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domenica 2 novembre 2014 20:52

Dipendenti pubblici: la giurisprudenza sul recupero delle somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.10.2014

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Nel giudizio in esame la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come il Tribunale amministrativo regionale correttamente ha escluso l’applicabilità, alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, dell’orientamento giurisprudenziale formatosi negli ultimi anni in materia di recupero di somme indebitamente erogate dalla pubblica amministrazione ai propri dipendenti, secondo cui detto recupero ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell’art. 2033 Cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate, mentre le situazioni di affidamento e di buona fede dei percipienti rileverebbero ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente (v., ex plurimis, Cons. St., Sez. III, 9 giugno 2014, n. 2903, e gli ivi richiamati precedenti giurisprudenziali). Invero, i riportati principi giurisprudenziali, pur apparendo condivisibili in linea astratta, non possono essere applicati in via automatica, generalizzata e indifferenziata a qualsiasi caso concreto di indebita erogazione, da parte della pubblica amministrazione, di somme ai propri dipendenti, dovendosi aver riguardo alle connotazioni, giuridiche e fattuali, delle singole fattispecie dedotte in giudizio, tenendo conto della natura degli importi di volta in volta richiesti in restituzione, delle cause dell’errore che aveva portato alla corresponsione delle somme in contestazione, del lasso di tempo trascorso tra la data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero, dell’entità delle somme corrisposte in riferimento alle correlative finalità, ecc. (v., in tal senso, sent. Cons. St., Sez. V, 13 aprile 2012, n. 2118, citata nell’impugnata sentenza). Sulla base di tali principi il Consiglio di Stato nel caso di specie ha evidenziato come l’Amministrazione, nel procedere, ai sensi dell’invocato art. 2033 Cod. civ., al recupero delle maggior somme erogate all’odierno appellato a titolo e in forma di buoni-pasto nel periodo 2002-2009, in primo luogo, non ha preso in considerazione, omettendo ogni correlativa motivazione negli impugnati provvedimenti di recupero, le circostanze messe in rilievo nell’appellata sentenze, segnatamente: - l’avvio del procedimento di recupero solo nell’anno 2011, mentre la corresponsione delle somme in controversia era iniziata nel 2002; - l’emersione dell’indebito in esito alle verifiche amministrativo-contabili del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, sulla gestione economico-finanziaria della C.R.I., dalle quali è emerso che era stato indebitamente esteso al personale militare l’importo dei buoni pasto fissato per il personale civile; - l’assenza di qualsiasi contestazione, nei confronti del percipiente, in merito alla correttezza del numero di buoni-pasto richiesti e ottenuti, con conseguente incontrovertibile dimostrazione della sua buona fede, protratta nel tempo; - le conseguenti peculiarità della posizione del ricorrente e delle motivazioni poste a base dell’attribuzione di buoni-pasto per un valore superiore a quello dovuto. In secondo luogo – e ciò incide sulla stessa fondatezza, in punto di an debeatur, della pretesa di ripetizione d’indebito – l’Amministrazione ha del tutto obliterato di considerare la struttura e funzione dei buoni-pasto, sostitutivi della fruizione gratuita del servizio mensa presso la sede di lavoro ed escludenti «ogni forma di monetizzazione indennizzante» (v. così, testualmente, l’accordo quadro del 31 ottobre 2003). Infatti, a prescindere dalla natura assistenziale o retributiva dell’istituto in questione, è decisivo rimarcare che, nel caso di specie, i dipendenti non hanno percepito somme in denaro, bensì titoli non monetizzabili destinati esclusivamente ad esigenze alimentari in sostituzione del servizio mensa e, per tale causale, pacificamente spesi nel periodo di riferimento, e che, pertanto, si tratta di benefici destinati a soddisfare esigenze di vita primarie e fondamentali dei dipendenti medesimi, di valenza costituzionale, con conseguente inconfigurabilità di una pretesa restitutoria, per equivalente monetario, del maggior valore attribuito ai buoni-pasto nel periodo di riferimento. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 27.10.2014

 
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domenica 2 novembre 2014 20:52

ISTAT: rettificato l'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato ISTAT in G.U. n. 251 del 28.10.2014

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 251 del 28.10.2014 è stato pubblicato il comunicato del' ISTAT di rettifica relativo all'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. (Legge di contabilita' e di finanza pubblica). Per scaricare il comunicato cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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domenica 2 novembre 2014 20:52

Equitalia: cartelle e tributi sospesi fino al 20 dicembre nelle zone alluvionate

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Equitalia del 30.10.2014

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Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato il decreto che dispone la sospensione dal 10 ottobre al 20 dicembre 2014 dei versamenti e degli adempimenti tributari nelle zone colpite dall’alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014, che ha interessato la Liguria e altre aree del Nord Italia. La sospensione riguarda tutti i soggetti (persone fisiche e non), anche in qualità di sostituti di imposta, con residenza e sede nei territori interessati dal maltempo. Sono sospesi anche i versamenti, derivanti dalle cartelle notificate dagli agenti della riscossione o derivanti da accertamenti esecutivi, mentre le ritenute devono continuare ad essere operate e versate.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Equitalia del 30.10.2014

 
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domenica 2 novembre 2014 20:52

Indennità di funzione negli Enti Locali: è il Consiglio Comunale l’organo legittimato alla determinazione delle indennità di funzione. Non è legittimo determinare l’indennità degli assessori in misura egualitaria, senza distinzione tra ruoli istituzionali (vicesindaco o semplici assessori) e senza la riduzione per lavoro dipendente

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera della Corte dei Conti

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La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte con Delibera n. 198/2014/SRCPIE/PAR depositata in data 22.10.2014 ha risposto al quesito formulato da Comune di Montaldo Dora (TO) in ordine alla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014. In particolare, il Sindaco del comune di Montalto Dora precisava quanto segue: - che il Comune, con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, ha ora 12 consiglieri e 4 assessori; - che il precedente gettone di presenza per le sedute del Consiglio Comunale, ammontante ad € 16,27, è stato rideterminato in € 9,49 (= 16,27 x 7:12); - che, per quanto riguarda la Giunta Comunale, in applicazione del DM n. 119/2000 e della legge n. 266/2005, verrebbero quantificate le seguenti indennità mensili di funzione: a) Sindaco ​€ 976,10 (€ 1.952,21:2 in quanto lavoratore dipendente); b) Vice Sindaco ​€ 195,22 (20% dell’indennità teorica del Sindaco : 2 in quanto lavoratore dipendente); c) 2 Assessori​€ 292,83 ciascuno (15% dell’indennità teorica del Sindaco); d) 1 Assessore​€ 146,41 (15% dell’indennità teorica del Sindaco : 2 in quanto lavoratore dipendente); - che il Comune ha operato la riduzione del 10% ai sensi della legge n. 266/2005 Fatte tali premesse, il Sindaco si interroga se tale "determinazione sia quella esatta". Chiede, inoltre, se vi sia o meno la possibilità, da parte della Giunta Comunale, di attribuire a tutti e 4 gli Assessori, in considerazione del medesimo impegno individuale, un’indennità di pari misura per ognuno, dividendo in tal modo lo stesso importo totale di € 927,29 (pari alla somma delle indennità dei 4 Assessori). La Corte dei Conti in riposta al quesito afferente la possibilità per la Giunta Comunale di rideterminare le indennità degli Assessori, ferma l’invarianza complessiva della spesa, in deroga a quanto previsto dal DM 4 aprile 2000, n. 119, ha evidenziato quanto segue: In particolare, va ricordato che ai sensi dell’articolo 4 del citato decreto, "al vicesindaco di comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti, è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari al 20% di quella prevista per il sindaco", mentre "agli assessori di comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti è corrisposta un'indennità mensile di funzione pari al 15% di quella prevista per il sindaco". Ciò premesso, l’intenzione del Comune istante sarebbe quella di determinare l’indennità dei propri assessori in misura egualitaria, senza distinzione tra ruoli istituzionali (vicesindaco o semplici assessori) e senza la riduzione per lavoro dipendente (si ricorda, infatti, che, ai sensi dell’articolo 82 del TUEL, l’indennità di funzione è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa). Sul punto, la Sezione osserva che le normative in tema di determinazione dell’indennità di funzione si pongono nell’ottica di contenimento della spesa pubblica per le funzioni latamente politiche e, pertanto, devono ritenersi norme inderogabili sotto il profilo del tetto di spesa da esse fissato. Detto in altri termini, se la normativa richiamata (in particolare, il decreto ministeriale 119/2000 e l’articolo 82 del TUEL) fissa dei limiti massimi al valore dell’indennità di funzione erogabile agli amministratori, è evidente che sarebbe del tutto legittima una determinazione di valore inferiore, mentre sarebbe del tutto illegittima una determinazione in spregio dei limiti normativi. Né a diversa conclusione può indurre il recente articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014 a mente del quale "I comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al titolo III, capo IV, della parte prima del testo unico, al fine di assicurare l'invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti". Com’è evidente dal tenore letterale della disposizione, il riferimento all’invarianza della spesa non costituisce un principio di carattere generale ma si ricollega alla previsione contenuta nel comma 135, relativa alla rideterminazione (eventualmente in aumento) del numero di consiglieri comunali e assessori. Stante l’incremento di consiglieri comunali, infatti, è necessario rideterminare in riduzione le indennità di funzione al fine di rispettare il tetto complessivo di spesa previgente. Ma tale tetto complessivo, si ribadisce, si ricollega alla fattispecie specifica di cui al comma 135, senza in alcun modo incidere sui limiti individuali già fissati dall’articolo 82 TUEL e dal DM 119/2000. In ultimo, va ricordato che l’organo legittimato alla determinazione delle indennità di funzione è il Consiglio Comunale, trattandosi di spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi (art. 42, comma 2, lett. I del TUEL). La Corte nel parere in esame ha inoltre ribadito la vigenza della rideterminazione in pejus delle indennità di funzione operata dall’articolo 1, comma 54, legge n. 266/2005. In particolare sul tema della permanente vigenza della riduzione del 10% delle indennità degli amministratori prevista dalla legge n. 266/2005 la corte ha evidenziato che "Come noto, detta norma ha disposto, tra l’altro, che "per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, sono rideterminati in riduzione nella misura del dieci per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005 i seguenti emolumenti: a) le indennità di funzione spettanti ai sindaci, ai presidenti delle province e delle regioni, ai presidenti delle comunità montane, ai presidenti dei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali e delle comunità montane, ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli dei citati enti(…..)". Sul punto, la Sezione richiama la recente pronuncia della Sezione Autonomie n. 24/QMIG/2014 del 15 settembre 2014, vincolante per la scrivente Sezione ai sensi dell’articolo 6, comma 4, legge n. 213/2012. La citata deliberazione, con un percorso motivazionale da intendersi qui richiamato, ha confermato le indicazioni già rese dalle Sezioni Riunite in sede di controllo con la pronuncia n. 1 del 12 gennaio 2012, secondo cui "dal coordinamento delle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2006, con quelle successivamente intervenute in materia, emerge un quadro in base al quale gli importi spettanti agli interessati restano cristallizzati a quelli spettanti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 112 del 2008, in quanto immodificabili in aumento a partire dalla predetta data". Coerentemente con le predette premesse le citate Sezioni Riunite, in punto di diritto, hanno precisato che "all’attualità, l’ammontare delle indennità e dei gettoni di presenza spettanti agli amministratori e agli organi politici delle Regioni e degli Enti locali, non possa che essere quello in godimento alla data di entrata in vigore del citato DL 112 del 2008, cioè dell’importo rideterminato in diminuzione ai sensi della legge finanziaria per il 2006". D’altra parte, a fondamento di tali argomentazioni, milita la normativa sopravvenuta che, informata ad una logica di costante riduzione dei costi della rappresentanza politica, offre argomenti positivi a sostegno del carattere strutturale, e non meramente transitorio o eccezionale, delle riduzioni previste dall’art. 1 comma 54 della Legge Finanziaria 2006. Sotto tale profilo, la Sezione delle Autonomie n. 24/2014 richiama "il disposto di cui all’art. 1 comma 136 della recente Legge 56/2014 a mente del quale i Comuni che versino nella ipotesi prevista dal precedente comma 135, ovvero l’aumento del numero dei consiglieri e del numero massimo di assessori, devono provvedere "a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al Titolo III, capo IV, della parte prima del Testo Unico, al fine di assicurare l’invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del Collegio dei revisori dei conti"". Ciò posto, va ribadita la vigenza, sotto un profilo strutturale, della rideterminazione in pejus delle indennità di funzione operata dall’articolo 1, comma 54, legge n. 266/2005."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera della Corte dei Conti

 
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La Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte con Delibera n. 198/2014/SRCPIE/PAR depositata in data 22.10.2014 ha risposto al quesito formulato da Comune di Montaldo Dora (TO) in ordine alla corretta interpretazione dell’articolo 1, comma 136, della legge n. 56/2014. In parti ... Continua a leggere

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domenica 2 novembre 2014 20:52

Contenimento della spesa del personale: gli enti locali, nell’eventualità del ricorso a forme di lavoro "flessibile", non devono oltrepassare l’ammontare della spesa sostenuta nell’esercizio 2009 per le medesima finalità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti

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QUESITO: Il Sindaco del Comune di Giovinazzo (BA), ha chiesto alla Corte Conte Sezione Regionale di controllo per la Puglia un parere della Sezione in merito all’interpretazione della disciplina introdotta dall’art. 11, comma 4 bis, del D. L. 24/06/2014 n. 90 convertito con modificazioni dalla L. 11/08/2014 n. 114 che prevede che le limitazioni contenute nell’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010 non si applicano agli enti che siano in regola con gli obblighi normativi di contenimento della spesa del personale di cui ai commi 557 e 562 della L. n. 296/2006. Il Sindaco aggiunge che le modifiche normative apportate dal D. L. n. 90/2014 non hanno interessato, invece, il successivo periodo che così dispone: "resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009". Conseguentemente il Sindaco ritiene che la norma appaia di difficile interpretazione poiché sembrerebbe emergere un contrasto tra i predetti periodi e pertanto chiede il parere della Sezione al fine di accertare se in virtù della deroga, stabilita in favore degli enti locali che assicurano la riduzione delle spese di personale di cui al comma 557 dell’art. 1 della L. n. 296/2006, debba comunque essere osservato il limite della spesa complessiva (100%) sostenuta per lavoro flessibile nell’anno 2009 oppure non debba essere osservato alcun limite o vincolo in materia di lavoro flessibile. RISPOSTA: L’art. 9, comma 28, del D. L. 31/05/2010 n. 78 convertito con modificazioni nella L. 30/07/2010 n. 122 dispone che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Secondo il disposto dell’art. 11, comma 4 bis introdotto dalla L. 11/08/2014 n. 144 di conversione del D. L. 24/06/2014 n. 90, all'articolo 9, comma 28, del D. L. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla L. 30/07/2010, n. 122, dopo le parole: "articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276." è inserito il seguente periodo: "Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente". Come noto, l’art. 1, comma 557, della L. 27/12/2006 n. 296, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, impone agli enti sottoposti al patto di stabilità interno di assicurare la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organici; c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. L’art. 1, comma 562 della citata L. n. 296/2006 prevede, per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, che le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008. Alla normativa prevista dalla L. n. 296/2006 in materia di contenimento della spesa del personale, deve aggiungersi il comma 557 quater, introdotto dall’art. 3, comma 5 bis, del D. L. n. 90/2014 che, ai fini dell'applicazione del citato comma 557, prevede che, a decorrere dall'anno 2014, gli enti assicurano, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Si rammenta che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 depositata in data 25/02/2014, ha ribadito che il comma 557 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 rappresenta un principio generale di «coordinamento della finanza pubblica» e con la sentenza n. 108 dell’1/04/2011 ha chiarito che trattasi di normativa, ispirata alla finalità del contenimento della spesa pubblica che rientra tra i princìpi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto pone obiettivi di riequilibrio, senza, peraltro, prevedere strumenti e modalità per il perseguimento dei medesimi. Infatti, ritiene la Corte, «…la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno (data la sua rilevante entità), costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale». Osserva il Collegio che immediatamente dopo il periodo introdotto dalla novella legislativa recata dalla L. n. 144/2014 in sede di conversione del D. L. n. 90/2014 e diretta ad escludere le limitazioni dell’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010 per gli enti che hanno osservato le disposizioni dei commi 557 e 562 dell’art. 1, della L. n. 296/2006, permane comunque la vigenza del seguente disposto normativo: "resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009". Pertanto questa Sezione, conformemente al proprio orientamento già espresso con la deliberazione n. 174/PAR/2014 del 9/10/2014, ritiene che gli enti locali, nell’eventualità del ricorso a forme di lavoro "flessibile", sono tenuti a garantire l’osservanza della predetta disposizione vincolistica che impedisce di oltrepassare l’ammontare della spesa sostenuta nell’esercizio 2009 per le medesima finalità. Infatti, come chiarito dalla recente deliberazione Sezione delle Autonomie n. 21/SEZAUT/2014/QMIG del 15/09/2014,​le previsioni recate dalle novelle del D. L. n. 90/2014 che hanno introdotto ipotesi ben precise di esclusione dall’applicazione della disciplina vincolistica in materia di spesa di personale, sembrerebbero confermare, da una parte, la tecnica con la quale è intervenuto negli ultimi anni il legislatore in subiecta materia e dall’altra, la validità della linea ermeneutica (ubi lex voluit dixit) di stretta interpretazione del dettato normativo, fino ad ora seguito.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:47

MIUR: in Gazzetta Ufficiale il Bando pubblico per la concessione dei contributi per enti privati che svolgono attivita' di ricerca

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto MIUR - bando per la concessione di contributi per la ricerca in G.U. n. 248 del 24.10.2014

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24.10.2014 il decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca recante il Bando pubblico per la concessione dei contributi per il funzionamento degli enti privati che svolgono attivita' di ricerca. Nel bando che si compone di 11 articolo è stabilito che la domanda e gli allegati dovranno essere trasmessi con il servizio telematico SIRIO che consentirà la trasmissione dalle ore 10 del 22 ottobre 2014 alle ore 15:00 del 19 novembre 2014. Il file inviato tramite SIRIO dovrà poi essere stampato e firmato dal legale rappresentante e spedito con una copia del documento di riconoscimento, senza alle allegati al MIUR. Il plico dovrà pervenire entro il termine perentorio del 27 novembre. Per maggiori informazioni scarica il bando cliccando su "Accedi al provvedimento".

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martedì 28 ottobre 2014 22:47

Enti Locali in dissesto finanziario: in Gazzetta Ufficiale il decreto di concessione dell'anticipazione fino a 300 milioni di euro per il 2014

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero dell'Interno in G.U. n. 247 del 23.10.2014

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23.10.2014 il decreto del Ministero dell'Interno recante "Concessione anticipazione in favore degli enti locali in dissesto finanziario, a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilita' finanziaria degli enti locali." Il decreto, che si compone di tre articoli ed un allegato, precisa all'art. 2 le modalità di presentazione della domanda e all'art. 3 le modalità di restituzione dell'anticipazione. Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero dell'Interno in G.U. n. 247 del 23.10.2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:47

Finanza Locale: disposto il pagamento a favore dei comuni istituiti a seguito di procedure di fusione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato del Ministero dell'Interno del 23.10.2014

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Il Ministero dell'Interno, Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali ha segnalato che con provvedimento del 22 ottobre corrente mese è stato disposto il pagamento a favore dei comuni istituiti a seguito di procedure di fusione, nel rispetto delle modalità stabilite con la normativa vigente e della documentazione inviata dalle Regioni competenti alla Direzione Centrale. Per eventuali chiarimenti il Dipartimento invita a contattare i seguenti numeri telefonici: Funz.Ec.Fin. Di Rienzo M. 06/46548095; Funz.Ec.Fin. Scippa T. 06/46548096.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato del Ministero dell'Interno del 23.10.2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:47

Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche - COSAP: decide il giudice amministrativo nelle controversie relative alla determinazione del canone concessorio, quando a questo fine vengano in rilievo poteri valutativo - discrezionali dell’amministrazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 22.10.2014

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Nella sentenza in esame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha fatto applicazione del criterio costantemente affermato in sede di riparto tra giudice amministrativo e giudice ordinario nella materia di giurisdizione esclusiva relativa alla concessione di beni [ora art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm.], secondo cui sono devolute al primo le controversie nelle quali l’amministrazione opera in veste di autorità, pur se i rapporti tra amministrazione e amministrati possano essere ricondotti ad una relazione giuridica "diritto – obbligo", spettando invece al giudice ordinario quelle che abbiano un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento dell’amministrazione a tutela di interessi generali (solo per citare le più recenti pronunce rientranti in questo indirizzo, indifferentemente relative anche alle concessioni di servizi pubblici: Sez. III, 28 agosto 2014, nn. 4399, 4401, 4404, 4406, 4408, 4410, 4411; Sez. V, 24 settembre 2014 nn. 4802, 4803 e 4804, 25 luglio 2014, n. 3961; 6 luglio 2012, n. 3963; Sez. VI, 10 marzo 2014, n. 1076, 18 aprile 2011 n. 2375). Inoltre, nell’ambito dell’orientamento in questione si precisa che la giurisdizione del giudice ordinario è esclusa, anche nelle controversie relative alla determinazione del canone concessorio, quando a questo fine vengano in rilievo poteri valutativo - discrezionali dell’amministrazione, sia in punto di an debeatur sia in punto di individuazione dei criteri di determinazione del quantum debeatur. Aggiunge poi il Collegio che su posizioni convergenti a quelle espresse dal Consiglio di Stato si pongono anche le Sezioni unite della Cassazione (cfr. le sentenze 12 ottobre 2011, n. 20939, 18 novembre 2008, n. 27333, 24 giugno 2011, n. 13903, 5 aprile 2007, n. 8518, 12 gennaio 2007, n. 411, 23 ottobre 2006, n. 22661, 11 giugno 2001, n. 7861; nonché le ordinanze 1 luglio 2010, n. 15644 e 15 novembre 2002, n. 16165). Ciò precisato in diritto, nel caso di specie l’impugnativa proposta verte sulla soggezione della società al canone concessorio e solo in via subordinata sulla sua misura, ma in ogni caso investe i presupposti della prestazione impostale, quali determinati dall’amministrazione provinciale nell’esercizio di poteri discrezionali, tradottosi nell’emanazione di atti normativi di natura regolamentare. Alla luce delle considerazioni finora svolte, la controversia deve quindi ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del sopra citato art. 133, comma 1, lett. b), del codice del processo. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provevdimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 22.10.2014

 
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Nella sentenza in esame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha fatto applicazione del criterio costantemente affermato in sede di riparto tra giudice amministrativo e giudice ordinario nella materia di giurisdizione esclusiva relativa alla concessione di beni [ora art. 133, comma 1, lett. b), ... Continua a leggere

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martedì 28 ottobre 2014 22:47

Servizio riscossioni tributi: il periodo transitorio e le problematiche connesse al trasferimento ad altre società del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

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Si attenziona la presente sentenza depositata in data 27 ottobre dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato in quanto fa chiarezza sulla riformata la disciplina del servizio di riscossione coattiva delle entrate. La problematica concreta ha riguardato il Comune di Cavallerleone che a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs n. 112 del 1999, con deliberazione consiliare del 2004, decideva di esternalizzare la gestione delle proprie entrate mediante affidamento del servizio di riscossione a mezzo ruolo, alla società Gestione Esazioni Convenzionate s.p.a. (in prosieguo Gec) per il triennio 2004- 2006. Nel frattempo, con la legge n. 248 del 2005 veniva riformata la disciplina del servizio di riscossione coattiva delle entrate, con la soppressione, a decorrere dal 1° ottobre 2006, del sistema di affidamento in concessione e con la contestuale attribuzione delle relative funzioni all'Agenzia delle Entrate. L’Agenzia, quindi, cominciava ad esercitare tali funzioni mediante una società appositamente costituita, denominata Riscossione s.p.a., cui è succeduta la s.p.a. Equitalia. Peraltro, per garantire la continuità della riscossione delle entrate afferenti all’erario locale, la medesima legge di riforma prevedeva che le società concessionarie, fino al momento dell'eventuale cessione totale o parziale del proprio capitale sociale alla Riscossione s.p.a., potessero trasferire ad altre società il ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali. In questo caso, fino al 31 dicembre 2010 e in mancanza di diversa determinazione degli enti stessi, le predette attività potevano essere gestite dalle società cessionarie del ramo d'azienda, se in possesso dei necessari requisiti, mediante la riscossione coattiva con la procedura prevista dal r. d. n. 639 del 1910. Per quanto sopra il Comune di Cavallerleone con deliberazione di giunta n. 4 del 2007, preso atto dell'intervenuto trasferimento da parte della Gec (denominata, a seguito di scissione, Cuneo Riscossioni s.p.a.) del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto dei comuni e del possesso in capo alla società cessionaria (denominata allo stesso modo Gec s.p.a.) del necessario requisito di iscrizione all'apposito albo, affidava per l'anno 2007 la gestione della riscossione volontaria e coattiva delle proprie entrate a quest'ultima, alle condizioni della convenzione già approvata con la delibera consiliare n. 5 del 2004. Successivamente, con la deliberazione del Consiglio n. 35 del 2007, l'Amministrazione approvava il Regolamento per la disciplina generale delle entrate comunali, in cui era tra l'altro previsto che l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dei tributi fosse riservato al funzionario responsabile di ciascun tributo, designato dalla gGiunta comunale. In ritenuta applicazione di tali disposizioni e in assenza di un'espressa deliberazione del Consiglio in ordine alla modifica della modalità di gestione del servizio di accertamento e riscossione con il passaggio al modello della gestione diretta, il funzionario responsabile del Servizio finanziario del Comune, con determinazione 127 del 13 dicembre 2007, visto l'approssimarsi della scadenza della convenzione in atto con la Gec , indiceva una procedura di selezione per l'affidamento del servizio triennale di riscossione delle entrate comunali ad un soggetto terzo. All'esito della gara, risultava aggiudicataria del servizio la Equitalia s.p.a. Contro la decisione di indire una gara per l'affidamento del servizio per il triennio 2008/201010 ed avverso l'aggiudicazione della stessa alla società Equitalia, la Gec proponeva ricorso al Tar Piemonte, che accoglieva il ricorso chiedendone l'annullamento, rilevando sostanzialmente che : - "il Comune, nel discostarsi dal regime transitorio previsto dalla legge per la disciplina dell'affidamento del servizio di riscossione fino alla cessione alla Riscossione s.p.a., avrebbe dovuto provvedere mediante apposito regolamento interno, che però nella specie è mancato "; - "la necessità di previo regolamento, sottesa alla scelta legislativa del 2005, è funzionale a salvaguardare la competenza relativa, in relazione all'articolo 42 del d. lgs. 267/2000 lett. e), riferibile alla determina 127 del 2007, del Consiglio Comunale"; -"il senso giuridico sotteso all’evidenziata necessità di un previo regolamento di organizzazione… risiede anche nella diversa competenza attribuita dalla legge per assumere determinate scelte organizzative, rimesse non ai singoli servizi funzionali dell'Amministrazione, ma all'organo politico competente ad emanare l'atto di natura regolamentare in tema di organizzazione dei servizi, transitoriamente strutturati in modo radicalmente diverso con la legge del 2005, con salvezza di un'eventuale scelta organizzativa diversa, rimessa, necessariamente all'organo competente". Avverso detta sentenza il Comune di Cavallerleone ha quindi interposto l’odierno appello, chiedendone l'integrale riforma. Il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello rilevando che: "l'art. 3, comma 24, della l. 248 del 2005, nel riformare il sistema di riscossione dei tributi statali attraverso la creazione di una società a totale capitale pubblico (Riscossione s.p.a. in seguito denominata Equitalia s.p.a.), ha disciplinato il periodo transitorio prevedendo che "fino al momento dell'eventuale cessione…… del proprio capitale sociale alla Riscossione s.p.a……. le aziende concessionarie possono trasferire ad altre società il ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, nonché a quelle di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446. In questo caso: a) fino al 31 dicembre 2010 ed in mancanza di diversa determinazione degli enti stessi, le predette attività sono gestite dalle società cessionarie del predetto ramo d'azienda, se queste ultime possiedono i requisiti per l'iscrizione all'albo di cui al medesimo articolo 53, comma uno, del decreto legislativo n. 446 del 1997, in presenza dei quali tale iscrizione avviene di diritto….." Alla stregua di tale disciplina transitoria, quindi, nel caso di trasferimento del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per gli enti locali o di scissione di una società già concessionaria del servizio di riscossione, le società cessionarie o risultanti da tale scissione societaria sono titolate ex lege (fino a tutto il 2010) alla prosecuzione diretta del rapporto concessorio con l'ente locale, salvo che quest'ultimo non adotti al riguardo una specifica "diversa determinazione". 4. Ciò posto, osserva il collegio come la diversa determinazione richiamata dalla norma debba necessariamente sostanziarsi in una delibera di natura regolamentare assunta dall'organo elettivo dell'Amministrazione e non di certo in un atto di carattere gestionale adottato da un suo organo burocratico, come sostenuto dall'appellante. 5. Ed invero, sotto il profilo testuale, il termine "determinazione" usato dal legislatore ha una valenza oggettivamente neutra e, pertanto, non è di per sé dirimente ai fini considerati. Come è noto, infatti, con tale espressione vengono comunemente indicati in modo indifferenziato sia gli atti propri degli organi burocratici dell'Ente comunale, sia quelli emessi dai suoi organi elettivi. Non v'è dubbio, quindi, che nella genericità del termine usato dal legislatore, l'unico parametro oggettivo di riferimento per la individuazione della natura dell'atto in questione e del soggetto di conseguenza competente ad assumerlo sia quello sistematico, con specifico riguardo all'assetto istituzionale degli enti locali ed alle finalità che la diversa determinazione è normativamente preordinata a perseguire nell'ambito di tale assetto. 6. Ed in questo senso, osserva il collegio come l'art. 42 del T.U.E.L. disponga che il Consiglio comunale ha competenza relativamente all'adozione (per quanto qui interessa) dei seguenti atti: - "organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione" (lettera e); - "appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nell'ordinaria amministrazione e funzione servizi di competenza della giunta del segretario o di altri funzionari" (lettera l). 7. Orbene, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un'attività di servizio pubblico ( v. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 1° luglio 2005, n. 3672). In particolare, la decisione circa la modalità di gestione del servizio di riscossione delle entrate comunali, nonché la conseguente determinazione di indire una procedura negoziata per la scelta del soggetto incaricato del servizio stesso, costituiscono senz'altro una scelta di organizzazione del servizio pubblico di riscossione che rientra, dunque, nell'ambito di applicazione della lettera e) dell’art. 42 del T.U.E.L. sopra richiamata. Per quanto sopra, il provvedimento con cui sono state effettuate le scelte oggetto del ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere adottato dal Consiglio comunale e non dal Dirigente del settore finanziario, trattandosi di atto di natura regolamentare preordinato a fissare specifiche disposizioni organizzative dell'ente,come correttamente rilevato dal primo giudice. 8. Né, al riguardo, può assumere rilievo l'invocato Regolamento sulle entrate adottato dall'Amministrazione con la delibera consiliare n. 35 del 2007. Per un verso, infatti, quest'ultimo fissa unicamente la disciplina generale delle entrate comunali, senza contenere minimamente la specifica "diversa determinazione" necessaria ai sensi del richiamato art. 3 della l. n. 248 del 2005 per rendere non applicabile il regime transitorio di proroga disposto dal medesimo articolo. Per altro verso, l'articolo 19 del Regolamento si limita a riservare al funzionario responsabile di ciascun tributo l'esercizio delle attività organizzative e gestionali del tributo stesso,una volta istituito, secondo l'ordinario riparto delle competenze fissato dal T.U.E.L.. Anche tale articolo, quindi, non disciplina la "diversa determinazione" per cui è causa e, tantomeno, attribuisce in modo espresso e formale al funzionario responsabile la specifica competenza all'adozione della stessa."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:35

Spese del personale: il superamento del limite della spesa del personale a seguito dell’accoglimento della richiesta di riespansione dell’orario di lavoro da parte di dipendenti in regime di part time non può determinare effetti preclusivi ne sanzionatori a carico dell’ente

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Lombardia n. 251/PAR del 1.10.2014

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Il quesito sottoposto alla Sezione richiede di stabilire se, un dipendente assunto con un contratto di lavoro a tempo pieno, successivamente trasformato in contratto a tempo parziale, possa ottenere di tornare alla prestazione lavorativa a tempo pieno nell’ipotesi in cui le spese per il personale del comune risultino superiori a quelle sostenute nell’esercizio 2008. A tal fine la Corte dei Conti ha ritenuto opportuno richiamare e chiarire l’esatta portata applicativa delle disposizioni normative sottese alla questione prospettata. L’art. 4, comma 14, del CCNL Comparto Regioni – Autonomie Locali del 14 settembre 2000, dispone che "i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico" . La previsione della contrattazione collettiva sopra riportata trova riscontro nell’art. 6, comma 4, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997, n. 140 secondo il quale "i dipendenti che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale hanno diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, nonché alle successive scadenze previste dai contratti collettivi. La trasformazione del rapporto a tempo pieno avviene anche in sovrannumero, riassorbibile con le successive vacanze". Risulta quindi riconosciuto al dipendente, per effetto delle disposizioni richiamate, il pieno diritto alla riespansione del rapporto di lavoro a tempo pieno senza che residui in capo all’amministrazione, una volta accertata la presenza dei presupposti di legge, alcuna discrezionalità. Appare del resto di tutta evidenza che l’esercizio di tale diritto comporti necessariamente un incremento di spesa che si presta ad essere valutato alla luce delle disposizioni che, nell’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica, pongono limiti alla spesa di personale degli enti locali. Viene in considerazione nel caso in esame, concernente un comune con popolazione inferiore ai mille abitanti, l’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006 il quale, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che "per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008". Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che tra l’obbligo di reintegro della prestazione lavorativa a tempo pieno richiesto dalle disposizioni legislative e pattizie che regolano il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali e l’obbligo di contenere le spese di personale imposto dalle norme di coordinamento della finanza pubblica non sia ravvisabile un contrasto in senso tecnico, diversamente da quanto prospettato nella richiesta di parere. Il rispetto della disciplina finanziaria, normalmente, non impatta sulle regole che presiedono alla gestione dei rapporti di lavoro, bensì, sulle scelte di fatto del datore di lavoro. Infatti, nel governo dei rapporti d’impiego l’amministrazione deve adottare, a monte, gli opportuni interventi in grado di rendere compatibili atti di macro-gestione (poteri organizzativi) e micro-gestione (modifiche del singolo rapporto di lavoro) con la vigente disciplina finanziaria, in modo da realizzare i necessari risparmi (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 679/2011/PAR). L’impossibilità di configurare un contrasto normativo tra disposizioni aventi differenti ambiti di applicazione non consente di ammettere una deroga dell’una rispetto all’altra. La spesa sostenuta per il reintegro delle prestazioni lavorative a tempo pieno, in particolare, pur non configurando un’assunzione, come più volte ribadito dalla giurisprudenza contabile, non può essere esclusa dalle spese di personale agli effetti del computo del limite richiesto dalla legge. La Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con la deliberazione n. 29/2011/SRCPIE/PAR, ha affermato sul punto che "le norme che limitano le spese di personale a fini di contenimento della spesa pubblica, inoltre, possono ritenersi di carattere imperativo, con la conseguenza che l’esclusione di singole voci dall’aggregato "spesa di personale", come dal legislatore definito e sopra riportato, non può che trovare espressa previsione in norme di pari rango, che, in quanto espressione di una disciplina speciale, non sono suscettibili di applicazione oltre i casi e i modi da esse norme previsti. E’ dunque necessario rinvenire nell’ordinamento le disposizioni che definiscono la composizione dell’aggregato in questione, come conferma la tendenza del legislatore a indicare espressamente le voci di spesa da ricomprendere o da escludere dal computo. Nella specie, nessuna norma legittima l’esclusione della spesa per la trasformazione dei rapporti di lavoro part-time in tempo pieno, ai sensi del citato art. 4, comma 14 del CCNL Enti locali 14 settembre 2000, da quelle di personale rilevanti agli effetti del limite posto dall’art. 1, comma 562 L. n. 296/2006". Di contro, il mancato rispetto del limite di spesa storica, intervenuto per effetto della trasformazione del rapporto di lavoro o comunque già in atto, come nel caso prospettato, non può impedire l’esercizio del diritto soggettivo del dipendente, assunto a tempo pieno, al reintegro della prestazione lavorativa. Questa Sezione ritiene pertanto di condividere l’orientamento già espresso in materia da altre Sezioni regionali di controllo secondo cui il superamento della spesa del personale a seguito dell’accoglimento della richiesta di riespansione dell’orario di lavoro da parte di dipendenti attualmente in regime di part time "non può determinare effetti preclusivi ne sanzionatori a carico dell’ente. Ciò, a maggior ragione, laddove, come sembra delinearsi nel caso in specie, dette scelte gestionali sono da ricondurre all’adempimento di disposizioni normative nonché contrattuali" (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 406/2014/PAR). Che l’aumento di spesa conseguente alla riespansione non possa determinare effetti preclusivi per l’ente non significa naturalmente che quest’ultimo possa sottrarsi ai vincoli posti dalle norme di coordinamento di finanza pubblica che, per le ragione anzidette, non subiscono alcuna deroga in senso proprio. Ne consegue che il comune, successivamente al verificarsi del superamento del limite di spesa in conseguenza all’eventualità sopra richiamata, rimane tenuto ad indirizzare tutte le scelte discrezionali in materia di spesa di personale e la relativa programmazione al conseguimento nel più breve tempo possibile dell’obiettivo di contenimento posto dal più volte citato art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Lombardia n. 251/PAR del 1.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:35

Spese di sponsorizzazione: l’attività che rientra nelle competenze dell’ente locale e viene esercitata, in via mediata, da soggetti privati destinatari di risorse pubbliche, non é una forma di promozione dell’immagine dell’amministrazione, profilo questo idoneo ad escludere la concessione di contributi dal divieto di spese per sponsorizzazioni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Lombardia n. 248/2014/PAR del 1.10.2014

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La Corte dei Conti è stata investita dal Sindaco del Comune di Fontanella Barbata di un’istanza di parere avente ad oggetto la concessione di un contributo in conto capitale al fine di preservare l'integrità della chiesa parrocchiale, recante altresì la precisazione che non si ravviserebbe una violazione dell’art. 6, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito con legge n. 122/2010, posto che la liquidazione del contributo avrebbe finalità di tutela del patrimonio storico ed artistico presente sul territorio e non configurerebbe conseguentemente una spesa di sponsorizzazione. Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale già formatosi sul punto, la Corte dei Conti in risposta al quesito in esame ha evidenziato che "ciò che assume rilievo per qualificare una contribuzione pubblica quale spesa di sponsorizzazione, a prescindere dalla sua forma, è la funzione. La spesa di sponsorizzazione presuppone la semplice finalità di segnalare ai cittadini la presenza dell’ente pubblico, così da promuoverne l’immagine. Non si configura, invece, quale sponsorizzazione il sostegno di iniziative di un soggetto terzo, riconducibili ai fini istituzionali dello stesso ente pubblico. Profilo, quest’ultimo, che deve essere esplicitato dall’ente locale in modo inequivoco nella motivazione del provvedimento. Conclude poi il Collegio rilevando che "L’attività, dunque, che rientra nelle competenze dell’ente locale e viene esercitata, in via mediata, da soggetti privati destinatari di risorse pubbliche, piuttosto che, direttamente, da parte di Comuni e Province, costituisce una modalità alternativa di erogazione del servizio pubblico e non una forma di promozione dell’immagine dell’amministrazione. Questo profilo, come detto, idoneo ad escludere la concessione di contributi dal divieto di spese per sponsorizzazioni, deve essere esplicitato dall’ente locale in modo inequivoco nella motivazione del provvedimento. L’Amministrazione, inoltre, in aderenza alle regole generali (art. 3 legge n. 24/1990) è tenuta ad evidenziare i presupposti di fatto e il percorso logico alla base dell’erogazione, nonché il rispetto dei criteri di imparzialità e predeterminazione dei criteri per l’attribuzione di contributi (art. 12 legge n. 241/1990). In ogni caso, l’eventuale attribuzione deve risultare conforme al principio di congruità della spesa, presupponente una valutazione comparativa degli interessi complessivi dell’ente locale.

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La Corte dei Conti è stata investita dal Sindaco del Comune di Fontanella Barbata di un’istanza di parere avente ad oggetto la concessione di un contributo in conto capitale al fine di preservare l'integrità della chiesa parrocchiale, recante altresì la precisazione che non si ravviserebbe una viol ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:35

Erogazione contributo ai Comuni per la stabilizzazione di LSU

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 14.10.2014

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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha trasmesso all'Ufficio Centrale del Bilancio (MEF – DRGS) gli ordini di pagamento del contributo per la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili (ex art. 1, comma 1156, lett. f), L. 296/2006 e ss. mm. e ii.) emessi a favore dei Comuni indicati nell'Elenco n. 6 e nell'Elenco n. 7. Per maggiori informazioni cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 14.10.2014

 
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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha trasmesso all'Ufficio Centrale del Bilancio (MEF – DRGS) gli ordini di pagamento del contributo per la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili (ex art. 1, comma 1156, lett. f), L. 296/2006 e ss. mm. e ii.) emessi a favore dei Comuni indic ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:35

Legge di stabilità: Il Ministro Padoan "Questa manovra creerà lavoro". Taglio strutturale delle tasse, per 18 miliardi

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato MEF del 16.10.2014

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Pier Carlo Padoan in diretta a Radio Rai ha illustrato le misure della Legge di stabilità approvata ieri dal consiglio dei Ministri. Il Governo in particolare, si legge nel comunicato del MEF, ha approvato il testo del disegno di legge "Stabilità 2015" che verrà inviato al Parlamento nelle prossime ore. Il disegno di legge ha un’impronta fortemente innovativa rispetto alle politiche economiche adottate negli ultimi. Il Governo intende infatti affrontare con determinazione i gravi problemi determinati dalla scarsa crescita nella zona Euro. L’Italia registrerà nel 2014 il terzo anno consecutivo di recessione, in presenza di rischi di deflazione. Date le circostanze il Governo ha intrapreso una politica economica espansiva, che concilia lo sforzo di aggiustamento di bilancio (orientato ad incrementare ulteriormente la sostenibilità del debito pubblico) con l’esigenza di stimolare la ripresa economica: quella combinazione che nell’Unione europea viene definita "growth friendly fiscal consolidation". In una visione complessiva e con una strategia di medio periodo, la Legge di stabilità concilia la manovra finanziaria dello Stato con il processo di profonda trasformazione strutturale delle istituzioni e dell’economia italiane intrapreso dal Governo. Le riforme strutturali producono i propri benefici nel medio-lungo periodo, mentre nel breve periodo possono avere impatti da gestire con specifiche risorse che la Legge di Stabilità destina a questo scopo. Queste le caratteristiche in sintesi della Legge di Stabilità 2015: E’ una grande manovra di rilancio dell’economia, a favore della crescita e dell’occupazione. Il perno della manovra è un consistente taglio strutturale delle tasse, per 18 miliardi, compensato da un taglio strutturale della spesa pubblica. Nel suo insieme la legge concilia la manovra di bilancio con il sostegno allo straordinario processo di riforma strutturale del Paese. La manovra comporta una redistribuzione: delle risorse ma anche della responsabilità, obbligando tutti i livelli di governo, anche locali, a operare con maggiore efficienza. La componente di spesa in deficit contemplata dalla Legge consente di finanziare le misure di stimolo anticicliche e l’impatto nel breve termine delle riforme strutturali. Per maggiori informazioni cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato MEF del 16.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:35

Certificazione Unica 2015: disponibile il nuovo modello che dal prossimo anno dovrà essere utilizzato dai sostituti d'imposta

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato dell'Agenzia delle Entrate - modello di Certificazione Unica 2015

L'Agenzia delle Entrate ha predisposto e pubblicato sul proprio sito il nuovo modello in bozza di Certificazione Unica 2015 che dal prossimo anno dovrà essere utilizzato dai sostituti d'imposta. Per scaricare il modello cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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giovedì 9 ottobre 2014 23:23

Fondo di Garanzia per la "prima casa": in Gazzetta Ufficiale il decreto MEF per l'accesso al credito

segnalazione del Dott. Gianmarco Sadutto del decreto MEF 31.7.2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 29.9.2014

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Il 29 settembre 2014 sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che disciplina il Fondo di Garanzia "prima casa", istituito con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. legge di stabilità). Il dicastero ha attribuito 200 milioni di euro all’anno per il triennio 2014-2016 a titolo di garanzia per le categorie di soggetti che vorranno acquistare la prima casa. La concessione delle garanzie è nella misura massima del 50 per cento della quota capitale su mutui ipotecari, su mutui connessi all’acquisto ed a interventi di ristrutturazione e accrescimento di efficienza energetica di unità immobiliari. A provvedere alla gestione del Fondo è il CONSAP S.p.A. Questo dovrà provvedere all’esecuzione delle attività principali per l’ammissione alla garanzia del fondo. In particolare, dovrà esaminare le istanze trasmesse dai soggetti finanziatori, le richieste di intervento della garanzia in caso di inadempimento del mutuatario, con conseguente corresponsione delle somme dovute ai finanziatori e provvedere ad una verifica a campione sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal mutuatario con il modulo previsto all’art. 6, oltre come previsto nei punti e), f) al recupero di quanto erogato ai finanziatori a titolo di garanzia ai sensi del presente decreto, alla gestione a stralcio di tutte le attività connesse alle garanzie concesse dal Fondo di garanzia di cui all'art. 13, comma 3-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. Il legislatore ha previsto, che in presenza di domande pervenute nella stessa giornata, il gestore assegna priorità ai mutui erogati a favore di determinate categorie: giovani coppie, in particolare a coloro, coniugi o conviventi more uxorio uniti da almeno due anni, dove uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni di età; nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, ai conduttori di alloggi "popolari" (IACP), a giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico ( intermittenti, a progetto, accessori, tirocini e le altre prestazioni) cosi come previsto dall’art. 1 della c.d. Legge Fornero. Chi usufruirà del Fondo potrà accendere mutui ipotecari di importo non superiore a 250 mila euro. Al momento della richiesta, chi vuole accendere il mutuo non deve essere proprietario di altri immobili ad uso abitativo e non deve acquistare una casa appartenente alle categorie catastali A1, A8, A9 e non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969, n. 1072. Ad ogni domanda presentata, contenente la dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto di notorietà, il Gestore assegnerà un numero di posizione progressivo, verificherà la disponibilità del Fondo e entro 20 giorni comunicherà al finanziatore l’ammissione alla garanzia. Sarà sempre nella facoltà dei finanziatori l’erogazione o meno del mutuo. Nell’ipotesi in cui il mutuatario non adempie al pagamento della rata di muturo, dopo 90 giorni, il soggetto finanziatore informa il Gestore dell’ammontare del residuo capitale. Formalizzata la comunicazione, entro 12 mesi, il finanziatore invia l’intimazione di pagamento al mutuatario. Se, entro 6 mesi, il soggetto che ha richiesto il mutuo rimane ancora inadempiente il finanziatore chiede l’intervento della garanzia del Fondo al Gestore. In capo al mutuatario sorge l’obbligo di restituire le somme pagate dal Fondo, oltre gli interessi. Nello svolgimento della verifica a campione effettuata dal Gestore, le eventuali dichiarazioni mendaci, inesatte o reticenti del mutuatario, saranno comunicate all’Agenzia delle Entrate, territorialmente competente, la quale provvederà all’irrogazione delle sanzioni di legge; invece, nei casi in cui i comportamenti configurino un reato perseguibile d’ufficio, si provvederà a trasmettere gli atti all’Autorità giudiziaria. La garanzia del Fondo e' dichiarata inefficace qualora risulti che la garanzia sia stata concessa sulla base di dati, notizie o dichiarazioni mendaci, inesatte o reticenti, se quantitativamente e qualitativamente rilevanti ai fini dell'ammissibilita' all'intervento del Fondo, ove risulti che tale non veridicità di dati, notizie o dichiarazioni era nota al soggetto finanziatore. Il Gestore applicherà la Procedura per la dichiarazione di inefficacia e di decadenza prevista all’art. 11 del Decreto Ministeriale. Ad erogare i mutui saranno i soggetti finanziatori, in particolare: le banche iscritte nell’apposito albo della Banca d’Italia che autorizza gli istituti di credito al finanziamento e gli intermediari finanziari (previsti agli artt. 106 – 107 del D.lgs. n. 385 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni). Inoltre, il Dipartimento del tesoro e l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) stipulano un Protocollo d’Intesa per facilitare le operazioni. I soggetti finanziatori si impegnano a non richiedere garanzie aggiuntive oltre all’ipoteca sull’immobile. Regione e province autonome nonché altri enti ed organismi pubblici, potranno contribuire, mediante accordo con il MEF, alla dotazione del Fondo. Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Dott. Gianmarco Sadutto del decreto MEF 31.7.2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 29.9.2014

 
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Il 29 settembre 2014 sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che disciplina il Fondo di Garanzia "prima casa", istituito con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. legge di stabilità). Il dicastero ha attribuito 200 milioni di euro ... Continua a leggere

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giovedì 9 ottobre 2014 23:23

Corte dei Conti: é contraria ai parametri di legalità l’operazione di copertura delle spese correnti con gli introiti derivanti da rinegoziazione di mutui

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Regionale Controllo per il Piemonte n. 190/2014/SRCPIE/PAR del 26.9.2014

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Con il Parere in esame la Corte dei Conti risponde al quesito proposto dal Commissario straordinario della Provincia di Asti che in considerazione della situazione di criticità finanziaria dell'Ente ha chiesto alla Corte se sia consentito non destinare per due annualità i risparmi della rinegoziazione di mutui contratti con Cassa Depositi e prestiti a spese di investimento, posticipando il vincolo per le due annualità mancanti o carenti (2014 solo quota parte) negli esercizi successivi 2016 e 2017. Tale richiesta - è affermato dal Commissario straordinario - è formulata con la consapevolezza che dette risorse dovrebbero essere finalizzate ad investimenti, per evitare di incrementare la spesa corrente, ma si tratta di una situazione eccezionale di gravissima carenza di risorse che non consente più all'Amministrazione lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali fondamentali. Inoltre il D.M. 20 giugno 2003 (Autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti per la rinegoziazione dei mutui concessi agli enti locali) e la normativa finanziaria vigente, a parere del Commissario straordinario, non sembrano imporre espressamente vincoli di destinazione per le somme risparmiate con la rinegoziazione. La Corte dei Conti evidenzia che come già la Sezione nella pronuncia n. 221/2011 in cui, riferendosi ad una consolidata giurisprudenza della Corte dei conti in materia, è stato sottolineato che "la rinegoziazione di mutui in ammortamento ha un duplice e contrastante effetto: da un lato determina un vantaggio immediato, consistente nella riduzione della spesa annuale per il rimborso delle rate in ammortamento, dall’altro determina un aumento della spesa complessiva per interessi in conseguenza della maggior durata dell’indebitamento ed un irrigidimento dei bilanci futuri. Ciò comporta che il vantaggio derivante dalla rinegoziazione non può essere solo quello derivante dalla differenza fra l’attualizzazione dei flussi dei pagamenti della passività originaria e quelli della nuova passività, ma, in conformità ai principi di sana gestione finanziaria, deve consistere in una valutazione finanziaria ed economica della complessiva situazione dell’ente, in relazione non solo ai dati finanziari attualizzati dell’operazione, ma anche ai rischi che l’ente locale assume con la nuova operazione di indebitamento, ed all’allungamento della durata del debito, che vincola l’attività futura dell’Amministrazione. In particolare, la diminuzione delle rate di ammortamento, non può essere considerato un risparmio in conseguenza del quale procedere automaticamente ad incrementare la spesa corrente, ma le economie derivanti dalla rinegoziazione del debito debbono essere destinate a spese in conto capitale. Proprio in riferimento all’utilizzazione delle risorse liberate dalla rinegoziazione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti, l’Osservatorio sulla Finanza e contabilità degli enti locali ebbe a suo tempo a precisare che "esiste un orientamento generale di leggi di settore tendenti a contenere, per finalità di politica economica generale, l’aumento delle spese correnti dello Stato e di tutti gli altri enti pubblici. Nell’equilibrio economico finanziario complessivo degli enti locali l’operazione di rinegoziazione espone l’ente locale ad un debito prolungato nel tempo che ha come risultato pratico la liberazione di risorse in una parte del periodo di ammortamento del debito originario" (parere approvato nella seduta del 6 novembre 2003). In merito, la citata pronuncia, richiamando il Principio contabile n. 2 – punto n. 23, sottolinea che "Ai fini del mantenimento dell’equilibrio patrimoniale è opportuno commisurare il periodo di ammortamento dell’indebitamento con il presumibile periodo nel quale gli investimenti correlati potranno produrre la loro utilità". In sostanza, i risparmi frutto di rinegoziazione non possono essere qualificati quale strumento per offrire risorse immediatamente spendibili in parte corrente dagli Enti in ‘sofferenza’, in quanto l’operazione comporterebbe, tra l’altro, l’irrigidimento dei bilanci futuri ‘capitalizzando’ in senso negativo gli stessi e non offrendo alle generazioni future i benefici di cui potrebbero invece godere, laddove fossero assegnate esclusivamente ad investimenti le spese per indebitamento. Peraltro, la destinazione delle risorse derivanti dalla rinegoziazione dei mutui non appare conforme alla ratio della limitazione del ricorso all'indebitamento per finanziare spese di investimento, sancito dall'art. 119, ultimo comma, della Costituzione. Ad analoghe conclusioni questa Sezione è pervenuta anche in successive pronunce (deliberazione n. 141/2012, deliberazione n. 265/2012), che si pongono in linea con il consolidato orientamento della Corte dei conti espresso in numerose deliberazioni di altre Sezioni Regionali di controllo (Sez. Reg. Contr. Toscana, del. n. 1027/2011; Sez. Reg. Contr. Lombardia, del. n. 27/2011; più di recente, Sez. Reg. Contr. Emilia Romagna, del. n. 145/2014). Alla luce delle suddette considerazioni, pur in presenza della situazione di criticità finanziaria esposta dal Commissario straordinario della Provincia di Asti, non può che confermarsi la contrarietà ai parametri di legalità (desumibili dalla Costituzione, dal TUEL e dai Principi contabili) dell’operazione di copertura delle spese correnti con gli introiti derivanti da rinegoziazione di mutui, prospettata nella richiesta di parere. Per scaricare il parere cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Regionale Controllo per il Piemonte n. 190/2014/SRCPIE/PAR del 26.9.2014

 
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Con il Parere in esame la Corte dei Conti risponde al quesito proposto dal Commissario straordinario della Provincia di Asti che in considerazione della situazione di criticità finanziaria dell'Ente ha chiesto alla Corte se sia consentito non destinare per due annualità i risparmi della rinegoziazi ... Continua a leggere

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giovedì 9 ottobre 2014 23:23

Regioni: in Gazzetta Ufficiale il decreto di riparto della disponibilità finanziaria per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero delle Infrastrutture in G.U. n. 234 del 8.10.2014

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 234 del 8.10.2014 il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante "Riparto tra le Regioni della disponibilita' finanziaria pari a 50 milioni di euro, relativa all'anno 2014, assegnata al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione". Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero delle Infrastrutture in G.U. n. 234 del 8.10.2014

 
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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 234 del 8.10.2014 il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante "Riparto tra le Regioni della disponibilita' finanziaria pari a 50 milioni di euro, relativa all'anno 2014, assegnata al Fondo nazionale per il sostegno all'access ... Continua a leggere

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domenica 28 settembre 2014 22:15

Corte dei Conti: quando l'utilizzazione dei buoni pasto integra un danno erariale

segnalazione della Dott.ssa Eleonora Finizio della sentenza della Corte dei Conti Sez. II giurisdizionale centrale di appello del 5.9.2014

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La vicenda giunta davanti alla Corte dei Conti Sezione Giurisdizione centrale di appello prende le mosse da una ispezione amministrativa effettuata dal 24 al 27 febbraio 1999 dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, presso il Centro per la Giustizia Minorile di Napoli. Dall'ispezione emergeva che il citato centro di giustizia minorile erogava illegittimamente a favore di alcuni dei suoi dipendenti buoni-pasto per un controvale complessivo di € 85.700,00 (all’epoca 165.933.000 Lire), somma pari quasi alla metà dei buoni erogati da tutte le Amministrazioni italiane. L’illegittimità di tali buoni pasto - accertata prima dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania con sentenza n. 1521/2008 - é stata confermata in secondo grado dalla seconda sezione centrale di appello della Corte dei Conti con sentenza del 5 settembre 2014, nella quale si evidenzia come la loro erogazione sia avvenuta in violazione della normativa di settore disciplinante le modalità di concessione di tale beneficio nei confronti del personale delle P.A., contrattualizzato e non. Difatti, mentre la normativa subordina l’erogazione del beneficio in questione all’effettuazione da parte del dipendente della pausa pranzo, prevedendo espressamente che il buono-pasto spetta di norma solo se l’orario di lavoro viene prolungato di una pausa per il pranzo di 30 minuti almeno, nel Centro di Giustizia minorile di Napoli il buono-pasto veniva concesso senza che la pausa pranzo fosse effettuata e dunque, in mancanza di uno dei presupposti fondamentali per la sua erogazione. Sulla base di tali considerazioni, la Corte dei Conti ha affermato la sussistenza della responsabilità amministrativa in capo ad alcuni Responsabili e Dirigenti del citato centro, respingendo le doglianze proposte da questi in merito alla pretesa mancanza, da parte degli stessi, di quelle specifiche competenze concernenti la gestione della spesa per la liquidazione dei buoni-pasto, per cui non potrebbe loro imputarsi né una violazione di obblighi di servizio, né un nesso causale fra la condotta e il danno erariale determinato dall’erogazione "a pioggia" dei detti buoni, elementi che costituiscono presupposti indefettibili per rinvenire una responsabilità amministrativa dei citati soggetti. Difatti la Corte dei Conti ha affermato la colpevole violazione dei doveri d’ufficio relativi all’accertamento delle condizioni per la concessione dei buoni-pasto (e quindi il citato nesso causale tra condotta e danno erariale) tanto dei Responsabili del Centro di Giustizia Minorile di Napoli, poiché essi avevano specifiche competenze gestorie come funzionari delegati (agenti contabili), di cui non si potevano spogliare semplicemente delegando a terzi la verifica in concreto della spettanza del beneficio (soprattutto perché negli elenchi e negli atti redatti da terzi risultava che la pausa pranzo non veniva effettuata); quanto dei Dirigenti dei singoli servizi che, pur essendo subordinati al Centro di Giustizia Minorile, avevano sia competenze proprie sull’attività svolta dai dipendenti del proprio ufficio (potendo quindi disporre sulla effettuazione o meno della pausa-pranzo), sia la competenza affidata dai Responsabili Del citato centro di disporre gli elenchi degli aventi diritto ai buoni. In conclusione, la seconda sezione centrale di appello della Corte dei Conti ha confermato la sussistenza di tutti i presupposti della responsabilità amministrativa dei funzionari parti in causa, affermando che gli stessi, pur essendo ben a conoscenza della mancanza delle condizioni necessarie per la concessione dei buoni-pasto, hanno ciononostante consentito l’erogazione degli stessi a vario titolo, commettendo così una cosciente violazione dei rispettivi obblighi di servizio. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione della Dott.ssa Eleonora Finizio della sentenza della Corte dei Conti Sez. II giurisdizionale centrale di appello del 5.9.2014

 
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La vicenda giunta davanti alla Corte dei Conti Sezione Giurisdizione centrale di appello prende le mosse da una ispezione amministrativa effettuata dal 24 al 27 febbraio 1999 dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, presso il Centro per la Giustizia Minorile di ... Continua a leggere

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domenica 28 settembre 2014 22:15

Sui conti correnti di tesoreria niente imposta di bollo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 16.9.2014

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Sul presupposto che per lo svolgimento del Servizio di Tesoreria e di Cassa è necessario procedere all'apertura di rapporti di conto corrente e di deposito titoli che si qualificano, quindi, come rapporti strumentali allo svolgimento del servizio di tesoreria, un Comune ha presentato domanda di interpello all’Agenzia delle Entrate per sapere se l’imposta di bollo vada applicata anche agli estratti di conto corrente e alle rendicontazioni relative a rapporti di deposito titoli inviati dalla banca nell’ambito del Servizio di tesoreria. L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 84/E del 16 settembre 2014 ha evidenziato che "Il tesoriere cura la gestione finanziaria dell'ente e, in particolare, la riscossione delle entrate ed il pagamento delle spese. Tra le attività che devono essere rese dal tesoriere nell'ambito del servizio di tesoreria rientra, inoltre, anche la custodia di titoli e valori. L'articolo 221 del TUEL stabilisce, infatti, che i titoli di proprietà dell'ente devono essere "gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria ... Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni." Vista la peculiarità del rapporto che si instaura tra l'ente locale e il tesoriere, come disciplinato dal TUEL, si ritiene che lo stesso non possa essere assimilato al rapporto che si instaura tra l'ente gestore, che svolge attività bancaria, finanziaria o assicurativa, e la propria clientela. Conseguentemente, in relazione ai rapporti di conto corrente e di custodia di titoli e valori strumentali allo svolgimento del servizio di tesoreria di cui all'articolo 209 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non trova applicazione l'imposta di bollo prevista dall'articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della citata Tariffa. Con riferimento ai rapporti in argomento appare, inoltre, rilevante che l'articolo 93, comma 2, del TUEL preveda che "Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti". L'articolo 226, comma 1, del medesimo TUEL dispone, inoltre, che "Entro il termine di 30 giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'art. 93, rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto". Dall'esame delle richiamate disposizioni emerge, quindi, che la banca che agisce in veste di tesoriere svolge la funzione di agente contabile dell'ente locale (articolo 93 del D. Lgs. n. 267 del 2000) e la documentazione inviata dalla banca all'ente, in virtù della convenzione di tesoreria, appare riconducibile e funzionale alla redazione del conto della gestione cui il tesoriere è obbligato per legge. Sulla base di tali considerazioni, si ritiene, dunque, che la documentazione che viene inviata dal tesoriere all'ente locale in relazione a rapporti di conto corrente e di deposito titoli, strumentali allo svolgimento del servizio di tesoreria, possa essere ricondotta nella previsione recata dall'articolo 27 della Tabella allegata al DPR n. 642 del 1972, che stabilisce l'esenzione, in modo assoluto, dall'imposta di bollo, per i "Conti delle gestioni degli agenti dello Stato, delle regioni, province, comuni e relative aziende autonome; conti concernenti affari trattati nell'interesse delle dette amministrazioni". Si precisa, per completezza, che, qualora l'ente locale, nell'ambito della propria autonomia contrattuale, instauri un autonomo rapporto di conto corrente, ovvero di custodia e amministrazione titoli, con l'intermediario finanziario, per il quale non trovano applicazione le previsioni recate dal D. Lgs. n. 267 del 2000, lo stesso sarà assoggettato all'imposta di bollo di cui rispettivamente all'articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa allegata al DPR n. 642 del 1972, prevista per gli estratti di conto corrente e le comunicazioni periodiche inviate alla clientela relative ai prodotti finanziari. Per quanto attiene alle modalità di recupero dell'imposta di bollo corrisposta dalla banca istante per le annualità 2012 e 2013 in relazione ai conti di tesoreria, si ritiene che gli importi versati possano essere chiesti a rimborso dalla Banca istante entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento (articolo 37 del DPR 26 ottobre 1972, n. 642). Detta imposta non può invece essere compensata con i versamenti dell'imposta di bollo da effettuare nel 2014. Le previsioni recate dall'articolo 15, comma 6, e 15-bis del DPR n. 642 del 1972, richiamate dall'istante, sono volte a disciplinare specifiche ipotesi (credito risultante dalla dichiarazione annuale e versamento dell'acconto dell'imposta di bollo) in cui l'imposta versata può essere scomputata dai versamenti dell'imposta di bollo da effettuare e, pertanto, la loro applicazione non può essere estesa, in via interpretativa, a fattispecie differenti, come quella oggetto di esame con il presente interpello.

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domenica 28 settembre 2014 22:15

Finanza pubblica: pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto sul riparto del contributo a carico dei comuni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero dell'Interno pubblicato sulla G.U. n. 216 del 17.9.2014

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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 17.9.2014 e' stato pubblicato il decreto del Ministero dell'Interno recante "Determinazione del riparto del contributo alla finanza pubblica a carico dei comuni, pari complessivamente a 375,6 milioni di euro, per l'anno 2014, ai sensi dell'articolo 47, comma 8 e ss. del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89." Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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domenica 28 settembre 2014 22:15

IMU TASI ENC: prorogato al 30 novembre il termine per la presentazione della dichiarazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della comunicazione del Dipartimento delle Finanze del 23.9.2014

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E' stato firmato il 23 settembre 2014, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che differisce dal 30 settembre 2014 al 30 novembre 2014 il termine per la presentazione della dichiarazione «IMU TASI ENC» - relativa agli anni 2012 e 2013 - previsto dal comma 2 dell'art. 5 del decreto 26 giugno 2014. Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della comunicazione del Dipartimento delle Finanze del 23.9.2014

 
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E' stato firmato il 23 settembre 2014, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che differisce dal 30 settembre 2014 al 30 novembre 2014 il termine per la presentazione della dichiarazione «IMU TASI ENC» - relativa agli anni 2012 e 2013 - previsto dal comma 2 dell'art. 5 del decreto 26 ... Continua a leggere

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