
News 24 Novembre 2015 - Area Amministrativa
Miur: in G.U. la rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali
segnalazione del decreto Ministero dell'Istruzione

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 271 del 20.11.2015 il decreto 30.10.2015 del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca recante "Rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali".
segnalazione del decreto Ministero dell'Istruzione
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 271 del 20.11.2015 il decreto 30.10.2015 del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca recante "Rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali". ... Continua a leggere
Sanità: in Gazzetta Ufficiale il Regolamento sul fascicolo sanitario elettronico

Entrerà in vigore il 26.11.2015 il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 263 del 11.11.2015 avente ad oggetto "Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico". Accedi al Regolamento
Entrerà in vigore il 26.11.2015 il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 263 del 11.11.2015 avente ad oggetto "Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico". Accedi al Regolamento ... Continua a leggere
Garante privacy: in G.U. il provvedimento sulla banca dati relativa a morosita' intenzionali della clientela del settore telefonico

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4.11.2015 il provvedimento dell'8.10.2015 del Garante per la protezione dei dati personali recante "Costituzione di una banca dati relativa a morosita' intenzionali della clientela del settore telefonico (S.I.Mo.I.Tel). (Provvedimento n. 523)".Accedi al provvedimento.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4.11.2015 il provvedimento dell'8.10.2015 del Garante per la protezione dei dati personali recante "Costituzione di una banca dati relativa a morosita' intenzionali della clientela del settore telefonico (S.I.Mo.I.Tel). (Provvedimento n. 523)". ... Continua a leggere
Giudizio di ottemperanza e legge Pinto: sì alla condanna alla penalità di mora anche se l’esecuzione riguarda il decreto di condanna all’equa riparazione

Ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c, il ricorso per l’ottemperanza innanzi al giudice amministrativo è esperibile anche nei confronti dei decreti non opposti di condanna all’equa riparazione previsti dall’art. 3, l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), avendo essi natura decisoria su diritti soggettivi e idoneità ad assumere valore ed efficacia di giudicato (Trga Trento 9 luglio 2014, n. 279; Tar Molise 14 maggio 2014, n. 303; Tar Lecce, sez. III, 20 gennaio 2014, n. 200; id., sez. I, 10 gennaio 2014, n. 82), e quindi anche per il capo degli stessi decreti che condanna alle spese e agli onorari del giudizio. Questo il principio ribadito dalla Prima Sezione del TAR Lazio nella sentenza del 23.11.2015 n. 13245 con la quale il giudice amministrativo ha anche accolto la richiesta di condanna alla penalità di mora, di cui all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.. "Questa infatti, come chiarito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 15 del 25 giugno 2014, è comminabile anche quando l’esecuzione del giudicato consiste nel pagamento di una somma di denaro atteso che l’istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento (Cons. St., sez. III, 16 settembre 2014, n. 4711; Tar Lazio, sez. III quater, 22 dicembre 2014, n. 13071). Tale istituto trova altresì applicazione nel caso di decreto di condanna all’equa riparazione previsto dall’art. 3, l. n. 89 del 2001 (Tar Lazio, sez. I, 30 dicembre 2014, n. 13176). Ciò chiarito, la Sezione ritiene che la quantificazione della suindicata penalità possa essere in via generale effettuata prendendo a fondamento il parametro, individuato dalla CEDU, dell’"interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali"; detta misura – e, quindi, il tasso sopra individuato, da applicare sulla sorte capitale dovuta a titolo indennitario – dovrà essere quindi corrisposta a titolo di sanzione a carico dell’amministrazione, a far tempo dalla notificazione ovvero, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione e fino all’effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, fino alla data di insediamento del commissario ad acta, come di seguito individuato. Quanto alle ulteriori spese di cui il ricorrente chiede la rifusione, va ricordato che nel giudizio di ottemperanza le ulteriori somme richieste in relazione a spese diritti ed onorari successivi alla formazione del giudicato sono dovute solo in relazione alla pubblicazione della sentenza, all'esame ed alla notifica della medesima, alle spese relative ad atti accessori, quali le spese di registrazione (Tar Lazio, sez. II bis, 19 maggio 2014, n. 5214; id., sez. I, 18 ottobre 2013, n. 9028; Tar Catanzaro, sez. I, 20 febbraio 2013, n. 178), di esame, di copia e di notificazione, nonché le spese e i diritti di procuratore relativi all'atto di diffida, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale (Tar Napoli, sez. IV, 18 dicembre 2014, n. 6796; Tar Catania, sez. IV, 4 dicembre 2014, n. 3188)."
Ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c, il ricorso per l’ottemperanza innanzi al giudice amministrativo è esperibile anche nei confronti dei decreti non opposti di condanna all’equa riparazione previsti dall’art. 3, l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto), avendo essi natura decisoria su dirit ... Continua a leggere
Polizia di Stato: il Ministero non ha nessun vincolo nel "quando" per l’individuazione degli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni di vice dirigente del personale appartenente al ruolo degli Ispettori

Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza del Tar del Lazio con la quale è stata accolta l’istanza del Comitato per la tutela degli Ispettori di Polizia CO.TI POL., volta ad ottenere la declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla diffida ad adottare entro il termine di trenta giorni il decreto del Capo della Polizia per l’individuazione degli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni di vice dirigente del personale appartenente al ruolo degli Ispettori. Il Consiglio di Stato Sez. III con la sentenza del 17.11.2015 n. 5251 ha accolto l'appello non ravvisando l’obbligo dell’Amministrazione, nella specie appunto il Ministero dell’Interno, di provvedere nei confronti del privato in quanto nel caso in esame l’Amministrazione anzidetta se pure vincolata nell’"an" ad assumere l’invocato provvedimento non lo è nel "quando" anche se logicamente ciò non vuol dire che l’Amministrazione possa "sine die" rimanere inerte ed esimersi dal disciplinare gli adempimenti stabiliti dalla legge. Si precisa, infatti, nella parte motiva della sentenza che "L’art.31 quater del D.P.R.n. 335/1982 – Regolamento di Servizio per la Polizia di Stato – stabilisce al 1°comma che gli ispettori superiori- sostituti ufficiali di pubblica sicurezza che al 1°gennaio abbiano maturato quindici anni di effettivo servizio nella qualifica possono partecipare ad una specifica selezione per titoli, a conclusione della quale, fermo restando la qualifica rivestita, assumono la denominazione di"sostituto – commissario. Il 6°comma dello stesso articolo dispone che agli ispettori – sostituti ufficiali di pubblica sicurezza- "sostituti commissari" possano essere attribuite nell’ambito delle funzioni di cui all’art. 26/5°comma, le funzioni di vice dirigente di uffici o unità organiche in cui, oltre al funzionario preposto, non vi siano altri funzionari del ruolo di commissari o del ruolo direttivo speciale. Con decreto del Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza- sono individuati gli uffici nell’ambito dei quali possono essere affidate le funzioni predette, nonché ulteriori funzioni di particolare rilevanza di cui a medesimo art. 26 sopra citato. Dal chiaro tenore letterale delle disposizioni appena sopra enunciate discende che la facoltà di attribuzione delle funzioni e conseguentemente di emissione del decreto di individuazione delle sedi in cui possano essere affidate le funzioni anzidette, non contiene termini di sorta ed attiene all’ambito dei profili organizzatori e di gestione dell’apparato amministrativo, in quanto appare atto conclusivo di un procedimento di organizzazione interna e di analisi della situazione organica e, come tale, rientra, a pieno titolo, almeno dal punto di vista sopra indicato, nel campo delle scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione. Consegue a quanto detto che essendo la materia riservata al potere discrezionale dell’Amministrazione, nessun vincolo almeno nel "quando" sussisteva in capo al Ministero dell’interno di emissione dell’invocato provvedimento, ma logicamente ciò non vuol dire che l’Amministrazione possa" sine die" rimanere inerte ed esimersi dal disciplinare gli adempimenti stabiliti dalla legge.
Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza del Tar del Lazio con la quale è stata accolta l’istanza del Comitato per la tutela degli Ispettori di Polizia CO.TI POL., volta ad ottenere la declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla diffida ad adottare entro i ... Continua a leggere
Immigrazione: i termini di conclusione del procedimento per il rilascio del permesso di soggiorno a seguito della positiva conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare

La Terza Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 17.11.2015 n. 5262 ha accolto l'appello del Ministero dell'Interno che ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 770/2015 di accoglimento del ricorso proposto da un cittadino extracomunitario, per l'accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rilascio del permesso di soggiorno a seguito della positiva conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare. Il Collegio ha sul punto aderito alle precedenti pronunce del Consiglio di Stato (le sentenze 25/02/2014, n. 891, 10 settembre 2014, n. 4607, 21/01/2015, n. 206) richiamando al riguardo la disciplina dei termini dei procedimenti amministrativi prevista dall’art. 2 della legge n. 241/1990 ed in specie l’intera sequenza di norme previste dai commi 2, 3, 4 del citato art. 2: "2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni. 3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. 4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione." Considerata la sequenza delle norme, rileva il Collegio come sia evidente che l’esclusione della materia dell’immigrazione, di cui all’ultimo periodo del sopra riportato comma 4, riguarda l’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo prevista dai tre commi e a maggior ragione il termine più breve previsto dal comma 2. Lo dimostra anche il fatto che la disciplina attuativa del sopra riportato comma 3, per il Ministero dell’Interno adottata con il dpcm n. 214/2012, che regola i termini dei procedimenti amministrativi di durata non superiore a novanta giorni, di competenza del Ministero dell’Interno, non considera tra questi la procedura di emersione. Anche il termine di 20 giorni previsto dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 286/1998 per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno non può applicarsi e comunque non è perentorio, come dimostrano le disposizioni dell’articolo 9 bis del medesimo decreto, che disciplinano la situazione dello straniero conseguente al superamento del termine stesso, prevedendo la possibilità di svolgimento o di continuazione del lavoro a determinate condizioni. Di conseguenza, conclude il Consiglio di Stato "risultano fondate le censure dedotte dal Ministero in ordine alla non estensibilità dei termini delle procedure ordinarie alla procedura di emersione e quelle relative alla espressa esclusione della materia dell’immigrazione dalla disciplina generale dei termini del procedimento amministrativo di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990. Oltre alle deduzioni direttamente conseguenti dalla piana lettura delle disposizioni soprarichiamate, può aggiungersi che la ragionevolezza della assenza di termini per la conclusione del procedimento di emersione deriva dal fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’immigrazione, di particolare complessità sul piano amministrativo, tale procedura ha natura del tutto eccezionale coinvolgendo soggetti eterogenei tra loro, sia per gli interessi di cui sono portatori, sia per i plurimi requisiti da verificare per ciascuno di essi. Anche in relazione alle ulteriori considerazioni poste in evidenza da questa stessa Sezione nella già richiamata sentenza n. 59/2015, resta comunque ferma la necessità che l’Amministrazione concluda il procedimento amministrativo nei termini più brevi, anche sollecitando la cooperazione degli altri uffici interessati.".
La Terza Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 17.11.2015 n. 5262 ha accolto l'appello del Ministero dell'Interno che ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 770/2015 di accoglimento del ricorso proposto da un cittadino extracomunitario, per l'a ... Continua a leggere
Accesso ai documenti amministrativi: il Comune è tenuto a comunicare le irregolarità dell'istanza rappresentando i motivi che ostavano all’accoglimento della richiesta

La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda il silenzio - diniego opposto da un Comune alla ricorrente sull'istanza di accesso agli atti, formulata nel suo interesse dal suo avvocato e l'accertamento del proprio diritto ad estrarre copia della documentazione richiesta, con contestuale ordine di esibizione alla parte resistente. Il Comune appellante non contesta in alcun modo, nel presente grado del giudizio, la pretesa dell’appellata, sostenendo invece che la sua istanza, presentata irregolarmente, non avrebbe fatto sorgere il suo onere di darvi risposta. Più specificamente, il Comune appellante sostiene di non avere alcun obbligo di dare corso all’istanza in quanto questa è stata presentata dall’avvocato dell’odierna appellata in difetto di procura espressa ed è stata reiterata dopo che il silenzio rifiuto formatosi sul primo atto era divenuto inoppugnabile per decorso del relativo termine, per cui neanche in questo caso il Comune aveva l’obbligo di rispondere. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 20.11.20015 n. 5297 ha affermato che tale argomentazione non può essere condivisa. L’appellante condivisibilmente afferma l’applicabilità, nel caso che ora occupa, dell’art. 6, primo comma, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, ai sensi del quale "qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati, l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale, di cui l'ufficio rilascia ricevuta". Ad avviso del Collegio la norma non ha contenuto propriamente innovativo in quanto si limita ad esplicitare il principio di leale collaborazione fra Amministrazione e cittadini, in base al quale questa non può frapporre ostacoli privi di significato sostanziale alle istanze degli associati (in termini C. di S., VI, 9 marzo 2011, n.1492, che ha affermato l’applicabilità del principio di leale collaborazione ai rapporti relativi ad istanze di accesso agli atti della pubblica amministrazione; sostanzialmente in termini anche C. di S., V, 26 febbraio 2010 n. 1150). Sulla base del principio richiamato afferma il Collegio che nel caso che ora occupa l’Amministrazione non poteva limitarsi a prendere atto dell’irregolarità della prima istanza, restando conseguentemente inerte. Costituiva invece suo obbligo rappresentare i motivi che ostavano all’accoglimento della richiesta, in modo da indirizzarla nei termini ritenuti corretti. Non avendo l’Amministrazione ottemperato a tale obbligo di comunicazione la stessa non può ora opporre l’irritualità dell’istanza, che l’odierna appellante non ha potuto correggere; pertanto, nei suoi confronti il termine per l’impugnazione non ha cominciato a decorrere.
La vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato riguarda il silenzio - diniego opposto da un Comune alla ricorrente sull'istanza di accesso agli atti, formulata nel suo interesse dal suo avvocato e l'accertamento del proprio diritto ad estrarre copia della documentazione richiesta, con cont ... Continua a leggere
Procedure concorsuali e accesso ai documenti: l'interesse che legittima la richiesta

È giunta all'attenzione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato la questione riguardante la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla ostensione di documentazione amministrativa relativa a procedura selettiva annullata con sentenza del giudice amministrativo passata in giudicato.Nella specie, infatti, l’originario ricorrente aveva partecipato alla procedura di abilitazione scientifica nazionale relativa alla tornata 2013 per il predetto settore concorsuale e dopo che tale procedura, su ricorso di altri candidati, è stata annullata per vizio di composizione della commissione esaminatrice, ha fatto istanza al Ministero per accedere agli atti della procedura riguardanti i giudizi espressi dall’organo di valutazione sul proprio profilo. Il giudice di primo grado ha ritenuto sussistente in capo all’originario ricorrente l’interesse attuale e concreto (richiesto dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990 in materia di accesso ai documenti amministrativi) all’ostensione degli atti richiesti "non foss’altro che ai fini morali di essere edotto delle valutazioni operate nei suoi confronti ovvero –se esse fossero favorevoli – ai fini di renderle note o di farle valere in ogni sede legittima". L’appellante amministrazione deduce invece, nell’unico articolato motivo d’appello, che detto interesse nei riferiti termini non sia predicabile in capo all’originario ricorrente. Il Consiglio di Stato Sez. VI nella sentenza del 10.11.2015 n. 5111 afferma espressamente che "l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la decisione 24 aprile 2012, n. 7, ha affermato che la disposizione di cui all'art. 22, comma 1, l. n. 241 del 1990 , pur riconoscendo il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse", non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire un qualche controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla "tutela" di "situazioni giuridicamente rilevanti"; Non è dubbio pertanto che l'interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere "personale e concreto", ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico rapporto. In sostanza, occorre che il richiedente intenda poter supportare una situazione di cui è titolare, che l’ordinamento stima di suo meritevole di tutela. Non è sufficiente addurre il generico e indistinto interesse di qualsiasi cittadino alla legalità o al buon andamento dell’attività amministrativa. Da questo indirizzo la giurisprudenza del Consiglio di Stato mai si è discostata (Cons. Stato, VI, 23 novembre 2000, n. 5930; IV, 6 ottobre 2001 n. 5291; VI, 22 ottobre 2002 n. 5818; V, 16 gennaio 2005 n. 127; IV, 24 febbraio 2005, n. 658; VI, 10 febbraio 2006 n. 555; VI, 1 febbraio 2007 n. 416). Ritiene il Collegio che l’interesse rilevante nel caso in esame debba dirsi sussistente, nonostante il conclamato annullamento degli atti di che trattasi. Invero, come condivisibilmente affermato dal giudice di primo grado, il sopravvenuto annullamento (con conseguente giuridica inefficacia) degli atti della procedura cui ha partecipato l’originario ricorrente non determina per lui il venir meno di un interesse comunque diretto, concreto ed attuale ad accedere ai medesimi nella parte in cui lo riguardano personalmente. Per vero, il diritto di accesso non è esercitabile soltanto per i provvedimenti amministrativi ( dotati di perdurante efficacia giuridica), ma anche per meri atti o documenti non più idonei ad incidere sulla sfera giuridica dei soggetti ai quali si riferiscono, quante volte - come nella specie - chi agisce ad exibendum sia, o possa essere, comunque titolare di una situazione giuridicamente tutelata in quanto connessa al contenuto di siffatti atti o documenti (si veda l’art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990). Pertanto l’originario ricorrente *, quale candidato esaminato nell’annullata tornata abilitativa in questione, sia tuttora titolare di una situazione giuridica tutelata correlata agli atti della stessa procedura che lo riguardano direttamente. In relazione a tali atti sussiste per lui un interesse giuridicamente rilevante ( non contrastato da esigenze oppositive di segno contrario) a che ne possa avere la conoscenza e la disponibilità per gli usi che legittimamente potrà farne. Non compete a questo giudice in questa sede valutare la congruenza dell’utilizzazione futura di questi atti, né l’ipotetico uso loro non corretto o improprio. Resta dunque salvo il giudizio di utilizzabilità e di rilevanza dei documenti afferenti una procedura annullata: il che se del caso potrà essere apprezzato dal giudice dinanzi al quale sorgerà controversia a quel riguardo."
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Assunzione nelle pubbliche amministrazione: l'obbligo della Regione dell'uso della mobilità volontaria prima dell'indizione del concorso o dello scorrimento di graduatorie

Dall’esame della giurisprudenza del Consiglio, ed in particolare della sentenza 17 febbraio 2014 n. 177 e della giurisprudenza con essa richiamata - n. 5830/2010 -msi desume il principio dell’obbligo della mobilità volontaria prima dell’indizione del concorso anche per gli enti locali, chiarendo che: "il reclutamento dei dipendenti pubblici avviene attraverso un procedimento complesso nell’ambito del quale la procedura concorsuale non è affatto soppressa, ma è subordinata alla previa obbligatoria attivazione della procedura di mobilità, in attuazione dei fondamentali principi di imparzialità e buon andamento, predicati dall’articolo 97 della Costituzione" (sentenza n.5830/2010). Sulla base di tale principio la Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 6.11.2015 n. 5078 ha evidenziato testualmente "come nella fattispecie controversa, però, l’amministrazione regionale si trovava davanti ad una procedura di mobilità già esperita e con le relative assunzioni già deliberate, dunque il problema risiedeva e risiede nella potestà dell’amministrazione di continuare i procedimenti di assunzione per i posti che le possibilità di bilancio offrivano di ricoprire, utilizzando nuovamente la procedura di mobilità al tempo attivata ed esaurita e quindi successivamente e nuovamente sostituita dallo scorrimento delle graduatorie. Precisa il Collegio che "Occorre allora cercare di offrire alla questione un inquadramento sistematico alla luce delle norme vigenti al momento originario della controversia in esame, in modo tale da fornire una soluzione in armonia con l’ordinamento e riprendere quindi quella giurisprudenza che ha indagato i rapporti tra i diversi mezzi di assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione. La giurisprudenza di questo Consiglio con alcune importanti pronunce ha chiarito il rapporto esistente tra le differenti modalità di assunzione alle dipendenze della p.a., prevedendo tra le stesse una gradazione elastica, ossia ricavando la presenza nell’ordinamento di una disciplina di preferenza delle modalità di assunzione per l’accesso all’impiego alle dipendenze della p.a.; l’Adunanza plenaria 28 luglio 2011 n. 14 ha analizzato i rapporti esistenti tra l’indizione di un concorso e lo scorrimento della graduatoria di un concorso, già espletato, concludendo che: "Posto che in tema di copertura di posti nel pubblico impiego la decisione di "scorrimento" della graduatoria non può essere collocata su un piano diverso e contrapposto rispetto alla determinazione di indizione di un nuovo concorso, tenendo presente che entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell’art. 97 Cost., e quindi devono essere sottoposti alla medesima disciplina anche in relazione all’ampiezza dell’obbligo di motivazione, va precisato che si è oramai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace, in quanto quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta oggi la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico". Venendo ad affrontare direttamente il tema della causa, non vi è alcun dubbio che la Regione non possa obliterare l’uso della mobilità volontaria, né possa disciplinarne autonomamente gli effetti. Rimane da appurare se l’amministrazione regionale resta effettivamente titolare di un potere di organizzazione discrezionale nel determinare la quantità dei posti riservati alla mobilità volontaria rispetto a quelli riservati al pubblico concorso (Sez. V, n. 177/2014 cit.), sempre tramite un atto fornito di congrua motivazione, affinché si dimostrino chiaramente quali sono le ragioni per le quali si preferisce uno dei tipi di reclutamento del personale. La deliberazione di Giunta n. 2448 del 2011 è nella specie l’atto con il quale la Regione ha esercitato le sue scelte, dando priorità nel "piano assunzionale" all’esperimento delle procedure di mobilità ex art. 30 e 34 bis stabilite dal D. Lgs. 165 del 2001 e prevedendo lo scorrimento eventuale delle graduatorie concorsuali vigenti in caso di assenza o parziale risposta alle predette procedure. Fin qui le determinazioni della P.A. appaiono del tutto rispettose delle più complesse previsioni legislative, soggette a continue modificazioni sin dalla primitiva emanazione del D. Lgs. 165/2001. Infatti la lettura del dato testuale dell’art. 30 ed il confronto con quello dell’art. 34 bis in parola conduce all’interpretazione secondo cui le amministrazioni pubbliche "sono tenute" ad utilizzare la procedura della mobilità d’ufficio prima di avviare le altre procedure di assunzione di personale e le eventuali assunzioni effettuate in violazione di tale previsione "sono nulle di diritto". L’art. 30 D. Lgs. 165/2001 dispone poi che: "Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro..." e che "sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale". Quindi, mentre nel primo caso la nullità scatta in caso di violazione della disciplina, nel secondo è l’elusione del principio del previo esperimento di mobilità, che determina la patologia dell’atto, dal ché si evince come in capo all’amministrazione regionale residui un potere discrezionale, che deve essere orientato al rispetto del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale. Ma le previsioni di cui all’art. 34 bis citato nello strutturare il procedimento di mobilità, non permettono la formazione di sorta di graduatorie sul modello di quelle concorsuali, per cui esse non possono essere considerate efficaci negli anni seguenti al pari di queste ultime, ma si esauriscono al momento delle specifiche assunzioni cui sono finalizzate: infatti, come si è visto, la regola generale delle assunzioni rimane sempre quella di tipo concorsuale dello scorrimento delle graduatorie che viene derogata solo nella fase preliminare mediante le procedure di mobilità tanto è che il comma 4 dell’art. 34 bis stabilisce che "Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica (…) ossia dal bando per la mobilità, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l’assegnazione di personale ai sensi del comma 2, vale a dire il provvedimento di assegnazione che definisce la mobilità medesima. E la stessa Regione, dal canto suo, ha previsto sulla scia di tali previsioni il previo esperimento delle procedure di mobilità e quindi l’attuazione della regola generale, che può essere nei fatti residuale, dello scorrimento delle graduatorie concorsuali". Da tutta questa ricostruzione - conclude il Consiglio di Stato - discende la correttezza delle tesi dell’appellante, secondo cui non poteva ammettersi un’improvvisa e contraddittoria obliterazione dello scorrimento delle graduatorie in luogo di una reviviscenza dei risultati delle procedure di mobilità non prevista dal legislatore, ma nemmeno dai provvedimenti della Regione medesima, per cui non è ravvisabile l’inammissibilità eccepita dalle difese regionali.
Dall’esame della giurisprudenza del Consiglio, ed in particolare della sentenza 17 febbraio 2014 n. 177 e della giurisprudenza con essa richiamata - n. 5830/2010 -msi desume il principio dell’obbligo della mobilità volontaria prima dell’indizione del concorso anche per gli enti locali, chiarendo ch ... Continua a leggere
Stop alle assunzioni per le Amministrazioni che non rispettano i tempi medi di pagamento

Con la richiesta di parere avanzata il Comune Terni ha posto un quesito volto a conoscere se, ai fini dell’assunzione, tramite concorso, di personale non amministrativo dei servizi scolastici ed educativi, tra le relative limitazioni vigenti rientri anche quella prevista dall'art. 41, co. 2, del D.L. 66/2014 (mancato rispetto per l’anno 2014 dell'indicatore dei tempi medi nei pagamenti). Al quesito va data risposta positiva. Con il suesposto quesito il Comune di Terni chiede a questa Sezione se all’assunzione, tramite concorso, di personale non amministrativo dei servizi scolastici ed educativi osti il divieto di assunzioneprevisto dall'art. 41, comma 2, del D.L. 66/2014 (mancato rispetto per l’anno 2014 dell'indicatore dei tempi medi nei pagamenti), ritenendo tale divieto incluso tra le limitazioni assunzionali di cui fa parola il comma 2-bis dell'art. 4 del D.L. 78/2015. La risposta al quesito richiede, in via preliminare, il richiamo del quadro normativo di riferimento. In particolare, il comma 2-bis dell'art. 4 del D.L. 78/2015, inserito dalla legge di conversione 6 agosto 2015, n. 125, recita: "All'articolo 1, comma 424, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "È fatta salva la possibilità di indire, nel rispetto delle limitazioni assunzionali e finanziarie vigenti, le procedure concorsuali per il reclutamento a tempo indeterminato di personale in possesso di titoli di studio specifici abilitanti o in possesso di abilitazioni professionali necessarie per lo svolgimento delle funzioni fondamentali relative all'organizzazione e gestione dei servizi educativi e scolastici, con esclusione del personale amministrativo, in caso di esaurimento delle graduatorie vigenti e di dimostrata assenza, tra le unità soprannumerarie di cui al precedente periodo, di figure professionali in grado di assolvere alle predette funzioni"». Va a questo punto osservato che in merito all’applicazione della norma anzidetta la Sezione Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 19/2015/QMIG, ha tra l’altro affermato il seguente principio di diritto: "Se il posto da coprire sia infungibile intendendosi tale un posto per il quale è prevista una professionalità legalmente qualificata, eventualmente attestata da titoli di studio precisamente individuati e che tale assunzione è necessaria per garantire l’espletamento di un servizio essenziale, alle cui prestazioni la predetta professionalità è strettamente e direttamente funzionale, non potrà ricollocare in quella posizione unità soprannumerarie sprovviste di tale requisiti. E se questa dovesse essere l’unica esigenza di organico da soddisfare nell’arco del biennio considerato dalla norma, una volta constatata l’inesistenza di tali professionalità tra le unità soprannumerarie da ricollocare, l’ente potrà procedere ad assumere nei modi ordinari. Tale ricerca va riferita non al solo personale della Provincia di appartenenza, ma a tutto il personale delle Province interessate alla ricollocazione come individuati ai sensi del comma 422 dell’art. 1 della legge 190/2014". Tanto premesso, osserva il Collegio, ai fini della soluzione del quesito proposto, che la ratio del legislatore, quale traspare dalla formulazione letterale della norma citata ("nel rispetto delle limitazioni assunzionali e finanziarie vigenti"), deve essere intesa nel senso che la facoltà di "indire (..) le procedure concorsuali per il reclutamento a tempo indeterminato di personale in possesso di titoli di studio specifici abilitanti o in possesso di abilitazioni professionali necessarie per lo svolgimento delle funzioni fondamentali relative all'organizzazione e gestione dei servizi educativi e scolastici, con esclusione del personale amministrativo (…), oltre alle condizioni espressamente richiamate nella richiesta di parere (ossia: a) l'esaurimento delle graduatorie vigenti; b) l'assenza di figure professionali idonee tra le unità soprannumerarie "destinatarie dei processi di mobilità"), debba svolgersi nel rispetto di tutte le limitazioni (anche di natura finanziaria) previste dalla normativa vigente in materia di assunzione di personale. Tra dette limitazioni non può ritenersi esclusa quella prevista dall'art. 41, comma 2, del D.L. 66/2014, come modificato dalla legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89, che sanziona con il divieto di procedere ad assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, nell'anno successivo a quello di riferimento, le amministrazioni pubbliche che registrano un indice dei tempi medi di pagamento superiore a quanto stabilito dal medesimo comma (90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231). Tale conclusione è, peraltro, pienamente conforme ad una opzione interpretativa di ordinecronologico, laddove si osservi che l’inserimento del comma 2-bis, nell’articolo 4 del D.L. 78/2015, ad opera della legge di conversione 6 agosto 2015, n. 125, è successivo al D.L. 66/2014 e alla relativa legge di conversione n. 89 del 2014. In altri termini il legislatore del 2015, nel fissare limiti più stringenti alla facoltà, da parte delle regioni e degli enti locali, di assumere personale particolarmente qualificato per lo svolgimento delle funzioni fondamentali relative all'organizzazione e gestione dei servizi educativi e scolastici (con esclusione delpersonale amministrativo), ha volutamente inteso richiamare (ricorrendo ad una terminologia ampia ed omnicomprensiva) tutte le limitazioni previste dal quadro normativo (all’epoca) vigente, senza alcuna esclusione, neppure quella specificamente dettata dalle norme in materia di rispetto dei tempi medi di pagamento delle obbligazioni pecuniarie da parte delle pubbliche amministrazioni. Tanto in ossequio al noto brocardo secondo cui "ubi lex dixit voluit, ubi lex non dixit non voluit".
Con la richiesta di parere avanzata il Comune Terni ha posto un quesito volto a conoscere se, ai fini dell’assunzione, tramite concorso, di personale non amministrativo dei servizi scolastici ed educativi, tra le relative limitazioni vigenti rientri anche quella prevista dall'art. 41, co. 2, del D. ... Continua a leggere
Graduatorie concorsuali: il parere della Corte dei Conti sui tre presupposti che consentono di accedere alle graduatorie vigenti presso altri Enti

La Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per l'Umbria con deliberazione n. 149/2015/PAR del 12.11.2015 ha risposto al quesito formulato concernente la possibilità di accedere a graduatorie di concorsi per un posto di assistente sociale a tempo indeterminato part time, vigenti presso altriEnti. Ad avviso della Corte dei Conti tale facoltà è ammissibile al ricorrere di tre condizioni: 1. la possibilità di assumere (con riferimento al quadro normativo in materia di assunzioni e spesa del personale); 2. l’accordo tra amministrazioni richiesto dalla norma di cui all’art. 3, comma 61 della legge n. 350 del 2003; 3. il rispetto dell’art. 91, comma 4 del TUEL, che impedisce di utilizzare gli idonei delle graduatorie di un pubblico concorso per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo. Non costituisce trasformazione la mera riduzione delle ore di prestazione lavorativa a tempo parziale. Scarica il parere
La Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo per l'Umbria con deliberazione n. 149/2015/PAR del 12.11.2015 ha risposto al quesito formulato concernente la possibilità di accedere a graduatorie di concorsi per un posto di assistente sociale a tempo indeterminato part time, vigenti presso altri ... Continua a leggere