News 8 Gennaio 2014 - Area Tecnica


NORMATIVA

Catasto terreni: aggiornato l'elenco dei Comuni della banca dati catastali

close icon

E' stato reso disponibile dall’Agenzia delle Entrate l'elenco delle particelle interessate dall’aggiornamento annuale della Banca dati del Catasto Terreni. L'elenco pubblicato con apposito comunicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2013 resterà disponibile per i 60 giorni successivi alla pubblicazione del comunicato. Gli utenti possono segnalare eventuali incongruenze tra le informazioni da loro dichiarate e quelle presenti nella banca dati del Catasto terreni, mediante una richiesta di rettifica. Per accedere all'elenco dei Comuni interessati dalle variazioni colturali cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

E' stato reso disponibile dall’Agenzia delle Entrate l'elenco delle particelle interessate dall’aggiornamento annuale della Banca dati del Catasto Terreni. L'elenco pubblicato con apposito comunicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2013 resterà disponibile per i 60 giorni successivi alla p ... Continua a leggere

 

Dichiarazione Unica Ambientale: in Gazzetta Ufficiale il nuovo MUD

close icon

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27.12.2013, Supplemento Ordinario n. 89, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12.12.2013 con il quale è stato sostituito il precedente Modello di dichiarazione Unica Ambientale (MUD) allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20.12.2012. Fino alla piena entrata in operatività del Sistema di controllo della Tracciabilita' dei Rifiuti (SISTRI) il nuovo MUD dovrà essere utilizzato per le dichiarazioni da presentare entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento all'anno precedente. Per accedere al decreto e agli allegati cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27.12.2013, Supplemento Ordinario n. 89, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12.12.2013 con il quale è stato sostituito il precedente Modello di dichiarazione Unica Ambientale (MUD) allegato al decreto del Presidente del Consi ... Continua a leggere

 

Impianti fotovoltaici: chiarimenti sui profili catastali e aspetti fiscali

close icon

Il mercato della produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili ha suscitato l’attenzione degli operatori in relazione agli adempimenti di carattere fiscale riguardanti lo svolgimento di questa particolare attività. L’Amministrazione fiscale è intervenuta con documenti di prassi per chiarire come rilevano ai fini delle imposte dirette e dell’IVA gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili, e come sono inquadrati in ambito catastale gli impianti fotovoltaici. Considerato che dagli operatori del settore sono pervenute ulteriori richieste di chiarimenti sull’argomento, l'Agenzia ha adottato la circolare n. 36/E con l’obiettivo di fornire risposta a tali richieste completando e armonizzando le precisazioni già rese in relazione agli impianti fotovoltaici. Particolare attenzione viene dedicata alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare degli impianti fotovoltaici e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria. In presenza di tematiche riguardanti anche investimenti nell’eolico, le soluzioni prospettate sono applicabili, per quanto compatibili, anche a questi ultimi investimenti. Per continuare nella lettura cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Il mercato della produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili ha suscitato l’attenzione degli operatori in relazione agli adempimenti di carattere fiscale riguardanti lo svolgimento di questa particolare attività. L’Amministrazione fiscale è intervenuta con documenti di prassi per ch ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

L’intervento di risanamento conservativo disciplinato all’art. 3, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, non consente la demolizione del manufatto, essendo necessario dar corso quantomeno ad un intervento di "ristrutturazione edilizia"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

close icon

Nel giudizio in esame l’intervento edilizio realizzato dagli appellanti a seguito di d.i.a riguardava lavori relativi ad opere di risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria. Senonchè i lavori in concreto eseguiti sono consistiti nella demolizione e nella ricostruzione del vanotecnico posto al terzo piano, ciò che non era consentito dal titolo edilizio formatosi a seguito della presentazione della suddetta d.i.a.. L’intervento di risanamento conservativo, così come disciplinato all’art. 3, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, non consente la demolizione del manufatto, a tal uopo essendo necessario dar corso quantomeno ad un intervento di "ristrutturazione edilizia" (art. 3, lett. d) d.P.R. cit.). E tuttavia tale tipologia di intervento edilizio era in ogni caso inibita ai ricorrenti in ragione della disciplina urbanistica dell’area ove ricade il loro fabbricato, azzonata nel p.r.g. comunale come "A2- risanamento conservativo". Corretta pertanto appare, come rilevato dal giudice di primo grado, la determinazione del Comune di Tivoli che ha negato accoglimento all’istanza di permesso di costruire per accertamento di conformità presentata dagli appellanti ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, non essendo consentita la ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione degli immobili posti in zona A2. Donde la legittimità dell’ordine di demolizione del vano posto al terzo piano e della riduzione in pristino delle altre opere interne realizzate al secondo piano in difformità dal titolo (per questa parte, tuttavia, non constano specifici motivi di censura).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nel giudizio in esame l’intervento edilizio realizzato dagli appellanti a seguito di d.i.a riguardava lavori relativi ad opere di risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria. Senonchè i lavori in concreto eseguiti sono consistiti nella demolizione e nella ricostruzione del vano ... Continua a leggere

 

Area sottoposta a vincolo paesaggistico: anche le piscine interrate hanno rilevanza paesaggistica

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

close icon

Con la sentenza in esame la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato come il giudice di prime cure è incorso nella violazione dei principi della separazione dei poteri e della tassatività delle ipotesi di giurisdizione di merito delineate dall’art. 134 cod. proc. amm., da cui esula la fattispecie sub iudice, non solo perché ha sostituito la propria valutazione a quella tecnico-discrezionale rientrante nell’ambito dei poteri dell’amministrazione, ma anche perché ha affermato in modo apodittico che «le piscine interrate non possono alterare i valori paesaggistici, perché non suscettibili di verticalizzazione con pregiudizi di visuali e visioni prospettiche», senza correlativa valutazione della fattispecie concreta, con conseguente manifesta insufficienza motivazionale. La giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio (pur se si tratti di volumi tecnici: Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578), anche se si tratta di una piscina (Sez. VI, 2 marzo 2011, n. 1300), poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico possono anche esigere l’immodificabilità dello stato dei luoghi (ovvero precludere una ulteriore modifica). Nel caso di specie, la Soprintendenza ha motivatamente rilevato l’esigenza di conservazione delle dune ancora esistenti e oggetto del progetto, con osservazioni puntuali e ragionevoli, mentre la sentenza impugnata ha dato una erronea lettura della normativa di tutela dei beni paesaggistici, che consente (e impone) all’autorità preposta alla tutela del vincolo di valutare non solo l’incidenza delle ‘verticalizzazioni’ su ‘visuali e visioni prospettiche’, ma anche di ogni opera che modifichi i tratti naturalistici dell’area, oltre che di quanto può emergere dall’alto (dal momento che per loro natura le aree sottoposte a vincolo sono oggetto di visione, esame e studio anche dall’alto, quale elemento decisivo per la loro descrizione e per la valutazione della loro maggiore o minore integrità). Per la lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Con la sentenza in esame la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha rilevato come il giudice di prime cure è incorso nella violazione dei principi della separazione dei poteri e della tassatività delle ipotesi di giurisdizione di merito delineate dall’art. 134 cod. proc. amm., da cui esula la fatti ... Continua a leggere

 

Procedure di gara: anche per l'amministratore cessato dalla carica dopo la pubblicazione del bando deve essere presentata la dichiarazione di moralità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Rispetto agli obblighi di cui all’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, la data della pubblicazione del bando di gara costituisce il discrimine temporale che definisce sia i soggetti in carica sia quelli cessati, imponendo le dichiarazioni di rito ad entrambe le categorie con riferimento quindi tanto alla situazione esistente a quella data quanto a quella antecedente. Tale onere dichiarativo rimane quindi indifferente al mutamento, dopo il giorno di pubblicazione dell’atto indittivo, delle persone nelle cariche sociali e negli incarichi previsti dalla norma (in termini cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, 6 luglio 2011, n. 1022; TAR Puglia, sezione distaccata di Lecce, 23 giugno 2012, n. 1134). Ne consegue ad avviso del Consiglio di Stato che è priva di consistenza giuridica la tesi dell’appellante secondo la quale il soggetto cessato dalla carica nel periodo tra l’indizione del bando e la presentazione dell’offerta non sarebbe tenuto a rendere la dichiarazione del pregiudizio penale. Tale prospettazione presuppone l’esistenza di una vacatio tra l’indizione del bando e la presentazione dell’offerta, una specie di zona neutra che non trova ragione né nella ratio della norma né nell’interpretazione letterale, atteso che la norma non individua i soggetti tenuti alla dichiarazione del pregiudizio penale esclusivamente in coloro che sono amministratori muniti di poteri rappresentativi al momento dell’offerta, sicché non può che farsi riferimento alla data di indizione del bando. Conclude il Collegio che la società appellante avrebbe dovuto presentare la dichiarazione di moralità dell’amministratore cessato dalla carica dopo la pubblicazione del bando di gara, dovendosi interpretare il richiamo all’art. 38 operato dal disciplinare di gara come comprensivo di tale obbligo. Parimenti priva di fondamento è la tesi difensiva con cui controparte sostiene che l’omessa dichiarazione potesse essere sanata dalla produzione in giudizio del certificato del casellario giudiziale nel quale non risultano annotate condanne a carico del suddetto amministratore. La teoria del c.d. "falso innocuo", cui fa riferimento l’appellante, non può operare laddove trattasi di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando a pena di esclusione. D’altra parte non è ravvisabile nella lex di gara alcuna carenza che possa aver indotto in errore circa l’obbligo della dichiarazione, sì da giustificare una tardiva produzione documentale. Invero la ricorrente si sofferma sulla disposizione della lex di gara riguardante la dichiarazione dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando e non considera i soggetti in carica alla data di pubblicazione del bando. Sono di conseguenza non pertinenti i richiami contenuti in ricorso a quella giurisprudenza che ammette l’integrazione delle dichiarazioni rese in conformità del bando e dei moduli da essa predisposti, riguardando fattispecie del tutto diverse da quella qui in questione.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Rispetto agli obblighi di cui all’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, la data della pubblicazione del bando di gara costituisce il discrimine temporale che definisce sia i soggetti in carica sia quelli cessati, imponendo le dichiarazioni di rito ad entrambe le categorie con riferimento quindi tant ... Continua a leggere

 

Procedure per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale: la mancata individuazione dei criteri di selezione e degli ambiti territoriali di utenza non può costituire una moratoria sine die delle relative gare

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Nelle procedure per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale l’Amministrazione ha un’ampia discrezionalità nel determinare gli elementi di valutazione dell’offerta, alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle condizioni della rete; in tali procedure, la mancata individuazione dei criteri di selezione e degli ambiti territoriali di utenza, di cui all’art. 46 bis d.l. n. 159 del 2007, non può costituire una moratoria sine die delle relative gare; l’ordinamento di settore, per come si è andato formando nel tempo, non ha inteso prorogare gli affidamenti in essere fino alla definizione degli ambiti ottimali (fatto salvo quanto previsto dall’art. 24 cit.); pertanto, un comune può legittimamente bandire isolatamente la propria gara anche in assenza di tali criteri (cfr., all’interno di una pacifica giurisprudenza, Cons. St., Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 2; 6 luglio 2010, n. 4311; sez. V, 22 giugno 2010, n. 3890). Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nelle procedure per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale l’Amministrazione ha un’ampia discrezionalità nel determinare gli elementi di valutazione dell’offerta, alla luce degli interessi da perseguire e delle circostanze specifiche della singola procedura in relazione alle c ... Continua a leggere

 

Ambiente: il Consiglio di Stato conferma gli indirizzi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria sul principio di precauzione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

In linea generale la tutela dell’ambiente ha trovato anticipata applicazione rispetto all’evento dannoso con l’introduzione, nell’ordinamento, del principio di precauzione (art. 174, § 2, del Trattato CE, oggi art. 191, § 2 Trattato FUE, art. 301 codice dell’ambiente), in forza del quale per ogni attività che comporti pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione. Relativamente alla natura giuridica ed al modo con cui il principio di precauzione è stato nel tempo declinato, il collegio non intende decampare dai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza, specie comunitaria (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 3 maggio 2013, n. 10303; Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2013, n. 1281; Corte giust., sez. II, 15 gennaio 2009, C-383/07; 13 dicembre 2007, C-418/04; 9 settembre 2003, C-236/01), secondo cui: a) il principio di precauzione costituisce uno dei fondamenti della politica dell’Unione europea e dello Stato italiano in materia ambientale accanto a quelli della precauzione, dell’azione preventiva, e della correzione in via prioritaria ed alla fonte dei danni causati all’ambiente; l’individuazione dei tratti giuridici del principio viene sviluppata lungo un percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi – carattere necessario delle misure adottate; le misure precauzionali, infatti, presuppongono che la valutazione dei rischi di cui dispongono le autorità riveli indizi specifici i quali, senza escludere l’incertezza scientifica, permettano ragionevolmente di concludere, sulla base dei dati disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l’attuazione di tali misure è necessaria al fine di evitare pregiudizi all’ambiente o alla salute; si rifiuta un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente; b) la giuridicizzazione e la conseguente giustiziabilità del principio di precauzione passano così attraverso la necessità di riconoscere canali istituzionali di coinvolgimento dei cittadini, delle loro formazioni sociali e delle loro comunità di riferimento, nell’esercizio della funzione (globalmente rilevante) di amministrazione del rischio, sia a livello comunitario che a livello nazionale; il ché contribuisce alla costruzione di un diritto «effettivo» del rischio, in linea con il modello della responsible governance; c) il principio presuppone che l’esistenza di un rischio specifico è tale solo quando l’intervento umano su un determinato sito, sulla base di elementi obbiettivi, non possa escludersi che pregiudichi il sito interessato in modo significativo; d) sul piano procedurale, l’adozione di misure fondate sul principio di precauzione è condizionata al preventivo svolgimento di una valutazione quanto più possibile completa dei rischi calata nella concretezza del contesto spazio temporale di riferimento, valutazione che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura; e) il principio in esame non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata; la situazione di pericolo deve essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e deve incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo; sotto tale angolazione il principio di precauzione non consente ex se di attribuire ad un organo pubblico un potere di interdizione di un certo progetto o misura; in ogni caso il principio di precauzione affida alle autorità competenti il compito di prevenire il verificarsi o il ripetersi di danni ambientali ma lascia alle stesse ampi margini di discrezionalità in ordine all’individuazione delle misure ritenute più efficaci, economiche ed efficienti in relazione a tutte le circostanza del caso concreto.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

In linea generale la tutela dell’ambiente ha trovato anticipata applicazione rispetto all’evento dannoso con l’introduzione, nell’ordinamento, del principio di precauzione (art. 174, § 2, del Trattato CE, oggi art. 191, § 2 Trattato FUE, art. 301 codice dell’ambiente), in forza del quale per ogni a ... Continua a leggere

 

Piano regionale di tutela delle acque: l’omessa tempestiva impugnazione del piano preclude la successiva contestazione della localizzazione e della tipologia della infrastruttura destinata a realizzare gli obbiettivi ivi rappresentati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Nella controversia in esame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si sofferma sinteticamente sulla natura giuridica, il contenuto e gli effetti del Piano regionale di tutela delle acque (di seguito PTA)(art. 121 codice dell’ambiente). Tale strumento - all’interno del micro ordinamento di settore relativo alla tutela delle acque dall’inquinamento i cui confini sono disegnati dai principi generali sanciti dagli artt. da 73 a 75 del codice dell’ambiente - assume un ruolo centrale non solo a livello di programmazione e pianificazione, sul territorio regionale, degli obbiettivi (e degli strumenti) di sempre maggior tutela dei corpi idrici nonché del relativo servizio idrico, ma anche in ordine alle attività conoscitive e di studio (preventive e successive anche per verificare l’efficacia degli interventi), alla puntuale individuazione di corpi idrici ed aree a specifica destinazione ovvero bisognevoli di specifiche misure di prevenzione o risanamento, all’indicazione delle cadenze temporali degli interventi ordinati secondo una scala di priorità, all’analisi economica dei costi del servizio idrico e di recupero, al reperimento delle risorse finanziarie, alla localizzazione delle infrastrutture. Si tratta dunque di un piano di settore che ha natura giuridica mista nonché contenuti ed effetti molteplici: atto generale, in ordine ai profili pianificatori, programmatori, temporali, finanziari, ma anche provvedimento puntuale in relazione ad es. all’individuazione delle localizzazioni delle infrastrutture e delle migliori tecnologie compatibili con le risorse a disposizione. La circostanza, poi, che il piano possa essere ciclicamente revisionato ed aggiornato (art. 121, co. 5, cit.), non riduce o attenua la portata direttamente vincolante delle misure puntuali in esso previste, fra cui la scelta delle tecnologie da impiegare per rispettare gli standard minimi di tutela (obbligatori ex lege), delle misure per incrementare la qualità ambientale dei corpi idrici, ovvero la localizzazione delle necessarie infrastrutture. Pertanto, finché il piano non viene modificato, esso è vincolante nella parte in cui introduce effetti precettivi immediati e diretti e comunque impone la coerenza degli interventi previsti in materia di servizio idrico dagli altri attori istituzionali con gli obbiettivi del piano medesimo. Come già statuito dalla Sezione (cfr. ordinanza 7 dicembre 2011, n. 5367), logico corollario di tali premesse è che l’omessa tempestiva impugnazione del piano preclude la successiva contestazione della localizzazione e della tipologia della infrastruttura destinata a realizzare gli obbiettivi ivi rappresentati. La seconda autonoma ragione di inammissibilità si fonda sulla circostanza che le censure mirano, in concreto, a sollecitare l’esercizio, da parte del giudice amministrativo, di un sindacato di merito al di fuori dei tassativi ed eccezionali casi sanciti dall’art. 134 c.p.a.; il controllo sull’esercizio della discrezionalità tecnica ed amministrativa deve essere esercitato dal giudice amministrativo, in ossequio al principio di separazione dei poteri, ab externo, senza possibilità di sostituirsi alle valutazioni tecniche opinabili o alle scelte di opportunità politica ed amministrativa rimesse all’Amministrazione (cfr., fra le tante e da ultimo, Cons. St., sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4174; Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; Cass. sez. un., 17 febbraio 2012, n. 2312; Corte cost. 3 marzo 2011, n. 175). Per la lettura integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nella controversia in esame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si sofferma sinteticamente sulla natura giuridica, il contenuto e gli effetti del Piano regionale di tutela delle acque (di seguito PTA)(art. 121 codice dell’ambiente). Tale strumento - all’interno del micro ordinamento di settor ... Continua a leggere

 

In presenza di un contratto d’appalto di servizi in corso di esecuzione, non è ammissibile un intervento autoritativo in autotutela che incida sulla fase amministrativa a monte del contratto stesso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

In presenza di un contratto di diritto privato qualificabile, quale contratto d’appalto di servizi, già stipulato ed in corso di esecuzione, non è ammissibile un intervento autoritativo in autotutela che incida sulla fase amministrativa a monte del contratto stesso, in quanto in tema di attività negoziale della pubblica amministrazione rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 7 giugno 2013, 3133). Questo e' il principio ribadito nella sentenza in esame depositata dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, nella quale viene, peraltro, più in generale osservato che l’avvenuta stipulazione di un contratto di diritto privato costituisce una garanzia per il cittadino, che sia controparte contrattuale con la Pubblica Amministrazione, rispetto ad ogni intervento autoritativo che possa in qualche modo pregiudicarne o condizionarne l’esecuzione, al di fuori dei poteri contrattuali previsti dalla disciplina civilistica o dallo speciale regime, sempre di diritto privato, cui il contratto stesso rimane integralmente sottoposto. E’ pur vero che, anche quando si avvalga di strumenti alternativi all'attività di carattere provvedimentale, l'Amministrazione non perde il potere autoritativo di gestione dell'interesse pubblico (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6474); tale regola, tuttavia, incontra sempre il limite, per le ragioni anzidette, dell’avvenuta conclusione di un contratto di diritto privato, come nella specie è avvenuto. Aggiunge inoltre il Collegio che sebbene il testo del comma 1-bis dell’art. 21-quinquies cit. prevede espressamente la possibilità di revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incidente su rapporti negoziali, rimane circoscritta tale norma ai rapporti che non abbiano natura contrattuale, ove invece l’Amministrazione si è spogliata della sua veste di Autorità ed agisce in posizione di parità con le parti.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

In presenza di un contratto di diritto privato qualificabile, quale contratto d’appalto di servizi, già stipulato ed in corso di esecuzione, non è ammissibile un intervento autoritativo in autotutela che incida sulla fase amministrativa a monte del contratto stesso, in quanto in tema di attività ne ... Continua a leggere

 

Le prescrizioni del piano di lottizzazione devono essere rispettate da tutti i lottizzanti e loro aventi causa rilevando a tempo indeterminato, fino all’intervento di un nuovo piano urbanistico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Il Consiglio di Stato ribadisce con la sentenza in esame il principio secondo cui le prescrizioni di un piano urbanistico attuativo (tale è il piano di lottizzazione) finalizzato alla disciplina in maniera dettagliata di una porzione del territorio sono vincolanti e devono essere rispettate da tutti i lottizzanti e loro aventi causa, rilevando a tempo indeterminato, fino all’intervento di un nuovo piano urbanistico (in tal senso da ultimo Cons. Stato, Adunanza plenaria 20 luglio 2012, n. 28; conforme Cons. Stato, V, 20 marzo 2008, n. 1216; IV 27 ottobre 2009, n. 6572).(....) a) è del tutto irrilevante che sia decorso il termine decennale previsto dall’art. 28 della legge Urbanistica n. 1150 del 1942, atteso che detto termine riguarda gli interventi edilizi autorizzati dal piano di lottizzazione ma non riguarda la disciplina del territorio e la destinazione delle aree, che rimane inalterata fino all’intervento di un nuovo atto di pianificazione. Si è detto che le prescrizioni previste dal piano attuativo scaduto devono continuare ad essere osservate in applicazione dell’art. 17, comma 1, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (in tal senso cfr. Cons. Stato, IV, 353 del 2013; 2045 del 2012; VI, n. 305 del 2012; IV, 27 ottobre 2009, n. 6572 che precisa come l’efficacia decennale attiene ai poteri espropriativi, mentre restano inalterati a tempo indeterminato gli allineamenti, le prescrizioni, le destinazioni di piano e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Il Consiglio di Stato ribadisce con la sentenza in esame il principio secondo cui le prescrizioni di un piano urbanistico attuativo (tale è il piano di lottizzazione) finalizzato alla disciplina in maniera dettagliata di una porzione del territorio sono vincolanti e devono essere rispettate da tutt ... Continua a leggere

 

Abusi edilizi: se la zona e' soggetta a vincolo paesaggistico il termine di 24 mesi per l'accoglimento della domanda di sanatoria non decorre dalla presentazione dell’istanza, ma dall'acquisizione del parere di cui all'art. 32 della Legge n. 47/1985

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

L’art. 35, comma 12 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 e succ. modifiche, prevede che la domanda di sanatoria si intende accolta decorso il termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda o, per le opere costruite su area vincolata, decorso il termine di 24 mesi dalla emissione del parere previsto dal primo comma dell’art. 32 della stessa legge. Quanto alla necessità di acquisire il suddetto parere anche per opere realizzate prima della imposizione del vincolo, l’Adunanza Plenaria, con la decisione n. 20 del 22 luglio 1999 in ordine alla portata dell’art. 32 (in termini fra le tante, Sez. V, n. 3234 del 2013; 5553 del 2012), ha precisato che "in mancanza di indicazioni univoche desumibili dal dato normativo ad essa debba darsi soluzione alla stregua dei principi generali in materia di azione amministrativa, tenuto conto della valenza attribuita dall’ordinamento agli interessi coinvolti nell’applicazione della disposizione legislativa di cui si tratta", concludendo nel senso che poiché la ratio che sottende l’art. 32, è la cura del pubblico interesse che "ha come sua qualità essenziale la legalità…ne consegue che la pubblica amministrazione, sulla quale a norma dell’art. 97 Cost. incombe più pressante l’obbligo di osservare la legge, deve necessariamente tener conto, nel momento in cui provvede, della norma vigente e delle qualificazioni giuridiche che essa impone. La disposizione di portata generale di cui all’art. 32, comma 1, relativa ai vincoli che appongono limiti alla edificazione, non reca alcuna deroga a questi principi, cosicché essa deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo. E appare altresì evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l’attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente". Alla stregua dell’interpretazione dell’Adunanza Plenaria citata va riconosciuto l’obbligo dell’amministrazione di tener conto ai fini del rilascio della concessione in sanatoria di tutti i vincoli esistenti al momento dell’esame della domanda. Conseguentemente, nella fattispecie in esame, non può ritenersi formato il silenzio assenso di cui all’art. 35 della l. n. 47 del 1985, atteso che il termine di 24 mesi non poteva decorrere dalla presentazione dell’istanza ma dalla acquisizione del parere di cui al combinato disposto del primo e del terzo comma dell’art. 32 della stessa legge, essendo la zona soggetta a vincolo paesaggistico imposto dalla l. n. 431 del 1985.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

L’art. 35, comma 12 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 e succ. modifiche, prevede che la domanda di sanatoria si intende accolta decorso il termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda o, per le opere costruite su area vincolata, decorso il termine di 24 mesi dalla emissione del parere previs ... Continua a leggere

 

Autorizzazione Unica: il termine stabilito dall'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la conclusione del procedimento è di natura perentoria e la sua violazione legittima l'istante a proporre ricorso avverso il silenzio inadempimento serbato dall'Amministrazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Nel giudizio in esame si controverte della legittimità del silenzio serbato dalla Pubblica Amministrazione sulla domanda di autorizzazione unica presentata dall'istante all'ufficio competente della Regione, per la realizzazione e la gestione di un impianto fotovoltaico. In particolare non solo nonrisultava concluso il procedimento in parola, ma non era stata nemmeno indetta la conferenza di servizi per l'acquisizione di tutti i pareri necessari alla costruzione dell'impianto. Adempimento, quest'ultimo, che avrebbe dovuto essere effettuato dalla Regione entro 30 giorni dal ricevimento dell'istanza ai sensi dell'articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, tanto più che era ampiamente spirato il termine di 180 giorni dalla presentazione dell'istanza per la conclusione del procedimento, ai sensi del medesimo d.lgs. n. 387/2003. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato nella sentenza in esame che, come più volte precisato dalla giurisprudenza, il termine stabilito dall'articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la conclusione del procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica è di natura perentoria, in quanto costituisce principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia elettrica, che risulta ispirato alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità, garantendo in modo uniforme sull'intero territorio nazionale la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo. Pertanto, la mancata adozione del provvedimento finale entro detto termine massimo legittima l'istante a proporre ricorso avverso il silenzio inadempimento serbato dall'Amministrazione procedente secondo il rito dell'articolo 117 del d.lgs. n. 104/2010, con obbligo di concludere il procedimento entro 180 giorni, cui la Regione deve inderogabilmente uniformarsi, senza che assuma rilievo il mero compimento di atti soprassessori e infraprocedimentali (cfr., tra le tante, Cds, V, 14.10.2013 n. 5000; 23.10.2012 n. 5413; 7.11.2011 n. 5878). Di qui l'erroneità della sentenza impugnata, per aver dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto in primo grado dall'odierna appellante, sul presupposto che la sopravvenuta convocazione della conferenza di servizi avrebbe determinato la cessazione dello stato di inerzia mantenuto dall’Amministrazione regionale. Sempre come precisato dalla Sezione, infatti, solo l'adozione del provvedimento finale rimuove definitivamente l'inerzia dell'Amministrazione, con la conseguenza che il sopravvenuto difetto di interesse alla coltivazione del rimedio avverso il silenzio può essere collegato solo alla determinazione finale, senza che assuma rilievo il mero compimento di atti soprassessori e infraprocedimentali al pari dell'eventuale celebrazione della conferenza di servizi, che non definiscano il procedimento amministrativo con una statuizione che dia risposta all'istanza del privato (cfr. decisione di questa Sezione 7.11.2011 n. 5878). Cliccare su "Accedi al Provvedimento" per la lettura integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nel giudizio in esame si controverte della legittimità del silenzio serbato dalla Pubblica Amministrazione sulla domanda di autorizzazione unica presentata dall'istante all'ufficio competente della Regione, per la realizzazione e la gestione di un impianto fotovoltaico. In particolare non solo non ... Continua a leggere

 

Gare per affidamento dei contratti pubblici: nessuna esclusione dalla gara per l’impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Con la riforma della legge fallimentare operata con il d.l. n. 83 del 2012, convertito in l. n. 134 del 2012, il legislatore si è posto come obiettivo quello di migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d’impresa disciplinati dalla legge fallimentare, superando le criticità emerse in sede applicativa e promuovendo l’emersione anticipata della difficoltà di adempimento dell’imprenditore. L’opzione di fondo che ha orientato l’intervento è quello di incentivare l’impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino. Tale intento è espresso in maniera chiara nella Relazione illustrativa al disegno di legge per la conversione in l. del d.l. n. 83 del 2012, dalla quale risulta che tra i più gravi disincentivi al tempestivo accesso delle imprese in crisi alle procedure di concordato preventivo e ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione è stata individuata anche la mancanza di una disciplina specifica che faciliti il concordato con continuità aziendale, soprattutto prevedendo la continuazione dei contratti in corso. Di qui la particolare attenzione prestata dall’ultima riforma della legge fallimentare al concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione dei debiti, e l’introduzione di un nuovo istituto, quale il "concordato con continuità aziendale" ora disciplinato dall’art. 186-bis della legge fallimentare. L’imprenditore, dunque, ai sensi di tale disposizione può presentare ricorso per concordato preventivo con continuità aziendale con le modalità di cui all’art. 161 della medesima legge fallimentare e depositare anche successivamente nei termini consentiti dalla legge un "piano di concordato contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta" che prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione. Tra gli effetti che si producono col deposito di tale domanda, tra gli altri, è previsto che i contratti in corso anche con pubbliche amministrazioni non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura e anche eventuali pattuizioni che prevedano tale effetto diventano inefficaci; l’ammissione al concordato non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista indipendente ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all’atto di cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni esistenti sugli immobili. Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di apertura della procedura, il debitore oltre gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, può compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili con la conseguenza che i fornitori hanno diritto di ricevere l’intero compenso delle forniture o delle prestazioni rese senza essere sottoposti agli effetti di potenziali azioni revocatorie. L’ammissione al concordato non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista abilitato che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto; la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si impegni nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto. Dunque, alla luce delle finalità della legge di riforma che ha quale obiettivo quello di guidare l’impresa oltre la crisi e ciò nell’interesse anche del mercato e degli stessi creditori, non trova spazio l’interpretazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 prospettata dalla società appellante che vorrebbe l’esclusione dalla gara di un’impresa che abbia presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, in base ad un’interpretazione estensiva della norma e ad un asserito effetto retroattivo della domanda di ammissione al concordato preventivo, ovvero a tempo antecedente la presentazione dell’istanza di ammissione (nel caso in esame l’offerta è stata presentata dalla società prima che fosse presentata la domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale). Inibire all’impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) palesemente confligge con la finalità della norma volta a preservare la capacità dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti. Per la lettura integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Con la riforma della legge fallimentare operata con il d.l. n. 83 del 2012, convertito in l. n. 134 del 2012, il legislatore si è posto come obiettivo quello di migliorare l’efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d’impresa disciplinati dalla legge fallimentare, superando le critici ... Continua a leggere

 

Appalti: non e' possibile uno scorrimento automatico della graduatoria in presenza di una valutazione delle offerte basata sul metodo del confronto a coppie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Il metodo del confronto a coppie, lungi dall'essere un criterio di selezione dell'offerta è, invece, soltanto un peculiare metodo attuativo proprio del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in virtù del quale ogni elemento qualitativo dell'offerta è oggetto di valutazione attraversola determinazione di coefficienti all'interno di una tabella triangolare, nella quale le offerte di ogni concorrente sono confrontate a due a due e per ogni coppia di offerte ogni commissario indica l'elemento preferito. (Cons. Stato, Ad. Plen. ,10 gennaio 2013, n.1 ). Il confronto a coppie (altrimenti noto come decreto Karrer) esprime non già una valutazione assoluta, ma piuttosto una valutazione relativa delle offerte, finalizzata ad individuare quella che in raffronto con le altre appare migliore, non potendosi peraltro applicare un giudizio transitivo tra le offerte stesse. In particolare, il metodo de quo è imperniato su una serie di distinte e autonome valutazioni di ogni offerta con ciascuna delle altre che esprime una valutazione complessiva dell'offerta, rappresentata dalla sommatoria delle preferenze da essa riportate rispetto a quelle ottenute dalle altre offerte, con la conseguenza che la valutazione di ciascun progetto e di ogni offerta è indicata dal totale dei punteggi attribuiti per ogni elemento posto in comparazione (cfr. da ultimo, Cons. Stato Sez. V, 11.06.2013 , n. 3814). Da ciò deriva che non è possibile operare un mero scorrimento della graduatoria, ma è necessario rinnovare il frammento di gara inficiato dalla illegittima valutazione della miglioria proposta, attraverso un riconteggio che non deve tenere in considerazione i punteggi assegnati sulla scorta dei confronti ottenuti con quest'ultima, che non doveva essere valutata. Per la lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Il metodo del confronto a coppie, lungi dall'essere un criterio di selezione dell'offerta è, invece, soltanto un peculiare metodo attuativo proprio del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in virtù del quale ogni elemento qualitativo dell'offerta è oggetto di valutazione attraverso ... Continua a leggere

 

Allevamento di animali: il Sindaco è titolare di un'ampia potestà di valutazione della tollerabilità delle lavorazioni provenienti dalle industrie cd "insalubri" e può adottare in via cautelare interventi per impedire la continuazione di attività potenzialmente pericolose

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Come ha già chiarito la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ribadita nella sentenza in esame, in base agli artt. 216-217 t.u. sanitario (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), non modificati ma ribaditi dall'art. 32 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e dall'art. 32, comma 3, l. 28 dicembre 1978, n. 833, spetta al Sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle industrie cosiddette "insalubri", l'esercizio della cui potestà potendo avvenire in ogni tempo e potendo esplicarsi mediante l'adozione, in via cautelare, di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività aventi carattere di pericolosità (per esempio, esalazioni, scoli, rifiuti, ecc., specie se riguardanti l'allevamento di animali). Rientra, quindi, nei poteri del Sindaco, ex art. 216 t.u. sanitario r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 ingiungere ad un'impresa, che esercita un'industria cosiddetta "insalubre", di presentare un progetto preordinato ad eliminare un temuto pericolo alla sanità pubblica e di mettere in funzione l'impianto entro un dato termine, anche sulla scorta del parere all'uopo reso dalla struttura sanitaria competente, senza che ciò implichi di per sé alcun difetto di motivazione o d'eccesso di potere. Inoltre, in base agli art. 216 e 217 t.u. l. sanitaria, il Sindaco è titolare di un'ampia potestà di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate "insalubri" e può estrinsecarsi con l'adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto di esalazioni, scoli e rifiuti, specialmente riguardanti gli allevamenti, ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili dell'attività produttiva. Peraltro, come ha già sancito il Consiglio (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2005, n. 1794), gli art. 216 e 217 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, conferiscono al Comune ampi poteri in materia di industrie insalubri, anche prescindendo da situazioni di emergenza e dall'autorizzazione a suo tempo rilasciata, a condizione però che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli; nel caso di specie, in riferimento all’ampia ed articolata relazione dell’ASL, sussistono le condizioni individuate dalla giurisprudenza predetta per l’esercizio del potere cautelativo qui in contestazione. La tesi dell’appellante secondo la quale l’allevamento di animali de qua, per le deiezioni e l’impatto ambientale che produce, può essere oggetto di catalogazione come industria insalubre soltanto ove abbia caratteristiche, appunto, industriali per la quantità dei capi e per il ciclo produttivo a cui essi sono sottoposti, è smentita dal fatto che, in generale, l'allevamento di animali è considerato dalle norme del testo unico delle leggi sanitarie industria insalubre di prima classe e, pertanto, ai sensi dell'art. 216 t.u. 27 luglio 1934, n. 1265, l'allevamento deve comunque essere isolato nelle campagne e tenuto lontano da abitazioni (cfr., anche, Consiglio di Stato, sez. V, 17 aprile 2002, n. 2008). Pertanto, non è sostenibile, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale surriferito, la tesi secondo cui la nozione di allevamento di animali sarebbe stata utilizzata per i grandi allevamenti che forniscono all’industria alimentare la materia prima per le lavorazioni di prodotti alimentari. Peraltro, proprio perché si è in presenza di una stalla di bovini con meno di venti capi, ovvero una tipica stalla rurale, condotta dal coltivatore diretto unitamente alla propria personale piccola azienda rurale, è stato consentita la prosecuzione dell’attività, con il solo onere di rispettare una serie di prescrizioni concrete, emanate dalla competente autorità tecnica sanitaria, per consentire una conciliazione fra le esigenze igienico-sanitarie e le esigenze socio-economiche, anch’esse di indubbia valenza e natura pubblica, prescrizioni da ritenersi ragionevoli e compatibile con il potere di ordinanza come sopra descritto. Tali prescrizioni, che sono state il frutto di un’attività amministrativa posteriore agli atti oggetto del presente giudizio, non possono ritenersi inficianti di questi ultimi, poiché logicamente e ragionevolmente il Comune ha in primis disposto in via cautelare la chiusura della stalla per bovini a tutela della salute e sulla base di un’idonea istruttoria (parere della competente struttura sanitaria); in seconda battuta, esaurita l’impellenza cautelativa, ha emanato una serie di atti successivi per consentire comunque il mantenimento dell’attività agricola, in modo soddisfacente per le parti.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Come ha già chiarito la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ribadita nella sentenza in esame, in base agli artt. 216-217 t.u. sanitario (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), non modificati ma ribaditi dall'art. 32 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e dall'art. 32, comma 3, l. 28 dicembre 1978, n. 833, spet ... Continua a leggere

 

Appalti: nessuna esclusione dalla gara per il concorrente che inserisce il plico chiuso contenente i documenti nella busta sbagliata nella quale vi è anche l'offerta debitamente sigillata

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza in esame ribadisce l'orientamento a tenore del quale "è illegittima l'esclusione del concorrente che non abbia inserito i documenti richiesti dal bando nella apposita busta, come previsto dalla "lex specialis" a pena di esclusione, ma li abbia invece inseriti in una busta (regolarmente chiusa) contenente anche l'offerta, quest'ultima a sua volta debitamente sigillata" ( Sez. V, 13 gennaio 2011, n. 172). Infatti,la ratio che ispira le norme sulle modalità di predisposizione delle buste separate è quella di non pregiudicare la segretezza delle offerte. E,nella specie, l’inserimento di una sola delle numerose dichiarazioni che avrebbero dovuto essere inserite nella busta n. 1 in altra busta non ha affatto compromesso tale segretezza né la correttezza delle operazioni di gara, né tanto meno ha influito sulla valutazione delle offerte, sostanziando una mera irregolarità non suscettibile di essere sanzionata con l’esclusione.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza in esame ribadisce l'orientamento a tenore del quale "è illegittima l'esclusione del concorrente che non abbia inserito i documenti richiesti dal bando nella apposita busta, come previsto dalla "lex specialis" a pena di esclusione, ma li abbi ... Continua a leggere

 

Appalti: e' illegittima la clausola che sanziona con l’esclusione il concorrente che ha omesso di allegare all’offerta economica copia del documento d’identità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

L’obbligo di allegazione del documento di identità stabilito dall’art. 38 comma 3 del D.P.R. n. 445/2000 si riferisce alle istanze e dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre alla Pubblica Amministrazione e, pertanto, un tale obbligo non può in linea di principio essere imposto perle dichiarazioni di volontà di natura negoziale, tra le quali rientra l’offerta economica. In altri termini, l’offerta economica non ha natura di dichiarazione sostitutiva né di istanza diretta all’Amministrazione, essendo la volontà di partecipazione al procedimento già stata espressa con separato atto, esso sì soggetto alla prescrizione dell’allegazione di copia del documento d’identità con effetti preclusivi. Da tali premesse la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, fa discendere che, qualora venga esteso alla parte economica dell’offerta l’obbligo di allegazione del documento di identità, tale incombente si traduce in una formalità eccessiva e superflua, sia perché l’offerta in questione non possiede valore giuridico di "autocertificazione" come già precisato, sia perché l’allegazione di copia del documento di identità è ordinariamente già prescritta all’interno delle altre buste, sigillate e controfirmate sui lembi di chiusura, così come il plico generale che le contiene. E dette formalità scongiurano ogni possibile incertezza sull’attribuibilità delle dichiarazioni e degli altri atti ivi acclusi. Tale clausola, che sanziona con l’esclusione il concorrente per il solo fatto di aver omesso l’allegazione all’offerta economica di copia del documento d’identità, si appalesa illegittima, imponendo un onere non giustificato. Tali conclusione non mutano neppure qualora la clausola non sia stata inserita direttamente in una specifica norma del bando di gara, ma in un suo allegato, nella specie le istruzioni contenute nel modello allegato al bando. Rileva il Collegio che nella specie, peraltro,è incontroverso che l'impresa abbia comunque allegato una copia del documento d’identità sia alla documentazione tecnica, sia alla documentazione amministrativa contenente l’istanza di partecipazione alla gara. Non v’è dubbio, pertanto, come la sua esclusione risulti non solo frutto di una illegittima applicazione all’offerta economica di un adempimento previsto dal D.P.R. n. 445/2000 per altra fattispecie, ma altresì illogica ed irragionevole, siccome frutto di un mero formalismo contrario al generale principio del favor partecipationis che presidia la materia de qua. Del resto, la giurisprudenza della Sezione ha già avuto modo di precisare più volte che "l’offerta economica non è né una istanza, né una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, tal ché l’art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/00, secondo cui le dichiarazioni sostitutive debbono essere presentate unitamente a copia fotostatica di un documento di identità del dichiarante, non può trovare applicazione ", per cui " l’avvenuta produzione della fotocopia del documento di identità del sottoscrittore della offerta economica "in altro plico " è idonea a soddisfare l’interesse della stazione appaltante di disporre di un’adeguata certezza in ordine alla provenienza della offerta economica –e delle contestuali incorporate dichiarazioni di impegno- del firmatario della offerta medesima" , con la conseguenza che è " illegittima l’esclusione di una ditta ….con riferimento al fatto che, contrariamente a quanto prescritto dal bando, all’offerta economica non è stata acclusa una copia del documento d’identità, nel caso in cui la mancanza della copia…..possa essere compensata dalla presenza di due copie di tale documento nella documentazione allegata alla domanda di partecipazione della ditta stessa…..In tale ipotesi infatti l’Amministrazione….non può escludere la ditta …costituendo l’omissione una mera irregolarità,potendo invece chiedere un’integrazione della documentazione" (Cons. Stato, Sez. V, 6 giugno 2012, n. 3339 ; 5 marzo 2001,n. 1267 ). Correttamente pertanto il primo giudice,dopo aver osservato che in presenza di una clausola equivoca "soccorre,nella materia de qua, il principio del favor partecipationis", ha comunque precisato che "nella fattispecie…sono stati introdotti nel procedimento,ancorchè a riguardo di altra documentazione pure prescritta,due documenti d’identità che, in assenza di elementi contrari, non v’è ragione per negare la loro riconducibilità anche alla documentazione relativa all’offerta economica senza incorrere in un vieto formalismo". Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

L’obbligo di allegazione del documento di identità stabilito dall’art. 38 comma 3 del D.P.R. n. 445/2000 si riferisce alle istanze e dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre alla Pubblica Amministrazione e, pertanto, un tale obbligo non può in linea di principio essere imposto per ... Continua a leggere

 

Condono edilizio: i vincoli di inedificabilità apposti successivamente alla realizzazione delle opere non sono fattori di preclusione assoluta al condono, ma richiedono un apprezzamento concreto di compatibilità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

close icon

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ribadito come da giurisprudenza costante (da ultimo, Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2012, n. 6082) l'esistenza del vincolo va valutata al momento in cui deve essere presa in considerazione la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo in questione. In questo senso la differenza tra vincoli preesistenti alla realizzazione dell’opera e vincoli sopravvenuti si coglie in termini di regime giuridico applicabile. Infatti, i vincoli di inedificabilità sopravvenuti alla realizzazione dell'intervento edilizio non operano quali fattori di preclusione assoluta al condono, ma costituiscono vincoli relativi ai sensi dell'art. 32 della l. n. 47 del 1985, che impongono un apprezzamento concreto di compatibilità (Cons. St., Sez. IV, 4 dicembre 2012, n. 2576). Aggiunge poi il Collegio come, nel caso di specie, il parere negativo era adeguatamente motivato e dunque legittimo, in quanto costituisce sufficiente motivazione del diniego di sanatoria di opere realizzate in zone vincolate l'indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di compatibilità dell'intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica poste a base del relativo vincolo; in tal senso anche una motivazione scarna e sintetica, laddove rilevi gli estremi logici dell'incompatibilità, va considerata soddisfacente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV 30 giugno 2005, n. 3542; Id. Sez. IV, 18 settembre 2012, n. 4945). Inoltre nel procedimento in esame il Collegio ha rigettato la censura di mancato esercizio in concreto del potere del Comune di ponderare la richiesta di condono edilizio, rilevando come la stessa risulta erronea, già solo per il fatto che, come ribadito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4013), ai sensi l’art. 32 della l. n. 47 del 1985, il parere dell’Organo preposto a tutela del vincolo ha natura obbligatoria e vincolante, nel procedimento di condono. Pertanto, il provvedimento sindacale non poteva assumere contenuto favorevole rispetto alla richiesta dell’odierno appellante. Per procedere alla lettura integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ribadito come da giurisprudenza costante (da ultimo, Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2012, n. 6082) l'esistenza del vincolo va valutata al momento in cui deve essere presa in considerazione la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua in ... Continua a leggere

 

DURC: l’accoglimento dell'istanza di dilazione della pretesa finanziaria o previdenziale, che pone "nuovamente l’impresa in condizione di regolarità", è valida ad elidere la preclusione partecipativa alla gara se precede l’autodichiarazione sul possesso del requisito di regolarità contributiva

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

close icon

È pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale che l’ineludibile requisito di partecipazione alle gare pubbliche della regolarità contributiva, il quale deve sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione alla procedura e permanere fino alla stipula del contratto, ma anche accompagnare l’intera fase di esecuzione, sussiste pure nel caso in cui la pretesa dell’amministrazione finanziaria e/o degli entri previdenziali ed assistenziali risulti "integralmente soddisfatta anche mediante definizione agevolata" (cfr., per tutte, Cons. St., Sez. V, 17 gennaio 2013 n. 261). In altri termini, mentre secondo un orientamento giurisprudenziale la mera presentazione dell’istanza di dilazione deporrebbe per la sussistenza di irregolarità contributiva definitivamente accertata che preclude la partecipazione alla gara, onde sarebbe irrilevante una regolarizzazione tardiva sia pur con effetto retroattivo, la giurisprudenza è invece univoca nell’affermare che l’accoglimento di una tale istanza, che pone "nuovamente l’impresa in condizione di regolarità", è valida ad elidere la preclusione partecipativa qualora (com’è nella specie) "preceda l’autodichiarazione circa il possesso del requisito" in parola (cfr. Cons. St., sez. V, 18 novembre 2011 n. 6084). Dunque nel caso in esame, stante la già intervenuta accettazione della proposta rateazione non poteva essere considerata irregolare né alla data di scadenza del termine per la presentazione delle offerte e della relativa documentazione (ivi compresa la domanda di partecipazione e le prescritte dichiarazioni sostitutive), né a quella in cui è stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore del Consorzio, e neppure a quella del 20 marzo 2013, del DURC negativo e della ricezione da parte del Provveditorato della nota parimenti negativa dell’Agenzia delle Entrate datata 19 febbraio 2013. Non rileva, a tal proposito, il fatto che la prima rata non risultasse pagata, dal momento che – come si è visto - la relativa scadenza era fissata per il giorno (sabato) 23 marzo 2013, essendo comprovato in atti (ed incontestato da parte appellante) che il pagamento è avvenuto il 25 seguente, dunque non era ipotizzabile (e per vero neppure è ipotizzata) un’avvenuta decadenza dal beneficio, d’altro canto comminata nel caro di omesso pagamento di due rate consecutive.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

È pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale che l’ineludibile requisito di partecipazione alle gare pubbliche della regolarità contributiva, il quale deve sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione alla procedura e permanere fino al ... Continua a leggere

 
 
 
 
Chiudi Messaggio
Questo sito utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per saperne di più accedi alla Informativa sulla Privacy. Procedendo nella navigazione, acconsenti all'uso dei cookie.