News 2 Novembre 2014 - Area Contabile
Equitalia: cartelle e tributi sospesi fino al 20 dicembre nelle zone alluvionate
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato il decreto che dispone la sospensione dal 10 ottobre al 20 dicembre 2014 dei versamenti e degli adempimenti tributari nelle zone colpite dall’alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014, che ha interessato la Liguria e altre aree del Nord Italia. La sospensione riguarda tutti i soggetti (persone fisiche e non), anche in qualità di sostituti di imposta, con residenza e sede nei territori interessati dal maltempo. Sono sospesi anche i versamenti, derivanti dalle cartelle notificate dagli agenti della riscossione o derivanti da accertamenti esecutivi, mentre le ritenute devono continuare ad essere operate e versate.
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato il decreto che dispone la sospensione dal 10 ottobre al 20 dicembre 2014 dei versamenti e degli adempimenti tributari nelle zone colpite dall’alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014, che ha interessato la Liguria e altre aree del No ... Continua a leggere
ISTAT: rettificato l'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28.10.2014 è stato pubblicato il comunicato del' ISTAT di rettifica relativo all'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. (Legge dicontabilita' e di finanza pubblica). Per scaricare il comunicato cliccare su "Accedi al Provvedimento".
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28.10.2014 è stato pubblicato il comunicato del' ISTAT di rettifica relativo all'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. (Legge di ... Continua a leggere
Contenimento della spesa del personale: gli enti locali, nell’eventualità del ricorso a forme di lavoro "flessibile", non devono oltrepassare l’ammontare della spesa sostenuta nell’esercizio 2009 per le medesima finalità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti
QUESITO: Il Sindaco del Comune di Giovinazzo (BA), ha chiesto alla Corte Conte Sezione Regionale di controllo per la Puglia un parere della Sezione in merito all’interpretazione della disciplina introdotta dall’art. 11, comma 4 bis, del D. L. 24/06/2014 n. 90 convertito con modificazioni dalla L. 11/08/2014 n. 114 che prevede che le limitazioni contenute nell’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010 non si applicano agli enti che siano in regola con gli obblighi normativi di contenimento della spesa del personale di cui ai commi 557 e 562 della L. n. 296/2006. Il Sindaco aggiunge che le modifiche normative apportate dal D. L. n. 90/2014 non hanno interessato, invece, il successivo periodo che così dispone: "resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009". Conseguentemente il Sindaco ritiene che la norma appaia di difficile interpretazione poiché sembrerebbe emergere un contrasto tra i predetti periodi e pertanto chiede il parere della Sezione al fine di accertare se in virtù della deroga, stabilita in favore degli enti locali che assicurano la riduzione delle spese di personale di cui al comma 557 dell’art. 1 della L. n. 296/2006, debba comunque essere osservato il limite della spesa complessiva (100%) sostenuta per lavoro flessibile nell’anno 2009 oppure non debba essere osservato alcun limite o vincolo in materia di lavoro flessibile. RISPOSTA: L’art. 9, comma 28, del D. L. 31/05/2010 n. 78 convertito con modificazioni nella L. 30/07/2010 n. 122 dispone che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Secondo il disposto dell’art. 11, comma 4 bis introdotto dalla L. 11/08/2014 n. 144 di conversione del D. L. 24/06/2014 n. 90, all'articolo 9, comma 28, del D. L. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla L. 30/07/2010, n. 122, dopo le parole: "articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276." è inserito il seguente periodo: "Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente". Come noto, l’art. 1, comma 557, della L. 27/12/2006 n. 296, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, impone agli enti sottoposti al patto di stabilità interno di assicurare la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici; c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. L’art. 1, comma 562 della citata L. n. 296/2006 prevede, per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008. Alla normativa prevista dalla L. n. 296/2006 in materia di contenimento della spesa del personale, deve aggiungersi il comma 557 quater, introdotto dall’art. 3, comma 5 bis, del D. L. n. 90/2014 che, ai fini dell'applicazione del citato comma 557, prevede che, a decorrere dall'anno 2014, gli enti assicurano, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Si rammenta che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 depositata in data 25/02/2014, ha ribadito che il comma 557 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 rappresenta un principio generale di «coordinamento della finanza pubblica» e con la sentenza n. 108 dell’1/04/2011 ha chiarito che trattasi di normativa, ispirata alla finalità del contenimento della spesa pubblica che rientra tra i princìpi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto pone obiettivi di riequilibrio, senza, peraltro, prevedere strumenti e modalità per il perseguimento dei medesimi. Infatti, ritiene la Corte, «…la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno (data la sua rilevante entità), costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale». Osserva il Collegio che immediatamente dopo il periodo introdotto dalla novella legislativa recata dalla L. n. 144/2014 in sede di conversione del D. L. n. 90/2014 e diretta ad escludere le limitazioni dell’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010 per gli enti che hanno osservato le disposizioni dei commi 557 e 562 dell’art. 1, della L. n. 296/2006, permane comunque la vigenza del seguente disposto normativo: "resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009". Pertanto questa Sezione, conformemente al proprio orientamento già espresso con la deliberazione n. 174/PAR/2014 del 9/10/2014, ritiene che gli enti locali, nell’eventualità del ricorso a forme di lavoro "flessibile", sono tenuti a garantire l’osservanza della predetta disposizione vincolistica che impedisce di oltrepassare l’ammontare della spesa sostenuta nell’esercizio 2009 per le medesima finalità. Infatti, come chiarito dalla recente deliberazione Sezione delle Autonomie n. 21/SEZAUT/2014/QMIG del 15/09/2014,le previsioni recate dalle novelle del D. L. n. 90/2014 che hanno introdotto ipotesi ben precise di esclusione dall’applicazione della disciplina vincolistica in materia di spesa di personale, sembrerebbero confermare, da una parte, la tecnica con la quale è intervenuto negli ultimi anni il legislatore in subiecta materia e dall’altra, la validità della linea ermeneutica (ubi lex voluit dixit) di stretta interpretazione del dettato normativo, fino ad ora seguito.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti
QUESITO: Il Sindaco del Comune di Giovinazzo (BA), ha chiesto alla Corte Conte Sezione Regionale di controllo per la Puglia un parere della Sezione in merito all’interpretazione della disciplina introdotta dall’art. 11, comma 4 bis, del D. L. 24/06/2014 n. 90 convertito con modificazioni dalla L. 1 ... Continua a leggere
Indennità di funzione negli Enti Locali: è il Consiglio Comunale l’organo legittimato alla determinazione delle indennità di funzione. Non è legittimo determinare l’indennità degli assessori in misura egualitaria, senza distinzione tra ruoli istituzionali (vicesindaco o semplici assessori) e senza la riduzione per lavoro dipendente
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera della Corte dei Conti
La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte con Delibera n. 198/2014/SRCPIE/PAR depositata in data 22.10.2014 ha risposto al quesito formulato da Comune di Montaldo Dora (TO) in ordine alla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014. In particolare, il Sindaco del comune di Montalto Dora precisava quanto segue: - che il Comune, con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, ha ora 12 consiglieri e 4 assessori; - che il precedente gettone di presenza per le sedute del Consiglio Comunale, ammontante ad € 16,27, è stato rideterminato in € 9,49 (= 16,27 x 7:12); - che, per quanto riguarda la Giunta Comunale, in applicazione del DM n. 119/2000 e della legge n. 266/2005, verrebbero quantificate le seguenti indennità mensili di funzione: a) Sindaco € 976,10 (€ 1.952,21:2 in quanto lavoratore dipendente); b) Vice Sindaco € 195,22 (20% dell’indennità teorica del Sindaco : 2 in quanto lavoratore dipendente); c) 2 Assessori€ 292,83 ciascuno (15% dell’indennità teorica del Sindaco); d) 1 Assessore€ 146,41 (15% dell’indennità teorica del Sindaco : 2 in quanto lavoratore dipendente); - che il Comune ha operato la riduzione del 10% ai sensi della legge n. 266/2005 Fatte tali premesse, il Sindaco si interroga se tale "determinazione sia quella esatta". Chiede, inoltre, se vi sia o meno la possibilità, da parte della Giunta Comunale, di attribuire a tutti e 4 gli Assessori, in considerazione del medesimo impegno individuale, un’indennità di pari misura per ognuno, dividendo in tal modo lo stesso importo totale di € 927,29 (pari alla somma delle indennità dei 4 Assessori). La Corte dei Conti in riposta al quesito afferente la possibilità per la Giunta Comunale di rideterminare le indennità degli Assessori, ferma l’invarianza complessiva della spesa, in deroga a quanto previsto dal DM 4 aprile 2000, n. 119, ha evidenziato quanto segue: In particolare, va ricordato che ai sensi dell’articolo 4 del citato decreto, "al vicesindaco di comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti, è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari al 20% di quella prevista per il sindaco", mentre "agli assessori di comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari al 15% di quella prevista per il sindaco". Ciò premesso, l’intenzione del Comune istante sarebbe quella di determinare l’indennità dei propri assessori in misura egualitaria, senza distinzione tra ruoli istituzionali (vicesindaco o semplici assessori) e senza la riduzione per lavoro dipendente (si ricorda, infatti, che, ai sensi dell’articolo 82 del TUEL, l’indennità di funzione è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa). Sul punto, la Sezione osserva che le normative in tema di determinazione dell’indennità di funzione si pongono nell’ottica di contenimento della spesa pubblica per le funzioni latamente politiche e, pertanto, devono ritenersi norme inderogabili sotto il profilo del tetto di spesa da esse fissato. Detto in altri termini, se la normativa richiamata (in particolare, il decreto ministeriale 119/2000 e l’articolo 82 del TUEL) fissa dei limiti massimi al valore dell’indennità di funzione erogabile agli amministratori, è evidente che sarebbe del tutto legittima una determinazione di valore inferiore, mentre sarebbe del tutto illegittima una determinazione in spregio dei limiti normativi. Né a diversa conclusione può indurre il recente articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014 a mente del quale "I comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al titolo III, capo IV, della parte prima del testo unico, al fine di assicurare l'invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti". Com’è evidente dal tenore letterale della disposizione, il riferimento all’invarianza della spesa non costituisce un principio di carattere generale ma si ricollega alla previsione contenuta nel comma 135, relativa alla rideterminazione (eventualmente in aumento) del numero di consiglieri comunali e assessori. Stante l’incremento di consiglieri comunali, infatti, è necessario rideterminare in riduzione le indennità di funzione al fine di rispettare il tetto complessivo di spesa previgente. Ma tale tetto complessivo, si ribadisce, si ricollega alla fattispecie specifica di cui al comma 135, senza in alcun modo incidere sui limiti individuali già fissati dall’articolo 82 TUEL e dal DM 119/2000. In ultimo, va ricordato che l’organo legittimato alla determinazione delle indennità di funzione è il Consiglio Comunale, trattandosi di spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi (art. 42, comma 2, lett. I del TUEL). La Corte nel parere in esame ha inoltre ribadito la vigenza della rideterminazione in pejus delle indennità di funzione operata dall’articolo 1, comma 54, legge n. 266/2005. In particolare sul tema della permanente vigenza della riduzione del 10% delle indennità degli amministratori prevista dalla legge n. 266/2005 la corte ha evidenziato che "Come noto, detta norma ha disposto, tra l’altro, che "per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, sono rideterminati in riduzione nella misura del dieci per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 i seguenti emolumenti: a) le indennità di funzione spettanti ai sindaci, ai presidenti delle province e delle regioni, ai presidenti delle comunità montane, ai presidenti dei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali e delle comunità montane, ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli dei citati enti(…..)". Sul punto, la Sezione richiama la recente pronuncia della Sezione Autonomie n. 24/QMIG/2014 del 15 settembre 2014, vincolante per la scrivente Sezione ai sensi dell’articolo 6, comma 4, legge n. 213/2012. La citata deliberazione, con un percorso motivazionale da intendersi qui richiamato, ha confermato le indicazioni già rese dalle Sezioni Riunite in sede di controllo con la pronuncia n. 1 del 12 gennaio 2012, secondo cui "dal coordinamento delle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2006, con quelle successivamente intervenute in materia, emerge un quadro in base al quale gli importi spettanti agli interessati restano cristallizzati a quelli spettanti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 112 del 2008, in quanto immodificabili in aumento a partire dalla predetta data". Coerentemente con le predette premesse le citate Sezioni Riunite, in punto di diritto, hanno precisato che "all’attualità, l’ammontare delle indennità e dei gettoni di presenza spettanti agli amministratori e agli organi politici delle Regioni e degli Enti locali, non possa che essere quello in godimento alla data di entrata in vigore del citato DL 112 del 2008, cioè dell’importo rideterminato in diminuzione ai sensi della legge finanziaria per il 2006". D’altra parte, a fondamento di tali argomentazioni, milita la normativa sopravvenuta che, informata ad una logica di costante riduzione dei costi della rappresentanza politica, offre argomenti positivi a sostegno del carattere strutturale, e non meramente transitorio o eccezionale, delle riduzioni previste dall’art. 1 comma 54 della Legge Finanziaria 2006. Sotto tale profilo, la Sezione delle Autonomie n. 24/2014 richiama "il disposto di cui all’art. 1 comma 136 della recente Legge 56/2014 a mente del quale i Comuni che versino nella ipotesi prevista dal precedente comma 135, ovvero l’aumento del numero dei consiglieri e del numero massimo di assessori, devono provvedere "a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al Titolo III, capo IV, della parte prima del Testo Unico, al fine di assicurare l’invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del Collegio dei revisori dei conti"". Ciò posto, va ribadita la vigenza, sotto un profilo strutturale, della rideterminazione in pejus delle indennità di funzione operata dall’articolo 1, comma 54, legge n. 266/2005."
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera della Corte dei Conti
La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte con Delibera n. 198/2014/SRCPIE/PAR depositata in data 22.10.2014 ha risposto al quesito formulato da Comune di Montaldo Dora (TO) in ordine alla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014. In parti ... Continua a leggere
Dipendenti pubblici: la giurisprudenza sul recupero delle somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.10.2014
Nel giudizio in esame la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come il Tribunale amministrativo regionale correttamente ha escluso l’applicabilità, alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, dell’orientamento giurisprudenziale formatosi negli ultimi anni in materia di recupero disomme indebitamente erogate dalla pubblica amministrazione ai propri dipendenti, secondo cui detto recupero ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell’art. 2033 Cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate, mentre le situazioni di affidamento e di buona fede dei percipienti rileverebbero ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente (v., ex plurimis, Cons. St., Sez. III, 9 giugno 2014, n. 2903, e gli ivi richiamati precedenti giurisprudenziali). Invero, i riportati principi giurisprudenziali, pur apparendo condivisibili in linea astratta, non possono essere applicati in via automatica, generalizzata e indifferenziata a qualsiasi caso concreto di indebita erogazione, da parte della pubblica amministrazione, di somme ai propri dipendenti, dovendosi aver riguardo alle connotazioni, giuridiche e fattuali, delle singole fattispecie dedotte in giudizio, tenendo conto della natura degli importi di volta in volta richiesti in restituzione, delle cause dell’errore che aveva portato alla corresponsione delle somme in contestazione, del lasso di tempo trascorso tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, dell’entità delle somme corrisposte in riferimento alle correlative finalità, ecc. (v., in tal senso, sent. Cons. St., Sez. V, 13 aprile 2012, n. 2118, citata nell’impugnata sentenza). Sulla base di tali principi il Consiglio di Stato nel caso di specie ha evidenziato come l’Amministrazione, nel procedere, ai sensi dell’invocato art. 2033 Cod. civ., al recupero delle maggior somme erogate all’odierno appellato a titolo e in forma di buoni-pasto nel periodo 2002-2009, in primo luogo, non ha preso in considerazione, omettendo ogni correlativa motivazione negli impugnati provvedimenti di recupero, le circostanze messe in rilievo nell’appellata sentenze, segnatamente: - l’avvio del procedimento di recupero solo nell’anno 2011, mentre la corresponsione delle somme in controversia era iniziata nel 2002; - l’emersione dell’indebito in esito alle verifiche amministrativo-contabili del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, sulla gestione economico-finanziaria della C.R.I., dalle quali è emerso che era stato indebitamente esteso al personale militare l’importo dei buoni pasto fissato per il personale civile; - l’assenza di qualsiasi contestazione, nei confronti del percipiente, in merito alla correttezza del numero di buoni-pasto richiesti e ottenuti, con conseguente incontrovertibile dimostrazione della sua buona fede, protratta nel tempo; - le conseguenti peculiarità della posizione del ricorrente e delle motivazioni poste a base dell’attribuzione di buoni-pasto per un valore superiore a quello dovuto. In secondo luogo – e ciò incide sulla stessa fondatezza, in punto di an debeatur, della pretesa di ripetizione d’indebito – l’Amministrazione ha del tutto obliterato di considerare la struttura e funzione dei buoni-pasto, sostitutivi della fruizione gratuita del servizio mensa presso la sede di lavoro ed escludenti «ogni forma di monetizzazione indennizzante» (v. così, testualmente, l’accordo quadro del 31 ottobre 2003). Infatti, a prescindere dalla natura assistenziale o retributiva dell’istituto in questione, è decisivo rimarcare che, nel caso di specie, i dipendenti non hanno percepito somme in denaro, bensì titoli non monetizzabili destinati esclusivamente ad esigenze alimentari in sostituzione del servizio mensa e, per tale causale, pacificamente spesi nel periodo di riferimento, e che, pertanto, si tratta di benefici destinati a soddisfare esigenze di vita primarie e fondamentali dei dipendenti medesimi, di valenza costituzionale, con conseguente inconfigurabilità di una pretesa restitutoria, per equivalente monetario, del maggior valore attribuito ai buoni-pasto nel periodo di riferimento. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.10.2014
Nel giudizio in esame la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come il Tribunale amministrativo regionale correttamente ha escluso l’applicabilità, alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, dell’orientamento giurisprudenziale formatosi negli ultimi anni in materia di recupero di ... Continua a leggere