News 14 Luglio 2016 - Area Contabile


NORMATIVA

Bilancio di previsione 2016-2018 degli Enti Locali: le Linee guida ed il questionario per gli organi di revisione economico finanziaria

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È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12.7.2016 - Supplemento Ordinario n. 27 la DELIBERA 9 giugno 2016 della CORTE DEI CONTI recante "Linee guida e relativo questionario per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per l'attuazione dell'articolo 1, commi 166e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Bilancio di previsione 2016-2018". Per saperne di più scarica la Delibera n. 24/SEZAUT/2016/INPR.

 
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È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12.7.2016 - Supplemento Ordinario n. 27 la DELIBERA 9 giugno 2016 della CORTE DEI CONTI recante "Linee guida e relativo questionario per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per l'attuazione dell'articolo 1, commi 166 ... Continua a leggere

 

Rendiconto della gestione 2015 Enti Locali: le Linee guida ed il questionario per gli organi di revisione economico finanziaria

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È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12.7.2016 la DELIBERA 30 maggio 2016 della CORTE DEI CONTI recante "Linee guida e relativo questionario per gli organi di revisione economico finanziaria degli enti locali per l'attuazione dell'articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Rendiconto della gestione 2015". per maggiori informazioni accedi alla Delibera n. 22/SEZAUT/2016/INPR.

 
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Imprese e professionisti: la compensazione delle cartelle esattoriali con i crediti nei confronti della P.A.

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12.7.2016 il DECRETO 27 giugno 2016 del MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE recante "Compensazione, nell'anno 2016, delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti della pubblica amministrazione". Per approfondire scarica il decreto

 
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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12.7.2016 il DECRETO 27 giugno 2016 del MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE recante "Compensazione, nell'anno 2016, delle cartelle esattoriali in favore di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esig ... Continua a leggere

 

Corte di Conti: il parere sulla determinazione dei gettoni di presenza per la partecipazione agli organi collegiali degli enti che ricevono contributi a carico della finanza pubblica

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Si segnala la Deliberazione n. 321/2016/PAR del 6.7.2016 resa dalla Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per il Veneto con la quale è stato analizzato il quesito posto dal Comune di Verona avente ad oggetto la corretta interpretazione del comma 2 dell'art. 6 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla legge n. 122/2010, ai sensi del quale "la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera..". In particolare, inordine all’operatività di detta disposizione, che si pone tra quelle finalizzate ad introdurre vincoli alla spesa corrente delle pubbliche amministrazioni, il Comune ha formulato i seguenti quesiti: • "…..se l'importo dei gettoni di presenza stabilito dal legislatore nella misura massima di 30 euro a seduta giornaliera debba considerarsi lordo o netto, nonché riferirsi alla sola partecipazione a sedute di organi collegiali o, considerata l'espressione "giornaliera", anche a giorni di effettiva attività e presenza dei componenti l'organo all'interno dell'Ente. • "……..se possa ritenersi legittima la percezione di gettoni di presenza da parte del Presidente di un organo collegiale di cui al comma 2 dell’art. 6 del d.l.78/2010, che all'entrata in vigore del decreto percepiva una indennità di funzione in luogo del gettone di presenza. Si allega copia dello statuto della Fondazione". PARERE: Mentre la Corte ha ritenuto inammissibile il secondo quesito, in quanto privo dei caratteri di generalità ed astrattezza, per il primo quesito ha evidenziato che: "In relazione, invece al primo dei quesiti formulati, si tratta di verificare la corretta applicazione pratica della misura vincolistica di cui all’articolo 6, comma 2 del D.L. 78/2010. Detta norma come già evidenziato in precedenza, al primo periodo prevede che: "2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera". Inoltre, al fine di assegnare precipua cogenza al precetto normativo, al secondo periodo vien previsto che: "La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli". Giova premettere che l’operatività della disposizione di cui trattasi è stata oggetto di numerosi interventi interpretativi da parte delle Sezioni regionali e centrali della Corte dei conti anche in relazione alla correlazione con l’operatività di altra disposizione vincolistica del medesimo decreto 78/2010 che interviene limitando l’importo da corrispondere ai soggetti che partecipano ad organi collegiali ma nello svolgimento di una attività elettiva. In particolare ci si riferisce all’articolo 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010 il quale dispone che: "Ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta". Il Collegio, sul punto, non può esimersi dal richiamare in ogni caso la giurisprudenza nomofilattica, onde delimitare in modo esatto l’ambito oggettivo della normativa vincolistica di cui agli art. 5 e 6 del D.L. 78/2010 (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 29/SEZAUT/2015/QMIG del 14 settembre 2015; Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 4/SEZAUT/2014/QMIG): essendo la finalità perseguita dal legislatore quella di "operare sensibili riduzioni di spesa a carico della pubblica amministrazione"(Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 13/2011/PAR), la disciplina limitativa non può che riferirsi a "tutte le possibili forme di compenso corrisposte dalle amministrazioni ai componenti degli organi collegiali e ai titolari di incarico di qualsiasi tipo". Come è stato ulteriormente chiarito dalla Sezione Campania in sede di rimessione alla Sezione delle Autonomie (deliberazione del 15 luglio 2015, n. 199/2015/QMIG), il parametro soggettivo (amministratori pubblici e componenti degli organi collegiali degli apparati amministrativi) costituisce l’unico elemento di diversificazione delle due disposizioni vincolistiche (rispettivamente, art. 6, comma 3, ed art. 5 del D.L. n. 78/2010), e ad esse sarebbe estranea ogni altra distinzione (Corte dei conti, Sezione delle autonomie, n. 29/SEZAUT/2015/QMIG). Il Collegio ritiene, al riguardo, di poter sottolineare che l’esegesi della locuzione "svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni", contenuta nel testo dell’art. 5 del D.L. 78/2010, evidenzia chiaramente come la norma di cui all’articolo 5 comma 5 sia riferibile ai soggetti che svolgono attività elettive, come sottolineato dalla recente deliberazione della Sezione delle Autonomie n. 11/SEZAUT/2016/QMIG. Infatti in detta deliberazione si evidenzia come "..La Corte Costituzionale ha, peraltro, già avuto modo di affermare (sentenza n. 151/2012) che la norma di cui al comma 5 dell’art. 5 del d.l. n. 78/2010 «introduce il principio di gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle indicate pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive (inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo), in forza del quale i soggetti che svolgono detti incarichi hanno diritto esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Lo stesso comma prevede inoltre che gli "eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta". Detto principio di gratuità risponde alla ratio di evitare il cumulo di incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della spesa corrente, l’equilibrio della finanza pubblica complessiva. L’impugnata normativa è, pertanto, espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica. Costituisce, quindi, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica…». Va evidenziato che il dispositivo normativo de qua persegue una duplice finalità: di contenimento dei costi per le pubbliche amministrazioni, e di contenimento delle retribuzioni corrisposte ai titolari di cariche elettive…". Di contro, la disposizione di cui all’articolo 6, comma 2 non appare destinata a coloro che partecipano ad organi collegiali nello svolgimento di attività elettiva ma a tutti gli altri soggetti che vi partecipano prescindendo dallo svolgimento di detta attività. Occorre evidenziare poi, che l’art. 35, comma 2 bis del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo" all’articolo 35, comma 2-bis dispone: "La disposizione di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che il carattere onorifico della partecipazione agli organicollegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti". Come ricordato in precedenza, sull’operatività della disposizione di cui all’art. 6, comma 2 si sono pronunciate in sede consultiva numerose sezioni regionali di controllo affrontando le più svariate problematiche che possono scaturire in ordine all’applicazione dei primi 4 commi dello stesso articolo 6, tra i quali si annovera la norma in questione. Ciò che è emerso dalle posizioni interpretative in oggetto e che conferma la ratio del decreto 78/2010 è la volontà di conseguire una riduzione dei costi degli apparati amministrativi, quali attori di spesa pubblica. Volontà, palesata oltremodo dalla richiamata disposizione interpretativa dell’articolo 35, comma 2 bis, sopra richiamata dalla cui lettura emerge la mancata previsione di eccezioni limitative, se non quella oggetto della deroga interpretativa, in ordine alla categoria funzionale dei soggetti potenzialmente destinatari di emolumenti, comunque denominati, corrisposti dagli Enti Locali contemplati, così rafforzando la portata generale e indifferenziata della riduzione (cfr. sul punto, Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna deliberazione n. 2012/471/PAR). La norma in questione che "…afferma in modo incontrovertibile il principio di gratuità della partecipazione ad organi di enti che «comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche..»" (Corte costituzionale sentenza n. 161/2012), infatti, "…si inquadra nelle misure di coordinamento della finanza pubblica ed assume una posizione autonoma e distinta dalle altre norme di analoga natura contenute nel medesimo art. 6, in ordine alle quali questa Corte ha avuto modo di affermare che l’articolo stesso «al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, ha prescritto un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del Servizio sanitario nazionale» (sentenza n. 182 del 2011) e che «Il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 132 del 2012)…", (Corte costituzionale, sentenza n. 161/2012). Emerge dunque dalle stesse pronunce della Corte costituzionale che la norma in oggetto del presente parere è "….norma di coordinamento della finanza pubblica …(e)……si ispira alla finalità di contenimento dei costi della politica e degli apparati amministrativi così come il successivo comma 3 del medesimo art. 6, ma si differenzia da quest’ultimo sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo" (Corte costituzionale sentenza 161/2012 citata). Se la ratio del legislatore in relazione alle disposizioni vincolistiche dell’articolo 6, comma 2 appare quella finalizzata ad un riduzione della spesa corrente, a tale logica deve essere orientata ogni interpretazione circa l’effettiva operatività della disposizione di cui trattasi. Da tale approdo interpretativo discende, in relazione al primo quesito prospettato dal Comune di Verona, che la retribuzione giornaliera fissata dalla disposizione non può che essere riferita all’attività collegiale dell’organo ovvero alla formale seduta che lo stesso ha tenuto nell’ambito dello svolgimento della specifica attività intendendosi la locuzione "giornaliera" come limite temporale finalizzato ad ancorare la retribuzione al tetto massimo giornaliero di 30 euro stabilito dalla norma. La mera presenza dei componenti dell’organo collegiale all’interno dell’amministrazione alla quale detto organo sia riferibile non appare sufficiente a giustificare l’erogazione del gettone di presenza proprio perché viene meno l’operatività formale che trova nella collegialità la sua espressione operativa. Altresì, si evidenzia che la somma massima conferibile pari a 30 euro giornaliere quale tetto normativamente previsto non può che riferirsi al lordo della somma stabilita nella citata disposizione atteso che detto gettone di presenza può ben essere annoverato tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente stabiliti all’articolo 50 del Testo unico sulla dichiarazioni dei redditi (TUIR) di cui al D.P.R. 22/12/1986. In base alle predetta normativa, infatti, i redditi da lavoro dipendente ed assimilati vengono soggetti ad imposizione fiscale in relazione al loro importo stabilito al lordo, ai sensi dell’articolo 3 del medesimo TUIR relativo alla determinazione della base imponibile che recita: "L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato". Rientrano, infatti,quali redditi assimilabili al lavoro dipendente anche quelli derivanti da partecipazione a collegi e commissioni.Recita, infatti, la lettera c-bis) del comma 1 del richiamato art. 50 che: "le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni,…".

 
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Finanza Locale: il Decreto per il recupero delle somme dovute e non versate dalle Province e città metropolitane

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Sul sito del Dipartimento delle Finanze del MEF è stato pubblicato il Decreto per il recupero delle somme dovute e non versate dalle province e dalle città metropolitane a valere sui versamenti IPT, ai sensi dell’art. 1, comma 419 della legge 28 dicembre 2014, n. 190. Il decreto stabilisce la procedura per il recupero delle somme dovute e non versate a titolo di contributo alla finanza pubblica a carico delle province e delle città metropolitane. Per maggiori informazioni scarica il decreto 5 luglio 2016

 
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GIURISPRUDENZA

Corte dei Conti: non è necessaria la piena corrispondenza tra invito a dedurre e citazione

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La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, con sentenza n. 219 del 4.7.2016 ha richiamato l’univoca posizione giurisprudenziale secondo la quale l’invito a dedurre ha una duplice funzione, la prima di assicurare la massima completezza istruttoria per evidenti ragioni di economia processuale, la seconda di consentire al presunto responsabile di svolgere le proprie argomentazioni a difesa al fine di pervenire all’archiviazione della vertenza. All’invito, quindi, non può essere riconosciuta alcuna funzione volta ad instaurare una contrapposizione dialettica tra Pubblico Ministero e persone invitate a fornire deduzioni, funzione questa propria del giudizio che si instaura dinanzi ad un Giudice terzo, per cui nessuna lesione del diritto di difesa può realizzarsi in questa fase (vedi Sezione Lazio n. 989/2010, Sezione 3^appello n. 746/2010 ecc.). Corollari di questo principio giurisprudenziale, sono da un lato, quello della non necessaria piena corrispondenza tra invito a dedurre e citazione, essendo anzi fisiologico che sussista una difformità di fatti e valutazioni, se non altro in relazione a quanto dedotto dagli interessati, purché rimanga immutato il nucleo essenziale del petitum e della causa petendi; dall’altro lato la giurisprudenza ha escluso l’obbligo di motivazione del Procuratore citante in ordine alle deduzioni ed eventuali documenti prodotti dall’invitato, potendo la non condivisione delle ragioni opposte risultare dal contenuto della citazione o persino per facta concludentia (sul punto cfr. SS.RR. di questa Corte n. 7/98, Sezione Lombardia n. 3242009, Sezione Terza di appello n. 52/2013 ecc.). Per tale ragione la Corte ha disatteso l’eccezione proposta e, correlativamente anche l’altra formulata, con la quale viene contestata la genericità ed indeterminatezza dell’atto di citazione, essendo le difese che l’hanno affermata, spiegato in maniera più che congrua la propria difesa, mostrando così di essere pienamente consapevoli dell’addebito di responsabilità formulato.

 
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Il finanziamento del trattamento accessorio con risorse derivanti dal codice della strada: il parere della Corte dei Conti

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"I comuni non sono legittimati ad alimentare i fondi per il trattamento accessorio del personale investito di specifiche responsabilità, connesse alla circolazione stradale, con i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie del codice della strada, se non ai sensi dell’art. 15, comma 5, del c.c.n.l. del 1 aprile 1999; ii. Indipendentemente dalle modalità di finanziamento, le risorse destinate al trattamento accessorio del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni devono rispettare il tetto disciplinato dalla legge di stabilità 2016 all’art. 1, comma 236." È questo l'avviso della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo reso con la deliberazione del. n. 151/2016/PAR del 6.7.2016. In particolare, il sindaco del comune di Spoltore ha formulato una richiesta di parere sulla corretta applicazione dell’art. 208, comma 5 - bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada) esponendo in modo dettagliato l’intendimento del comune di rafforzare il servizio di sorveglianza territoriale nelle ore notturne, allegando anche una sinossi del progetto. Tanto rappresentato, il sindaco richiede: i) se sia possibile destinare le risorse disciplinate dalla normativa citata al trattamento accessorio del personale, finalizzato, ai sensi dell’art. 15, comma 1, lettera k), del c.c.n.l. del 1 aprile 1999 (Regioni e autonomie locali), all’incentivazione di prestazioni o risultati del personale con specifico riferimento alla fattispecie descritta; 2) se l’attribuzione di tali risorse al trattamento accessorio possa consentire un incremento del tetto di cui all’art. 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016). Risposta: L’art. 208 del codice della strada disciplina in modo puntuale la destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie. Come più volte affermato dalla giurisprudenza contabile (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 30 marzo 2015, n. 138), la norma deroga al principio di unità del bilancio, consentendo che i proventi derivanti da sanzioni amministrative previste in sede di disciplina della circolazione stradale siano vincolati a specifiche finalità previste per legge, al fine di correlare parte delle somme incassate dalle amministrazioni locali al miglioramento della sicurezza e al potenziamento delle attività di controllo sulla circolazione stradale. In particolare, la disposizione in commento regola l’utilizzo dei proventi delle sanzioni per violazione delle norme del codice definendo quattro aspetti: i) le risorse interessate, ossia "i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice"; ii) la loro devoluzione "ai Comuni (ma analoga previsione riguarda lo Stato e gli altri enti territoriali) quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti (…) dei comuni"; iii) la destinazione, per il 50% di tali proventi sulla base di una puntuale articolazione: a) gli interventi riguardanti la "segnaletica delle strade di proprietà dell’ente", per almeno un quarto del predetto 50%; b) il "potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale", per almeno un altro quarto del predetto 50%; c) un’ampia congerie di fattispecie per la quota residuale, fra cui il miglioramento della sicurezza stradale e la tutela egli utenti stradali "deboli"; iv) la determinazione annuale da parte degli enti locali, con apposita deliberazione della giunta, delle quote da destinare alle finalità di cui al comma 4, con "facoltà dell'ente di utilizzare in tutto o in parte la restante quota del 50 per cento dei proventi per le finalità di cui al citato comma 4" (comma 5). Il comma 4 di detto articolo prevede in particolare che "Una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli enti (…) é destinata: (…) c) ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell'ente, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all'articolo 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e a interventi a favore della mobilità ciclistica". Il comma 5 - bis, invocato nella richiesta di parere, ha inoltre ricompreso in tale categoria la destinazione "ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro, ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187 e all'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale". Il primo punto oggetto della richiesta da parte del comune verte allora sulla possibilità di ricomprendere tra le finalità a cui deve essere obbligatoriamente devoluta una quota dei proventi delle sanzioni pecuniarie amministrative (pari al cinquanta per cento) anche il finanziamento del trattamento accessorio del personale della polizia locale investito di specifiche responsabilità in relazione alla prevenzione di illeciti latamente connessi con la circolazione stradale, ovvero lesivi del godimento delle infrastrutture destinate alla viabilità. Sul punto, risultano numerosi precedenti delle sezioni regionali di controllo, che sono pervenute a conclusioni sostanzialmente concordi che sono di seguito esplicitate. In particolare, secondo quello che risulta essere l’orientamento ormai consolidato (Sezioni riunite per la Regione siciliana, deliberazione 23 giugno 2006, n. 9; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione 20 ottobre 2010, n. 961 e 3 luglio 2013, n. 273; Sezione regionale di controllo per la Liguria, 21 giugno 2011, n. 55), la disposizione citata non consentirebbe di utilizzare le risorse menzionate per finanziare il trattamento accessorio del personale di vigilanza con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Tanto è in particolare argomentato in forza di un duplice ordine di considerazioni. Il primo si basa su un dato letterale (assenza nel dato normativo di tale possibilità), precisandosi che le risorse che ciascun ente interessato può indirizzare all’incentivazione di prestazioni o di risultati in forza della menzionata previsione del c.c.n.l. sono solo quelle che specifiche disposizioni di legge finalizzano in via immediata a tale scopo, e non qualsiasi forma di entrata dell’ente teleologicamente e mediatamente indirizzata al perseguimento di finalità conseguibili tramite tali prestazioni o risultati. Per contro, i puntuali riferimenti normativi a specifici istituti giuslavoristici (assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e forme flessibili di lavoro) escluderebbero a contrario l’alimentazione di erogazioni potenzialmente continuative di natura retributiva o indennitaria Il secondo, di tenore logico-sistematico, esclude la possibilità di destinare tali risorse (di per sé di carattere straordinario) a spese ripetitive e continuative, a garanzia dell’equilibrio finanziario dell’ente. Le pronunce ricordate hanno tuttavia precisato che il finanziamento del trattamento accessorio con le risorse derivanti dal codice della strada può avvenire ai sensi dell’art. 15, comma 5, del c.c.n.l. menzionato. La disposizione (la cui esegesi esula comunque dalla richiesta di parere) consente agli enti di incrementare le risorsenecessarie per sostenere i maggiori oneri del trattamento economico accessorio nel caso di "attivazione di nuovi servizi o di processi di riorganizzazione finalizzati ad un accrescimento di quelli esistenti, ai quali sia correlato un aumento delle prestazioni del personale in servizio cui non possa farsi fronte attraverso la razionalizzazione delle strutture e/o delle risorse finanziarie disponibili o che comunque comportino un incremento stabile delle dotazioni organiche". ii. La legge di stabilità 2016 all’art. 1, comma 236 prevede che "(…) a decorrere dal 1 gennaio 2016 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015 (…)". La giurisprudenza delle Sezioni regionali della Corte (da ultime in particolare Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione 18 marzo 2015, n. 97; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione 28 ottobre 2015, n. 379) ha avuto modo di affrontare la tematica del contenimento del trattamento accessorio del pubblico impiego in relazione alla normativa di blocco previgente (art. 9, comma 2-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, integrato medio tempore dall’art. 1, comma 456, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per l’anno 2015). Anche la scrivente Sezione (da ultimo deliberazione del 10 marzo 2016, n. 58) ha avuto modo di precisare come, con la normativa riferita, il legislatore ha sostanzialmente abbandonato il meccanismo introdotto per l’anno 2015 (che non faceva riferimento a un tetto "fisso", decurtato in misura proporzionale alle cessazioni del personale dal servizio, ma prevedeva che il fondo per le risorse decentrate, una volta costituito, fosse decurtato delle riduzioni operate su tale fondo per gli anni 2001-2014) ed è tornato a una determinazione di un tetto rigido, adeguato all’eventuale diminuzione del personale. In ogni caso, come ritenuto anche dalle pronunce delle citate sezioni regionali di controllo (nonché da ultimo dalla Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione 13 febbraio 2014, n. 34), l’utilizzazione di tutte le risorse destinate a tale scopo deve avvenire nel pieno rispetto degli eventuali ulteriori vincoli posti da norme di coordinamento della finanza pubblica. In conclusione, quindi, la perentorietà del tetto e la sua applicabilità di portata generale non consente di escludere dal rispetto di tale limite quote di trattamento accessorio, a prescindere dalle modalità con cui esse siano in concreto alimentate. P.Q.M.: "L’avviso della Sezione è nel senso che: i. I comuni non sono legittimati ad alimentare i fondi per il trattamento accessorio del personale investito di specifiche responsabilità, connesse alla circolazione stradale, con i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie del codice della strada, se non ai sensi dell’art. 15, comma 5, del c.c.n.l. del 1 aprile 1999; ii. Indipendentemente dalle modalità di finanziamento, le risorse destinate al trattamento accessorio del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni devono rispettare il tetto disciplinato dalla legge di stabilità 2016 all’art. 1, comma 236".

 
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Corte dei Conti: l'incidenza del vincolo di invarianza finanziaria sul rimborso delle spese di viaggio per i componenti delle commissioni locali per il paesaggio

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Il Comune di Moliterno ha sottoposto alla Corte dei Conti un quesito afferente l’interpretazione dei vincoli finanziari sottesi alla composizione ed al funzionamento delle Commissioni locali per il paesaggio istituite ai sensi dell’art. 148 del Dlgs n. 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni, e successive modifiche ed integrazioni. In particolare, il quesito riguarda la legittimità del rimborso delle spese di viaggio in favore dei componenti le commissioni locali per il paesaggio alla luce del vincolo di invarianza finanziaria di cui all’art. 183, comma 3, del dlgs 42/2004. (rif. Artt. 146, comma 6, 148 e 183, comma 3 del Dlgs 42/2004 e successive modifiche ed integrazioni). La Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Basilicata con deliberazione n. 29/2016/PAR del 7.7.2016 ha evidenziato che il comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/2004, per come formulato, non preclude "in linea astratta" il rimborso delle spese di viaggio documentate sostenute dai componenti per la partecipazione alle commissioni locali per il paesaggio di cui all’art. 148 del medesimo articolato normativo, e ciò in quanto il disposto in questione non prevede uno specifico divieto in tale senso, e, comunque, tale divieto non può ritenersi compreso – per via implicita- nel divieto di "corrispondere alcun compenso" sancito dal comma in questione, in quanto non ne condivide i medesimi presupposti "remunerativi o compensativi". Fermo quanto sopra, alla luce del vincolo di neutralità finanziaria sancito dall’articolato in esame, gli oneri derivanti dal "rimborso delle spese" potranno essere legittimamente previsti e sostenuti dall’amministrazione interessata solo ed esclusivamente all’esito della verifica " a monte", sin dalla fase di programmazione, della possibilità di neutralizzare, in concreto, tali spese con le nuove entrate (ovvero con i risparmi di spesa) derivanti dall’esercizio della funzione delegata, di cui è parte integrante e sostanziale la commissione locale per il paesaggio, e ciò comunque nel rispetto degli specifici vincoli previsti in materia a tutela della finanza pubblica (allargata). Nel caso in esame, trattandosi di istituzione e funzionamento di un nuovo organo collegiale connesso all’esercizio di una funzione "istituzionale" dell’amministrazione interessata, tale vincolo di invarianza della spesa comporterà – ai fini del suo rispetto- una diversa allocazione delle ordinarie risorse (umane, strumentali ed economiche) disponibili a legislazione vigente, ovvero l’utilizzo delle eventuali maggiori entrate derivanti nell’ambito e/o per effetto dell’istituzione e/o del funzionamento delle suddette commissioni, il tutto avendo riguardo al fatto che si tratta di una funzione "delegata" che la regione – quale ente delegante- ha l’onere di "promuovere" ai fini del suo esercizio in concreto. Nel caso di specie, tale onere di promozione dovrà sostanziarsi nel coadiuvare gli enti delegati nell’individuazione dei componenti delle commissioni de quibus, rendendo in concreto esercitabile tale funzione anche alla luce dei vincoli finanziari di cui al comma 3, dell’art. 183 del Dlgs 42/20014 e successive modifiche ed integrazioni. In tale contesto, si ritiene che professionisti componenti le commissioni in parola debbano essere " terzi" rispetto all’amministrazione delegata ma "interni" al comparto pubblico, inteso come soggetto macro aggregato, e ciò alla luce della natura "istituzionale" delle funzioni svolte dalle commissioni de quibus e del divieto tombale di remunerazione disposti ai sensi del comma 3, dell’art. 183 in esame. Per approfondire scarica il parere

 
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