News 5 Dicembre 2014 - Area Tecnica


NORMATIVA

Infrastrutture: in Gazzetta Ufficiale il decreto sulle "Procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, aggiornamenti e dell'elenco annuale dei lavori pubblici e per la redazione e la pubblicazione del programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi".

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 283 del 5.12.2014 è stato pubblicato il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante "Procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici e perla redazione e la pubblicazione del programma annuale per l'acquisizione di beni e servizi". Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 283 del 5.12.2014 è stato pubblicato il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante "Procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti annuali e dell'elenco annuale dei lavori pubblici e per ... Continua a leggere

 

Veicoli elettrici: in Gazzetta Ufficiale il Piano infrastrutturale

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2.12.2014 il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26.9.2014 recante il "Piano infrastrutturale per i veicoli alimentati ad energia elettrica, ai sensi dell'articolo 17-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83." Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2.12.2014 il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26.9.2014 recante il "Piano infrastrutturale per i veicoli alimentati ad energia elettrica, ai sensi dell'articolo 17-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83." Per sca ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Gare d'appalto: i principi giurisprudenziali consolidati in tema di dichiarazione dei requisiti per la partecipazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 3.12.2014

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha richiamato i consolidati principi in tema di dichiarazione dei requisiti per la partecipazione a gare d’appalto (come da ultimo puntualizzati in Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014, n. 4528), secondo cui:e) la valutazione della gravità delle condanne riportate dai concorrenti e la loro incidenza sulla moralità professionale spetta esclusivamente alla stazione appaltante e non già ai concorrenti, i quali sono tenuti ad indicare tutte le condanne riportate, non potendo essi operare alcun filtro, ciò implicando un giudizio meramente soggettivo inconciliabile con la ratio della norma (ex pluribus, Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 24 marzo 2014, n. 1428; 27 gennaio 2014, n. 400; 6 marzo 2013, n. 1378; sez. IV, 22 marzo 2012, n. 1646; 19 febbraio 2009, n. 740);f) la completezza e la veridicità (sotto il profilo della puntuale indicazione di tutte le condanne riportate) della dichiarazione sostitutiva di notorietà rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in gioco, quello dei concorrenti alla semplificazione e all'economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, delle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se ricorrono ipotesi di condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, potendo così evitarsi ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, così realizzando quanto più celermente possibile l'interesse pubblico perseguito proprio con la gara di appalto (Cons. St., sez. V, 1378 del 6 marzo 2013; sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6291; sez. III, 17 agosto 2011, n. 4792), così che la sola mancata dichiarazione dei precedenti penali o di anche solo taluno di essi, indipendentemente da ogni giudizio sulla loro gravità, rende legittima l'esclusione dalla gara (Cons. St., sez. IV, 28 marzo 2012, n. 1646; sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2597);g) anche in assenza di un'espressa comminatoria nella lex specialis, stante la eterointegrazione con la norma di legge, l'inosservanza dell'obbligo di rendere al momento della presentazione della domanda di partecipazione le dovute dichiarazioni previste dall'art. 38 del D. lgs. n. 163 del 2006 comporta l'esclusione del concorrente, senza che sia consentito alla stazione appaltante disporne la regolarizzazione o l'integrazione, non trattandosi di irregolarità, vizio o dimenticanza di carattere puramente formale (Cons. St., sez. III, 2 luglio 2013, n. 3550; 14 dicembre 2011, n. 6569);h) in caso di mancata dichiarazione di precedenti penali non può operare il principio del c.d. falso innocuo, laddove si tratti di assenza di dichiarazioni previste dalla legge e dal bando di gara a pena di esclusione (Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271), con la precisazione che solo se la dichiarazione sia resa sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante ed il concorrente incorra in errore indotto dalla formulazione ambigua o equivoca del bando non può determinarsi l'esclusione dalla gara per l'incompletezza della dichiarazione resa (Cons. St., sez, III, 4 febbraio 2014, n. 507);i) quanto all'estinzione del reato (che consente di non dichiarare l'emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092; 13 dicembre 2012, n. 6393; 24 marzo 2011, n. 1800);RILEVATO altresì che, come osservato anche dai primi giudici:l) l'obbligo in capo ai concorrenti di dichiarare tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali si sia beneficiato della non menzione, discende direttamente dal secondo comma dell'art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 (come sostituito prima dall'art. 4 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni in legge 12 luglio 2011, n. 106, e poi modificato dall'art. 1 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44), il quale esclude dalla dichiarazione sole le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, nonché quelle revocate e quelle per le quali sia stata disposta la riabilitazione;m) anche alla stregua del citato substrato giurisprudenziale, il modello predisposto dall’amministrazione appaltante, che prevedeva l’obbligo per i concorrenti ovvero per i suoi legali rappresentanti di dichiarare che non fosse stata pronunciata condanna passata in giudicato o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta per reati gravi in danno dello Stato, non può considerarsi idoneo a indurre in errore il dichiarante circa l’effettivo ambito della dichiarazione da rendere, stante la puntuale disposizione normativa di riferimento e spettando solo all’amministrazione la valutazione della gravità dei reati;n) secondo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 39 del d.l. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 114 del 2014, le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, sostanzialmente invocate dall’appellante a sostegno della asserita sanabilità dell’omissione contestata, si applicano alle procedure di affidamento indette successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge e quindi non sono applicabili all’appalto de qua, la cui procedura è stata avviata nel 2013.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 3.12.2014

 
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Antimafia: il termine di sei mesi dal rilascio di validità della documentazione riguarda solo i casi di documentazione negative

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 2.12.2014

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Relativamente al superamento del termine semestrale di validità semestrale della documentazione antimafia, è oramai assodato in giurisprudenza che il disposto di cui all'art. 2, co. 1, del d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 ss.mm.ii., nella parte in cui afferma che la documentazione è utilizzabile solo per sei mesi dal rilascio, intende riferirsi ai soli casi di documentazioni negative, vale a dire attestanti che non risultano infiltrazioni della criminalità organizzata, e non già (come è nella specie) anche casi di documentazioni positive, le quali conservano pertanto la loro capacità interdittiva anche oltre quel termine (cfr., per tutte, Cons. St., sez. VI, 30 dicembre 2011 n. 7002). Inoltre, ai sensi dello stesso art. 2, co. 2, le amministrazioni che acquisiscano la documentazione antimafia di data non anteriore a sei mesi possono adottare il provvedimento e gli atti conseguenti "anche se il provvedimento o gli atti sono perfezionati o eseguiti in data successiva alla scadenza di validità della predetta documentazione".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 2.12.2014

 
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Relativamente al superamento del termine semestrale di validità semestrale della documentazione antimafia, è oramai assodato in giurisprudenza che il disposto di cui all'art. 2, co. 1, del d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 ss.mm.ii., nella parte in cui afferma che la documentazione è utilizzabile solo pe ... Continua a leggere

 

Opere pubbliche: in caso di impugnazione di un accordo di Programma o di patti territoriali il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 2.12.2014

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In caso di impugnazione di un accordo di programma avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hannopartecipato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2010, nr. 1774; id., 22 maggio 2008, nr. 2469). Tale principio risulta pacificamente estensibile anche ai Patti Territoriali, come quello per cui qui è causa, i quali a norma dell’art. 2, comma 203, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, nr. 662, costituiscono una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata, nel quale rientrano anche gli accordi di programma, la cui disciplina procedimentale peraltro condividono sulla scorta della delibera del C.I.P.E. del 10 maggio 1995 (con riferimento, in particolare, all’impiego del modulo della Conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della legge nr. 241 del 1990).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 2.12.2014

 
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In caso di impugnazione di un accordo di programma avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hanno ... Continua a leggere

 

Espropri: il mancato pagamento dell'indennità nel termine di 30 giorni non comporta l’automatica caducazione del decreto nella sua interezza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 1.12.2014

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L’art. 42-bis del d.P.R. nr. 327 del 2001, pur disponendo che nel decreto di acquisizione sia contenuto, oltre alla liquidazione dell’indennizzo, anche l’ordine di procedere al pagamento nel termine di trenta giorni, non prevede affatto che il mancato pagamento entro il detto termine comporti l’automatica caducazione del decreto nella sua interezza; ché, anzi, è espressamente stabilito che il solo effetto traslativo della proprietà operi "sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del comma 1" (comma 4). Pertanto, è evidente che trattasi di termine acceleratorio fissato a garanzia dell’espropriato, ciò che rende impossibile ipotizzare che sia rimessa all’Amministrazione, attraverso un ritardo nella materiale corresponsione dell’indennizzo, una sorta di facoltà di porre nel nulla il decreto nella sua interezza. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 1.12.2014

 
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L’art. 42-bis del d.P.R. nr. 327 del 2001, pur disponendo che nel decreto di acquisizione sia contenuto, oltre alla liquidazione dell’indennizzo, anche l’ordine di procedere al pagamento nel termine di trenta giorni, non prevede affatto che il mancato pagamento entro il detto termine comporti l’aut ... Continua a leggere

 

Vincolo sopravvenuto all'edificazione: in attuazione del principio tempus regit actum, l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 1.12.2014

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Ad avviso della Sesta Sezione del Consiglio di Stato "non sussiste ragione per discostarsi dal consimile precedente della Sezione, intervenuto nei confronti dello stesso Ente Parco del Cilento nello stesso territorio di Castellabate (Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2014, n. 231) o di altri ancora seppure di altra Sezione (Cons. Stato, IV, 19 marzo 2014, n. 1338). Con l’indicata decisione, questa Sezione ha infatti – richiamando il precedente di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20 sul vincolo sopravvenuto all'edificazione - affermato che "la circostanza che il vincolo (nella specie: istituzione di un Parco) sia sopravvenuto rispetto all'edificazione non può condurre a considerare del tutto inesistente un vincolo di inedificabilità totale, ricadendo nella previsione di carattere generale contenuta nel primo comma dell'art. 32 della legge n. 47/1985, secondo cui il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, parere che va acquisito a prescindere dal requisito della anteriorità dell'opera rispetto al vincolo. In attuazione del principio tempus regit actum, invero, l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo. E appare altresì evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente". Nella fattispecie, in coerenza con detta giurisprudenza, posta la pacifica sopravvenienza all’abuso dell’istituzione dell’Ente Parco del Cilento e del Vallo di Diano, nonché l’assenza di valutazione concreta e attuale della compatibilità dell’intervento abusivo, che non è riducibile al mero richiamo dei contenuti astratti discendenti dal vincolo, la sentenza impugnata appare corretta e, conseguentemente, le censure dedotte devono essere rigettate perché infondate." Per scaricare la sentenza cliccare su " Accedi al provvedimento".

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Ad avviso della Sesta Sezione del Consiglio di Stato "non sussiste ragione per discostarsi dal consimile precedente della Sezione, intervenuto nei confronti dello stesso Ente Parco del Cilento nello stesso territorio di Castellabate (Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2014, n. 231) o di altri ancora seppu ... Continua a leggere

 

Appalti: il Consiglio di Stato ribadisce i principi dell'Adunanza Plenaria in tema di legittimazione al ricorso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014

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Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il motivo di appello, con il quale, richiamati i principi espressi dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione n. 9 del 2014, si è osservato che, dal momento che le imprese partecipanti alla gara erano state tre, e nondue, il T.A.R., una volta giudicato fondato il ricorso incidentale, che aveva una pacifica ‘natura escludente’, avrebbe dovuto inferirne senz’altro l’inammissibilità di quello principale, senza poter scendere al vaglio di merito di quest’ultimo. Come è noto, infatti, l’Adunanza Plenaria, attraverso le proprie decisioni nn. 4 del 2011 e 9 del 2014, ha tracciato in questa materia le seguenti coordinate: - nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara , deve essere esaminato prioritariamente, rispetto al ricorso principale, il ricorso incidentale (c.d. escludente) che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non aggiudicatario, quale soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o vi ha partecipato ma è stato legittimamente escluso, ovvero avrebbe dovuto essere escluso, ma non lo è stato per un errore dell’Amministrazione; - la mera partecipazione senza titolo alla gara pubblica non è un elemento sufficiente al riconoscimento della legittimazione al ricorso, atteso che questa deriva da una qualificazione di carattere normativo e postula un esito positivo del sindacato sulla ritualità dell'ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva, sicché la definitiva esclusione o l'accertamento dell’illegittimità della partecipazione alla gara impediscono, di regola, di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva; - una legittimazione impugnatoria del ricorrente in via principale – che sia stato estromesso dalla gara per atto dell’Amministrazione, ovvero, nel corso del giudizio, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale - può essere riconosciuta soltanto ove l’aggiudicazione sia stata disposta a favore del solo concorrente rimasto in concreto in gara, sempre che le offerte delle due contendenti risultino affette da un vizio afferente la medesima fase procedimentale.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014

 
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Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il motivo di appello, con il quale, richiamati i principi espressi dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione n. 9 del 2014, si è osservato che, dal momento che le imprese partecipanti alla gara erano state tre, e non ... Continua a leggere

 

Compatibilità paesaggistica: la nozione di "volume tecnico"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 1.12.2014

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L’art. 167 (Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, al comma 4 prevede che l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi indicati (per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380); il comma 5 consente al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 di presentare apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi che, qualora venga accertata, comporta il pagamento di una indennità pecuniaria equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. Come ben considerato dal primo giudice, nella vicenda in esame la Soprintendenza ha indebitamente dichiarato improcedibile l'istanza di accertamento della compatibilità paesistica, evidenziando in motivazione che le opere non rientrano nella casistica prevista dall'articolo 167, comma 4, lettere a) e c) del decreto legislativo n. 42 del 2004, perché: "hanno comportato anche la realizzazione di volume ex novo, con conseguente incremento della volumetria legittima". Non appare dubitabile in punto di fatto che in termini edilizi ed urbanistici – vale a dire, secondo il il linguaggio e i parametri che, seppure incongruamente rispetto al contesto, usa l’art. 167 – il torrino di cui si verte sia un volume tecnico, perché servente all’ascensore. Ne consegue che, proprio per il detto rinvio alle categorie evocate dalla disposizione, la Soprintendenza avrebbe dovuto non già dichiarare l’intervento senz’altro non rientrante nelle fattispecie dell’art. 167, bensì procedere alla sua valutazione in concreto e postuma di compatibilità paesaggistica (in quanto, al contrario, rientrantevi perché accessivo a quelle stesse categorie). Sarebbe stato cioè necessario, data la natura di volume tecnico, procedere a un concreto accertamento di compatibilità paesaggistica, con una valutazione effettiva e concreta rispetto ai valori tutelati. Non può dunque essere condiso l’assunto dell’Amministrazione, che addebita ancora alla sentenza la pretesa di riscontrare la corrispondenza tra l’ambito urbanistico e quello della tutela paesaggistica sulla base della fallace nozione di "volume tecnico", laddove invece l'introduzione legislativa di concetti quali "superfici utili" o "volumi", in un ambito normativo che attiene solo e soltanto alla tutela del paesaggio non può che aver riferimento, per l'appunto, "a quelle superfici utili o a quei volumi idonei ad apportare una modificazione alla realtà preesistente, tale da arrecare un "vulnus" agli interessi superiori di tutela del paesaggio". L’impostazione, che fonda sulla separatezza delle nozioni tecniche di "superfici utili" e "volumi tecnici" a seconda della loro diversa applicazione nel campo urbanistico o in ambito paesaggistico nel quale ogni modificazione alla realtà preesistente determina "di per sé vulnus" agli interessi superiori di tutela del paesaggio, non è suscettibile di condivisione alcuna. In realtà, le nozioni tecniche in questione non sono specificate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo dalle normative sulle costruzioni (in via esemplificativa e non esaustiva, circolare del Ministero dei lavori pubblici 23 luglio 1960, n. 1820; artt. 5 e 6 d.m. 2 agosto 1969; art. 3 d.m. 10 maggio 1977; art. 1 d.m. 26 aprile 1991; art. 6 d.m. 5 agosto 1994), dove la superficie utile (SU) coincide -in estrema sintesi- con l’area abitabile (superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e balconi) mentre per superficie accessoria (SA) si intendono le parti dell’edificio destinate ad accessori e servizi (cantine, locali tecnologici, vano ascensore e scale, terrazze, balconi, logge e quant’altro). A sua volta il volume degli edifici, espresso in metri cubi vuoto per pieno, è costituito dalla sommatoria della superficie delimitata dal perimetro esterno dei vari piani per le relative altezze effettive misurate da pavimento a pavimento del solaio sovrastante; il volume tecnico si riferisce alle opere edilizie a servizio dell’edificio, che hanno una funzione strumentale, anche se necessariamente essenziale, in relazione all’uso della costruzione principale, senza assumere il carattere di vani chiusi utilizzabili, quali sono in genere gli accessori e per l’appunto la colonna ascensore. Dunque, come già ritenuto da questa Sezione del Consiglio di Stato (Sez. VI, 31 marzo 2014, n. 1512), "la nozione di ‘volume tecnico’, non computabile nella volumetria ai fini in questione, corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questa, come possono essere -e sempre in difetto dell’alternativa- quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo". Quindi non può essere ipotizzato - nella locuzione "superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente autorizzati" - un’accezione in termini atecnici o eccedenti il loro significato specialistico, per giungere senz’altro alla conclusione di un’astratta preclusione normativa rispetto a una valutazione che va invece ragionevolmente espressa in funzione della essenzialità del vano corsa dell’ascensore: per modo da porlo in concreta ed effettiva relazione (avuto riguardo anche alle reali dimensioni), ai fini del successivo giudizio di compatabilità paesaggistica, rispetto al contesto paesaggistico tutelato. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 1.12.2014

 
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L’art. 167 (Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria) d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, al comma 4 prevede che l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi indicati (per i lavori, realizzat ... Continua a leggere

 

Farmacia: per la scelta del farmacista al quale affidare un dispensario, la legge accorda una preferenza al titolare della farmacia più vicina, ma non esclude che l’Amministrazione possa valutare proposte più convenienti di altri titolari di farmacie "della zona"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

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L’art. 1 della legge n. 221 dell’8 marzo 1968 prevede, al comma 4, come sostituito dall'art. 6 della legge 8 novembre 1991, n. 362, che la gestione dei dispensari «è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmaciapiù vicina». Come si evince dalla lettura dell’indicata disposizione, per la scelta del farmacista al quale affidare un dispensario, la legge accorda una preferenza al titolare della farmacia più vicina ma non esclude che l’Amministrazione possa valutare proposte più convenienti (per l’interesse pubblico) presentate da altri titolari di farmacie «della zona». Questa Sezione ha, in proposito, sostenuto che la scelta dell’autorità sanitaria può pertanto discostarsi dal criterio della preferenza per il titolare della farmacia più vicina, per motivate ragioni inerenti alla migliore organizzazione del servizio (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4172 del 16 luglio 2012). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

 
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L’art. 1 della legge n. 221 dell’8 marzo 1968 prevede, al comma 4, come sostituito dall'art. 6 della legge 8 novembre 1991, n. 362, che la gestione dei dispensari «è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia ... Continua a leggere

 

Appalti: la stazione appaltante non può disapplicare le regole fissate dal bando neppure se non risultino più conformi allo ius superveniens, salvo l’esercizio del potere di autotutela

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

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La costante giurisprudenza afferma che in sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto la stazione appaltante è tenuta ad applicare rigorosamente le regole fissate nel bando, atteso che questo costituisce la lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non più conformi allo ius superveniens, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela (Cons. St., sez. V, 28.4.2014, n. 2201).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

 
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La costante giurisprudenza afferma che in sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto la stazione appaltante è tenuta ad applicare rigorosamente le regole fissate nel bando, atteso che questo costituisce la lex specialis della procedura ad evidenza pubblica, che non può essere disappl ... Continua a leggere

 

Vincoli: le valutazioni sull'esistenza di un interesse sia archeologico sia storico-artistico, tali da giustificare l'imposizione dei relativi vincoli, sono espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità tecnica sia momenti propri di discrezionalità amministrativa

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.11.2014

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Come più volte rilevato dalla Sezione (v. , "ex multis", Cons. St., sez. VI, 24 maggio 2013, n. 2851 e 6 marzo 2009, n. 1332), "le valutazioni in ordine all'esistenza di un interesse sia archeologico sia storico -artistico, tali da giustificare l'imposizione dei relativi vincoli, sono espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità tecnica sia momenti propri di discrezionalità amministrativa; tale valutazione è prerogativa esclusiva dell'Amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico -discrezionale compiuta"....Inoltre, il carattere recessivo dell’interesse privato rispetto all’interesse pubblico alla conservazione di significative testimonianze archeologiche era tale da non rendere necessaria una puntuale e specifica comparazione tra il prioritario interesse pubblico e l’interesse del privato, neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto con il vincolo era stato contenuto entro il minimo possibile (sull’oggettiva prevalenza qualitativa dell’esercizio del potere pubblico di tutela di un interesse storico –artistico –archeologico sull’interesse del privato v., "ex plurimis", Cons. St. , sez. VI, n. 5278 del 2004). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.11.2014

 
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Come più volte rilevato dalla Sezione (v. , "ex multis", Cons. St., sez. VI, 24 maggio 2013, n. 2851 e 6 marzo 2009, n. 1332), "le valutazioni in ordine all'esistenza di un interesse sia archeologico sia storico -artistico, tali da giustificare l'imposizione dei relativi vincoli, sono espressione d ... Continua a leggere

 

Gare pubbliche: l’ammissibilità della motivazione "per relationem" del giudizio di congruità dell'offerta non esime la stazione appaltante da un obbligo di valutazione complessiva di tutto ciò che è emerso nella fase istruttoria del sub procedimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.11.2014

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La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha richiamato la giurisprudenza (v. , "ex plurimis", Cons. St. , sez. V, nn. 3800 del 2014, 5703, 4785 e 3563 del 2012, 4450 del 2011 e 7266 del 2010), che afferma come "nelle gare pubbliche, ove l'Amministrazione consideri congrua l'offerta sulla base delle spiegazioni fornite dal concorrente in sede di verifica dell'anomalia, la sua valutazione deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo "per relationem" ai chiarimenti ricevuti, tanto più che la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando invece ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione" (così, testualmente, Cons. St. , V, n. 4450/11 cit.). "Il giudizio di anomalia dell'offerta richiede una motivazione rigorosa ed analitica solo ove si concluda in senso negativo mentre, in caso positivo, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute attendibili, essendo sufficiente anche una motivazione espressa "per relationem" alle giustificazioni rese dall'impresa vincitrice, sempre che queste, a loro volta, siano state congrue ed adeguate" (Cons. St. , V, n. 4785/12 cit.). Va specificato, tuttavia, che l’ammissibilità della motivazione "per relationem" del giudizio di congruità non esime la stazione appaltante da un obbligo di valutazione complessiva di tutto ciò che è emerso nella fase istruttoria del sub procedimento. Saranno le giustificazioni fornite dalla concorrente sottoposta a valutazione ex articoli 86 e seguenti del codice dei contratti pubblici a fungere da parametro di riferimento sul quale misurare, "per relationem", la legittimità del giudizio finale di congruità. In secondo luogo, circa la questione relativa all’ampiezza –o alla ristrettezza- dell’ambito della verifica giurisdizionale sul potere tecnico –discrezionale esercitato dalla stazione appaltante in sede di valutazione dell’anomalia delle offerte appare opportuno rammentare che questo Consiglio (v. , "ex multis", Ad. plen. n. 36/12, sez. III, n. 5781/13 e V, nn. 3800/14, 1925/11 e 741/10) ha osservato che "le valutazioni compiute dalla stazione appaltante in sede di riscontro delle anomalie delle offerte presentate sono considerate espressione di un ampio potere tecnico – discrezionale, insindacabile in sede giurisdizionale salva l’ipotesi in cui esse siano palesemente illogiche, irrazionali o fondate su una insufficiente motivazione o su errori di fatto". Il giudice amministrativo non può cioè verificare in via autonoma la congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio -non erroneo né illogico- formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (Cons. St. , sez. IV, n. 3862/11; V, n. 7631/10). Calando i principi su esposti nel caso di specie, per quanto riguarda l’aspetto strettamente e formalmente motivazionale della valutazione di congruità compiuta dalla stazione appaltante, a voler seguire la tesi dell’appellante, un giudizio positivo di congruità dell’offerta –che di per sé ha natura globale e sintetica sulla serietà dell’offerta nel suo insieme, dal che deriva, nel caso di valutazione positiva di congruità, la sufficienza –con le specificazioni di cui sopra- della motivazione "per relationem" alle giustificazioni date dall’impresa offerente (Cons. St., III, n. 4322/11)- avrebbe richiesto, alla luce delle peculiarità della vicenda, consistenti nel riscontro di discordanze e incongruenze, una motivazione più approfondita che, però, ove favorevole all’impresa sottoposta a verifica di anomalia, sarebbe stata sostanzialmente ripetitiva delle medesime giustificazioni considerate accettabili e attendibili dalla stazione appaltante, con un’alquanto dubbia compatibilità con i princìpi di economicità dell’attività amministrativa sanciti dalla l. n. 241/90. In realtà, è lo stesso art. 88, comma 3, del codice dei contratti pubblici a imporre che la verifica delle offerte ritenute anormalmente basse avvenga attraverso l’esame degli elementi costitutivi dell’offerta tenendo conto delle precisazioni fornite dalla concorrente. Nel momento in cui la stazione appaltante, esaminate le giustificazioni e le precisazioni della concorrente, le giudica attendibili e accettabili, le recepisce e le fa proprie nel loro complesso, in quanto congrue e adeguate. Per scaricare la sentenza cliccare di "Accedi al Provvedimento".

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La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha richiamato la giurisprudenza (v. , "ex plurimis", Cons. St. , sez. V, nn. 3800 del 2014, 5703, 4785 e 3563 del 2012, 4450 del 2011 e 7266 del 2010), che afferma come "nelle gare pubbliche, ove l'Amministrazione consideri congrua l'o ... Continua a leggere

 

D.I.A: è inammissibile il ricorso avverso il diniego che si fonda sulla posizione di terzi, se questi ultimi non sono citati in giudizio come controinteressati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.11.2014

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame precisa che nel processo amministrativo la qualità di controinteressato va riconosciuta nella compresenza dell’elemento sostanziale, vale a dire al soggetto portatore di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente, e dell’elemento formale, costituito dall’indicazione nominativa del medesimo soggetto nel provvedimento impugnato o la sua agevole individuabilità aliunde.Nella specie, è evidente la sussistenza dell’elemento formale, stante l’indicazione del menzionato istituto scolastico nel diniego di d.i.a. impugnato in via principale, reso in applicazione del regolamento comunale che, nell’ottica della minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici dei particolari frequentatori, qualifica gli edifici adibiti a scuole (o asili, o aree e servizi similari) come siti sensibili tanto da imporre una determinata distanza di rispetto dal fabbricato (o dalla recinzione) ai fini dell’installazione degli impianti di cui trattasi.L’elemento sostanziale è identificabile nell’interesse concreto, diretto ed immediato derivante alla scuola dal mantenimento in vita dello stesso diniego, il quale le consente di conservare la posizione giuridica di soggetto espressamente tutelato dall’esposizione ai campi elettromagnetici, conseguente all’applicazione nei suoi confronti della misura introdotta col detto regolamento comunale.Sotto questo aspetto, quindi, non ha alcun rilievo che l’istituto non sia stato coinvolto nel procedimento di cui si controverte.È ben vero, peraltro, che nel caso di impugnazione di provvedimenti negativi, qual è il ripetuto diniego di d.i.a., in linea generale non sono configurabili controinteressati. Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che i terzi sulle cui acquisite posizioni il diniego si fondi devono essere evocati in giudizio, poiché l’eventuale annullamento del provvedimento pregiudicherebbe tali posizioni. In questo quadro, in tema di impugnazione del diniego del permesso di costruire costituisce orientamento pacifico l’operatività della regola generale secondo non sono normalmente configurabili controinteressati, ma sempre "salvo il caso in cui essi risultino indicati direttamente nell'atto" (cfr., per tutte, la recente Cons. giust. amm. Sicilia, 19 marzo 2014 n. 142)Il riferito indirizzo, a cui il Collegio aderisce in assenza di valide ragioni per dissentire, è perfettamente sovrapponibile al caso in esame.Tanto comporta la riforma della sentenza appellata nel senso dell’inammissibilità del ricorso di primo grado.Per scaricare il testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.11.2014

 
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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame precisa che nel processo amministrativo la qualità di controinteressato va riconosciuta nella compresenza dell’elemento sostanziale, vale a dire al soggetto portatore di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizi ... Continua a leggere

 
 
 
 
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