
News 12 Ottobre 2015 - Area Amministrativa
Uffici della Pubblica Amministrazione: in G.U. gli indicatori per individuare le operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 233 del 7 ottobre 2015 il decreto 25.9.2015 del Ministero dell'Interno recante "Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo da parte degli uffici della pubblica amministrazione". Scarica il decreto.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 233 del 7 ottobre 2015 il decreto 25.9.2015 del Ministero dell'Interno recante "Determinazione degli indicatori di anomalia al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorism ... Continua a leggere
Pirateria: in G.U. il decreto sull'individuazione delle acque internazionali a rischio nelle quali è consentito l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 231 del 6.10.2015 il decreto 24 settembre 2015 del Ministero della Difesa recante "Individuazione delle acque internazionali soggette al rischio di pirateria nell'ambito delle quali e' consentito l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana". Scarica il decreto.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 231 del 6.10.2015 il decreto 24 settembre 2015 del Ministero della Difesa recante "Individuazione delle acque internazionali soggette al rischio di pirateria nell'ambito delle quali e' consentito l'impiego di guardie giurate a bordo d ... Continua a leggere
Accesso ai documenti da parte di associazioni a tutela dei consumatori: il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse" non ha introdotto alcun tipo di azione popolare

È giunto all'esame della Quarta Sezione del Consiglio di Stato l’appello con il quale il Codacons impugna la sentenza del TAR per la Lombardia che ha respinto il ricorso proposto avverso il rigetto, da parte di Expo 2015 s.p.a., dell’istanza di accesso presentata al fine di prendere visione ed estrarre copia dei documenti afferenti le procedure per la selezione dei partner e degli sponsor di Expo 2015. Il diniego di accesso è motivato poiché non sarebbe sussistente in capo all’associazione Codacons un interesse diretto, concreto ed attuale alla ostensione di quanto richiesto. Al fine della decisione sull’appello il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4644 del 6.10.2015. ha ricordato quanto affermato dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione 24 aprile 2012 n. 7, nella quale, tra l’altro (e proprio con riferimento al Codacons) si afferma: - "la disposizione di cui all'art.22, comma 1, della legge n.241 del 1990, pur riconoscendo il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse" non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla "tutela" di "situazioni giuridicamente rilevanti"; - "l'interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere "personale e concreto", ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso: in sostanza occorre che il richiedente intenda difendere una situazione di cui è portatore, qualificata dall'ordinamento come meritevole di tutela, non essendo sufficiente il generico e indistinto interesse di ogni cittadino alla legalità o al buon andamento della attività amministrativa . . . Da questo indirizzo interpretativo la giurisprudenza del Consiglio di Stato non si è mai discostata (Sez. VI, 23 novembre 2000, n. 5930; Sez. IV, 6 ottobre 2001 n. 5291; Sez. VI, 22 ottobre 2002 n. 5818; Sez.. V, 16 gennaio 2005 n. 127; Sez. IV, 24 febbraio 2005, n. 658; Sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 555; Sez. VI, 1 febbraio 2007 n. 416)"; - "essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi "diretto, concreto e attuale", essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento". Tali principi, dai quali il Collegio non ha ragione di discostarsi, sono dalla pronuncia citata ritenuti applicabili anche alle associazioni quali il Codacons. E ciò pur considerando che l’art. 26 l. 7 dicembre 2000 n. 383 riconosce alle associazioni di promozione sociale il diritto di accesso ai documenti amministrativi, ex art. 22 ss. l. n. 241/1990, precisando in particolare (co. 2) che "Ai fini di cui al comma 1, sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale.". Come, in particolare, affermato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 555) "alle associazioni a tutela dei consumatori, quale è il Codacons, l’ordinamento non riconosce un diritto di accesso diverso da quello attribuito in generale dalla l. n. 241/1990 (ex plurimis, v. C. Stato, sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2283)" Inoltre, "la domanda di accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti (C. Stato, sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2283" Si è, dunque, affermato che non può disconoscersi, in astratto, la legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi (Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2283); tuttavia, anche alle associazioni di tutela dei consumatori si applica l’art. 22, l. n. 241/1990, che consente l’accesso non come forma di azione popolare, bensì a tutela di "situazioni giuridicamente rilevanti", e dunque anche per dette associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso (C. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5291). Come ha affermato questo Consiglio di Stato (sez. VI, n. 555/2006 cit.), nemmeno la legge a tutela dei consumatori attribuisce alle associazioni degli stessi un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l’esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza. Siffatto potere di controllo, generale e preliminare, è del tutto ultroneo alla norma sull’accesso, che non conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a conoscere dei documenti collegati a situazioni giuridiche soggettive. L’associazione non è titolare di una situazione soggettiva che valga a conferirle un potere di vigilanza sull’ente che offre il pubblico servizio, ma solo della legittimazione ad agire perché vengano inibiti comportamenti od atti che siano effettivamente lesivi. Il diritto di accesso, dunque, non si configura mai come un’azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell’accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti. La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all’attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all’utenza, ma solo un più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori. Alla luce dei principi enunciati, il Consiglio di Stato ha ritenuto infondato il primo motivo di appello, posto che, nel caso di specie, gli atti cui il Codacons ha richiesto di accedere, pur se indicati e dunque concretamente individuabili, non sono ex se tali da denotare un collegamento con gli interessi dei quali l’associazione è portatrice. Precisa il Collegio che "Tali atti, infatti, più specificamente, attengono a singole procedure di scelta di uno o più contraenti con un soggetto pubblico, e, dunque, non tali da rappresentare, in via immediata e diretta, una tutela dei più ampi interessi dei consumatori e, comunque, di quegli interessi dei quali l’associazione richiedente è portatrice".
È giunto all'esame della Quarta Sezione del Consiglio di Stato l’appello con il quale il Codacons impugna la sentenza del TAR per la Lombardia che ha respinto il ricorso proposto avverso il rigetto, da parte di Expo 2015 s.p.a., dell’istanza di accesso presentata al fine di prendere visione ed estr ... Continua a leggere
Allontanamento con foglio di via obbligatorio, quando la prostituzione crea turbamento sociale

Forse non tutti sanno che andare in discoteca travestiti da donna, dando sospetto di fornire prestazioni sessuali a pagamento può costar caro. È questa la vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato chiamato a valutare la legittimità della sentenza del TAR che ha accolto il ricorso proposto contro il provvedimento del Questore di Brescia recante il divieto per il ricorrente di fare ritorno nel territorio di un Comune per anni 3 in difetto di preventiva autorizzazione. Il provvedimento era motivato dal deferimento in stato di libertà per il reato di atti contrari alla pubblica decenza essendo stato l’interessato sorpreso presso una discoteca travestito da donna, dando sospetto di fornire prestazioni sessuali a pagamento. Il provvedimento afferma che egli non risiede in quel Comune né dispone di mezzi di sussistenza, ed in conclusione rientra nell’ambito delle categorie di soggetti contemplati dall’art. 1 della legge n. 1423/56. Avverso tale provvedimento, ritenuto illegittimo, l’interessato proponeva ricorso avanti al T.A.R. di Brescia che accoglieva il ricorso in adesione all’orientamento giurisprudenziale che ritiene che l’allontanamento con foglio di via obbligatorio non sia lo strumento di regola deputato per intervenire sul fenomeno della prostituzione e, pertanto, il provvedimento basato su una siffatta motivazione deve dare contezza delle concrete modalità di esercizio del meretricio, dell’eventuale continuità di tale condotta e di ogni altro elemento utile in ordine alle condizioni di vita dell’interessato/a, onde desumerne l’apprezzabile possibilità che lo stesso/a sia incline alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. L’impugnato provvedimento non indica comportamenti socialmente pericolosi, potenzialmente rivolti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica o gli elementi di fatto sui quali si fonda il giudizio di appartenenza del ricorrente ad una delle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 1423/1956. Inoltre la sentenza osserva che l’atto impugnato contiene un’ulteriore inesattezza, nella parte in cui sostiene il mancato possesso di mezzi di sussistenza, dato che il ricorrente ha dimostrato di essere dipendente a tempo indeterminato presso un Ente pubblico fin dal 1991 e di risiedere con la madre nell’abitazione di proprietà. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4665 del 8.10.2015 ha accolto l'appello dell'Amministrazione rilevando come "7.1. – Il Collegio è consapevole della giurisprudenza di questa Sezione che ha già avuto occasione di notare in passato che il solo esercizio della prostituzione, a seguito della modifica apportata all’art. 1 della legge n. 1423 del 1956 dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, che ha eliminato il riferimento a quei comportamenti che sono qualificabili solo come disdicevoli o contrari al buon costume, non può ritenersi da solo presupposto sufficiente per l'applicazione della suddetta misura di prevenzione ( Consiglio di Stato, Sezione III, n. 3451 dell'8 giugno 2011 n. 5479, del 05 ottobre 2011, n. 288 del 22 gennaio 2014 ). .... Il Collegio ritiene pertanto che, in materia di prostituzione, ai fini dell’adozione di misure di prevenzione, devono quindi concorrere circostanze ulteriori rilevanti sotto il profilo penale o della sicurezza pubblica. Inoltre, deve precisarsi che la richiamata giurisprudenza segnala altresì che la prostituzione come fenomeno sociale negativo non rientra solo nella categoria del buon costume, dato che si tratta di una attività che, anche quando non costituisce reato, resta un’attività da scoraggiare per il rispetto che si deve alla persona umana secondo i principi costituzionali, soprattutto quando essa è esercitata in forma suscettibile di determinare disagio sociale. 7.2. – Più in generale la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiede sempre, ai fini della legittimità di misure di prevenzione da parte dell’Autorità di polizia, la indicazione di precisi e concreti elementi di fatto rilevanti sotto il profilo della sicurezza pubblica, ma la stessa consolidata giurisprudenza, nella valutazione di tali elementi e del loro rilievo ai fini della sicurezza pubblica, riconosce all’Autorità amministrativa la più ampia discrezionalità salvo incoerenza dell' iter logico, incongruenza della motivazione e travisamento della realtà fattuale. 7.3. – Nel caso in esame il provvedimento impugnato e la relazione dei carabinieri che lo sostiene fanno riferimento ad una pluralità di elementi di fatto puntualmente indicati riferiti in particolare alle modalità e al contesto in cui l’esercizio della prostituzione si svolgeva. 7.4. – La rilevanza di tali elementi di fatto sotto il profilo della sicurezza pubblica secondo i parametri indicati ai punti 7.1. e 7.2. è in particolare rafforzata in modo determinante dal richiamo nella motivazione del provvedimento impugnato alla forma notoria e abituale in cui l’ attività in questione si svolge e al connesso disagio sociale manifestato attraverso proteste e segnalazioni rivolte in precedenza alle Autorità di polizia, da porre in relazione alla localizzazione, alla frequenza e alle modalità di svolgimento di comportamenti analoghi a quelli attribuiti all’appellato. Deve infatti ritenersi che la discrezionalità amministrativa da esercitare nella valutazione dei profili della sicurezza pubblica attiene in modo particolare al modo in cui la comunità la percepisce. 7.5. – La misura di prevenzione adottata nel caso specifico risulta ragionevole e proporzionata alle circostanze in quanto limitata a vietare il ritorno per tre anni nella località dove i fenomeni in questione si sono concentrati e hanno determinato turbamento sociale e dove l’interessato non abita e non svolge la sua attività lavorativa. 7.6. – Il provvedimento deve pertanto ritenersi adeguatamente motivato secondo i parametri adottati ed esposti nei punti precedenti, che consentono di non considerare rilevanti le inesattezze contenute nel provvedimento in ordine al reddito e alla dimora dell’interessato, che non costituiscono aspetti determinanti della motivazione".
Forse non tutti sanno che andare in discoteca travestiti da donna, dando sospetto di fornire prestazioni sessuali a pagamento può costar caro. È questa la vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato chiamato a valutare la legittimità della sentenza del TAR che ha accolto il ricorso propost ... Continua a leggere