News 30 Luglio 2013 - Area Contabile
Avviato controllo sul rispetto del tetto agli stipendi di dipendenti e collaboratori delle pubbliche amministrazioni statali
Funzione Pubblica
Euro 302.937 per il 2012 e' il limite corrispondente alla retribuzione del Primo Presidente della Corte di Cassazione.Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha avviato, su disposizione del ministro della Pa e Semplificazione, un monitoraggio per verificare lo stato di applicazione nell'anno 2012 della legge 214/2011 - d.P.C.m. 23 marzo 2012, che fissa un tetto agli stipendi di dipendenti e collaboratori delle pubbliche amministrazioni statali, ponendo come limite la retribuzione del Primo Presidente della Corte di Cassazione.Nella circolare trasmessa alla Presidenza del Consiglio, a Ministeri, agenzie fiscali, Corte dei Conti, Consiglio di Stato, Avvocatura dello Stato, agli enti pubblici non economici, a quelli di ricerca e alle autorità amministrative indipendenti, il Dipartimento ricorda che per il 2012 il tetto si attesta a 302.937 euro.Le amministrazioni interessate - si legge nel testo - dovranno evidenziare, per i casi in cui fossero emerse situazioni di scostamento dal limite, se siano state completate le operazioni di riconduzione al tetto e se siano state impartite direttive interne per assicurare l'applicazione a regime delle prescrizioni. Le risposte dovranno pervenire al Dipartimento entro il 10 settembre.
Funzione Pubblica
Euro 302.937 per il 2012 e' il limite corrispondente alla retribuzione del Primo Presidente della Corte di Cassazione.Il Dipartimento della Funzione Pubblica ha avviato, su disposizione del ministro della Pa e Semplificazione, un monitoraggio per verificare lo stato di applicazione nell'anno 2012 d ... Continua a leggere
DURC: in Gazzetta Ufficiale le modalità per ottenere il rilascio anche con la certificazione di sussistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni
Prof. Avv. Enrico Michetti del Decreto Mef 16.7.2013
Si segnala l'avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16.7.2013, del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, 13 marzo 2013, in materia di "Rilascio del documento unico di regolarità contributiva anche in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza e l’importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto". Per accedere alla lettura del decreto seguire la nuova procedura standardizzata.
Prof. Avv. Enrico Michetti del Decreto Mef 16.7.2013
Si segnala l'avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16.7.2013, del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, 13 marzo 2013, in materia di "Rilascio del documento unico di regolarità contributiva anche in presenza di una certificazione che attesti la sussistenza e l’im ... Continua a leggere
Peggiora il deficit della Pubblica Amministrazione
ISTAT
L'Istat pubblica il Conto economico trimestrale delle Amministrazioni pubbliche dal quale si evince che nel primo trimestre 2013 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (dati grezzi) è stato pari al 7,3% del Prodotto interno lordo (Pil). Nel corrispondente trimestre dell'anno precedente era stato pari al 6,6%. Nel primo trimestre 2013 il saldo primario (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo per 9.601 milioni di euro. L'incidenza sul Pil è stata del -2,6%. Il saldo corrente (risparmio) è stato pari a -18.506 milioni di euro (era stato -16.819 milioni di euro nel corrispondente trimestre dell'anno precedente), con un'incidenza sul Pil di -5,0%. Nel primo trimestre 2013 le uscite totali sono aumentate, in termini tendenziali, dell'1,3%. Le uscite correnti sono cresciute dell'1,0% e quelle in conto capitale del 7,6%. Le entrate totali nel primo trimestre del 2013 sono rimaste invariate rispetto al corrispondente periodo del 2012. Tale andamento è stato determinato, in particolare, dalla variazione nulla delle entrate correnti. La pressione fiscale è stata pari, nel primo trimestre 2013, al 39,2%, risultando superiore di 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Per accedere alla lettura del Conto economico cliccare sul titolo sopra linkato.
ISTAT
L'Istat pubblica il Conto economico trimestrale delle Amministrazioni pubbliche dal quale si evince che nel primo trimestre 2013 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (dati grezzi) è stato pari al 7,3% del Prodotto interno lordo (Pil). Nel corrispondente trimestre dell'anno preceden ... Continua a leggere
Cassa Depositi e Prestiti: pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la circolare sulle modalità di accesso ai prestiti destinati ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle comunità montane, alle comunità isolane e alle unioni di comuni, nonché ai consorzi cui partecipano enti locali
Prof. Avv. Enrico Michetti a circolare Cassa Depositi e Prestiti n. 1280/2013
E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nuova Circolare CDP S.p.A che disciplina le modalità di accesso ai prestiti destinati ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle comunità montane, alle comunità isolane e alle unioni di comuni, nonché ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale, ed ai consorzi per la gestione dei servizi sociali, ai quali, ai sensi del proprio statuto, si applichi il TUEL. Per accedere alle schede istruttorie, esplicative dell’elenco della documentazione necessaria per l’istruttoria delle richieste di finanziamento, nonché alla nuova Guida all’utilizzo della domanda online cliccare sul titolo sopra linkato e seguire la nuova procedura on line.
Prof. Avv. Enrico Michetti a circolare Cassa Depositi e Prestiti n. 1280/2013
E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nuova Circolare CDP S.p.A che disciplina le modalità di accesso ai prestiti destinati ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle comunità montane, alle comunità isolane e alle unioni di comuni, nonché ai consorzi cui partecipano enti lo ... Continua a leggere
Equitalia, bloccati i pignoramenti della prima casa
Equitalia
"Stop a pignoramenti prima casa e rateazioni più garantite", questo l'annuncio di Equitalia che in attesa dell’iter parlamentare per la conversione in legge del cosiddetto "decreto del fare", comunicata di aver emanato le prime indicazioni applicative che riguardano le misure introdotte. L’obiettivo è quello di assicurare sin da subito sempre maggiori tutele per i contribuenti adottando i provvedimenti disposti per andare incontro alle difficoltà di famiglie e imprese.
Equitalia
"Stop a pignoramenti prima casa e rateazioni più garantite", questo l'annuncio di Equitalia che in attesa dell’iter parlamentare per la conversione in legge del cosiddetto "decreto del fare", comunicata di aver emanato le prime indicazioni applicative che riguardano le misure introdotte. L’obiettiv ... Continua a leggere
Buoni pasto dei dipendenti della P.A.: le Regioni non possono modificare il tetto massimo di € 7 fissato dallo Stato
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Sardegna dell'art 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012. Tale norma dispone che «a decorrere dal 1° ottobre 2012 il valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonche' le autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) non puo' superare il valore nominale di 7,00 euro»; e «Eventuali disposizioni normative e contrattuali piu' favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dal 1° ottobre 2012. I contratti stipulati dalle amministrazioni di cui al primo periodo per l'approvvigionamento dei buoni pasto attribuiti al personale sono adeguati alla presente disposizione, anche eventualmente prorogandone la durata e fermo restando l'importo contrattuale complessivo previsto. A decorrere dalla medesima data e' fatto obbligo alle universita' statali di riconoscere il buono pasto esclusivamente al personale contrattualizzato. I risparmi derivanti dall'applicazione del presente articolo costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa». Secondo la ricorrente, tra l'altro, l'articolo in esame, nella misura in cui si applica anche al personale della Regione e degli enti pubblici tutti che operano nel territorio sardo, viola la competenza legislativa regionale in materia di «stato giuridico ed economico del personale», conferita alla Regione a statuto speciale dall'art. 3, primo comma, lettera a) dello statuto, poiche' l'utilizzo del sistema dei buoni pasto come forma di rimborso spese per i dipendenti atterrebbe al complessivo trattamento retributivo del personale. Ad avviso della Consulta la norma statale censurata, disciplina la materia dei buoni pasto stabilendo un tetto massimo al loro ammontare e tale istituto rappresenta «una sorta di rimborso forfettario delle spese che il lavoratore, tenuto a prolungare la propria permanenza in servizio oltre una certa ora, deve affrontare per consumare il pranzo». Si tratta, quindi, di «una componente del trattamento economico spettante ai dipendenti pubblici, che rientra nella regolamentazione del contratto di diritto privato che lega tali dipendenti "privatizzati" all'ente di appartenenza». La norma censurata, che fissa un limite all'importo che le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le Regioni a statuto speciale, possono attribuire ai predetti buoni pasto, disciplina, dunque, una componente del trattamento retributivo previsto dal contratto di lavoro, in regime di contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, ed e', pertanto, riconducibile - come questa Corte ha gia' avuto modo di affermare in relazione a una norma regionale (sentenza n. 77 del 2011) - alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile. La predeterminazione legislativa dell'ammontare massimo erogabile in sede di disciplina di tale istituto contrattuale, infatti, pur connotata dalla finalita' pubblicistica di realizzare risparmi di spesa e pur determinando, di fatto, alcune interferenze sull'organizzazione degli enti pubblici e sullo status giuridico del loro personale, incide immediatamente e in modo prevalente sugli aspetti privatistici del contratto di lavoro privatizzato stipulato con le pubbliche amministrazioni.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Sardegna dell'art 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012. Tale norma dispone che «a decorrere dal 1° ottobre 2 ... Continua a leggere
La Consulta sblocca le azioni esecutive contro delle aziende sanitarie locali o ospedaliere
Corte Costituzionale
Dichiarata l'incostituzionalità della legge che prevede che nelle Regioni commissariate non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2013 ed i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle Regioni La vicenda all'attenzione della Corte Costituzionale prende le mosse dalle ordinanze, ben quattro del TAR della Campania e un'ordinanza del Tribunale ordinario di Napoli hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011), come modificato dall’articolo 17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 nella parte in cui prevede che, nelle Regioni già commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritto ai sensi della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2005), non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2012 ed i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle Regioni alle aziende sanitarie di cui sopra, effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 25 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non producono effetti sino al 31 dicembre 2012 e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale. La Consulta ha ritenuto fondata la questione rilevando come gia ha più volte la stessa Corte ha affermato che un intervento legislativo − che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore − può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l’estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007). Viceversa, la disposizione ora censurata, la cui durata nel tempo, inizialmente prevista per un anno, già è stata, con due provvedimenti di proroga adottati dal legislatore, differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013, oltre a prevedere, nella attuale versione, la estinzione delle procedure esecutive iniziate e la contestuale cessazione del vincolo pignoratizio gravante sui beni bloccati ad istanza dei creditori delle aziende sanitarie ubicate nelle Regioni commissariate, con derivante e definitivo accollo, a carico degli esecutanti, della spese di esecuzione già affrontate, non prevede alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo di ordinate procedure concorsuali garantite da adeguata copertura finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati. Essa, pertanto, si pone, in entrambe le sue versioni, in contrasto con l’art. 24 Cost. in quanto, in conseguenza della norma censurata, vengono vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi. Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi da più di un triennio, nella impossibilità di trarre dal titolo da loro conseguito l’utilità ad esso ordinariamente connessa, ma debbono, altresì, sopportare, in considerazione della automatica estinzione (o, nella versione precedente, della inefficacia) delle procedure esecutive già intraprese e della liberazione dal vincolo pignoratizio dei beni già asserviti alla procedura, i costi da loro anticipati per l’avvio della procedura stessa. Né, nel caso che interessa, si verifica la condizione che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, rende legittimo il blocco delle azioni esecutive, cioè la previsione di un meccanismo di risanamento che, come detto, canalizzi in una unica procedura concorsuale le singole azioni esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non si rinvengono nei piani di rientro cui la disposizione fa riferimento, sicché la posizione sostanziale dei creditori trovi una modalità sostitutiva di soddisfazione. La disposizione in esame, infatti, non contiene la disciplina di tale tipo di procedura né identifica le risorse finanziarie da cui attingere per il suo eventuale svolgimento. Va, altresì, considerata la circostanza che, con la disposizione censurata, il legislatore statale ha creato una fattispecie di ius singulare che determina lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parità delle parti di cui all’art. 111 Cost.
Corte Costituzionale
Dichiarata l'incostituzionalità della legge che prevede che nelle Regioni commissariate non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali o ospedaliere sino al 31 dicembre 2013 ed i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanzia ... Continua a leggere
Nessun debito fuori bilancio per i maggiori onorari da corrispondere all'avvocato esterno se lo scostamento tra la spesa iniziale ricompresa nel formale atto di impegno e quella finale siano dovute a cause sopravvenute ed imprevedibili
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti Corte dei Conti
Un problema che frequentemente si verifica negli Enti Locali e' quello della non corrispondenza dell'impegno di spesa per la prestazione professionale con il saldo degli onorari presentato dal professionista. Il Sindaco del Comune di Parma ha formulato sul punto alla Corte dei Conti una richiestadi parere con la quale intende, appunto, conoscere quale sia il corretto procedimento di natura contabile da seguire per poter assumere il maggior onere finanziario relativo al pagamento, a saldo, delle parcelle di avvocati esterni incaricati della difesa giudiziale dell’Ente originato, rispetto alle previsioni iniziali, da imprevedibili complessità e peculiarità del giudizio penale.
La Corte dei Conti ha precisato che in ossequio ai principi di prudenza e di sana gestione finanziaria, nel momento in cui l’ente locale assume obbligazioni giuridiche nei confronti dei terzi deve, contestualmente, procedere a determinare, secondo la stima più precisa possibile, le somme da corrispondere al fine di poter adottare i relativi atti della procedura contabile, evitando la formazione di debiti che si originano con una procedura extracontabile.
Per le ipotesi di assunzione di atti di impegno derivanti da contratti di prestazione d’opera intellettuale si richiama il principio contabile n. 2, cpv. 108, del Testo approvato dall’Osservatorio del Ministero dell’Interno il 12 marzo 2008, ai sensi del quale
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti Corte dei Conti
Un problema che frequentemente si verifica negli Enti Locali e' quello della non corrispondenza dell'impegno di spesa per la prestazione professionale con il saldo degli onorari presentato dal professionista. Il Sindaco del Comune di Parma ha formulato sul punto alla Corte dei Conti una richiesta ... Continua a leggere
Differenze tra debiti fuori bilancio e passività pregresse: la corretta contabilizzazione dei debiti per il consumo di energia elettrica in esercizi finanziari differenti
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Comune di Bosnasco (PV) ha richiesto alla Corte dei Conti, Sezione Lombardia un parere sulla corretta modalità di contabilizzazione di debiti per fornitura di energia elettrica che, in termini di competenza economica, è riferibile ad esercizi precedenti, ma che, in termini di competenza finanziaria, si sono manifestati solo nell’esercizio in corso e in quello precedente, mediante la liquidazione, in fattura di conguaglio, degli importi dovuti. La Corte dei Conti ha in primo luogo evidenziato come il procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio è lo strumento giuridico per riportare un’obbligazione giuridicamente perfezionata ed esistente, all’interno della sfera patrimoniale dell’ente, ricongiungendo debito e volontà amministrativa sul piano dell’adempimento. Il procedimento mira, da un lato, a consentire al Consiglio di vagliare la legittimità del titolo medesimo (in termini di "pertinenza", cioè inerenza alle competenze di legge attribuite all’ente, e di "continenza", vale a dire, di esercizio delle stesse in modo conforme all’ordinamento) e di sussistenza/reperimento dei mezzi di copertura (procedura ex art. 194 TUEL). La funzione di tale procedura è quella di consentire a debiti sorti al di fuori della legittima procedura di spesa e di stanziamento di rientrare nella contabilità dell’ente. Accanto a quelli definibili tecnicamente "debiti fuori bilancio", si collocano le c.d. "passività pregresse" o arretrate, spese che, a differenze dei primi, riguardano debiti per cui si è proceduto a regolare impegno (amministrativo, ai sensi dell’art. 183 TUEL) ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo ad un debito in assenza di copertura (mancanza o insufficienza dell’impegno contabile ai sensi dell’art. 191 TUEL). Proprio perché la passività pregressa si pone all’interno di una regolare procedura di spesa, esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio (cfr., in proposito, la recente deliberazione di questa Sezione in merito al caso delle prestazioni professionali, n. 441/2012/PAR) e costituiscono, invero, debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. In tali casi, lo strumento procedimentale di spesa è costituito dalla procedura ordinaria di spesa (art. 191 TUEL), accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le risorse ove queste siano insufficienti (art. 193 TUEL). Tanto premesso circa la funzione e l’effetto della procedura di riconoscimento e alla distinzione della fenomenologia delle passività pregresse e dei debiti fuori bilancio, la Corte dei Conti al fine di rispondere al quesito ha rammentato i criteri attraverso cui, in contabilità finanziaria, i debiti assumono rilevanza e vanno imputati ai bilanci degli enti pubblici. In base al principio dell’annualità, i documenti di bilancio devono rappresentare, a cadenza annuale, fatti che finanziariamente si riferiscano ad un periodo di gestione coincidente con l’esercizio finanziario, in modo che siano rese evidenti tutte le poste di entrata e di spesa che afferiscono in termini sostanziali al corso dell’anno di riferimento. Solo così il bilancio potrà servire correttamente alla sua funzionalità di controllo, sia in chiave autorizzatoria (bilancio di previsione) che ispettiva (rendiconto). Rileva la Corte come in contabilità finanziaria, infatti, un debito rileva nella misura in cui esso è certo, liquido e esigibile. Detto in altri termini, è assai frequente che vi sia un disallineamento tra esistenza giuridica e rilevanza contabile di un debito. Un debito, infatti, assume rilevanza contabile solo se sono venute a maturazione tutte le condizioni per il suo adempimento pecuniario, in particolare se il debito è "certo" (non contestato nell’an e/o nel quantum), liquidato o di pronta liquidazione (cioè è stato determinato nel suo ammontare) ed è esigibile (scadenza del termine). Solo la concorrenza di queste condizioni radica la "competenza finanziaria". In presenza di tali condizioni è possibile attivare dell’ordinaria procedura di spesa (adozione del provvedimento amministrativo; assunzione dell’impegno di spesa; presenza e attestazione della copertura finanziaria; cfr. l’art. 191 T.U.E.L.), nei limiti degli stanziamenti autorizzati. Tale procedura di spesa consente non solo di dare rilevanza nel bilancio al debito, ma costituisce il titolo per l’imputazione istituzionale del debito. Ciò comporta, altresì, che il tempo dell’esistenza giuridica di una posta passiva, della manifestazione finanziaria (competenza finanziaria) e quello della competenza economica tendono a disallinearsi, vale a dire l’imputazione temporale di un costo è di norma diversa da quella che caratterizza l’esigibilità del credito da parte del creditore. La competenza finanziaria, infatti, va tenuta radicalmente distinta dalla competenza economica, secondo cui un debito non è rilevante in base alla sua dimensione di "spesa" (cioè l’essersi un debito manifestato finanziariamente, in quanto liquidabile ed esigibile) ma di "costo" (debito, anche di valore e non solo di valuta, sostenuto per l’acquisto dei fattori produttivi che hanno sostenuto il ciclo annuale di produzione). Detto in altri termini, a livello contabile, un debito può avere una competenza annuale (economica) disallineata rispetto alla sua manifestazione finanziaria (competenza finanziaria), che può essere anteriore o successiva. Conclude la Corte che, quando nell’anno di competenza finanziaria non è stata attivata la procedura di spesa ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella contabilità dell’ente (con effetto vincolante per l’ente) è la procedura ex art. 194 T.U.E.L, peraltro, ammessa nei casi eccezionali ivi tipicamente indicati. Orbene, appare evidente che il debito in questione, relativo a conguagli per il consumo di energia elettrica in esercizi finanziari differenti, è per competenza finanziaria riferibile solo all’anno delle liquidazione degli importi; pertanto l’imputazione al bilancio non poteva che avvenire nell’anno della comunicazione della fattura con la procedura ordinaria di spesa (art. 191 T.U.E.L.) e, in caso di incapienza dei capitoli, l’ente avrebbe dovuto effettuare necessarie variazioni di bilancio, sotto il controllo e il giudizio dell’organo deputato ad autorizzare e controllare la spesa, vale a dire il Consiglio comunale. Nel caso in cui, invece, al pervenimento della fattura non sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa formazione di residui per gli anni successivi, esso costituirà debito fuori bilancio, riconoscibile nei termini e alle condizioni di cui all’art. 194 TUEL.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Comune di Bosnasco (PV) ha richiesto alla Corte dei Conti, Sezione Lombardia un parere sulla corretta modalità di contabilizzazione di debiti per fornitura di energia elettrica che, in termini di competenza economica, è riferibile ad esercizi precedenti, ma che, in termini di competenza finanzia ... Continua a leggere
Trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà: i chiarimenti della Corte dei Conti sul calcolo per la determinazione del corrispettivo
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Sindaco del Comune di Ferrara ha chiesto un parere alla Corte dei Conti sulla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 31 comma 48 della legge n. 448 del 1998 (Finanziaria per il 1999), riguardante la determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, anche in considerazione delle deliberazioni della Corte dei conti, Sezioni riunite n. 22/CONTR/11 del 14 novembre 2011 e Sezione Regionale per la Lombardia n. 1 del 2009. Fa rilevare il Comune richiedente che "dalla lettura della normativa (art. 31, comma 48, della legge n. 448 del 1998) e dal disposto della Corte, appare una difformità in merito alla percentuale da applicare: A) valore venale del bene calcolato al 60% e pertanto riduzione del 40% (secondo l’art. 31, comma 48, della legge n. 448 del 1998); B) valore venale del bene calcolato al 40% e pertanto riduzione del 60% (secondo quanto scritto dalla Corte dei conti a Sezioni riunite che, peraltro, richiama la medesima normativa)". In risposta al quesito la Corte ha affermato che "la disposizione di cui all’art. 31, comma 48, della legge n. 448 del 1998 deve essere intesa secondo la lettera della disposizione medesima e cioè nel senso che il calcolo per la determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà deve essere effettuato nella misura del 60 per cento del valore venale del bene con conseguente riduzione del 40 per cento.".
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Sindaco del Comune di Ferrara ha chiesto un parere alla Corte dei Conti sulla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 31 comma 48 della legge n. 448 del 1998 (Finanziaria per il 1999), riguardante la determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in d ... Continua a leggere
Province: Annullato dal TAR il decreto di ripartizione del taglio di 500 milioni di euro per il 2012
Prof. Avv. Enrico Michetti a TAR Lazio
La Sezione Prima Ter del Tar Lazio ha depositato la sentenza con la quale è stato annullato il decreto del Ministero dell'Interno del 25.10.2013 che ha disposto la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali dovuti alle singole Province per il 2012 La vicenda muove dal ricorso presentato dalla Provincia di Genova con il quale si censura il decreto ministeriale che ha disposto una riduzione dei contributi statali nei confronti delle Province, contestando la circostanza che nella base di calcolo utile per determinare il taglio si sarebbero utilizzate voci che, secondo anche le definizioni contenute nel regolamento CE n. 2223/1996, attengono, indistintamente, a consumi intermedi ed a consumi finali, i quali ultimi non avrebbero dovuto, invece, essere presi in considerazione, così da incidere sui servizi ai cittadini e sulle funzioni delegate dalla Regione. In tal modo sarebbero state penalizzate le Province che, come la ricorrente, erogano più servizi, anche delegati dalla Regione, i cui costi sono appunto entrati pure nella base di calcolo sulla quale parametrare il taglio. L’art. 14 del d.l. 31.5.2010, n. 78, ha stabilito che "i trasferimenti erariali, comprensivi della compartecipazione IRPEF, dovuti alle province dal Ministero dell’Interno" fossero "ridotti di 300 milioni per l’anno 2011 e di 500 milioni annui a decorrere dall’anno 2012". Le predette riduzioni dovevano essere "ripartite secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e recepiti con decreto annuale del Ministro dell’Interno" e, "in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali", sempre con D.M., ma secondo un criterio proporzionale. Non essendosi perfezionato l’accordo in sede di Conferenza Stato Città ed Autonomie locali per l’anno 2011, con decreto del Ministero dell’Interno del 9.12.2010 si è proceduto ad un taglio proporzionale. Medio tempore, la legge 5.5.2009, n. 42, recante "Delega al governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art. 119 della Costituzione", ha dettato principi per l’introduzione del federalismo fiscale nel nostro ordinamento, delegando al Governo l’adozione di una serie di decreti, tra i quali deve considerarsi il d.lgs. 6.5.2011, n. 68. Tale decreto, al Capo II, relativo all’autonomia di entrata delle Province, ha individuato le fonti di finanziamento delle spese delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario, istituendo, altresì, il fondo sperimentale di riequilibrio provinciale ed il fondo perequativo per le Province e per le Città metropolitane, con la funzione di assicurare a detti Enti locali entrate corrispondenti ai precedenti trasferimenti erariali, soppressi. Pervenendo alla riduzione dei finanziamenti in esame, e' stato rilevato che l’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 ha previsto che: "Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2012, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell’articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto del Ministero dell’interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012 ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE". La norma è stata configurata in modo che, posto comunque l’obbligo di riduzione complessiva, nella misura di 500 milioni di euro per l’anno 2012, del fondo sperimentale di riequilibrio e, per le Regioni Sicilia e Sardegna, dei trasferimenti statali, in ordine al modus procedendi, si potessero verificare due situazioni alternative: a) la decurtazione conseguente ad una deliberazione della Stato Città ed Autonomie locali, quale sintesi dell’accordo tra Stato ed Enti locali circa i criteri da utilizzare per determinala con riguardo a tutte le Province; b) in via subordinata, nell’ipotesi di assenza di deliberazione derivante dal mancato raggiungimento di un accordo, l’adozione di un decreto del Ministero dell’Interno, con il taglio previsto operato secondo un criterio proporzionale che facesse riferimento alle spese per consumi intermedi sostenute nel 2011, desunte dal SIOPE. Il SIOPE – Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici – consiste, a sua volta, in un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le Amministrazioni pubbliche ed è ritenuto lo strumento fondamentale per monitorare i conti pubblici. Come sopra anticipato nella specie l’accordo in sede di conferenza non è stato raggiunto, pertanto il TAR ha evidenziato come non assumono alcuna rilevanza né le ragioni di tale mancato accordo né i soggetti ai quali ciò sia imputabile, rilevando soltanto al circostanza che a questo punto la ripartizione della riduzione, il cui tetto complessivo di 500 milioni di euro per l’anno 2012 non poteva essere scalfito, non poteva che essere eseguita facendo riferimento ai dati dei consumi intermedi sostenuti da tutte le Province nell’anno 2011, così come forniti dal SIOPE. Il Tar, quindi, ha proceduto ad accertare se, come sostengono le Amministrazioni intimate e la Provincia controinteressata convenuta, l’attività da porre in essere in concreto prodromicamente all’adozione del D.M. in questione fosse vincolata, dovendosi necessariamente includere nella base di calcolo tutti i consumi intermedi risultanti nei dati SIOPE, o se, come afferma la Provincia ricorrente, appoggiata dalle due Province cointeressate costituite in giudizio, nel parametrare il taglio in parola, nell’ambito senz’altro dei suddetti dati, si dovessero considerare solo quelle voci effettivamente inerenti agli input dei processi produttivi, secondo la nozione fornita a livello europeo dal Regolamento CE n. 2223/1996, scorporandovi quelle che in realtà si riferirebbero a consumi finali, in quanto attinenti alla prestazione dei servizi ai cittadini. Il Collegio ha ritenuto condivisibile l’illustrata posizione sostenuta dalla Provincia ricorrente. In proposito si e' in primo luogo posto in rilievo che essa si palesa non in contrasto con il dettato del citato art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, di cui il D.M. impugnato costituisce concreta attuazione. Come si è visto, secondo la previsione di tale norma, l’Amministrazione dell’Interno era tenuta a prendere a riferimento, nella base di calcolo, le spese dei consumi intermedi. Tuttavia la stessa disposizione non imponeva di considerare tutte le voci qualificate nel sistema SIOPE quali di consumo intermedio, ben potendo - ed anzi dovendo (per quanto di seguito si espliciterà) - essere operato un distinguo tra quelle effettivamente integranti consumi intermedi, vale a dire input dei processi produttivi, in altre parole spese di funzionamento delle Province, e quelle che più propriamente, secondo anche la nozione fornita dal predetto Regolamento CE 2223/1996, si sarebbero dovute qualificare come consumi finali, destinati alla collettività, ed espungere da tale base di calcolo appunto la seconda tipologia di voci. Il modus operandi selettivo appena illustrato è conforme al Regolamento CE menzionato, che, seppure non vincolante per lo Stato italiano nella materia qui in esame, essendo stato adottato solo per istituire un uniforme sistema di contabilità nazionale, tuttavia è utile per un corretto inquadramento delle voci di costo. Va rimarcato al riguardo che esso, in particolare, all’art. 3.75 dell’allegato A, nell’individuare la spesa per consumi finali, inquadra quelle stesse voci di spesa per servizi ai cittadini impropriamente individuate come consumi intermedi dal SIOPE e qui computate ai fini del taglio dei finanziamenti. Peraltro, eliminando per tutte le Province tali voci di spesa, si garantisce ugualmente quella trasparenza che si assume essere stata assicurata con il D.M. contestato. Un tale criterio consente di non penalizzare quelle Province che, come la ricorrente, svolgono anche funzioni delegate dalla Regione e che invece, con l’applicazione del criterio meramente proporzionale, hanno subito una maggiore decurtazione delle risorse, essendo questa parametrata anche alle spese per l’esercizio di dette funzioni, svolte direttamente nei confronti dei cittadini (trasporto pubblico locale, formazione professionale, promozione dell’occupazione). Aggiunge il TAR inoltre che, ribadita ancora una volta la conformità alla norma primaria di un taglio non indifferenziato quale quello che si sta illustrando, va evidenziato che detto tipo di taglio è l’unico possibile, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma stessa. Infatti solo in tal modo si può garantire il buon andamento dell’amministrazione, non determinando un nocumento maggiore a carico delle Province che erogano più servizi ai cittadini, anche per effetto di delega di funzioni da parte delle Regioni, ed in qualche modo un premio in favore di quelle che invece hanno livelli di spesa elevati per il proprio funzionamento, assicurare altresì che non vi sia disparità di trattamento in danno delle Province più virtuose ed infine salvaguardare l’autonomia degli Enti locali, permettendo agli stessi di funzionare regolarmente. Naturalmente solo attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, nei modi dedotti dalla ricorrente e condivisi dal Collegio e sopra rimarcati, detta disposizione normativa si sottrae ai profili di incostituzionalità, pure denunciati in ricorso. Da ultimo il Tar rileva come "un’inclusione indifferenziata delle voci di spesa nella base di calcolo sulla quale determinare la riduzione dei finanziamenti statali, ponendosi in contrasto con quanto emerso dalle riunioni della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, ha determinato anche una violazione del principio di leale collaborazione. Se è vero, infatti, che l’adozione del decreto in questione era ex lege formalmente sganciata nei contenuti dai risultati, anche parziali, ai quali tale conferenza era pervenuta, è altrettanto vero che, anche in applicazione di detto principio, il Ministero dell’Interno ne avrebbe dovuto tener conto. Per completezza deve rilevarsi che il d.l. 8.4.2013, n. 35, all’art. 10, ha, tra l’altro, modificato il più volte citato art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, stabilendo che "per gli anni 2013 e 2014, in deroga a quanto previsto dal periodo precedente, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono pari agli importi indicati nell’allegato 3-bis del (…) decreto", introdotto proprio dal d.l. n. 35/2013. Dalla relazione illustrativa concernente quest’ultimo d.l. emerge che gli importi, già predefiniti a livello primario e risultanti nella citata tabella 3 bis, derivano dal computo dei consumi intermedi, con esclusione delle spese per la formazione professionale, per il trasporto pubblico locale e per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, nonché dei pagamenti della Provincia di Napoli relativi ai servizi socialmente utili finanziati dallo Stato. Tale circostanza rafforza ancor più il convincimento del Collegio secondo cui, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 e conformemente a quanto previsto in sede comunitaria dal Regolamento 2223/1996, il D.M. 25.10.2012, qui impugnato, è illegittimo, nella parte in cui ha previsto tagli basati su spese per consumi intermedi comprensive anche di voci che invece si sarebbero dovute escludere. Solo per ulteriore completezza e senza, per ciò stesso, spostare minimamente i termini della questione, deve rilevarsi che, a seguito della legge di conversione (l. 6.6.2013, n. 64) pubblicata il 7.6.2013, il dato su riportato dell’espunzione di alcune voci dalla base di calcolo per operare la decurtazione per gli anni 2013 e 2014, nel testo originario del d.l. desumibile solo dalla relazione illustrativa, è indicato claris verbis nel nuovo testo della norma (art. 10, comma 1, del d.l. n. 35/2013)."
Prof. Avv. Enrico Michetti a TAR Lazio
La Sezione Prima Ter del Tar Lazio ha depositato la sentenza con la quale è stato annullato il decreto del Ministero dell'Interno del 25.10.2013 che ha disposto la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali dovuti alle singole Province per il 2012 La vicenda muov ... Continua a leggere