News 11 Novembre 2014 - Area Amministrativa


NORMATIVA

Anticorruzione: ecco i provvedimenti sanzionatori che arriveranno alle pubbliche amministrazioni in materia di anticorruzione e trasparenza

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Al fine di realizzare una maggiore omogeneità degli atti emanati dall’Autorità, nella considerazione che la semplificazione e la standardizzazione degli stessi è uno degli elementi che compongono un’organizzazione strutturata e coerente che attua, anche nella forma, trasparenza nei procedimenti,sono state adottate dall'Autorità Anticorruzione le Linee guida editoriali degli atti dell’Autorità ed i modelli attuativi dei provvedimenti di competenza dell’ANAC, con particolare riguardo alle diverse tipologie sanzionatorie. Sono, altresì, stati adottati i modelli concernenti le determinazioni e le deliberazioni.L’applicazione delle regole linguistiche e di modelli standard, precisa l'A.N.AC. nel comunicato diramato dal Presidente Cantone, rappresenta un tassello contributivo, con riferimento agli atti emanati dall’Autorità, per l’applicazione dei principi espressi nel Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. 7/03/2005 n. 82 e s.m.i.), nella normativa anticorruzione (l. 6/11/2012 n. 190), e in quella riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (d. lgs. 14/03/2013 n. 33).Per scaricare i modelli e le linee guida cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
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Processo: in G.U. il testo del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 coordinato con la legge di conversione 10 novembre 2014, n. 162

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È disponibile cliccando su "Accedi al Provvedimento" il testo del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 coordinato con la legge di conversione 10 novembre 2014, recante: «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile.» coordinato con la legge di conversione 10 novembre 2014, n. 162 (in questo stesso supplemento ordinario alla pag. 1), recante: «Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile.»

 
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Processo civile: in Gazzetta Ufficiale la legge di conversione n. 162/2014 del decreto legge n. 132/2014 sulle misure di "degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile"

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È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10.11.2014 la legge 10 novembre 2014, n. 162 di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato inmateria di processo civile. Per scaricare la legge di conversione che entra in vigore oggi 11.11.2014 cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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Trasparenza: on line la lista delle Pubbliche Amministrazioni verificate dall'Anticorruzione. Dal 1 gennaio al 24 ottobre 2014 sono 258 le segnalazioni per inadempimento agli obblighi sulla trasparenza

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L’Autorità ha deciso di rendere noto, con aggiornamento periodico, gli esiti dell’attività di vigilanza svolta a seguito delle segnalazioni ricevute sull’inosservanza degli obblighi di pubblicazione. Si tratta prevalentemente delle segnalazioni pervenute mediante la piattaforma web Comunica con l’Autorità. Allo scopo, alla pagina web Monitoraggio – Vigilanza su segnalazioni della sezione Trasparenza ed Integrità del sito istituzionale, l’Autorità pubblica un prospetto sintetico di rendicontazione dal quale risultano, suddivise per comparto, le amministrazioni monitorate e, per ciascuna di esse, la/le inosservanza/e segnalata/e e gli esiti delle verifiche condotte dalla struttura operativa dell’Autorità. In particolare le segnalazioni pervenute all’Autorità dal 1 gennaio al 24 ottobre 2014 sono state 258. Di queste 27 riguardano dati relativi ad enti già monitorati d’ufficio dall’Autorità. Le restanti 231 sono state trattate nell’ambito della vigilanza su istanza di parte che prevede due successivi livelli di verifica: 1. Prima verifica sulle inosservanze segnalate: L’Autorità, ricevuta la segnalazione, ne verifica la fondatezza sul sito web istituzionale dell’amministrazione segnalata. Alla data del 24 ottobre 2014, l’Autorità ha: accertato 163 enti inadempienti sugli obblighi di trasparenza e richiesto agli stessi di adeguarsi alle previsioni del d.lgs. 33/2013, entro una scadenza prestabilita, rimuovendo le inosservanze accertate; accertato l’infondatezza di 12 segnalazioni e disposto la loro archiviazione. 2. Seconda verifica sull’adeguamento richiesto: Al termine della scadenza fissata dall’Autorità per l‘adeguamento da parte dell’amministrazione, l’Autorità, sia in caso di risposta dell’amministrazione che in assenza della stessa, verifica l’adeguamento del sito web istituzionale dell’amministrazione al contenuto della richiesta dell’Autorità. Alla data del 24 ottobre 2014, sono state effettuate 108 verifiche di adeguamento. Gli esiti sono stati (v. grafico ): - 60 amministrazioni (55%) si sono adeguate pienamente alle richieste dell’Autorità; - 32 amministrazioni (30%) si sono adeguate parzialmente alle richieste dell’Autorità; - 16 amministrazioni (15%) non si sono adeguate alle richieste dell’Autorità. Nei casi di adeguamento parziale o non adeguamento, l’Autorità ha avviato ulteriori iniziative, di diffida o ordine, tese alla rimozione dell’inosservanza. Per scaricare l'elenco delle Pubbliche Amministrazioni indicate nel rendiconto ANAC cliccare su "Accedi al provvedimento".

 
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Funzione Pubblica: al via il Secondo Piano d'Azione nazionale che promuove la trasparenza dei governi attraverso le idee dei cittadini

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L’Italia aderisce all’iniziativa internazionale Open Government Partnership che promuove la trasparenza dei governi e l'integrità della loro azione attraverso la partecipazione attiva dei cittadini, delle associazioni di categoria e delle imprese. In linea con i principi dell'Open Government declaration, è aperta la consultazione sulle proposte di azioni che l'Italia vuole inserire nel suo Secondo Piano d'Azione Nazionale OGP e che intende sostenere e realizzare nel secondo ciclo di programmazione, che avrà termine a giugno del 2016. Le azioni proposte sono il risultato di un lavoro di collaborazione avviato tra Dipartimento della Funzione Pubblica, AgID ed ANAC con alcune delle Organizzazioni della Società civile italiana che hanno avuto un primo incontro in forma di focus group il 7 ottbore 2014. Chiunque può leggere e commentare le azioni proposte. Tutti i commenti contribuiscono a migliorare e integrare le azioni del Secondo Piano d'Azione Nazionale OGP ed inoltre è possibile votare le azioni. La consultazione è aperta dal 4 al 21 novembre 2014. Per maggiori informazioni cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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La par condicio nell'evoluzione dei mezzi di comunicazione

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Dalla "concentrazione delle testate" nell’informazione cartacea alla "par condicio" nell’informazione radio-televisiva: parità di trattamento nell’accesso ai moderni mezzi di comunicazione (radio-televisione digitale e satellitare, pc, tablet e smart phones); il ruolo dei "social network".

 
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GIURISPRUDENZA

Sanzioni amministrative: irretroattività e principio di legalità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

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È pacifico in giurisprudenza che "in materia di sanzioni amministrative vige il principio di legalità, secondo cui (art. 1 della legge n.689 del 1981) nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione" ed anche a voler interpretare in maniera restrittiva, come generalmente riconosciuto, l'art. 25 Cost., nel senso che esso si riferisca alle sole norme penali, "ciò non toglie che per le sanzioni amministrative debba pur sempre valere il generale canone di irretroattività posto dall'art. 11 disp. prel. cod. civ." (cfr. Cons. di Stato, V, 15.7.2013, n. 3847 e nello stesso senso Cons. di Stato, V, 11.04.2013, n. 1973).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

 
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È pacifico in giurisprudenza che "in materia di sanzioni amministrative vige il principio di legalità, secondo cui (art. 1 della legge n.689 del 1981) nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della viola ... Continua a leggere

 

Appalti da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa: le incompatibilità dei commissari di gara dipendenti della stazione appaltante e l'imparzialità dei componenti esterni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

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L'art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, relativo alla composizione della commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione di un appalto con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al comma 4 prevede che i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. Come evidenziato da ricorrente giurisprudenza, l'incompatibilità mira a garantire l'imparzialità dei commissari di gara che abbiano svolto incarichi relativi al medesimo appalto, quali compiti di progettazione, di verifica della progettazione, di predisposizione della legge di gara e simili e non incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti (Consiglio di Stato, sez. VI, 29.12.2010, n. 9577; sez. V, 22.6.2012, n. 3682). L'ottavo comma dell'art. 84 citato, prevede che i commissari diversi dal presidente siano selezionati fra i funzionari della stazione appaltante e che, in caso di accertata assenza nell'organico di adeguata professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, siano scelti tra i funzionari di amministrazioni aggiudicatrici a termini dell'art. 3, comma venticinquesimo, ovvero con criterio di rotazione tra gli appartenenti alle categorie dei professionisti, con almeno 10 anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell'ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali e dei professori universitari di ruolo. E' evidente, quindi, che l'incompatibilità riguarda i componenti dipendenti dalla stazione appaltante e non gli esterni, fermo restando che anche per questi ultimi, quando occorra fare ricorso ad essi, la norma mira a disciplinarne la nomina secondo un criterio di imparzialità, quale predicato all'articolo 97 della Costituzione, obiettivizzando, per quanto possibile, la scelta dei componenti delle commissioni,per sottrarla a possibili elementi di eccessiva discrezionalità o di arbitrio dell'amministrazione aggiudicatrice che possano pregiudicarne proprio la trasparenza e l'imparzialità (Consiglio Stato, sez. V, 25.7.2011, n. 4450). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provevdimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

 
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L'art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, relativo alla composizione della commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione di un appalto con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al comma 4 prevede che i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere al ... Continua a leggere

 

Giudizio di ottemperanza: interessi e rivalutazione non possono essere chiesti per la prima volta in sede di ottemperanza

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

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L'oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione (Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 1997, n. 1108; sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626; 17 ottobre 2000, n. 5512) e che detta verifica - che deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l'esecuzione (Cons. Stato, sez. V, 9 maggio 2001, n. 2607; sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 49; 28 dicembre 1999, n. 1964) - comporta da parte del giudice dell'ottemperanza una delicata attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, attività da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza "petitum - causa petendi - motivi - decisum" (Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2001, n. 49; 28 dicembre 1999, n. 1963; sez. V, 28 febbraio 2001, n. 1075). In sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se sia ad essa conseguente o collegato (Cons. Stato,, sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 247), non potendo essere neppure proposte domande che non siano contenute nel "decisum" della sentenza da eseguire (Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2001 n. 49; 10 agosto 2000, n. 4459; Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2010 , n. 5817). Come chiarito da questo Consiglio di Stato (sez. VI n. 3371 del 3.7.2014, Sez. VI, n. 6504 del 2011), con decisioni da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, se il giudicato non contiene alcuna condanna alla corresponsione degli accessori sul credito, l'Amministrazione, in sede di esecuzione della sentenza, non è tenuta a corrisponderli. Inoltre non è possibile desumere per implicito dal giudicato il riconoscimento degli interessi e della rivalutazione atteso che, da un lato, per il principio della domanda, il giudice non può attribuire accessori non richiesti e che, dall'altro lato, l'attribuzione di tali accessori implica la soluzione di svariate questioni in tema di criteri di computo e loro cumulo, che necessitano di statuizione espressa. Interessi e rivalutazione non possono essere chiesti per la prima volta in sede di ottemperanza, considerato che si tratta di domanda accessoria di cognizione, che va articolata nel giudizio di cognizione e che, nel giudizio di ottemperanza, possono essere chiesti solo gli accessori maturati dopo la sentenza di cui si chiede l'esecuzione. Di tal che, in definitiva, questo giudice non potrebbe riconoscere per la prima volta in sede di ottemperanza interessi e rivalutazione non attribuiti in sede di cognizione.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 4.11.2014

 
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L'oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all'interessato l'utilità o il bene della vita già riconosciutogli in s ... Continua a leggere

 

Mobbing: le coordinate giurisprudenziali per l'accertamento di una condotta mobbizzante

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

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Nella sentenza in esame la Sesta sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto di confermare le coordinate giurisprudenziali formatesi in materia a tenore delle quali: - per mobbing, in assenza di una definizione normativa, si intende normalmente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo. A tal fine, la condotta di mobbing del datore di lavoro va esposta nei suoi elementi essenziali dal lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l'esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il Giudice Amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione (Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4135; Sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388); - non si ravvisano gli estremi del mobbing nell'accadimento di episodi che evidenziano screzi o conflitti interpersonali nell'ambiente di lavoro e che per loro stessa natura non sono caratterizzati da volontà persecutoria essendo in particolare collegati a fenomeni di rivalità, ambizione o antipatie reciproche. In particolare nel lavoro "pubblico", per configurarsi una condotta di mobbing, è necessario un disegno persecutorio tale da rendere tutti gli atti dell'amministrazione, compiuti in esecuzione di tale sovrastante disegno, non funzionali all'interesse generale a cui sono normalmente diretti (Sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1609; Sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3648); - la ricorrenza di un'ipotesi di condotta mobbizzante deve essere esclusa quante volte la valutazione complessiva dell'insieme di circostanze addotte (ed accertate nella loro materialità), pur se idonea a palesare, singolarmente, elementi od episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di ordinaria verosimiglianza, il carattere esorbitante ed unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro. Segue da ciò che, nel verificare l'integrazione del mobbing è necessario, anche in ragione della indeterminatezza normativa della figura, attendere ad una valutazione complessiva ed unitaria degli episodi lamentati dal lavoratore, da apprezzare per accertare tra l'altro, da un lato, l'idoneità offensiva della condotta datoriale (desumibile dalle sue caratteristiche di persecuzione e discriminazione) e, dall'altro, la connotazione univocamente emulativa e pretestuosa della condotta (Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 856; Sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 14); - non si può addebitare un disegno persecutorio qualora non sia possibile desumere elementi di prova dalla illegittimità dei provvedimenti, non essendo stati, tali atti, impugnati, e non siano state provate condotte personali dei superiori del dipendente tali da manifestare il connotato della vessatorietà, delle minacce, della violenza e delle ingiurie. Di conseguenza, la domanda di risarcimento dei danni discendenti da illecito demansionamento e mobbing non può essere accolta qualora il lavoratore non abbia tempestivamente impugnato i provvedimenti organizzativi, adottati dall'Amministrazione nell'ambito della sua attività gestionale, da cui è derivata l'asserita modifica peggiorativa del rapporto lavorativo (Sez. V, 27 maggio 2008, n. 2515). Alla stregua dei predetti orientamenti giurisprudenziali, l’appello risulta destituito di fondamento e la sentenza impugnata merita conferma, essendo esente dalle censure mosse per le considerazioni nel seguito sviluppate.....3.- In punto di diritto il discorso deve muovere dal costante orientamento interpretativo sopra precisato di questo Consiglio di Stato, secondo cui per mobbing si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità.....Sul punto vale rilevare, come precisato da Cassazione civile (Sez. lavoro, sentenza 5 agosto 2010, n. 18283), che, in tema di provvedimento del datore di lavoro a carattere ritorsivo, l'onere della prova grava sul lavoratore, potendo esso essere assolto con la dimostrazione di elementi specifici, tali da far ritenere con sufficiente certezza l'intento di rappresaglia, il quale deve aver avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione del provvedimento illegittimo. Ne consegue che, in sede di giudizio di legittimità, il lavoratore che censuri la sentenza di primo grado per aver negato carattere ritorsivo al provvedimento datoriale non può limitarsi a dedurre la mancata considerazione, da parte del giudice, di circostanze rilevanti in astratto ai fini della ritorsione, ma deve indicare elementi idonei ad individuare la sussistenza di un rapporto di causalità tra le circostanze pretermesse e l'asserito intento di rappresaglia. Ad ogni modo, nel concreto, le lamentate pause lavorative sono connesse a disfunzioni o a diverse impostazioni organizzative dei superiori rispetto a quelle ritenute più valide dalla ricorrente o conseguenti agli oscillanti orientamenti giustiziali in tema di collocamento a riposo dei docenti universitari. Per caricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.11.2014

 
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Immediata lesività della delibera comunale: un atto generale, pur quando ha natura regolamentare, è immediatamente impugnabile quando incide - senza la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi – sui comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 7.11.2014

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Un atto generale, pur quando ha natura regolamentare, è immediatamente impugnabile quando incide senz’altro – senza la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi – sui comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari. Questo il principio ribadito dal Consiglio di Stat che nella sentenza in esame ha evidenziato come il soggetto autorizzato a svolgere una certa attività, in concreto avente alcune caratteristiche (e anche quando gestisca un bene pubblico), ben può impugnare l’atto amministrativo generale che regoli – senza necessità di un atto applicativo – la medesima attività sotto qualsiasi suo profilo di svolgimento e di convenienza nei rapporti contrattuali con i terzi (cfr. Sez. V, 16 febbraio 2002, n. 960). Nella specie, risulta immediatamente lesivo ed impugnabile il provvedimento che – nell’individuare i casi in cui il concessionario del bene comunale possa disporne la cessione ad un soggetto subentrante – ha fissato la ulteriore e strettamente connessa regola per la quale, a seguito e a causa della cessione, il medesimo subentrante debba corrispondere al concedente un importo superiore a quello in precedenza dovuto dal concessionario: è evidente come di per sé una tale regola sia idonea ad incidere sulle valutazioni della convenienza delle trattative tra le imprese e sulla positiva conclusione del contratto di cessione tra il concessionario ed il subentrante. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 7.11.2014

 
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Incompatibilità dei membri di Organi collegiali: l'obbligo di astensione per incompatibilità è espressione del principio generale di imparzialità e di trasparenza al quale ogni Pubblica amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

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Ai fini della sussistenza in capo al soggetto membro di un organo collegiale dell'obbligo di astensione per incompatibilità è sufficiente che il medesimo sia portatore di interessi personali anche soltanto potenzialmente confliggenti o divergenti rispetto all'interesse generale affidato alle cure dell'organo di appartenenza, risultando ininfluente che, nel corso del procedimento, il detto organo abbia proceduto in modo imparziale ovvero che non sussista prova del condizionamento eventualmente subito in sede di adozione delle proprie determinazioni dalla partecipazione di soggetti portatori di interessi personali diversi, atteso che l'obbligo di astensione per incompatibilità è espressione del principio generale di imparzialità e di trasparenza al quale ogni Pubblica amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione (Cons. St., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3744).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

 
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Ai fini della sussistenza in capo al soggetto membro di un organo collegiale dell'obbligo di astensione per incompatibilità è sufficiente che il medesimo sia portatore di interessi personali anche soltanto potenzialmente confliggenti o divergenti rispetto all'interesse generale affidato alle cure d ... Continua a leggere

 

Definizione del giudizio con sentenza breve: la mancata opposizione delle parti, ritualmente avvisate dal T.A.R., in ordine alla definizione del giudizio con sentenza breve, non consente alle stesse di utilizzare lo strumento dell’appello per introdurre tardivamente motivi di opposizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto nel giudizio in esame inaccoglibile l’eccezione di nullità della sentenza per violazione dell’art. 60 c.p.a. Risulta, infatti, dal verbale dell’udienza svoltasi dinanzi al TAR la mancata opposizione di tutte le parti alla definizione del giudiziocon sentenza breve, circostanza ribadita anche durante la discussione dinanzi a questo Consiglio nell’udienza del 4 novembre 2014. La doglianza, pertanto, si palesa inammissibile in quanto come ribadito dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. St., Sez. V, 3777/2012; Sez. IV, 4244/2010), la mancata opposizione delle parti, ritualmente avvisate dal T.A.R., in ordine alla definizione del giudizio nelle forme sopra indicate, non consente alle stesse di utilizzare lo strumento dell’appello per introdurre tardivamente motivi di opposizione non palesati dinanzi al giudice di prime cure. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

 
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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto nel giudizio in esame inaccoglibile l’eccezione di nullità della sentenza per violazione dell’art. 60 c.p.a. Risulta, infatti, dal verbale dell’udienza svoltasi dinanzi al TAR la mancata opposizione di tutte le parti alla definizione del giudizio ... Continua a leggere

 

Concorso: una volta impugnati il bando e/o l’esclusione dal concorso (o da una procedura ad evidenza pubblica), è necessario poi impugnare anche l’atto conclusivo del procedimento nel frattempo intervenuto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

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Nella controversia sottoposta all'esame della Quinta Sezione del Consiglio di Stato è stata ritenuta fondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione delle graduatorie definitive. La graduatoria finale formata dagli Enti e dalle Province, a mezzo della quale sono stati assegnati i posti, configura un atto autonomamente lesivo della posizione dei ricorrenti, da impugnare nel termine di decadenza, la cui inoppugnabilità ha fatto divenire improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il gravame proposto contro gli atti presupposti ed intermedi. Sul punto di diritto controverso la Sezione non si è quindi discostata dai principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui una volta impugnati il bando e/o l’esclusione dal concorso (o da una procedura ad evidenza pubblica), occorre poi impugnare anche l’atto conclusivo del procedimento nel frattempo intervenuto, pena l’improcedibilità del ricorso avverso l’atto presupposto (Consiglio di Stato, Sezione V, 11 agosto 2010, n. 5618, 17 settembre 2008, n. 4400, 10 maggio 2010 n. 2766, 26 agosto 2008, n. 4053). Tale conclusione trova conforto nel condiviso orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la non necessità di impugnazione dell’atto finale, quando sia stato già contestato quello preparatorio, opera unicamente quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone quale inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed autonome valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti. Diversamente, quando l’atto finale, pur partecipando della medesima sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisce conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, l’immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale (Consiglio di Stato, Sezione V, 11 agosto 2010; 22 gennaio 2014, n. 329) . Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 5.11.2014

 
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Processo amministrativo: è improcedibile il ricorso se l'Amministrazione resistente adotta un nuovo provvedimento, che si sostituisce integralmente all'atto impugnato prendendone il posto con effetto retroattivo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

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Nel giudizio in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come nel caso di specie i nuovi provvedimenti adottati dall'Amministrazione nelle more del giudizio implicitamente eliminano dal mondo giuridico i precedenti, disponendo in ordine alla fattispecie con novità di argomentazioni e considerazioni, anche sul piano fattuale, venendo nuovamente a regolare le situazioni di interesse legittimo degli appellanti, manifestando inequivocabilmente la volontà di "conferma" della decadenza delle autorizzazioni di cui trattasi. Con la conseguenza che si applica la giurisprudenza del Consiglio a tenore della quale l’adozione da parte dell'Amministrazione resistente di un nuovo provvedimento, che si sostituisce integralmente all'atto impugnato con il ricorso, prendendone il posto con effetto retroattivo, impone la declaratoria d'improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio (C.d.S., IV Sez., n. 4742 del 22.9.2014; III Sez., n. 3491 del 9.7.2014). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 31.10.2014

 
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Revocazione della sentenza: la giurisprudenza in materia di errore di fatto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014

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Per la pacifica giurisprudenza (del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione) l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi degli artt. 106 c.p.a e 395, n. 4, c.p.c., deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata o mancata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (Cons. St., Ad. Plen., 17 maggio 2010, n. 2; sez. III, 23 giugno 2014, n. 3183; 7 aprile 2014, n. 1635; 1° ottobre 2012, n. 5162; 8 giugno 2012, n. 3392; 24 maggio 2012, n. 3053; 27 gennaio 2012, n. 197; sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4712; 24 gennaio 2011, n. 503, 23 settembre 2008, n. 4607; 16 settembre 2008, n. 4361; 20 luglio 2007, n. 4097; e meno recentemente, 25 agosto 2003, n. 4814; 25 luglio 2003, n. 4246; 21 giugno 2001, n. 3327; 15 luglio 1999 n. 1243; sez. V, 30 agosto 2013, n. 4319; sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1316; 9 febbraio 2009, n, 708; 17 dicembre 2008, n. 6279; C.G.A., 29 dicembre 2000, n. 530; Cass. Civ., sez. I, 24 luglio 2012, n. 12962; 5 marzo 2012, n. 3379). L’errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006; sez. VI, 25 maggio 2012, n. 2781; 5 marzo 2012, n. 1235). L’errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o in un abbaglio dei sensi che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’abbaglio dei sensi (Cons. St., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1° dicembre 2010, n. 8385). Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo, Cons. St., sez. III, 24 maggio 2012, n. 3053), esso non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento, Cons. St., sez. III, 8 ottobre 2012, n. 5212; sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5187; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; 18 ottobre 2012, n. 5353; 26 marzo 2012, n. 1725; sez. VI, C.d.S., sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 15 maggio 2012, n. 2781; 16 settembre 2011, n. 5162; Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836; sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488). Per scaricare gratuitamente la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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Per la pacifica giurisprudenza (del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione) l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi degli artt. 106 c.p.a e 395, n. 4, c.p.c., deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice errata o mancata percezione del co ... Continua a leggere

 

Commissione di concorso: i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014

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Secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa (Sez. VI, 23 settembre 2014, n. 4789; Sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1606; Sez. VI, 18 luglio 2014, n. 3850, 30 luglio 2013, n. 4015, 27 novembre 2012, n. 4858, e 31 maggio 2012, n. 3276). Il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento in esame, essendo lo stesso fondato su un equilibrato contemperamento tra la necessità di assicurare il rispetto del principio di imparzialità dell’attività amministrativa e le altrettanto rilevanti esigenze di certezza, stabilità e buon andamento dell’amministrazione. Queste ultime verrebbero infatti eccessivamente sacrificate se fosse sufficiente ad invalidare gli atti di procedure concorsuali la sola esistenza di rapporti di conoscenza del tipo di quelli presi in esame (in senso negativo) nei precedenti sopra richiamate, in quanto essi possono al più fondare l’iniziativa del commissario di astenersi, mentre un concreto sospetto di non imparziale selezione dei concorrenti è ragionevolmente ravvisabile solo se accompagnato da ulteriori e più specifici elementi tali da evidenziare il rischio di ‘inquinamento’ del giudizio valutativo. Del pari, questa Sezione ha statuito che il concetto di "esperto", al quale fanno riferimento diverse disposizioni ai fini della composizioni delle commissioni di concorso (nel caso di specie il regolamento di disciplina degli accessi agli impieghi del Comune di Bari), implica il possesso di un titolo di studio corrispondente alle materie oggetto delle prove concorsuali ed un’attività professionale che dimostri la competenza specifica dell’esaminatore del concorso in queste, essendo quindi necessario e sufficiente che il membro abbia acquisito una approfondita conoscenza delle materie sulla base delle quali dovrà svolgersi la valutazione della capacità dei concorrenti, alternativamente mediante un’attività professionale accademica o di servizio (Sez. V, 4 agosto 2014, n. 4162). Per contro, l’obbligo per l’amministrazione di nominare commissari "esperti" non può spingersi fino a richiedere che questi siano in possesso di titoli culturali, accademici o pubblicazioni scientifiche sulla materia oggetto di selezione, essendo sufficiente una competenza specifica ed idonea a valutare i candidati, da apprezzare nel caso concreto (così la sentenza n. 574 del 30 gennaio 2013 di questa Sezione). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014

 
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Secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa (Sez. VI, 23 settembre 2014, n ... Continua a leggere

 
 
 
 
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