
News 23 Maggio 2017 - Area Amministrativa
Trasparenza: i chiarimenti sulla pubblicazione degli emolumenti percepiti dai dirigenti

L’obbligo di pubblicazione degli emolumenti complessivi a carico della finanza pubblica percepiti dai dirigenti - disposto dall’art. 14, co. 1-ter del d.lgs. 33/2013 - deve ritenersi non sospeso e deve essere rispettato. Lo ha ribadito il Consiglio dell’Anac lo scorso 17 maggio a seguito di richieste di chiarimenti pervenute all’Autorità in merito all’Ordinanza del TAR Lazio n. 1030/2017 ed alla successiva delibera dell’Autorità n. 382/2017. Vai al Comunicato del Presidente del 17 maggio 2017
L’obbligo di pubblicazione degli emolumenti complessivi a carico della finanza pubblica percepiti dai dirigenti - disposto dall’art. 14, co. 1-ter del d.lgs. 33/2013 - deve ritenersi non sospeso e deve essere rispettato. Lo ha ribadito il Consiglio dell’Anac lo scorso 17 maggio a seguito di richie ... Continua a leggere
Accesso e trasparenza amministrativa: solo nel giudizio in primo grado la parte può stare in giudizio personalmente, in Consiglio di Stato è necessario il difensore
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 23.5.2017

In primo grado il ricorrente si era difeso in proprio, avvalendosi dell’art. 23 (difesa personale delle parti) del codice del processo amministrativo secondo cui "Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza amministrativa…". In grado d'appello è viceversa inderogabilmente necessaria l'assistenza del difensore, in quanto l’art. 95 (parti del giudizio di impugnazione) dello stesso codice stabilisce al comma 6 che "ai giudizi di impugnazione non si applica l'articolo 23, comma 1" precedente. Sulla base di tali premesse la Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 23 maggio 2017 ha dichiarare inammissibile il ricorso in quanto sottoscritto esclusivamente dal ricorrente, senza alcuna firma o nominativo di difensore abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori, munito di procura. Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 23.5.2017
In primo grado il ricorrente si era difeso in proprio, avvalendosi dell’art. 23 (difesa personale delle parti) del codice del processo amministrativo secondo cui "Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso e trasparenza ammini ... Continua a leggere
L'autenticazione della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 22.5.2017

Per consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato "l’autenticazione non può venire meno alla sua funzione essenziale e precipua, che è quella, appunto, di essere «l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza», come prevede l’art. 1, comma 1, lett. i), del d.P.R. n. 445 del 2000, che ricalca la definizione dell’art. 2703, comma secondo, c.c. Affinché sia tale e, cioè, consista indubitabilmente nell’attestazione che la sottoscrizione sia stata apposta in presenza del pubblico ufficiale, l’autenticazione deve essere sottoscritta dal pubblico ufficiale stesso, che con la firma, appunto, si assume il compito, e la responsabilità, di attestare erga omnes che la firma è stata in sua presenza apposta, conferendo assoluta certezza alla formalità dell’autenticazione, certificando, sino a querela di falso, che la firma è stata apposta in sua presenza. Ove la sottoscrizione del pubblico ufficiale non sia apposta, pertanto, viene a mancare il nucleo essenziale e indefettibile dell’autenticazione e cioè, in primo luogo e soprattutto, l’attestazione di cui si è detto e la sua inoppugnabile riconducibilità al funzionario addetto all’autenticazione. La sottoscrizione del pubblico ufficiale è dunque, come ha ritenuto il primo giudice, una forma sostanziale, indefettibile, insostituibile dell’autenticazione, che non ammette e non può ammettere equipollenti, pena lo snaturamento dell’essenza stessa dell’autenticazione, secondo quanto si è detto, e non è sanabile ex post mediante dichiarazioni postume da parte del pubblico ufficiale, non essendo consentito ricostruire aliunde, mediante elementi esterni e successivi all’atto stesso dell’autenticazione, o comunque integrare la volontà del pubblico ufficiale autenticatore e gli effetti stessi dell’atto carente di elementi essenziali. Questo Consiglio di Stato deve ribadire dunque nella presente controversia, anche alla luce dell’indirizzo seguito dalla sua più recente giurisprudenza, i principî anzidetti, nella rinnovata consapevolezza che il minor aggravamento delle forme in questa materia non può attenuare le esigenze di certezza e di fede pubblica, che devono contraddistinguere la competizione elettorale (Cons. St., sez. III, 28 maggio 2016, n. 2244), ma evitare che, in presenza di tutti gli elementi sostanziali, il rispetto delle forme divenga fine a se stesso. Orbene la mancanza della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale, per le ragioni anzidette, è forma ad substantiam ed elemento essenziale dell’autenticazione e la sua assenza, qualsiasi ne sia la causa (dimenticanza, erronea valutazione del pubblico ufficiale o altre ipotesi), fa sì che le firme oggetto dell’autenticazione invalida giuridicamente non esistano, tamquam si non essent". Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 22.5.2017
Per consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato "l’autenticazione non può venire meno alla sua funzione essenziale e precipua, che è quella, appunto, di essere «l’attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza», come prevede l’art. 1, co ... Continua a leggere
Scorrimento di graduatorie o nuovo concorso: nessun diritto soggettivo degli idonei per l'ultrattività delle graduatorie ancora valide
segnalazione del Prof. Avv. Enrico michetti della sentenza del Consiglio di Stato sez. VI del 22.5.2017

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 22 maggio 2017 ha affermato che "L’ultrattività ex lege delle graduatorie concorsuali non si traduce in un corrispondente obbligo di scorrimento delle graduatorie approvate ed ancora valide, né, di conseguenza, in un diritto soggettivo in capo ai soggetti ritenuti idonei (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2008, n.509). La copertura dei posti resisi successivamente disponibili, nonché le relative modalità di provvista del personale sono strumentali all’organizzazione pubblicistica dell’apparato burocratico in funzione del perseguimento dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa. L’opzione fra scorrimento della graduatoria valida e nuova procedura concorsuale suppone infatti la determinazione della modalità di copertura dei posti che meglio persegua gli interessi pubblici presidiati dall’art. 97 cost. Sicché, lungi dall’essere potestà vincolata, il relativo apprezzamento è espressione di valutazione discrezionalità (cfr., Cons. Stato., sez.VI, 29 novembre 2006, n.6985; Id. sez. V, 10 gennaio 2007 n.53), ex se ostativa all’individuazione di un diritto soggettivo allo scorrimento su cui l’appellante fonda il motivo d’appello." Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico michetti della sentenza del Consiglio di Stato sez. VI del 22.5.2017
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 22 maggio 2017 ha affermato che "L’ultrattività ex lege delle graduatorie concorsuali non si traduce in un corrispondente obbligo di scorrimento delle graduatorie approvate ed ancora valide, né, di conseguenza, in un diritto soggettivo in c ... Continua a leggere
Concorsi: il criterio dell'anonimato delle prove scritte
segnalazione del Prof. Avv. Enrico michetti della sentenza del Consiglio di Stato sez. VI del 22.5.2017

"E' orientamento giurisprudenziale consolidato che il criterio dell’anonimato delle prove scritte delle procedure di concorso o selezione costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, la quale deve operare leproprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni garantendo la par condicio tra i candidati". Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico michetti della sentenza del Consiglio di Stato sez. VI del 22.5.2017
"E' orientamento giurisprudenziale consolidato che il criterio dell’anonimato delle prove scritte delle procedure di concorso o selezione costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, la quale deve operare le ... Continua a leggere
L'atto di costituzione in mora non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti sez. giurisdizionale per la Regione Lombardia del 16.5.2017

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia nella sentenza depositata in data 16 maggio 2017 ha richiamato l'orientamento della Corte dei conti e del Giudice di legittimità (vedi Cass. n. 10926/2005, n. 10270/2006, n.2481/2007) in ragione del quale l'atto di costituzione inmora di cui all'art. 1219 c.c. non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti sez. giurisdizionale per la Regione Lombardia del 16.5.2017
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia nella sentenza depositata in data 16 maggio 2017 ha richiamato l'orientamento della Corte dei conti e del Giudice di legittimità (vedi Cass. n. 10926/2005, n. 10270/2006, n.2481/2007) in ragione del quale l'atto di costituzione in ... Continua a leggere
Cittadinanza italiana: i presupposti per lo straniero nato in Italia che ne fa richiesta al raggiungimento della maggiore età
segnalazione della sentenza della Corte di Cassazione Sez. I del 17.5.2017

La Prima Sezione civile ha affermato che l’art. 4, comma 2, della l. n. 91 del 1992, che consente allo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età di chiedere la cittadinanza italiana, va interpretato nel senso che occorre una residenza in Italia, da un lato, effettiva e non formale, e, dall’altro, non in violazione delle norme che regolano l’ingresso, la circolazione ed il soggiorno degli stranieri. Per approfondire vai alla sentenza
segnalazione della sentenza della Corte di Cassazione Sez. I del 17.5.2017
La Prima Sezione civile ha affermato che l’art. 4, comma 2, della l. n. 91 del 1992, che consente allo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età di chiedere la cittadinanza italiana, va interpretato nel senso che occorr ... Continua a leggere
La convalida del provvedimento annullabile
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 18.5.2017

L’art. 21-nonies l. 7 agosto 1990 n. 241, prevede (co. 2) "la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di pubblico interesse ed entro un termine ragionevole". In precedenza, e con ambito più limitato, l’art. 6 l. n. 249/1968, prevedeva che "alla convalida degli atti viziati da incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale". In via generale, la giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di osservare che, per effetto dell’art. 21-nonies sopra citato, appare evidente "l'intendimento del legislatore di consentire oggi, in via generale, il mantenimento in vita di provvedimenti affetti soltanto da vizi di carattere formale", come quello di incompetenza, e che, in tal caso, non si necessita di particolare, dettagliata motivazione in ordine all’oggetto del provvedimento da convalidare e degli atti a questo antecedenti (Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3371). Pur sussistendo la necessità di motivare in ordine all’adozione del provvedimento di convalida, ciò, tuttavia, non comporta che l’organo adottante debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, essendo sufficiente che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà del’organo di assumere tale atto (Cons. Stato, sez. IV, 12 agosto 2011 n. 2863). La convalida, dunque, è il provvedimento con il quale la Pubblica Amministrazione, in esercizio del proprio potere di autotutela decisionale ed all’esito di un procedimento di II grado,, interviene su un provvedimento amministrativo viziato, e come tale annullabile, emendandolo dai vizi che ne determinano l’illegittimità e, dunque, l’annullabilità. Essa presuppone, ai sensi dell’art. 21-nonies, la sussistenza di ragioni di pubblico interesse e che non sia decorso un "termine ragionevole" dall’adozione dell’atto illegittimo. La competenza, come in generale per tutti i provvedimenti adottati in esercizio del potere di autotutela, consegue alla titolarità del potere di adozione dell’atto oggetto dell’autotutela medesima, salvo che, medio tempore, una diversa amministrazione (o organo della medesima) sia stato reso attributario del citato potere di adozione. In definitiva, l’amministrazione, in presenza di un atto illegittimo, ed in considerazione di ragioni di pubblico interesse (e della loro natura), può decidere sia di procedere all’annullamento dell’atto in via di autotutela, sia ad operare un "intervento ortopedico" sull’atto medesimo, sanando i vizi che, rendendolo illegittimo, ne determinerebbero astrattamente l’annullabilità. Da quanto esposto, appare del tutto evidente che l’esercizio del potere di convalida presuppone un atto non ancora annullato (quale che sia stata la sede in cui l’annullamento è intervenuto), mancando, in difetto di ciò, lo stesso "oggetto" dell’esercizio del potere di autotutela decisionale. Più in particolare, nel caso in cui l’annullamento sia intervenuto in sede giurisdizionale, e la sentenza che lo dispone sia passata in giudicato, gli atti che procedono (come dichiaratamente nel caso di specie) alla "convalida" di quelli già annullati dal giudice, sono nulli perché adottati in violazione del giudicato. A ciò deve aggiungersi che tali atti sarebbero nulli anche per difetto totale di elementi essenziali, quali l’oggetto, non potendo sussistere alcun interesse pubblico alla convalida di un atto non più esistente (Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2012 n. 1958). Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 18.5.2017
L’art. 21-nonies l. 7 agosto 1990 n. 241, prevede (co. 2) "la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di pubblico interesse ed entro un termine ragionevole". In precedenza, e con ambito più limitato, l’art. 6 l. n. 249/1968, prevedeva che "alla convalida de ... Continua a leggere
Mobbing: è necessario il disegno persecutorio e discriminatorio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 19.5.2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 19 maggio 2017 ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale prevalente ( ved. ex plurimis CdS sez. VI n. 1945/2015) secondo il quale anche uno o più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore non sono, di per sé, sintomatici della presenza di un comportamento "mobbizzante", occorrendo, invece, per la sua realizzazione, un complessivo disegno persecutorio e discriminatorio, qualificato da comportamenti materiali ovvero da provvedimenti caratterizzati da finalità di volontaria ed organica vessazione con connotazione emulativa e pretestuosa. Per approfondire vai alla sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 19.5.2017
La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 19 maggio 2017 ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale prevalente ( ved. ex plurimis CdS sez. VI n. 1945/2015) secondo il quale anche uno o più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore non sono, d ... Continua a leggere
Malattie psichiche: il riconoscimento dell'Indennità di accompagnamento
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI del 10.5.2017

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con ordinanza del 10 maggio 2017 ha affermato che "con riferimento all'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita ex art. 1 L. n. 18 del 1980 nel caso di malattie psichiche, questa Corte ha in più occasioni ribadito che l'indennità di accompagnamento va riconosciuta anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitino della presenza costante di un accompagnatore in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non siano in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri. Vanno, al riguardo citati gli arresti in materia di psicopatie con incapacità di integrarsi nel proprio contesto sociale. Così, ad esempio, è stato riconosciuto il diritto all'indennità di accompagnamento: a persona che, per deficit organici e cerebrali fin dalla nascita, si presentava incapace di stabilire autonomamente se, quando e come svolgere gli atti elementari della vita quotidiana, riferendosi l'incapacità non solo agli atti fisiologici giornalieri ma anche a quelli direttamente strumentali, che l'uomo deve compiere normalmente nell'ambito della società (Cass. 7 marzo 2001, n. 3299); a persona che, per infermità mentali, difettava anche episodicamente di autocontrollo sì da rendersi pericolosa per sé e per altri (Cass. 21 aprile 1993, n. 4664); a persona che, per un deficit mentale da sindrome psico-organica derivante da microlesioni vascolari localizzate nella struttura cerebrale e destinate a provocare nel tempo una vera e propria demenza, non poteva sopravvivere senza l'aiuto costante del prossimo (Cass. 22 gennaio 2002, n. 667); a persona che, anche per un deterioramento delle facoltà psichiche (in un quadro clinico presentante tra l'altro ictus ischemico e diabete mellito), mostrava una incapacità di tipo funzionale, di compiere cioè l'atto senza l'incombente pericolo di danno (per l'agente o per altri) (Cass. 27 marzo 2001 n. 4389); a persona che, affetta da oligofrenia di grado elevato, con turbe caratteriali e comportamentali, era incapace di parlare se non con monosillabi e di riconoscere gli oggetti, versando così in una situazione di bisogno di una continua assistenza non solo per l'incapacità materiale di compiere l'atto, ma anche per la necessità di evitare danni a sé e ad altri (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017). Si veda anche Cass. 23 dicembre 2011, n. 28705 con riguardo ad una diagnosi di psicosi schizofrenica paranoidea (demenza precoce), nonché Cass. ord. 27/11/2014 n. 25255, in un caso di "oligofrenia di grado medio - grave in soggetto affetto da cerebropatia" e Cass. ord. 25/7/2016 n. 15269 in un caso di «deficit intellettivo di grado medio e psicosi schizofrenica in trattamento con neurolettici atipici». In un siffatto contesto ricostruttivo va, dunque, ritenuto che la capacità dell'invalido di compiere gli elementari atti giornalieri debba intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata, la loro importanza anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica; e come ancora la capacità richiesta per il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento non debba parametrarsi sul numero degli elementari atti giornalieri, ma soprattutto sulle loro ricadute, nell'ambito delle quali assume rilievo non certo trascurabile l'incidenza sulla salute del malato nonché la salvaguardia della sua dignità come persona (anche l'incapacità ad un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e per l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare di per sé la necessità di una effettiva assistenza giornaliera : cfr. per riferimenti sul punto Cass. 11 settembre 2003, n. 13362)." Per approfondire scarica la sentenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza della Corte di Cassazione Sez. VI del 10.5.2017
La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con ordinanza del 10 maggio 2017 ha affermato che "con riferimento all'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita ex art. 1 L. n. 18 del 1980 nel caso di malattie psichiche, questa Corte ha in più occasioni ribadito che l'indennità di accompagna ... Continua a leggere