News 15 Dicembre 2013 - Area Tecnica
Assicurazioni: l'IVASS avvia una verifica sulla trasparenza dei siti comparativi per l'acquisto di polizze r.c. auto
Tra i consumatori del settore assicurativo sta assumendo una crescente diffusione il ricorso ai siti "comparativi" per l’orientamento e l’acquisto di polizze assicurative, in particolare nella r.c.auto. L’IVASS ha avviato una verifica del livello di trasparenza di tali siti e delle modalità di comparazione, concentrandosi su: • trasparenza delle informazioni rese al pubblico • ambito e criteri di comparazione delle polizze • conflitti d’interesse derivanti dagli accordi di partnership con le imprese di assicurazione • quota di mercato coperta con le comparazioni e trasparenza della informazione resa al pubblico su tale aspetto • modalità di remunerazione I siti comparativi rappresentano una nuova frontiera per la distribuzione nel settore assicurativo, in grado di stimolare i consumatori a ricercare i prezzi e i prodotti migliori ed incentivando così le dinamiche concorrenziali. Occorre però garantire la trasparenza delle modalità attraverso le quali le graduatorie vengono costruite e presentate ai consumatori. A seguito di questa prima analisi l’IVASS ha deciso di svolgere nel mese di gennaio 2014 una serie di incontri con i broker gestori dei siti comparativi e con le principali imprese di assicurazione interessate dalle comparazioni, al fine di approfondire taluni aspetti e indicare al mercato best practices da seguire, con l’obiettivo di garantire la piena tutela dei consumatori che sempre più numerosi utilizzano questi strumenti di comparazione.
Tra i consumatori del settore assicurativo sta assumendo una crescente diffusione il ricorso ai siti "comparativi" per l’orientamento e l’acquisto di polizze assicurative, in particolare nella r.c.auto. L’IVASS ha avviato una verifica del livello di trasparenza di tali siti e delle modalità di com ... Continua a leggere
PEC: Nessun obbligo di iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata per le imprese individuali in fase di cancellazione
Le imprese individuali hanno dal 2013 l'obbligo di iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al registro delle imprese. Tale obbligo non si applica però nel caso di imprese individuali soggette alla cancellazione dal registro delle imprese. È quanto chiarisce la Circolare 3664/C del 2 dicembre 2013 ("Obbligo di iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al registro delle imprese delle imprese individuali. Art. 5, comma 2, DL 179 del 2012. Problematiche connesse alle imprese cancellande"). Per accedere al testo della circolare 3664/C cliccare su "Accedi al Provvedimento".
Le imprese individuali hanno dal 2013 l'obbligo di iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al registro delle imprese. Tale obbligo non si applica però nel caso di imprese individuali soggette alla cancellazione dal registro delle imprese. È quanto chiarisce la Circolare 36 ... Continua a leggere
Monopoli, le nuove modalità operative per l'autorizzazione alle scommesse a distanza
L' Aams con apposita nota Prot. n. 2013/355/giochi/GAD precisa le modalità operative per la presentazione delle istanze e il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle scommesse a distanza a quota fissa con interazione diretta fra giocatori, di cui al D.M. 18 marzo 2013, n. 47, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 9 maggio 2013 (decreto). Per accedere al testo cliccare su "Accedi al Provvedimento".
L' Aams con apposita nota Prot. n. 2013/355/giochi/GAD precisa le modalità operative per la presentazione delle istanze e il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle scommesse a distanza a quota fissa con interazione diretta fra giocatori, di cui al D.M. 18 marzo 2013, n. 47, pubblicato ne ... Continua a leggere
Procedure di gara: il costo medio orario riferito a ciascun livello retributivo, recato dalle periodiche tabelle ministeriali, indica il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione che il datore di lavoro deve sopportare per malattia, ferie, permessi, assenteismo
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il costo medio orario riferito a ciascun livello retributivo, recato dalle periodiche tabelle ministeriali, indica il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione che il datore di lavoro deve sopportare per malattia, ferie, permessi, assenteismo (cfr. Cons. St., sez. V, 24 agosto 2006 n. 4969). In particolare, è stato affermato che "il costo orario medio distinto per livelli e categorie è dato dal rapporto fra costo annuo medio e 1581 (nella specie 1596: n.d.e.) ore annue mediamente lavorate (…) e non dal rapporto fra detto costo annuo medio e 2088 (ore annue teoriche). Ciò in quanto non vi è corrispondenza biunivoca fra la determinazione del trattamento economico (che deve tenere conto delle ore annue teoriche, comprensive di ferie, festività, festività soppresse, riduzione dell'orario contrattuale, assemblee e permessi sindacali, diritto allo studio, malattie infortuni e maternità, formazione e permessi, per un totale complessivo di 2088 ore) e la determinazione del costo - per il datore di lavoro - di un'ora effettivamente lavorata, che deve includere, al proprio interno, anche la frazione di retribuzione spettante per le ore annue mediamente non lavorate, in quanto già preso in considerazione nel trattamento annuo complessivo di ciascun lavoratore, considerato per categoria e livello. In altri termini, sul datore di lavoro, un'ora effettivamente lavorata grava, in termini di costo, per un ammontare frazionario di un importo che é già comprensivo di tutti gli elementi considerati nell'apposita tabella (retribuzione annua, con le incidenze derivanti dagli oneri aggiuntivi, oneri previdenziali e assistenziali, oneri fiscali) in ragione del monte teorico di 2088 ore annuo". In tal senso è anche l’avviso espresso in proposito dall’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici, secondo cui la voce tabellare "totale costo orario medio" (cioè, nella specie, la voce "costo orario") "indica il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione che il datore di lavoro deve sopportare per malattia, ferie, permessi, assenteismo", sicché la pretesa della stazione appaltante di ulteriori maggiorazioni del costo medio orario tabellare "determina un aumento del costo del lavoro e un accrescimento sproporzionato degli oneri economici che non trova riscontro nella normativa di riferimento" (cfr. deliberazione14 giugno 2007 n. 199). Alla stregua di tali argomentazioni, condivise dal Collegio ed in ordine alle quali non ravvisa ragioni per discostarsene, è erroneo il criticato assunto del primo giudice, nei limiti in cui è formulato, stante l’esposto costo del personale coincidente col prodotto tra le ore "effettive" e – coerentemente - il relativo "costo orario", quindi tale da coprire anche le sostituzioni.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il costo medio orario riferito a ciascun livello retributivo, recato dalle periodiche tabelle ministeriali, indica il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione che il datore di lavoro deve sopportare per malattia, fe ... Continua a leggere
Verifica dell'anomalia delle offerte: se l'offerta dell'impresa seconda classificata non è stata ancora sottoposta a verifica di congruità, il giudice non può sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di poteri da questa ancora non esercitati
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Nel giudizio in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente ai fini della soluzione della controversia la circostanza che l’offerta economica della seconda graduata non fosse stata ancora sottoposta a verifica di congruità. Tale circostanza, difatti, comporta che il giudicenon possa sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di poteri da questa ancora non esercitati, stante l’espresso divieto posto dall’art. 34, co. 2, cod. proc. amm.. Tanto nella specie a maggior ragione tenuto conto, sotto il profilo procedimentale, che si tratta di poteri da esplicarsi nell’ambito dell’apposito, articolato sub-procedimento previsto dagli artt. 86, 87 e 88 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, mediante richiesta di giustificazioni, valutazione delle medesime ed ulteriore verifica in contraddittorio, solo all’esito del quale può provvedersi all’esclusione; e, sotto il profilo sostanziale, che gli stessi poteri, poiché inerenti la verifica dell'anomalia delle offerte, attengono alla sfera propria di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sicché il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla p.a. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, ma non può operare autonomamente siffatta verifica, pena l’invasione di quella sfera tipica (cfr. Cons. St., sez. III, 26 gennaio 2012 n. 343 e sez. IV, 27 giugno 2011 n. 3862, ivi richiamata).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Nel giudizio in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente ai fini della soluzione della controversia la circostanza che l’offerta economica della seconda graduata non fosse stata ancora sottoposta a verifica di congruità. Tale circostanza, difatti, comporta che il giudice ... Continua a leggere
Se nel disciplina di gara non sono indicati i costi della sicurezza non soggetti a ribasso con indeterminatezza del complessivo valore contrattuale non sussiste un onere di partecipazione alla gara per le imprese che intendono contestare tali illegittimità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
In tema di omessa indicazione nella disciplina di gara dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso ed indeterminatezza del complessivo valore contrattuale, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare come siffatte illegittimità incidano direttamente sulla formulazione dell'offerta, impedendone la corretta e consapevole elaborazione, sicché la lesività della stessa disciplina di gara va immediatamente contestata, senza attendere l'esito della gara per rilevare il pregiudizio che da quelle previsioni è derivato; anzi, nemmeno sussiste l’onere di partecipazione alla procedura di colui che intenda contestarle in quanto le ritiene tali da impedirgli l'utile presentazione dell’offerta e, dunque, sostanzialmente impeditive della sua partecipazione alla gara (cfr. Cons. St., Sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421). Il riferito orientamento è pienamente condiviso dal Collegio e perfettamente applicabile alla fattispecie in esame, concernente – come già detto – la pretesa insufficienza, già rispetto al costo del lavoro, dell’importo onnicomprensivo posto a base di gara in relazione alle prescritte quantità e qualità delle prestazioni richieste. Né l'onere di immediata impugnazione può essere circoscritto unicamente alla clausole che impediscono l'ammissione alla procedura di gara, ossia ai requisiti prescritti per la partecipazione, poiché la questione dell’immediata lesività va riguardata in sé, e come tale essa è propria di ogni situazione rispetto alla quale è certo che l'applicazione della clausola non potrà che essere fatta in un unico senso, cioè quello che presenta con evidenza carattere di asserito pregiudizio (cfr., in tal senso, Cons. St., Sez. IV, 26 novembre 2009 n. 7441 in tema di omissione nella lettera d’invito di taluni costi e duplicazione di altri).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
In tema di omessa indicazione nella disciplina di gara dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso ed indeterminatezza del complessivo valore contrattuale, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare come siffatte illegittimità incidano direttamente sulla formulazion ... Continua a leggere
Appalti di servizi e forniture: anche in mancanza di esplicitazione nel bando, le imprese hanno l'obbligo di indicare gli oneri aziendali nell'offerta economica
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Relativamente agli oneri aziendali, il Consiglio di Stato evidenzia nella sentenza in esame come l’obbligo delle imprese di farne specifica indicazione nell’offerta economica anche per gli appalti di servizi e forniture, ai sensi degli artt. 86, co. 3 bis, ed 87, co. 4, del d.lgs. 12 aprile 2006 n.163 ss.mm.ii., discende direttamente dalla legge, che integra il bando il quale a sua volta, perciò, non è di per sé illegittimo se non sottolinea tale obbligo ( Cons. St., III, 3 luglio 2013, n. 3565 ). Semmai, la mancata esplicitazione nel bando dell’obbligo in questione potrebbe essere censurabile dalla concorrente esclusa per non aver provveduto all’indicazione, ma non è questo il caso che ne occupa. Infine, quanto alla doglianza secondo cui le tre concorrenti anteposte in graduatoria all’attuale appellante non abbiano osservato tale obbligo ( a parte il fatto che non è chiaro se la censura sia riferita ai costi cc.dd. interferenziali od a quelli diversi e che, nel caso che, come sembrerebbe, sia riferita a questi ultimi, tale omissione refluisce esclusivamente sulla valutazione della congruità dell’offerta ), trattasi di profilo per la prima volta sollevato in appello; in primo grado, infatti, non vi è alcun motivo di censura in tal senso, non essendovene cenno alcuno nei motivi aggiunti, diretti a far valere tutt’altre forme di pretesa illegittimità dell’ammissione delle medesime tre concorrenti.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Relativamente agli oneri aziendali, il Consiglio di Stato evidenzia nella sentenza in esame come l’obbligo delle imprese di farne specifica indicazione nell’offerta economica anche per gli appalti di servizi e forniture, ai sensi degli artt. 86, co. 3 bis, ed 87, co. 4, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. ... Continua a leggere
Impugnazione dell'aggiudicazione: e' improcedibile il ricorso avverso l’aggiudicazione provvisoria in caso di mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che il carattere endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria rende la sua impugnazione oggetto di una facoltà, ma non di un onere. Il partecipante ad una gara deve, pertanto, impugnare l’aggiudicazione definitiva e se la stessa interviene dopo la proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione provvisoria devono essere proposti motivi aggiunti (Cons. Stato, sez. V, 13 maggio 2013, n. 2578). In particolare, il Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che: «la soluzione prescelta di valutare improcedibile il ricorso avverso l’aggiudicazione provvisoria in caso di mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva poggia sull’idea che i due atti manifestino un’autonoma lesione all’interesse legittimo azionato dal concorrente non aggiudicatario. Epperò, l’instabilità degli effetti dell’aggiudicazione provvisoria non obbliga all’immediata impugnazione, ma facultizza alla stessa. Si tratta di due atti connotati da autonome valutazioni dell’amministrazione in merito all’esito della gara, tali che la rimozione della prima non caduca automaticamente la seconda, poiché quest’ultima non ne è l’esito ineluttabile, ma il frutto di ulteriore esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione. Pertanto, il bene della vita del concorrente che assume di essere stato illegittimamente pretermesso viene leso da due distinti provvedimenti: l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, l'ultimo dei quali cristallizza la lesione inferta al suo interesse legittimo» (Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1828). Chiarito che oggetto dell’impugnazione è l’aggiudicazione definitiva, occorre stabilire da quando inizia a decorrere il termine perentorio di sessanta giorni per la sua impugnazione. L’art. 79, comma 5, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) prevede che la stazione appaltante comunica d’ufficio, tra gli altri, al concorrente che segue nella graduatoria l’intervenuta aggiudicazione definitiva. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il codice del processo, nella parte relativa alla disciplina del rito speciale degli appalti (art. 120), «non prevedendo forme di comunicazione "esclusive" e "tassative", non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita con forme diverse di quelle dell’art. 79 c. contr. pubbl.» (Cons. Stato, sez. VI, 14 maggio 2013, n. 2578). Ne consegue che la conoscenza conseguente all’applicazione del citato art. 79 costituisce soltanto una delle modalità di conoscenza legale del provvedimento di aggiudicazione ai fini della decorrenza del termine per la sua impugnazione.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
La giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che il carattere endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria rende la sua impugnazione oggetto di una facoltà, ma non di un onere. Il partecipante ad una gara deve, pertanto, impugnare l’aggiudicazione definitiva e se la stessa intervi ... Continua a leggere
Abusi edilizi: l'ordine di demolizione e' atto vincolato non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
Osserva il Collegio che in base ad un orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio medesimo non ravvisa ragioni per discostarsi, "l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato alla constatata abusività, che non richiede alcuna specificavalutazione delle ragioni d'interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto" (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6702)."
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
Osserva il Collegio che in base ad un orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio medesimo non ravvisa ragioni per discostarsi, "l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato alla constatata abusività, che non richiede alcuna specifica ... Continua a leggere
Codice dei Contratti Pubblici: le conseguenze della violazione dell'art. 38 comma 3 del codice in materia di dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti di moralità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Il Consiglio di Stato rileva nella statuizione in esame come sia assai dibattuta la questione generale relativa alle conseguenze della violazione dell’art. 38, co.2, in tema di dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti di moralità indicati al co. 1, con riferimento a tutte quelle ipotesi, non infrequenti nell’esperienza pratica, nelle quali il concorrente possiede il requisito ma non lo ha dichiarato in maniera corretta o completa. Ci si interroga, infatti, se l’esclusione debba essere disposta, solamente ove manchi il requisito sostanziale o anche laddove l’onere dichiarativo non sia stato adempiuto sul piano formale, quantunque sia dimostrata o dimostrabile per altra via la sussistenza del requisito. Alla luce del disposto del citato art. 38 co. 2 (e, prima ancora, dell’art. 45 della direttiva 18/2004/CE), che nel prescrivere l’adempimento formale nulla stabilisce espressamente in ordine alle conseguenze della sua eventuale violazione, uno degli orientamenti formatisi sul punto suggerisce di dare rilievo (anche) alle previsioni della lex specialis e di valutare, quindi, se un’eventuale violazione delle modalità di attestazione circa il possesso dei requisiti in questione sia sanzionata o meno con l’esclusione. Ciò posto in linea generale, nel caso di specie - ove non è contestato né contestabile il possesso del requisito (v. certificati del casellario giudiziale prodotti) ma solo il modo, più o meno esaustivo, in cui è stato adempiuto l’onere formale - deve rilevarsi come le prescrizioni del bando e del disciplinare fossero piuttosto generiche al riguardo, laddove imponevano al legale rappresentante della ditta offerente o al procuratore autorizzato dell’impresa concorrente di dichiarare " di non trovarsi in alcuna delle situazioni di esclusione di cui all’art. 38", senza ulteriori precisazioni o distinzioni. Vi era quindi l’indicazione di modalità di adempimento assai semplificate, forse persino eccessivamente semplificate, cui in effetti la controinteressata si è conformata nella presentazione della domanda di partecipazione. Sicché l’incompletezza della dichiarazione, in relazione alla mancata indicazione del nominativo di taluni degli amministratori, peraltro risultati privi di precedenti penali di ogni tipo, può essere derubricata a semplice irregolarità cui, almeno in questo caso, sarebbe sproporzionato ricollegare l’esclusione dalla procedura.Non senza aggiungere che, almeno nel caso di specie, una simile semplificazione nella redazione della domanda, peraltro all’apparenza promossa dalla stessa stazione appaltante, non deve aver impedito alla stessa di effettuare i controlli di rito con la necessaria tempestività, dal momento che nel corso della gara era stato acquisito il certificato camerale e che attraverso il suo esame ed i relativi riscontri si poteva avere agevole conferma sull’effettivo rispetto dell’art. 38 da parte del concorrente in questione.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III
Il Consiglio di Stato rileva nella statuizione in esame come sia assai dibattuta la questione generale relativa alle conseguenze della violazione dell’art. 38, co.2, in tema di dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti di moralità indicati al co. 1, con riferimento a tutte quel ... Continua a leggere
Pertinenza: la giurisprudenza del Consiglio di Stato sulle differenze tra la nozione civilistica ed urbanistica di pertinenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Secondo una consolidata giurisprudenza, la nozione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistica, nel senso che beni, che in diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono da ritenere tali ai fini dell'applicazione delle regole che governanol'attività edilizia. Ai fini urbanistici ed edilizi, invece, tale nozione assume un significato più circoscritto e si fonda sulla mancanza di autonoma destinazione e autonomo valore del manufatto pertinenziale, sulla mancata incidenza sul carico urbanistico, sulle ridotte dimensioni, tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; Id., sez. IV, 16 maggio 2013, n. 2678; Id., sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221). A questa giurisprudenza - del tutto condivisibile - dichiara di ispirarsi in Comune nel rigettare la domanda del privato, con un richiamo che, nella specie, appare (anch’esso) apodittico e immotivato. Il Collegio è invece dell’avviso che – come già ritenuto dalla Sezione nel motivare l’ordinanza cautelare favorevole alla parte appellante – i manufatti contestati, alla luce della loro indiscussa configurazione (come ricordata in narrativa), abbiano tutte le caratteristiche necessarie per essere considerati pertinenza. Il Comune, pertanto, illegittimamente ha respinto la domanda di condono. Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Secondo una consolidata giurisprudenza, la nozione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistica, nel senso che beni, che in diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono da ritenere tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano ... Continua a leggere
Il requisito della regolarità fiscale deve sussistere per tutto il corso lo svolgimento della selezione fino al momento ultimo dell'aggiudicazione con irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria, seppure ricondotto retroattivamente
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
L’art. 104, comma 2, esclude la possibilità di produrre nuovi documenti in appello, temperando il divieto con due eccezioni: il carattere indispensabile del documento ai fini della decisione della causa ovvero l’impossibilità, non imputabile alla parte, di produrre il documento stesso in primo grado. Si tratta di criteri alternativi e non cumulativi, cha vanno quindi analizzati separatamente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1453; Id., 5 novembre 2012, n. 5622)....Occorre dunque valutare se il documento sia indispensabile ai fini della decisione, se cioè esso sia tale da trasformare radicalmente l'esito del giudizio, in relazione ad almeno una delle domande proposte (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1453 e n. 5622 del 2012, citate) ovvero idoneo a far emergere l'ingiustizia della prima sentenza e condurre a rovesciarne le statuizioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 2011, n. 3384).3. Nel caso di specie, la ricevuta in questione, se astrattamente ha la potenzialità di portare a una riforma della decisione impugnata (e dunque ne può essere ammessa la produzione in questa fase), in concreto non giova comunque alla tesi della Società appellante. Risulta infatti dal fascicolo che: l’aggiudicazione provvisoria della gara è stata disposta il 24 ottobre 2011 e quella definitiva il 12 giugno 2012; la cartella esattoriale è stata notificata il 17 marzo 2011 e non è stata impugnata nei termini (il dato non è contestato); dunque la ricevuta di Equitalia Sud riguarda il pagamento di un debito tributario ormai definitivamente accertato. Ne consegue che vi è stato un momento della procedura in cui una delle componenti del r.t.i. è stata priva del requisito della regolarità fiscale, cioè di un requisito che, per costante giurisprudenza, deve sussistere per tutto il corso lo svolgimento della selezione fino al momento ultimo dell'aggiudicazione, sussistendo l'esigenza per la stazione appaltante di verificare l'affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della stessa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; Id., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1370). Non a caso, si è pure detto che resta pertanto irrilevante anche un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione tributaria, seppure ricondotto retroattivamente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2011, n. 2580). E’ questo un orientamento giurisprudenziale consolidato, che va oltre le particolarità delle controversie volta a volta decise.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
L’art. 104, comma 2, esclude la possibilità di produrre nuovi documenti in appello, temperando il divieto con due eccezioni: il carattere indispensabile del documento ai fini della decisione della causa ovvero l’impossibilità, non imputabile alla parte, di produrre il documento stesso in primo grad ... Continua a leggere
Illegittima aggiudicazione di appalto per lavori: i presupposti per proporre la domanda di risarcimento per equivalente di danno nella sede dell’ottemperanza ex art. 112 c.p.a.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Il ricorso in esame, che domanda il risarcimento per equivalente di danno da illegittima aggiudicazione di appalto per lavori, è proposto nella sede dell’ottemperanza e nella forma introdotta dall’art. 112 c.p.a., comma 3 (come modificato dal d.leg.vo n.195/2011) e si inserisce in una fattispecie in cui l’aggiudicazione dei lavori ad altra impresa è stata annullata, con sentenza passata in giudicato, senza dare luogo tuttavia né alla rimozione del contratto stipulato con l’aggiudicataria, né al subentro nel medesimo nell’esecuzione della parte ancora da eseguire, da parte della ricorrente odierna,,seconda classificatasi. Muove l’impresa istante anzitutto dal tenore della disciplina comunitaria in materia di risarcimento del danno in parola (CE n.66/2007), come esplicitata, in assenza di norme interne, dalla giurisprudenza amministrativa ed in particolare dalla sentenza di accoglimento del ricorso avverso l’aggiudicazione dell’appalto in questione ad altra ditta (v. Cons. di Stato, sez. IV, n.5340/2012); argomenta la ricorrente che qualunque sia la ragione dell’oggetto del risarcimento monetario richiesto a mancata esecuzione della predetta pronunzia, quel che conta è la lesione stessa della posizione sostanziale, senza che assuma alcuna rilevanza l’elemento soggettivo della condotta, colposa o meno, dell’amministrazione nella vicenda. Ad avviso del Consiglio di Stato il ricorso è meritevole di accoglimento, con le precisazioni che seguono e previa breve sintesi dello stato della materia. a) – Iniziando dal rapporto tra fonte comunitaria ed ordinamento interno, non può dubitarsi che il precetto UE, che impone il risarcimento del danno prescindendo dalla colpa, venga a prevalere su differente disposizione nazionale regolante la materia (o sua interpretazione contraria); e ciò sia per la forza giuridica ormai acquisita dalle fonti comunitarie rispetto al diritto interno, sia per il sopraggiungere di una normativa interna di specifica tutela processuale amministrativa, costituita dall’art. 30, comma secondo, del c.p.a e, più incisivamente, da un lato mediante azione risarcitoria ordinaria entro termine (art.30, terzo comma, c.p.a.) e dall’altro nella forma dell’ottemperanza a sentenza che si sia limitata ad annullare l’aggiudicazione (art.112, comma 3, c.p.a., quale modificato dal decreto n.195/2011), come nel caso in esame. Ciò in quanto la regola comunitaria, (espressa invero sin dal 1996 CGE 5.3.1996, e riaffermata da ultimo da CGUE C-n. 314/09), ritiene la tutela risarcitoria di cui si tratta effettivamente efficace solo ove essa non debba realizzarsi previo superamento di ostacoli alla diretta applicazione dei principi e delle finalità guida del Trattato UE in materia di concorrenza e non discriminazione. Nel senso della non necessità della colpa dell’amministrazione, agli effetti della sua responsabilità per illegittima aggiudicazione, si è anche recentemente espressa la giurisprudenza amministrativa, osservando essa, in stretta applicazione dei cennati principi comunitari regolanti il settore, che "nelle gare d’appalto pubblico non può gravare sul danneggiato l’onere di provare che il danno derivante dal provvedimento amministrativo illegittimo sia conseguenza di una colpa dell’amministrazione" (Cons. di Stato, sez.V, n.5686/2012; v. anche, tra le altre, sez.III, n.3437/2013 e ancora sez. V, n.1833/2013). b)- Segue come corollario a quanto sopra che il carattere di specialità rivestito dal cennato complesso normativo in materia realizza una deroga ai principi della responsabilità aquiliana (che in via generale postula la sussistenza di tutti presupposti previsti dall’art. 2043), individuandosi la possibilità del risarcimento sulla base della sola antigiuridicità della condotta amministrativa, costituita dal provvedimento amministrativo di aggiudicazione, colpito da sentenza di annullamento. Ovviamente, in quanto operanti oltre l’art. 2043, restano applicabili alla domanda risarcitoria tutti gli altri principi civilistici, quali ad esempio il divieto di arricchimento (v. infra, punto 2.1). c)- Sempre con riferimento alle norme processuali interne, sussistono, poi, riflessi con riguardo all’interesse azionato dalla pretesa risarcitoria nelle fasi sia di proposizione della tutela, che della sua realizzazione per via giurisdizionale. Ed invero, sotto il primo aspetto, l’azione risarcitoria, ad avviso del Collegio, non può prescindere dalla collocazione in graduatoria di gara in una posizione qualificata e certa, nel senso che, in mancanza della illegittima aggiudicazione alla prima classificatasi, avrebbe potuto effettivamente dare luogo all’aggiudicazione in favore dell’impresa seconda classificatasi. Ciò è ravvisabile certamente nei casi in cui l’impresa istante risulti collocata al secondo posto e, nonostante l’annullamento dell’aggiudicazione, non possa conseguire l’aggiudicazione ed il contratto per effetto di varie ed articolate disposizioni (artt.121 e 122 c.p.a.); dubbi, in proposito, potrebbero invece insorgere in casi (che sono però fuori dal presente giudizio) di annullamento di aggiudicazione per difetto di motivazione o vizi del procedimento. In ordine al secondo profilo, va osservato che l’interesse azionato, proprio in quanto oggettivo, non può ritenersi soddisfatto del giudicato di annullamento in forza semplicemente del suo carattere auto-esecutivo (v. Cons. di Stato, sez. V, n. 799/2013); in questo senso soccorrono peraltro i principi elaborati in tema di interessi pretensivi e soprattutto di effetti conformativi del giudicato, i quali indicano la necessità che, in conseguenza dell’annullamento, si pervenga ad una attuazione della relativa pronunzia tendente a realizzare concretamente il bene sostanziale perseguito dall’azione giurisdizionale, nella fattispecie, o disponendo l’aggiudicazione dell’appalto alla ricorrente collocatasi nella suddetta posizione o, in subordine, attuando il rimedio risarcitorio, mirante tipicamente a surrogare detta effettività. d)- Non ultime, emergono rilevanti correlazioni e distinzioni sul versante della prova della responsabilità complessiva, come delle varie voci di danno che la compongono; va sul punto osservato che, accanto al già esposto orientamento, secondo cui l’impresa danneggiata non è tenuta a provare la colpa, esistono distinzioni in relazione alle varie tipologie dannose, registrandosi tematiche su cui è richiesta una rigorosa prova del danno ed altre sulle quali, pur non richiedendosi un preciso impegno probatorio in tema di colpa, si ritengono sufficienti le regole di comune esperienza e la presunzione semplice di cui all’art. 2727 codice civile (Cons. di Stato, sez.V, n.5846/2012), con ciò attenuando in qualche modo il carattere oggettivo che ispira il principio comunitario.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Il ricorso in esame, che domanda il risarcimento per equivalente di danno da illegittima aggiudicazione di appalto per lavori, è proposto nella sede dell’ottemperanza e nella forma introdotta dall’art. 112 c.p.a., comma 3 (come modificato dal d.leg.vo n.195/2011) e si inserisce in una fattispecie i ... Continua a leggere
Appalti: gli atti delle procedure di affidamento sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente con esclusione del rimedio del ricorso straordinario
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
L’art. 8, comma 1 lettera b) del D.Lgs. 20 marzo 2010, n.53, nel modificare l’art. 245 del codice dei contratti pubblici, ha stabilito che gli atti delle procedure di affidamento sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente (concetto poi trasfuso all’art. 120 del c.p.a.). Tale disciplina che ha escluso pro futuro il rimedio del ricorso straordinario nella suddetta materia, che non contiene né discipline transitorie né intertemporali, deve ritenersi entrato in vigore in data 27 aprile 2010, poiché il citato D.Lgs. 53 del 2010 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 12 aprile 2010, n.84. L’appellante invoca un principio per così dire di affidamento legislativo e in subordine chiede la concessione dell’errore scusabile, non potendosi negare l’incertezza normativa della questione. Il Collegio osserva che dal consapevole e voluto uso della parola "unicamente" il legislatore ha voluto che non fosse più ammesso il ricorso straordinario in materia di appalti. Si è osservato come tale scelta sia conseguenza sia della direttiva che della legge delega. La direttiva consente agli Stati membri di prevedere ricorsi amministrativi o giurisdizionali purchè entrambi rispettino i principi di celerità ed effettività e purchè ad essi si connetta in caso di proposizione l’effetto sospensivo automatico verso la stipulazione del contrato; d’altronde la legge delega si riferiva al solo ricorso giurisdizionale. Deve ritenersi che il ricorso straordinario, la cui disciplina non si poteva modificare o adeguare alle esigenze comunitarie in assenza di delega sul punto, nella sua attuale configurazione, sarebbe da ritenersi non conforme alla direttiva in materia di appalti. Non a caso, la Commissione speciale del Consiglio di Stato nell’esaminare lo schema di decreto legislativo (n.368 del 1 febbraio 2010), osservava come anche la differenza di termini (trenta giorni in luogo dei precedenti sessanta) di centoventi giorni del ricorso straordinario lo rendono incompatibile con la specialità del rito. L’appellante invoca, come detto, il principio dell’ "affidamento legislativo" ( e della certezza dei rapporti, così Ad.Plenaria n.1 del 7 marzo 2011) nel rimedio, al momento in cui ancora pendeva e non era spirato il termine e in subordine la concessione dell’errore scusabile. Il Collegio, dopo aver rilevato che nella specie manca una disciplina transitoria, rectius, intertemporale similmente invece all’art, 2 dell’allegato 3 del codice del processo amministrativo - ai sensi del quale per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti - osserva che si può prescindere dall’esame completo della questione, in quanto il ricorso originario deve in ogni caso ritenersi (sarebbe in ogni caso) inammissibile per carenza di interesse attuale e concreto, per le ragioni che di seguito si enunceranno. Si può limitare all’essenziale, non essendo rilevante oltre modo, la questione della tardività del ricorso originario, eccepita nuovamente dall’amministrazione e dai controinteressati. Al proposito il primo giudice ha osservato che: l’aggiudicazione definitiva è stata pubblicata sulla GURI e sulla GUCE in data 18 e 24 dicembre 2009; con istanza del 18 gennaio 2010, in cui dimostrava di conoscere l’esito della gara, la ricorrente chiedeva di accedere agli atti di gara e li riceveva in data 1 marzo 2010; il ricorso è stato proposto, nei termini decorrenti dal 1 marzo 2010, in data 7 maggio 2010. Al riguardo il Ministero deduce che: in relazione al dies a quo, già con le pubblicazioni sopra menzionate e certamente al momento della istanza del 18 gennaio 2010, la parte conosceva l’esito sfavorevole dell’aggiudicazione; quanto al dies ad quem, il ricorso è stato presentato all’amministrazione solo in data 18 giugno 2010. Il Collegio osserva come la giurisprudenza abbia spesso dovuto affrontare il tema della individuazione prevista della decorrenza del termine per impugnare in materia di gare (come ricordato nel su menzionato parere n.368 del 2010) e come sia necessaria non solo la conoscenza della sua lesività, ma anche di un minimo contenutistico al fine di poter impugnare, fermo restando che la successiva conoscenza di altra documentazione può invece al massimo abilitare e rimettere in termini ai fini della proposizione di motivi aggiunti. Nella specie, la parte conosceva sì l’aggiudicazione ad altri nel momento in cui ha presentato l’istanza, ma può ritenersi che non fosse consapevole della portata lesiva nei suoi contenuti dell’atto in questione, se non dal momento della ottenuta ostensione, avvenuta solo in data 1 marzo 2010, come ha riconosciuto anche il primo giudice. Decorrendo i centoventi giorni dalla data del 1 marzo 2010, i il termine sarebbe spirato solo in data 30 giugno 2010 e quindi ben oltre sia rispetto alla data di notifica ai controinteressati, che rispetto al deposito a mani presso il Ministero della Difesa, avvenuto in data 17 giugno 2010. Pertanto, esaminando la questione della tempestività, il ricorso straordinario, a prescindere dalla sua ammissibilità o meno sotto altri profili, era da ritenersi tempestivo.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
L’art. 8, comma 1 lettera b) del D.Lgs. 20 marzo 2010, n.53, nel modificare l’art. 245 del codice dei contratti pubblici, ha stabilito che gli atti delle procedure di affidamento sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente (concetto poi trasfuso all ... Continua a leggere
Procedure di gara: la concorrente terza graduata non ha interesse ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore di altra concorrente, qualora non abbia investito di censure anche la posizione della seconda graduata
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Il Consiglio di Stato ribadisce nella sentenza in esame il principio a tenore del quale "in generale la concorrente terza graduata non ha interesse ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore di altra concorrente, qualora non abbia investito di censure anche la posizione della seconda graduata,non potendo neppure far valere l’interesse strumentale alla rinnovazione della gara" (tra tante, Cons. Stato. IV, 12 febbraio 2007, n.587). D’altronde, è pacifico in materia di gare che sia inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto avverso una aggiudicazione, quando risulti a priori alla sottoposizione alla c.d. prova di resistenza con certezza che anche nel caso di suo accoglimento l’impresa ricorrente non risulterebbe in ogni caso aggiudicataria; si ravvisa inammissibilità per carenza di interesse anche nella ipotesi del ricorso contro gli atti della graduatoria compilata al termine di una procedura che, senza aggredire la gara nel suo complesso (come invero non è nella specie, nel qual caso sussisterebbe, se del caso, un interesse strumentale alla rinnovazione totale della gara), contenga censure in ordine alla posizione di alcuni dei soggetti partecipanti ma non anche della impresa avente una posizione migliore e poziore rispetto a quella del ricorrente. In ordine alla individuazione delle condizioni per valutare la sussistenza dell’interesse a ricorrere avverso gli atti di una procedura di gara, l’utilità che il ricorrente tiene a conseguire, sia essa finale o strumentale, deve derivare in via immediata e secondo criteri di regolarità causale dall’accoglimento del ricorso, non in via mediata da eventi incerti e potenziali quali l’esito negativo di una verifica di anomalia e a maggior ragione della verifica del possesso dei requisiti. Tale eventuale verifica negativa sulla seconda graduata costituirebbe infatti una mera eventualità, di modo che l’esclusione per tale ragione dell’offerta della seconda graduata non rappresenterebbe dal punto di vista giuridico-formale una normale ed immediata conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione originaria della prima graduata (in tal senso, Cons. Stato, VI, 2 aprile 2012, n.1941; IV, 12 febbraio 2007, n.587). Per accedere al testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Il Consiglio di Stato ribadisce nella sentenza in esame il principio a tenore del quale "in generale la concorrente terza graduata non ha interesse ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore di altra concorrente, qualora non abbia investito di censure anche la posizione della seconda graduata, ... Continua a leggere