
News 27 Settembre 2016 - Area Amministrativa
La conclusione del procedimento amministrativo: il danno da ritardo

L’art. 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce: «Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento». In linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, la Quinta SeIone del Consiglio di Stato nella sentenza del 22.9.2016 n. 3920 ha affermato che detta norma vada interpretata nel senso che il riconoscimento del danno da ritardo - relativo, come nella specie, ad un interesse legittimo di ordine pretensivo - non possa restare avulso da una valutazione di merito sulla spettanza del bene sostanziale della vita e che vada, quindi, subordinato, tra l'altro, anche alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia probabilmente destinata ad un esito favorevole e, dunque, alla prova della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse. Il menzionato art. 2-bis, introdotto dall'art. 7, comma 1, lett. c) l. 18 giugno 2009, n. 69, non ha infatti elevato a distinto bene della vita suscettibile di un’autonoma protezione mediante il risarcimento del danno, l'interesse procedimentale al rispetto dei termini dell'azione amministrativa, scisso dal riferimento alla spettanza del bene sostanziale al cui conseguimento il procedimento è finalizzato (cfr., fra le tante, Cons. Stato, III, 12 marzo 2015, n. 1287; IV, 1 luglio 2014, n. 3295 e 6 aprile 2016, n. 1371; V, 11 luglio 2016, n. 3059): del resto, rispetto al principio dell’atipicità dell’illecito civile, si tratta qui di una fattispecie sui generis, specifica e peculiare, da ricondurre alla clausola generale dell’art. 2043 Cod. civ. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità civile; di conseguenza l’ingiustizia e la sussistenza del danno non possono, in principio, presumersi iuris tantum, in meccanica relazione al mero fatto temporale del ritardo o del silenzio nell’adozione del provvedimento; in aggiunta il danneggiato deve piuttosto, ex art. 2697 Cod. civ., dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile, dunque della sua domanda risarcitoria: in particolare sia degli elementi oggettivi (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia, nesso causale), sia dell’elemento soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Cons. Stato, V, 13 gennaio 2014, n. 63). Così, per quanto qui rileva in particolare, ai fini risarcitori sono richiesti, in aggiunta alla violazione dei termini procedimentali, l’imputabilità della violazione a dolo o colpa dell’amministrazione, il nesso di causalità tra ritardo e danno patito, nonché la dimostrazione del pregiudizio lamentato (Cons. Stato, IV, 26 luglio 2016, n. 3376 e 12 novembre 2015, n. 5143; III, 23 aprile 2015, n. 2040; V, 9 marzo 2015, n. 1182).
L’art. 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce: «Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento». In li ... Continua a leggere
L'accesso ai documenti amministrativi non può essere limitato ai soli provvedimenti conclusivi

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 13 settembre 2016 n. 3856 ha affermato che "La generale disciplina in tema di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241 del 1990 non limita l’ambito oggettuale amministrativa ai soli provvedimenti conclusivi, fornendo – al contrario – una ben più ampia nozione di documento amministrativo (oggetto possibile di domande ostensione)". L’articolo 22, comma 1, lettera d) della l. 241 del 1990, secondo cui per ‘documento amministrativo’ si intende "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale". E’ evidente - conclude il Collegio - che la richiamata disposizione non suffraghi in alcun modo l’interpretazione – condivisa dai primi Giudici - secondo cui l’oggetto possibile del diritto di accesso sarebbe rappresentato dalle sole determinazioni conclusive, con esclusione degli atti endoprocedimentali.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 13 settembre 2016 n. 3856 ha affermato che "La generale disciplina in tema di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241 del 1990 non limita l’ambito oggettuale amministrativa ai soli provvedimenti conclusivi, fornendo – al co ... Continua a leggere
Autotutela: nel procedere a distanza di anni all'annullamento di un atto ritenuto illegittimo per un errore commesso dalla stessa amministrazione, questa è tenuta ad indicare espressamente le ragioni di pubblico interesse

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3910 del 20 settembre 2016 ha richiamato i precedenti giurisprudenziali a tenore dei quali "l'interesse pubblico alla base del legittimo esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione non può identificarsi nel mero ripristino della legalità violata ma richiede una valutazione comparativa sulla qualità e concretezza degli interessi in gioco. Nel procedere a distanza di anni all'annullamento di un atto ritenuto illegittimo per un errore commesso dalla stessa amministrazione, questa è tenuta ad indicare espressamente le ragioni di pubblico interesse che, nonostante il notevole decorso del tempo e il consolidamento della situazione, giustificavano il provvedimento di autotutela (in tal senso –ex multis - : Cons. Stato, IV, 21 settembre 2015, n. 4379; id., VI, 20 settembre 2012, n. 4997; id., VI, 14 gennaio 2009, n. 136). L’orientamento in questione risulta sostanzialmente trasfuso nel testo del comma 1 dell’articolo 21-nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241 (nella formulazione, che qui rileva, anteriore alle modifiche introdotte dalla l. 7 agosto 2015, n. 124), secondo cui "il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo". Per approfondire scarica la sentenza.
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3910 del 20 settembre 2016 ha richiamato i precedenti giurisprudenziali a tenore dei quali "l'interesse pubblico alla base del legittimo esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione non può identificarsi nel m ... Continua a leggere