News 24 Novembre 2015 - Area Contabile


NORMATIVA

Regioni: in G.U. le disposizioni urgenti in materia di contabilità e di concorso all'equilibrio della finanza pubblica

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 266 del 14.11.2015 il decreto legge 13 novembre 2015, n. 179 recante "Disposizioni urgenti in materia di contabilità e di concorso all'equilibrio della finanza pubblica delle Regioni". Entrata in vigore del provvedimento: 15.11.2015

 
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Turismo: pubblicato l'avviso sulla concessione di contributi

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 263 il comunicato del Ministero dei beni e delle attività culturali e del Turismo del 11 novembre 2015 recante "Avviso relativo alla concessione dei contributi a favore delle reti d'impresa operanti nel settore del turismo". Nel comunicato si precisa che "in data odierna e' stato pubblicato sul sito istituzionale www.beniculturali.it/turismo il nuovo bando integrale per la «Concessione di contributi a favore delle reti d'impresa operanti nel settore del turismo» del 27 ottobre 2015, di cui al decreto del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport dell'8 gennaio 2013. Le domande dovranno essere compilate in modalita' telematica sulla piattaforma informatica predisposta dal Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, e dovranno pervenire entro e non oltre le ore 16 del 15 gennaio 2016. Informazioni e chiarimenti possono essere richiesti al seguente indirizzo e mail: retidimpresa.rup@beniculturali.it"

 
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GIURISPRUDENZA

Corte costituzionale: bocciata la prescrizione della Lira

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La Corte Costituzionale con sentenza n. 216 del 5.11.2015 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 26 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, per violazione dei principi di tutela dell’affidamento e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. Con l’introduzione dell’euro, avvenuta il 1° gennaio 1999, si aprì un periodo transitorio, durato sino al 31 dicembre 2001, nel quale le monete metalliche e le banconote in lire continuavano a costituire il solo mezzo di pagamento in numerario, anche quando il debito fosse espresso in euro. Il 1° gennaio 2002, cessato il periodo transitorio, iniziò la circolazione delle banconote in euro e delle monete metalliche in euro e in cent. Le banconote e le monete in lire continuarono ad avere corso legale per un periodo di due mesi, sino al 28 febbraio 2002, ex art. 155, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001). Da tale data, terminata la fase di doppia circolazione, iniziò a decorrere il termine di prescrizione delle lire ancora circolanti. L’art. 3, comma 1, della legge 7 aprile 1997, n. 96 (Norme in materia di circolazione monetaria), dispone che «Le banconote ed i biglietti a debito dello Stato si prescrivono a favore dell’Erario decorsi dieci anni dalla data di cessazione del corso legale». L’art. 87, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), ha aggiunto all’art. 3 della legge n. 96 del 1997 un comma 1-bis, secondo cui «Le banconote in lire possono essere convertite in euro presso le filiali della Banca d’Italia non oltre il 28 febbraio 2012». L’art. 52-ter, comma 1, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213 (Disposizioni per l’introduzione dell’EURO nell’ordinamento nazionale, a norma dell’articolo 1, comma 1, della L. 17 dicembre 1997, n. 433), prevede che «Le monete metalliche si prescrivono a favore dell’erario decorsi dieci anni dalla data di cessazione del corso legale». L’art. 87, comma 2, della legge n. 289 del 2002 ha aggiunto un comma 1-bis anche all’art. 52-ter del decreto legislativo n. 213 del 1998, secondo cui «Le monete in lire possono essere convertite in euro presso le filiali della Banca d’Italia non oltre il 28 febbraio 2012». Per effetto della cessazione del corso legale della lira, quindi, il diritto di convertire in euro le banconote e le monete metalliche in lire poteva essere esercitato fino alla scadenza del termine decennale di prescrizione stabilito, in via generale, a favore dell’erario, e cioè fino al 28 febbraio 2012. In questo quadro si è inserito l’art. 26 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, il quale, al dichiarato fine di ridurre il debito pubblico (la disposizione è contenuta nel Capo V del decreto, intitolato «Misure per la riduzione del debito pubblico») e in deroga alle norme sopra richiamate, ha disposto la prescrizione anticipata, con effetto immediato, delle lire ancora in circolazione, e ha stabilito, altresì, che il relativo controvalore fosse versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Come la Corte ha più volte affermato, il valore del legittimo affidamento, il quale trova copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici «anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti», ma esige che ciò avvenga alla condizione «che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 56 del 2015, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009). Solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consolidate, dunque, ovvero in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esigano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse, ma sempre nei limiti della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 56 del 2015). Non è dubitabile che il quadro normativo preesistente alla disposizione denunciata di incostituzionalità, come descritto in precedenza, fosse tale da far sorgere nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento del termine fino alla sua prevista scadenza decennale, come disposto, sia dalla norma sulla prescrizione delle banconote cessate dal corso legale (art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 1997), sia dalla norma che prevede il diritto di convertire le banconote in euro presso le filiali della Banca d’Italia (art. 3, comma 1-bis, della legge n. 96 del 1997, introdotto dall’art. 87 della legge n. 289 del 2002). Il fatto che, al momento dell’entrata in vigore della disposizione censurata, fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira non è idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che, confidando nella perdurante pendenza del termine originariamente fissato dalla legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione in euro delle banconote in lire possedute. Il lungo tempo trascorso senza alcuna modifica dell’assetto normativo regolatore del rapporto rende anzi ancora più evidente il carattere certamente consolidato della posizione giuridica dei possessori di banconote in lire e della loro legittima aspettativa a convertirle in euro entro il termine che sarebbe venuto a scadenza il 28 febbraio 2012 e tanto più censurabile l’improvviso intervento del legislatore su di esso. Proprio con riguardo alla fissazione del termine di prescrizione dei singoli diritti, questa Corte ha costantemente affermato che «il legislatore gode di ampia discrezionalità, con l’unico limite dell’eventuale irragionevolezza, qualora "esso venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce, e di conseguenza inoperante la tutela voluta accordare al cittadino leso" (ex plurimis, ordinanze n. 16 del 2006 e n. 153 del 2000)» (sentenza n. 234 del 2008; nello stesso senso, sentenza n. 10 del 1970). Nemmeno la sopravvenienza dell’interesse dello Stato alla riduzione del debito pubblico, alla cui tutela è diretto l’intervento legislativo nell’ambito del quale si colloca anche la norma denunciata, può costituire adeguata giustificazione di un intervento così radicale in danno ai possessori della vecchia valuta, ai quali era stato concesso un termine di ragionevole durata per convertirla nella nuova. Se l’obiettivo di ridurre il debito può giustificare scelte anche assai onerose e, sempre nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, la compressione di situazioni giuridiche rispetto alle quali opera un legittimo affidamento, esso non può essere perseguito senza una equilibrata valutazione comparativa degli interessi in gioco e, in particolare, non può essere raggiunto trascurando completamente gli interessi dei privati, con i quali va invece ragionevolmente contemperato. Nel caso in esame non risulta operato alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire, dal momento che l’incisione con effetto immediato delle posizioni consolidate di questi ultimi appare radicale e irreversibile, nel senso che la disposizione non lascia alcun termine residuo, fosse anche minimo, per la conversione. Né, d’altro canto, lo scopo perseguito imponeva un tale integrale sacrificio, visto che, come si poteva prevedere fin dall’approvazione della norma, per la maggior parte delle banconote in lire corrispondenti al controvalore versato all’entrata del bilancio dello Stato non sarebbe stata chiesta la conversione. La lesione dell’affidamento risulta tanto più grave e intollerabile in quanto la norma censurata, sebbene si presenti formalmente diretta a ridurre il termine di prescrizione in corso, in realtà estingue ex abrupto il diritto a cui si riferisce, senza lasciare alcun residuo margine temporale per il suo esercizio, sia pure ridotto rispetto al termine originario decennale e della cui durata si potesse in ipotesi valutare la ragionevolezza. Sulla base di quanto sopra riportato la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, per violazione dei principi di tutela dell’affidamento e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

 
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