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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Trasparenza: le modifiche del Dl n. 90/2014 convertito nella legge n. 114/2014 in materia di "Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della Delibera A.N.AC. n. 144/2014

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L'Autorità Nazionale Anticorruzione con delibera n. 114/2014 ha ritenuto opportuno - in considerazione dell’entrata in vigore del nuovo testo dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 33 del 2013, così come modificato dall’articolo 24-bis del d.l. n. 90 del 2014, convertito con la legge n. 114 del 2014 - pronunciarsi nuovamente sulla materia degli obblighi di pubblicazione che ricadono sui componenti degli organi di indirizzo politico, anche al fine di dare una motivazione più accurata e di risolvere alcune questioni applicative relative a specifiche amministrazioni pubbliche. In particolare nella delibera in esame - interamente sostitutiva della delibera n. 65 del 2013 - al fine di evitare ulteriori dubbi interpretativi e applicativi è stato precisato quanto segue: 1. Ambito soggettivo di applicazione del decreto n. 33 del 2013 La presente deliberazione è volta a definire l’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni del decreto n. 33 del 2013 con riferimento alle pubbliche amministrazioni. La delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione delle stesse disposizioni con riferimento agli enti di diritto privato controllati o partecipati da pubbliche amministrazioni sarà oggetto di distinta deliberazione. Il nuovo articolo 11 del decreto n. 33, così come modificato dall’articolo 24-bis del d.l. n. 90 del 2014, convertito con la legge n. 114 del 2014, è molto chiaro nel comprendere tra gli enti pubblici tenuti all’applicazione delle disposizioni del decreto «tutte le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione». Al fine di evitare ogni dubbio interpretativo il nuovo articolo 11, al comma 2, lettera a), chiarisce la piena applicazione delle norme «agli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati». Le formulazioni adottate ricomprendono, dunque, nell’ambito soggettivo di applicazione tutti gli enti aventi natura di diritto pubblico, economici e non economici. I requisiti «istituiti», «vigilati» e «finanziati» dalla pubblica amministrazione» e i poteri riconosciuti alla pubblica amministrazione di nomina degli amministratori degli enti in questione, vanno considerati come indici di pubblicità che, anche alternativamente, possono determinare il carattere pubblico di un ente e, quindi, la piena applicabilità della disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. 2. Obblighi di pubblicazione del decreto 14 marzo 2013 n. 33 Il decreto n. 33 distingue tra obblighi relativi all’organizzazione e obblighi relativi all’attività delle amministrazioni pubbliche alle quali si applicano le sue disposizioni. Tra gli obblighi di pubblicazione in materia di organizzazione, il decreto n. 33, in applicazione della più generale definizione di trasparenza già introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2009 e riprodotta alla lettera dall’art. 1 del decreto n. 33 («accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche»), dà particolare risalto alle obbligazioni relative ad alcune categorie di funzionari pubblici: i componenti degli organi di indirizzo politico (art. 14) e i dirigenti (art. 15), che devono trasmettere alla propria amministrazione ai fini della pubblicazione sul sito ufficiale della medesima, alcuni dati personali, relativi alla situazione patrimoniale e ai compensi percepiti in ragione delle cariche e degli incarichi attribuiti. 3. Individuazione in via generale degli «organi di indirizzo politico» cui si applicano le disposizioni dell’articolo 14 nelle pubbliche amministrazioni L’art. 14 del decreto dispone particolari obblighi di pubblicazione con riferimento «ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale regionale e locale». La disposizione, alla luce della interpretazione già data dell’ambito soggettivo di applicazione del decreto n. 33, non può che essere interpretata nel senso che la distinzione tra incarichi di carattere elettivo e incarichi comunque di «esercizio di poteri di indirizzo politico» riproduce quasi alla lettera la distinzione già contenuta nell’art. 4 del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale disposizione comprende tra gli «organi di indirizzo politico-amministrativo» tanto (comma 1) gli organi che siano «direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica» (assemblee e organi monocratici direttamente eletti insieme con organi, monocratici e collegiali da questi eletti), quanto (comma 4) gli organi che non siano espressione di rappresentanza politica, ma che esprimano un indirizzo politico con riferimento all’organizzazione e all’attività dell’amministrazione cui sono preposti. Tra gli organi di indirizzo politico di cui all’art. 14 del decreto n. 33 del 2013, pertanto, si devono comprendere tutti gli organi, elettivi o meno, espressione di rappresentanza politica o meno, che comunque, all’interno della propria amministrazione/ente pubblico, esprimono, attraverso atti di indirizzo e controllo, un indirizzo generale, che può essere qualificato come "indirizzo politico-amministrativo", sull’organizzazione e sull’attività dell’ente, essendo le competenze di amministrazione attiva e di gestione riservate ai dirigenti. A titolo esemplificativo si indicano di seguito una serie di competenze che configurano poteri di indirizzo, in particolare, negli enti pubblici diversi da quelli territoriali, dove di norma non si hanno organi elettivi. Vista la diversa possibile articolazione delle competenze all’interno delle differenti tipologie di enti, al fine di identificare gli organi di indirizzo occorrerà considerare gli organi nei quali tendono a concentrarsi competenze, tra le quali, tra l’altro, l’adozione di statuti e regolamenti interni, la definizione dell’ordinamento dei servizi, la dotazione organica, l’individuazione delle linee di indirizzo dell’ente, la determinazione dei programmi e degli obiettivi strategici pluriennali, l’emanazione di direttive di carattere generale relative all’attività dell’ente, l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo, l’approvazione dei piani annuali e pluriennali, l’adozione di criteri generali e di piani di attività e di investimento. La nozione adottata, coerente con la distinzione tra organi di indirizzo politico e organi di amministrazione e gestione (d.lgs. n. 165 del 2001) e con la sistematica dello stesso decreto n. 33 (articoli 11, 14 e 15) è poi ulteriormente confermata dall’art. 22, comma 3, del decreto n. 33 e dalla definizione di organi di indirizzo politico contenuta all’art. 1, comma 2, lettera f) del d.lgs. n. 39 del 2013, pur adottata ad altri fini, ma introdotta in attuazione della stessa legge n. 190 del 2012 e nello stesso arco temporale. L’art. 22 del decreto n. 33 è volto a dare pubblicità, da parte di ciascuna delle amministrazioni, sul complesso degli enti, pubblici e privati, che siano nel suo controllo. Il comma 3 dell’art. 22 citato prevede che «nel sito dell’amministrazione è inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui al comma 1, nei quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico, in applicazione degli articoli 14 e 15». La norma, in coerenza con la sistematica di fondo del decreto n. 33, distingue ancora nettamente le due categorie di soggetti e fa riferimento agli "organi di indirizzo", senza utilizzare l’aggettivo "politico", considerando questi obblighi di pubblicazione come discendenti dall’articolo 14 mentre quelli relativi agli incarichi di dirigenza o di consulenza e collaborazione sono ricondotti all’applicazione dell’art. 15. La definizione di organi di indirizzo politico del d.lgs. n. 39 del 2013, poi, è molto chiara nel senso dell’interpretazione qui data. Nell’art. 1, c. 2, lett. f), si intendono « per «componenti di organi di indirizzo politico», le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, parlamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali». Nell’allegato 1) sono individuati, a titolo meramente esemplificativo, gli organi di indirizzo politico in alcune tipologie di amministrazioni pubbliche. 4. Amministrazioni prive di organi di indirizzo politico-amministrativo ovvero con organi collegiali privi di poteri di indirizzo L’interpretazione delle disposizioni del decreto n. 33 quanto all’ambito soggettivo di applicazione (art. 11) e quanto alla individuazione degli organi di indirizzo politico (art. 14 e 22, comma 3) si applica, quindi, a tutte le amministrazioni dotate di organi di indirizzo politico, nel senso chiarito. Questioni applicative si pongono solo con riferimento ad amministrazioni pubbliche, sicuramente rientranti nell’ambito soggettivo di applicazione, ma prive di organi di indirizzo politico, ovvero dotate di organi collegiali che non abbiano poteri di indirizzo, ma funzioni di altra natura Si è considerato il caso delle istituzioni scolastiche, rette da un dirigente scolastico e dotate di organi collegiali di tipo meramente consultivo. In questi enti, che pure svolgono attività amministrative (sono ad esempio stazioni appaltanti ai fini dell’applicazione della disciplina dei contratti pubblici), nessuno degli organi ha carattere di organo di indirizzo. Al dirigente scolastico, pertanto, si applicano gli obblighi di pubblicità dell’art. 15 e non quelli dell’art.14. Si è considerato, poi, il caso delle università statali. Nelle Università non appare dubbio che i tre organi di governo, previsti e disciplinati dalla legge dello Stato e dai rispettivi Statuti, cioè il Rettore, il Consiglio di amministrazione e il Senato Accademico, debbano essere qualificati come organi di indirizzo politico. Si tratta di organi eletti dalle rispettive comunità accademiche, che esprimono un notevole grado di "politicità", assimilabile a quello espresso dagli organi di indirizzo politico negli enti territoriali, anche se le università sono enti ad autonomia funzionale costituzionalmente garantita proprio perché non sono enti a derivazione politica. Non vi sono dubbi, comunque, che essi esprimano l’indirizzo generale dell’ente, attraverso atti di regolazione, indirizzo e controllo, spesso molto penetranti e limitativi della discrezionalità degli organi di amministrazione e gestione (la dirigenza delle amministrazioni centrali, i direttori delle strutture didattiche e di ricerca). La questione è del tutto chiara per gli organi che la legge n. 240 del 2010 ha posto al centro del processo di definizione degli indirizzi politico-amministrativi degli atenei, nonostante la riduzione del suo ruolo nel processo decisionale operata dalla ricordata legge di riforma del 2010, mantiene alcuni importanti competenze, quali quella statutaria e regolamentare e, sia pure in via prevalentemente consultiva, anche su decisioni strategiche dell’università. In via generale, dunque, i componenti del Senato accademico rientrano tra i soggetti obbligati ai sensi dell’art.14. Sono fatti salvi i casi, espressamente previsti nei singoli statuti delle università, nei quali il Senato perde ogni carattere di organo di indirizzo per svolgere un mero ruolo consultivo su atti di competenza del Rettore e del Consiglio di amministrazione. In questi casi l’amministrazione, con un proprio atto motivato sulla base di norme dello Statuto vigente, esenta i componenti del Senato accademico. dagli obblighi dell’art.14, dandone evidenza sul sito istituzionale nella sottosezione apposita della sezione «Amministrazione trasparente». Quanto invece alle università non statali legalmente riconosciute esse sono tenute al rispetto delle disposizioni previste dal decreto n. 33 e quindi ad applicare gli obblighi di trasparenza per gli organi di indirizzo politico. Tali organi, con le rispettive competenze, sono però individuati dai singoli statuti. Si è inoltre considerato il caso delle agenzie fiscali, per le quali la legge n. 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) all’art. 1, co. 611, lett. f) limita l’applicazione del decreto n. 33 ai profili che non attengono all’organizzazione e all’esercizio di attività considerate di rilevante interesse pubblico. Quanto disposto dal citato comma non deve interpretarsi nella direzione che le agenzie fiscali siano escluse dall’applicazione della trasparenza all’organizzazione dell’ente. Tuttavia, tenuto conto che si tratta di enti sottoposti a penetranti poteri di vigilanza da parte del Ministero e considerate le competenze attribuite ai componenti del comitato di gestione, si ritiene di ricondurre quest’ultimi ad organi di amministrazione e gestione sottoposti, quindi, agli obblighi di pubblicità previsti dall’art. 15 del decreto. Considerazioni analoghe valgono anche per le amministrazioni autonome in cui, pur essendo presenti organi collegiali, sono prevalenti gli indirizzi e i controlli delle strutture ministeriali o locali a cui sono collegate espressi dai rispettivi vertici politici. Pertanto, anche nelle amministrazioni autonome, il regime di trasparenza degli organi è da ricondursi all’art. 15 del decreto. Si è considerato, infine, il caso delle Aziende sanitarie locali, nelle quali si dovrebbe valutare con attenzione la posizione del Direttore generale, organo dotato di importanti poteri di amministrazione e gestione, ma che assume nel contempo anche un rilevante ruolo di indirizzo generale dell’organizzazione e del funzionamento dell’ASL. In questo caso, però, si deve prendere atto della espressa disposizione dell’art. 41 del decreto n. 33 che adotta, al comma 2, una definizione complessiva di "dirigenza sanitaria" e ad essa applica, al comma 3, gli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 15 dello stesso decreto e non quelli dell’art.14. 5. Applicazione dell’art. 14, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 33/2013 ai Comuni Con specifico riferimento all’individuazione dei comuni a cui si applica l’art. 14, comma 1, lett. f), stante l’abrogazione dell’art. 41-bis del d.lgs. n. 267/2000 da parte del d.lgs. n. 33/2013, occorre considerare il riferimento all’art. 1, comma 1, n. 5) della legge 5 luglio 1982, n. 441. Pertanto, ai sensi della richiamata norma, sono soggetti agli obblighi di pubblicazione relativamente alla situazione reddituale e patrimoniale i componenti degli organi di indirizzo politico nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, fermo restando l’obbligo di pubblicazione per i componenti degli organi di indirizzo politico in tutti i comuni, indipendentemente dal numero di abitanti, dei dati e delle informazioni di cui alle lettere da a) ad e) del medesimo art. 14, comma 1. Quanto alle forme associative di comuni si precisa che l’obbligo si riferisce agli organi di indirizzo politico delle stesse se la popolazione complessiva supera i 15.000 abitanti. 6. Decorrenza dell’obbligo di pubblicazione dei dati di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 In assenza nel d.lgs. n. 33/2013 di una specifica disposizione transitoria, gli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 14 sono da intendersi riferiti ai componenti degli organi di indirizzo politico in carica alla data di entrata in vigore del medesimo decreto (20 aprile 2013). A favore di questa interpretazione si consideri che l’art. 49, comma 3, del d.lgs. 33/2013 stabilisce che le sanzioni specificamente collegate alla mancata pubblicazione degli obblighi di cui all’art. 14 «si applicano a partire dalla data di adozione del primo aggiornamento annuale del Piano triennale della trasparenza e comunque, a partire dal 180° giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto». L’applicazione delle sanzioni presuppone, dunque, che sia data immediata pubblicazione ai dati in questione. Il riferimento alla pubblicazione dei dati entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina (art. 14, comma 2) non riguarda, infatti, la decorrenza dell’entrata in vigore dell’obbligo ma è da intendersi riferito esclusivamente all’attuazione della disposizione successivamente alle elezioni. 7. Modalità di attuazione dell’art. 14, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 33/2013 Sulla base di una interpretazione coordinata dell’art. 14 con la legge 5 luglio 1982, n. 441, è da ritenersi che l’obbligo delle dichiarazioni e delle attestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della medesima legge, come modificata dal decreto legislativo n. 33/2013, riguardanti la situazione patrimoniale dei componenti degli organi di indirizzo politico, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano, è posto in capo al componente dell’organo di indirizzo politico. Quest’ultimo è tenuto, altresì, a dichiarare i casi di mancato consenso del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di cui l’amministrazione deve dare evidenza sul proprio sito istituzionale. Sono parenti entro il secondo grado: nonni, genitori, figli, nipoti in linea retta (figli dei figli), fratelli, sorelle. 8. Soggetti destinatari delle sanzioni per mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 33/2013 La sanzione amministrativa pecuniaria disposta dall’art. 47 del d.lgs. n. 33/2013 per la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all’articolo 14, concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado (art. 14, comma 1, lett. f), nonché tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica (art. 14, comma 1, lett. c), primo periodo), è applicabile, esclusivamente, nei confronti dei componenti degli organi di indirizzo politico. Nessuna sanzione è applicabile nei confronti del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado stante la subordinazione prevista dal legislatore per la diffusione dei relativi dati a un espresso consenso da parte dei medesimi. 9. Dati e informazioni da pubblicare Relativamente ai componenti degli organi di indirizzo politico in carica, i dati e le informazioni da pubblicare ai sensi dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 sono indicati nell’allegato 1 "Elenco degli obblighi di pubblicazione" della delibera ANAC n. 50/2013. Per i soggetti cessati dall’incarico o dal mandato i dati rimangono pubblicati per i tre anni successivi alla data di cessazione, unitamente alle dichiarazioni di cui all’art. 4 della legge 441/1982, ad eccezione delle informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado. Ai sensi dell’art. 4 della legge 441/1982, entro tre mesi successivi alla cessazione dall’ufficio, i componenti degli organi di indirizzo politico sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale intervenute dopo l’ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale relativa ai redditi delle persone fisiche. Entrambe le dichiarazioni devono essere pubblicate in ragione del rinvio contenuto nell’art. 14 all’art. 4 della l. n. 441/1982. Decorso il termine di pubblicazione le informazioni e i dati concernenti la situazione patrimoniale non vengono trasferiti nelle sezioni di archivio. Per «informazioni concernenti la situazione patrimoniale̓» di cui all’art. 14, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013, si intendono la dichiarazione concernente diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, ivi compresa la titolarità di imprese, azioni di società, quote di partecipazione a società. 10. L’efficacia degli obblighi con l’entrata in vigore della presente delibera. La presente delibera diventa efficace alla data delle sua pubblicazione nel sito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Le amministrazioni pubbliche sono tenute, ove non vi abbiano già provveduto, a dare ad essa immediata attuazione. L’Autorità eserciterà, a far data dai 30 giorni successivi alla pubblicazione della delibera, i propri poteri di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione, che comprendono, nei casi di mancata pubblicazione, poteri di ordine alle amministrazioni interessate affinché procedano alla immediata pubblicazione dei dati nei propri siti istituzionali. Il Presidente dell’Autorità provvede altresì a comunicare, ai sensi dell’art. 19 c. 7 del d.l. n. 90/2014, all’autorità amministrativa competente ad irrogare le sanzioni, l’inadempimento degli obblighi riscontrati ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. n. 33/2013, autorità amministrativa che l’Autorità si riserva di individuare con successiva delibera. 11. In ordine ad una possibile rivisitazione della disciplina vigente Alcune amministrazioni, nel richiedere a questa Autorità una corretta interpretazione dell’art. 14, hanno segnalato criticità nell’applicazione della disciplina. Alcune, in primo luogo, hanno segnalato presunti oneri organizzativi derivanti dagli obblighi di pubblicazione dei dati reddituali e patrimoniali. Pur dovendosi rilevare che l’adempimento si presenta come semplice (trasmissione da parte dell’interessato dei dati all’amministrazione e pubblicazione dei dati trasmessi sul sito) e quindi, in sé, del tutto comparabile con gli altri obblighi di pubblicazione previsti dal decreto n. 33, si deve considerare la situazione degli enti nei quali i componenti degli organi di indirizzo siano numerosi, con sicure conseguenze organizzative. Altre amministrazioni, poi, hanno lamentato l’estensione degli obblighi ai componenti di tutti gli organi di indirizzo, con una disciplina che si rivelerebbe troppo rigida e ad applicazione indifferenziata, quando sarebbe più coerente con le finalità di contrasto alla corruzione una differenziazione degli obblighi di pubblicazione dei dati personali in rapporto al grado di esposizione dell’organo e dei suoi componenti al rischio di corruzione. Si considerino a questo proposito gli organi pletorici a composizione rappresentativa di diverse componenti e interessi, per i quali l’estensione degli obblighi a tutti i componenti dell’organo di indirizzo politico determina l’inclusione, ad esempio, degli studenti nel caso del Senato accademico, della rappresentanza dei lavoratori nei Comitati portuali, dei rappresentanti delle imprese nei consigli nelle Camere di commercio. Sono state segnalate, infine, criticità quanto alle modalità di pubblicazione dei dati, con il rilevante passaggio da una pubblicità, quella prevista dalla legge n. 441 del 1982, esclusivamente cartacea, ad una modalità elettronica che rende i dati disponibili per un numero indeterminato di soggetti. In tal modo si determina una possibile sproporzione tra la misura della pubblicazione dei dati patrimoniali dei componenti degli organi di indirizzo politico-amministrativo e le finalità di trasparenza e di controllo democratico sottese agli obblighi di pubblicità. Sotto questo profilo, ferma restando la finalità di dare pubblicità alla situazione patrimoniale all’atto dell’assunzione della carica, da alcuni osservatori e commentatori della disciplina è stata proposta l’introduzione, de jure condendo, di una distinzione tra obbligo di trasmissione all’amministrazione dei propri dati completi (con l’amministrazione che conserva tali dati anche ai fini di successivi controlli) e la pubblicazione di questi dati in forma riassuntiva e riepilogativa sul sito dell’amministrazione. Questa Autorità, pur rilevando in buona parte fondate le segnalazioni di criticità pervenute, non può, allo stato, che interpretare e applicare la disciplina vigente, così come risulta dalla legge n.441 del 1982 e dalle modifiche introdotte dal decreto n. 33 del 2013. Ad una eventuale rivisitazione organica della materia potrà provvedere il decreto correttivo del decreto n. 33 previsto dalla nuova delega contenuta nel d.d.l. A.S. n. 1577 (art.6). A questo fine dovranno essere però rivisti e aggiornati i principi e criteri di delega. L’Autorità si dichiara disponibile a dare il proprio contributo di idee e di proposte."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della Delibera A.N.AC. n. 144/2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Manifestazioni sportive: in Gazzetta Ufficiale il testo coordinato del decreto n. 119/2014 coordinato con la legge di conversione n. 146/2014 per contrastare i fenomeni di illegalità e violenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del testo del decreto legge n. 119/2014 coordinato con la legge di conversione n. 146/2014 in G.U. n. 245 del 21.10.2014

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Sono entrate in vigore il 22 ottobre 2014 le nuove disposizioni dettate per contrastare i fenomeni di illegalità e violenza nella manifestazioni sportive. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 21.10.2014 è stata pubblicata la legge n. 146/2014 di conversione con modificazioni, del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalita' e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonche' per assicurare la funzionalita' del Ministero dell'interno. Per scaricare il Testo del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 194 del 22 agosto 2014), coordinato con la legge di conversione 17 ottobre 2014 , n. 146 cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del testo del decreto legge n. 119/2014 coordinato con la legge di conversione n. 146/2014 in G.U. n. 245 del 21.10.2014

 
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Assunzione di detenuti: in Gazzetta Ufficiale il Regolamento sugli sgravi fiscali e contributivi a favore di imprese

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero della Giustizia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22.10.2014

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Entra in vigore il 6 novembre 2014 il Regolamento recante sgravi fiscali e contributivi a favore di imprese che assumono lavoratori detenuti introdotto dal decreto del Ministero della Giustizia n. 148/2014. In particolare l'art. 1 del Regolamento introduce il "Credito di imposta per assunzioni di detenuti o di internati" distinguendo da un lato al primo comma la figura dei detenuti o internati anche ammessi al lavoro esterno e, dall'altro al secondo comma la posizione dei lavoratori semiliberi provenienti dalla detenzione o internati semiliberi. Per quanto riguarda i primi viene concesso alle imprese che assumono, per un periodo non inferiore a trenta giorni, lavoratori detenuti o internati, anche ammessi al lavoro all'esterno un credito di imposta per ogni lavoratore assunto, e nei limiti del costo per esso sostenuto, nella misura di euro 700 mensili, in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate, per l' anno 2013 e nella misura di euro 520 mensili per gli anni a decorrere dal 2014 fino all'adozione di un nuovo decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 22 giugno 2000, n. 193. Per i crediti di imposta maturati precedentemente al 1° gennaio 2013 e non ancora utilizzati in compensazione, si applicano le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento. Relativamente ai lavoratori semiliberi provenienti dalla detenzione o internati semiliberi il Regolamento concede, invece, alle imprese che assumono per un periodo non inferiore a trenta giorni, un credito di imposta per ogni lavoratore assunto, e nei limiti del costo per esso sostenuto, nella misura di euro 350 mensili, in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate, a decorrere dal 1° gennaio 2013. Dal 1° gennaio 2014 e fino all'adozione di un nuovo decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 22 giugno 2000, n. 193, il credito di imposta e' concesso nella misura di euro 300. Per entrambe le figure di detenuti, inoltre, il terzo comma, precisa che i lavoratori di assunti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate. La disposizione si applica, alle stesse condizioni, anche ai rapporti di lavoro gia' instaurati alla data del 1° gennaio 2013 e che proseguono per un periodo non inferiore a trenta giorni successivamente al 1° gennaio 2013. Il Regolamento all'articolo 2 disciplina poi il credito d'imposta per le attività di formazione. Per quanto riguarda l'utilizzazione del credito di imposta l'art. 5 del Regolamento precisa che il credito d'imposta non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e non assume rilievo ai fini del rapporto di deducibilita' degli interessi passivi e delle spese generali. Il credito d'imposta e' utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 ed e' indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in riferimento al quale e' concesso. Le agevolazioni di cui agli articoli 1 e 2 sono cumulabili con altri benefici, concessi a fronte dei medesimi costi ammissibili, in misura comunque non superiore al costo sostenuto per il lavoratore assunto o per la sua formazione. Il comma 5 dell'art. 5. Precisa poi che "Le agevolazioni sono fruite nel rispetto del limite annuale di euro 250.000 previsto dall'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi." Il Comma 6 "Per i crediti di imposta maturati precedentemente al 2013 e non ancora utilizzati in compensazione e per quelli maturati in relazione ai costi sostenuti negli anni 2013 e 2014 continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento." Da ultimo il comma 7 stabilisce che "A decorrere dall'anno 2015 l'utilizzo in compensazione del credito d'imposta ai sensi del comma 2 avviene esclusivamente presentando il modello F24 attraverso i sistemi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, secondo modalita' e termini definiti con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia. Non sono accettate operazioni di versamento eseguite con modalita'differenti." Per continuare nella lettura del Regolamento cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto del Ministero della Giustizia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22.10.2014

 
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Entra in vigore il 6 novembre 2014 il Regolamento recante sgravi fiscali e contributivi a favore di imprese che assumono lavoratori detenuti introdotto dal decreto del Ministero della Giustizia n. 148/2014. In particolare l'art. 1 del Regolamento introduce il "Credito di imposta per assunzioni di ... Continua a leggere

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Pensione: in Gazzetta Ufficiale la legge che modifica la disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della legge n. 147/2014 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22.10.2014

Entra in vigore il 6 novembre 2014 la legge 10 ottobre 2014, n. 147 recante "Modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico". Per scaricare la legge cliccare su "Accedi al provvedimento".

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Sblocca Italia: in sintesi tutte le misure in materia di infrastrutture, edilizia, ambiente, energia, per le imprese e gli enti territoriali all'esame dell'Assemblea

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Camera dei Deputati del 23.10.2014

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Il decreto legge n. 133 del 2014 cd "Sbocca Italia" contiene una serie di misure in materia di infrastrutture, edilizia, ambiente, energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali. Il decreto, che è stato sostanzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissione, è all'esame dell'Assemblea. La Camera dei Deputati si è premurata di pubblicare una sintesi delle misure all'esame che riguardano: - Misure in materia di infrastrutture e trasporti - Misure in materia di edilizia e patrimonio immobiliare pubblico - Misure in materia ambientale - Misure in materia di energia - Misure per le imprese - Misure per gli enti territoriali;- Altre misure. Il decreto è stato significativamente modificato ed integrato all'esito dell'esame in Commissione ambiente, sia in sede referente, sia in seguito al rinvio in Commissione deliberato dall'Assemblea (A.C. 2629-A/R). La maggior parte delle modifiche approvate a seguito del rinvio in Commissione è riconducibile al recepimento del parere della Commissione bilancio. L'Assembla ha votato la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del provvedimento nel nuovo testo della Commissione modificato a seguito del rinvio. Il seguito dell’esame del decreto-legge avrà luogo a partire da martedì 28 ottobre. 1. Misure in materia di infrastrutture e trasporti: L’articolo 1 prevede la nomina dell'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato S.p.A. a Commissario per la realizzazione delle opere relative alla tratta ferroviaria Napoli-Bari disciplinando, nel contempo, i compiti e i poteri del Commissario, la pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi e il finanziamento degli interventi medesimi (commi 1-8). Tali disposizioni si applicano anche alla realizzazione dell'asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania-Messina (comma 9). L'art. 1 dispone, inoltre, l'approvazione del Contratto di Programma 2012-2016 parte Investimenti tra Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e MIT, stipulato l'8 agosto 2014, e dei contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale (commi 10-11). Ulteriori modifiche all’articolo 1 inserite nel corso dell’esame in Commissione hanno riguardato l’esclusione dal patto di stabilità interno negli anni 2014 e 2015 delle spese per l’esecuzione di opere volte all’eliminazione dei passaggi a livello , la redazione di un piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria (comma 10-bis), l’elaborazione del modello tariffario e del livello dei diritti aeroportuali dei singoli aeroporti, nonché la determinazione dei livelli dei diritti aeroportuali per il 2015 per i contratti di programma scaduti al 31 dicembre 2014 (commi 11-bis e 11-quater). L’articolo 2 reca disposizioni per la realizzazione di infrastrutture strategiche in concessione, mentre l'articolo 3 destina, al fine di consentire la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori nel 2014, 3.890 milioni di euro al Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cd. "sblocca cantieri") per il periodo 2013-2020. Nel corso dell'esame in Commissione sono state inserite, all'articolo 3, disposizioni di carattere procedurale e finanziario per la realizzazione di specifiche infrastrutture alcune delle quali sono state soppresse a seguito del rinvio in Commissione (secondo e terzo periodo del comma 11, commi 12-quater e 12-quinquies). L’articolo 5 contiene norme in materia di concessioni autostradali ed è stato modificato nel corso dell’esame in Commissione; rispetto al testo vigente le modifiche del rapporto concessorio da parte dei concessionari delle tratte autostradali nazionali, che devono essere sottoposte entro il 31 dicembre 2014 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, devono essere esplicitamente finalizzate a procedure di aggiornamento o revisione delle convenzioni e devono riguardare rapporti concessori in essere. Viene, altresì, previsto che le richieste di modifica del rapporto concessorio prevedono nuovi investimenti da parte dei concessionari, i quali sono comunque tenuti alla realizzazione degli investimenti già previsti nei vigenti atti di concessione. Si prevede, inoltre, la possibilità di subentro del Ministero delle infrastrutture alla regione Emilia Romagna nelle funzioni di concedente dell’Autostrada Cispadana (art. 5-bis). L'articolo 6 prevede la concessione, fino al 31 dicembre 2015, di un credito d'imposta IRES e IRAP, entro il limite massimo del 50 per cento dell'investimento, per la realizzazione di interventi infrastrutturali di realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga. L’articolo 6-ter reca specifiche disposizioni per l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica. L’articolo 10 è volto ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa, attraverso l’estensione del perimetro delle operazioni finanziate, mentre l’articolo 11 amplia la disciplina agevolativa per la realizzazione di nuove infrastrutture, da realizzare con il ricorso a contratti di partenariato pubblico-privato (PPP), e l'articolo 13 modifica la disciplina dei cd. project bond. L’articolo 14 stabilisce che per la progettazione delle opere pubbliche non possono più essere richieste modifiche rispondenti a standard tecnici, che prescrivono livelli di sicurezza più stringenti rispetto a quelli definiti dalla normativa europea (cd. norma overdesign). Nel corso dell’esame in Commissione è stato aggiunto l’articolo 16-bis, che reca una nuova disciplina per gli accessi sulle strade affidate in gestione ad Anas S.p.A., e l’articolo 16-ter, volto alla definizione delle modalità e dei termini per l’effettuazione degli adempimenti antincendio relativi alle metropolitane in esercizio. Misure specificamente destinate ai porti e agli aeroporti sono contenute negli articoli 28 e 29. In particolare, l’articolo 28 interviene sul regime contributivo delle indennità di volo, estende il regime di esenzione dal diritto di imbarco al personale di volo degli aeromobili per ragioni di servizio in alcuni casi, disciplina lo svolgimento del servizio di pronto soccorso aeroportuale. Nel corso dell’esame in Commissione è stata prevista la promozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli esteri, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, di nuovi accordi bilaterali del trasporto aereo, o la modifica di quelli vigenti. L'articolo 29 prevede, poi, l'adozione di un piano strategico nazionale della portualità e della logistica. In materia di trasporto ulteriori disposizioni inserite nel corso dell’esame in Commissione prevedono la modifica dei requisiti per l’accesso alla professione di autotrasportatore (articolo 29-bis), e l’introduzione di una disciplina in materia di autotrasporto relativamente alle sanzioni amministrative e ai contributi alle imprese di autotrasporto (art. 32-bis). 2. Misure in materia di edilizia e patrimonio immobiliare pubblico: L'articolo 17 modifica in più puntI il testo unico in materia di edilizia con norme che riguardano tra l'altro:le opere interne e la comunicazione di Inizio Lavori (CIL); la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione, in alternativa all'espropriazione, incidenti sull’area interessata e senza aumento della superficie coperta; l'introduzione di una nuova ipotesi di permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d'uso per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche in aree industriali dismesse, e del permesso di costruire convenzionato; l’introduzione di una disciplina finalizzata a stabilire quali mutamenti della destinazione d'uso siano urbanisticamente rilevanti; l’introduzione di sanzioni pecuniarie in caso di inottemperanza accertata all’ingiunzione di demolizione degli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, i cui proventi sono destinati, tra l’altro, alla demolizione e alla rimessione in pristino delle opere abusive. Nel corso dell'esame in Commissione sono state inserite nuove disposizioni finalizzate, tra l'altro, all’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo al fine di semplificare ed uniformare le norme e gli adempimenti (art. 17-bis). E' stata, invece, soppressa, a seguito del rinvio in Commissione, l'introduzione di un’aliquota dell’imposta del valore aggiunto pari al 4% per gli interventi di ristrutturazione degli edifici che beneficiano delle detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici (comma 2-quater dell'articolo 17). L'articolo 18 prevede che nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo, anche se adibiti ad attività alberghiera, le parti possano liberamente stabilire i termini e le condizioni contrattuali in deroga all'attuale disciplina legislativa. L'articolo 19 stabilisce l'esenzione dalle imposte di registro e di bollo nel caso di registrazione di atti che dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione in corso, mentre l'articolo 20 contiene disposizioni varie destinate al settore immobiliare (disciplina delle società di investimento immobiliare quotate, esenzioni e agevolazioni tributarie nel caso di trasferimento immobiliare). L'articolo 21 prevede una deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un'attività commerciale, acquista dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio a destinazione residenziale di nuova costruzione e invenduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge o oggetto di ristrutturazione; nel corso dell'esame in Commissione, è stata ripristinata la condizione, originariamente prevista, volta a subordinare la deduzione dal reddito del 20 per cento al fatto che l'immobile sia destinato alla locazione con un canone non superiore a quello concordato per una durata minima di otto anni e purché tale periodo abbia carattere continuativo L'articolo 23 disciplina le caratteristiche principali del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (cd. rent to buy). L'articolo 26 reca una serie di disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le procedure di valorizzazione degli immobili pubblici non utilizzati e a regolare il procedimento di valorizzazione degli immobili non più utili alle finalità istituzionali della difesa. L'articolo 27 contiene misure urgenti in materia di patrimonio dell'INAIL. 3. Misure in materia ambientale: Il comma 1 dell'articolo 7 introduce una serie di modifiche al cd. Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) in materia di gestione delle risorse idriche al fine, tra l'altro, di prevedere l'obbligatorietà della partecipazione degli enti locali agli enti d'ambito e di garantire che in tutti gli ambiti territoriali il servizio idrico sia affidato a gestori unici. Ulteriori disposizioni contenute nell'articolo 7 riguardano l'utilizzo delle risorse finalizzate alla mitigazione del rischio idrogeologico e la realizzazione degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione. L'articolo 8 autorizza il Governo all'adozione di un regolamento di delegificazione volto a dettare disposizioni per il riordino e la semplificazione della disciplina riguardante la realizzazione degli interventi in materia di gestione delle terre e rocce da scavo. L'articolo 33 prevede l'adozione di interventi di riqualificazione ambientale e urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale e specifiche disposizione finalizzate a procedere ad interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana nel comprensorio Bagnoli – Coroglio, che viene riconosciuto area di rilevante interesse nazionale dal decreto. L’articolo 33-bis, inserito nel corso dell’esame in Commissione e modificato a seguito del rinvio, è volto ad escludere dai vincoli del patto di stabilità interno, nell'anno 2015, le spese sostenute per gli interventi di bonifica dell’amianto da realizzare nei territori compresi nel sito di bonifica di interesse nazionale di "Casale Monferrato". L'articolo 34 interviene in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, mentre l'articolo 35 contiene una serie di disposizioni finalizzate alla realizzazione di un sistema adeguato ed integrato di gestione dei rifiuti urbani attraverso l’individuazione della capacità complessiva di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento esistenti o autorizzati, a livello nazionale, con l'indicazione della capacità di ciascun impianto e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimillati per coprire il fabbisogno residuo. Si tratta di un articolo che è stato integralmente sostituito nel corso dell’esame in Commissione prevedendo, da un lato, una serie di modifiche alla procedura per la realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti, e dall’altro disposizioni aggiuntive in materia di: recupero dei rifiuti organici (comma 2); contributi economici per il trattamento energetico fuori regione dei rifiuti (comma 7); affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016 (comma 10); deroga al divieto di smaltimento fuori regione dei rifiuti urbani nei casi di calamità naturali (comma 11); rifiuti di beni in polietilene. 4. Misure in materia di energia: L'articolo 22 riguarda l'incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, e mira a facilitare l'accesso per imprese, famiglie e soggetti pubblici a tali contributi (Conto termico). Nell'ambito delle modifiche approvate dalla Commissione è stato previsto l’accesso da parte dei soggetti di edilizia popolare e delle cooperative di abitanti alle categorie di incentivi della Pubblica Amministrazione. Nel corso dell’esame in Commissione è stato inserito l’articolo 22-bis, che interviene sul meccanismo del cd. spalma-incentivi obbligatorio (di cui al DL 91/2014) volto alla riduzione annua degli incentivi erogati agli impianti fotovoltaici di grossa taglia, escludendo dall’ambito di applicazione dello stesso gli impianti i cui soggetti responsabili siano, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, enti locali o scuole. L'articolo 36 , che è stato integrato nel corso dell'esame in Commissione, esclude dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata. L’articolo 37 introduce alcune modifiche sulle norme vigenti in materia di infrastrutture di gas naturale, al fine di prevedere che i gasdotti di importazione di gas dall'estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse, rivestono carattere di interesse strategico, costituiscono una priorità a carattere nazionale, sono di pubblica utilità, sono indifferibili e urgenti. L'articolo 38 qualifica le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale come attività di interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Un'ulteriore modifica attiene all'inserimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuate sulla terraferma tra i progetti di competenza statale, sottoposti a procedimento di Valutazione di impatto ambientale (VIA). Tra le modifiche approvate dalla Commissione si segnala l'introduzione, nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato, del divieto della ricerca e dell'estrazione di shale gas e shale oil e il rilascio dei relativi titoli minerari. L'articolo 39 modifica alcuni dei criteri per la fruizione degli incentivi per l'acquisto di veicoli a basse emissioni complessive. Ulteriori disposizioni inserite nel corso dell’esame in Commissione riguardano: l’inclusione, nel novero degli interventi a cui è possibile destinare il 50% dei proventi delle aste del sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, anche del rafforzamento della tutela degli ecosistemi terrestri e marini (comma 1-bis dell'articolo 39); la modifica della definizione di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti (articolo 39-bis). 5. Misure per le imprese: L’articolo 15 promuove l’istituzione di un Fondo per la patrimonializzazione delle imprese, mentre nel corso dell’esame in Commissione sono stati aggiunti l’articolo 15-bis, recante misure per favorire l'accesso ai finanziamenti della legge 49/1985 da parte delle cooperative di lavoratori provenienti da aziende confiscate, e l’articolo 15-ter modificativo della disciplina della cessione dei crediti d’impresa. L'articolo 30 prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, mentre l'articolo 31 introduce nell'ordinamento la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettizia, denominata condhotel. L'articolo 32 equipara temporaneamente alle strutture ricettive all'aria aperta le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort) e precisa che il sistema telematico centrale della nautica da diporto include anche l'ufficio di conservatoria centrale delle unità da diporto. 6. Misure per gli enti territoriali: L'articolo 4 stabilisce, tra l'altro, alcune misure dirette a favorire la realizzazione delle opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014, opere incluse tra gli interventi finanziabili con il rifinanziamento del Fondo sblocca cantieri, e le opere contenute nell’anagrafe delle opere incompiute, nonché prevede l'esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti effettuati dai comuni per gli investimenti in opere oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'articolo 16 prevede deroghe per la regione Sardegna in materia di programmazione della spesa sanitaria, mentre gli articoli 41 e 42 contengono disposizioni in materia di trasporto pubblico locale nelle regioni Calabria e Campania e varie norme in materia di finanza regionale. L'articolo 43 prevede, ai commi da 1 a 3, disposizioni finalizzate a consentire agli enti locali in situazione di c.d. "predissesto", che hanno deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di utilizzare le risorse del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali». Nel corso dell’esame in Commissione sono state inserite disposizioni volte a limitare, per l’anno 2014, l’applicazione di talune sanzioni previste dalla normativa vigente per il mancato rispetto del patto di stabilità interno 2013 da parte degli enti locali. A seguito del rinvio in Commissione è stato soppresso l’articolo 43-ter, volto a destinare, per il triennio 2014-2016, in favore dei comuni commissariati per fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso, ai fini della realizzazione o manutenzione di opere pubbliche, le eventuali economie di bilancio che dovessero verificarsi a valere sullo stanziamento disposto a favore delle fusioni di comuni. 7. Altre misure: Ulteriori norme riguardano, a seguito delle modifiche approvate dalla Commissione i territori colpiti da eventi sismici e precisamente: i territori della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 2009 (commi da 8-bis a 8-quinquiesdecies dell'art. 4); le popolazioni colpite dal sisma del maggio 2012 e i comuni della provincia di Bologna colpiti dalla tromba d’aria del 3 maggio 2013 (commi da 9-bis a 9-quinquies dell'art. 7); i territori colpiti dal sisma del 26 ottobre 2012 in Calabria e Basilicata (commi 9-octies dell'art. 7). A seguito del rinvio in Commissione sono state soppresse alcune misure destinate ai territori abruzzesi contenute nei commi da 8-octies a 8-quaterdecies dell'articolo 4 al fine di recepire i rilievi formulati dalla Commissione bilancio. L'articolo 9 è volto a qualificare, per i lavori di importo fino alla soglia comunitaria, come interventi di "estrema urgenza", considerati indifferibili, in conseguenza della certificazione da parte dell'ente interessato, gli interventi anche su impianti, arredi e dotazioni funzionali alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici del territorio, all'adeguamento alla normativa antisismica e alla tutela ambientale e del patrimonio culturale. Nel corso dell'esame in Commissione è stato inserito il comma 2-bis dell’articolo 9, ai sensi del quale, nei casi di procedure ad evidenza pubblica avviate o da avviarsi, in quelli conseguenti alla redazione di verbale di somma urgenza per interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, nonché nei citati casi di "estrema urgenza", il tribunale amministrativo regionale, nel valutare l’istanza cautelare, può accoglierla unicamente nel caso in cui i requisiti di estrema gravità e urgenza siano ritenuti prevalenti rispetto alle esigenze di incolumità pubblica evidenziate dalla stazione appaltante. L'articolo 12 interviene in tema di utilizzo delle risorse dei fondi strutturali dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione. L'articolo 24 prevede che i comuni possano definire, in relazione ad un determinato ambito del proprio territorio, criteri e condizioni per la realizzazione da parte di cittadini, singoli o associati, di interventi di valorizzazione del territorio urbano od extraurbano, quali la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade. L’articolo 25, oltre a modificare la disciplina della conferenza di servizi, interviene in materia di autorizzazioni paesaggistiche al fine di prevedere che decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, I‘amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione, Nel corso dell’esame in Commissione sono stati aggiunti l’articolo 30-bis, che istituisce un Registro nazionale delle associazioni nazionali delle Città di Identità per la promozione delle produzioni agricole d’eccellenza e che è stato soppresso a seguito del rinvio, e l’articolo 31-bis concernente l’applicazione dei termini relativi alla scadenza della vita tecnica degli impianti a fune. L'articolo 40 detta, infine, norme in materia di ammortizzatori sociali e incentivi alle assunzioni attraverso l'incremento del Fondo sociale per l'occupazione la formazione, ai fini del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, e della dotazione relativa all'incentivo per le nuove assunzioni.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Camera dei Deputati del 23.10.2014

 
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Il decreto legge n. 133 del 2014 cd "Sbocca Italia" contiene una serie di misure in materia di infrastrutture, edilizia, ambiente, energia, nonché una serie di misure destinate alle imprese e agli enti territoriali. Il decreto, che è stato sostanzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissi ... Continua a leggere

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Ordini e collegi professionali: Si dell'Autorità Anticorruzione all'applicazione delle disposizioni di prevenzione della corruzione e della trasparenza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera A.N.AC. n. 145 del 21.10.2014

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Dal 20 novembre 2014 scatterà l'attività di vigilanza dell'Anticorruzione sugli ordini ed i Collegi professionali che devono adeguarsi alle norme Anticorruzione e Trasparenza, in difetto sono previste anche sanzioni che vanno da un minimo di 1.000 euro un massimo di 10.000 euro. E' quanto stabilito nella delibera n. 145 del 21.10.2014 con la quale l'Autorità Nazionale Anticorruzione ha ritenuto applicabile le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui alla l. n. 190/2012 e decreti delegati agli ordini e ai collegi professionali. I suddetti enti, pertanto, dovranno predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013. Gli ordini e i collegi professionali sono tenuti, ove non vi abbiano già provveduto, a dare ad essa immediata attuazione alla delibera. L’Autorità eserciterà, a far data dai 30 giorni successivi alla pubblicazione della delibera (ovvero dal 21.10.2014) i propri poteri di vigilanza sul rispetto dell’obbligo di adozione del Piano triennale della prevenzione della corruzione, del programma triennale della trasparenza o dei codici di comportamento e della nomina di un Responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente. Si segnala che l’articolo 19, co. 5 del d.l. n. 90/2014, convertito, con modificazioni, in legge n. 114/2014, prevede una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000 e non superiore nel massimo 1 euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza o dei Codici di comportamento. Per scaricare la delibera cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della delibera A.N.AC. n. 145 del 21.10.2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Riforma Delrio: chiarimenti sulle funzioni dei nuovi organi delle città metropolitane e delle province

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del dossier del Dipartimento degli Affari Regionali del 24.10.2014

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Il Dipartimento degli affari Regionali ha pubblicato un dossier dedicato alla legge Delrio nel quale sono disponibili nuovi chiarimenti tecnici sull'attuazione. Si tratta di precisazioni del Ministro per gli affari regionali e le autonomie che rispondono ad alcune richieste sulla fase di avvio delle città metropolitane e delle nuove province. I chiarimenti, precisa il Dipartimento, sono stati redatti sentiti anche i rappresentanti del Ministero dell’interno, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e spiegano come debba essere applicata la legge Delrio rispetto ad alcune funzioni e modalità operative degli organi delle città metropolitane e delle province: - Poteri dei consigli metropolitani; -Proclamazione degli eletti, prima convocazione e presidenza del consiglio metropolitano; - Insediamento dei presidenti delle province e dei consigli provinciali; - Poteri del presidente della provincia; - Funzionamento degli organi provinciali in attesa dell’approvazione del nuovo statuto e disciplina delle province montane; - Rapporti tra sindaco e consiglio metropolitano e tra presidente e consiglio provinciale; - Applicabilità delle disposizioni del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Per scaricare la Nota n. 1 del 23 ottobre 2014 ed il Dossier "Attuazione legge Delrio" cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del dossier del Dipartimento degli Affari Regionali del 24.10.2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Sindacati: sussiste interesse del sindacato all'accesso ai documenti che possono coinvolgere le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di categoria, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse opera l’associazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 23.10.2014

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Nel giudizio in esame l’associazione sindacale appellante denuncia la violazione dell’art. 22 della l. 241/1990 e degli artt. 3, 24, 97, 98 e 113 Costituzione, oltre l’illogicità, la contraddittorietà, l’evidente incongruenza delle conclusioni cui è giunto il primo giudice in ordine all’interesse all’accesso agli atti. Evidenzia la Terza Sezione del Consiglio di Stato che l’istanza di accesso, muovendo dalla premessa che il sindacato UGL di Parma intende proporre "una domanda giudiziale volta a fare accertare l’inadempimento di Poste Italiane S.p.A. agli obblighi contrattuali assunti negli accordi sindacali intervenuti e a quelli normativamente previsti in relazione alla riorganizzazione del servizio postale e, in particolare, del Settore Ripartizione". L’interesse concreto e attuale sotteso alla domanda di accesso appare per il Consiglio di Stato visibilmente riconducibile al sindacato in proprio e non a singoli associati, che non sono affatto nominati nell’istanza; ed, all’evidenza, mostra di essere un interesse attinente al ruolo del sindacato quale istituzione esponenziale di una categoria di lavoratori, che agisce a tutela delle posizioni di lavoro degli associati, nel cui interesse e rappresentanza opera ( C.d.S., VI Sezione, 11 gennaio 2010, n. 24). D’altra parte, la giurisprudenza, a proposito della legittimazione attiva del sindacato, ha anche affermato che "sussiste interesse del sindacato per la cognizione di documenti che possono coinvolgere le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di categoria, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse opera l’associazione" ( C.d.S., VI Sezione, n. 5511 del 20.11.2013). Il Collegio osserva che, nella fattispecie, sono coinvolti nell’azione conoscitiva del sindacato tutti i lavoratori indistintamente indicati applicati ad un ufficio (CDM di Parma), cui si riferiscono gli atti oggetto di accesso, e non singoli lavoratori. Irrilevante, sembra, pertanto, alla luce del dato testuale dell’istanza di accesso, l’elemento valorizzato dal primo giudice, consistente nel richiamo alla richiesta di accesso in precedenza presentata da UGL ( il 10 settembre 2013) con riferimento a singoli dipendenti. Poiché, inoltre, l'attività dei sindacati viene espressa principalmente attraverso la contrattazione collettiva, che risulta uno dei principali strumenti di autoregolamentazione per i rapporti di lavoro e per le relazioni sindacali, ritiene il Collegio che l’intenzione dichiarata, sia nell’istanza di accesso, sia nel ricorso, di voler monitorare l’applicazione data agli accordi sindacali ed alla normativa in vigore, con riguardo alla riorganizzazione dell’ufficio di Parma, sia pienamente legittimante l’istanza di accesso, ai sensi dell’art. 22 della l. 241/1990, nonché l’azione giudiziale proposta avverso il rifiuto opposto dall’Amministrazione. Nel merito, l’istanza va accolta, non ostando divieti e preclusioni normative all’esercizio del diritto di accesso, non riguardando l’istanza atti sottratti all’accesso, né sostanziandosi in un controllo generalizzato sull’attività dell’Amministrazione. Per leggere il testo della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Processo amministrativo: i casi in cui deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

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Secondo il pacifico e costante insegnamento della giurisprudenza la sopravvenuta carenza di interesse deve essere dichiarata tutte le volte in cui si verifichi una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare, per il ricorrente, l’inutilità dell’eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, non essendo più configurabile in capo ad esso un concreto e specifico interesse alla decisione stessa, ovvero quando sia stato adottato dall’Amministrazione un provvedimento idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi in gioco che, pur senza avere effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, renda certa e definitiva l’inutilità della sentenza (Cfr. da ultimo e per tutte : Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 2014, n. 1663, che richiama, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4473 e Con Stato, Sez. IV, 9 maggio 2013, n. 2511).

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Concorsi pubblici: il termine di impugnazione dei giudizi negativi delle prove orali e pratiche

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

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Se è vero che nei concorsi pubblici, in linea generale, il termine per l’impugnazione degli atti di concorso decorre dalla data di conoscenza del relativo esito coincidente con il provvedimento di approvazione definitiva della graduatoria, siffatta regola generale subisce un adattamento in tema di impugnativa dei giudizi negativi delle prove orali e pratiche, allorquando sia il bando che le presupposte fonti normative di rango primario o secondario prevedono una forma di pubblicità obbligatoria che, oltre a garantire la par condicio tra i candidati e la trasparenza dell’azione amministrativa, incida sulla decorrenza del termine perentorio per impugnare davanti al giudice amministrativo il giudizio negativo formulato dalla commissione di concorso. In tal caso il giudizio negativo costituisce l’atto conclusivo e lesivo per l’interessato il quale ha l’onere di impugnarlo, con la conseguenza che il termine di impugnazione decorre dalla data della seduta d’esame con affissione dei risultati o, comunque, dalla conoscenza legale del risultato negativo (in tal senso, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 ottobre 2005, n. 5507; 4 marzo 2008, n. 5507, 6 settembre 2012, n. 4726; sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2572). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

 
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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Pubblico impiego: il foglio di congedo militare è inidoneo a comprovare in via autonoma la durata del servizio militare prestato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato che "il foglio di congedo militare, in quanto indica solo la data di incorporazione e quella del definitivo congedo, mentre nulla attesta riguardo il periodo intermedio (ad esempio, non dà conto delle eventuali sospensioni o interruzioni del servizio), per cui è inidoneo a comprovare in via autonoma (diversamente dallo stato di servizio e dal foglio matricolare, maggiormente dettagliati) la durata del servizio militare prestato, quando essa sia rilevante ai fini della valutazione dei titoli nel pubblico impiego (Cons. St., Sez. V, 19 settembre 2006, n. 5466)."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

 
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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato che "il foglio di congedo militare, in quanto indica solo la data di incorporazione e quella del definitivo congedo, mentre nulla attesta riguardo il periodo intermedio (ad esempio, non dà conto delle eventuali sospensioni o interruzioni del s ... Continua a leggere

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martedì 28 ottobre 2014 22:41

Bando di concorso: è inammissibile il ricorso proposto contro il provvedimento di esclusione se il il bando già conteneva clausole ex se lesive dell’interesse degli aspiranti concorrenti per la previsione di specifici requisiti di partecipazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.10.2014

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È costante insegnamento del Consiglio di Stato che i bandi di concorso, ove recanti clausole ex se lesive dell’interesse degli aspiranti concorrenti per la previsione di specifici requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità sia del ricorso proposto avverso il solo provvedimento di esclusione, atto meramente consequenziale e totalmente vincolato nel contenuto, sia del gravame interposto avverso il provvedimento di esclusione ed il bando, ove siano già decorsi i termini per l’impugnativa di quest’ultimo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 24.3.2011, n. 1785).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.10.2014

 
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È costante insegnamento del Consiglio di Stato che i bandi di concorso, ove recanti clausole ex se lesive dell’interesse degli aspiranti concorrenti per la previsione di specifici requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità s ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Conferimento incarichi dirigenziali: é necessario che il soggetto esterno all'amministrazione possieda il titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia n. 159/2014/PAR del 7.10.2014

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Il Comune di Pordenone ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato.Ha ritenuto la Corte dei Conti di dover preliminarmente procedere a un inquadramento sistematico della disciplina sul conferimento degli incarichi a contratto negli Enti locali, anche a fini di utilità generale per la platea degli Enti potenzialmente interessati a conoscere l’avviso interpretativo della Sezione sulle tematiche di che trattasi.Come noto, gli incarichi a contratto nelle Autonomie territoriali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL (D. Lgs. n.267/2000).I detti incarichi possono avere a oggetto anche il conferimento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù di un criterio di attribuzione fondato sull’ "intuitus personae".Al di fuori della dotazione organica della dirigenza o dell’area direttiva, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato, incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (art.110, comma 2, 1° periodo). In questi casi, gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica "della dirigenza e dell’area direttiva" ( vd. art.110, comma 2, 2° periodo).Per gli Enti di piccole dimensioni possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica dell’ente, contratti a tempo determinato "di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire" (art.110, comma 2, 3° periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica dell’ente. Infine, per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità è consentito il conferimento di un solo incarico.Tutti gli Enti presi in considerazione dal secondo comma dell’art. 110 del TUEL devono procedere a stabilire limiti, criteri e modalità di stipula dei relativi contratti in sede di adozione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.Tale surrichiamata disciplina non trova più nel TUEL la propria fonte esclusiva, posto che puntuali norme sono state inserite nel già citato D.Lgs. n. 165/2001, nonché in disposizioni di carattere ordinamentale recate da varie leggi finanziarie.In particolare, talune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e quindi anche ai Comuni e alle Province, già in forza dell’intervento interpretativo fornito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 324/2010.Detta estensione è stata poi normativizzata a opera del comma 6-ter dell’art. 19, introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 150/2009.In particolare, per quel che qui interessa, il comma 6 dell’articolo 19 citato prevede che gli incarichi dirigenziali di cui ai precedenti commi da 1 a 5 " sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.(…)".Ricordato che talune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19-commi 6 e 6 bis- del D.Lgs. n. 165/2001 sono state scrutinate dalle Sezioni riunite di questa Corte con le delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011, conviene affrontare nello specifico il quesito inerente al possesso del diploma di laurea quale requisito necessario ai fini del conferimento dell’incarico di che trattasi.Riferisce l’Ente istante che, a una lettura testuale, parrebbero distinguersi all’interno del comma 6, due ipotesi, delle quali la prima sembrerebbe ammettere il conferimento di incarichi a "persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali"; mentre la seconda lo prevederebbe per i soggetti "che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria".Nella prima, sostiene l’Ente, non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), supponendosi che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti.Accedendo a tale interpretazione, dovrebbe ritenersi operante una deroga rispetto alla disciplina generale sui requisiti necessari per l’accesso alle qualifiche dirigenziali, recata dall’art. 28, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, non riguardando il citato comma 6 dell’art. 19 procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego.La riferita opzione ermeneutica si fonderebbe sull’assunto secondo cui la qualificazione professionale, particolare e comprovata, acquisibile "sul campo" per il fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in organismi o enti o aziende pubblici o privati per almeno un quinquennio, costituirebbe requisito professionale alternativo rispetto alla particolare "specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria".Tale tesi, tuttavia, non è stata ritenuta condivisibile da pacifica e consolidata giurisprudenza di questa Magistratura contabile, formatasi sia in sede consultiva (vd. ex plurimis sez. reg.le Basilicata, delib. n. 29/2011/PAR) che in sede di controllo di legittimità (cfr. sez. controllo di legittimità su atti del Governo delib. n. 3/2003 e sez. del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amm.ni dello Stato n. 2/2005/P).A tale conclusione si è pervenuti in base a una lettura non solo "testuale", ma altresì sistematica del richiamato comma 6, secondo cui il requisito del possesso del diploma di laurea costituisce requisito essenziale per l’accesso alle qualifiche dirigenziali nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di un requisito di base e necessariamente propedeutico, come si evince dalla lettura del necessariamente correlato art. 28 successivo, che disciplina l’accesso alla qualifica dirigenziale.Né tale piana interpretazione può subire eccezioni allorché il conferimento dell’incarico provenga da un Ente Locale con contratto a termine (giusta il combinato disposto dell’art. 110 TUEL e del comma 6 dell’art. 19 D. Lgs. n. 165/2001), ipotesi nella quale, anzi, l’accesso alla dirigenza è consentito dal comma 6 a soggetti particolarmente qualificati che, oltre al requisito di base del titolo di studio, posseggano alternativamente uno o più degli ulteriori requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale.E’ stato infatti affermato che "le previsioni normative in esame non sono sostitutive del requisito di base del possesso della laurea, ma sono aggiuntive, nel senso che, purché in possesso del diploma di laurea, i soggetti che siano dotati di uno dei requisiti delineati nell’art. 19, comma 6, possono ottenere un incarico dirigenziale temporaneo" (vd. sez. reg.le Lombardia delib. n. 504/2011 e, già in precedenza alla novella normativa recata dall’art. 40 del D.Lgs. n. 150/2009, delib. n. 20/2006).Peraltro, come ricordato, a identiche conclusioni era pervenuta la giurisprudenza di legittimità di questa Magistratura contabile ancor prima dell’estensione della disposizione dell’originario comma 6 alle Autonomie locali, pervenendo alla ricusazione del visto a un provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo dirigenziale dell’Amministrazione per difetto del titolo adeguato di studio( vd. delib. n. 3/2003 della Sez. centrale di legittimità su atti del Governo).Osservava la Sezione che, "a tacere che il richiamo contenuto nell’art. 19, c. 6, alla «formazione universitaria e post- universitaria» equivale nella sostanza a quello fatto dall’art. 28 novellato dello stesso decreto legislativo n. 165/2001 al diploma di laurea, osserva la Sezione che il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.Tanto premesso, consegue da ciò attraverso una lettura sistematica dell’art. 19,c. 6, che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica; quando si passi all’accertamento di tali requisiti, in relazione alle funzioni da attribuire, l’interprete, dal canto suo, non può sottrarsi alla verifica, sotto ogni profilo, della presenza di tutti gli elementi che complessivamente rendono il soggetto idoneo all’incarico.Ne discende che, ferma rimanendo l’esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito.Quindi, oltre all’accertato possesso di sufficiente formazione culturale, in un contesto normativo in cui è però prevista l’attribuzione di incarichi dirigenziali previa verifica della sussistenza di livelli di formazione particolarmente elevati, occorre che la valutazione venga estesa ad un puntuale esame dei curricula degli incaricandi".A conclusioni analoghe è poi giunto anche il Dipartimento per la funzione pubblica, con parere n. 35/2008, nel quale ha stabilito che per gli Enti locali il requisito del titolo di studio richiesto dalla legge per il conferimento di incarico dirigenziale è lo stesso disposto, in generale, dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001, e consiste nel titolo di laurea.A conferma delle argomentazioni, peraltro univocamente orientate, articolate a sostegno della tesi della necessarietà del possesso del titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato, per tutte le PPAA, compresi gli Enti locali, vale ricordare che la stessa Corte costituzionale, con la già richiamata decisione n. 324 del 2010, ha ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 19, commi 6 e 6 bis del D.Lgs. n. 165/2001, riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, e attiene ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal privato contraente, requisiti che, dunque, non possono che essere identici per tutte le fattispecie in cui si dà luogo a un incarico dirigenziale.Gli indirizzi ermeneutici soprariportati, ai quali il Collegio aderisce, rimangono inalterati pur nell’intervenuta modifica normativamente introdotta alla disciplina del conseguimento del titolo di "formazione universitaria" e del relativo valore legale, che, ai fini del conferimenti degli incarichi de quibus, non può essere inferiore al possesso del titolo di laurea specialistica o magistrale ovvero al diploma di laurea conseguito secondo l’ ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università, ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (vd. art. 6, ult. periodo, come introdotto dall’art. 2, comma 8 quater, del D.L. n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, peraltro correttamente richiamato dall’Amministrazione istante).Su tale consolidato impianto interpretativo si innestano le recentissime novelle normative recate sul dettato dell’art. 110 dall’art. 11,comma 1, lett. a), del D.L. 24 giugno 2014, che, nel mantenere fermi i requisiti già normativamente fissati per la qualifica da ricoprire, espressamente introduce il necessario previo esperimento di apposita procedura selettiva pubblica, volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, "il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico" .2. Ritiene il Collegio di dover ancora formulare indirizzi in merito all’ulteriore quesito posto nell’odierna richiesta, specificatamente volto a individuare la corretta interpretazione dell’inciso "non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione" che nel testo del più volte richiamato comma 6 dell’art. 19 segue il riferimento alle "persone di particolare e comprovata qualificazione professionale" le quali, in presenza di tutti i requisiti normativamente posti, possono essere destinatarie degli incarichi di funzioni dirigenziali di che si sta trattando.Ora, facendo applicazione dei consueti canoni ermeneutici, in primo luogo di quello letterale, può agevolmente inferirsi che l’inciso "non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione" deve coordinarsi con la "particolare e comprovata qualificazione professionale" che deve essere posseduta dai soggetti estranei incaricandi (le "persone" del dettato normativo considerato), la quale qualificazione, peraltro, deve essere in concreto valutata dall’Amministrazione conferente in stretta e inscindibile connessione con la particolarità dei compiti che la medesima intende affrontare e portare a compimento.In altri termini, ritiene il Collegio che il comma 6, avente valenza di norma di carattere complementare all’ordinario sistema di provvista delle professionalità dirigenziali, sia finalizzato ad accrescere le capacità operative delle Amministrazioni attingendo a un bacino più ampio di quello delle unità dirigenziali già presenti nei ruoli delle Amministrazioni medesime, all’uopo acquisendo professionalità esterne altamente specializzate e qualificate, con esperienze maturate in ruoli dirigenziali disimpegnati per almeno un quinquennio presso aziende od organismi pubblici o privati, ovvero in possesso di valori culturali e scientifici ricavati dalla formazione universitaria e post-universitaria, o da pubblicazioni scientifiche, ovvero, ulteriormente, in quanto provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato (soggetti, questi ultimi, già direttamente considerati idonei dalla norma, per la posizione rivestita, all’espletamento di un compito dirigenziale).Tale elencazione è stata ulteriormente ampliata ad opera dell’art. 40, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150(c.d. riforma "Brunetta"),che, tra le altre modifiche, ha aggiunto anche la previsione delle "persone" che per almeno un quinquennio abbiano maturato esperienze professionali in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, oltreché in possesso del necessario, relativo titolo di studio di "formazione universitaria, come sopra definito.L’impianto normativo così ricostruito è stato fatto oggetto di una ponderosa attività ermeneutica da parte di questa Corte, in particolare in sede di giurisprudenza di legittimità.Si è così chiarito che, rispetto all’originaria formulazione, le modifiche apportate dal ricordato art. 40, comma 1, lette. e) della "legge Brunetta" "tendono a limitare ulteriormente la facoltà di ricorrere a soggetti esterni, consentendone il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale solo nell’ipotesi in cui (…)tale qualificazione non sia rinvenibile nell’ambito del personale dirigenziale dell’Amministrazione".In tal modo, si osserva, "la disposizione citata crea un onere di previa verifica della sussistenza di risorse interne all’Amministrazione in possesso dei requisiti professionali richiesti dall’incarico: soltanto ove tale indagine dia esito negativo sarà possibile attribuire il posto vacante a soggetto esterno, se dotato della particolare specializzazione richiesta"(cfr. delib. Corte dei conti n. SCCLEG/18/2010/PREV).In definitiva, coerentemente agli ordinari canoni secondo cui compete all’Amministrazione conferente dotare di adeguata motivazione la scelta amministrativo/gestionale in concreto operata, è rimesso all’operato dell’Ente procedere preliminarmente alla ricognizione delle professionalità interne, potendo, solo in caso di esito negativo di tale verifica, procedere alla provvista all’esterno della professionalità necessaria all’assolvimento dei compiti connessi all’incarico. Per scaricare il parere cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia n. 159/2014/PAR del 7.10.2014

 
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Il Comune di Pordenone ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Processo amministrativo: con la laurea magistrale in giurisprudenza si può stare in giudizio senza avvocato nelle cause in materia di accesso, elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 9.10.2014

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Il mero possesso della laurea magistrale in giurisprudenza non consente di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore abilitato e iscritto al previsto albo professionale, fatta eccezione per i giudizi in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Neppure è accettabile sostenere che il diritto di stare in giudizio personalmente trovi fondamento nell’art. 24 della Costituzione o nell’articolo 6, n. 3, lett. c) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal momento che, come è stato giustamente evidenziato dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la discrezionalità del legislatore nel disciplinare i casi in cui è necessario il patrocinio di un avvocato e ha stabilito, riguardo alla citata norma della Convenzione europea, che ad essa non può attribuirsi il significato di riconoscimento di un diritto assoluto di difendersi in giudizio da sé, ma solo quello di un diritto limitato dal diritto dello Stato di emanare disposizioni relative alla necessità della presenza di un avvocato davanti ai tribunali (per tutte, ordinanza n. 460/2006 e sentenza n. 188/1980). Peraltro per quanto attiene al patrocinio innanzi al Consiglio di Stato il Collegio ha rilevato che "L’articolo 22, comma 2 del Codice del processo amministrativo dispone che per i giudizi davanti al Consiglio di Stato è obbligatorio il ministero di avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori. Conseguentemente, non discostandosi dalla giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, sentenza del 23 aprile 2012, n. 2398), il Collegio, accertato che l’appello è stato sottoscritto da persona non fornita della qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore presso il giudice adito, deve constatare la mancanza di una valida instaurazione del rapporto processuale per nullità dell’atto difensivo." Per scaricare gratuitamente il testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 9.10.2014

 
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Il mero possesso della laurea magistrale in giurisprudenza non consente di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore abilitato e iscritto al previsto albo professionale, fatta eccezione per i giudizi in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei citta ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

L’istituto dell’accesso civico: responsabilità delle pubbliche amministrazioni e opportunità per la società civile nel contributo dell'A.N.AC.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato A.N.AC. del 15.10.2014

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L'Autorità Nazionale Anticorruzione ha diramato un comunicato di seguito riportato con il quale chiarisce ogni aspetto afferente il nuovo istituto dell'Acceso Civico introdotto nel codice del processo amministrativo dal D.lgs n. 33/2013. 1. Premessa L’istituto dell’accesso civico consente a chiunque il diritto di richiedere, gratuitamente e senza necessità di motivazione, documenti, informazioni o dati di cui le pubbliche amministrazioni hanno omesso la pubblicazione prevista dalla normativa vigente. Per l’esercizio dell’accesso civico la richiesta deve essere presentata al Responsabile della trasparenza e, in caso di ritardo o di mancata risposta, al titolare del potere sostitutivo (cfr. art.5 del d.lgs. 33/2013). L’accesso civico va tenuto distinto dal diritto di accesso ai documenti amministrativi, la cui disciplina è contenuta nella l. 241/1990, ed è differente rispetto all’accesso civico (cfr. capo V della l. 241/1990 e FAQ n. 2.6 e n. 2.7 pubblicate sul sito dell’Autorità in materia di trasparenza). Eventuali segnalazioni in ordine a disfunzioni del procedimento di accesso agli atti, dunque, non devono essere trasmesse all’ANAC, che non ha competenze in materia, ma ai soggetti specificamente indicati nella legge n.241/1990, art. 25. La Delibera ANAC n. 50/2013 prevede che nel Programma triennale per la trasparenza e l’integrità siano indicate anche le "misure per assicurare l’efficacia dell’istituto dell’accesso civico". Il Piano Nazionale Anticorruzione considera l’accesso civico uno degli strumenti di perseguimento degli obiettivi di trasparenza amministrativa ai fini della prevenzione della corruzione e per l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. 2. La responsabilità delle pubbliche amministrazioni Le pubbliche amministrazioni e, più in generale tutti i soggetti indicati nell’art. 11 del d.lgs.33/2013, hanno la responsabilità di organizzare, al proprio interno, sistemi che forniscano risposte tempestive alle richieste di accesso civico da parte dei cittadini e delle imprese, e di pubblicare, sul sito istituzionale, nella sezione "Amministrazione trasparente": 1) il nominativo del responsabile della trasparenza a cui presentare la richiesta di accesso civico, nonché il nominativo del titolare del potere sostitutivo con l’indicazione dei relativi recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale; 2) le modalità per l’esercizio di tale diritto, avendo cura di assicurare un’adeguata evidenza alla comprensibilità delle informazioni fornite e mettendo eventualmente a disposizione modelli per le richieste di accesso civico. E’ compito del Responsabile della trasparenza, individuato all’interno di ciascuna pubblica amministrazione, controllare e assicurare la regolare attuazione dell’istituto dell’accesso civico (cfr. comma 4 dell’art. 43 del d.lgs. 33/2013). 3. L’accesso civico: opportunità per la vigilanza partecipativa della società civile Chiunque – cittadini, imprese, associazioni, etc. – rilevi, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati nell’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013, l’omessa pubblicazione di documenti, informazioni e dati previsti dalla normativa vigente in materia di trasparenza, utilizzando l’istituto dell’accesso civico può, dunque, segnalare l’inosservanza direttamente all’amministrazione inadempiente per ottenere rapidamente soddisfazione alla richiesta di dati e informazioni. 4. Segnalazioni all’ANAC solo dopo aver fatto richiesta di accesso civico alle amministrazioni Solo in caso di mancata presenza nei siti istituzionali delle amministrazioni delle necessarie indicazioni relative all’istituto dell’accesso civico ovvero in ipotesi di mancata risposta anche del titolare del potere sostitutivo, entro i termini previsti, da parte delle pubbliche amministrazioni cui è stata inoltrata la richiesta di accesso civico, sarà possibile inoltrare segnalazioni all’ANAC. sull’omessa pubblicazione di dati ai sensi della normativa vigente Per le segnalazioni all’ANAC, si ribadisce, dovrà essere utilizzata esclusivamente l’apposita procedura on line "Comunica con l’Autorità" (cfr. decisione dell’Autorità del 15 maggio 2014) disponibile sul sito www.anticorruzione.it, avendo cura di indicare gli estremi (data di invio) della richiesta di accesso civico inoltrata all’amministrazione, in assenza dei quali la segnalazione non verrà trattata. In caso di risposta ricevuta dall’amministrazione si richiede di chiarire, nel campo "note aggiuntive" del modulo, le ragioni per cui la stessa sia ritenuta incompleta o insoddisfacente. 5. La vigilanza dell’Autorità L’Autorità, nella sua attività istituzionale di vigilanza sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dalla normativa vigente, verifica sui siti delle pubbliche amministrazioni la effettiva messa a disposizione, per chiunque ne abbia interesse, delle informazioni necessarie per poter esercitare il diritto di accesso civico. Per scaricare il comunicato cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato A.N.AC. del 15.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Legge di Stabilità 2015: approvato dal Consiglio dei Ministri il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei dei Ministri - Legge di Stabilità 2015

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Il Consiglio dei Ministri mercoledì 15 ottobre 2014 ha approvato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2015). Una manovra finanziaria di 36 miliardi di euro. Con apposito comunicato la Presidenza del Consiglio dei ministri indica i seguenti punti principali della legge: Meno tasse per 18 miliardi; Gli 80 euro diventano una misura definitiva; Via gli alibi per chi deve assumere: zero contributi per i contratti a tempo indeterminato; Investimenti nei settori chiave del Paese: scuola, lavoro, giustizia; Riduzione del 70% del patto di stabilità per i Comuni; Più risorse per ricerca e innovazione; Stop alle spese non coperte; Spending review: taglio di 15 miliardi di euro; Recupero e contrasto dell’evasione per 3,8 miliardi e 1 miliardo dalle slot machines; Libertà per i lavoratori dipendenti di avere il TFR in busta paga con zero costi per le imprese. Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017 (disegno di legge) Il Consiglio dei Ministri ha inoltre approvato il disegno di legge riguardante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e il bilancio per il triennio 2015-2017.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei dei Ministri - Legge di Stabilità 2015

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Elezioni Province: in Consiglio di Stato discusse le prime cause sull'attuazione della legge Del Rio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 6.10.2014

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha deciso la controversia in materia di mancata ammissione nelle liste per le elezioni del presidente della Provincia e del consiglio provinciale disposta ai sensi dell’art. 1, comma 60, della legge n. 56 del 2014. Il provvedimento impugnato in primo grado non ha ammesso gli odierni appellanti all’elezione del presidente e del consiglio provinciale di Latina, in quanto sospesi dalla carica di sindaco e consigliere comunale di Sperlonga, a seguito della loro condanna in sede penale con pronuncia di primo grado gravata d’appello tuttora pendente. La denegata ammissione all’elezione è stata disposta ai sensi dell’art. 1, comma 60, della legge n. 56 del 2014. Il Collegio ha ritenuto infondato l'appello rilevando in primo luogo come non possa essere condivisa la censura di difetto di motivazione ascritta al provvedimento amministrativo originariamente impugnato, dal momento che questo (tra l’altro, un atto non discrezionale), dichiaratamente uniformatosi al parere espresso sulla vicenda dal Ministero dell’Interno, lo ha assunto a proprio fondamento. Aggiunge il Collegio "Premesso ai fini del merito di causa, che l’art. 1, comma 69, della L. n. 56/2014 stabilisce quanto segue: "Il consiglio provinciale e' eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica", e, pertanto, configura l’elettorato di cui si tratta come elettorato di secondo grado; CONSIDERATO, quanto all’assunto di fondo della parte che la sospensione dalla carica di consigliere determina, sì, la sospensione dello svolgimento delle funzioni, ma non priverebbe il titolare della fruizione delle prerogative comunque connesse al suo status ; - sul piano testuale che, poiché la sospensione di diritto prevista dall’art. 11 del d.lgs. n. 235/2012 è riferita dal legislatore espressamente alle "cariche" indicate dall’articolo, l’applicazione concreta di tale misura agisce proprio facendo venir meno, nel soggetto colpito, l’attualità di quella "carica" dalla quale la legge n. 56/2014 fa dipendere, invece, l’eleggibilità; - su un piano più sostanziale, che la fruizione dell’elettorato per cui si controverte, in quanto espressione della carica dalla quale gli interessati sono stati sospesi, e come ogni altra concreta manifestazione della carica stessa, in difetto di una previsione normativa difforme deve reputarsi inibita dalla sospensione che ha investito la carica medesima; RITENUTO, quanto all’argomento che il d.lgs n. 235/2012 esclude la candidabilità dei condannati con sentenza definitiva, nel mentre tale preclusione non sarebbe estensibile al diverso caso di soggetti solo temporaneamente sospesi per effetto di sentenza non definitiva, che il caso in esame, in quanto attinente alla specifica procedura elettorale delineata dalla legge n. 56/2014, rinviene la propria disciplina nelle previsioni di tale diversa fonte; OSSERVATO, con riferimento al dubbio di costituzionalità prospettato in termini di eccesso di delega a carico della previsione normativa sulla sospensione in presenza di una condanna non definitiva, che il T.A.R. ha ineccepibilmente rilevato che tale questione difetta di rilevanza nell’odierno giudizio, poiché in questa sede non si controverte della legittimità del provvedimento, solo presupposto, della sospensione irrogata ex d.lgs. n. 235/12 (atto i cui effetti non possono essere incisi in questa sede), bensì solo, a valle, dell’applicazione, con un atto conclusivo di un distinto procedimento, dell’art. 1, comma 69, della L. n. 56/2014; RILEVATO che con il presente appello non sono stati forniti argomenti suscettibili di inficiare quest’ultima considerazione; CONSIDERATO che per ragioni simili risulta corretta anche la reiezione del rilievo di parte per cui la provvisoria sentenza penale di condanna (avverso la quale pende appello) accordava il beneficio della sospensione della pena, beneficio che in tesi dovrebbe estendersi a tutte le conseguenze derivanti dalla pronuncia emanata, atteso che ai limitati e specifici fini della corrente controversia è necessaria e sufficiente la presa d’atto che gli interessati sono stati attinti dalla misura della sospensione, tuttora in corso, a seguito di provvedimento prefettizio assunto ai sensi dell’art. 11, comma 5, del d.lgs n. 235/2012; RILEVATO, in conclusione, che per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto e la mancata costituzione in giudizio delle parti intimate esime la Sezione dal dettare disposizioni sul carico delle spese processuali".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 6.10.2014

 
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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha deciso la controversia in materia di mancata ammissione nelle liste per le elezioni del presidente della Provincia e del consiglio provinciale disposta ai sensi dell’art. 1, comma 60, della legge n. 56 del 2014. Il provvedimento impugnato in primo grado ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Elezioni: anche in seguito alla trasformazione delle province in enti di secondo grado, ma comunque a base elettiva, la rappresentatività delle liste concorrenti deve comunque essere dimostrata, pur nell’ambito del corpo elettorale formato dai sindaci e dai consiglieri dei comuni compresi nella provincia, attraverso la sottoscrizione delle liste medesime da soggetti non candidati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 6.10.2014

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Il presente contenzioso scaturisce dalla prima applicazione della l. n. 56 del 2014, che ha "trasformato" le province in enti territoriali "di secondo grado", e cioè aventi organi ‘politici’ non più eletti direttamente dal popolo, ma, a loro volta, dagli organi elettivi dei comuni compresi nella circoscrizione provinciale. Più precisamente, in conseguenza di tale trasformazione l’elettorato attivo e passivo è attribuito ai sindaci ed ai consiglieri dei comuni della provincia (art. 1, comma 69), e l’elezione avviene sulla base di liste, composte da un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri eleggere e non inferiore alla metà degli stessi, sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto (comma 70 dell’art. 1 citato). Gli appellanti sostengono che la legge in esame non vieta ai candidati a consigliere provinciale di sottoscrivere le liste e che, anche a voler ammettere che nelle elezioni di primo grado la rappresentatività delle liste debba necessariamente essere accertata attraverso un numero di sottoscrizioni di elettori, esclusi i candidati, un simile meccanismo non si estende automaticamente alle elezioni di secondo grado; ed anzi – soggiungono - lo stesso meccanismo deve essere escluso, in considerazione del fatto che la rappresentatività «è assicurata dai soggetti candidabili», già eletti a sindaco o consiglieri comunali. Pertanto, secondo gli appellanti il silenzio sul punto della citata legge non può essere inteso come una lacuna da colmare mediante il rinvio ai principi generali applicabili per i sistemi elettorali tradizionali, come ritenuto dal TAR, ma come espressivo di una precisa opzione del legislatore, la quale, inoltre, non può essere derogata da fonti normative di rango secondario, né tanto meno da circolari ministeriali. Sul punto, gli appellanti segnalano anche l’esigenza di tutelare i diritti dei partiti di minoranza all’interno dei consigli comunali, i quali potrebbero non avere la consistenza numerica minima per presentare una lista ai sensi del citato come 70 dell’articolo 1 l. n. 56/2014, sottoscritta da soggetti non candidati. Per il Consiglio di Stato "2. Tanto premesso l’appello è infondato. 3. Non è condivisibile la premessa su cui la presente impugnazione si impernia, e cioè che il silenzio della più volte citata l. n. 56/2014 sul procedimento elettorale di secondo grado per l’elezione dei presidenti e dei consiglieri provinciali costituisca una consapevole scelta legislativa ed impedisca conseguentemente il richiamo alle regole generali del procedimento elettorale preparatorio, ed in particolare alla verifica di rappresentatività delle liste partecipanti a competizioni elettorali. Se fosse vero quanto affermano gli appellanti, il legislatore non avrebbe preteso una simile verifica, come invece ha fatto con la previsione di cui al comma 70, che impone che le liste di candidati alla carica di consigliere provinciale siano «sottoscritte da almeno il 5 per cento degli aventi diritto al voto». 4. Se ne deve quindi desumere che anche in seguito alla trasformazione delle province in enti di secondo grado, ma comunque a base elettiva, la rappresentatività delle liste concorrenti deve comunque essere dimostrata, pur nell’ambito del ristretto corpo elettorale formato dai sindaci e dai consiglieri dei comuni compresi nella provincia, attraverso la sottoscrizione delle liste medesime da soggetti non candidati. 5. Va rilevato che, in linea generale, il procedimento elettorale preparatorio si fonda proprio sulla verifica di rappresentatività delle liste di candidati, da effettuarsi attraverso la raccolta di un numero minimo di sottoscrizioni degli elettori a sostegno di queste ultime (cfr. gli artt. 18-bis e 20 d.p.r. n. 361/1957, sulle elezioni alla Camera dei deputati, 9 d.lgs. n. 533/1993, sulle elezioni del Senato della Repubblica, 9 l. n. 108/1968, per le elezioni regionali, 28 e 32 d.p.r. n. 570/1960 e 3 l. n. 83/1991 per le elezioni comunali). A questa verifica è dunque consustanziale l’alterità soggettiva tra elettori e candidati, e cioè tra il corpo elettorale e coloro che esercitano l’elettorato passivo (e si spiega il divieto di sottoscrizioni plurime). 6. Per contro, la tesi propugnata dagli appellanti renderebbe del tutto inutile questo fondamentale snodo del procedimento. E’ infatti solo il corpo elettorale che può attribuire la rappresentatività ai soggetti che, accettando la candidatura, aspirano a formare la rappresentanza politica del primo in seno alle istituzioni democratiche. Tuttavia, non vi sarebbe rappresentanza, ma cooptazione - quanto meno a livello di designazione preliminare - e pura autoreferenzialità, se le liste fossero sottoscritte dai soggetti che le compongono attraverso l’accettazione della candidatura: la rappresentanza è l’antitesi della cooptazione, e cioè di un sistema di designazione non democratica, in cui i cooptati non sono espressione di un gruppo sociale esterno all’istituzione ma rappresentativi dello stesso. 7. Naturalmente, un simile problema non si pone per le elezioni dirette o di primo grado, data l’estensione del corpo elettorale. Ma la ristrettezza di quest’ultimo non costituisce un argomento valido per introdurre una deroga ad un sistema di designazione della rappresentanza che comunque esige una doverosa verifica preliminare, a garanzia della genuinità della competizione elettorale e della rispondenza delle liste a forze politiche di cui sia riscontrato il seguito presso la base elettorale. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono gli appellanti, l’eccezione alla regola generale valevole per le elezioni a base democratica richiede un’espressa previsione normativa (come nel caso della regione autonoma del Friuli-Venezia-Giulia: art. 16, comma 5 l. n. 2/2014 "Disciplina delle elezioni provinciali e modifica all'articolo 4 della legge regionale 3/2012 concernente le centrali di committenza"). Per contro, la legge n. 56/2014, con cui è stata disposta la trasformazione delle province in enti di secondo grado, si colloca nell’ambito della regola generale, perché ne richiama il sistema di verifica di rappresentatività e la contrapposizione tra candidati ed elettori. 8. Non è poi condivisibile la tesi degli appellanti secondo cui la verifica nei termini finora esposti non è necessaria, perché la rappresentatività è già stata accertata in capo agli elettori degli organi della provincia, in quanto a loro volta già eletti nei comuni in essa compresi. Anche questa deroga al principio generale avrebbe richiesto una previsione normativa espressa, nel caso di specie mancante, come invece avvenuto per i partiti costituiti in gruppo parlamentare per le elezioni del Senato (art. 9, comma 3, d.lgs. n. 533/1993, sopra citato) o per le liste che abbiano presentato una dichiarazione di collegamento a gruppi consiliari nel caso delle elezioni regionali in Piemonte [art. 1, comma 1, lett c), della legge regionale del Piemonte 29 luglio 2009, n. 21, recante "Disposizioni in materia di presentazione delle liste per le elezioni regionali"; esaminato da questa Sezione nella sentenza 6 maggio 2014, n. 2331]. 9. Inoltre, diversamente da quanto si paventa nell’appello, per effetto del sistema elettorale prefigurato dalla l. n. 56/2014 non risultano lesi i diritti delle minoranze, e precisamente dei partiti rappresentati nei consigli comunali in misura non sufficiente a presentare una lista di candidati ed al contempo di sottoscrittori minimi ai sensi del comma 7 dell’art. 1. L’assunto è inficiato da una petizione di principio, secondo cui l’elezione di secondo grado degli organi della provincia deve riprodurre l’organizzazione politica della società espressa dai partiti e dunque ricalcare rigidamente gli equilibri raggiunti da questi ultimi negli organi elettivi dei comuni. Nessuna norma prevede (né potrebbe farlo) che le liste concorrenti all’elezione di secondo grado degli organi della provincia debbano necessariamente essere espressione di un singolo partito e che le relative sottoscrizioni debbano essere conseguentemente state apposte da consiglieri comunali del partito medesimo. Del resto, nulla esclude che un candidato di una lista sottoscriva la presentazione di una lista concorrente, come avviene per le elezioni di primo grado. 10. Le doglianze degli appellanti richiamano inoltre un tertium comparationis che non può valere nel caso di specie e cioè la tesi che, anche in seguito alle profonde modifiche introdotte dalla l. n. 56/2014 alla struttura organizzativa delle province, il consiglio provinciale sia l’organo titolare esclusivo dell’indirizzo politico – amministrativo dell’ente e di competenza decisionale per gli atti fondamentali. In realtà, ai sensi dell’art. 1, comma 55, l. n. 56/2014, la potestà decisionale sugli atti fondamentali dell’ente non è attribuita in via esclusiva al consiglio provinciale, ma è ripartita tra questo e l’altro organo dell’ente, vale a dire l’assemblea dei sindaci. Infatti, è a quest’ultimo che spetta l’approvazione dello statuto, su proposta del consiglio, oltre che di condizionare l’approvazione dei bilanci, invece devoluta a quest’ultimo, attraverso l’espressione di un parere favorevole di tanti sindaci che rappresentino la maggioranza «della popolazione complessivamente residente» nella provincia. 11. Alla stregua di tutto quanto considerato, l’esclusione qui contestata si fonda legittimamente sull’articolo 13, comma 2, del regolamento organizzativo delle elezioni provinciali della provincia di Massa Carrara, richiamato nel provvedimento di esclusione impugnato. 12. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto. Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese di causa, stante la novità della questione (ipotesi che, unitamente alla soccombenza reciproca ed al mutamento di giurisprudenza costituirà, una volta divenuto applicabile l’art. 13 del d.l. n. 132/2014, di modifica dell’art. 92 cod. proc. civ., l’unica ragione per derogare al criterio della soccombenza).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 6.10.2014

 
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Il presente contenzioso scaturisce dalla prima applicazione della l. n. 56 del 2014, che ha "trasformato" le province in enti territoriali "di secondo grado", e cioè aventi organi ‘politici’ non più eletti direttamente dal popolo, ma, a loro volta, dagli organi elettivi dei comuni compresi nella ci ... Continua a leggere

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Scorrimento di graduatorie: in caso di prolungate proroghe delle validità della graduatorie risulta giustificabile la determinazione di procedere al reclutamento del personale con nuove procedure concorsuali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 8.10.2014

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Nel giudizio in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato che, in presenza di una legislazione che ha prorogato più volte la validità delle graduatorie fino a superare - per i concorsi più risalenti - i dieci anni di proroga, assumono maggiore valenza (nel senso di estendere significativamente il loro ambito di applicazione) i criteri definiti in quella sentenza che richiedono la identità delle procedure concorsuali, delle prove di esame e dei requisiti professionali previsti come necessario presupposto per l’affermazione di un principio di preferenza a favore dello scorrimento di graduatorie di idonei ancora valide ed efficaci in luogo di un nuovo concorso, salva valida ed esplicita motivazione. Nel caso di proroghe prolungate assumono la massima importanza le parti della sentenza n.14/2011 della Adunanza plenaria che individuano "i casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile". In particolare, nei casi in cui è decorso un notevole lasso di tempo, acquista una vasta valenza applicativa il criterio secondo il quale a questi fini: "in particolare può acquistare rilievo l’intervenuta modifica sostanziale della disciplina applicabile alla procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione…. ". Va anche notato che questo ultimo criterio è già molto importante nella economia della sentenza n. 14, al punto che la stessa sentenza infine decide proprio sulla base di questo criterio il caso sottoposto al suo esame, nel quale la pretesa alla applicazione del principio della preferenza per lo scorrimento della graduatoria viene respinta proprio in ragione della differenza nelle prove di esame e in altri aspetti della procedura concorsuale. Aggiunge poi il Collegio nell'ultima parte della motivazione che va in aggiunta considerata rilevante anche la questione se i posti oggetto della indizione del concorso impugnato siano preesistenti o di nuova istituzione. Al riguardo deve farsi applicazione della disposizione di cui all’art. 91, comma 4, del T.U.E.L. (d.lgs. n. 267/2000), nella parte in cui esclude la validità delle graduatorie di idonei derivanti da precedenti concorsi nel caso in cui i posti di cui si tratta siano istituiti o trasformati successivamente alla indizione del concorso medesimo ("4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo."). La giurisprudenza ha esteso l’applicazione di tale norma come principio generale valido per tutte le Amministrazioni (lo afferma in particolare proprio la sentenza n. 14/2011 dell’Adunanza plenaria sopra richiamata ad altri fini). Tale norma di fonte legislativa corrisponde e, in quanto difforme, prevale su quella di rango regolamentare di cui all'art. 18, comma 7, del già citato DPR n. 220/01, che prevede: "La graduatoria degli idonei rimane efficace per un termine di ventiquattro mesi dalla data di pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito ovvero di posti della stessa categoria e profilo professionale che successivamente ed entro tale termine dovessero rendersi disponibili". Il comma 7, testé riportato, parla non di posti di nuova istituzione ma di posti in organico resisi vacanti nel termine dei successivi 24 mesi all’approvazione delle graduatorie (termine che in ogni caso non può considerarsi automaticamente prorogato dalle proroghe delle medesime graduatorie). La dotazione organica aziendale a cui si riferisce la deliberazione di concorso impugnata è stata assunta dalla delibera dell'ASL appellata n. 541 del 28.02.08 (approvata con provvedimento di G.R. n. 1236 dell'8.07.08), come risulta dalla documentazione agli atti e dunque posteriore di almeno 8 anni alla approvazione della graduatoria in questione. 6.9. – Per le ragioni esposte, non vi è alcun dubbio sul fatto che, alla stregua dei criteri fissati dalla sentenza n.14/2011 dell’Adunanza plenaria, ed in particolare di quelli richiamati al punto 6.4., il ricorso ad un nuovo concorso nel caso di specie è oggettivamente giustificato dalla diversità del nuovo concorso rispetto al precedente, risalente ad un precedente, transitorio e peculiare contesto normativo e confermata dalla diversità delle prove di esame previste. Alle stesse conclusioni si giunge sulla base della disciplina vigente per i posti in organico di nuova istituzione, che non danno luogo allo scorrimento di graduatorie approvate prima della loro istituzione. Pertanto nel caso di specie la deliberazione di un nuovo concorso non richiede una specifica motivazione, pur essendo la graduatoria del precedente concorso ancora valida ed efficace. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 8.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Avvocati: in Gazzetta Ufficiale il nuovo Codice deontologico forense

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato del Consiglio Nazionale Forense pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 241 del 16.10.2014

É stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 241 del 16.10.2014 il comunicato del Consiglio Nazionale Forense relativo al nuovo Codice deontologico che si composto di 73 articoli ed entrerà in vigore il 15 dicembre 2014. Per scaricare il Codice deontologico cliccare su "Accedi al Provvedimento

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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Processo amministrativo: é nullo il ricorso sottoscritto dal "semplice" domiciliatario

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza breve del Consiglio di Stato Sez. V del 13.10.2014

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L’art. 44 comma 1, lett. a) del cpa, prevede espressamente la sanzione della nullità del ricorso nella ipotesi di mancanza di sottoscrizione. Il concetto di assenza di sottoscrizione (al di là della ipotesi di scuola della mancanza assoluta di qualsiasi sottoscrizione) è da riferirsi all’unica sottoscrizione del difensore abilitato. Ed è difensore abilitato colui il quale ha ricevuto un mandato in tal senso: la posizione di quest’ultimo, poi, è nettamente distinta da quella del (mero) domiciliata rio: soggetto non munito dello ius postulandi e, quindi, di un titolo idoneo nel rispetto del mandato conferito dalla società ricorrente. La giurisprudenza di legittimità (ex aliis Cass. civ. Sez. III, 06-03-2012, n. 3459) differenzia nettamente la posizione del domiciliatario da quella del difensore munito di mandato: trattasi di un orientamento predicato con continuità sin da tempo risalente, e dal quale il Collegio non ravvisa motivo per discostarsi (ex aliis Cass. civ. Sez. I, 07-05-1997, n. 3981, secondo cui "l'indicazione del domiciliatario non comporta il conferimento nemmeno implicito della rappresentanza processuale, e atteso altresì che, in tal caso, l'eventuale attività processuale compiuta deve considerarsi svolta senza il necessario potere di rappresentanza, anche sotto il profilo dell'imputazione sostanziale della provenienza dell'atto"). Della insanabilità del vizio in simili ipotesi non appare possibile controvertere (ex aliis Cass. civ. Sez. I, 25-09-1998, n. 9620). Addirittura la Suprema Corte di Cassazione, in una fattispecie che appare plasticamente traslabile alla odierna controversia ricorre al concetto di "inesistenza" per connotare il compimento di atti processuali da parte del procuratore "semplice" domiciliatario (Cass. civ. Sez. II, 10-01-2011, n. 357: "Il procuratore che sia semplice domiciliatario è abilitato alla sola ricezione, per conto del difensore, delle notificazioni e comunicazioni degli atti del processo e non anche al compimento di atti di impulso processuale (quale, nella specie, la notifica del controricorso); pertanto, poiché - a norma dell'art. 1 della legge 21 gennaio 1994, n. 53 - solo l'avvocato munito di procura alle liti può eseguire direttamente le notifiche, la notifica eseguita dal procuratore semplice domiciliatario è da ritenere inesistente anziché nulla, con conseguente impossibilità di applicare l'istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista per i soli casi di nullità dall'art. 156 cod. proc. civ."). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza breve del Consiglio di Stato Sez. V del 13.10.2014

 
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giovedì 16 ottobre 2014 23:30

Procedure concorsuali: la differenza tra atti di macro-organizzazione e di micro-organizzazione per l'individuazione del giudice competente

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 15.10.2014

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Secondo un primo consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 28 novembre 2013, n. 5684; Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 138; Sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6705), ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di pubblico impiego occorre distinguere tra gli atti di macro – organizzazione (concernenti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché le modalità di copertura del fabbisogno di personale), assoggettati a principi e regole pubblicistiche, e atti di micro – organizzazione, che si collocano al di sotto della soglia di configurazione degli uffici pubblici, con cui si dispone l’organizzazione dei singoli uffici, regolati dalla disciplina privatistica: appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti i primi (atti di macro – organizzazione), nei cui confronti, quali atti presupposti rispetto a quelli di organizzazione e gestione dei singoli rapporti di lavoro, sono astrattamente configurabili posizioni di interesse legittimo (potendo essi produrre effetti immediatamente pregiudizievoli per il dipendente ed essendo peraltro irrilevante – ai fini della giurisdizione – la loro incidenza riflessa sullo stesso rapporto di lavoro); mentre gli atti di micro – organizzazione, direttamente ed unicamente incidenti sulla concreta gestione del rapporto di lavoro, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario; e) in base ad un secondo, parimenti consolidato, indirizzo (cfr. fra le altre, Cass. civ., sez. un., 6 maggio 2013, n. 10404; 12 novembre 2012, n. 19595; 28 maggio 2012, n. 8410; 13 giugno 2011, n. 12895; 9 febbraio 2009, n. 3055), in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, è necessario diversificare le varie fattispecie, invero: I) la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo «scorrimento» della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale, il «diritto all’assunzione»; il fenomeno dello «scorrimento» consente la stipulazione del contratto di lavoro con partecipanti risultati idonei e non vincitori, in forza di eventi successivi alla definizione del procedimento concorsuale con l'approvazione della graduatoria; ciò può avvenire o in applicazione di specifiche previsioni del bando, contemplanti l'ammissione alla stipulazione del contratto del lavoro degli idonei fino ad esaurimento dei posti messi a concorso; ovvero perché viene conservata (per disposizione di atti normativi o del bando) l'efficacia della graduatoria ai fini dell'assunzione degli idonei in relazione a posti resisi vacanti e disponibili entro un determinato periodo di tempo; l'operatività dell'istituto presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto utilizzando la graduatoria rimasta efficace (si deve trattare di posti non solo vacanti, ma anche disponibili, e tali diventano sulla base di apposita determinazione), decisione che, una volta assunta, risulta equiparabile all'espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con l'identificazione degli ulteriori vincitori; la pretesa allo "scorrimento", di conseguenza, si colloca di per sè fuori dell'ambito della procedura concorsuale (esclusa, nella seconda delle ipotesi indicate, proprio dall'ultrattività della graduatoria approvata) ed è conosciuta dal giudice ordinario quale controversia inerente al "diritto all'assunzione", salva la verifica del fondamento di merito della domanda, esulante dall'ambito delle questioni di giurisdizione; la riserva di giurisdizione amministrativa in materia di procedure concorsuali ex art. 63, 4 comma, d.leg. n. 165 del 2001 non estende la sua rilevanza alla fase successiva all’approvazione della graduatoria e, in particolare, alle controversie relative alle pretese di assunzione basate sull’esito del concorso; pertanto, è devoluta alla giurisdizione ordinaria la controversia instaurata nei confronti dell’ente pubblico dal soggetto che, senza contestare la procedura concorsuale e l’utilizzo della relativa graduatoria, ne denunci il criterio di scorrimento, finalizzato alla reiterata stipulazione di contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore fino al raggiungimento del limite legale di utilizzo del lavoro a termine; detto altrimenti, per configurarsi la giurisdizione ordinaria, la controversia deve concernere in via immediata il diritto all'assunzione scaturente dall'espletamento di un concorso e dalla relativa graduatoria, senza che in alcun modo la procedura concorsuale e la conseguente graduatoria siano contestate; in tal caso non si lamenta l’illegittima utilizzazione della graduatoria del concorso pregresso ai fini della individuazione di lavoratori con cui stipulare ulteriori contratti a termine, ma l’applicazione dei criteri di individuazione, nell'ambito della stessa graduatoria, dei lavoratori da assumere; II) ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di diverse procedure (nella specie di conferimento di incarichi esterni e di mobilità esterna) per la copertura dei posti resisi vacanti, la contestazione investe l’esercizio del potere dell’amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo e la cui tutela spetta al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, 4º comma, d.p.r. n. 165 del 2001; opera quindi la giurisdizione amministrativa in materia di concorsi: quando un lavoratore, partecipante a un concorso e risultato idoneo ma non vincitore riguardo ai posti oggetti del bando, verificatasi in un secondo momento la necessità di coprire un posto relativo alla stessa qualifica, chieda che sia utilizzata la graduatoria di detto concorso, in contrapposizione all'operato della pubblica amministrazione che abbia deciso di bandire diversa selezione; quando il lavoratore contesti il ricorso al c.d. scorrimento di precedente graduatoria invece che all'indizione di un nuovo concorso; III) in definitiva, allorquando la controversia ha per oggetto il controllo giudiziale sulla legittimità della scelta discrezionale operata dell'amministrazione, la situazione giuridica dedotta in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice cui spetta il controllo del potere amministrativo ai sensi dell'art. 103 Cost.; f) nella fattispecie per cui è causa, in sostanza, la ricorrente ha censurato la scelta del comune volta a coprire i posti ulteriori rispetto a quelli del concorso cui ha partecipato, non con lo "scorrimento" della relativa graduatoria, bensì con altre procedure (nella specie progressione verticale); in ogni caso, qualora pure si volesse ritenere la controversia sia annoverabile fra quelle in materia di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (sebbene la ricorrente non sia dipendente del comune di Latina), pur tuttavia, essendo stato impugnato un provvedimento di macro organizzazione risulterebbe confermata la giurisdizione del giudice amministrativo. Per scaricare care il testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento ".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 15.10.2014

 
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Secondo un primo consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 28 novembre 2013, n. 5684; Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 138; Sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6705), ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di pubblico impiego occorre distinguere tra ... Continua a leggere

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