
News 10 Settembre 2015 - Area Amministrativa
Prodotti agricoli e alimentari: concessioni di contributi per la salvaguardia delle caratteristiche di qualità

È stato pubblicato iin Gazzetta Ufficiale il decreto 28 luglio 2015 del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali recante "Determinazione dei criteri e delle modalita' per la concessione di contributi, concernenti la valorizzazione e la salvaguardia delle caratteristiche di qualita' dei prodotti agricoli ed alimentari, contraddistinti da riconoscimento U.E., ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013".
È stato pubblicato iin Gazzetta Ufficiale il decreto 28 luglio 2015 del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali recante "Determinazione dei criteri e delle modalita' per la concessione di contributi, concernenti la valorizzazione e la salvaguardia delle caratteristiche di qualita ... Continua a leggere
Ricorso risarcitorio autonomo: intervento del Consiglio di Stato sul calcolo dei 120 giorni dal passaggio in giudicato dalla sentenza che ha accolto la domanda di annullamento dell’atto foriero di danno

La quaestio iuris che viene in rilievo dinanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato riguarda la portata applicativa del comma 5 dell’articolo 30 del cod. proc. amm., secondo cui il ricorso risarcitorio autonomo può essere proposto entro centoventi giorni dal passaggio in giudicato dalla sentenza che abbia accolto la domanda di annullamento dell’atto ritenuto foriero di danno. Nella vicenda concreta che ha originato il contenzioso in esame i primi Giudici hanno ritenuto la tardività del ricorso per essere decorso un termine superiore a centoventi giorni fra: a) il momento del passaggio in giudicato della sentenza di questo Consiglio n. 842/2010 (che il T.A.R. ha fissato alla data del 30 settembre 2010) e b) il momento della proposizione del ricorso introduttivo del primo grado (che il T.A.R. ha fissato alla data del 29 novembre 2011). Il Consiglio di Stato con la sentenza del 4 settembre 2015 n. 4115 ha ritenuto di riformare la sentenza di primo grado. In particolare, per quanto riguarda l’individuazione del momento di passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio n. 842, cit., esso non avrebbe potuto essere fatto coincidere con il termine di sei mesi per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 362, I, cod. proc. civ. (il termine semestrale in questione è stato fissato dall’art. 327 c.p.c. nel testo modificato dal comma 17 dell’articolo 46 della l. 18 giugno 2009, n. 69). Al contrario, avrebbe dovuto essere correttamente applicato il termine annuale di cui al previgente articolo 327, stante la previsione di cui al comma 1 dell’articolo 58 della l. 69, cit., secondo cui "le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore" (e il ricorso in questione era stato introdotto ben prima della la data di entrata in vigore della l. 69 del 2009). Pertanto, risulta corretta la conclusione sul punto della società appellante secondo cui (tenuto conto della durata del richiamato termine annuale e del periodo di sospensione feriale dei termini di cui alla l. 7 ottobre 1969, n. 742 - nel testo ratione temporis vigente -) il passaggio in giudicato si era verificato alla data del 3 aprile 2011. Aggiunge il Collegio che "Né può essere condivisa la deduzione della Enel Produzione la quale, richiamando la sentenza di questo Consiglio n. 5482/2013, contesta che l’art. 58 della l. 69 del 2009 possa trovare applicazione nell’ambito del processo amministrativo. Sul punto ci si limita ad osservare che non sussiste l’affermata analogia di fattispecie fra la vicenda definita con la sentenza n. 5482, cit. e quella che qui viene in rilievo. Si osserva al riguardo che, nel caso definito con la sentenza n. 5482, cit. si faceva questione dell’applicabilità nel processo amministrativo – ma ai fini della proposizione dell’appello - sia della previsione di cui al nuovo articolo 327 cod. proc. civ. (il quale aveva introdotto la dimidiazione del termine per la proposizione dell’appello – e con previsione ritenuta già applicabile nel rito amministrativo - prima ancora che l’articolo 92, comma 3 cod. proc. amm. introducesse un’analoga, specifica previsione riferita al solo rito amministrativo), sia della previsione di cui all’articolo 58 della l. 69 del 2009 (relativo all’inapplicabilità delle disposizioni sulla c.d. ‘mini-riforma del processo civile’ ai giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore). Nell’occasione questo Consiglio ha ritenuto inapplicabile al rito amministrativo – lo si ripete: ai fini della proposizione dell’appello – la disposizione eccettuale di cui al richiamato articolo 58, osservando che, in ogni caso, nella disciplina speciale del rito amministrativo "la dimidiazione del termine lungo è stata introdotta dall’art. 92, co. 3 c.p.a. senza deroghe temporali". E’ del tutto evidente, quindi, la diversità fra la fattispecie definita con la sentenza n. 5482, cit. e quella che qui rileva. Ed infatti: - nel primo caso si faceva questione dell’applicabilità al rito amministrativo (e ai fini della proposizione dell’appello) di una disposizione – quale l’articolo 58, cit. – dettata per il rito civile e che, per ragioni di specialità, risulta inapplicabile nel rito amministrativo, nel cui ambito l’ipotesi è disciplinata in modo diverso e peculiare; - nel presente caso, invece, si fa questione dell’applicabilità della disposizione civilistica (i.e.: dell’art. 327 c.p.c.) la quale tratta dei termini per la proposizione del ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato. Non vi è quindi ragione per dubitare: i) che l’articolo 327, civ. sia qui da considerare quale disposizione propria del rito civile (non venendo in rilievo le peculiarità del rito amministrativo invocate dall’ENEL Produzione); ii) che in relazione a tale disposizione trovi certamente applicazione la previsione del più volte richiamato articolo 58 della l. 69 del 2009 il quale imita (inter alia) l’applicazione della disposizione sulla dimidiazione dei termini per proporre ricorso in cassazione ai soli giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore della . 69, cit. E siccome l’art. 327 c.p.c. viene qui riguardato come disposizione processualcivilistica la quale disciplina i termini per la proposizione del ricorso per Cassazione avverso le sentenze del Giudice amministrativo di appello, neppure occorre domandarsi se l’articolo 58 della l. 69 del 2009 sia espressivo di principi generali ai sensi dell’articolo 39 del cod. proc. amm. (si tratta, infatti, di un interrogativo che rileverebbe solo laddove si facesse questione dell’applicabilità nell’ambito del rito amministrativo di una disposizione propria del rito civile). Per le medesime ragioni non possono qui ritenersi sussistenti i paventati profili di incoerenza interna che, nella tesi della società appellata, potrebbero viziare la l. 69 del 2009, nella sua duplice configurazione di legge di (parziale) riforma del rito civile e di delega per la predisposizione di un Codice del processo amministrativo. Aggiunge il Collegio che anche a voler ritenere (con la società appellata) che l’art. 92, comma 3 del cod. proc. amm. abbia introdotto "una disciplina specifica, per il processo amministrativo, dei termini per la proposizione del ricorso in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato" (e non già – come sembra al Collegio - un mero rinvio alle pertinenti previsioni del codice civile di rito), il punto è che, trattandosi qui di una sentenza del Consiglio di Stato pubblicata prima dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (i.e.: in data 16 febbraio 2010), deve ritenersi che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 104 del 2010 fosse pendente il termine annuale di cui agli articoli 46 e 58 della l. 69 del 2009. Pertanto, nel caso di specie dovrebbe comunque trovare applicazione la previsione di cui all’articolo 2 dell’allegato 4 del decreto legislativo n. 104 del 2010, secondo cui "per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti" (nel caso di specie, le disposizioni in tema di termine annuale per la proposizione del ricorso per Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato)".
La quaestio iuris che viene in rilievo dinanzi alla Sesta Sezione del Consiglio di Stato riguarda la portata applicativa del comma 5 dell’articolo 30 del cod. proc. amm., secondo cui il ricorso risarcitorio autonomo può essere proposto entro centoventi giorni dal passaggio in giudicato dalla senten ... Continua a leggere
Dimissioni dei dipendenti pubblici: il rapporto d'impiego cessa con la comunicazione all'interessato dell'atto di accettazione delle dimissioni, prima è sempre possibile la revocarle

È principio consolidato quello per cui il rapporto d'impiego, ivi compreso quello militare, cessa con la comunicazione all'interessato dell'atto di accettazione delle dimissioni che viene quindi catalogato come atto recettizio, con l'evidente corollario che la revoca di queste ultime può essere sempre fatta valere validamente ed efficacemente fino alla data di notifica dell'accettazione (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, IV, n. 4197/2013 e n. 3450/2012; V, n. 5384/2011; I, n. 2644/2010; CGA, n. 41/2014). La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ribadito detti principi anche di fronte a vicende in cui, come nel caso in esame, la revoca della rinuncia ed il provvedimento di dimissioni erano intervenuti nell’ambito di un corso di formazione. In particolare, riguardo a corsi finalizzati all’immissione in ruolo come agenti o assistenti della Polizia di Stato, dopo aver richiamato la giurisprudenza sui limiti di revocabilità delle dimissioni del pubblico dipendente, si è affermato che non poteva impedire l’efficacia della revoca neanche la comunicazione che il provvedimento di dimissioni era in corso di perfezionamento (cfr. Cons. Stato, VI, n. 3968/2011 – relativo ad un corso disciplinato dall’art. 6-ter del d.P.R. 335/1982, come introdotto dall’art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 197/1995, disciplina del tutto analoga a quella dell’art. 5 del d.lgs. 334/2000); e che, viceversa, vale ad estinguere il rapporto la comunicazione del contenuto del provvedimento di dimissioni completo e comprensivo del numero di protocollo, se intervenuta prima della revoca della revoca delle dimissioni (VI, n. 7096/2005). Il Consiglio di Stato Sez. III con sentenza del 3.9.2015 n. 4107 ha aderito a tali orientamenti. Nel caso in esame, è pacifico che la revoca della rinuncia al corso sia intervenuta prima che il provvedimento di dimissioni (provvedimento che, in sostanza, nel procedimento delineato dall’art. 5 del d.lgs. 334/2000, quando consegue alla rinuncia del soggetto ammesso a frequentare il corso, equivale all’accettazione della rinuncia) venisse comunicato all’appellante. Le ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione a disporre il subentro di un nuovo partecipante subito dopo aver adottato il provvedimento di dimissioni dell’appellante, legate all’ottimizzazione della partecipazione al corso, appaiono certamente commendevoli, ma non possono condurre ad obliterare la natura recettizia del provvedimento ed il conseguente spazio di tutela assicurata al diritto di revoca del destinatario. Peraltro, per l’Amministrazione - al fine di assicurare la copertura del posto che si rendeva disponibile, senza dover rischiare di avere un partecipante in meno - sarebbe stato sufficiente comunicare all’appellante il provvedimento di dimissioni con sollecitudine (non tre giorni dopo, ma non appena la rinuncia era stata presentata).
È principio consolidato quello per cui il rapporto d'impiego, ivi compreso quello militare, cessa con la comunicazione all'interessato dell'atto di accettazione delle dimissioni che viene quindi catalogato come atto recettizio, con l'evidente corollario che la revoca di queste ultime può essere sem ... Continua a leggere
Processo amministrativo: è nulla la notificazione dell’appello al Consiglio di Stato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in cui ha sede il TAR che ha emanato la sentenza impugnata

Nella vicenda in esame la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 1 settembre 2015 n. 4090 ha dichiarato inammissibile l'appello per invalidità della notificazione all'Anas S.p.A., in quanto eseguita presso gli uffici dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro anziché presso quelli dell'Avvocatura generale dello Stato. Com’è noto l’art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 (nel testo sostituito dall’art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260), dispone che: "Tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente". Pertanto l’appello al Consiglio di Stato (non meno che il ricorso per cassazione) deve essere notificato presso l’Avvocatura generale dello Stato, ufficio nel cui ambito funzionale hanno sede le suddette giurisdizioni superiori. La notificazione dell’appello al Consiglio di Stato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in cui ha sede il Tribunale Amministrativo Regionale che ha emanato la sentenza impugnata è quindi nulla e determina l’inammissibilità del gravame, salvo che non intervenga la costituzione in giudizio dell’Avvocatura generale dello Stato (giurisprudenza pacifica: cfr. tra le tante, e solo per le più recenti, Cons. Stato, Sez. III, 29 luglio 2013, n. 3983, Sez. IV, 6 dicembre 2011, n. 6404, Sez. VI, 4 novembre 2011, n. 5856), laddove, nel caso di specie tale evenienza processuale non si è verificata. Né, in funzione dell'assoluta chiarezza della disposizione e della sua univoca e pacifica interpretazione giurisprudenziale, vi è luogo al riconoscimento dell'invocato errore scusabile, onde deve disattendersi l'istanza di remissione in termini come formulata dal difensore dell'appellante.
Nella vicenda in esame la Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 1 settembre 2015 n. 4090 ha dichiarato inammissibile l'appello per invalidità della notificazione all'Anas S.p.A., in quanto eseguita presso gli uffici dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro anziché p ... Continua a leggere