News 27 Febbraio 2017 - Area Contabile


NORMATIVA

Mutui degli Enti Locali: il modello di certificazione

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 24.2.2017 il DECRETO 24 gennaio 2017 del Ministero dell'Interno recante "Approvazione del modello di certificazione da presentare da parte degli enti locali per i mutui contratti nel 2016". Per saperne di più vai al decreto

 
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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 24.2.2017 il DECRETO 24 gennaio 2017 del Ministero dell'Interno recante "Approvazione del modello di certificazione da presentare da parte degli enti locali per i mutui contratti nel 2016". Per saperne di più vai al decreto ... Continua a leggere

 

Fabbisogni standard: le note metodologiche per la procedura di calcolo

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 12 del 22.2.2017 Supplemento Ordinario n. 12 il DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29 dicembre 2016  recante "Adozione delle note metodologiche relative alla procedura di calcolo per la determinazione dei fabbisogni standard ed il fabbisogno standard per ciascun comune delle regioni a statuto ordinario relativi alle funzioni di istruzione pubblica, alle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente - servizio smaltimento rifiuti, alle funzioni nel settore sociale - servizi di asili nido, alle funzioni generali di amministrazione e controllo, alle funzioni di polizia locale, alle funzioni di viabilita' e territorio, alle funzioni nel campo dei trasporti (trasporto pubblico locale) ed alle funzioni nel settore sociale al netto dei servizi di asili nido." Per saperne di più vai al DPCM

 
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Risparmio nel settore creditizio: in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto legge coordinato con la legge di conversione

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 21.2.2017 il TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 23 dicembre 2016, n. 237  Testo del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 (in Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 299 del 23 dicembre 2016), coordinato con la legge di conversione 17 febbraio2017, n. 15 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 1), recante: "Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio.". Per saperne di più vai al testo coordinato.

 
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Mutui Enti Locali: fissato il Tasso di riferimento per il periodo 1° gennaio - 30 giugno 2017

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il DECRETO 31 gennaio 2017 del Ministero Dell'economia e Delle Finanze recante "Tasso di riferimento determinato per il periodo 1° gennaio - 30 giugno 2017, relativamente alle operazioni a tasso variabile, effettuate dagli enti locali ai sensi dei decreti-legge 1° luglio 1986, n. 318, 31 agosto 1987, n. 359 e 2 marzo 1989, n. 66, nonche' della legge 11 marzo 1988, n. 67." Vai al decreto

 
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GIURISPRUDENZA

Cartella esattoriale: l'estratto di ruolo costituisce prova idonea dell'entità e della natura del credito

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. V del 23.2.2017

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"l'estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale e deve contenere tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l'ammontare della pretesa creditoria, sicché esso costituisce prova idonea dell'entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato e, conseguentemente, della competenza del giudice adito". È questo il principio ribadito dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione nell'ordinanza pubblicata in data 23 febbraio 2017. In virtù del sopra riportato principio la Corte ha annullato la sentenza impugnata in quanto ivi si affermava che, avendo «Equitalia Sud spa ... meramente prodotto ... estratti di ruolo» la «precisa natura del credito era sconosciuta, con la conseguenza che la competenza -nel dubbio- faceva capo al tribunale ordinario»;e che «nella specie difetta una condizione essenziale dell'esecuzione, ossia la notifica delle cartelle esattoriali, non surrogabile dalla notifica di estratti». Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. V del 23.2.2017

 
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"l'estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale e deve contenere tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l'ammontare della pretesa creditoria ... Continua a leggere

 

Contratti con la Pubblica Amministrazione: serve la forma scritta ed un nuovo impegno di spesa anche per le prestazioni ulteriori

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. II del 2.2.2017

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"I contratti di cui sia parte una Pubblica Amministrazione (anche se agente "iure privatorum") richiedono la forma scritta "ad substantiam", dovendo il documento negoziale consentire, perciò, l'esatta individuazione del contenuto del programma obbligatorio e contenere le indispensabili determinazioni in ordine alle prestazioni da svolgersi da ciascuna delle parti". È questo il principio ribadito dalla seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza depositata il 2 febbraio 2017 nella quale si precisa altresì che laddove l'amministrazione richieda prestazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle espressamente elencate nel contratto scritto, è quindi necessario un nuovo impegno di spesa ed un autonomo contratto, con cui si stabiliscano l'oggetto di tali prestazioni e i rispettivi compensi spettanti al privato, senza che a tal fine sia sufficiente fa riferimento a manifestazioni di volontà implicita o a comportamenti puramente attuativi. Da ultimo si segnala anche il passaggio motivazione con il quale la Corte ha rigettato il motivo di ricorso afferente la violazione dell'art. 2041 c.c. e l'omessa o insufficiente motivazione in ordine alla domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. ed all'errata invocazione nella sentenza impugnata dell'art 23, comma 3,1.n. 144/1989, avendo la ricorrente proposto la sua azione proprio nei confronti del Sindaco del Comune. La Suprema Corte sul punto ha affermato che tale "motivo è infondato perché non offre alcun elemento per mutare l'orientamento di questa Corte secondo il quale, agli effetti dell'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989 (convertito, con modificazioni nella 1. n. 144 del 1989), quando manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell'ente locale il rapporto obbligatorio insorge direttamente con l'amministratore o con il funzionario che abbia consentito la prestazione, sicché, per difetto del requisito della sussidiarietà, resta esclusa l'azione di indebito arricchimento nei confronti dell'ente (salvo esplicito riconoscimento del debito fuori bilancio con apposita deliberazione dell'organo competente)". Per approfondire scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte di Cassazione Sez. II del 2.2.2017

 
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"I contratti di cui sia parte una Pubblica Amministrazione (anche se agente "iure privatorum") richiedono la forma scritta "ad substantiam", dovendo il documento negoziale consentire, perciò, l'esatta individuazione del contenuto del programma obbligatorio e contenere le indispensabili determinazio ... Continua a leggere

 

TARSU: nessuna causa di nullità dell'atto di appello sottoscritto da un funzionario e da un dirigente del Comune

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"in tema di contenzioso tributario relativo alla TARSU, la circostanza che l'atto di appello del Comune sia stato sottoscritto da un funzionario e da un dirigente del Comune non è causa di nullità dell'atto, in quanto l'art. 74 del d. lgs. n. 507/1997 concede specificamente al Comune la facoltà, indetta materia, di designare un funzionario cui attribuire la funzione ed i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, precisando che a questi spetta anche di sottoscrivere le richieste, gli avvisi, i provvedimenti relativi e di disporre i rimborsi; pertanto, attesa l'ampiezza dei poteri dispositivi di natura sostanziale, deve ritenersi che tra le competenze del funzionario responsabile sia compresa anche la gestione dell'eventuale contenzioso, rappresentando essa non già un'attività diversa ed ulteriore, ma soltanto l'attività successiva necessaria al fine di difendere in giudizio la pretesa tributaria dell'ente come già in precedenza affermata negli atti impositivi". È questo il principio ribadito dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione nell'ordinanza depositata in data 14 febbraio 2017 con la quale è stato rigettato il ricorso di un contribuente proposto contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto l'appello del Comune. Per approfondire vai al testo integrale della sentenza.

 
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"in tema di contenzioso tributario relativo alla TARSU, la circostanza che l'atto di appello del Comune sia stato sottoscritto da un funzionario e da un dirigente del Comune non è causa di nullità dell'atto, in quanto l'art. 74 del d. lgs. n. 507/1997 concede specificamente al Comune la facoltà, in ... Continua a leggere

 

Atti tributari: l'obbligo di motivazione può essere adempiuto anche "per relationem"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI pubblicata il 15.2.2017

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"Nel regime introdotto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche "per relationem", cioé mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato o questo ne riproduca il contenuto essenziale ovvero siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione". È questo il principio ribadito dalla Sesta Sezione della Corte di Cassazione nell'ordinanza pubblicata in data 15.2.2017 in virtù del quale è stato rigettato il ricorso proposto da una società (affidato all'unico motivo di violazione dell'art. 7 della legge n. 212/2000), con il quale si censurava la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Regionale che aveva confermato la decisione di rigetto del ricorso proposto contro l'avviso di accertamento relativo a TARSU pretesa dal un Comune. La Suprema Corte, preso atto che l'atto impugnato conteneva 'l'iter seguito per il rilievo (incrocio degli archivi a disposizione ecc.) e gli elementi emersi" ha dichiarato la censura inammissibile nella parte in cui la ricorrente non ha indicato quali elementi a suo dire essenziali non sarebbero stati riportati nell'accertamento e considerati dall'Ufficio nè ha riprodotto il contenuto motivatorio dell'accertamento al fine di verificare l'esistenza di deficit rispetto al contenuto essenziale dell'atto stesso.Per approfondire scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI pubblicata il 15.2.2017

 
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"Nel regime introdotto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche "per relationem", cioé mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'att ... Continua a leggere

 

Accesso alle cartelle di equitalia: il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato del 8.2.2017

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La controversia in esame vede la società Equitalia Sud impugnare la sentenza del TAR Campania, Napoli, che ha riconosciuto il diritto di una società ad accedere ai documenti relativi alle cartelle di pagamento del proprio ruolo esattoriale.Nella sentenza appellata, il TAR Campania ha innanzitutto ritenuto non fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata da Equitalia Sud in ordine alla genericità dell’istanza di accesso.Secondo lo stesso Tribunale la domanda d’accesso conteneva tutti gli elementi che consentivano ad Equitalia di individuare i documenti richiesti. Mediante il ruolo sarebbe stato infatti possibile alla stessa risalire alla posizione debitoria dell’interessata ad una certa data e, dunque, alle relative cartelle esattoriali.Il TAR ha poi ritenuto sussistenti le condizioni previste dall’art. 25 della legge n. 241/1990 per l’accesso ai documenti richiesti ed ha di conseguenza ordinato, in ragione del silenzio serbato sull’istanza, la loro ostensione. La società Equitalia Sud ha quindi proposto al Consiglio di Stato sostenendo l'inammissibilità del ricorso introduttivo per genericità dello stesso e dell’istanza di accesso e dolendosi del fatto che il TAR non avrebbe considerato che l’appellata non ha indicato i numeri identificativi delle singole cartelle di pagamento, che pure avrebbe dovuto conoscere perché ricevute, e soprattutto che il rinvio al ruolo per identificarle non era possibile.Con riferimento al ruolo, Equitalia aveva infatti evidenziato che su di essa grava per cinque anni esclusivamente l’obbligo di conservazione delle matrici (cioè degli estremi di notificazione della cartella esattoriale che resta nelle mani del destinatario) e che comunque nei suoi archivi sono contenute molteplici informazioni su atti che hanno la stessa natura delle cartelle di pagamento.In sostanza, per corrispondere all’istanza di accesso, sarebbe stata necessaria una complessa e defaticante attività di ricerca.La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza depositata in data 8 febbraio 2017 ha ritenuto l'appello infondato condividendo in primo luogo quanto rilevato dal TAR in ordine alla circostanza che non risulta inviata all’interessata alcuna comunicazione (ex articolo 6 del DPR n.184/2006) circa la presunta irregolarità e completezza della sua domanda, al fine di regolarizzarla ed eventualmente interrompere i termini previsti per consentire l’accesso.D’altra parte, la domanda di accesso conteneva tutti i riferimenti soggettivi, oggettivi e temporali (le cartelle e relative relate inerenti al ruolo formato a carico della ricorrente alla data dell’istanza) per identificare gli atti richiesti.Sussisteva inoltre un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti per i quali era stato chiesto l’accesso (cfr. art. 22 della legge n. 241 del 1990).Anzi nel caso di specie il TAR correttamente rileva che: "l'interesse del contribuente alla ostensione degli atti propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via legislativa, mediante la previsione di obblighi in capo al concessionario per la riscossione. Invero, l'art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, recita: Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione. Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all'esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso".Infine, anche a prescindere dalle suesposte considerazioni, Equitalia avrebbe dovuto rappresentare le difficoltà evidenziate in sede di giudizio già in occasione della presentazione della domanda di accesso piuttosto che mantenere il silenzio sulla stessa.Per maggiori informazioni scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato del 8.2.2017

 
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La controversia in esame vede la società Equitalia Sud impugnare la sentenza del TAR Campania, Napoli, che ha riconosciuto il diritto di una società ad accedere ai documenti relativi alle cartelle di pagamento del proprio ruolo esattoriale.Nella sentenza appellata, il TAR Campania ha innanzitutto r ... Continua a leggere

 

Liquidazione coatta amministrativa: la legittimazione ad impugnare il provvedimento di liquidazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.2.2017

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La Sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 7 febbraio 2017 ha affermato che la questione, che si risolve nella verifica della (persistenza della) sussistenza della legittimazione processuale degli organi della società in bonis, poi sottoposta alla procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa, non può essere risolta, come ha fatto erroneamente il TAR, con l’affermazione di una regola astratta e universale, ma esige, al contrario, la distinzione delle diverse tipologie di controversie alle quali va riferita l’indagine. Mentre, infatti, appare chiaro che nelle cause pendenti relative a rapporti obbligatori (attivi o passivi) intestati alla società posta in l.c.a., quest’ultima viene rappresentata in giudizio per mezzo del commissario liquidatore, così come spetta a quest’ultimo promuovere (o resistere ad) azioni giudiziarie riferibili, in via generale, all’attività d’impresa della società (cfr. ex multis Cass. Civ., sez. I, 22 gennaio 2014, n.1280), risulta altrettanto evidente che la legittimazione alla contestazione del provvedimento amministrativo che ha degradato lo status giuridico della società, disponendone la soggezione a una procedura concorsuale, non può obbedire al medesimo criterio. Se, invero, nella prima tipologia di controversie l’attribuzione al commissario liquidatore della legittimazione processuale, attiva e passiva, risponde all’esigenza di assegnare al nuovo organo di gestione della società la rappresentanza in giudizio in liti che riguardano l’attività d’impresa e che sono, quindi, soggettivamente riferibili alla persona giuridica di cui il commissario liquidatore è divenuto amministratore (in sostituzione degli organi della società in bonis), nella seconda categoria di cause (l’impugnazione del provvedimento che ha assoggettato l’impresa a una procedura concorsuale) non si verte su rapporti giuridici afferenti all’attività della società, ma sull’esistenza dei presupposti legittimanti l’adozione dell’atto costitutivo del nuovo (e più sfavorevole) status giuridico. In quest’ultima ipotesi, quindi, non ha alcun senso attribuire la legittimazione processuale al commissario liquidatore, il cui mandato gestorio resta del tutto estraneo a quel tipo di attività giudiziaria, mentre appare fisiologico il riconoscimento della legittimazione ad causam agli organi della società in bonis, che, limitatamente a quel tipo di controversia, conservano la capacità di agire in giudizio al fine di contestare, a tutela di un interesse personale, e, come tale, non trasferito alla gestione commissariale, la validità del provvedimento che ha prodotto l’effetto della degradazione dello status giuridico della società e, quindi, una lesione propria (in via esclusiva) della società in bonis (e non certo di quella costituita dal provvedimento che si intende contestare). Tale soluzione, oltre ad essere la più coerente con i principi processuali generali in tema di legittimazione e di interesse ad agire, che esigono che le predette condizioni dell’azione siano riconosciute solo in capo al soggetto titolare della posizione soggettiva controversa, risulta anche confermata dalla giurisprudenza che ha riconosciuto negli organi titolari della gestione dell’impresa (quando era in bonis), e non nel commissario liquidatore, i contraddittori naturali (e necessari) delle controversie aventi ad oggetto lo stato di insolvenza (come, sostanzialmente, quella in esame), anche sulla base del rilievo che la nomina del commissario non implica la cessazione definitiva degli organi ordinari, ma comporta solo la sospensione temporanea delle loro funzioni (Cass. Civ., sez. I, 4 luglio 2013, n.16746). Per approfondire scarica la sentenza.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 7.2.2017

 
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La Sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 7 febbraio 2017 ha affermato che la questione, che si risolve nella verifica della (persistenza della) sussistenza della legittimazione processuale degli organi della società in bonis, poi sottoposta alla procedura concorsuale della liquida ... Continua a leggere

 

Contenzioso tributario: sentenza nulla se la discussione orale in udienza avviene senza istanza

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« In tema di contenzioso tributario, la circostanza che la trattazione della controversia sia tenuta nella forma della discussione in pubblica udienza, con l'intervento del difensore della parte privata, in assenza della apposita istanza del contribuente, prescritta dall'art. 33 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, determina non una mera irregolarità del procedimento, bensì una vera e propria lesione del diritto di difesa dell'Ufficio finanziario, garantito dall'art. 24 Cost., con conseguente nullità dell'udienza di discussione - tenuta senza la rituale partecipazione dell'Ufficio -, nonché della sentenza emessa all'esito della stessa e di ogni altro atto conseguente » Sulla base di tale principio la Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione con sentenza pubblicata in data 3 febbraio 2017 ha accolto il ricorso proposto da un Comune che si doleva della violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33, nonché dell'art. 24 della Costituzione e dei principi fondamentali del giusto processo e del diritto di difesa, in quanto in grado di appello il procedimento era stato trattato in pubblica udienza, anziché in camera di consiglio, in assenza di istanza di almeno una delle parti, con la partecipazione del solo appellato contribuente. La Suprema Corte ha affermato che il legislatore della riforma del processo tributario ha previsto una tendenziale difesa tecnica ed ha assegnato alla parte il diritto di scegliere la discussione orale, senza lasciare al giudice, in presenza di una valida istanza, alcun potere di concedere o di negare la pubblica udienza. Nel caso di specie, quindi, è stata dichiarata la nullità della sentenza emessa in grado di appello in quanto la discussione era avvenuta in pubblica udienza, in assenza della correlativa istanza, ed alla presenza del solo contribuente, con violazione dei diritto di difesa del Comune. Vai alla sentenza

 
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« In tema di contenzioso tributario, la circostanza che la trattazione della controversia sia tenuta nella forma della discussione in pubblica udienza, con l'intervento del difensore della parte privata, in assenza della apposita istanza del contribuente, prescritta dall'art. 33 del d.lgs. 31 dicem ... Continua a leggere

 
PROVVEDIMENTI REGIONALI

Nuovo codice dei Contratti pubblici: il project financing nel parere della corte dei conti per l’impatto sul bilancio e sugli equilibri finanziari

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QUESITO: il Sindaco del Comune ha chiesto un parere relativo alle operazioni di partenariato pubblico-privato di cui al Decreto legislativo n. 50 del 2016 con particolare riferimento al project financing applicato alla costruzione e gestione di opere pubbliche attualmente allo studio dell’Amministrazione comunale. Nello specifico, riscontrate in via ipotetica fattibilità e convenienza del progetto corredato da piano finanziario, il Comune evidenzia alcuni dubbi sulle seguenti criticità: 1) l’impatto dell’operazione sul bilancio comunale e sugli equilibri di finanza pubblica alla luce del pareggio di bilancio introdotto dalla legge finanziaria per il 2016; 2) il rispetto delle regole in materia di investimenti previste dalla cd. armonizzazione contabile i cui principi prevedono sostanzialmente l’obbligo della copertura finanziaria a prescindere dagli esercizi in cui vengono imputate le spese. Pertanto, il Sindaco chiede di sapere, qualora venga impostata una procedura di project financing, se la stessa impatti sul bilancio e sugli equilibri di finanza pubblica (pareggio di bilancio) e, in caso di risposta affermativa, come la predetta operazione debba essere contabilizzata al fine di evitare elusioni o incongruenze alla luce delle regole disposte dall’armonizzazione contabile e, pertanto, se l’Ente debba assicurare un margine di rispetto degli equilibri finanziari pari al costo di costruzione dell’opera al fine di garantire il rispetto del pareggio di bilancio (nonostante l’opera sia finanziata da entrate non rilevanti ai fini del pareggio). ---ooo0ooo--- RISPOSTA: Il quesito appare ammissibile sotto il profilo dell’ammissibilità oggettiva, in quanto l’operazione di project financing concerne la materia degli investimenti e l’impatto degli stessi sul bilancio dell’Ente e sugli equilibri finanziari. Allo stesso tempo il quesito appare in parte indeterminato in quanto non è evidenziata la fattispecie concreta che determina la necessità di ricorrere al parere di questa Sezione né il collegamento con le norme contabili di cui si chiede l’interpretazione ai fini di una corretta applicazione delle stesse. Pertanto, il parere di questo Collegio non potrà che essere rappresentato in termini generali evidenziando le possibili fattispecie e le regole contabili applicabili. Il project financing rientra tra i contratti di partenariato pubblico privato disciplinati oggi dall’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Secondo l’articolo 3, comma 1, lett. eee) del citato decreto legislativo il "«contratto di partenariato pubblico privato» è il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell'operatore". Con tali contratti gli Enti locali possono individuare nuove forme di investimento relative ad opere pubbliche e servizi senza gravare (o gravando in parte) sul bilancio dell’Ente (sul punto si rinvia alla corposa letteratura in materia). Ciò discende dall’allocazione del rischio "d’impresa" che, nei contratti in esame, assurge a ruolo fondamentale per comprenderne la rilevanza in termini economico-finanziari e valutarne gli effetti sul bilancio dell’Ente. L’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 specifica che, nei contratti di partenariato pubblico privato, "il trasferimento del rischio in capo all'operatore economico comporta l'allocazione a quest'ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l'esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell'opera….. Il contenuto del contratto è definito tra le parti in modo che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall'operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall'effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell'opera o dal volume dei servizi erogati in corrispondenza della domanda e, in ogni caso, dal rispetto dei livelli di qualità contrattualizzati, purché la valutazione avvenga ex ante. Con il contratto di partenariato pubblico privato sono altresì disciplinati anche i rischi, incidenti sui corrispettivi, derivanti da fatti non imputabili all'operatore economico". Di contro, il soggetto privato finanziatore consegue i ricavi dalla gestione derivanti dal canone riconosciuto dall'ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Rileva la necessità che il canone corrisposto dall’Amministrazione pubblica deve, poi, essere proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o mancata disponibilità dell'opera, nonché ridotta o mancata prestazione dei servizi. Variazioni che devono avere un’incidenza significativa sul valore attuale netto dell'insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi dell'operatore economico. L'amministrazione aggiudicatrice può scegliere, altresì "che, a fronte della disponibilità dell'opera o della domanda di servizi, venga corrisposta una diversa utilità economica comunque pattuita ex ante, ovvero rimette la remunerazione del servizio allo sfruttamento diretto della stessa da parte dell'operatore economico, che pertanto si assume il rischio delle fluttuazioni negative di mercato della domanda del servizio medesimo". Infine, la norma di cui all’articolo 180 dispone che l’Ente pubblico può contribuire alla realizzazione dell’equilibrio economico finanziario del piano degli investimenti stabilendo "un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico. A titolo di contributo può essere riconosciuto un diritto di godimento, la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera da affidare in concessione. Le modalità di utilizzazione dei beni immobili sono definite dall'amministrazione aggiudicatrice e costituiscono uno dei presupposti che determinano l'equilibrio economico-finanziario della concessione. In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari". L’ultimo comma dell’articolo 180 individua le fattispecie che rientrano nei contratti di Partenariato pubblico-privato: la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai precedenti commi del medesimo articolo 180. Il project financing, disciplinato dall’articolo 183 del citato decreto legislativo n. 50, consiste nel finanziamento di un progetto in grado di generare, nella fase di gestione, flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per la sua realizzazione e remunerare il capitale di rischio. E’, pertanto, una modalità di finanziamento strutturato che si presta ad essere utilizzata anche per le operazioni di partenariato pubblico privato. Per valutare se tale operazione abbia un riflesso sul bilancio dell’Ente e sugli equilibri finanziari è necessario esaminare la fattispecie concreta ed il relativo contratto per comprendere come sia allocato il rischio dell’iniziativa economica. Infatti, l’esatta identificazione e allocazione dei rischi concordata nel contratto di partenariato pubblico privato influisce in maniera determinante sul trattamento contabile dello stesso ai fini della sua imputazione nel bilancio della stazione appaltante (on balance sheet) o meno (off balance sheet), nonché sulla quantificazione del deficit e dell’indebitamento a livello aggregato. Secondo la normativa comunitaria, rappresentata dalla Decisione Eurostat 11 febbraio 2004, dal SEC 2010 (Reg. UE 549/13) e dalla Direttiva UE 2014/23 (Direttiva Concessioni), affinché l’operazione di partenariato possa dirsi neutra ai fini del bilancio dell’Amministrazione pubblica, il soggetto privato finanziatore deve assumersi il rischio di costruzione e uno tra il rischio di disponibilità e il rischio di domanda. A) Il rischio di costruzione è il rischio connesso alla progettazione e alla realizzazione dell’infrastruttura come: ritardo nei tempi di consegna; non rispetto degli standard di progetto; aumento dei costi; mancato completamento dell’opera. In tutti questi casi non è ammesso alcun pagamento da parte dell’Ente pubblico in quanto, diversamente, l’operazione andrebbe identificata come investimento pubblico e indebitamento rilevante ai fini della contabilizzazione in bilancio e del rispetto degli equilibri di finanza pubblica. B) Il rischio di disponibilità concerne la mancata disponibilità dell’infrastruttura (totale o parziale) per l’utilizzo a cui era destinata, ossia l’impossibilità (in termini quantitativi e qualitativi) di erogare l’atteso servizio dall’Amministrazione pubblica e disciplinato nel contratto. In questi casi, l’applicazione di un sistema di pagamenti da parte dell’Ente pubblico che preveda la riduzione dei pagamenti nel caso di prestazioni insufficienti con l’applicazione di opportune penali, è garanzia del trasferimento del rischio di disponibilità in capo al finanziatore. Di contro, pagamenti regolari invariabili e non parametrati all’effettivo volume dei servizi prestati non consentono una effettiva assunzione di rischio da parte del partner privato. C) Il rischio di domanda è connesso alla variabilità della domanda che può dipendere da una domanda del servizio inferiore alle aspettative in dipendenza della crisi economica; la variabilità dei gusti e delle preferenze degli utenti, il sorgere di nuovi competitori che offrono prodotti moderni e competitivi; l’obsolescenza tecnologica. Il trasferimento di tali rischi in capo al partner privato potrebbe, però, non essere sufficiente a rendere l’operazione off balance sheet in quanto le clausole contrattuali e gli accordi tra ente pubblico e soggetto privato possono, di fatto, traslare in tutto o in parte il rischio dell’operazione finanziaria. Sempre la normativa comunitaria (Sec 2010 e Direttiva concessioni) ha individuato altri elementi per verificare la reale imputazione del rischio. Pertanto, qualora l’Ente finanzi in modo maggioritario l’operazione o presti garanzie che coprono una maggioranza del finanziamento o, ancora, qualora vi siano clausole di risoluzione che prevedono un rimborso della maggior parte della quota del fornitore del finanziamento in caso di risoluzione su iniziativa dell'operatore, si può certamente affermare che il rischio effettivo non gravi sul partner privato e il finanziamento sia on balance sheet. La normativa nazionale si è allineata a quella comunitaria e la giurisprudenza contabile ha contribuito ad interpretare ed individuare ulteriori indici che fanno propendere per la neutralità o meno dell’operazione ai fini del bilancio dell’Ente pubblico. Quanto al rischio di costruzione, se l’Ente pubblico committente darà inizio al pagamento del canone solo dopo il collaudo e la consegna dell’opera e se tali pagamenti saranno effettuati solo dopo il positivo controllo della realizzazione dell'opera, si potrà essere in presenza di un’operazione off balance sheet. Non saranno, poi, ammessi pagamenti pubblici non correlati alle condizioni prestabilite per la costruzione dell'opera. Qualora il soggetto pubblico corrisponda quanto stabilito nel contratto indipendentemente dalla verifica della prestazione e della sua idoneità alla realizzazione del fine pubblico, o ripiani ogni costo aggiuntivo emerso, comporta, l'assunzione del rischio di costruzione da parte del soggetto pubblico. Per ciò che concerne il rischio di disponibilità lo stesso può considerarsi in capo al soggetto privato se non siano previsti pagamenti indipendenti dal volume e dalla qualità dei servizi erogati; se i pagamenti possono essere sospesi in caso di mancata utilizzazione o impossibilità di godimento dell’opera, o ridotti in caso di vizi o errori. In altri termini il rischio di disponibilità si può ritenere in capo al privato se i pagamenti pubblici sono correlati all'effettivo ottenimento del servizio pattuito nel disposto contrattuale. Affinché vi sia, infine, il rischio di domanda in capo al soggetto privato i pagamenti pubblici devono essere correlati all'effettiva quantità domandata per quel servizio dall'utenza. Pertanto, una volta effettuata una valutazione concreta della fattispecie contrattuale e individuata l’operazione come off balance sheet, la stessa sarà neutra ai fini della contabilizzazione nel bilancio dell’Ente e non rilevante ai fini degli equilibri di finanza pubblica. Fermo restando che troveranno ordinaria contabilizzazione le eventuali quote di contributi in capo al soggetto pubblico (nel limite del 50% del valore complessivo del finanziamento) nonché i canoni o le altre prestazioni discendenti dal contratto (con la relativa necessità di individuare le fonti di finanziamento ordinarie e con incidenza, rispettivamente, sugli equilibri di parte corrente o di parte capitale). Diversamente, qualora l’analisi del contratto conduca per un’allocazione dei rischi in capo all’Ente pubblico, l’operazione rileverà ai fini del bilancio pubblico e degli equilibri finanziari. Qualora, poi, l’intervento finanziario dell’Ente, ai fini della realizzazione dell’opera, sia da considerarsi come indebitamento, l’Ente dovrà sottostare ai relativi limiti di legge. Per quanto riguarda la contabilizzazione dell’operazione sarà necessario vedere come questa si realizza: se l’Ente attiva un mutuo liquidato al momento della stipula del contratto, si creerà, per i pagamenti successivi all’anno di contrazione del mutuo medesimo, un fondo pluriennale vincolato. Se il mutuo viene erogato a stati di avanzamento vi sarà perfetta coincidenza tra accertamenti/incassi e impegni/pagamenti con le conseguenti registrazioni contabili. Se il rischio discende dalla prestazione di garanzie le stesse potranno trovare copertura nel fondo rischi. In mancanza di una disciplina specifica rappresentata dal Comune, le ipotesi sono numerose e non certo elencabili tutte nel presente parere utile a definire un quadro normativo e giurisprudenziale a cui l’Ente si atterrà per regolamentare l’ipotesi concreta dallo stesso prescelta." Per continuare la lettura accedi al testo integrale.

 
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QUESITO: il Sindaco del Comune ha chiesto un parere relativo alle operazioni di partenariato pubblico-privato di cui al Decreto legislativo n. 50 del 2016 con particolare riferimento al project financing applicato alla costruzione e gestione di opere pubbliche attualmente allo studio dell’Amministr ... Continua a leggere

 

Rimborso delle spese di viaggio degli amministratori che risiedono fuori dal territorio comunale: il parere della Corte dei Conti

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Quesito: il Comune chiede se per il caso di accesso del consigliere comunale residente in altro comune, si possono rimborsare le spese di accesso sostenute dallo stesso per l’utilizzo del mezzo proprio (nel massimo di un rimborso chilometrico pari 1/5 del prezzo della benzina), per la partecipazione alle sedute degli organi comunali, nei limiti dei costi dei mezzi pubblici per analogo tragitto, assumendo a riferimento il D.M. 4.08.2011 per il richiamo al Ccnl del personale dirigente del 23.12.1999 (rimborso delle spese sostenute per viaggi in ferrovia, aereo, nave ed altri mezzi di trasporto extraurbani, nel limite del costo del biglietto di prima classe o equiparate). Si chiede inoltre se ai detti consiglieri possa essere riconosciuto il rimborso delle spese di pernottamento in loco nel caso di sedute serali che si protraggono nel tempo". ---ooo0oo-- Risposta: Il rimborso delle spese a favore degli amministratori che risiedono fuori dal capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente è disciplinato dall’art. 84, comma 3, del D. Lgs.vo 18 agosto 2000, n. 267, il quale dispone che: "Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate". In ordine alla disciplina di tali spese, anche con riferimento al rimborso delle spese per l’utilizzo del mezzo proprio, la Sezione delle Autonomie, con deliberazione in data 29 dicembre 2016, n. 38/SEZAUT/2016/QMIG, resa in sede di questione di massima ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, sollevata dalla Sezione Regionale di Controllo per la Liguria con Del. n. 71/2016/QMIG, ha enunciato il seguente principio di diritto: "Il rimborso delle specie di viaggio assume una diversa natura e finalità nelle due fattispecie contemplate, rispettivamente, dal comma 1 e dal comma 3 dell’art. 84 del d.lgs. n. 267/2000. Nella seconda di tali fattispecie, la spesa sostenuta per il rimborso dei viaggi all’amministratore locale, il quale abbia la necessità di recarsi dal proprio luogo di residenza all’ente presso cui esercita il proprio mandato, non configura una spesa di missione bensì un onere finalizzato all’effettivo esercizio costituzionalmente tutelato della funzione. Ai fini del rimborso delle spese di cui all’art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, l’uso del mezzo di trasporto personale è da ritenersi "necessitato" soltanto se finalizzato all’effettivo e obbligatorio svolgimento di funzioni proprie o delegate, e quando ne sia accertata la convenienza economica nei casi in cui il servizio di trasporto pubblico manchi del tutto o non sia idoneo a consentire l’agevole ed utile svolgimento della funzione. Ricorrendo tali presupposti, il rimborso della relativa spesa può essere regolamentato dall’ente anche secondo le modalità previste dall’art. 77-bis, comma 13, del d.l. n. 112/2008". In motivazione, la Sezione delle Autonomie ha infatti evidenziato "la differenza di natura e funzione tra la fattispecie di cui al primo comma dell’art. 84 del d.lgs. n. 267/2000, che disciplina le spese sostenute in caso di missione degli amministratori fuori dal territorio comunale, e quella di cui al terzo comma della medesima norma, che concerne gli oneri sostenuti dall’amministratore residente fuori dal Comune per l’effettivo adempimento del mandato. Quest’ultima norma regola esplicitamente una fattispecie relativa ad una spesa per il funzionamento degli organi politico-amministrativi che risulti necessaria per il concreto espletamento dei relativi mandati nella condizione, costituzionalmente garantita, di effettiva libertà e uguaglianza di accesso. L’altra fattispecie attiene, invece, ad una spesa diversa per finalità (costituendo un rimborso delle spese di viaggio per le missioni degli amministratori e dei dipendenti pubblici) e per connotazione (non essendo caratterizzata dalla necessarietà)". Dall’esposta distinzione consegue che "la spesa sostenuta per il rimborso dei viaggi all’amministratore locale che ha necessità di recarsi dal proprio luogo di residenza all’ente presso cui svolge il mandato (e che si trovi a dover utilizzare il mezzo privato di trasporto per l’oggettiva mancanza di mezzi di trasporto pubblico idonei o l'estrema disagevolezza dei collegamenti), in quanto non costituente spesa di missione, ma onere finalizzato all’effettivo esercizio della funzione istituzionale, non rientra nelle limitazioni finanziarie poste dall’art. 6 del d.l. n. 78/2010, bensì in quelle eventualmente previste per le spese degli organi elettivi e di amministrazione. Va inoltre rilevato che, con l’art. 5 del medesimo d.l. n. 78/2010, il legislatore ha modificato soltanto il primo comma della norma in esame, eliminando il riferimento alla possibilità di erogare rimborsi in misura forfettaria ulteriori rispetto alle spese di viaggio effettivamente sostenute per missioni istituzionali. Non è, invece, intervenuto sul terzo comma del medesimo articolo (che, pure, disciplina il rimborso delle spese di viaggio) e quindi, per tale fattispecie, non può ritenersi implicitamente abrogato l’art. 77-bis, comma 13, del d.l. n. 112/2008, il quale prevede che "al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno, il rimborso per le trasferte dei consiglieri comunali e provinciali è, per ogni chilometro, pari a un quinto del costo di un litro di benzina". Il ricorso al predetto parametro normativo non appare, invero, lesivo del principio di effettività della spesa, per i motivi correttamente indicati anche nella deliberazione della Sezione remittente. Con il rimborso in misura pari ad un quinto del prezzo della benzina per chilometro percorso, il percipiente verrebbe ristorato di una spesa, quella di trasporto con la propria autovettura, che è stata "effettivamente sostenuta". La predetta modalità di rimborso non costituisce un’indennità differente o aggiuntiva (né una causa di eventuale guadagno), ma la quantificazione, oggettiva e predeterminata (nonché ritenuta congrua dal legislatore) del rimborso in mancanza del pagamento del biglietto ad un terzo vettore". La disciplina del rimborso previsto dall’art. 84, comma 3, in esame compete solo per il rimborso dei viaggi "necessari" all’esercizio del mandato. La predetta deliberazione della Sezione delle Autonomie ha quindi precisato che "la "necessità" deve potersi qualificare come tale sia soggettivamente che oggettivamente. Sotto il profilo soggettivo, essa ricorre quando la presenza presso la sede degli uffici sia inerente all’effettivo svolgimento di funzioni proprie o delegate, come la partecipazione alle sedute degli organi esecutivi ed assembleari. In altri termini, è da ritenersi "necessaria" quella presenza qualificata da un preesistente obbligo giuridico dell’interessato che non gli consentirebbe una scelta diversa per l’esercizio della propria funzione, salvo il non esercizio della funzione stessa (cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. 19637/2005). È da escludersi, pertanto, la rimborsabilità delle spese di viaggio sostenute per le presenze in ufficio discrezionalmente rimesse alla valutazione soggettiva dall’amministratore locale (ad esempio, in giorni diversi da quelli delle sedute degli organi di appartenenza), in quanto tali costi devono considerarsi coperti dall’indennità di funzione di cui all’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000. Con riguardo al profilo oggettivo, deve considerarsi correttamente motivata l’autorizzazione rilasciata dal Sindaco (o dal soggetto competente a norma dello statuto o dei regolamenti dell’ente locale) all’uso del mezzo proprio in assenza di mezzi di trasporto pubblico idonei, ovvero, quando l’orario degli stessi non ne consenta la fruizione in tempi conciliabili con l’espletamento delle incombenze connesse al mandato, nonché ogni volta che l’uso del mezzo di trasporto privato sia accertato come economicamente più conveniente o il solo possibile". Si rileva, infine, che poiché l’art. 84, comma 3, del TUEL non prevede la rimborsabilità delle spese di pernottamento, ma esclusivamente "il rimborso delle sole spese di viaggio effettivamente sostenute", il protrarsi nel tempo delle sedute serali non legittima il rimborso di spese ulteriori. Tale circostanza, peraltro, è generalmente valutata in sede di autorizzazione all’utilizzo del mezzo proprio, ammissibile a rimborso nei limiti sopra specificati. Per approfondire vai al testo integrale del parere.

 
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