News 1 Settembre 2014 - Area Amministrativa


NORMATIVA

Ministero del Lavoro: pubblicato in G.U. il nuovo Regolamento di organizzazione del Dicastero

close icon

Nella Gazzetta Ufficiale n. 196/2014 è stato pubblicato il dpcm n.121 del 14 febbraio 2014 inerente il Regolamento di organizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che entrerà in vigore il prossimo 9 settembre 2014. Nel rinnovato organigramma il Dicastero del Lavoro vede, tra l’altro, sopprimersi le Direzioni Regionali del Lavoro (Drl) che vengono sostituite da quattro direzioni interregionali del lavoro, denominate Dil. Il nuovo organigramma prevede l’articolazione in amministrazione centrale e amministrazione territoriale. Quella centrale è costituita da un segretariato generale, avente funzioni di coordinamento, e dieci direzioni generali. L’amministrazione territoriale si compone, come detto, di quattro direzioni interregionali e ottantuno direzioni territoriali. Le interregionali avranno sede a Milano per le regioni Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta; sede a Venezia per Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto; Roma per Abruzzo, Lazio, Sardegna, Toscana, Umbria; e Napoli per Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia. Vengono pertanto ridotte le precedenti direzioni territoriali del lavoro dtl, presenti in ogni provincia, che passano ad essere ottantuno, in base ad alcuni accorpamenti, come di seguito indicato: dtl di Chieti-Pescara, Basilicata, Trieste-Gorizia, Milano-Lodi, Sondrio-lecco, Molise, Novara-Verbania-Cusio.Ossola, Biella-Vercelli,Cagliari-Oristano, Lucca-Massa Carrara, Umbria. Tali direzioni hanno quindi competenza in più ambiti provinciali e sono dislocate pertanto su diverse città. Per scaricare il testo del Regolamento cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nella Gazzetta Ufficiale n. 196/2014 è stato pubblicato il dpcm n.121 del 14 febbraio 2014 inerente il Regolamento di organizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che entrerà in vigore il prossimo 9 settembre 2014. Nel rinnovato organigramma il Dicastero del Lavoro vede, tra l’ ... Continua a leggere

 

Manifestazioni sportive: in Gazzetta Ufficiale il decreto legge per il contrasto a fenomeni di illegalità e violenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto legge 22.8.2014

close icon

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2014 il decreto legge n. 119/2014 recante "Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalita' e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonche' per assicurare la funzionalita' del Ministero dell'interno." Entrata in vigore del provvedimento: 23.8.2014. Per scaricare il testo cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto legge 22.8.2014

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2014 il decreto legge n. 119/2014 recante "Disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalita' e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonche' per assi ... Continua a leggere

 

Funzione Pubblica: on line la circolare n. 5/2014 sulla riduzione delle prerogative sindacali nelle P.A.

close icon

Con riferimento all'art. 7, D.L. 90/2014, convertito nella Legge 114/2014, il Ministro Madia ha firmato in data 20 agosto 2014 la circolare n. 5/2014 in materia di riduzione delle prerogative sindacali nelle Pubbliche Amministrazioni. Con la predetta circolare sono fornite alle Amministrazioni Pubbliche ed alle Associazioni Sindacali indicazioni in ordine alle modalità di applicazione dell'articolo 7 del Decreto-Legge n. 90/20014 che ha disposto, a decorrere dal 1° settembre 2014, la riduzione del cinquanta per cento delle prerogative sindacali nelle pubbliche amministrazioni. La predetta riduzione è finalizzata alla razionalizzazione ed alla riduzione della spesa pubblica. Per scaricare la circolare cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Con riferimento all'art. 7, D.L. 90/2014, convertito nella Legge 114/2014, il Ministro Madia ha firmato in data 20 agosto 2014 la circolare n. 5/2014 in materia di riduzione delle prerogative sindacali nelle Pubbliche Amministrazioni. Con la predetta circolare sono fornite alle Amministrazioni Pub ... Continua a leggere

 

Ciclo delle performance: le competenze dell’ANAC sono trasferite al Dipartimento della Funzione pubblica

close icon

Con l'entrata in vigore della legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del decreto legge 23 giugno 2014, n. 90, le competenza dell'ANAC, già CiVIT, relative alla misurazione e valutazione della performance, di cui agli articoli 7, 8, 9, 10, 12, 13 e 14 del decreto legislativo 150 del 2009, sono trasferite al Dipartimento della Funzione pubblica. In attesa dell'emanazione del regolamento di cui al comma 10, articolo 19 del DL 90/2014, mantengono la loro validità: le indicazioni operative già espresse attraverso le relative delibere dalla CIVIT ; il calendario delle attività che le amministrazioni devono porre in essere in relazione al ciclo della performance (per Ministeri ed Enti Pubblici Nazionali http://www.anticorruzione.it/?page_id=7889); gli obblighi relativi allo svolgimento delle indagini sul benessere organizzativo; gli adempimenti spettanti agli OIV, nonché gli impegni derivati dagli accordi istituzionali già stipulati. Per tutte le amministrazioni restano ferme le modalità di pubblicazione della documentazione già previste, attraverso l'aggiornamento della sezione "amministrazione trasparente" dei rispettivi siti. Per i Ministeri, gli Enti Pubblici Nazionali, le Università e tutte le amministrazioni già accreditate, la trasmissione della documentazione continua ad avvenire attraverso l'aggiornamento del "Portale della Trasparenza". In attesa della suddetta revisione della normativa, le richieste di parere relative alla nomina dei componenti degli OIV, ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, possono essere inoltrate alla casella di posta performance@funzionepubblica.it e saranno valutate alla luce della disciplina contenuta nelle delibere e negli orientamenti già espressi da ANAC.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Con l'entrata in vigore della legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del decreto legge 23 giugno 2014, n. 90, le competenza dell'ANAC, già CiVIT, relative alla misurazione e valutazione della performance, di cui agli articoli 7, 8, 9, 10, 12, 13 e 14 del decreto legislativo 150 del 2009, son ... Continua a leggere

 

Sovraffollamento carcerario: in vigore la legge per il risarcimento del danno

close icon

In data 21.08.2014 è entrata in vigore la legge dell’11 agosto 2014, n.117, di conversione del decreto-legge del 26 giugno 2014, n. 92 (in G.U. n.192 del 20-8-2014 ) che prevede rimedi risarcitori per i detenuti che hanno subito un trattamento inumano, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. La legge segue la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’8 gennaio 2013 così detta "causa Torreggiani e altri" contro lo Stato Italiano. Nel caso di specie i detenuti ristretti nel carcere di Busto Arsizio e di Piacenza, nel periodo che va dall’anno 2006 al 2013, lamentavano, oltre a problemi di varia natura (ridotta distribuzione di acqua calda, finestre strette, ecc.), la mancanza di spazio vitale nelle rispettive celle, avendo tutti diviso celle di 9 mq con altre due persone e, pertanto, potendo avere a disposizione uno spazio personale di soli 3 mq, ulteriormente ridotto dalla presenza di mobilio nelle celle. La Corte pur rilevando che le misure privative della libertà comportano per il detenuto di per sé alcuni inconvenienti, rammenta tuttavia che la carcerazione non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione. Al contrario, la persona incarcerata potrebbe avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato. In questo contesto l’articolo 3 pone, infatti, a carico delle autorità un obbligo positivo consistente nell’assicurare che ogni prigioniero sia detenuto "in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana" e che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato ad uno stato di sconforto eccedente l’inevitabile livello di sofferenza e assicurando comunque la salute e il benessere del detenuto. Ora, la Corte ritiene che quando il sovraffollamento carcerario raggiunge un certo livello, la mancanza di spazio in un istituto penitenziario può costituire elemento centrale da prendere in considerazione nella valutazione della non conformità di una data situazione a quanto sancito dall’articolo 3. Infatti la Corte, quando si è dovuta occupare di casi di sovraffollamento grave, ha giudicato che tale elemento, da solo, costituisce violazione della norme predetta. Invero tra gli elementi considerati sintomatici della violazione dell’art. 3 della Convenzione, figura anche la l’impossibilità di utilizzare i servizi igienici in modo riservato, l’insufficiente aerazione, limitazioni di accesso alla luce e all’aria naturale, la qualità del riscaldamento e il rispetto delle esigenze sanitarie di base. La Corte nella sua giurisprudenza ritiene, in particolare, che i detenuti beneficiano di un adeguato spazio vitale solo se le dimensioni delle celle collettive sono almeno di quattro metri quadrati. Su questa base sono stati accolti i ricorsi dei detenuti e lo Stato Italiano è stato condannato al risarcimento del danno patito dai predetti. La nuova normativa in commento alla luce di quanto esposto apporta, innanzitutto, modifiche alla legge 26.07.1975 n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), inserendo nel corpo del testo l’art. 35 ter rubricato "rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati". Viene stabilito, in particolare, che quando al detenuto derivi un pregiudizio all’esercizio dei propri diritti e ciò a causa dell’inosservanza della legge o del regolamento da parte dell’amministrazione penitenziaria (vedi art. 69, comma 6, lett. B, L.354/75) al medesimo, ristretto per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della Convenzione europea, spetta a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari nella durata di un giorno per ogni dieci di detenzione avvenuta in condizioni non conformi. Invero quando il periodo di pena ancora da espiare è tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale predetta, il detenuto ha diritto – per il periodo residuo – alla liquidazione di euro 8,00 per ciascuna giornata detentiva trascorsa in condizioni incompatibili col rispetto della dignità umana. Il risarcimento di 8 Euro al giorno spetta altresì a coloro che: - abbiano subito il pregiudizio in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare; - la detenzione sia stata inferiore a quindici giorni; - abbiano terminato di espiare la pena detentiva. Il rimedio risarcitorio deve essere proposto al magistrato di sorveglianza se la pena è ancora da espiare; al contrario per coloro che si trovano in stato di custodia cautelare in carcere, non computabile nella determinazione della pena da espiare, ovvero per coloro che hanno terminato di espirare la pena detentiva, è competente il Tribunale in composizione monocratica del capoluogo del distretto nel cui territorio ha la residenza l’ex-detenuto. In quest’ultimo caso l'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere ed il Tribunale decide con decreto che non è soggetto a reclamo. La legge in commento introduce, altresì, dei cambiamenti in ordine alla custodia cautelare e prevede un innalzamento dell’età per poter usufruire dei benefici stabiliti dall’ordinamento minorile in materia di provvedimenti restrittivi. Per quanto attiene alla custodia cautelare in carcere, la medesima non potrà essere disposta se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni: potranno essere applicati solo gli arresti domiciliari. La norma tuttavia non è applicabile se si tratta di delitti ad elevata pericolosità sociale (tra cui mafia e terrorismo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e maltrattamenti in famiglia) ovvero nel caso in cui il soggetto non abbia un luogo idoneo dove scontare gli arresti domiciliari. Viene ribadito invece il divieto assoluto del carcere preventivo e degli arresti domiciliari nei processi destinati a chiudersi con la sospensione condizionale della pena. Inoltre, salvo che non ricorrano esigenze processuali o di sicurezza, l'imputato scarcerato per gli arresti domiciliari potrà raggiungere l’abitazione senza accompagnamento delle forze dell'ordine. Naturalmente la violazione degli arresti domiciliari comporta l’esecuzione della pena in carcere ferma restando la normativa da applicare per l’allontanamento dal domicilio. In merito all’innalzamento dell’età, la legge estende, inoltre, a coloro che non hanno ancora compiuto 25 anni (anziché 21 come attualmente previsto) le norme di favore dettate dal diritto minorile sui provvedimenti restrittivi salvo che il soggetto non sia ritenuto dal giudice socialmente pericoloso. Viene introdotta, infine, una deroga al regime ordinario che consentirà al CSM, in via eccezionale, qualora l’organico sia scoperto di oltre il 20% di posti, di destinare alla magistratura di sorveglianza anche i giudici di prima nomina (solo per quelli nominati con decreto del Ministero della Giustizia del 20/02/2014); viene disposto, inoltre, un aumento delle unità di polizia penitenziaria ed il personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria non potrà essere comandato o distaccato presso altre pubbliche amministrazioni. Il costo totale delle somme che graveranno sulle casse dello Stato da oggi fino al 2016 è pari al rilevante importo di 20,3 milioni di euro. Da ultimo si segnalano i dati diramati dal Ministero della Giustizia delle capienze effettive dei detenuti presenti al 31 luglio 2014 (110,14%); dal confronto con quelli pubblicati al 31 dicembre 2013 (131,07%) si registra una costante diminuzione della popolazione detenuta dovuta ad altri recenti interventi normativi. In particolare dalla comparazione tra regioni si rileva che a luglio il più alto tasso di sovraffollamento si registra in Puglia (140,07%), seguita dal Molise (135,40%), Veneto (129,84%), Abruzzo (127,67) e Lombardia (127,45%). Le regioni dove, al contrario, sono presenti il minor numero di detenuti sono il Trentino Alto Adige (59,13%), la Valle d’Aosta (81,11%) e la Sardegna (78,96%). Per scaricare la legge cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

In data 21.08.2014 è entrata in vigore la legge dell’11 agosto 2014, n.117, di conversione del decreto-legge del 26 giugno 2014, n. 92 (in G.U. n.192 del 20-8-2014 ) che prevede rimedi risarcitori per i detenuti che hanno subito un trattamento inumano, in violazione dell'articolo 3 della Convenzion ... Continua a leggere

 

Semplificazione e Trasparenza Amministrativa: in Gazzetta Ufficiale il testo coordinato del decreto legge n. 90/2014 con la legge di conversione n. 114/2014

close icon

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18.8.2014 e' stato pubblicato il testo del decreto legge n. 90/2014 coordinato con la legge di conversione n. 114/2014: «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari.» Per scaricare il testo cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18.8.2014 e' stato pubblicato il testo del decreto legge n. 90/2014 coordinato con la legge di conversione n. 114/2014: «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari.» Per scaricare il testo cli ... Continua a leggere

 

Riforma della Pubblica Amministrativa: il dossier della Funzione Pubblica sulla nuova legge

close icon

Equità, compensi pubblici, anticorruzione, semplificazioni ed efficienza con mobilità. Con si' definitivo della Camera dei deputati il decreto "Madia" sulla Pubblica amministrazione è diventato legge. I voti a favore sono stati 303, 163 i contrari, 9 gli astenuti. Nella giornata del 5 agosto ilSenato con 160 voti favorevoli e 106 contrari aveva approvato la fiducia sul maxi-emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge (AS 1582) di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante "Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari". Il ddl, che recepiva le modificazioni già approvate dalla Camera dei Deputati (AC 2486 approvato il 31 luglio 2014) e quelle proposte dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, è tornato ieri alla Camera in seconda lettura (AC 2486B) per l'approvazione difinitiva. L'obiettivo del Governo, ha detto il ministro Madia intervenuta al Senato nel dibattito sul ddl, è quello di "uscire dalla rappresentazione decadente che oggi travolge la nostra amministrazione pubblica e che travolge anche il tanto di buono che c'è oggi nelle professionalità della pubblica amministrazione". Uscire dalla cultura del certificato per reimpostare il rapporto cittadino-macchina pubblica. Di seguito alcune delle modifiche apportate rispetto al testo varato dal Consiglio dei Ministri. Disciplina in materia di risoluzione unilaterale del contratto Estesa anche ai dirigenti la norma, riformulata dalla Camera, che prevede il pensionamento anticipato d'ufficio per i dipendenti delle P.A., incluse le autorità indipendenti, che abbiano raggiunto il massimo dei contributi pensionistici (attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) e i 62 anni di età (al di sotto della quale opererebbero riduzioni percentuali del trattamento pensionistico). Resta escluso dall'àmbito di applicazione dell'istituto il personale di magistratura e i professori universitari, metre è innalzato a 65 il limite minimo di età per i responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale. Mobilità obbligatoria e volontaria I dipendenti delle PA, possono essere trasferiti in sedi della stessa Amministrazione, o di un'altra Amministrazione, collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a 50 chilometri dalla sede in cui prestano servizio. Sono esclusi da tale obbligo i dipendenti con figli di età inferiore ai tre anni, che hanno diritto al congedo parentale, e i soggetto tutelati dalla legge 104/1992. Consulenze e incarichi dirigenziali a personale in quiescenza Esteso anche agli Enti e alle Società partecipate il divieto di conferimento di incarichi di studio e di consulenza a titolo oneroso, a qualsiasi persona in quiescenza, si tratti di lavoratore privato o pubblico, già appartenente a quella o altra amministrazione. Gli incarichi a titolo gratuito sono invece consentiti con una durata non superiore ad un anno, non prorogabile, né rinnovabile, presso ciascuna Amministrazione. Turn over nella Pubblica Amministrazione Per garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, viene autorizzata l'assunzione di 1030 unità. Divieto di richiedere al cittadino informazioni e dati. Inserito il divieto alle PA di richiedere al cittadino informazioni e dati già presenti entro l'Anagrafe nazionale della popolazione residente. Per accedere al dossier cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Equità, compensi pubblici, anticorruzione, semplificazioni ed efficienza con mobilità. Con si' definitivo della Camera dei deputati il decreto "Madia" sulla Pubblica amministrazione è diventato legge. I voti a favore sono stati 303, 163 i contrari, 9 gli astenuti. Nella giornata del 5 agosto il ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Concorsi pubblici: nessuno scorrimento della graduatoria, ma indizione di un nuovo concorso se la variazione dell'organico e' temporanea in base ad una riqualificazione straordinaria con la quale viene disposta e finanziata

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.8.2014

close icon

La ASL di Olbia ha impugnato innanzi al Consiglio di Stato la sentenza del TAR Sardegna n. 481/2013 che ha accolto il ricorso con il quale si contestava la legittimità dell’indizione di nuove procedure per l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato, in pendenza di una graduatoria di concorso,nella quale erano inserite tutte le ricorrenti, ancora valida ed efficace, per la medesima qualifica sulla base della sentenza del Cons. Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14. Questa sentenza ha espresso il principio di diritto secondo il quale, in vigenza di una graduatoria concorsuale, ove l’Amministrazione decida di provvedere alla copertura dei posti vacanti senza attingere dalla medesima, deve adeguatamente motivare in ordine alle ragioni che l’hanno indotta ad effettuare tale scelta in luogo del ricorso allo scorrimento della graduatoria. Il TAR ha respinto l’argomentazione dell’Amministrazione resistente che afferma l’inapplicabilità, al caso di specie, dell’istituto dello scorrimento della graduatoria, giacché i posti oggetto della procedura concorsuale sarebbero di "nuova istituzione", non previsti nella dotazione organica vigente all’epoca dello svolgimento del concorso al quale hanno partecipato i ricorrenti. In particolare il TAR ha giudicato illegittima la deliberazione del concorso almeno per la parte per la quale i posti messi a concorso non possono considerarsi di nuova istituzione, sia per illegittimità derivata, stante l’errato conteggio della dotazione organica effettuato dall’Amministrazione, sia per invalidità propria, atteso che l’A.S.L. non ha adeguatamente motivato la propria scelta di indire la procedura concorsuale in luogo del reclutamento mediante l’ordinaria procedura dello scorrimento della graduatoria in relazione ai posti dovevano considerarsi già previsti nella dotazione organica vigente all’epoca dell’indizione del concorso cui hanno partecipato i ricorrenti. La scelta di provvedere alla copertura dei posti vacanti in organico attraverso la chiamata degli idonei inseriti in graduatorie concorsuali vigenti (c.d. scorrimento della graduatoria) è sicuramente preclusa allorché si tratti di posti istituiti in organico successivamente all’indizione del concorso (da cui è scaturita la graduatoria), come risulta espressamente sancito dall’art. 91, comma 4, del T.U.E.L. (D.Lgs. 267/2000), con riguardo agli enti locali, nonché dalla giurisprudenza prevalente, che ha affermato la portata generale di tale norma (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Ad. Plen. n. 14/2011 e, da ultimo, con riguardo alle AASS.LL, T.A.R. Basilicata, sez. I, 6 aprile 2012, n. 171, secondo la quale «l’esclusione dello scorrimento della graduatoria per i posti di nuova istituzione o trasformati, come chiarito dal condivisibile orientamento dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 28 luglio 2011, n.14, costituisce una regola che, "sebbene contenuta nella disciplina degli enti locali, risulta espressiva di un principio generale e, pertanto, trova applicazione comune anche ad altre Amministrazioni pubbliche" e quindi anche alle aziende sanitarie locali»). La deliberazione di indizione del concorso, principale provvedimento impugnato, è, pertanto, ad avviso del TAR illegittima nella parte in cui l’Amministrazione ha provveduto a bandire un nuovo concorso, in relazione a posti che, almeno in parte, erano previsti nella dotazione organica vigente all’epoca dell’indizione del concorso cui hanno partecipato le ricorrenti in primo grado e attuali appellate. Posti che, quindi, non sono qualificabili come posti istituiti successivamente alla indizione di detto concorso. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della ASL rilevando come la questione determinante per la definizione della controversia non è se la graduatoria sia valida ed efficace, ma quella se i posti messi concorso con il principale provvedimento impugnato siano preesistenti o di nuova istituzione con specifico riferimento alla applicazione della disposizione dell’art. 91, comma 4, del T.U.E.L. (D.Lgs. n. 267/2000), nella parte in cui esclude la validità delle graduatorie di idonei derivanti da precedenti concorsi nel caso in cui i posti di cui si tratta siano istituiti o trasformati successivamente alla indizione del concorso medesimo ("4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.") Non è, infatti, contestato dalle parti il fatto che sia questa la disposizione da applicarsi nel caso in esame, sulla base della giurisprudenza che ne ha esteso l’applicazione come principio generale valido per tutte le Amministrazioni (lo afferma in particolare la stessa sentenza n. 14/2011 dell’Adunanza plenaria posta a base del ricorso di primo grado). Le parti ricorrenti in primo grado sostengono infatti che i posti non sono di nuova istituzione. Esse infatti contestano la deliberazione del Direttore Generale della A.S.L. n. 2 di Olbia, n. 2203 del 20 settembre 2011, avente ad oggetto la rideterminazione provvisoria della dotazione organica dell’Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Olbia con l’incremento da 90 a 120 unità, che è tra i provvedimenti impugnati. La sentenza del TAR accoglie la loro tesi e dichiara illegittima tale deliberazione per non aver tenuto conto della reale composizione della dotazione organica, con riguardo alla qualifica di assistente amministrativo (pari invece a 105 unità considerando tra i posti a tutti gli effetti in organico anche i 15 posti già coperti a seguito della riqualificazione operata con la delibera n. 76, del 27 gennaio 2003, con la quale la ASL aveva disposto la trasformazione, secondo quanto previsto dall’art. 12 C.C.N.L. del Comparto Sanità, biennio 2000/2001, di 15 posti di cat. B in posti di cat. C.). La conseguenza è che secondo il TAR, contrariamente a quanto sostenuto dalla ASL, almeno la metà dei posti non sarebbero di nuova istituzione in quanto già esistenti al momento della indizione del concorso cui si infierisce la graduatoria degli idonei in oggetto. Pertanto, in base all’art. 91, comma 4, del T.U.E.L. e al principio di diritto enunciato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 14/2011, per la loro copertura si dovrebbe applicare la preferenza per lo scorrimento della graduatoria, salva espressa motivazione che giustifichi un’altra scelta dell’Amministrazione, motivazione che evidentemente manca sostenendo l’Amministrazione che i posti fossero tutti di nuova istituzione giusta la deliberazione di aumento dell’organico n. 2203 del 20 settembre 2011. Su questo punto il Collegio si discosta dalla sentenza del TAR ritenendo invece legittima la deliberazione del Direttore Generale della A.S.L. n. 2 di Olbia, n. 2203 del 20 settembre 2011, avente ad oggetto la rideterminazione provvisoria della dotazione organica dell’Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Olbia con l’aumento di 30 posti della pianta organica degli assistenti amministrativi. La deliberazione, infatti, rappresenta la conseguenza della impostazione coerentemente adottata dalla ASL, secondo la quale la variazione di organico, derivante dalla riqualificazione per i 15 posti dal livello B al livello C, per come è espressamente disciplinata dal citato art. 12, ha certamente carattere temporaneo in connessione alla durata della permanenza in servizio dei soggetti che se ne sono avvalsi, in base alla procedura straordinaria con la quale è stata disposta e finanziata. Il carattere temporaneo della variazione di organico è espressamente previsto dallo stesso provvedimento che attua la riqualificazione, come risulta dai documenti depositati dall’Amministrazione. Inoltre la stessa non può essere considerata una variazione permanente dell’organico, essendo prevista e finanziata - almeno in parte – in forma una tantum, sulla base dei fondi contrattuali e non dei fondi ordinari. La giurisprudenza citata dal TAR, secondo la quale non vi può essere assunzione senza che vi sia una corrispondente posizione di organico, ha una ratio esattamente opposta a quella per la quale viene utilizzata dalla sentenza impugnata e cioè tende a limitare rigorosamente le assunzioni all’interno di una predefinita pianta organica a cui corrispondono finanziamenti ordinari e stabili. Pertanto tale giurisprudenza non può essere utilizzata in senso esattamente contrario e cioè nel senso di attribuire ad una riqualificazione - operata con una procedura extra ordinem e finanziata con fondi una tantum - lo stesso significato di una esplicita variazione di pianta organica ovvero quello di una riqualificazione ordinaria che interviene su preesistenti posti di organico, come dovrebbe sempre avvenire e come certamente non è avvenuto nel caso di specie, tanto è vero che sono stati adottati appositi, straordinari e temporanei finanziamenti con fondi diretti ad altre finalità, come avviene per la riqualificazione di cui si tratta. Nell'ultima parte della sentenza il Consiglio di Stato affronta e chiarisce inoltre la portata applicativa della nuova normativa modificatesi, nel corso dello svolgimento del giudizio, a favore dello scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi a seguito delle disposizioni di cui all’art. 4, commi 3, 3 - bis, 3 - ter e 3 - quater del D.L. n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125/2013 ed entrato in vigore nel testo originario il 1 settembre 2013 e, nel testo comprensivo delle modifiche apportate nel corso della conversione, il 31 ottobre 2013. Per valutare con chiarezza i limitati effetti di tale normativa sui seguiti della vicenda in esame, il Consiglio di Stato riporta in primis integralmente il testo della nuova normativa: "3. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e' subordinata alla verifica: a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1°gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza. 3-bis. Per la copertura dei posti in organico, è comunque necessaria la previa attivazione della procedura prevista dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di trasferimento unilaterale del personale eccedentario. 3-ter. Resta ferma per i vincitori e gli idonei delle graduatorie di cui al comma 3 del presente articolo l'applicabilità dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350. 3-quater. L'assunzione dei vincitori e degli idonei, nelle procedure concorsuali già avviate dai soggetti di cui al comma 3 e non ancora concluse alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è subordinata alla verifica del rispetto della condizione di cui alla lettera a) del medesimo comma." Ad avviso del Collegio tale normativa non giova alle ragioni delle parti appellate e gioca invece in senso contrario. Essa infatti non si applica ratione temporis alla vicenda in esame salvo che per l’applicazione delle disposizioni introdotte con la legge di conversione con l’art. 4, comma 3 - quater, che vanno in senso opposto alle attese delle parti appellate e nello stesso senso delle conclusioni fin qui acquisite sulla base della precedente normativa applicabile ratione temporis al caso in esame. La disposizione di cui al precedente comma 3 - quater si applica al concorso di cui alla impugnata deliberazione del Direttore Generale, n. 2804 del 24 ottobre 2012, in quanto ancora in via di svolgimento e consente di confermare anche ai fini degli esiti finali del concorso le conclusioni già raggiunte sulla base della normativa precedentemente vigente di cui all’art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000, in base alla quale si è accertata la legittimità della deliberazione dello stesso concorso. La norma di cui al comma 3-quater si applica allo stesso concorso ancora in via di svolgimento, condizionando la possibilità di procedere alle assunzioni conseguenti al completamento del concorso stesso alla già avvenuta assunzione dei vincitori dei precedenti concorsi, richiamando la lettera a) del precedente comma 3 dello stesso articolo, ma non anche la lettera b) relativa allo scorrimento della graduatoria a favore degli idonei di precedenti concorsi,. Pertanto le conclusioni già raggiunte sono confermate anche dalla normativa sopravvenuta ai fini degli esiti del concorso per quanto tale normativa possa considerarsi rilevante ai fini del presente giudizio. Per approfondire scaricare gratuitamente la sentenza cliccando su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 29.8.2014

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La ASL di Olbia ha impugnato innanzi al Consiglio di Stato la sentenza del TAR Sardegna n. 481/2013 che ha accolto il ricorso con il quale si contestava la legittimità dell’indizione di nuove procedure per l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato, in pendenza di una graduatoria di concorso, ... Continua a leggere

 

L’omessa pubblicazione sul sito web di incarichi conferiti a soggetti esterni non configura una fattispecie di responsabilità sanzionatoria senza la prova del danno alla P.A.

close icon

Nella sentenza in commento (Corte dei conti sez. giur. Calabria n. 192/2014 del 10 luglio 2014 in https://servizi.corteconti.it/bds/) il Procuratore regionale della Calabria, con atto di citazione del 26 ottobre 2012, aveva evocato in giudizio il segretario generale, due dirigenti ed un componentedella Commissione straordinaria del Comune di Gioia Tauro per sentirli condannare, a favore del predetto comune, al risarcimento del danno di euro 122.029,82, da ripartire in misura uguale tra loro, oltre alla rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giustizia. Per la Procura regionale, negli anni 2008, 2009 e 2010, i sopraccitati convenuti, avrebbero comunicato solo parzialmente all’Anagrafe delle prestazioni, degli incarichi conferiti o autorizzati ai propri dipendenti ed omesso totalmente la pubblicazione sul sito web degli incarichi di collaborazione esterna e/o di consulenza. La tesi seguita dalla Procura regionale è, in estrema sintesi, che tali violazioni alla luce di quanto disposto dall’art. 1, comma 127 della L. n. 662/1996 come modificato dall’art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007 (oggi art. 15 D.Lgs. n. 33/2013), costituiscono per il dirigente preposto un illecito disciplinare e sono fonti di responsabilità erariale: quest’ultima responsabilità, in particolare, sarebbe di tipo sanzionatorio prescindendo dall’accertamento di un danno concreto ed attuale. Il dibattito che si snoda sullo sfondo della vicenda è, infatti, proprio quello della configurabilità o meno - nell’ambito dell’ampia categoria della responsabilità amministrativo-contabile – della cosiddetta "responsabilità sanzionatoria", caratterizzata dall’applicazione di una sanzione a prescindere dalla produzione di un danno alle casse dello Stato. La giurisprudenza contabile (C. Conti sez. riunite 27/12/2007 n. 12/QM) aveva, peraltro, già chiarito alcuni dei numerosi punti oscuri legati alla collocazione sistematica di questo tipo di responsabilità. Per le sezioni riunite il legislatore in alcune ipotesi (es. art. 30 c.15 legge n. 289/2002) avrebbe introdotto una fattispecie di responsabilità che - pur potendo coesistere - va tenuta nettamente distinta dalla responsabilità amministrativo-contabile "per danno" di tipo risarcitorio. Nella cosiddetta "responsabilità sanzionatoria" non occorre da parte del giudice verificare la sussistenza di un danno ingiusto risarcibile, ma è necessario che si accerti la mera violazione al precetto di legge oltre all'elemento psicologico del dolo o della colpa grave. Ove la stessa condotta illecita dovesse cagionare anche un danno patrimoniale economicamente valutabile si configurerebbe altresì una responsabilità amministrativa di tipo risarcitorio. Le sezioni riunite avevano inoltre precisato che la fattispecie sanzionatoria in argomento, per perfezionarsi - in conformità al c.d. principio di offensività in concreto - necessita non della mera adozione dell'atto lesivo ma anche della sua esecuzione. Le sanzioni applicate devono poi essere destinate agli enti di appartenenza degli amministratori condannati. Riprendendo le linee guida tracciate dalle sezioni riunite del 2007, anche la prima sezione giurisdizionale centrale (sentenza n. 678/2014/A del 19/5/2014) ha recentemente ribadito che nel nostro ordinamento si va delineando un vero e proprio sistema sanzionatorio contabile a carattere eminentemente punitivo che si affianca, nella tutela delle risorse pubbliche, a quello tradizionale basato sulla clausola generale del risarcimento del danno. Le caratteristiche peculiari di questo nuovo sistema tuttavia non comportano l’applicabilità della legge n. 681/1981 (cosiddetta legge sulla depenalizzazione) in materia di sanzioni comuni ma le nuove misure punitive rappresentano la reazione ad un illecito amministrativo-contabile la cui giurisdizione - ex art. 103 c. 2 Cost. - compete alla Corte dei conti e la cui azione - promossa dal PM contabile – deve ricercare pur sempre l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave. Per quel che più direttamente riguarda gli enti locali, la Corte a sezioni riunite, cita tra l’altro l'art. 3, comma 1, lettera "e" del D.L. n. 174/2012, conv. con legge 7 dicembre 2012, n. 213, che ha modificato l’art. 148 del D.Lgs. n. 267/2000 (testo unico sugli enti locali); la nuova disposizione prevede, al comma 4, che in caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di controllo interno le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti - ferma restando la possibilità di condanna a titolo di ordinaria responsabilità amministrativa – "… irrogano agli amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione". La successiva lettera "s" del medesimo art. 3, nel riformulare il testo dell’articolo 248, comma 5 del medesimo testo unico, ha stabilito che agli amministratori riconosciuti responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario dell’ente di riferimento, e sempre restando ferma la possibilità di una contemporanea condanna a titolo di responsabilità amministrativa, "… le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione". Nella fattispecie in esame la Corte Calabrese, pur riconoscendo che la responsabilità sanzionatoria - accanto a quella tradizionale per danno - ha origini antiche nell’ordinamento contabile (art. 46 del r.d. n. 1214/1934 - T.U. delle leggi sulla Corte dei conti) non condivide la tesi prospettata dal Procuratore regionale. Le argomentazioni dell’accusa, come già anticipato in premessa, si basano sul presupposto che l'art. 1 comma 127 legge 662/1996 (ora art. 15 D.Lgs. n. 33 del 14/03/2013) configuri una responsabilità a carico di chi abbia violato l'obbligo di pubblicazione e che tale responsabilità sia di tipo sanzionatorio prescindendo quindi dall'accertamento di un danno concreto ed attuale. Al contrario, per la Corte, la norma in argomento "individua il fatto costitutivo della responsabilità erariale non nella omessa comunicazione o pubblicazione bensì nell'aver proceduto, da parte del dirigente preposto, alla liquidazione del corrispettivo in caso di omessa pubblicazione". Prosegue la Corte affermando che la previsione contenuta nell’art. 1 comma 127 legge 662/1996 (ora art. 15 D.lgs. n. 33 del 14/03/2013) è "inquadrabile come fattispecie "tipizzata" di responsabilità erariale per la cui sussistenza è necessaria la dimostrazione di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, ed in primis del danno erariale". L’interesse suscitato dalla sentenza in commento è legato al fatto che in linea di principio la responsabilità amministrativa e quella contabile sono considerate ipotesi di responsabilità patrimoniale. In dottrina si afferma che è da escludere che possa sussistere una responsabilità senza danno: si tratterebbe, infatti, della cosiddetta responsabilità formale, da tempo espunta dall’ordinamento (in termini pag. 173 AA.VV. Contabilità di stato e degli enti pubblici ed. Giappichelli 2013). Resta dunque difficile, per l’interprete, conciliare e ricondurre le fattispecie sanzionatorie previste dal legislatore all’interno della generale categoria della responsabilità amministrativo-contabile. Nell’ipotesi di cui all’art. 46 R.D. 1214/1934 – esempio di responsabilità sanzionatoria per giurisprudenza pacifica - la mancata resa del conto da parte dell’agente contabile determina una presunzione di dolo o colpa grave e spetterà a quest’ultimo dimostrare il contrario. Allo stesso modo si potrebbe concludere che nelle ipotesi tipizzate di responsabilità sanzionatoria l’onere della prova liberatoria dovrebbe gravare su coloro che pongono in essere le condotte illecite. Al contrario, nella "tradizionale" responsabilità amministrativa il Procuratore erariale dovrà porre a base dell’impianto accusatorio la prova della colpa grave e del dolo unitamente al danno prodotto alla Pubblica Amministrazione. La Corte calabrese, ragionevolmente afferma che non è concepibile ricollegare l’obbligo di comunicazione e pubblicazione sul sito web alla liquidazione di un pagamento dovuto. L’intento del legislatore è solo quello di rappresentare un monito all’amministrazione affinché si comporti correttamente nell’ottica della lotta alla corruzione e nella riaffermazione della legalità (e, comunque nella logica del buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione - art. 97 Cost. - n.d.r). D’altra parte non si può fare a meno di osservare che il responsabile della trasparenza - nelle diverse articolazione pubbliche – potrebbe non coincidere con chi conferisce gli incarichi ovvero con il preposto al pagamento. In questo caso sarà pertanto necessario comparare l’interesse pubblico alla pronta liquidazione della spesa con quello della pubblicità e della trasparenza. Dal materiale giurisprudenziale analizzato sembrano emergere, in conclusione, alcuni punti di riferimento che posso essere utili all’interprete per individuare le ipotesi di responsabilità sanzionatoria: a) in linea genere la responsabilità amministrativo-contabile è collegata alla produzione di un danno. In alcune fattispecie "tipizzate" dal legislatore (c.d. responsabilità sanzionatoria) il comportamento omissivo o commissivo del soggetto pubblico fa "presumere l’esistenza del danno" (es. alla stabilità del bilancio, all’economia nazionale, al buon andamento della P.A., ecc.); b) nei casi in cui il legislatore "tipizza" la fattispecie sanzionatoria per la giurisprudenza è pur sempre necessario accertare l’esistenza dell’elemento soggettivo: dolo o colpa grave; c) il procedimento che la Corte deve seguire per accertare la sussistenza della responsabilità sanzionatoria è, in ogni caso, quello previsto dalla L. n. 19/94 con previa emissione dell’invito a dedurre; d) la fattispecie sanzionatoria, per perfezionarsi, in conformità al c.d. principio di offensività in concreto, necessita non della mera adozione dell'atto lesivo ma anche della sua esecuzione; e) i destinatari degli introiti delle sanzioni sono gli Enti a cui appartengono i soggetti condannati; f) per distinguere la fattispecie sanzionatoria da quella tradizionale è necessario ricercare nella norma quelle locuzioni con le quali il legislatore non solo fissa il comportamento sanzionabile ma subito dopo stabilisce la sanzione "determinata" ovvero "determinabile da un minimo ad un massimo". Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nella sentenza in commento (Corte dei conti sez. giur. Calabria n. 192/2014 del 10 luglio 2014 in https://servizi.corteconti.it/bds/) il Procuratore regionale della Calabria, con atto di citazione del 26 ottobre 2012, aveva evocato in giudizio il segretario generale, due dirigenti ed un componente ... Continua a leggere

 

La procedura del silenzio-rifiuto è applicabile solo agli interessi legittimi e non anche ai diritti soggettivi

nota dell'Avv. Paolo Turco della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.8.2014

close icon

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 4 agosto 2014 ha precisato il limite applicativo dell' art. 31 del codice del processo amministrativo sul silenzio –rifiuto stabilendo che è "... essenziale che esso riguardi l'esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come interesse legittimo, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile allorché la posizione giuridica azionata dal ricorrente consista in un diritto soggettivo". I Giudici di Palazzo Spada dunque, ritengono che la procedura sia azionabile soltanto in relazione ad interessi legittimi e non nel caso in cui rilevino meri diritti soggettivi, con ciò, operando anche un discrimen tra giurisdizione amministrativa e quella ordinaria. Precisano ancora, che è precluso ai giudici la sostituzione alla pubblica amministrazione nell’azione dell’emanando provvedimento richiesto. Invero, i giudici amministrativi non possono andare oltre il limite dell’interesse legittimo pretensivo e nell’effetto dichiarativo dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sullo stesso. Altresì, la sentenza lascia spazio anche ad una ipotesi tutt’altro che infrequente, ossia, alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno anche in mancanza di una utilitas del provvedimento che per svariate ragioni sarebbe oramai tardivo e non più efficace. Pertanto, la dichiarazione dell’illegittimo silenzio da parte dei giudici aprirebbe la strada per il richiedente alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno, benchè non più interessato al provvedimento oggetto di rifiuto perché oramai inutiliter dato. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

nota dell'Avv. Paolo Turco della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.8.2014

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 4 agosto 2014 ha precisato il limite applicativo dell' art. 31 del codice del processo amministrativo sul silenzio –rifiuto stabilendo che è "... essenziale che esso riguardi l'esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione de ... Continua a leggere

 
PROVVEDIMENTI REGIONALI

Consiglieri comunali: se con l'abbandono dell'aula consiliare decadono gli emendamenti presentati, i consiglieri che si sono allontanati rinunciando alla discussione non possono ricorrere innanzi al TAR

close icon

Nella controversia in esame alcuni consiglieri comunali della Lega Nord del Comune di Milano hanno impugnato innanzi al TAR la deliberazione del consiglio comunale n. 31 del 23 luglio 2013 dolendosi che a discussione degli emendamenti già iniziata - l'Ufficio di Presidenza avrebbe deciso di ''contingentare i tempi della discussione" - attribuendo i minuti a disposizione solo tra macro-categorie (maggioranza e minoranza) e non tra i singoli gruppi consiliari, consumando così una lesione delle prerogative di ciascun componente del corpo deliberante (ivi compresi i consiglieri ricorrenti). Ad avviso dei ricorrenti la decisione di contingentare i tempi a discussione degli emendamenti già avviata avrebbe introdotto una doppia lesione all'officio dei consiglieri comunali della Lega Nord oggi ricorrenti, poiché sarebbero stati privati delle loro prerogative di illustrare adeguatamente tutti gli emendamenti presentati e motivare il loro voto, soprattutto in considerazione del fatto che il Presidente ha fissato un tempo limite di 150 minuti per tutta l'opposizione, senza distinzione per i singoli gruppi , come, invece, avrebbe imposto l'art. 12, comma 5, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Consiglio Comunale. Il Giudice ha ritenuto fondata l’eccezione di carenza di interesse a ricorrere come conseguenza dell’abbandono dell’aula consiliare da parte dei ricorrenti. Dall’esame degli atti risulta che tale fatto ha comportato la decadenza degli emendamenti proposti dai ricorrenti stessi. In merito il Collegio rileva che l'astensionismo deliberato e preannunciato deve considerarsi uno strumento di lotta politico amministrativa a disposizione delle forze di opposizione per far valere il proprio dissenso a fronte di atteggiamenti ritenuti non partecipativi, dialettici e democratici delle forze di maggioranza (T.a.r. Lombardia, Brescia, 10 aprile 2006, n. 383). Tuttavia nel caso in questione l’abbandono dell’aula ha comportato il verificarsi di un’autonoma causa di decadenza degli emendamenti presentati dai ricorrenti, che ne ha impedito l’approvazione. Si tratta in sostanza di una scelta politica con la quale i consiglieri hanno rinunciato alla discussione, accettando la decadenza dei loro emendamenti. In tale situazione il contingentamento dei tempi perde di qualsiasi significato in quanto la decadenza degli emendamenti per abbandono dell’aula comporta la radicale sottrazione degli emendamenti alla discussione. Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Nella controversia in esame alcuni consiglieri comunali della Lega Nord del Comune di Milano hanno impugnato innanzi al TAR la deliberazione del consiglio comunale n. 31 del 23 luglio 2013 dolendosi che a discussione degli emendamenti già iniziata - l'Ufficio di Presidenza avrebbe deciso di ''conti ... Continua a leggere

 

Procedimento amministrativo: il termine per la conclusione del procedimento ed il principio tempus regit actum

close icon

Secondo l’unanime giurisprudenza il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento non consuma il potere della amministrazione di provvedere, sia in senso satisfattivo per il destinatario dell’atto finale del procedimento medesimo, sia in senso a lui negativo, sia –ancora– mediante un atto interlocutorio, il quale ultimo comunque sostanzia l’esercizio di una potestà decisoria dell’Amministrazione medesima; e, dall’altro, che per altrettanto costante giurisprudenza, avuto riguardo alla generalità del principio affermato dall’art. 152, comma 2, cod. proc. civ., traslabile in via analogica anche ai procedimenti amministrativi, il termine per la conclusione di questi ultimi assume natura meramente accelleratoria (e, quindi, intrinsecamente ordinatoria) in difetto di una espressa previsione in ordine alla loro perentorietà (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 30.09.2013 n. 4847).(...) Lo svolgimento del procedimento amministrativo è retto dal principio tempus regit actum, secondo cui l’atto amministrativo deve tener conto della situazione di fatto e di diritto esistente al tempo della sua adozione. Da questa regola si desume che il procedimento è soggetto alla normativa in vigore al momento della sua conclusione, con l’importante eccezione dei procedimenti che possono essere frammentati in segmenti sub procedimentali o in una pluralità di procedimenti connessi: ognuno di essi è regolato dal diritto vigente nel momento in cui è svolto il sub procedimento e sarà solo quello il diritto applicabile. Nel caso in questione deve in primo luogo escludersi che si tratti di un procedimento composto, in quanto è prevista l’emanazione di un solo atto avente efficacia esterna. In secondo luogo deve escludersi che la fase istruttoria fosse già conclusa, con la conseguenza che era ancora possibile per l’amministrazione richiedere il requisito soggettivo sopravvenuto. La giurisprudenza ha individuato anche un altro correttivo, che è costituito dall’affidamento riposto dal privato nell’accoglimento della domanda secondo le regole dettate al momento della presentazione della domanda: in base a questo principio la regola tempus regit actum viene sostituita dalla diversa regola tempus regit actionem (TAR Lombardia, 30 luglio 2007, n. 5468; (Cons. Stato, 30 gennaio 2012, n. 445). Secondo l’opinione prevalente, la giusta conciliazione tra il tempo della buona fede e il tempo della legge, nel caso della sopravvenienza normativa, è costituito dal rispetto dei termini del procedimento. Vi sarebbe in sostanza una violazione dell’affidamento del privato nel caso in cui il procedimento sia concluso con grave ritardo, esponendo così il privato alle sopravvenienze normative ben più di quanto previsto dalla legge e solo per colpa dell’amministrazione.

 
Note Legali
L'utilizzazione dei contenuti di Gazzetta Amministrativa da parte di altre testate, siti internet, giornali, televisione, ecc., è consentita esclusivamente con indicazione della fonte "www.gazzettaamministrativa.it" e contestuale link o collegamento alla pagina di pubblicazione del contenuto di volta in volta attenzionato.

Secondo l’unanime giurisprudenza il decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento non consuma il potere della amministrazione di provvedere, sia in senso satisfattivo per il destinatario dell’atto finale del procedimento medesimo, sia in senso a lui negativo, sia –ancora– mediant ... Continua a leggere

 
 
 
 
Chiudi Messaggio
Questo sito utilizza i cookie per assicurarti la migliore esperienza di navigazione. Per saperne di più accedi alla Informativa sulla Privacy. Procedendo nella navigazione, acconsenti all'uso dei cookie.