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martedì 23 aprile 2013 18:11

Patto di Stabilità interno: aggiornate le sanzioni per la violazione del patto di stabilità 2010-2011

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E' in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale del 16.4.2013 concernente l'aggiornamento delle sanzioni per violazione del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e 2011. Per consultare il decreto ministeriale cliccare sul titolo sopra linkato. (Ministero dell'Interno, Dip. Affari Interni e Territoriali, comunicato del 17.4.2013)

 
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martedì 23 aprile 2013 18:11

Corte dei Conti: pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le linee guida sulla procedura di riequilibrio finanziario di cui agli artt. 243-bis 243-quinquies del TUEL

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In Gazzetta Ufficiale le linee guida della Sezione delle autonomie che offrono indicazioni sulla corretta applicazione della nuova procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui agli artt. 243-bis 243-quinquies del TUEL come introdotti dall'art. 3, comma 1, lettera r) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213. al fine di superare possibili difficolta' nell'esegesi delle norme e per renderne l'interpretazione tendenzialmente uniforme. In particolare tra le questioni attenzionate si segnalano: 1) se sia possibile ipotizzare un margine di tolleranza, fino all'effettiva acquisizione della delibera che approva il piano, del termine di 60 giorni per la presentazione del piano di riequilibrio. Deve essere, preliminarmente, chiarito che l'adempimento soggetto al termine perentorio, e' quello concernente la deliberazione del piano di riequilibrio di cui all'art. 243-bis, comma 5, che decade il 60° giorno successivo a quello di esecutivita' della delibera di cui all'art. 243-bis comma 1. Diverso da questo termine e' quello indicato nell'art. 243-quater, comma 1, dove e' stabilito che entro dieci giorni dalla data della delibera, di cui all'art. 243-bis comma 5, il piano di riequilibrio e' trasmesso alla Sezione regionale di controllo, nonche' alla commissione di cui all'art. 155 TUEL. Il comma 7 dell'art. 243-quater (nel quale tra le ipotesi che comportano l'applicazione dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, annovera «la mancata presentazione del piano entro il termine di cui all'art. 243-bis, comma 5») usa impropriamente il termine presentazione. Infatti il riferimento espresso alla disposizione normativa: «Art. 243-bis, comma 5» rende chiara l'intenzione che solo a quel termine si correla l'effetto dell'applicazione dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011...; 2) se la prima anticipazione erogata ai sensi dell'art. 5 del decreto-legge n. 174/2012 sia sottoposta o meno alla finalizzazione richiesta dall'art. 4, comma 5, stesso decreto-legge, considerato che per tale anticipazione non e' espressamente previsto il vincolo di destinazione. L'art. 5 del decreto-legge n. 174/2012, introduce, - solo in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni di cui all'art. 243-bis, - una particolare procedura accelerata per l'erogazione dell'anticipazione a valere sul fondo di rotazione, qualora ricorrano eccezionali motivi di urgenza che non consentono di attendere i normali tempi procedimentali per la definizione ed approvazione del piano di riequilibrio. Nulla cambia, invece, per quel che concerne tutti gli altri aspetti oggetto della disciplina della materia; ragion per cui anche per le somme anticipate ai sensi dell'art. 5 del decreto-legge n. 174/2012, deve ritenersi sussistente il vincolo di destinazione ex art. 4, comma 5, che trova la sua ragion d'essere nella particolare rilevanza delle spese indicate, essenziali per le esigenze di funzionamento dell'ente. L'esclusione dei debiti fuori bilancio dal novero delle spese pagabili con le somme a destinazione vincolata, trova giustificazione nei rimedi specifici per il finanziamento di tali spese previste per i piani di riequilibrio dall'art. 243-bis, comma 7 del TUEL. (Corte dei Conti, Sez. Autonomie delibera 6.3.2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 17.4.2013)

 
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martedì 23 aprile 2013 18:11

Il rimborso delle spese di viaggio sostenute dal Segretario comunale per gli adempimenti tributari (registro, ipotecari e catastali), per l’atto da lui rogato

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La questione sottoposta alla Corte dei Conti nel parere in esame concerne la rimborsabilità delle spese che il Segretario comunale sostiene per recarsi, con utilizzo del mezzo di trasporto proprio, presso gli uffici dell’agenzia delle Entrate per la registrazione degli atti ricevuti e rogati nella qualità di ufficiale rogante dei contratti di cui è parte l’Ente. In particolare il Sindaco del Comune di Rivello (Potenza) ha chiesto alla Corte di esprimere il proprio motivato avviso circa l’applicazione dell’art. 6, comma 12, del D.L. n. 78/2010 – nella parte in cui dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto, cessano di avere applicazione nei confronti del personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 le disposizioni che disciplinano l’uso del mezzo proprio per lo svolgimento di funzioni connesse a mansioni di ufficio (articolo 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836) e quelle che misurano il rimborso chilometrico (articolo 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione), e cessano altresì di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi – al caso del Segretario comunale, Ufficiale rogante per l’Ente, che debba recarsi presso gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente per la registrazione dei contratti da lui ricevuti. In risposta al quesito la Corte ha rilevato come la registrazione dell’atto (nonché con la sua trascrizione e voltura, se ne ricorre il caso) l’ufficiale rogante adempie un suo obbligo, che nasce dall’incarico svolto. Atteso che l’incarico svolto dal Segretario comunale non è un incarico professionale conferitogli intuitu personae dalla parte privata del contratto (C. Cost. n. 156/1990), e i diritti riscossi (parte dei quali sono a lui destinati) hanno natura tributaria e non già di corrispettivo per l’opera professionale svolta, la questione del rimborso delle spese sostenute per gli adempimenti tributari non può che porsi, eventualmente, nei soli riguardi della parte (contrattuale) pubblica, dal momento che nessun altro corrispettivo potrebbe essere imposto alla parte privata (o da questa riscosso), che tale incarico non ha conferito. Ciò posto, la Corte dei Conti rileva come la questione del rimborso delle spese di viaggio sostenute dal Segretario comunale per gli adempimenti tributari (registro, ipotecari e catastali), conseguenti all’atto da lui rogato, può porsi solo nei riguardi della parte pubblica (ente comunale), compatibilmente con i limiti posti dall’art. 6, comma 12, d.l. n. 78/2012. Per accedere al testo del parere cliccare sul titolo sopra linkato. (Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Basilicata-Potenza, deliberazione n. 39/2013/PAR del 3.4.2013)

 
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martedì 23 aprile 2013 18:11

Autorizzazione all’utilizzo del mezzo proprio di trasporto da parte dei dipendenti pubblici: la Corte dei Conti consente agli enti locali, con un atto regolamentare, di adattare il vincolo imposto dall’art. 6, comma 12, della legge 122/2010 qualora esigenze di funzionamento rendessero gli effetti del divieto contrario al principio di buon andamento

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Il Comune di Barile - premesso che "…l’art. 6 comma 12 della legge 122/2010 … prevede che nei confronti del personale contrattualizzato di cui al d.lgs. 165 del 2001 non trova più applicazione la normativa che dava diritto al personale che si reca in missione con l’utilizzo del mezzo proprio alla corresponsione di un’indennità ragguagliata ad un quinto del prezzo di un litro di benzina super vigente nel tempo oltre il rimborso dei pedaggi autostradali (art. 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e art. 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417)". • che " … sussistono tuttora difficoltà per individuare l’ambito applicativo della surriferita disposizione ed, in particolare, se la disapplicazione recata dal comma 12, coinvolga anche il rimborso delle spese di accesso agli uffici dell’Ente titolare dalla ordinaria sede di servizio, nel caso di personale utilizzato a tempo parziale di altra amministrazione e dei servizi in convenzione, secondo la disciplina dell’art. 14 del CCNL di comparto 22/01/2004 e del comma 557 dell’art. 1 della legge 311/04" - ha chiesto alla Corte dei Conti di conoscere l’avviso di questa Sezione regionale di controllo in ordine alla possibilità di prevedere "una forma di ristoro delle spese sostenute dal personale regolarmente autorizzato all’uso del mezzo proprio per raggiungere la sede dell’ente utilizzatore mediante "una indennità chilometrica" pari ad un quinto del costo della benzina verde per ogni chilometro, in analogia ad un’altra fattispecie relativa al segretario comunale titolare di sede convenzionata già esaminata dalla Corte dei Conti". La risposta: Dopo aver ricostruito il quadro normativo che disciplina l’istituto dell’autorizzazione all’uso del mezzo proprio da parte dei dipendenti pubblici, la Corte ha rilevato come la formulazione letterale dell’art 6, comma 12, del decreto legge 78/2010 ha comportato da subito l’emersione di problemi interpretativi, in particolare per ciò che attiene all’estensione della norma alle Regioni e agli Enti locali, dando luogo a letture talvolta contrastanti che solo di recente hanno trovato una composizione grazie all’intervento ermeneutico del Giudice delle leggi (da ultimo con sentenza n. 139 del 23 maggio 2012). Secondo la sentenza n. 139/2012 della Corte Costituzionale, "si deve … verificare se da ciascuna previsione dell’art. 6 si possano desumere «principi rispettosi di uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia regionale» (sentenza n. 182 del 2011)" e, in tal senso, anche il comma 12, ultimo periodo, va ricondotto al principio generale di coordinamento della spesa di cui l’art. 6 nel suo complesso è espressione. In base a tale canone interpretativo, l’ultimo periodo del comma 12 vincola le Regioni, ma anche gli Enti locali, solo in quanto concorre a determinare il tetto massimo dei risparmi di spesa che essi devono conseguire. Qualora esigenze di funzionamento rendessero gli effetti del divieto contrario al principio di buon andamento, le Regioni e le autonomie locali sarebbero libere di rimodulare in modo discrezionale, nel rispetto del limite complessivo, le percentuali di riduzione di questa come delle altre voci di spesa contemplate nell’art. 6. (Cfr. deliberazione 39/2013/PAR di questa Sezione). Questa Sezione di controllo si è già espressa con deliberazioni 74/2012/PAR e 89/2012/PAR su quali possono essere le particolari modalità applicative mediante le quali l’ente locale può adeguare il proprio ordinamento ai principi di riduzione della spesa previsti dalla normativa nazionale, assicurando nel contempo il raggiungimento delle finalità perseguite dalle norme. A tal fine, in quella sede (che riguardava in particolare l’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2012), si è ritenuto, rinviando alla deliberazione n. 11/CONTR/2012 delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte, di riconoscere agli enti locali uno spazio di autonomia nell’adeguamento tale da consentire il soddisfacimento delle esigenze particolari senza stravolgere l’obiettivo perseguito dal legislatore. In sostanza si è ritenuta necessaria l’intermediazione di un atto regolamentare, espressione della potestà normativa dell’ente, per disciplinare la materia in coerenza con i principi stabiliti dalla norma di coordinamento finanziario. Il Collegio ritiene che tale ricostruzione possa essere confermata anche in questa sede consentendo agli enti locali, con un atto espressione della potestà regolamentare, di adattare il vincolo imposto dall’art. 6, comma 12, ultimo periodo, considerato che lo stesso concorre a determinare il tetto dei risparmi di spesa che essi devono conseguire ai sensi del comma 12, primo periodo. Qualora, dunque, esigenze di funzionamento rendessero gli effetti del divieto contrario al principio di buon andamento, gli enti locali potrebbero rimodulare con atto regolamentare il disposto dell’art. 6, comma 12, ultimo periodo, purché nel rispetto del tetto di spesa previsto dal primo periodo del comma 12. Peraltro, il tetto alle spese per missioni pari al 50 per cento di quelle sostenute nell’anno 2009 non costituisce un vincolo incondizionato neppure per le amministrazioni statali, considerata la possibilità del suo superamento previa adozione di un motivato provvedimento da parte dell’organo di vertice dell’amministrazione, seppure in casi eccezionali. (Corte de Conti, Sez. Reg. Cont. Basilicata-Potenza, deliberazione n. 31/213/PAR del 28.3.2013)

 
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Il Comune di Barile - premesso che "…l’art. 6 comma 12 della legge 122/2010 … prevede che nei confronti del personale contrattualizzato di cui al d.lgs. 165 del 2001 non trova più applicazione la normativa che dava diritto al personale che si reca in missione con l’utilizzo del mezzo proprio alla c ... Continua a leggere

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martedì 23 aprile 2013 18:11

Rimborso al dipendente delle spese di parcheggio: la Corte dei Conti ammette il rimborso nel caso di utilizzo del mezzo comunale, mentre tendenzialmente lo esclude in caso di utilizzo autorizzato del mezzo proprio

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Il Sindaco del Comune di Calderara di Reno (Bo) ha inoltrato alla Corte dei Conti una richiesta di parere avente ad oggetto il rimborso delle spese di viaggio e, specificamente, quelle di parcheggio. La richiesta di parere si articola in alcuni quesiti. Il primo afferisce alla possibilità di rimborsare le spese di parcheggio al dipendente recatosi in missione nella circoscrizione provinciale con mezzo comunale e, nel caso, se sia anche possibile rimborsare le spese suddette al dipendente autorizzato all’uso della propria autovettura per una missione nella circoscrizione provinciale. Viene richiesto, altresì, se l’ente debba predisporre, sul punto, preventiva disciplina regolamentare, prescrivendo anche il limite entro cui il rimborso sia ammesso. Si domanda, infine, se agli amministratori vadano applicate le medesime prescrizioni previste per i dipendenti per i rimborsi spese per parcheggi, con ulteriore richiesta circa la rimborsabilità o meno del quinto della benzina per gli amministratori autorizzati all’uso del mezzo proprio per missioni nell’ambito della circoscrizione provinciale.Alla luce di quanto risulta dal ricordato quadro ermeneutico, pur nel doveroso rispetto dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nel caso di utilizzo del mezzo comunale non vigono vincoli di finanza pubblica che escludano il rimborso delle spese di parcheggio (cfr. in termini Sezione Lombardia/496/2011/PAR). Va, al contrario, tendenzialmente escluso il rimborso dei costi di parcheggio per l’uso autorizzato del mezzo proprio, salvo, in conformità al dettato delle Sezioni Riunite, regolamentazioni interne all’ente che prevedano "forme di ristoro del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti" esclusivamente "per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione", sulla base del parametro degli "oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto". Nell’ambito di questo quadro previsionale va data risposta al successivo quesito, circa la preventiva predisposizione di adeguata regolamentazione (come richiamata dalle Sezioni Riunite con deliberazioni n.21/CONTR/2011), necessaria nell’ an, al fine di emettere atti gestionali sulla base di predeterminati criteri generali cristallizzati in un atto normativo a monte; il quomodo va articolato sulla base delle statuizioni delle richiamate deliberazioni delle Sezioni Riunite. Circa, infine, il quesito se gli amministratori siano destinatari delle medesime prescrizioni e se sia, eventualmente, dovuto il rimborso del quinto della benzina nel caso di uso del mezzo proprio, si precisa che la normativa generale, in riferimento al rimborso delle spese di viaggio, all’art.84, comma 1, del T.U.E.L. prevede che "Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, è dovuto esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali". Risulta, inoltre, abrogato, ogni riferimento ad ulteriori rimborsi forfettari. Il D.M. di attuazione del Ministro dell’Interno e del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 4 agosto 2011 (previa intesa con la Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali) all’art.2, recante "Rimborso delle spese di viaggio", ha previsto che "In occasione di missioni istituzionali svolte fuori dal capoluogo del comune ove ha sede l’ente di appartenenza, agli amministratori degli enti locali spetta il rimborso delle spese di viaggio entro i limiti stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dirigente del comparto Regioni - autonomie locali". Sul punto, il comma 12 dell’art.6 del D.L. n.78 del 2010 ha escluso, dalla data di entrata in vigore del decreto (31 maggio 2010), l’applicazione, al personale contrattualizzato ex D.Lgs.165 del 2001, dell’art.15 della Legge n.836/1973 e 8 della Legge n.417/1978, nonché di eventuali analoghe disposizioni dei contratti collettivi. Tale esclusione, in ragione dell’esplicito rinvio di cui all’art.2 del D.M. richiamato, trova, quindi, applicazione anche per gli amministratori degli enti locali (c.f.r. in termini, da ultimo, Sezione regionale di controllo per la Campania - Parere n.21/2013). E’ precluso, pertanto, anche per gli amministratori degli enti locali, nel caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, il rimborso di un’indennità chilometrica, prevista dal succitato art. 15 e commisurato, nell’entità, dall’art.8 della L. n.417/1978, nella misura di 1/5 del prezzo di un litro di benzina (limite ribadito per i consiglieri comunali e provinciali dall’art.77 bis comma 13 del D.L.112/2008, convertito dalla L.133/2008). Analogamente a quanto indicato per i dipendenti dell’ente locale, resta salva la possibilità, richiamata dalle Sezioni Riunite con deliberazione n.21/CONTR/2011, della previsione di forme di ristoro dei costi sostenuti "per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione", sulla base del parametro degli "oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto". (Corte dei Conti, Sez. Contr. Emilia Romagna, Deliberazione n. 208/2013/PAR del 16.4.2013)

 
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martedì 16 aprile 2013 19:16

Contributi, finanziamenti o sovvenzioni erogate da pubbliche amministrazioni: individuazione del giudice competente a decidere sulle controversie aventi ad oggetto il ritiro di finanziamenti

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In materia di controversie relative a provvedimenti incidenti su contributi, finanziamenti o sovvenzioni erogate da pubbliche amministrazioni, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie sugli atti di ritiro del finanziamento, anche susseguente alla relativa erogazione, ove costituisca manifestazione di autotutela amministrativa in vista della tutela dell’interesse pubblico, con ponderazione dell’interesse pubblico sottostante all’erogazione del contributo, mentre spettano, alla giurisdizione ordinaria, le controversie su provvedimenti di ritiro, comunque denominati, assunti in funzione della negativa verifica in ordine al raggiungimento dello scopo che si è voluto agevolare, ossia a situazioni riconducibili alla fase esecutiva del rapporto ed attinenti alle modalità di utilizzazione del contributo e al rispetto degli impegni assunti dal beneficiario (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 18.5.2012, n. 2900). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 12.4.2013, n. 1988)

 
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martedì 16 aprile 2013 19:16

Persa da SKY ITALIA anche l'ultima battaglia al Consiglio di Stato: dovrà pagare agli utenti-abbonati gli indennizzi da corrispondere in via automatica a seguito di segnalazioni di disservizi

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Definitivamente confermata dal Consiglio di Stato l'applicabilità anche a SKY ITALIA sia della delibera n. 73/2011 con la quale l’AGCOM ha individuato le fattispecie di disservizio che comportano a carico dell’operatore l’obbligo di riconoscere automaticamente un indennizzo all’utente finale secondo parametri stabiliti nelle condizioni contrattuali nonché del Regolamento nel quale sono stati definiti alcuni criteri utili per garantire una più omogenea quantificazione degli indennizzi da corrispondere all’utente finale all’esito della definizione stragiudiziale della controversia eventualmente deferita alla cognizione dell’Autorità. Già il TAR Lazio aveva rigettato il ricorso da SKY ITALIA srl con il quale appunto aveva chiesto l’annullamento, dapprima, della delibera n. 73/2011 e dell’allegato Regolamento, unitamente agli atti presupposti, e poi ( con primo atto di motivi aggiunti) della determinazione Co.Re.Com. Puglia 2 maggio 2011 n. 13, nonché della determinazione AGCOM, Direz. Tutela Consumatori, 19 maggio 2011 n.42 , che avevano applicato la delibera AGCOM impugnata in controversie insorte tra SKY Italia srl ed alcuni utenti-abbonati ai servizi di pay tv della suddetta emittente (con riguardo alla misura degli indennizzi). Per accedere al testo integrale della sentenza cliccare sul titolo sopra linkato. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 12.4.2013, n. 2009)

 
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Definitivamente confermata dal Consiglio di Stato l'applicabilità anche a SKY ITALIA sia della delibera n. 73/2011 con la quale l’AGCOM ha individuato le fattispecie di disservizio che comportano a carico dell’operatore l’obbligo di riconoscere automaticamente un indennizzo all’utente finale second ... Continua a leggere

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martedì 16 aprile 2013 19:16

Certificazione dei crediti: la Ragioneria Generale dello Stato fornisce le indicazioni operative alle amministrazioni dello Stato per la ricognizione dei debiti

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A seguito dell’emanazione del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, e in particolare dell’articolo 7 recante misure per le amministrazioni tenute a certificare i crediti certi, liquidi ed esigibili fornitori maturati alla data del 31 dicembre 2012 per somministrazioni, forniture e appalti, la Ragioneia Generale dello Stato fornisce con la circolare attenzionata le prime indicazioni operative alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. Il decreto interviene in materia di accreditamento alla piattaforma elettronica per la certificazione predisposta dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e introduce, per le amministrazioni, l’obbligo di provvedere ad una ricognizione dei debiti, da effettuarsi entro il 15 settembre 2013. (Ragioneria Generale dello Stato, circolare n. 17 del 10.4.2013)

 
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A seguito dell’emanazione del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, e in particolare dell’articolo 7 recante misure per le amministrazioni tenute a certificare i crediti certi, liquidi ed esigibili fornitori maturati alla data del 31 dicembre 2012 per somministrazioni, forniture e appalti, la Ragione ... Continua a leggere

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martedì 16 aprile 2013 19:16

Mutui per l'acquisto della prima casa: modificate le regole per ottenere il beneficio della sospensione delle rate

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La legge 24 dicembre 2007, n. 244 ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo di solidarieta' per i mutui per l'acquisto della prima casa, la cui disciplina di attuazione e' contenuta nel decreto n. 132 del 21 giugno 2010 contente il «Regolamento recante norme di attuazione del Fondo di solidarieta' per l'acquisto della prima casa". Il MEF con il decreto in esame, che entra in vigore il 27.4.2013, e' intervenuto a modificare il regolamento. Tra le modifiche si segnala la sostituzione dell'art. 2, comma 3 con il seguente: «3. L'ammissione al beneficio e' subordinata esclusivamente all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi riferiti alla persona del beneficiario, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e verificatisi nei tre anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio: a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di eta' con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianita', di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa, con attualita' dello stato di disoccupazione; b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, n. 3) del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa, con attualita' dello stato di disoccupazione; c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidita' civile non inferiore all'80 per cento. In caso di mutuo cointestato, gli eventi di cui al presente comma possono riferirsi anche ad uno solo dei mutuatari». Inoltre all'art. 2 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 132/2010, dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti commi: «4. La sospensione del pagamento delle rate di mutuo si applica anche ai mutui: a) oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite ovvero di cartolarizzazione ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130; b) erogati per portabilita' tramite surroga ai sensi dell'art. 120-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che costituiscono mutui di nuova erogazione alla data di perfezionamento dell'operazione di surroga; c) che hanno gia' fruito di altre misure di sospensione del pagamento delle rate purche' tali misure non determinino complessivamente una sospensione dell'ammortamento superiore a 18 mesi. 5. La sospensione del pagamento delle rate di mutuo non puo' essere richiesta per i mutui che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: a) ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi al momento della presentazione della domanda da parte del mutuatario, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato; b) fruizione di agevolazioni pubbliche; c) per i quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi di cui al comma 479 della legge n. 244/2007, purche' tale assicurazione garantisca il rimborso almeno degli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione stesso». Per accedere al testo completo di tutte le modifiche introdotte cliccare sul titolo sopra linkato. (Decreto MEF n. 37 del 22.2.2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 12.4.2013)

 
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mercoledì 10 aprile 2013 19:50

Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche: la determinazione forfettaria del canone dovuto per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto è subordinata alla ricorrenza di puntuali presupposti, di carattere soggettivo ed oggettivo

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L’articolo 63 del citato D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, disciplinando il "Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche", dopo aver stabilito al comma 1, secondo periodo, che "I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell’articolo 52, prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinati a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione…", ha indicato, al successivo comma 2, i criteri cui deve essere informato il regolamento, specificando, per quanto qui interessa, al punto f) la "previsione per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi di un canone determinato forfettariamente come segue: 1) per le occupazioni del territorio comunale il canone è commisurato al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle sotto indicate classi di comuni: I) fino a 20.000 abitanti, euro 0,77 per utenza; II) oltre 20.000 abutanti, euro 0,65 per utenza; 2) per le occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di tariffa di cui al precedente numero 1, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3) in ogni caso l’ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia non può essere inferiore a euro 516,46. La medesima misura di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanente di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai pubblici servizi….". Dal tenore letterale della norma emerge che la determinazione forfettaria del canone dovuto per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto è subordinata alla ricorrenza di puntuali presupposti, di carattere soggettivo ed oggettivo: in particolare l’agevolazione presuppone, dal punto di vista soggettivo, che il soggetto occupante le aree pubbliche svolga attività di erogazione dei pubblici servizi ovvero attività strumentali ai servizi medesimi; dal punto di vista oggettivo, poi l’attività di erogazione ovvero quella strumentale deve essere in atto, atteso che il canone deve essere commisurato al numero delle utenze (ciò anche con riferimento alle occupazioni del territorio provinciale). Ad avviso della Sezione, la ratio dell’agevolazione in parola si ricollega alla peculiarità dell’attività che viene svolta attraverso l’occupazione di aree pubbliche (erogazione di servizi pubblici o attività strumentale a questi ultimi) ed alla utilità che così è assicurata direttamente ai cittadini (utenti), solo in tal modo trovando ragionevole giustificazione il sacrificio imposto al potere impositivo dell’amministrazione locale (ed alle sue entrate finanziarie). Il legislatore ha così effettuato, direttamente a livello normativo, una comparazione e una non irragionevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell’ente locale, comune o provinciale, di ricavare un’entrata dall’utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all’utilità derivante dall’erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all’ente impositore, considerandola una questione di interesse generale e non meramente localizzabile. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1786)

 
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mercoledì 10 aprile 2013 19:50

Acqua Minerale Uliveto, il Consiglio di Stato conferma la legittimità dell'aumento del canone di imbottigliamento disposto dal Comune

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Per determinare il canone in base alla quantità, ai valori di mercato, alla qualità e tipologia d'uso dell'acqua imbottigliata e utilizzata, nonché in misura proporzionale all'impatto che il prelievo dell'acqua ha sugli interessi pubblici della comunità locale, il risultato cui addiviene il Comune è del tutto legittimo, poiché è ovvio che tanto maggiore è l'impatto del prelievo dell'acqua sugli interessi pubblici della comunità locale, tanto più elevati sono sia gli oneri diretti e indiretti sia il canone di concessione, non sussistendo alcun obbligo di rispettare un rapporto di proporzionalità inversa tra oneri diretti e indiretti (da un lato) e canone (dall'altro). Questo e' quanto stabilito dal Consiglio di Stato. La vicenda prende le mosse dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. I, con la sentenza n. 542 del 15 marzo 2012, che ha respinto il ricorso proposto dalla Societa, titolare della concessione per la coltivazione del giacimento di acqua termo minerale denominata Uliveto, per l’annullamento della delibera della Giunta Comunale di Vicopisano n. 71 del 17 giugno 2011, con la quale ha provveduto a determinare il canone di imbottigliamento relativo alla suddetta concessione mineraria ai sensi dell’art. 22, comma 2, della legge regionale Toscana n. 38 del 2004. Il Consiglio di Stato investito della vicenda ha rilevato preliminarmente che, con l’entrata in vigore (in data 31 marzo 2009, con la pubblicazione del relativo regolamento) della L.R. Toscana n. 38-2004 sono state attribuite ai Comuni le funzioni amministrative in materia di acque minerali, di sorgente e termali. L’art. 22 di detta legge ha previsto gli oneri economici a carico dei concessionari: - il canone annuo di concessione proporzionale alla quantità di acqua utilizzata per l'imbottigliamento da versare al Comune interessato, quale nuovo ente concedente, che deve essere determinato da ciascun Comune in misura compresa tra Euro 0,50 e Euro 2,00 per ogni metro cubo di acqua imbottigliata, tenuto conto delle quantità, dei valori di mercato, delle qualità e delle tipologie d'uso delle acque stesse; - la stipula di una convenzione tra il Comune e il concessionario con cui individuare gli oneri diretti e indiretti. In via transitoria, l’art. 48 della legge regionale citata ha stabilito che le concessioni in corso al 31 marzo 2009 sono suscettibili di conferma previa stipulazione, ai sensi dell'articolo 22, comma 5, della convenzione con il comune competente: tale obbligo deve essere assolto entro ventiquattro (oggi trentasei) mesi dall'entrata in vigore del regolamento regionale di cui all'articolo 49 pena la decadenza dalla concessione di cui si tratta; entro lo stesso termine si provvede all'adeguamento delle convenzioni eventualmente già in essere indicando l'importo dovuto dal concessionario ai sensi dell'articolo 22. Ritiene il Collegio che già dall’esame di tali norme si evidenzi in maniera lampante la correttezza della decisione del TAR impugnata, poiché gli atti convenzionali in essere tra il Comune e l’appellante non hanno specifico riguardo al profilo del canone di concessione, che invece è stato determinato con la delibera impugnata in modo conforme ai parametri indicati dal legislatore regionale e previa specifica ed approfondita istruttoria, ma stabiliscono corrispettivi che si collegano o al diverso istituto degli oneri diretti e indiretti derivanti dallo sfruttamento delle acque pubbliche o a più ampi rapporti tra le parti. In particolare il Collegio evidenzia che l’Amministrazione appellata ha accertato che l'acqua Uliveto, per quantità, valori di mercato, qualità e tipologie (cioè per le caratteristiche indicate dall'art. 22 della L.R. n. 38-2004), si colloca ai vertici delle acque minerali emunte in Toscana, cosicché in sede tecnica (in base alla relazione allegata alla deliberazione n. 71-2011) è stato ritenuto possibile determinare il canone di imbottigliamento di fascia medio-alta, anche fino al massimo consentito dalla normativa regionale. Peraltro rileva il Collegio che, con lettera del 21 marzo 2012 (doc. 1 appellato), la società appellante ha chiesto al Comune di Vicopisano di procedere comunque alla sottoscrizione della convenzione di adeguamento prevista dalla L.R. n. 38-2004, con le riserve del caso, e dichiarando la propria disponibilità a versare il saldo per il pregresso periodo: la convenzione, con le modifiche del caso a tutela della posizione di ciascuna parte è stata sottoscritta in data 30 marzo 2012, determinando in € 482.825,84 il canone dovuto dalla società per l'acqua imbottigliata nel corso del 2011. Con riferimento alle contestazioni circa il nuovo ammontare del canone, sostanzialmente riproposte con le censure formulate nell’atto di appello, il Collegio deve precisare che la previsione di un canone proporzionale all'acqua imbottigliata o emunta (invece che all'estensione della superficie della concessione) è stata introdotta per la prima volta dalla Regione Lombardia, con L.R. n. 1-1998 ed ha superato l’esame di costituzionalità (Corte Costituzionale, sentenza 16 marzo 2001, n. 65), avendo la Consulta dichiarato non fondate le questioni sollevate, riconoscendo alle Regioni la possibilità di prevedere un canone commisurato all'effettivo beneficio ricavabile dal concessionario e, quindi, proporzionale all'acqua imbottigliata. In tale sentenza la Corte Costituzionale ha confutato le tesi circa la violazione del principio di uguaglianza e dei principi di libera concorrenza, affermando espressamente che il principio del libero scambio è, infatti, mal invocato di fronte a linee di indirizzo, di cui anche le Regioni possono essere interpreti nelle materie di loro competenza, intese a non deprimere il valore delle risorse naturali che costituiscono patrimonio pubblico. Infatti, il canone per cui è causa afferisce ad un rapporto concessorio avente ad oggetto lo sfruttamento economico di un bene pubblico; un rapporto che assume caratteristiche ibride: autoritative e pubblicistiche, quanto alla previsione e fissazione di un adeguato canone; pattizie e privatistiche, quanto alla possibile esistenza di regole negoziali accessive al provvedimento concessorio. In relazione a tale duplice valenza del rapporto, il relativo canone è un corrispettivo che il concessionario ha l’obbligo di corrispondere secondo un tipico schema negoziale privatistico, ma è anche, quanto alla sua quantificazione, il risultato di una determinazione autoritativa dell’ente concedente (nella specie, addirittura, di un specifica disposizione di legge), connessa direttamente all’aspetto pubblicistico del sottostante rapporto, concernente il potere della stessa Amministrazione di esigere quel dato corrispettivo per l’uso speciale (o, come nella specie, per lo sfruttamento commerciale) del bene pubblico. Oltre a tale canone, avente la natura giuridica suindicata, le leggi regionali in materia (come l'art. 22, comma 5, in esame) stabiliscono che la concessione di coltivazione è subordinata alla stipula di apposita convenzione che deve prevedere, oltre al suddetto canone, anche l'individuazione degli oneri diretti ed indiretti, determinati dalle opere correlate alle attività di estrazione e di utilizzo delle acque minerali, di sorgente e termali, a conferma della precedente previsione contenuta nell'art. 24, comma 6, della L.R. n. 86-1994. Infatti il cit. art. 22 della L.R. n. 38-2004 già nella rubrica individua i due diversi obblighi a carico del concessionario: "Pagamento del canone per la concessione. Convenzione per gli oneri sostenuti dal Comune"; obblighi del tutto indipendenti tra di loro, perché la determinazione del canone è rimessa ad una decisione unilaterale ed autoritativa del Comune, entro i limiti fissati dal legislatore regionale e tenuto conto di alcuni elementi, mentre gli oneri a carico del concessionario, compensativi di quelli diretti e indiretti, devono essere individuati tramite un accordo tra comune e concessionario; pertanto, l'adeguamento della convenzione tra il Comune e la società appellante deve riguardare esclusivamente la determinazione del canone proporzionale alla quantità dell'acqua imbottigliata e non gli altri aspetti (oneri diretti ed indiretti) già definiti in precedenza con le convenzioni. Infatti, nel caso di specie, le pattuizioni contenute nella convenzione del 1989 sono del tutto indipendenti dal rinnovo della concessione mineraria (la concessione sarebbe scaduta infatti nel 2005), ma sono connesse esclusivamente a quella variante urbanistica ed agli interventi resi possibili da tale variante che hanno giustificato la corresponsione degli oneri indicati nella convenzione medesima. Pertanto le obbligazioni previste nella convenzione del 1997, poi modificate nel 2000, riguardavano interventi edilizi ancora da realizzare, poiché a quel momento la società non aveva dato attuazione alle previsioni della variante urbanistica del 1989. Successivamente, nella convenzione del 5 agosto 2000, al punto 11, la società appellante ha confermato l'impegno ad erogare annualmente al Comune la somma di lire 300.000.000 in relazione al contributo previsto a carico del concessionario nei confronti del Comune dalla norma dell'art. 24, comma 6, della Legge Regionale n. 86/94, e quindi a tale esclusivo titolo (e non "anche" a tale titolo), come invece previsto nella convenzione del 1997. La tesi della società appellante (e a prescindere dagli aspetti relativi all’ammissibilità per la prima volta in appello di tale censura), secondo cui il Comune, nella determinazione del canone avrebbe dovuto considerare anche gli oneri già da essa sostenuti, non trova alcun riscontro nel testo legislativo poiché i criteri individuati per la determinazione del canone sono totalmente indipendenti dagli oneri diretti e indiretti sostenuti dai Comuni per l'attività svolta dal concessionario. Come indicato al punto 4.8 della relazione allegata alla deliberazione n. 60-2010 per determinare il canone (tra 0,50 e 2,00 € al mc) in base alla quantità, ai valori di mercato, alla qualità e tipologia d'uso dell'acqua imbottigliata e utilizzata, nonché in misura proporzionale all'impatto che il prelievo dell'acqua ha sugli interessi pubblici della comunità locale, il risultato cui addiviene il Comune è del tutto legittimo, poiché è ovvio che tanto maggiore è l'impatto del prelievo dell'acqua sugli interessi pubblici della comunità locale, tanto più elevati sono sia gli oneri diretti e indiretti sia il canone di concessione, non sussistendo alcun obbligo di rispettare un rapporto di proporzionalità inversa tra oneri diretti e indiretti (da un lato) e canone (dall'altro). Né può contestarsi la mancata valutazione della comparazione tra varie acque minerali, atteso che gli atti istruttori espletati dal Comune evidenziano la serietà e l’approfondimento dell’accertamento in ordine ai tre parametri previsti dalla legge regionale per determinare il canone, all'interno dell'intervallo fissato ("quantità", "valori di mercato" e "qualità e tipo-logie d’uso"), come risulta dai cit. allegati alle deliberazione di Giunta n. 71 del 2011. Infine, l'eccezione di illegittimità costituzionale della L.R. Toscana n. 38-2004 deve ritenersi infondata, atteso che pacificamente il legislatore può incidere sui rapporti concessori in corso relativamente alle parti ella concessione che sfuggono da una regolamentazione pattizia, atteso che la determinazione del canone di concessione si pone su un piano diverso dagli obblighi pattizi esistenti tra le parti, poiché attiene al profilo pubblicistico del rapporto, come già puntualizzato. Quanto ai criteri per la determinazione del canone di concessione, la stessa Corte Costituzionale, con la cit. sentenza n. 65-2001, ha già avvalorato il principio dell'onerosità della concessione e quello della proporzionalità del canone all'effettiva entità dello sfruttamento delle risorse pubbliche. Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello e' stato respinto, in quanto infondato. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1823)

 
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mercoledì 10 aprile 2013 19:50

Pagamento dei debiti degli Enti Locali: nuovi poteri alla Corte dei Conti, irrogherà una sanzione pecuniaria pari a due mensilita' del trattamento retributivo ai responsabili dei servizi che non hanno proceduto ai pagamenti o non abbiano richiesto gli spazi finanziari necessari

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È entrato in vigore il 9.4.2013 il decreto legge contenete le "Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli enti locali" con il quale per quanto attiene ai DEBITI DEGLI ENTI LOCALI si prevede che sono esclusi dai vincoli del patto di stabilita' interno per un importo complessivo di 5.000 milioni di euro i "pagamenti di debiti di parte capitale certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti di parte capitale per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine, ivi inclusi i citati pagamenti delle province in favore dei comuni, sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali". A tal fine i Comuni e le Province entro il termine del 30.4.2013 devono comunicare attraverso il sistema web della RGS gli spazi finanziari necessari affinché vengano individuati con decreto del MEF, per ciascun ente locale. Il comma 4 dell'art. 1 del decreto prevede espressamente che "Qualora le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino, su segnalazione del collegio dei revisori, che gli enti locali, senza giustificato motivo, non abbiano richiesto gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalita' di cui al comma 2, ovvero non abbiano proceduto, entro l'esercizio finanziario 2013, ad effettuare pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi, le stesse irrogano una sanzione pecuniaria pari a due mensilita' del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali, per i responsabili dei servizi interessati." Tali importi sono acquisiti al bilancio dell'ente. (Decreto Legge 8 aprile 2013, n. 35, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 8.4.2013)

 
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martedì 2 aprile 2013 19:13

Imposizione del ticket per il contenimento della spesa sanitaria: la Regione può assoggettare anche i farmaci della fascia "A" ad un contributo di partecipazione a carico dei cittadini

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Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del TAR e da' ragione alla Regione Molise. L’art. 4, comma 3, lett. a) del D.L. n. 347/2001 ha conferito alle Regioni il potere-dovere di coprire gli eventuali disavanzi di gestione mediante l’introduzione di "misure di compartecipazione alla spesa sanitaria", senza individuare alcuna eccezione a tale possibilità, fondata sulla particolare classificazione dei farmaci. La reintroduzione del c.d. ticket costituisce, in tale prospettiva, uno strumento compartecipativo di ripianamento della spesa sanitaria, che funziona in base a criteri di proporzione e di equilibrio, come correttamente rileva la difesa della Regione appellante. Non appare corretta, quindi, né condivisibile l’equazione, che l’impugnata sentenza istituisce, tra l’appartenenza del farmaco alla fascia "A" e l’esclusione di qualsiasi partecipazione alla spesa per il suo acquisto da parte dei cittadini. Al riguardo la Corte Costituzionale ha chiarito, sin dalla fondamentale sentenza n. 271 dell’11.4.2008, poi confermata anche nella sua successiva giurisprudenza, che, ai sensi del d.P.C.m. 29 novembre 2001 (come ora del d.P.C.m. 23 aprile 2008), l’erogazione dei farmaci rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA), il cui godimento è assicurato a tutti in condizioni di uguaglianza sul territorio nazionale (v., sul punto, anche la sentenza della stessa Corte Cost. n. 282 del 2002), affinché non si verifichi che in parti di esso "gli utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato" (sentenza n. 387 del 2007). La legislazione statale (art. 8, comma 14, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante "Interventi correttivi di finanza pubblica"), in particolare, assicura a tutti la totale rimborsabilità dei farmaci collocati in classe A nel prontuario farmaceutico, ma aggiunge (art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001) che, entro tale categoria, la comprovata equipollenza terapeutica dei farmaci consente, nelle forme ivi previste, che possa essere esclusa in modo totale o parziale la rimborsabilità dei medicinali più onerosi per le finanze pubbliche alle condizioni fissate dallo stesso legislatore statale. È evidente che, per tale via, la legislazione in punto di livelli essenziali delle prestazioni coniuga una necessaria opera di contenimento della spesa farmaceutica con la garanzia che continuino, peraltro, ad erogarsi a carico del Servizio sanitario nazionale i farmaci reputati, secondo un apprezzamento tecnico-scientifico, idonei a salvaguardare il diritto alla salute degli assistiti. L’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 non manca, nel contempo, di attribuire alle singole Regioni, anche nel rispetto delle rilevanti competenze di cui esse godono nella materia concernente la tutela della salute, una sfera di competenza, esercitabile tramite "provvedimento amministrativo", in punto di esclusione della rimborsabilità del farmaco essenziale, ma terapeuticamente equipollente ad altro più economico, che consente di adeguare il regime vigente di rimborsabilità alla particolare condizione finanziaria di ciascuna Regione. Per quanto concerne, in particolare, la determinazione della quota della rimborsabilità dei prezzi farmaceutici, il primo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 novembre 2001, n. 405, facendo espresso riferimento alle procedure di ridefinizione dei LEA, prevede, infatti, un’apposita procedura mediante la quale la Commissione unica del farmaco (ora sostituita dalla Commissione tecnico scientifica dell’AIFA, ai sensi dell’art. 2, comma 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008") può individuare "i farmaci che, in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere totalmente o parzialmente esclusi dalla rimborsabilità". Il secondo comma del medesimo articolo, a sua volta, prevede espressamente che "la totale o parziale esclusione della rimborsabilità dei farmaci di cui al comma 1 è disposta, anche con provvedimento amministrativo della Regione, tenuto conto dell’andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato". L’espressione "farmaci con un ruolo non essenziale" in questo testo, così come nell’art. 1 dell’ora abrogato d.m. 4 dicembre 2001 (Riclassificazione dei medicinali ai sensi della legge 16 novembre 2001, n. 405, di conversione, con modifiche, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347), non comporta, ovviamente, che l’intervento in questione non cada sui farmaci di classe A, definiti come essenziali o necessari per malattie croniche, giacché, al contrario, presupposto di siffatto intervento è proprio l’inclusione del medicinale nella fascia di piena rimborsabilità, riservata a questi ultimi. È invece il "ruolo" dello specifico prodotto farmaceutico a rivelarsi, ad un successivo esame tecnico-scientifico, non più essenziale, in quanto sovrapponibile per efficacia terapeutica a medicinali di minor prezzo. Un tale quadro normativo rende, quindi, evidente che il legislatore nazionale non esclude che, nell’ambito dei LEA, che pure hanno una generale finalizzazione di tipo egualitario, una Regione possa differenziare per il suo territorio il livello di rimborsabilità dei farmaci, purché la eventuale determinazione amministrativa regionale sia preceduta dal procedimento individuato nel primo comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 347 del 2001 e la Regione operi al fine del contenimento della propria spesa farmaceutica. Nel caso di specie la Regione Molise ha operato proprio per contenere tale spesa farmaceutica, prevedendo un modesto contributo anche per i farmaci rientranti nella fascia "A", sicché le censure degli appellanti, le quali si fondano sull’erronea equiparazione tra appartenenza alla fascia "A" e non rimborsabilità del farmaco, restano destituite di fondamento a fronte del riconoscimento, da parte del legislatore, di un ragionevole margine di discrezionalità nell’escludere dalla rimborsabilità, in tutto o in parte, dei farmaci ritenuti, in base ad un successivo esame tecnico-scientifico, non più essenziali, perché sostituibili, con la medesima efficacia terapeutica, da medicinali di minor prezzo in vista di un contenimento della spesa pubblica sanitaria. Si rivela quindi erroneo l’assunto, sul quale poggia, in nuce, l’apparato motivazionale dell’impugnata sentenza, secondo cui sarebbe escluso ogni margine di discrezionalità della Regione per i farmaci essenziali, laddove tale assunto faccia coincidere l’appartenenza alla fascia "A", sempre e comunque, con l’essenzialità del farmaco, essendo ben possibile che anche farmaci di fascia "A" siano assoggettabili ad un contributo partecipativo a carico dei cittadini, laddove essi non siano più ritenuti essenziali, per le ragioni appena esposte, in quanto comparabili e surrogabili con altri farmaci aventi la stessa efficacia terapeutica, ma più economici. Da questa considerazione discende che legittimamente la Regione possa quindi assoggettare anche i farmaci della fascia "A" ad un contributo di partecipazione a carico degli assistiti, contributo che, nel caso di specie, appare del tutto ragionevole, considerata anche la modicità del suo importo. Le delibere impugnate, che si iscrivono appieno e legittimamente rientrano nel quadro normativo di riferimento appena delineato, sono dunque esenti da censura, non essendo precluso alle Regioni, contrariamente a quanto assume il T.A.R. Molise, di imporre una forma di compartecipazione al costo dei farmaci rientranti nella fascia "A". L’appello, in conclusione, deve essere accolto, con totale riforma dell’impugnata sentenza e conseguente reiezione del ricorso proposto in prime cure dagli odierni appellati. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 25.3.2013, n. 1654)

 
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Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del TAR e da' ragione alla Regione Molise. L’art. 4, comma 3, lett. a) del D.L. n. 347/2001 ha conferito alle Regioni il potere-dovere di coprire gli eventuali disavanzi di gestione mediante l’introduzione di "misure di compartecipazione alla spesa sanitar ... Continua a leggere

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