
News 30 Maggio 2017 - Area Amministrativa
Atto amministrativo: l'individuazione dell'atto meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini)
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 30.5.2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 30 maggio 2017 ha espressamente stabilito che "Allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l'atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. In particolare, non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dare luogo a un atto propriamente di conferma, in grado, come tale, di costituire un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre invece l'atto meramente confermativo quando l'amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame, si limita a dichiararne l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1805; sez. IV, 12 febbraio 2015, n.758; sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 812)2. Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 30.5.2017
La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 30 maggio 2017 ha espressamente stabilito che "Allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termi ... Continua a leggere
Processo amministrativo: il deposito del ricorso in cancelleria mediante invio con il servizio postale avviene a rischio di chi sceglie di procedervi in quanto l'atto si considera depositato alla data in cui materialmente perviene all’ufficio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 29.5.2017

"Come è noto, l’art. 94 c.p.a. è rubricato "Deposito delle impugnazioni" e dispone che "Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione ai sensidell'articolo 45, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni.". Ciò posto, nel caso di specie il ricorso in appello è stato notificato alla parte intimata, ovvero al Comune, il giorno 20 ottobre 2016: in tal senso sono sia la relata di notifica presente in calce all’originale dell’atto, presente nel fascicolo, sia l’annotazione apposta sul frontespizio del fascicolo di parte stesso, sottoscritta dal difensore, ove si legge: ".... 1. Atto di appello...e notificato in data 20/10/2016". Appare quindi frutto di errore materiale la data del 21 ottobre 2016 che compare nella richiesta di notifica redatta dall’avvocato in calce all’atto di impugnazione. Per conseguenza, è dal 20 ottobre 2016 che incominciò a decorrere il termine di trenta giorni citato, che sarebbe quindi andato a scadere il successivo sabato 19 novembre 2016, sommandosi undici giorni di ottobre appunto con i restanti diciannove. Dopo la notifica, risulta poi che l’atto di appello fu inviato alla Segreteria di questo Giudice con una raccomandata spedita il lunedì 21 novembre 2016 dall’Ufficio di San Cipriano di Aversa delle Poste italiane, e ricevuta dall’ufficio destinatario il successivo 23 novembre 2016. In tal senso, l’invio è attestato dall’originale della busta raccomandata con il timbro di spedizione con la data del 21 novembre 2016, presente nel fascicolo. L’arrivo è invece attestato dai timbri di ricezione apposti sia sull’atto ricevuto, sia sull’avviso di ricevimento postale, prodotto all’udienza di oggi dal difensore, timbri che recano tutti la data del 23 novembre 2016. Per completezza, va poi aggiunto che il sistema elettronico NSIGA reca come data di deposito quella successiva del 25 novembre 2016. Tutto ciò posto, l’appello fu effettivamente depositato fuori termine, dovendosi evidenziare per chiarezza che l’invio dell’atto con il servizio postale, che comunque nella specie non sarebbe stato tempestivo, avviene a rischio di chi sceglie di procedervi. In tal senso, l’atto si considera depositato alla data in cui materialmente perviene all’ufficio, e non a quella precedente in cui il plico viene consegnato all’ufficio postale. La fattispecie, identica ad un qualsiasi invio postale di un documento eseguito da un privato, non è in alcun modo assimilabile a quella della notifica per mezzo del servizio postale, che è procedimento a sé stante in cui interviene un pubblico ufficiale a ciò specificamente competente: così in un caso analogo Cass. civ. SS.UU. 4 marzo 2009 n.5160". per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 29.5.2017
"Come è noto, l’art. 94 c.p.a. è rubricato "Deposito delle impugnazioni" e dispone che "Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione ai sensi ... Continua a leggere
Elezioni: i vizi del procedimento di rilascio del duplicato della tessera elettorale e la validità del voto espresso dall’elettore che quel duplicato ha ottenuto
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.5.2017

"In sintesi, anche in mancanza di specificazione della motivazione per la quale il duplicato è richiesto, è ragionevole presumere, salva prova contraria, che la ragione della richiesta sia lo smarrimento dell’originale. Anche la mancata allegazione della copia fotostatica del documento di identitàalla richiesta di duplicato è giustificabile dal fatto che la dichiarazione è stata resa davanti al funzionario incaricato della relativa ricezione (come dimostra il timbro e la sigla in calce alle richieste). E’ altresì plausibile – come sostenuto dall’amministrazione, ed in assenza di prova contraria - che i duplicati siano stati ritirati da familiari o conviventi noti all’Ufficio elettorale, trattandosi di Comune di piccole dimensioni. L’appellante, tuttavia, insiste molto sulla valenza dell’art. 4 del d.P.R. 8 settembre 2000, n. 299, e contesta la sussunzione, come operata dal primo giudice, dei vizi derivanti dalla violazione delle modalità dallo stesso disciplinate, nell’ambito della fattispecie della "mera irregolarità". In sostanza, anche a voler ammettere che i vizi siano solo procedimentali e non pongano in discussione il diritto d’elettorato attivo, non potrebbe revocarsi in dubbio – secondo l’appellante -che comunque una violazione di legge v’è stata e che essa ha riguardato il documento che l’elettore deve esibire per poter esercitare il voto. Il Collegio ritiene che trattasi di una suggestione da respingere. Ciò che rileva è il nesso tra il procedimento di rilascio del duplicato della tessera elettorale e la validità del voto espresso dall’elettore che quel duplicato ha ottenuto sulla base di una incompleta o irregolare formulazione della domanda, o comunque, in violazione di norme procedimentali prescritte dalla legge che non attengano alla sussistenza del diritto di elettorato attivo. V’è senz’altro un rapporto di connessione fra le due fattispecie, ma esso non è tale da determinare l’invalidità del voto espresso dall’elettore ammesso al seggio sulla base della presunzione di validità della tessera posseduta. La tessera elettorale, e di conseguenza il suo duplicato, costituiscono infatti una mera certificazione del diritto al voto che è direttamente riconosciuto dalla legge, funzionale a costituire un titolo di legittimazione agevolmente verificabile in sede di ammissione dell’elettore all’esercizio del diritto di voto. Nulla di più. Al riguardo si osserva, con il conforto della giurisprudenza assolutamente univoca, che la tessera elettorale, introdotta dall' art. 13 della Legge n. 120 del 1999, "riflette l'iscrizione del cittadino nelle liste elettoralie, come tale, è conseguentemente idonea a dimostrare l'iscrizione medesima" (cfr. Cons. St., V, 23.3.2004 n. 1542). Essa è destinata a svolgere la stessa funzione del certificato elettorale o, come più specificamente si esprime l'art. 1 del regolamento attuativo del predetto art. 13, approvato con D.P.R. n. 299 del 2000 "sostituisce integralmente e svolge le medesime funzioni del certificato elettorale". Il regolamento, al successivo secondo comma dell’art. citato, ulteriormente precisa che "la esibizione della tessera elettorale presso la sezione elettorale di votazione è necessaria, unitamente ad un documento di identificazione, per l'ammissione dell'elettore all'esercizio di voto in occasione di ogni consultazione elettorale o referendaria" Da ciò deriva, che una volta che l’elettore è stato ammesso all’esercizio del diritto di voto la funzione certificatoria della tessera raggiunge definitivamente le sue finalità ed esaurisce i suoi effetti, talchè l’esistenza di eventuali irregolarità nel procedimento di rilascio, che non siano tali da mettere in dubbio il diritto di elettorato attivo, non ha alcuna refluenza sulla validità del voto. Nel caso di specie, l’appellante, pur perorando l’esistenza di un nesso di collegamento invalidante, non contesta affatto il diritto di elettorato attivo in capo agli elettori ammessi al voto. E del resto, ove ciò avesse fatto, della questione non avrebbe potuto conoscere il giudice amministrativo. E’ noto infatti che in tema di contenzioso elettorale, "le controversie aventi ad oggetto, in modo diretto, l'accertamento della titolarità o meno del diritto di elettorato attivo in capo alle persone ammesse alla votazione, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, quale che sia la natura (pubblica o privata) dell'ente interessato, atteso che i diritti di elettorato rilevano quali diritti soggettivi pubblici e, in quanto tali, non possono essere degradati dalla Pubblica Amministrazione" (così Cass. civ. Sez. Unite, 12-03-2003, n. 3601).". Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.5.2017
"In sintesi, anche in mancanza di specificazione della motivazione per la quale il duplicato è richiesto, è ragionevole presumere, salva prova contraria, che la ragione della richiesta sia lo smarrimento dell’originale. Anche la mancata allegazione della copia fotostatica del documento di identità ... Continua a leggere
Dirigenti ex art. 110 comma 1 Tuel: le procedure selettive mantengono caratteristiche fiduciarie che non consentono di configurarle come veri e propri concorsi pubblici
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.5.2017

"Con recente sentenza, dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, questa Sezione, giudicando su una controversia relativa ad una procedura bandita dopo le modifiche all’art. 110 comma 1, del D. Lgs n. 267 del 2000, apportate dall’art. 11, comma 1, lett. a), più sopra citato, ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo nella materia di che trattasi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4/4/2017, n. 1549).
Non resta, pertanto, che riprenderne le motivazioni.
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segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.5.2017
"Con recente sentenza, dalle cui conclusioni non vi è ragione di discostarsi, questa Sezione, giudicando su una controversia relativa ad una procedura bandita dopo le modifiche all’art. 110 comma 1, del D. Lgs n. 267 del 2000, apportate dall’art. 11, comma 1, lett. a), più sopra citato, ha conferma ... Continua a leggere
Elusione del giudicato: quando la PA provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni del giudice persegue l'obiettivo sviato di aggirarle
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.5.2017

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 29 maggio 2017 ha esaminato il comportamento posto in essere da un Comune e trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti per gli adempimenti di competenza in quanto ha accertato che l’ordinanza sindacale contestata "integra una fattispecie di elusione del giudicato, che si realizza, come è noto, allorquando la Pubblica Amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni del giudice, persegue l'obiettivo sviato di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 12 gennaio 2017, n. 51; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 14 marzo 2016, n. 984; sez. IV, 1° aprile 2011, n. 2070, 4 marzo 2011, n, 1415, 31 dicembre 2009, n. 9296)".Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.5.2017
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 29 maggio 2017 ha esaminato il comportamento posto in essere da un Comune e trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti per gli adempimenti di competenza in quanto ha accertato che l’ordinanza sindacale contesta ... Continua a leggere
Procedimento amministrativo: l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 26.5.2017

L’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 si applica ai procedimenti che l’Amministrazione intenda concludere con un provvedimento che ‘per la prima volta’ rappresenta al richiedente una o più ragioni impeditive dell’accoglimento della sua istanza. La sua ratio è quella di evitare ‘provvedimenti asorpresa’, cioè che prospettino questioni di fatto o di diritto prima ignote al richiedente, o comunque da lui non percepibili: il contraddittorio da instaurare consente di valutare già in sede amministrativa le argomentazioni dell’interessato sul se vi siano effettivamente ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza e agevola la deflazione dei ricorsi giurisdizionali, poiché può avvenire o che l’Amministrazione condivida le osservazioni o che l’interessato si convinca della adeguatezza della valutazione dell’Amministrazione e che non proponga dunque ricorso. L’art. 10 bis non si applica invece quando sia proposta una istanza di riesame, volta alla rinnovazione dell’esercizio del potere, e non prospetti alcuna sopravvenienza. In tal caso, infatti, si chiede all’Amministrazione di effettuare una ulteriore valutazione della situazione di fatto e di diritto già in precedenza valutata e non vi sono profili che potrebbero comportare una ‘motivazione a sorpresa’. Quando l’istanza di riesame è respinta con un atto meramente confermativo o solo di conferma del precedente atto, sulla base di una motivazione incentrata sulla immodificabilità della precedente valutazione, non occorre dunque una ulteriore interlocuzione procedimentale con l’interessato: l’Amministrazione, così come in linea di principio non ha l’obbligo di prendere in considerazione l’istanza di riesame, così non ha l’obbligo di inviare la comunicazione prevista dall’art. 10 bis, se intende respingerla perché ritiene immodificabile la precedente valutazione. Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 26.5.2017
L’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 si applica ai procedimenti che l’Amministrazione intenda concludere con un provvedimento che ‘per la prima volta’ rappresenta al richiedente una o più ragioni impeditive dell’accoglimento della sua istanza. La sua ratio è quella di evitare ‘provvedimenti a ... Continua a leggere
Servizio sanitario nazionale: la giurisdizione a conoscere dell’impugnazione di un atto di macro organizzazione
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017

"In linea di principio, le conclusioni cui è giunto il TAR, corrispondono infatti all’orientamento prevalente della giurisprudenza della Cassazione, condivise da questo Consiglio per cui, nello speciale ambito del servizio sanitario nazionale, attiene comunque alla sfera propria dell’A.G.O. l’impugnativa della decisione del direttore generale di un’azienda sanitaria locale di modificare una struttura operativa complessa in struttura semplice trasferendola dal servizio sanitario all’ambito universitario. Diversamente da quanto previsto per le amministrazioni pubbliche in genere, la giurisdizione a conoscere dell’impugnazione di un atto di macro organizzazione, ancorché finalizzato al raggiungimento del fine pubblico dell'azienda spetta al giudice ordinario in quanto provvedimento esplicitamente "disciplinato dal diritto privato", ex art. 3 del d.lgs. n. 502 del 1992 (come modificato dall'art. 3 del d.lgs. n. 229 del 1999) in coerenza con il suo carattere imprenditoriale, strumentale.La Sezione – anche al fine di non differire la definizione dal competente giudice delle censure formulate in primo grado - non può che prendere atto dei principi enunciati in questo specifico ambito dalla Corte regolatrice della giurisdizione e non può che affermare la sussistenza del giudice civile (cfr. da ultimo Cassazione civile sez. un. 07 dicembre 2016 n. 25048, ma in precedenza Cass. Civ. SS.UU., n. 2031/2008; n. 17461/2006; n. 15304/2014; di recente richiamate da Cons. Stato, Sez. III, n. 3815/2015)".Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017
"In linea di principio, le conclusioni cui è giunto il TAR, corrispondono infatti all’orientamento prevalente della giurisprudenza della Cassazione, condivise da questo Consiglio per cui, nello speciale ambito del servizio sanitario nazionale, attiene comunque alla sfera propria dell’A.G.O. l’impug ... Continua a leggere
Processo amministrativo: la sindacabilità in appello della condanna alle spese
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 26 maggio 2017 ha ribadito che "Nel processo amministrativo, la sindacabilità in appello della condanna alle spese comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata solo all'ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, salvo il caso della manifesta abnormità (cfr. di recente infra multa: Cons. St. Sez. IV 13 aprile 2017 n. 1752; Cons. St. sez. IV 16/03/2017 1752, Cons. St. Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 259 ecc.)". Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017
La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 26 maggio 2017 ha ribadito che "Nel processo amministrativo, la sindacabilità in appello della condanna alle spese comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è l ... Continua a leggere
Contenziosi elettorali: la speciale legittimazione all'appello del cittadino elettore rimasto estraneo al processo davanti al T.A.R.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017

"Nel regime anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo l’art. 83, comma 12, del d.P.R. nr. 570/1960 stabiliva che contro le decisioni emesse in primo grado in materia di elezioni amministrative fosse ammesso ricorso, anche per il merito, al Consiglio di Stato, entro il termine di 20 giorni decorrenti alla notifica della decisione, per coloro nei confronti dei quali era necessaria la notificazione, ed entro 20 giorni decorrenti dall’ultimo giorno di pubblicazione della parte dispositiva della decisione nell’albo pretorio del Comune, "per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato". La norma attribuiva dunque la legittimazione all’appello non solo alle parti del giudizio di primo grado, ma anche al cittadino elettore rimasto estraneo al processo davanti al T.A.R. La disposizione è oggi riprodotta nel comma 1 dell’art. 131 cod. proc. amm., che recita: "…L’appello avverso le sentenze di cui all’articolo 130 è proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri candidati o elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune". Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017
"Nel regime anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo l’art. 83, comma 12, del d.P.R. nr. 570/1960 stabiliva che contro le decisioni emesse in primo grado in materia di elezioni amministrative fosse ammesso ricorso, anche per il merito, al Consiglio di Stato, entro il t ... Continua a leggere
Elezioni: Il Consiglio di Stato risponde alla domanda "oggi, che senso ha, dal punto di vista giuridico, all’insegna del principio della semplificazione dei procedimenti amministrativi, chiedere e pretendere, ancora, come una "anacronistica" imposizione, l’autenticazione di una firma?"
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 25.5.2017

"Il pensiero sottostante all’impugnazione è rinvenibile nell’interrogativo, contenuto nell’appello, secondo il quale "oggi come oggi, che senso ha, dal punto di vista giuridico, all’insegna del principio della semplificazione dei procedimenti amministrativi, chiedere e pretendere, ancora, come una"anacronistica" imposizione, l’autenticazione di una firma ?". Sembra evidente al Collegio che, lungi dal tentare di mettere in discussione l’applicabilità dei principi consolidati al caso in esame, l’impugnazione implichi in sostanza una contestazione della stessa legittimità costituzionale delle norme che disciplinano l’accettazione delle candidature e le connesse forme di autenticazione. Va anche chiarito che ogni valutazione in ordine alle cause generali di nullità degli atti amministrativi, così come ai presupposti della querela di falso, risulta del tutto estranea alla controversia, concernente l’idoneità di una autenticazione a conseguire lo scopo di ammissione alla competizione elettorale per il quale è prevista dalla legge, nonostante risulti non rispettosa delle forme all’uopo stabilite dalla legge medesima. Per respingere l’appello è dunque sufficiente ribadire che: - la necessità dell’autenticazione è tutt’altro che illogica, poiché risiede nell’esigenza, prioritaria nelle operazioni connesse alle competizioni elettorali, di assicurare la genuinità delle sottoscrizioni da autenticare, impedendo abusi e contraffazioni; - anche riconoscendo che la modalità di autenticazione, in materia elettorale, possa essere quella semplificata dell’art. 38, comma 3, del d.P.R. 445/2000, richiamato dall’art. 21, comma 1 (anziché quella, più rigorosa, prevista dall’art. 21, comma 2), non per questo l’autenticazione può venire meno alla sua funzione essenziale e precipua, che è quella, appunto, di essere "l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza", come prevede l’art. 1, comma 1, lett. i), dello stesso d.P.R. 445/2000, che ricalca la definizione dell’art. 2703, comma secondo, c.c. (cfr. Cons. Stato, III, n. 2244/2016); - una simile attestazione sottintende, in entrambe le modalità predette, che l’identità del sottoscrivente sia stata accertata dal funzionario (proprio l’art. 2703, comma secondo, c.c., prevede, quale momento fondamentale dell’autenticazione, che "il pubblico ufficiale deve previamente accertare l’identità della persona che sottoscrive"), altrimenti l’oggetto dell’attestazione, paradossalmente, si limiterebbe al fatto storico dell’avvenuta apposizione nel modulo di una firma da parte di un soggetto "qualunque", in quanto non identificabile con certezza; - tale risultato può essere conseguito o attraverso la conoscenza diretta da parte del funzionario autenticatore, oppure attraverso l’esibizione di un documento di riconoscimento idoneo a verificare l’identità del sottoscrivente, formalità che appare adeguata allo scopo (non altrimenti conseguibile) suindicato, e peraltro tale da comportare un onere di diligenza minimo, tutt’altro che sproporzionato; - pertanto, ove manchi l’indicazione (della conoscenza diretta, oppure, come nel caso in esame) delle modalità di identificazione del sottoscrivente (sia pure attraverso una annotazione del documento incompleta, che tuttavia consenta di risalire ad un documento esistente, come ammette la giurisprudenza di questo Consiglio), viene meno l’elemento essenziale dell’autenticazione, e non vi è possibilità di sanatoria mediante attestazioni postume (cfr. Cons. Stato, III, n. 2354/2017)". Per continuare la lettura vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 25.5.2017
"Il pensiero sottostante all’impugnazione è rinvenibile nell’interrogativo, contenuto nell’appello, secondo il quale "oggi come oggi, che senso ha, dal punto di vista giuridico, all’insegna del principio della semplificazione dei procedimenti amministrativi, chiedere e pretendere, ancora, come una ... Continua a leggere
La motivazione del provvedimento amministrativo: l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 25.5.2017

"l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi è inteso dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo una concezione sostanziale/funzionale, nel senso che esso è da intendersi rispettato quando l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione per giungere alla decisione adottata e il destinatario è in grado di comprendere le ragioni di quest’ultimo e, conseguentemente, di utilmente accedere alla tutela giurisdizionale, in conformità ai principi di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione (da ultimo: Cons. Stato, III, 23 novembre 2015, nn. 5311 e 5312; IV, 21 aprile 2015, n. 2011; V, 24 novembre 2016, n. 4959, 23 settembre 2015, n. 4443, 28 luglio 2015, n. 3702, 14 aprile 2015, n. 1875, 24 marzo 2014, n. 1420; VI, 6 dicembre 2016, n. 5150)". Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 25.5.2017
"l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi è inteso dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo una concezione sostanziale/funzionale, nel senso che esso è da intendersi rispettato quando l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall ... Continua a leggere
Il risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 24.5.2017

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 24 maggio 2017 ha affermato che "Si deve da un lato preliminarmente considerare che per il risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, per ciò che riguarda l'ammissibilità della domanda, giurisprudenza consolidata ritiene non sufficiente il mero annullamento del provvedimento lesivo, essendo necessario sia fornita la prova sia del danno subito, sia dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa dell'Amministrazione, configurabili quando l'adozione dell'atto illegittimo è avvenuta in violazione delle regole proprie dell'azione amministrativa, quali desumibili sia dai principi costituzionali d'imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in materia di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell'ordinamento, quanto a ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza. Essa è quindi connessa alla particolare dimensione della responsabilità dell'Amministrazione per lesione di interessi legittimi, identificabili con quelli al c.d. giusto procedimento, il quale richiede competenza, attenzione, celerità ed efficacia, necessari parametri di valutazione dell'azione amministrativa (Cons. Stato, V, 8 aprile 2014 n. 1644)". Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 24.5.2017
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 24 maggio 2017 ha affermato che "Si deve da un lato preliminarmente considerare che per il risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, per ciò che riguarda l'ammissibilità della domanda, giurisprudenza cons ... Continua a leggere
Accesso ai documenti amministrativi: il silenzio rigetto per il decorso dei trenta giorni dalla presentazione dell'istanza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 23.5.2017

In materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi è previsto che, decorsi inutilmente trenta giorni dalla presentazione, l’istanza che sia rimasta inevasa, si intende respinta. Si tratta quindi - precisa il Consiglio di Stato nella sentenza del 23 maggio 2017 - di un meccanismo di silenzio significativo (silenzio rigetto). Il thema decidendumproprio dell’impugnazione di tale silenzio, quindi, non riguarda e non può comprendere la statuizione dell’obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, ma esso è limitato necessariamente all’eventuale accertamento del preteso diritto del ricorrente all’ostensione della documentazione. La richiesta declaratoria dell’obbligo della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso esula pertanto dall’oggetto del contendere del presente procedimento giudiziario. Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 23.5.2017
In materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi è previsto che, decorsi inutilmente trenta giorni dalla presentazione, l’istanza che sia rimasta inevasa, si intende respinta. Si tratta quindi - precisa il Consiglio di Stato nella sentenza del 23 maggio 2017 - di un meccanismo di silenz ... Continua a leggere
Elezioni comunali: in caso di aggregazione successiva di una lista al candidato sindaco ammesso al ballottaggio (ma poi non eletto) non si applica la regola della prededuzione del seggio all’intero schieramento
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 23.5.2017

Il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 23 maggio 2017 ha ritenuto che "non sussistono i presupposti per discostarsi dall’orientamento, sul quale si fonda la decisione del TAR, che è andato stabilizzandosi nel tempo nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con riferimento alla individuazione della portata applicativa della c.d. prededuzione (cfr. non soltanto le sentenze richiamate dal TAR, e cioè Sez. V 8 giugno 2015 n. 2799; 22 settembre 2015 n. 4419, ma anche le precedenti sez. V, 5 marzo 2012, n. 1255; 9 settembre 2011, n. 5065; 28 febbraio 2011, n. 1269; 9 dicembre 2008, n. 6123). Nell’ipotesi di aggregazione successiva di una lista al candidato sindaco ammesso al ballottaggio (ma poi non eletto) non può trovare applicazione la regola della prededuzione del seggio all’intero schieramento. Infatti, la norma del comma 11 dispone che "In caso di collegamento di più liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a quest’ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate": il termine "medesimo" candidato presuppone la perfetta coincidenza tra i collegamenti operati da ciascuna lista con il candidato sindaco: tale completa corrispondenza non si verifica nel caso di aggregazione successiva. L’interpretazione seguita dal primo giudice, che riprende quella di questo Consiglio di Stato recepita nelle istruzioni fornite dal Ministero dell’Interno, garantisce che ciascuno dei candidati a sindaco risultati non eletti abbia ricevuto il seggio di consigliere comunale a carico della propria lista: nel caso di specie, impedisce che il candidato .. vada ad occupare il posto di consigliere democraticamente eletto nel raggruppamento delle liste del candidato Paolucci (cfr. Cons. Stato, Sez. V 27/9/1996 n. 1170) In altre parole, in questo modo si assicura la proclamazione a consigliere comunale di tutti i candidati sindaci non eletti con riferimento alle candidature alla carica di sindaco e ai rispettivi collegamenti secondo lo schieramento del primo turno elettorale, evitando che possano verificarsi penalizzazioni per le liste aggregate in sede di ballottaggio per effetto del collegamento. Né possono sussistere perplessità di ordine costituzionale, tenuto conto di quanto statuito dalla stessa Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 135 del 29 aprile 1996, la Consulta ha specificato che la c.d. prededuzione deve operare nell'ambito dei seggi da attribuire alla lista collegata con ogni candidato al primo turno compreso quello ammesso al ballottaggio, dato che il trascinamento dei voti riguarda solo le liste, ma non anche il candidato sindaco non ammesso al ballottaggio per il quale le altre liste del raggruppamento non hanno espresso, ne potrebbero esprimere alcuna dichiarazione di collegamento. La Sezione Quinta, nella citata decisione n. 2799/2015 ha anche precisato che risulta ormai superato il diverso indirizzo della sezione (sez. V, 2 marzo 2009, n. 1159; sez. V, 3 aprile 2007, n. 1509), atteso che lo stesso fonda il proprio non condivisibile presupposto applicativo sulla dichiarata riferibilità del meccanismo della prededuzione alle liste (o coalizioni di liste) ammesse al ballottaggio, sicchè non sussistono i presupposti per investire della problematica l’Adunanza Plenaria". Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 23.5.2017
Il Consiglio di Stato Sez. III nella sentenza del 23 maggio 2017 ha ritenuto che "non sussistono i presupposti per discostarsi dall’orientamento, sul quale si fonda la decisione del TAR, che è andato stabilizzandosi nel tempo nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con riferimento alla i ... Continua a leggere