilizio in sanatoria (avente anche una rilevanza estintiva del reato già commesso) e risulta del tutto ragionevole il divieto legale di rilasciare una concessione (o il permesso) in sanatoria, anche quando dopo la commissione dell’abuso vi sia una modifica favorevole dello strumento urbanistico. Come rilevato da questo Consiglio (Sez. V, 17 marzo 2014, n.- 1324, cit.), tale ragionevolezza risulta da due fondamentali esigenze, prese in considerazione dalla legge: a) evitare che il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post (e non punibile) ciò che risulta illecito (e punibile); b) disporre una regola senz’altro dissuasiva dell’intenzione di commettere un abuso, perché in tal modo chi costruisce sine titulo sa che deve comunque disporre la demolizione dell’abuso, pur se sopraggiunge una modifica favorevole dello strumento urbanistico. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

 
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La sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non può essere più richiesta quando sia definitivamente decorso il termine di novanta giorni dall’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi (nel caso di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità e ... Continua a leggere

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Appalti: nelle gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerta presentata può contenere soluzione migliorative, a condizione che non siano alterati i caratteri essenziali o lo stesso oggetto dell’appalto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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Nella controversia in esame il Consiglio di Stato ha richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale che, con riguardo alle gare di appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come nel caso in esame, ammette che l’offerta presentata possa contenere soluzione migliorative, a condizione che non siano alterati i caratteri essenziali ovvero lo stesso oggetto dell’appalto (Cons. St., sez. 8, marzo 2011, n. 1460), anche per non ledere la par condicio dei concorrenti (Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2012, n. 3358; in tal senso anche sez. IV, 23 gennaio 2012, n. 285, che, relativamente ad un appalto integrato, ex art. 54, comma 1, lett. B), del D. Lgs. n. 163 del 2006, ha distinto le varianti progettuali migliorative, consentite [incidenti sulla qualità dell’opera, sotto il profilo strutturale, prestazione e funzionali, quali schede progettuali, modalità esecutive, materiali, impianti], dalle modificazioni vietate in quanto idonee ad alterare l’essenza strutturale e prestazioni dell’opera delineata nel progetto definitivo e come tali lesive, oltre che della par condicio dei concorrenti, anche dello stesso interesse della stazione appaltante al conseguimento delle specifiche funzionalità perseguite, secondo il progetto definitivo posto a base di gara). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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Nella controversia in esame il Consiglio di Stato ha richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale che, con riguardo alle gare di appalto da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come nel caso in esame, ammette che l’offerta presentata possa contenere solu ... Continua a leggere

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Appalti: l'Amministrazione non e' tenuta ad instaurare un contraddittorio orale sulla osservazioni / controdeduzioni presentate dal concorrente ai fini della legittimità del provvedimento di non aggiudicazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato concerne il bando del Comune di Trieste con il quale e' stata indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di sorveglianza, biglietteria – bookshop ed assistenza al pubblico in alcuni poli museali ed espositivi, della durata di quattro anni da aggiudicarsi col sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 13, da valutarsi sulla base del parametro del prezzo e della qualità del servizio. Con determinazione dirigenziale l’amministrazione ha poi deciso di non procedere all’aggiudicazione definitiva del servizio in questione alla società cui la commissione giudicatrice: ciò sulla scorta della relazione e nota del proprio consulente, dalle quali sono emersi elementi di perplessità dell’offerta presentata della predetta società, non fugati dalle giustificazioni fornite, in ordine al costo del lavoro. La società appellante ha lamentato che i primi giudici avrebbero ingiustamente e sbrigativamente ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione appaltante concretizzatosi nel provvedimento impugnato, senza invece tener conto che erano state macroscopicamente violate le fondamentali garanzie partecipative ed il principio di leale collaborazione, non essendo stato giammai instaurato il doveroso contraddittorio (orale) che le avrebbe consentito di confutare, al di là di ogni ragionevole dubbi, le ingiustificate ed infondate perplessità sulla propria offerta manifestate dal consulente. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha osservare sul punto che l’attività dell’amministrazione è stata improntata al pieno rispetto del contraddittorio e come tale non merita censure...La circostanza che all’esito della presentazione di tali osservazioni/controdeduzioni, fornite ed esaminate dal consulente dell’amministrazione, quest’ultima non abbia poi convocato la società concorrente per l’ulteriore confutazione del parere del proprio consulente non può essere di per sé considerata una violazione della garanzie partecipative e tanto meno del principio di leale collaborazione cui devono essere improntati i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino/impresa: la società concorrente è stata infatti messa nelle condizioni per interloquire con l’amministrazione e rappresentare il proprio punto di vista sulle perplessità manifestate dal consulente dell’amministrazione e non può considerarsi illegittimo un provvedimento amministrativo per il solo fatto che esso non abbia recepito ed accolto, in tutto o anche in parte, le osservazioni o le controdeduzioni fornite dall’interessato. D’altra parte, un obbligo di instaurare il contraddittorio orale ai fini della legittimità di un provvedimento amministrativo, come espressamente invocato dalla società appellante, non si rinviene espressamente né nell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, né nell’art. 27 del D. Lgs. n. 163 del 2006, disposizioni che impongono piuttosto il rispetto dei più generali principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, oltre che di economicità ed efficienza, che, come già accennato, non risultano lesi dal (procedimento svolto e dal successivo) provvedimento impugnato. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Proroghe degli affidamenti: e' inutile eccepire al giudice che l'eccessiva durata di un procedimento di gara e' diretta a favorire le proroghe dell'originario affidamento in quanto in mancanza di prove l'eccessiva durata non e' un vizio di illegittimità del provvedimento finale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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Sebbene sia auspicabile, anche in omaggio ai principi di economicità e speditezza dell’azione amministrazione, che i procedimenti di gara si concludano in tempi ragionevolmente brevi, rileva il Consiglio di Stato come la eccessiva durata di un procedimento di gara non costituisce di per sé un vizio di illegittimità del provvedimento finale dello stesso, salvo che l’eccessiva durata non si accompagni ad altri elementi di fatto indizianti di altre violazioni dei principi di imparzialità, buon andamento, trasparenza, correttezza e di rispetto della par condicio, che nel caso di specie non sono stati neppure dedotti. In tal senso non può essere apprezzabile la circostanza che la durata del procedimento di gara avrebbe ‘favorito’ le proroghe dell’originario affidamento e la conseguente successiva aggiudicazione in suo favore anche dell’appalto in questione, trattandosi di mere affermazioni di principio, sfornite allo stato del benché minimo supporto probatorio, e che in ogni caso, lungi dall’incidere direttamente sulla legittimità del provvedimento impugnato, potrebbe eventualmente dar luogo a responsabilità dei soggetti che tali comportamenti avrebbero posto in essere con le asserite finalità sviate. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Costo del lavoro negli appalti: un’offerta non può essere ritenuta anomala e comportante l'automatica esclusione dalla gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli delle tabelle ministeriali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha evidenziato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’offerta deve essere valutata nella globalità dei servizi e delle prestazioni a questi riferibili, non rilevando (ai fini della verifica della anomalia) che lo svolgimento di un servizio di non rilevante entità, rispetto al complesso di quelli offerti, sia offerto sottocosto, in quanto compensabile con quanto ricavato dallo svolgimento degli altri servizi (caso di offerta di servizio in cui i costi medi della manodopera si discostano in modo enorme da quelli individuati dal decreto ministeriale sul costo del lavoro, Cons. St., sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314). D’altra parte, ai sensi dell'art. 86, del d.lg. n. 163 del 2006, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell'offerta sotto tale profilo, con la conseguenza che l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima ex se un giudizio di anomalia, potendo essere accertato quando risulti puntualmente e rigorosamente giustificato (Cons. St., sez. VI. 22 marzo 2013, n. 1633; 29 maggio 2012, n. 3226) Con particolare riguardo alla questione del costo del lavoro, è stato anche affermato che un’offerta non può essere ritenuta senz'altro anomala e comportante l'automatica esclusione dalla gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, giacché queste ultime non costituiscono parametri inderogabili, ma solo indici del giudizio di congruità; così che - ai fini del giudizio di anomalia dell'offerta - è necessario che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4306), purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva (Cons. St., sez. III, 28 maggio 2012, n. 3134). 5.3.2. Alla luce di tali consolidati principi effettivamente la impugnata determinazione dell’amministrazione appaltante risulta affetta dai vizi indicati, atteso che l’esclusione dalla gara si fonda esclusivamente sulla ravvisata incongruità dei costi del lavoro e sulla sostanziale inaffidabilità, sotto questo solo profilo, dell’offerta della società appellante, non essendo stata invece effettuata la necessaria valutazione complessiva della eventuale anomalia dell’offerta, verificando cioè, anche alla luce della giustificazioni, osservazioni e controdeduzioni fornite dalla società interessata, se le discordanze concernenti i costi del lavoro, ancorché in assoluto di per sé non giustificabili, potessero in concreto trovare giustificazioni o compensazioni in altri voci dell’offerta proposta. Né sul punto può essere condivisa l’argomentazione difensiva dell’amministrazione comunale secondo cui nel caso di specie, trattandosi di un appalto escluso dall’applicazione della normativa del codice dei contratti pubblici, non poteva trovare ingresso la procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta. Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che sebbene, ai sensi degli artt. 17 e 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, la procedura riguardante la verifica dell'anomalia dell'offerta non sia obbligatoria quando questa ha per oggetto contratti esclusi, tuttavia la stessa è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, la cui determinazione è sindacabile in sede giurisdizionale se microscopicamente irragionevole (Cons. St., sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3059): nel caso in esame, come emerge dall’esame del disciplinare di gara, l’amministrazione appaltante aveva effettivamente previsto lo svolgimento della procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta (con ciò autovincolandosi), non essendo attribuibile diverso significato alla disposizione riportata nella pag. 13 del predetto disciplinare, a proposito del contenuto della busta C, secondo cui "Al fine della verifica dell’anomalia, ciascun concorrente dovrà indicare, in sede di offerta e per ciascun servizio, la composizione del prezzo orario, il quale dovrà tener conto dell’inderogabilità dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi di lavoro, dei costi e degli utili di impresa". Del resto, significativamente la stessa ricordata previsione del disciplinare di gara esclude anch’essa che il solo discostarsi dell’offerta quanto al costo del lavoro dai minimi inderogabili salariali previsti dai contratti collettivi di lavoro determini automaticamente l’inaffidabilità dell’offerta e giustifichi un automatico giudizio di anomalia. A ciò consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato, non già per essere fondato sulle osservazioni del consulente dell’amministrazione, ma per il fatto che è mancata la valutazione dell’offerta nel suo complesso, essendosi la valutazione dell’amministrazione fermata alla riscontrata incongruità ed inaffidabilità degli esposti costi del lavoro, senza verificare se i discostamenti degli stessi dalle tariffe minime inderogabili potesse trovare una giustificazione (ed un’eventuale compensazione) nella globalità dell’offerta presentata. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Concessione edilizia per l'attivazione di un impianto per la produzione di farine proteiche: non e' precluso introdurre norme regolamentari più rigorose di quelle rinvenibili nell'art. 216 del T.U. leggi sanitarie

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come l’art.216 TULS non contiene un divieto assoluto di insediamento dell’industria di prima classe nell’abitato, ove sia provato che "per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato". In tal senso sussiste l'orientamento pretorio ( Cons. Stato, V n.338/1996), secondo cui non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come l’art.216 TULS non contiene un divieto assoluto di insediamento dell’industria di prima classe nell’abitato, ove sia provato che "per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocume ... Continua a leggere

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mercoledì 28 maggio 2014 22:11

Liberalizzazione orari esercizi commerciali: e' illegittimo il silenzio rifiuto del Comune sull’istanza avanzata da una società titolare di un esercizio commerciale per l’adeguamento dell’ordinamento comunale alle prescrizioni di legge e in particolare alla libertà di apertura degli esercizi commerciali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

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Il Sindaco del Comune di Gessate, con ordinanza di gennaio 2012, avente ad oggetto "Liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali in sede fissa e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande", ha stabilito che "dalla data odierna…, relativamente alle attività commerciali, come individuate dal Decreto Legislativo n. 114/98 e di somministrazione di alimenti e bevande, devono intendersi abrogati i seguenti obblighi, fatti salvi i successivi provvedimenti che la Regione Lombardia riterrà di assumere in materia: rispetto degli orari di apertura e di chiusura, obbligo della chiusura domenicale e festiva, obbligo della giornata di chiusura infrasettimanale (mezza o intera che fosse)", specificando anche che "l’eventuale chiusura infrasettimanale, di una o più intere o mezze giornate, è determinata liberamente dai singoli esercenti; gli esercenti rendono noto al pubblico l’orario di apertura e chiusura e l’eventuale orario di chiusura per riposo settimanale effettuati, mediante cartelli ben visibili anche dall’esterno o altri mezzi idonei di informazione" ed aggiungendo infine che "con il presente atto, si intendono revocate tutte le precedenti ordinanze in materia e ogni norma di regolamento comunale in contrasto con la presente disciplina". Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. I, con la sentenza n. 406 del 14 febbraio 2013, con l’intervento ad adiuvandum dell’Unione del Commercio dei Servizi e delle Professioni della Provincia di Milano, ha ritenuto legittima l'ordinanza. Giunta la questione innanzi al Consiglio di Stato, la Quinta Sezione ha evidenziato che il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, recante "Disposizione urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici", convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all’art. 31, rubricato "Esercizi commerciali", ha stabilito: a) al comma 1, che: "In materia di esercizi commerciali, all’articolo 3, comma 1, lettera d –bis, del decreto – legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono soppresse le parole: "in via sperimentale" e dopo le parole "dell’esercizio" sono soppresse le seguenti "ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte" ; b) al comma 2, che "Secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazioni di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della conversione del presente decreto". L’ultimo periodo del comma 2 è stato poi sostituito dall’art. 1, comma 4 – ter, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, prevedendosi che "Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012". Per effetto di tali disposizioni l’art. 3, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha assunto il seguente contenuto: "1. Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: a) l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande; b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio; c) le limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare; d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale; d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio; e) la fissazione di divieti ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario; f) l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti; f-bis) il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie." La Corte Costituzionale, nella sentenza 15 marzo 2013, n. 38, (dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 2 e 3, e dell’art. 6 della legge provinciale di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7, recante norme in materia di liberalizzazione dell’attività commerciale, proprio per violazione del citato articolo 31 del d.l. n. 201 del 2001 con riferimento all’art. 117, comma secondo, lett. e), Cost.), richiamato lo specifico contenuto del secondo comma dell’art. 31, ha ricordato di aver dichiarato con la sentenza 19 dicembre 2012, n. 299, inammissibili o infondate varie questioni di legittimità costituzionali del citato art. 31, sollevate da alcune Regioni, anche a statuto speciale, rilevando, tra l’altro che "1) per costante giurisprudenza costituzionale la nozione di concorrenza – di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: a) sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; b) sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo, cioè in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche (ex multis: sentenze n. 270 e n. 45 del 2010; n. 160 del 2009, n. 430 e 401 del 2007); 2) la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere finalistico, non è una materia di estensione certa e delimitata, ma è configurabile come trasversale, «corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall’intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle regioni (sentenza n. 80 del 2006, n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del 2004)». Ha quindi aggiunto che il disposto del citato comma 2, dell’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011 deve essere ricondotto "…nell’ambito della tutela della concorrenza, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., norma in presenza della quale i titoli competenziali delle Regioni, anche a statuto speciale, in materia di commercio e di governo del territorio non sono idonei a impedire l’esercizio della detta competenza statale…che assume quindi carattere prevalente". Con riguardo al comma 1 dell’articolo 31 ed alle conseguenti modifiche apportate all’art. 3, comma 1, lett. d – bis, del d.l. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, il giudice delle leggi ha osservato che quest’ultima norma "…dispone che le attività commerciali, come individuate dal d. lgs. n. 114 del 1998, nonché quelle di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i limiti di apertura e di chiusura elencati nel medesimo art. 3, tra cui « il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio». Ciò «Ai sensi delle disposizioni dell’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere e) ed m) della Costituzione», aggiungendo che, secondo l’interpretazione della norma già fornita in altre decisione, è stato così attuato un principio di liberalizzazione, con la rimozione di vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche, in quanto l’eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all’ingresso di nuovi operatori e amplia la possibilità di scelta del consumatore. La Corte ha quindi concluso, sottolineando che "Si tratta…di misure coerenti con l’obiettivo di promuovere la concorrenza, risultando proporzionate allo scopo di garantire l’assetto concorrenziale nel mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale". Di tali principi ha fatto puntuale applicazione questa stessa Sezione con la sentenza n. 5473 del 20 novembre 2013, ritenendo illegittimo il silenzio – rifiuto serbato da un Comune sull’istanza avanzata da una società titolare di un esercizio commerciale per l’adeguamento dell’ordinamento comunale alle prescrizioni di legge e in particolare alla libertà di apertura degli esercizi commerciali, di cui agli artt. 1, comma 4, d.l. n. 1 del 2012 e 31, comma 2, d.l. n. 201 del 2011, convertito nella l. n. 214 del 2011. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provevdimento".

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Abusi edilizi: non è necessario che il Comune notifichi il verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si disponga l'acquisizione gratuita

segnalazione ddl Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014

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Nella vicenda in esame si è consolidato e reso intangibile l’ordine di demolizione, come da giudicato intervenuto tra le parti (sentenza del T.a.r. Campania, sez. II, 23 giugno 2006 n. 7166, confermata dalla decisione di questo Consiglio, sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3757). Situazione d’irreversibilità, quella innanzi descritta, che discende altresì dal giudicato penale del Tribunale di Napoli di cui alla sent. n. 17020 dell’11 maggio 2009 (irrevocabile dal 3 gennaio 2012), con cui è stata disposta la demolizione, se non altrimenti eseguita, delle opere abusive in questione. Recita l’art. 31, comma terzo, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che "Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita". Da ciò deriva, ove l'ordine di demolizione non eseguito sia divenuto inoppugnabile, che l'autore dell'abuso non può far valere in sede d’impugnativa, relativamente all'atto dichiarativo dell'avvenuta acquisizione gratuita, eccezioni in merito alla natura dell'intervento ed al tipo di sanzione applicata ma, unicamente, vizi formali e procedurali inerenti alla fase d’impossessamento del bene da parte del comune. Relativamente a tale stadio dell’impugnazione, prevede poi il successivo comma quarto del predetto articolo, che "L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notificazione all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente". Vale a dire che il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale ha, nella configurazione della suddetta disposizione, carattere meramente dichiarativo, in quanto interviene automaticamente per effetto dell’inottemperanza all'ordine di demolizione. Né giova al ricorrente riportarsi a sospensioni cautelari intervenute nel corso delle acquisizioni istruttorie, comunque superate dalla decisione finale di merito, che ha disatteso ogni censura inerente alle sanatorie o alla sanabilità dell’intervento ed al titolo comunale d’immissione in possesso conseguente alla riscontrata inottemperanza, alla luce dell’incontrovertibile giudicato sulla demolizione del manufatto per violazione delle regole urbanistiche relative alle distanze. D’altro canto, poiché la notificazione del verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione non ha alcun contenuto dispositivo, limitandosi a constatare in via ricognitiva e vincolata l'inadempimento dell'ordine di demolizione, non è quindi necessario che lo stesso venga notificato al responsabile dell'abuso prima di adottare il provvedimento con cui si disponga l'acquisizione gratuita, rilevando l'adempimento della notificazione all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, pienamente idoneo a consentire all'ente l'immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell'acquisizione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 12 dicembre 2008 n. 6174; Cassazione penale , sez. III, sent. 28 novembre 2007 n. 4962). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione ddl Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014

 
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Nella vicenda in esame si è consolidato e reso intangibile l’ordine di demolizione, come da giudicato intervenuto tra le parti (sentenza del T.a.r. Campania, sez. II, 23 giugno 2006 n. 7166, confermata dalla decisione di questo Consiglio, sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3757). Situazione d’irreversibil ... Continua a leggere

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Edifici o locali per lavorazioni industriali: in Gazzetta Ufficiale il decreto sulle informazioni da trasmettere all’organo di vigilanza in caso di costruzione, realizzazione, ampliamenti e ristrutturazione di edifici o locali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Funzione Pubblica del 12.5.2014

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Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, del 18 aprile 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie Generale, n. 106 del 9 maggio 2014 sono state individuate, ex articolo 67, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2008, secondo criteri di semplicità e comprensibilità, le informazioni da trasmettere all'organo di vigilanza in caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazione di quelli esistenti. Le informazioni da trasmettere nei casi su indicati potranno essere trasmesse all'organo di vigilanza utilizzando l'apposita modulistica disponibile nella presente sezione. Per accedere alla lettura del decreto e per scaricare la modulistica cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Funzione Pubblica del 12.5.2014

 
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Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, del 18 aprile 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie Generale, n. 106 del 9 maggio 2014 sono state individuate, ex articolo 67, comma 2, del D. Lgs. n. 81/200 ... Continua a leggere

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

AVCP: a partire dal 12 maggio 2014 nei dati dei contratti oltre al CIG va indicato il Codice Unico di Progetto (CUP)

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato AVCP del 8.5.2014

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Con la legge n.196/2009 è stata istituita la Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP) in seno al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica. Il successivo Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato del 26/02/2013 (attuativo dell’art.5 del D.Lgs.n.229/2011), ha definito – nell’Allegato A - il dettaglio delle informazioni da comunicare. Allo scopo di ridurre gli oneri informativi a carico delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori e di eliminare la duplicazione delle richieste di adempimenti, l’AVCP ha stipulato, in data 2 agosto 2013, un protocollo d’intesa con la Ragioneria Generale dello Stato, assumendo l’impegno di trasmettere alla BDAP i dati anagrafici, finanziari, fisici e procedurali, concernenti il ciclo di vita dei contratti pubblici di lavori (opere pubbliche) dalla fase di assegnazione del CIG, già in suo possesso, per effetto delle disposizioni contenute nell’art.7, comma 8, del D.Lgs.n.163/2006. In sintesi, il set informativo richiesto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – R.G.S., che mantiene comunque una propria specifica finalità, viene ad essere significativamente ridotto, in ragione dei dati acquisibili direttamente dall’AVCP. Con comunicato dell'8.5.2014 L'AVCP precisa che, come specificato anche nella Circolare della Ragioneria Generale dello Stato del 08/04/2014 n.14, condizione necessaria per evitare di dover procedere ad un ulteriore invio alla BDAP degli elementi informativi già acquisiti dall’AVCP, è che i dati dei contratti siano corredati oltre che del CIG anche del Codice Unico di Progetto (CUP) cui si riferiscono. In proposito, rammenta l'Autorità che l’obbligatorietà del CUP ricorre nelle fattispecie di seguito riportate: a) Appalto di lavori diversi da quelli di manutenzione ordinaria; b) Appalto di servizi finalizzato alla realizzazione di un progetto di investimento pubblico; c) Appalto di forniture finalizzato alla realizzazione di un progetto di investimento pubblico; d) Appalti di servizi o forniture che sebbene non rientrino nelle fattispecie di cui ai punti c) e d), siano cofinanziati da fondi comunitari. Pertanto, è necessario che i RUP procedano alla verifica, integrazione o rettifica dei dati su SIMOG, nelle modalità e secondo le tempistiche di seguito descritte. Nuove modalità operative a decorrere dal 12 maggio 2014 Creazione di un nuovo CIG A partire dal 12/5/2014 sarà obbligatorio indicare sul sistema SIMOG, in sede di creazione del CIG, il CUP identificativo del progetto nell’ambito del quale si colloca lo specifico appalto. Sarà possibile indicare più CUP a fronte di uno stesso CIG. Al momento dell’inserimento del CUP, il sistema SIMOG verificherà che ciascun codice CUP inserito sia effettivamente presente nella banca dati del CIPE e, in caso positivo, consentirà al RUP di visualizzare il soggetto che ne ha richiesto il rilascio e l’oggetto del progetto. Per tutte le fattispecie sopra citate, la mancata indicazione di un CUP (ovvero l’indicazione di un CUP non valido) determinerà l’impossibilità di acquisire il CIG e/o di perfezionarlo. Nel caso di temporanea impossibilità di verificare la validità del CUP sulla banca dati del CIPE, il CIG verrà comunque rilasciato ma non sarà possibile completarne il perfezionamento/pubblicazione fino ad avvenuta validazione. Comunicazione delle Schede di Aggiudicazione A partire dal 12/5/2014, per tutti i CIG creati anteriormente a tale data per i quali non sono stati ancora trasmessi i dati relativi alle aggiudicazioni, in sede di compilazione della Scheda di aggiudicazione sarà obbligatorio indicare uno o più CUP qualora l’appalto rientri in una delle fattispecie sopra citate. Sarà possibile indicare più CUP a fronte di uno stesso CIG. Al momento dell’inserimento del CUP, il sistema SIMOG verificherà che ciascun codice CUP inserito sia effettivamente presente nella banca dati del CIPE e, in caso positivo, consentirà al RUP di visualizzare il soggetto che ne ha richiesto il rilascio e l’oggetto del progetto. Per tutte le fattispecie sopra citate, in assenza di validazione dei CUP inseriti, il sistema SIMOG non consentirà di completare la conferma della scheda di aggiudicazione. Nuove modalità operative a decorrere dal 14 luglio 2014 Per tutti i contratti per i quali alla data del 12 maggio 2014 risultino già trasmesse le relative schede di aggiudicazione, il RUP dovrà verificare che per le fattispecie per le quali è necessaria l’acquisizione del CUP, quest’ultimo risulti associato al CIG cui si riferisce, nell’ambito del sistema SIMOG. A tal fine, a partire dal 14/07/2014 sul sistema SIMOG sarà disponibile, per tutti i RUP, una nuova funzionalità che consentirà di visualizzare tutti i CIG di propria competenza relativi agli appalti oggetto di monitoraggio ai sensi del DM 26/2/2013 e s.m.i., con indicazione degli eventuali CUP già riportati. Ciascun RUP dovrà verificare che, in tutti i casi di obbligatorietà del CUP, questo sia stato inserito, procedendo, laddove necessario, ad una modifica/integrazione dei codici CUP. Sarà possibile indicare più CUP a fronte di uno stesso CIG. Al momento della modifica o dell’inserimento di un CUP, il sistema SIMOG verificherà che ciascun codice CUP inserito sia effettivamente presente nella banca dati del CIPE e, in caso positivo, consentirà al RUP di visualizzare il soggetto che ne ha richiesto il rilascio e l’oggetto del progetto. In assenza di validazione dei CUP inseriti in relazione a ciascun CIG, il sistema SIMOG non acquisirà come valide le nuove informazioni di integrazione CIG-CUP e continuerà a mantenere il CIG nella lista di quelli da integrare. Si precisa che tale attività dovrà essere svolta da tutti i RUP sul sistema SIMOG, anche per i contratti i cui dati vengono trasmessi all’Osservatorio per il tramite delle Sezioni Regionali, e dovrà essere completata entro il 30/08/2014. Si ribadisce che, laddove nel sistema SIMOG siano presenti entrambe le informazioni relative al CUP ed al CIG, le amministrazioni saranno esonerate dal trasmettere alla BDAP i dati già inviati all’Osservatorio; saranno tenute a trasmettere alla BDAP soltanto le informazioni dell’Allegato A del DM non inviate o non presenti nel sistema SIMOG. Accesso alla BDAP istituita in seno al MEF-RGS Nel mese di settembre, il MEF renderà disponibile l’accesso alla BDAP ad opera delle amministrazioni pubbliche, le quali potranno: 1. prendere visione dei dati delle opere pubbliche di propria pertinenza (identificate con il CUP) già trasmessi al SIMOG; 2. verificare la presenza e/o la correttezza delle informazioni presenti in BDAP mutuate dal SIMOG e da altre banche dati alimentanti; 3. effettuare le integrazioni o le correzioni necessarie esclusivamente sul SIMOG e sulle altre banche dati alimentanti. Nei casi in cui l’associazione CUP-CIG o altre informazioni non siano state integrate neI sistema SIMOG, le amministrazioni dovranno procedere ad un nuovo invio integrale dei dati alla BDAP a partire dal 30/09/2014 entro i successivi 30 giorni (30 settembre-31 ottobre). La comunicazione di tali informazioni alla BDAP è un presupposto per l’erogazione del finanziamento dello Stato. A seguito della rilevazione dei dati da parte del MEF, l’Autorità procederà ad un riscontro tra i dati presenti nel sistema SIMOG e quelli trasmessi direttamente alla BDAP dalle amministrazioni, valutando la sussistenza dei presupposti per l’avvio del procedimento sanzionatorio ai sensi dell’articolo 7, comma 8, del D. Lgs. 163/2006.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato AVCP del 8.5.2014

 
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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Abusi edilizi: anche se l'opera abusiva e' in astratto sanabile il Comune può adottare l'ordinanza di demolizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 9.5.2014

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Il Consiglio di Stato ha escluso che l’iniziativa demolitoria dell’Amministrazione dove essere preceduta da una previa valutazione in astratto su una possibile sanabilità delle opere in quanto, quand’anche tale valutazione avesse avuto esito positivo, ciò non sarebbe stato idoneo né sufficiente a precludere il legittimo esercizio del potere repressivo ex art. 4, comma 2, della legge nr. 47 del 1985. Tale statuizione trova il suo fondamento nell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la procedura di cui alla disposizione testé citata può essere posta in essere non solo in ipotesi di opere eseguite su aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta, ma anche in caso di vincoli "relativi" (e, quindi, di opere abusive ma in astratto sanabili), senza che possa predicarsi un "diritto alla sanatoria" del responsabile degli abusi, suscettibile di paralizzare l’iniziativa doverosa del Comune (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2002, nr. 125). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

L’ordine di sospensione dell’attività edilizia abusiva non deve necessariamente precedere l’ordine di demolizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 9.5.2014

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Per consolidata giurisprudenza l’ordine di sospensione dell’attività edilizia abusiva, in ragione del carattere meramente eventuale delle esigenze cautelari che possono determinarlo, non deve necessariamente precedere l’ordine di demolizione, ma può anche non esservi affatto, e pertanto, anche l’adozione di un ordine di sospensione superfluo, per essersi ormai consumate le esigenze cautelari che potevano giustificarlo, non può certo rifluire sull’ordine di demolizione in modo da renderlo illegittimo (cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 gennaio 2006, parere nr. 408, con riferimento a fattispecie in cui la notifica dell’ordine di sospensione era stata contestuale a quella dell’ordine di demolizione). Conclude in Consiglio di Stato che alla luce dei rilievi che precedono, appare dunque evidente l’estraneità al caso che occupa delle altre e diverse norme invocate dagli appellanti: ciò vale non solo per il già citato art. 7 della legge nr. 47 del 1985, ma anche per l’art. 32 della legge 17 agosto 1942, nr. 1150, del quale pure si assume la violazione. Infondato è pure il secondo motivo di appello, col quale da un lato si reitera la censura di mancata ponderazione degli interessi pubblici e privati in conflitto e dall’altro si ribadiscono le critiche al modus procedendi seguito dal Comune per l’affidamento degli interventi di demolizione e per la successiva quantificazione e liquidazione delle spese di cui è stato chiesto il rimborso. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 9.5.2014

 
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Per consolidata giurisprudenza l’ordine di sospensione dell’attività edilizia abusiva, in ragione del carattere meramente eventuale delle esigenze cautelari che possono determinarlo, non deve necessariamente precedere l’ordine di demolizione, ma può anche non esservi affatto, e pertanto, anche l’ad ... Continua a leggere

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Appalti: se l'impresa concorrente rende una dichiarazione dubbia sul rispetto delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e' consentito alla Commissione richiedere chiarimenti al concorrente

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 9.5.2014

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato rileva nel giudizio in esame come la comminatoria di esclusione per le imprese che non dichiarino preventivamente di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili concerne, per l’appunto, i casi di dichiarazione mancante e non di dichiarazione equivoca, poco chiara o erronea, come nella fattispecie. In tali casi, non può ritenersi "mancante" la dichiarazione, residuando solo margini di dubbio all’interprete circa l’effettiva volontà del dichiarante, come nel caso in esame in cui i concorrenti hanno barrato le due opzioni possibili in relazione all’art. 17 della l. n. 68/1999. Se è stata resa una dichiarazione dal tenore dubbio o contraddittorio, deve ritenersi consentito alla Commissione richiedere l’intervento chiarificatore del concorrente in relazione a quanto dichiarato. Ciò in ossequio al disposto dell’art. 46, comma 1, del codice dei contratti, che disciplina il c.d. "potere di soccorso" della stazione appaltante, la cui estensione è stata oggetto della recente pronuncia dell’A.P. n. 9 del 25.2.2014. La norma consente, nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, se necessario, che i concorrenti siano invitati a completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, riguardanti i requisiti generali per l’ammissione a gara. Essa rappresenta un’espressione, nel settore delle gare pubbliche, del più generale principio di cui all'art. 6, comma1, lett. b), l. n. 241 del 1990, secondo cui il responsabile del procedimento adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria e può chiedere "il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete...". Il principio soddisfa la primaria esigenza di consentire la massima partecipazione alla selezione, consentendo di correggere l'eccessivo rigore delle forme insito nella logica "della caccia all'errore" e di eliminare quelle situazioni di esclusioni dalle gare anche per violazioni puramente formali. Come chiarito dall’Adunanza Plenaria, nelle procedure di gara il "potere di soccorso", sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti, ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti, non consente la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 9.5.2014

 
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La Terza Sezione del Consiglio di Stato rileva nel giudizio in esame come la comminatoria di esclusione per le imprese che non dichiarino preventivamente di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili concerne, per l’appunto, i casi di dichiarazione mancante e n ... Continua a leggere

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Avvalimento: l'interpretazione del Consiglio di Stato del contenuto del contratto di avvalimento relativamente all'indicazione compiuta, esplicita ed esauriente delle risorse e dei mezzi prestati in modo determinato e specifico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 8.5.2014

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La questione sottoposta all’esame della Sesta Sezione del Consiglio di Stato attiene alla validità dell’avvalimento nell’ambito di una procedura di affidamento in concessione del servizio di gestione di un parcheggio. L’appello e' stato rigettato. L’art. 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) prevede, al primo comma, che il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto. Il secondo comma della stessa disposizione prevede che, «ai fini di quanto previsto nel comma 1», il concorrente allega, «oltre all’eventuale attestazione SOA propria e dell’impresa ausiliaria», tra l’altro: – una sua dichiarazione, «attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria» (lettera a); – «una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente» (lettera d); – in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto (lettera f)). La stessa disposizione prevede, al comma 4, che «il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto». Queste disposizioni contemplano un procedimento complesso composto dai atti unilaterali del concorrente (lettera a)), dell’impresa ausiliaria (lettera d)) indirizzati alla stazione appaltante, nonché da un contratto tipico di avvalimento (lettera f)) stipulato tra il concorrente e l’impresa ausiliaria. Le parti principale e ausiliaria devono impegnarsi a mettere a disposizione non il solo requisito soggettivo «quale mero valore astratto», ma è necessario, come ha già avuto afferma la giurisprudenza, che risulti con chiarezza che l’ausiliaria presti «le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti) » (Cons. Stato, VI, 13 giugno 2013, n. 7755; Cons. Stato, III, 18 aprile 2011, n. 2344). E inoltre, con riferimento al contratto di avvalimento, l’esigenza di una puntuale individuazione del suo oggetto, «oltre ad avere un sicuro ancoraggio sul terreno civilistico, nella generale previsione codicistica che configura quale causa di nullità di ogni contratto l’indeterminatezza (ed indeterminabilità) del relativo oggetto, trova la propria essenziale giustificazione funzionale, inscindibilmente connessa alle procedure contrattuali del settore pubblico, nella necessità di non permettere - fin troppo - agevoli aggiramenti del sistema dei requisiti di ingresso alle gare pubbliche (requisiti pur solennemente prescritti e, di solito, attentamente verificati nei confronti dei concorrenti che se ne dichiarino titolari in proprio) ». In questa prospettiva, «la pratica della mera riproduzione, nel testo dei contratti di avvalimento, della formula legislativa della messa a disposizione delle "risorse necessarie di cui è carente il concorrente" (o espressioni similari) si appalesa, oltre che tautologica (e, come tale, indeterminata per definizione), inidonea a permettere qualsivoglia sindacato, da parte della Stazione appaltante, sull’effettività della messa a disposizione dei requisiti» (Cons. Stato, V, 6 agosto 2012, n. 4510). L’art. 88, comma 1, lett. a), del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE») ha recepito, a livello normativo, questi principi, stabilendo che il contratto di avvalimento deve riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico». L’esigenza di determinazione dell’oggetto del contratto di avvalimento esiste anche con riferimento alla dichiarazione unilaterale in quanto «nell’istituto dell’avvalimento l’impresa ausiliaria non è semplicemente un soggetto terzo rispetto alla gara, dovendosi essa impegnare non soltanto verso l'impresa concorrente ausiliata ma anche verso la stazione appaltante a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui questi sia carente, sicché l’ausiliario è tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante» (Cons. Stato, VI, 13 maggio 2010, n. 2956). Infatti occorre soddisfare «esigenze di certezza dell’amministrazione», essendo la dichiarazione dell’impresa ausiliaria «volta a soddisfare l’interesse della stazione appaltante ad evitare, dopo l’aggiudicazione, l’insorgere di contestazioni sugli obblighi dell’ausiliario» (Cons. Stato, VI, n. 2956 del 2010, cit.). Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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mercoledì 14 maggio 2014 23:35

Monitoraggio opere pubbliche: in Gazzetta Ufficiale la circolare MEF sulle modalità operative e prima rilevazione

segnalazione del prof. Avv. Enrico Michetti della circolare MEF 8.4.2014 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12.5.2014

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E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12.5.2014 la circolare MEF recante "Monitoraggio opere pubbliche in attuazione del decreto legislativo del 29 dicembre 2011 n. 229: esplicazione delle modalita' operative e prima rilevazione". Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12.5.2014 la circolare MEF recante "Monitoraggio opere pubbliche in attuazione del decreto legislativo del 29 dicembre 2011 n. 229: esplicazione delle modalita' operative e prima rilevazione". Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al P ... Continua a leggere

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