News 23 Maggio 2017 - Area Contabile


GIURISPRUDENZA

IRAP: l'esercizio di professioni in forma societaria costituisce "ex lege" presupposto dell'imposta regionale sulle attività produttive

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. V del 19.5.2017

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La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con ordinanza depositata in data 19 maggio 2017 ha richiamato i principi affermati di recente dalle Sezioni Unite con sentenza n.7371/0216 secondo cui «l'esercizio di professioni in forma societaria costituisce "ex lege" presupposto dell'imposta regionalesulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un'autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell'attività>>. Per approfondire vai alla sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. V del 19.5.2017

 
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La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con ordinanza depositata in data 19 maggio 2017 ha richiamato i principi affermati di recente dalle Sezioni Unite con sentenza n.7371/0216 secondo cui «l'esercizio di professioni in forma societaria costituisce "ex lege" presupposto dell'imposta regionale ... Continua a leggere

 

Bilancio comunale: il reato di falso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. V del 19.5.2017

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"Il bilancio di un ente pubblico territoriale, quale è un Comune, sia un atto pubblico (così espressamente Sez. 5, n. 2091 del 26/09/1995, Savino, Rv. 202656) perché promana dal consiglio comunale ed è un atto anche a valenza esterna e, per quanto attiene al bilancio consuntivo (nel caso di speciedi questo si tratta), illustra quali siano state le spese sostenute e gli introiti realizzati, finendo per rappresentare non il mero risultato economico dell'ente nell'anno precedente ma anche l'illustrazione degli scopi amministrativi e politici perseguiti dall'amministrazione. In quanto documento rappresentativo di dati è del tutto evidente che possa essere oggetto di falsificazione sia materiale, sia ideologica. Nel caso di specie l'avere appostato la somma ricevuta dalla Cassa depositi e prestiti come entrata extratributaria e, quindi, come ricavo, piuttosto che come prestito, qual'era, costituisce un'ipotesi di falsità ideologica, in quanto si occulta il fatto che la somma pervenuta dovrà essere restituita, modificando così il risultato economico dell'ente. Il bilancio consuntivo dell'ente comunale perviene alla sua definitiva approvazione da parte del consiglio ad esito di una procedura che è disciplinata nel Testo unico degli enti locali, agli artt. 227 e seguenti, ed è evidente che il procedimento comporta una serie di atti interni che possono a loro volta essere il frutto di un falso, materiale o ideologico. Questa Corte ha già più volte confermato la rilevanza dei falsi che attengono agli atti interni di un procedimento amministrativo (Sez. 5, n. 9368 del 19/11/2013, Budetta, Rv. 258952; Sez. 5, n. 4322 del 06/11/2012, Camera, Rv. 254388), ricordando che, ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo l'atto destinato ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e P.A., ma anche gli atti cosiddetti interni cioè sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi..." Per continuare la lettura vai alla sentenza.

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"Il bilancio di un ente pubblico territoriale, quale è un Comune, sia un atto pubblico (così espressamente Sez. 5, n. 2091 del 26/09/1995, Savino, Rv. 202656) perché promana dal consiglio comunale ed è un atto anche a valenza esterna e, per quanto attiene al bilancio consuntivo (nel caso di specie ... Continua a leggere

 

TARSU e TIA: l'efficacia delle delibere e dei regolamenti comunali che stabiliscono le tariffe

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. V del 11.5.2017

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Le regole contenute nello Statuto dei diritti del contribuente valgono anche per delibere e regolamenti comunali che non possono avere efficacia retroattiva se non nei limiti stabiliti da norme di legge. Pertanto le tariffe deliberate per Tarsu o Tia oltre il termine stabilito dalla legge possonoessere applicate solo dall'anno successivo alla loro approvazione. Ciò in quanto l'applicazione retroattiva si pone in contrasto con l'articolo 3 della legge 212/2000, che stabilisce che le disposizioni tributarie non possono avere effetto retroattivo e che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche si applicano solo dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle norme che le prevedono. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione Sezione V nella sentenza depositata in data 11.5.2017 nella quale si precisa altresì "come l'articolo 1, comma 169, della Finanziaria 2007 (legge 296/2006) prevede che "Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio, purche' entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 10 gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno." L'art. 151, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ( Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali ) prevede che gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo. L'art. 1 del decreto legge 30 dicembre 2004 n. 314, convertito dalla legge 1° marzo 2005 n. 26, ha prorogato il termine per l'approvazione del bilancio di previsione 2005 al 31 marzo 2005. L'art. 1 del decreto legge del 31 marzo 2005 n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005 n. 88, ha prorogato il termine per l'approvazione del bilancio di previsione 2005 al 31 maggio 2005. Con Circolare n. 23/2005 del Ministero dell'interno è stato stabilito che " Nel caso in cui i Consigli degli enti locali non abbiano approvato il bilancio entro il 31 maggio 2005 e qualora gli statuti degli enti locali non abbiano previsto l'organo deputato a intervenire in via sostitutiva, le prefetture competenti dovranno provvedere: a) ad assegnare al consiglio, con atto notificato ai consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l'adozione della relativa deliberazione, nel caso in cui lo schema di bilancio sia stato già predisposto dalla giunta; b) a nominare un commissario per la predisposizione dell'atto e quindi assegnare al Consiglio un termine per la sua deliberazione, nell'ipotesi di mancata predisposizione dello schema di bilancio da parte della giunta." Ora, nel caso che occupa risulta che il comune ha approvato il bilancio di previsione in data 21 giugno 2005 ( ovvero il 12 giugno 2005, come emerge dal testo della delibera ), dunque oltre il termine del 31 maggio stabilito dal decreto legge del 31 marzo 2005 n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005 n. 88. Ciò posto, va considerato che, a norma dell'articolo 1, comma 169, della legge 296/2006, gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione e che, in caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. Ne deriva che non possono trovare applicazione per l'anno 2005 le tariffe approvate con deliberazione della giunta comunale del 16 giugno 2005 numero 4p, e ciò in quanto tale delibera è stata adottata oltre il termine fissato dalla legge per la deliberazione del bilancio di previsione.". Per continuare la lettera vai alla sentenza.

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Imposta comunale sulla pubblicità: anche le indicazioni stradali e i segnali turistici sono insegne tassabili

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI del 17.5.2017

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"Le indicazioni stradali e i segnali turistici e di territorio che forniscono agli utenti informazioni necessarie o utili per la guida e la individuazione di località, itinerari, servizi e impianti, svolgono per la loro sostanziale natura di insegne, anche una funzione pubblicitaria tassabile" ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 507/93. È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione sezione VI nell'ordinanza pubblicata in data 17 maggio 2017 in virtù del quale è stato ritenuto che anche l'informazione informazioni "domenica aperto" di un centro commerciale ovvero indicazioni sulle attività svolte all'interno dello stesso esposte in un contesto di esercizio d'attività commerciale, e, quand'anche non direttamente volte a promuovere l'immagine o i prodotti dell'impresa interessata potrebbero, tuttavia, rivelarsi utili o necessarie ad un più proficuo svolgimento dell'attività d'impresa. Tale ultimo accertamento è importante in quanto ai sensi dell'art. 2 comma 1 lett a) del d.lgs. n. 145/07 per pubblicità deve intendersi "qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi", mentre secondo l'art. 5 comma 2 del d.lgs. n. 507/93 "Ai fini dell'imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell'esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato". Sulla base di quanto sopra esposto la Corte ha annullato la sentenza che dava ragione al contribuente e rinviato la causa nuovamente alla sezione regionale, in diversa composizione, affinché riesami il merito della controversia per verificare se i segnali e le indicazioni, per la loro struttura, ubicazione e dimensione possano effettivamente ritenersi strumentali al miglior esercizio dell'attività economica interessata. Vai al testo integrale della sentenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI del 17.5.2017

 
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"Le indicazioni stradali e i segnali turistici e di territorio che forniscono agli utenti informazioni necessarie o utili per la guida e la individuazione di località, itinerari, servizi e impianti, svolgono per la loro sostanziale natura di insegne, anche una funzione pubblicitaria tassabile" ai s ... Continua a leggere

 
PROVVEDIMENTI REGIONALI

Danno erariale: il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti sez. giurisdizionale per la Regione Veneto del 15.5.2017

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Nella sentenza depositata in data 15 maggio 2017, la corte dei conti vento ha esaminato l’eccezione di prescrizione rilevando che nel caso di specie il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni, decorrenti "in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta" (art. 1,comma 2, della l. 20/94). "Come condivisibilmente sostenuto in udienza dal P.M., nella vicenda di cui è causa è ravvisabile un’attività fraudolenta diretta ad occultare il danno. In tale ipotesi, dunque, il termine della prescrizione non decorre (come sostenuto dalla difesa del convenuto) dal "momento in cui i contributi sono stati erogati" ma dalla conoscenza della condotta illecita da parte dell'Amministrazione, poiché dai singoli momenti in cui venivano erogati i finanziamenti pubblici nulla poteva emergere in presenza degli artifizi e dei raggiri che contribuivano alla realizzazione della truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche (art. 640 bis, c.p.) Ne deriva che il "dies a quo" di decorrenza della prescrizione va individuato nel momento in cui il danno stesso viene delineato in tutte le sue componenti e, dunque, nella data del rinvio a giudizio in sede penale, come correttamente rilevato dal P.M. (I Sez. Giurisd. d’Appello della Corte dei conti, sentenza n. 264 del 2012, SS.RR., sentenza 25.10.1996, n. 63; Sezione I app., 5.2.2008, n. 64; id., 4.12.2007, n. 497; id., 11.7.2007, n. 194; id., 16.4.2007, n. 94; id., 8.3.2007, n. 45; id., 18.3.2003, n. 103; Sezione II app., 7.6.2004, n. 184)". Per approfondire vai alla sentenza.

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Nella sentenza depositata in data 15 maggio 2017, la corte dei conti vento ha esaminato l’eccezione di prescrizione rilevando che nel caso di specie il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni, decorrenti "in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta" (art. 1, ... Continua a leggere

 

Il danno all'immagine della P.A.: i nuovi presupposti per l'azione erariale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti ddella sentenza della Corte dei Conti sez. giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna del 15.5.2017

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 Per quanto riguarda la voce "danno all’immagine", la Corte dei Conti sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna nella sentenza del 15 maggio 2017 ha richiamato un proprio recente orientamento di cui alla sentenza n°73/2017 del 24/03/2017, secondo il quale, con l’entrata in vigore del D.L.vo n. 174/2016 (c.d. "nuovo codice della giustizia contabile"), sono stati ridefiniti i presupposti dell’azione del danno all’immagine della pubblica amministrazione. Infatti l'art. 4 all. 3 del D.L.vo n. 174/2016 espressamente abroga, alla lett. g), l'art. 7, legge n. 97/2001, e, alla lett. h), il primo periodo dell’art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, conv. in legge n. 102/2009. L'immediata conseguenza sull’assetto normativo in esame è lo svuotamento del richiamo alle fattispecie penali che, in base all'art. 17, comma 30 ter, D.L. 78/2009, consentivano alla Procura l'apertura delle indagini per danno all'immagine. Pertanto, le uniche norme attualmente in vigore, relativamente al danno all’immagine, sono contenute nell’art. 1, comma 1 sexies, legge n. 20/1994, introdotto dalla legge n. 190/2012 in tema di misure anticorruzione, che indica un criterio quantificativo del danno medesimo; l’art. 51, comma 6, del D.L.vo n. 174/2016, che statuisce: "La nullità per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell’azione per danno call’immagine è rilevabile anche d’ufficio". Per questo motivo l’unica fonte normativa da cui si possono trarre indicazioni per disciplinare l’azione erariale per il danno all’immagine resta il menzionato art. 1, comma 1 sexies, legge n. 20/1994, introdotto dalla legge n. 190/2012 che, pur fornendo all’interprete un criterio di quantificazione della tipologia di danno in parola, in realtà statuisce due importanti e basilari condizioni imperative per la perseguibilità e la condanna dei dipendenti pubblici per il danno all’immagine, che si pongono come vere e proprie condizioni per l’azione contabile. La norma, infatti, fa espresso riferimento al danno all’immagine come "…derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato". Quindi le condizioni, cumulative e non alternative, sono le seguenti: 1) si deve trattare di un reato contro la pubblica amministrazione; 2) tale reato deve essere accertato con sentenza del giudice ordinario penale passata in giudicato". Per approfondire vai alla sentenza.

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 Per quanto riguarda la voce "danno all’immagine", la Corte dei Conti sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna nella sentenza del 15 maggio 2017 ha richiamato un proprio recente orientamento di cui alla sentenza n°73/2017 del 24/03/2017, secondo il quale, con l’entrata in vigore del D ... Continua a leggere

 

Danno erariale: la specifica e concreta notizia di danno che da impulso all'azione della Corte dei Conti

segnalazione della sentenza della Corte dei Conti Sez. giurisdizionale per la Regione lazio del 17.5.2017

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Nella sentenza depositata in data 17.5.2017 la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio ha rigettato l’eccezione di nullità per omessa indicazione in citazione della fonte della notizia di danno e per inesistenza di notizia di danno specifica e concreta rilevando in primis chela mancata menzione della notizia di danno nell’atto di citazione non comporta alcuna invalidità di quest’ultima, meno che meno la sua nullità, in quanto non espressamente comminata dalla legge, e in quanto ad essa non può comunque essere ricollegata alcuna lesione del diritto alla difesa del convenuto. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto infondata la censura anche rispetto al profilo della presunta mancanza di una notizia specifica e concreta di danno a impulso dell’istruttoria. Si legge espressamente "Va premesso molto brevemente, essendovi in materia principi consolidati (Corte dei conti, SS.RR,Sentenza n. 12/2011/QM, che ha precisato il significato da attribuirsi ai termini "notizia concretata e specifica di danno"), che "l’aggettivo specifica è da intendersi come informazione che abbia una sua peculiarità e individualità e che non sia riferibile ad una pluralità indifferenziata di fatti, tale da non apparire generica, bensì ragionevolmente circostanziata; l’aggettivo concretaè da intendersi come obiettivamente attinente alla realtà e non a mere ipotesi o supposizioni". Dunque, integrano tali requisiti "uno o più fatti, ragionevolmente individuati nei loro tratti essenziali e non meramente ipotetici, con verosimile pregiudizio per gli interessi finanziari pubblici, onde evitare che l’indagine del PM contabile sia assolutamente libera nel suo oggetto, assurgendo ad un non consentito controllo generalizzato"; specificatamente, "sono idonei ad integrare gli estremi di una "specifica e concreta notizia di danno": a) l’esposto anonimo, se riveste i caratteri di specificità e concretezza innanzi precisati; b) i fatti conosciuti nel corso della fase dell’invito a dedurre, anche per soggetti diversi dall’invitato, nei medesimi termini…". Nella fattispecie, l’istruttoria è stata azionata a seguito dell’esposto anonimo depositato agli atti, che, alla luce dei suddetti criteri, contiene in sé elementi sufficientemente definitori del fatto che la Procura ha ritenuto fonte di possibile danno erariale: si tratta della denunzia di un sistema di affidamento a favore di determinati soggetti, al quale è allegato un elenco di delibere dirigenziali, identificate con gli estremi, che si riferisce abbiano per specifico contenuto affidamento di incarichi oltre i limiti di legge e con spreco di danaro pubblico derivante dalla mancata effettuazione di gara. Il contenuto dell’esposto costituisce il nucleo dell’imputazione mossa nel presente giudizio, oltre che in altri separati giudizi - atteso che l’istruttoria ha avuto diversi stralci. Sussiste, dunque, una notizia di danno sufficientemente specifica e concreta". Per approfondire scarica ala sentenza.

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