Gazzetta Informa News 12 Marzo 2013 - Area Tecnica


NORMATIVA

Salerno-Reggio Calabria: aperti al traffico 16 chilometri

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Aperta al traffico la tratta Scilla - Bagnara Calabra, circa 16 chilometri, questo comunica il Ministero che peraltro per la "Nuova" Autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, mette a disposizione un volume appositamente redatto dall'Anas di 44 pagine visualizzabile cliccando sul titolo sopra linkato. Interessanti sono i dati forniti tra i quali si segnala: 1) Attualmente operano sui cantieri attivi dell’autostrada: oltre 700 imprese, oltre 3.500 operai, circa 7.000 nell’indotto, 5.000 mezzi d’opera; 2) Attualmente risultano: APERTI AL TRAFFICO KM 240; LAVORI IN CORSO KM 120; PROGETTI IN GARA KM 25; 3) relativamente alle prossime aperture al traffico programmate per un Totale di KM 124,22 sono nel volume suddivise secondo date delle quali tutte, tranne una, gia' decorse ovvero: a) entro DICEMBRE 2011 - KM 7,50; b) entro LUGLIO 2012 -KM 27,40; c) entro DICEMBRE 2012 - KM 14,50; d) entro DICEMBRE 2013 - KM 75,12. (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, comunicato del 5.3.2013)

 
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Aperta al traffico la tratta Scilla - Bagnara Calabra, circa 16 chilometri, questo comunica il Ministero che peraltro per la "Nuova" Autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, mette a disposizione un volume appositamente redatto dall'Anas di 44 pagine visualizzabile cliccando sul titolo sopra linkato ... Continua a leggere

 

Trasmissione dei contratti d'appalto da parte delle P.A. ed enti pubblici: on line il software per la trasmissione telematica

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Disponibile sul sito dell'Agenzia delle Entrate il Software per utenti Windows (Windows 7, Windows Vista e Windows XP) e le Istruzioni per l'installazione del programma di compilazione del file da inviare. (Agenzia delle Entrate, comunicato del 8.3.2013)

 
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GIURISPRUDENZA

Interdittiva antimafia: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente in quanto occorre stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata

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In via di principio e per giurisprudenza costante l’interdittiva antimafia, essendo espressione della logica di anticipazione della difesa sociale, non richiede "un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico ed indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo" ( ex multis Cd S, III, 23 febbraio 2012 n. 1068); inoltre" gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata"( CdS n.1068/2012). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5.3.2013, n. 1329)

 
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In via di principio e per giurisprudenza costante l’interdittiva antimafia, essendo espressione della logica di anticipazione della difesa sociale, non richiede "un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camo ... Continua a leggere

 

L’art. 37 comma 12 del Codice degli appalti introduce la possibilità di mutare forma giuridica tra prequalifica e gara in quanto consente che il concorrente prequalificatosi nella veste di operatore singolo, possa poi partecipare in forma associata

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L’articolo 37 co.9 e 12 del codice degli appalti consente espressamente che l’operatore prequalificatosi modifichi il proprio profilo soggettivo in vista della gara, sempre che detta modifica intervenga prima della presentazione delle offerte e sempre che la stessa non risulti preordinata a sopperire ad una carenza di requisiti intervenuta medio tempore o esistente ab origine (Cons. Stato, IV n.4327/2010 e n.4327/2010). In specie l’art. 37 co.9 denunzia la volontà del legislatore di individuare nella presentazione dell’offerta, il momento a partire dal quale sorge il divieto di modificazione soggettiva della composizione dei partecipanti alla gara, l’art. 37 co.12 consente la possibilità di mutare forma giuridica tra prequalifica e gara là dove consente che il concorrente prequalificatosi nella veste di operatore singolo, possa poi partecipare in forma associata e dunque in una forma giuridica diversa da quella originaria. L’articolo 51 del codice dei contratti ha rafforzato l’autonomia organizzativa dei concorrenti per la partecipazione alle gare sancendo la configurabilità di fenomeni di successione nella titolarità della posizione del concorrente, offerente o aggiudicatario a fronte di specifiche vicende soggettive. Identiche, se non più pregnanti indicazioni, si rinvengono nella normativa comunitaria (art. 4 co.2 Dir. CE 18/2004) che prevede espressamente che: "Ai fini della presentazione di una offerta o di una domanda di partecipazione le amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici abbiano una forma giuridica specifica". Deve anche sottolinearsi che vi è una contiguità sostanziale tra la figura del rti e del consorzio ordinario derivante dalla lettera dell’art. 34 co. 1 lett. e) del codice degli appalti, per il quale ai consorzi ordinari si applicano le disposizioni dell’art. 37 che ha disciplinato in maniera congiunta i due istituti, per cui la possibilità di modifica della forma associativa prevista espressamente dalla lex specialis di gara, non poteva non estendersi anche ai consorzi ordinari. I due istituti infatti condividono la stessa ratio diretta a cumulare i requisiti di qualificazione dei diversi operatori raggruppati o consorziati in vista della partecipazione ad una specifica gara consentendo il cumulo dei requisiti di qualificazione mentre il differente tipo di rapporto che lega gli operatori raggruppati e consorziati non è idoneo a fondare una diversa disciplina di gara e a differenziare il trattamento da destinare all’una o all’altra figura. Si aggiunga poi che nel caso di specie la modifica della forma giuridica non era preordinata a sopperire a carenze dei requisiti generali o speciali in capo alle imprese prequalificatesi poi confluite nel consorzio in quanto l’aggiunta nella compagine della società Siti rispetto alle imprese originariamente invitate aveva la finalità di acquisire l’apporto di ulteriori requisiti comunque già posseduti ab initio dalle imprese prequalificatesi risolvendosi in una maggiore garanzia per la stazione appaltante. Appare quindi non condivisibile la tesi prospettata dall’appellante intesa a restringere il mutamento della forma giuridica di partecipazione ai soli rti e anzi la lex specialis, ove interpretata nel senso auspicato dall’appellante principale, risulterebbe illegittima ponendo inutili limiti alle capacità concorrenziali e imprenditoriali in specie limitando la facoltà delle imprese di scegliere e utilizzare gli strumenti aggregativi più idonei. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5.3.2013, n. 1328)

 
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Le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che esse risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, ovvero che risultino confliggenti con particolari situazioni le quali abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate

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Per consolidato orientamento le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che (ma non è il caso che qui ricorre) esse risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, ovvero che - per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree – esse risultino confliggenti con particolari situazioni le quali abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate, derivanti da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato con le amministrazioni comunali, giudicati di annullamento di permessi edilizi o silenzi rifiuto su domande di permessi edilizi, modificazioni della destinazione di area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (sul punto –ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 27 gennaio 2012, n. 425; id., IV, 12 gennaio 2011, n. 133; id., IV, 13 ottobre 2010, n. 7492). Per le medesime ragioni non può trovare accoglimento il motivo di appello con il quale si è lamentato il mancato accoglimento del motivo di ricorso con cui si era censurato il provvedimento provinciale il quale aveva rilevato l’insufficiente inserimento organico dell’area rispetto alle infrastrutture cittadine e, in particolare, il mancato collegamento con via Resia. Al riguardo si osserva in primo luogo che, secondo un consolidato – e qui condiviso – orientamento, in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità di ragioni (ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento), è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile in parte qua, per carenza di interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (in tal senso –ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 28 settembre 2012, n. 5152; id., VI, 11 giugno 2012, n. 3401; id., VI, 27 febbraio 2012, n. 1081). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.3.2013, n. 1323)

 
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Per consolidato orientamento le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che (ma non è il caso che qui ricorre) esse risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, ovvero che - per quanto riguarda la destinazi ... Continua a leggere

 

La domanda di concessione di zone del demanio marittimo per la realizzazione di un porto turistico deve essere corredata da un progetto preliminare che deve contemplare anche le opere a terra, il quale è sottoposto all’esame della conferenza di servizi, promossa dal sindaco, cui partecipano tutti i soggetti portatori di interessi pubblici rilevanti riguardo all’opera da realizzare

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Ai sensi della normativa in materia, la realizzazione di un porto turistico comporta opere non soltanto a mare ma anche a terra: per l’art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 509 del 1997, il porto turistico è il "complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare…". E’ ragionevole ritenere che le opere a terra così inscindibilmente previste non siano soltanto quelle indispensabili per mero e necessario completamento tecnico-costruttivo sulla terraferma delle strutture a mare, essendo il porto una struttura complessa destinata allo scopo di servire "il diportista nautico o precipuamente la nautica da diporto, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari" (art. 2, citato) e non potendosi ritenere che tale servizio possa essere svolto senza alcuna opera a terra idonea a garantire le diverse prestazioni a tal fine necessarie. Non a caso, come indicato nelle sentenza in appello n. 4163/2004, nel progetto definitivo del porto turistico di cui qui si tratta è prevista "una serie di interventi edilizi da realizzarsi nell’area portuale, relativamente, ad esempio, alle aree da destinare a parcheggi", risultando agli atti della conferenza di servizi sul detto progetto 7 tavole su 35 dedicate alle opere a terra. Ai sensi del d.P.R. n. 509 del 1997 la domanda di concessione di zone del demanio marittimo per la realizzazione di un porto turistico deve essere corredata da un progetto preliminare, che è sottoposto all’esame della conferenza di servizi, promossa dal sindaco, cui partecipano tutti i soggetti portatori di interessi pubblici rilevanti riguardo all’opera da realizzare. In particolare, ai sensi dell’art. 3, comma 2, il progetto preliminare è "redatto ai sensi dell’articolo 16, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire. Contiene inoltre uno studio con la descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente, ai fini della verifica di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996" (trattandosi della verifica se le caratteristiche del progetto richiedano lo svolgimento della procedura di valutazione d'impatto ambientale). In questo quadro, il Collegio ritiene che il progetto preliminare debba contemplare le opere a terra quali sopra specificate. Esso deve infatti indicare, come visto, "le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire", venendo soggiunto a tale identica previsione, nell’art. 16 della legge n. 109 del 1994, che il progetto preliminare deve altresì recare le ragioni della scelta prospettata "anche con riferimento ai profili ambientali", così come nel citato art. 3, comma 2, del d.p.r. n. 509 del 1997, è soggiunto, ancora più puntualmente, che vi devono essere esposti i dati necessari per la verifica degli effetti sul piano ambientale. Risulta di conseguenza che, con il grado di specificazione proprio, ovviamente diverso da quello del progetto definitivo, il progetto preliminare deve contemplare le necessarie opere a terra, essendo altrimenti impossibile, per lo meno, la valutazione degli effetti ambientali della complessiva realizzazione del porto così come quella che, nell’ambito della conferenza di servizi sul progetto preliminare, il Comune deve svolgere "sotto il profilo urbanistico edilizio" (art. 5, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 509 del 1997). Tali valutazioni richiedono, evidentemente, una specificazione progettuale sufficiente per essere eseguite in modo con adeguato. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.3.2013, n. 1317)

 
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Ai sensi della normativa in materia, la realizzazione di un porto turistico comporta opere non soltanto a mare ma anche a terra: per l’art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 509 del 1997, il porto turistico è il "complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mar ... Continua a leggere

 

A Capri nelle aree sottoposte a protezione integrale e' vietato costruire piscine

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A Capri (nelle aree sottoposte a "protezione integrale" ai sensi del piano territoriale paesaggistico, approvato col decreto ministeriale dell’8 febbraio1999), così come in ogni altra località sottoposta a vincolo paesaggistico, la realizzazione di una piscina va qualificata come nuova costruzioneche modifica irreversibilmente lo stato dei luoghi (come anche visibile dall’alto), sicché – ferma restando la valutazione discrezionale dell’autorità paesaggistica sulla sua fattibilità, qualora vi sia soltanto un vincolo ‘relativo’ – essa è radicalmente vietata quando una disposizione normativa o un provvedimento volto alla tutela del paesaggio considera l’area in questione come sottoposta a "protezione integrale". Si legge poi nella sentenza che quand’anche effettivamente dopo tale emanazione vi siano stati titoli abilitativi per la realizzazione di piscine, sulla base dei principi costantemente affermati da questo Consiglio per qualsiasi settore in ordine all’esercizio illegittimo di poteri aventi natura vincolata (cfr. Sez. IV, 5 novembre 2012, n. 5619; Sez. IV, 24 febbraio 2011, n. 1235; Sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2105; Sez. VI, 20 dicembre 2005, n. 7590), si deve ritenere che l’illegittimità dei medesimi titoli abilitativi non può essere invocata da chi chiede l’emanazione di un ulteriore provvedimento contra legem. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.3.2013, n. 1317)

 
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A Capri (nelle aree sottoposte a "protezione integrale" ai sensi del piano territoriale paesaggistico, approvato col decreto ministeriale dell’8 febbraio1999), così come in ogni altra località sottoposta a vincolo paesaggistico, la realizzazione di una piscina va qualificata come nuova costruzione ... Continua a leggere

 

La società incorporante o risultante dalla fusione ha l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio, ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011, nell’ultimo anno)

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La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 21 intervenuta in data 7 giugno 2012 ha statuito che nel caso di incorporazione o fusione societaria, sussiste in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio, ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011, nell’ultimo anno). Resta ferma la possibilità di dimostrare la c.d. dissociazione. L’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011, pertanto, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, anche per gli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione. L’Adunanza Plenaria, tenuto conto della precedente incertezza giurisprudenziale, giunge alla conclusione che i concorrenti che omettono la dichiarazione possono essere esclusi dalle gare - in relazione alle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) - fino alla data di pubblicazione della decisione medesima (7 giugno 2012) solo se il bando espliciti tale onere di dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario, l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali... Come evidenzia la stessa Adunanza Plenaria n. 21/2012 nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società, ancorché venute in essere antecedentemente all'avvio della gara, si realizza, anche se non la fattispecie di successione a titolo universale, " l'integrazione reciproca delle società partecipanti all'operazione, ossia una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto, che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. civ. sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637)." Ritenuta la continuità nel nuovo soggetto, perdura, per le società che proseguono sotto la nuova identità della società incorporante l'onere di rendere la dichiarazione relativa ai propri amministratori cessati. In altri termini, la società incorporante o risultante dalla fusione, non è un soggetto "altro" e "diverso", ma semmai un soggetto composito in cui proseguono la loro esistenza le società partecipanti all'operazione di incorporazione e, per l'effetto, non si possono considerare "altrui" gli amministratori che sono amministratori di un soggetto che è parte del tutto e che conserva la sua identità originaria sotto una diversa forma giuridica. Diversamente opinando, le operazioni di fusione tra società finirebbero per prestarsi alla elusione dello scopo perseguito con la preclusione di cui all’art. 38 cit., da individuarsi sicuramente in quello di impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti, derivante dalla partecipazione alle relative procedure di soggetti di cui sia accertata la non affidabilità sul piano morale e professionale. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 8.3.2013, n. 1411)

 
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La P.A. per disporre la reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti deve accertare che l'interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative, indicando le iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo, nonché disporre l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione

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La giurisprudenza più recente, anche a seguito del decisivo impulso fornito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (con particolare riguardo alla sentenza n. 179 del 1999, che ha affermato il principio secondo cui la reiterazione dei vincoli di piano regolatore a contenuto espropriativo scaduti deve essere accompagnata dalla previsione di un indennizzo), afferma con notevole decisione il principio per cui la legittimità della reiterazione dei vincoli non può prescindere dal positivo riscontro di una duplice condizione: per un verso, si afferma che "l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione è condizione di legittimità del provvedimento di reiterazione dei vincoli scaduti ai sensi dell'art. 2 l. n. 1187 del 1968, sebbene puntualmente motivato e giustificato da un evidente interesse pubblico." (Consiglio Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4019); per altro verso, si sottolinea come la reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti (oggi rientrante nella previsione di cui all'art. 9 d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327) non può disporsi senza svolgere una specifica indagine concreta relativa alle singole aree finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze, pubbliche e private, in quanto l'amministrazione nel reiterare i vincoli scaduti, è tenuta ad accertare che l'interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative e deve indicare le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo, nonché disporre l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione, per cui "l'obbligo di motivazione in materia di reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti sussiste anche quando la reiterazione del vincolo sia disposta in occasione dell'adozione di variante generale al p.r.g." (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 maggio 2000, n. 2706; in termini Consiglio di Stato, sez. IV, 7 giugno 2012 n. 3365). (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 11.3.2013, n. 1465)

 
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Il Ministero dell'Interno condannato dal Consiglio di Stato a risarcire i danni per aver acquistato macchine fotocopiatrici da una Società che in sede di gara non aveva offerto il prezzo più basso

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Il caso concreto può essere così riassunto: il Ministero dell’interno ha inoltrato una richiesta di offerta – RDO, per mezzo del Mercato elettronico della P.A. – MEPA, a fornitori abilitati ad operare nel sistema di e – procurement, al fine d’acquistare al prezzo più basso due macchine fotocopiatrici, una in b/n e l’altra a colori, da adibire alle attività della Scuola superiore dell’Amministrazione dell’interno – SSAI. A tale procedura ha partecipato, tra le altre imprese, pure la Xerox s.p.a.proponendo il miglior ribasso, ma nonostante ciò, ha aggiudicato la fornitura alla KMI s.r.l., corrente in Fiumicino (RM), onde la Xerox s.p.a. ne ha impugnato gli atti innanzi al TAR del Lazio che con sentenza breve n. 10302/2012, ha sì accolto il ricorso di detta Società, ma limitatamente alla domanda d’annullamento e non anche a quella sull’efficacia del contratto, a causa del difetto di prova sull’avvenuta stipulazione di quest’ultimo. Nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato, accertata la predetta stipulazione, ma anche l’avvenuta esecuzione della fornitura, il Collegio ha provveduto sulla domanda risarcitoria per equivalente statuendo che ai fini del calcolo dell’utile d’impresa ritraibile dall’appalto, va proposta una somma non inferiore al 12% e non superiore al 16% dell’importo onnicomprensivo del corrispettivo richiesto da Xerox nella propria offerta (IVA esclusa); la scelta tra il minimo e il massimo sarà fatta, nell’àmbito delle trattative di cui al citato art 34, comma 4, sulla base delle dimostrazioni che saranno date dall’avente diritto riguardo ai margini di utile corrispondente al prezzo offerto in gara. Sugli importi così calcolati, vanno offerti pure la rivalutazione dalla data dell’illegittima aggiudicazione fino al deposito della presente sentenza e, da quel momento fino all’effettivo soddisfo, gli interessi legali sulla somma rivalutata. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 7.3.2013, n. 1381)

 
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Il caso concreto può essere così riassunto: il Ministero dell’interno ha inoltrato una richiesta di offerta – RDO, per mezzo del Mercato elettronico della P.A. – MEPA, a fornitori abilitati ad operare nel sistema di e – procurement, al fine d’acquistare al prezzo più basso due macchine fotocopiatri ... Continua a leggere

 

Cartolarizzazione di immobili pubblici classificati di "pregio": la fatiscenza in cui versa l'immobile non basta ad escludere la caratteristica di pregio

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Nel giudizio in esame si controverte della possibilità di considerare "non di pregio", con conseguente titolo alla riduzione del corrispettivo nella misura del 30% rispetto al valore di mercato, gli immobili posti nel centro storico, in relazione alle addotte condizioni di degrado dei medesimi. IlConsiglio di Stato rileva, sul piano generale, che l’art. 3, comma 13 d.-l. n. 351 del 2001 stabilisce che "Si considerano comunque di pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati nei decreti di cui al comma 1, su proposta dell’Agenzia del territorio, che si trovino in stato di degrado e per i quali sono necessari interventi di restauro e di risanamento conservativo ovvero di ristrutturazione edilizia". Per escludere la caratteristica del pregio connesso alla collocazione in centro storico degli immobili da dismettere, è, dunque richiesta la compresenza di due elementi, costituiti dallo stato di degrado e dalla necessità di interventi di restauro, risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, con la conseguenza che non vale ad integrare il presupposto per la riduzione del prezzo la sola situazione di vetustà o anche di fatiscenza in cui può versare l’immobile, che secondo l’id quod plerumque accidit può richiedere più o meno urgenti interventi di adeguamento degli impianti, di rifacimento degli intonaci interni e delle facciate ecc., non riconducibili alla tipologia più radicale degli interventi edilizi suddetti e che non precludono una sicura e dignitosa abitazione (cfr. Cons. Stato, VI, 10 settembre 2008, n. 4320 del 2008; v. anche Cons. Stato, VI, 10 maggio 2010, n. 2808; con riferimento alla nozione di degrado come implicante una situazione oggettiva del bene che lo rende inidoneo all’originaria destinazione ad uso abitativo per condizioni di igienicità, sicurezza e assetto strutturale cfr. Cons. Stato, VI, 5 giugno 2006, n. 3340). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 4.3.2013, n. 1261)

 
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La regolarità contributiva e fiscale per la partecipazione alla gara: e' irrilevante un adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria. Non è ammissibile una regolarizzazione postuma in quanto si tradurrebbe in una integrazione dell'offerta proposta

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La regolarità contributiva e fiscale, richiesta come requisito indispensabile per la partecipazione alla gara ai sensi dell'art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, deve essere mantenuta per tutto l'arco di svolgimento della gara stessa (Consiglio Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907) fino al momentodell'aggiudicazione, sussistendo l'esigenza per la stazione appaltante di verificare l'affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della stessa. Resta pertanto irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria, seppure ricondotto retroattivamente (Consiglio di Stato, sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2580). Una volta constatata la assenza di detto requisito essenziale per la partecipazione in corso di gara, non è quindi ammissibile alcuna conseguente regolarizzazione postuma, che si tradurrebbe, essenzialmente, in una integrazione dell'offerta proposta, configurandosi perciò come una violazione del principio della par condicio nei riguardi di altri concorrenti che, nei termini imposti, hanno osservato le regole del bando. Pertanto nel caso di specie, anche se alla originaria partecipante UNICREDIT Banca s.p.a., che era in possesso di detto requisito, è poi subentrata, in data 30.11.2010, la UNICREDIT s.p.a., a seguito di fusione per incorporazione, la modifica soggettiva dell’offerente, pur ammissibile in base all’art. 51 del d. lgs. n. 163/2006, non poteva far venir meno il dovere della subentrante di essere in regola con gli adempimenti di cui trattasi, se non all’epoca di scadenza del termine per la presentazione della offerta, quantomeno all’atto del subentro. La stazione appaltante è infatti tenuta ad ammettere alle distinte fasi della procedura concorsuale i soggetti subentranti, ma previo accertamento in capo a essi dei requisiti previsti per la partecipazione alla gara. Non è possibile sostenere che tale accertamento dovrebbe operarsi solo con esclusivo riferimento alla posizione soggettiva del subentrante. In proposito va evidenziato che la codificazione, ad opera dell'art. 51 del d.lgs. n. 163/2006, dell'opponibilità alla stazione appaltante del nuovo soggetto subentrante non può essere considerata come una deroga alle regole proprie dell'evidenza pubblica, che esigono la permanenza comunque, in capo alle imprese partecipanti alla gara, dei requisiti di ordine generale e speciale necessari per l'ammissione alla procedura concorsuale. Il superamento del principio della immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche risponde all'esigenza di garantire la libertà contrattuale dell'impresa (nel senso che questa deve poter procedere alla riorganizzazione aziendale senza che possa esserle di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali abbia partecipato), ma deve ritenersi estraneo alla "ratio" di detto art. 51 l'intento di limitare la fase accertativa del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara nei riguardi della sola impresa oggetto di subentro e di escludere la necessità di operare la medesima verifica nei riguardi dell'impresa subentrante. La disciplina positiva della norma include, invero, l'obbligo per la stazione appaltante di effettuare le puntuali verifiche dirette ad accertare la sussistenza anche in capo all'impresa subentrante dei requisiti soggettivi e oggettivi per la partecipazione alla gara e per l'affidamento della commessa dedotta nell'appalto. sicché, in caso di modificazioni soggettive riguardanti il soggetto partecipante alla gara, l'esistenza dei requisiti previsti per l'ammissione a quest'ultima deve essere posseduta, e quindi accertata, sia nei riguardi dell'impresa interessata dalla vicenda modificativa che dell'impresa subentrante. Quanto alla doverosità della disposta esclusione osserva la Sezione che, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera g), del d. lgs. n. 163/2006, ogni violazione, anche di importo esiguo, dà luogo all'esclusione senza che sia consentito all'Amministrazione che ha bandito la gara, e tanto meno al concorrente, valutare la rilevanza e la buona o mala fede del contribuente, giacché tale valutazione - diversamente dalle ipotesi di cui alle lett. e) ed f) del d.lgs. n. 163/2006 - è stata evidentemente effettuata dal legislatore in ragione dello scopo della norma, tesa a garantire non solo l'affidabilità dell'offerta e nell'esecuzione del contratto, ma anche la correttezza e la serietà del concorrente. Tale interpretazione della norma è invero fedele al chiaro significato letterale della legge - canone ermeneutico comunque primario ai sensi dell'art. 12 preleggi - a nulla rilevando, per la fattispecie per cui è causa, le modifiche intervenute per effetto del D.L. n. 70/2011, convertito con l. n. 106/2011, inapplicabile nel presente giudizio "ratione temporis", trattandosi di gara bandita (e anche aggiudicata) prima della relativa entrata in vigore (14 maggio 2011). Lo "ius superveniens" conseguente al sopra citato d.l. può peraltro avvalorare la tesi formulata dal Collegio, perché l'inserimento del requisito della "gravità," accanto a quello confermato della "definitività" della violazione fiscale, costituisce indiretta conferma della non rilevanza dell'entità dell'inadempimento tributario per tutte le gare bandite durante il regime normativo precedente (rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta di elevare la mera regolarità fiscale, definitivamente accertata, a requisito soggettivo di partecipazione). È invero del tutto ininfluente la modestia dell'entità del debito definitivamente accertato, non disponendo la stazione appaltante di alcuno spazio per un apprezzamento discrezionale della gravità e del sottostante elemento psicologico della violazione (Consiglio di Stato, sez. V, 10 agosto 2010, n. 5556 e 15 ottobre 2009, n. 6325). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 6.3.2012, n. 1370)

 
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Apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti le offerte tecniche: il compito del giudice è esclusivamente quello d’interpretare le norme giuridiche, non di dettarne delle nuove, pertanto non si può rimettere in discussione la massima sancita in via d'interpretazione dall’Adunanza Plenaria n. 13/2011

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Con riguardo all’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti le offerte tecniche, il relativo obbligo si deve ritenere ora applicabile solo alle gare indette dopo l’entrata in vigore (7 luglio 2012) della novella all’art. 120 del DPR 207/2010, per effetto dell’art. 12 del DL 52/2012 che l’haprevisto in modo espresso per la prima volta (cfr. Cons. St., IV, 4 gennaio 2013 n. 4). In questa sede non si può rimettere in discussione quanto deciso dall’Adunanza Plenaria con decisione n. 13/2011, né per quanto riguarda il merito della questione di diritto (obbligo di aprire le buste con le offerte tecniche in seduta pubblica), né per quanto riguarda il carattere interpretativo e non innovativo della massima affermata in quella decisione (anche perché nel nostro ordinamento giuridico, come in tutti quelli di c.d. civil law, il còmpito del giudice è esclusivamente quello d’interpretare le norme giuridiche, non di dettarne delle nuove: «è proibito ai giudici di pronunciare in via di disposizione generale o di regolamento nelle cause di loro competenza»: art. 1, comma 5, del Codice Napoleone nella versione promulgata il 16 gennaio 1806 per il Regno d’Italia; cfr. anche gli artt. 1 e 12 delle vigenti disposizioni sulla legge in generale). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5.3.2013, n. 1333)

 
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L’avvalimento può riferirsi anche alla certificazione di qualità di altro operatore economico

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L‘istituto dell’avvalimento è di immediata e generale applicazione. E ciò, rileva la Sezione, in coerenza con un condivisibile indirizzo giurisprudenziale (cfr.Cons. Stato III, 18 aprile 2011 e V, 23 maggio 2011, n. 3066). L’istituto di matrice comunitaria, finalizzato a consentire in concreto laconcorrenza aprendo il mercato ad operatori economici di per sé privi di requisiti di carattere economico – finanziario, tecnico – organizzativo, consentendo di avvalersi dei requisiti di capacità di altre imprese, già previsto dagli articoli 47 e 48 della Direttiva 2004/18/CE (i suddetti articoli, rubricati rispettivamente "Capacità economica e finanziaria" e "Capacità tecniche e professionali" individuano i requisiti che debbono possedere gli operatori per contrarre con la p.a. e stabiliscono che un operatore economico, per un determinato appalto, può fare affidamento sulla capacità di altri soggetti a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi) è disciplinato nel nostro ordinamento giuridico dall’art. 49 del d. lgs. n. 163 del 2006 (norma che ha trasfuso nell’ordinamento italiano l’art. 48 della direttiva), in base al quale il concorrente "…può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico – finanziario, tecnico – organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto". La formulazione del citato art. 49 è, dunque, molto ampia e non prevede alcun divieto, sicché ben può l’avvalimento riferirsi anche alla certificazione di qualità di altro operatore economico, attenendo essa ai requisiti di capacità tecnica. Invero, la certificazione di qualità, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell’organizzazione complessiva, è da considerarsi anch’essa requisito di idoneità tecnico organizzativa dell’impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrare la capacità tecnico professionale di un’impresa, assicurando che l’impresa cui sarà affidato il servizio o la fornitura sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 marzo 2004, n. 1459). Afferendo, dunque, la certificazione di qualità alla capacità tecnica dell’imprenditore, essa è coerente all’istituto dell’avvalimento quale disciplinato con l’art. 49 del d. lgs. n. 163 del 2006, ma lo è anche con la procedura di gara qui in questione, con le norme del disciplinare di gara e, segnatamente, con la disposizione del punto 7 del disciplinare di gara. Non sussiste, in conseguenza, il lamentato travisamento della censura di violazione della lex specialis di gara, avendo il TAR aderito all’opzione ermeneutica, che si condivide, che annovera la certificazione di qualità tra i requisiti speciali di carattere tecnico organizzativo, suscettibile di avvalimento e ciò anche ai sensi del disciplinare di gara, che all’ultimo capoverso del punto 11 (offerta economica) ammette la possibilità di utilizzare l’avvalimento per i requisiti tecnici ed economici. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 6.3.2013, n. 1368)

 
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Vanno escluse dagli appalti le imprese che non hanno rispettato la rateizzazione dei debiti con il fisco

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Rilievo centrale assume nella presente controversia, la questione relativa alla legittimità dell’esclusione dell’originaria ricorrente disposta dalla Asl per avere, la stessa, reso una dichiarazione che si assume non veritiera in merito alla regolarità fiscale, essendo emersi definitivi accertamenti di violazione di norme tributarie cui si riconnetteva un rilevante importo di debito tributario. Va premesso che ai sensi, l'art. 38, comma 1, lett. g), del d.lvo n. 163/2006, "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti....che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti". La ratio della norma risponde all'esigenza di garantire l'amministrazione pubblica relativamente alla solvibilità e solidità finanziaria del soggetto con il quale essa contrae. Concentrando l’esame sul concetto di "violazione definitivamente accertata" occorre ricordare che l'art. 38 citato è direttamente attuativo dell'articolo 45 della direttiva 2004/18, la quale è diretta ad accertare la sussistenza dei presupposti di generale solvibilità dell'eventuale futuro contraente della Pubblica amministrazione. La valutazione, con significato rigidamente preclusivo, di qualsivoglia inadempimento tributario nasce dalla esigenza di assicurare la effettività del principio di libera concorrenza, che non esplica soltanto effetti positivi sull'ampliamento della partecipazione alle pubbliche gare per le imprese presenti nel mercato, ma anche effetti positivi per la pubblica amministrazione, diretti a che non si configurino, a carico delle imprese, debiti tributari, che incidono oggettivamente sull'affidabilità e solidità finanziaria delle stesse e quindi sul servizio reso all’amministrazione. Con la conseguenza che deve essere, di volta in volta, in concreto indagata la situazione relativa all'assolvimento degli obblighi di pagamento di imposte e di tasse per accertarne la rilevanza, mirando la verifica ad appurare la globale regolarità sul piano tributario di ciascuna impresa partecipante alla gara quale eventuale contraente con la Pubblica Amministrazione, coincidente con la sottesa correttezza delle scritture contabili e del conseguente pagamento di ogni correlata prestazione imposta, che si renda a tal fine dovuta, capace di accreditare anche sotto questo particolare aspetto una regolare gestione finanziaria e la conseguente solvibilità della impresa. Peraltro è opinione largamente condivisa in giurisprudenza che costituisca in sé motivo di esclusione dalla gara il fatto che l'autodichiarazione presentata dalla concorrente, al fine della dimostrazione della posizione di regolarità fiscale, sia risultata non veritiera. Tanto premesso, venendo al caso che occupa, il primo giudice ha rilevato che alla data di presentazione delle offerte (6.10.2011) risultava l’ammissione al pagamento rateale per le cartelle emesse a carico delle imprese ricorrenti e che comunque vi era stata una transazione fiscale portante la data del 6.12.2011, quindi successiva alla presentazione delle offerte, che presupponendo un accordo tra il contribuente e l’amministrazione erariale implicava una situazione di non definitività delle irregolarità fiscali commesse. La rateizzazione, così come la stipula dell’accordo di ristrutturazione, avrebbero fatto estinguere la situazione di debito tributario: entrambe avrebbero posto il debitore nella condizione di non potere più essere considerato un soggetto che aveva commesso violazioni di natura fiscale definitivamente accertate secondo il paradigma del sopra richiamato articolo 38 del codice appalti. Tali argomentazioni del primo giudice non sono state ritenute condivisibili dal Consiglio di Stato. In primo grado erano stati disposti incombenti istruttori alla Agenzia delle Entrate la quale depositava una dettagliata relazione dalla quale si evince: -in generale, una situazione di abnorme irregolarità fiscale se non di decozione conclamata per un coacervo di debiti, sanzioni, interessi della parte, incapace di rispettare gli obblighi fiscali, sia in epoca precedente alla partecipazione alla gara di appalto, sia in epoca successiva, con debiti di oltre dieci milioni di euro su un fatturato all’incirca di pari importo, debiti per i quali aveva chiesto delle rateizzazioni mai rispettate e concluso una transazione con l’erario peraltro inefficace in quanto non omologata, ed anch’essa mai rispettata sempre perdurando o anzi essendosi aggravata nel tempo la situazione di crisi; -la mendacità di quanto dichiarato al momento di partecipazione alla gara e nel ricorso introduttivo in ordine all’ammontare del debito dovuto nei confronti dell’erario che non ammontava, come dichiarato, a euro 1.800.000, ma ammontava ad euro 10.352.980; -la esistenza di un transazione fiscale tra l'impresa e l’erario ex art. 182 ter della legge fallimentare, R.D. 16 marzo 1942 n.267, sottoscritta solo in data 6 dicembre 2011, successiva alla data di scadenza delle offerte e della dichiarazione ex art. 38 da parte della Cooperativa appellata in sede di partecipazione alla gara; -la previsione specifica dell’accordo di ristrutturazione del debito che lo stesso non avrebbe avuto natura novativa per cui il mancato adempimento anche di una sola delle obbligazioni assunte avrebbe determinato la risoluzione e il ripristino di tutte le originarie obbligazioni della società; -la inefficacia dell’accordo di ristrutturazione di cui sopra in quanto mai omologato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ed in ogni caso mai rispettato; -la successiva istanza della medesima società di modifica dell’accordo di ristrutturazione motivata dal fatto che a seguito del peggioramento della situazione aziendale "..l’azienda non è nelle condizioni di potere rispettare gli impegni finanziari scaturenti dal sottoscritto accordo". - la esistenza alla data del 31.03.2011 di imposte IRES e IVA e IRAP sia per l’anno 2009 che 2010 e 2011, per un valore di 6 milioni di euro, pacificamente dichiarate dalla società e mai versate all’erario. La lettura della relazione della Agenzia delle Entrate evidenzia che il presupposto della rateizzazione e della transazione risiedeva proprio nella definitività degli accertamenti compiuti per i quali erano stati irrogate sanzioni e calcolati interessi per debiti con l’erario pacificamente ammessi dalla società e ai quali la stessa non era tuttavia in grado di fare fronte per cui i benefici che venivano concessi, non solo non facevano venir meno l'inadempimento agli obblighi tributari ma anzi lo presupponevano avendo lo scopo di indirizzare verso forme meno invasive e sostanzialmente concordate con il contribuente l'attività di esazione. In ogni caso, pur dopo la rateizzazione e la transazione, la società non è stata in grado di far fronte a nessuna della obbligazioni assunte con sopravvenuta inefficacia di ciascuno degli accordi concordati con l’erario. Quanto alla transazione la stessa Agenzia delle Entrate di Caserta nella nota prot. n.2012/56199 del 10.5.2012 ha certificato nei confronti della impresa "le violazioni accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse sono state oggetto di transazione fiscale ex art. 182 bis L.F. e di rateizzo da parte di Equitalia" e che "l’accordo di ristrutturazione del debito non ha natura novativa" ; si consentiva all’imprenditore in difficoltà di pagare in modo parziale o dilazionato i tributi accertati al fine di favorire il superamento dello stato di crisi. In ogni caso, come già rilevato, la transazione non ha mai avuto un seguito, in quanto mai omologata e non avendo eseguito la società i pagamenti alle dovute scadenze doveva considerarsi tamquam non esset. E’ evidente lo stato di indiscutibile assoluta irregolarità in cui si trovava la società al momento della presentazione dell’offerta, solo parzialmente dalla stessa dichiarata in sede di gara, con grave carenza anche rispetto agli obblighi di correttezza e lealtà che devono osservare i soggetti che contraggono con la pubblica amministrazione; conclusivamente, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la società non poteva essere considerata adempiente rispetto agli obblighi di natura fiscale di cui all’art. 38 lettera g) del codice degli appalti. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5.3.2013, n. 1332)

 
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