
News 2 Novembre 2014 - Area Amministrativa
Motorizzazione: dal 3 novembre multe per chi usa l'auto oltre 30 giorni senza esserne proprietario. Esenzione per i conviventi dello stesso nucleo familiare

Da lunedì 3 novembre entra in vigore la nuova norma (comma 4 bis inserito nell'articolo del Codice della strada con l'ultima riforma, legge 120/2010) che impone l'obbligo di aggiornare la carta di circolazione per chi usa un'autovettura e ne dispone come fosse il proprietario, senza esserlo. Laconfusione sull'argomento vige sovrana ed è per questo che si ritiene utile segnalare anche il comunicato di Lineamica che in modo semplice ha evidenziato come in questi casi occorrerà recarsi alla Motorizzazione civile e farsi annotare sul libretto il nome di chi utilizza, dal 3 novembre in poi, per un periodo superiore a 30 giorni. Restano fuori dall'applicazione della norma tutti i casi di uso condiviso che si possono verificare comunemente in famiglia (per i conviventi dello stesso nucleo c'è una esenzione esplicita). Il nome da apporre va comunicato direttamente alla Motorizzazione di riferimento entro 30 giorni dal momento in cui si verifica il nuovo utilizzo del mezzo.
Da lunedì 3 novembre entra in vigore la nuova norma (comma 4 bis inserito nell'articolo del Codice della strada con l'ultima riforma, legge 120/2010) che impone l'obbligo di aggiornare la carta di circolazione per chi usa un'autovettura e ne dispone come fosse il proprietario, senza esserlo. La ... Continua a leggere
Promozione della cultura e della lingua italiana all'estero: entra in vigore il 1.1.2015 il nuovo Regolamento sulla concessione di premi e contributi

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 254 del 31.19.2014 il decreto n. 159/2015 del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale contenente il "Regolamento recante norme sulla concessione di premi e contributi per la divulgazione del libro italiano e per la traduzionedi opere letterarie e scientifiche, nonche' per la produzione, il doppiaggio e la sottotitolatura di cortometraggi e lungometraggi e di serie televisive, destinati ai mezzi di comunicazione di massa." Per scaricare il regolamento che entrerà in vigore il 1 gennaio 2015 cliccare su "Accedi al Provvedimento".
E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 254 del 31.19.2014 il decreto n. 159/2015 del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale contenente il "Regolamento recante norme sulla concessione di premi e contributi per la divulgazione del libro italiano e per la traduzione ... Continua a leggere
Attività di notifica: in Gazzetta Ufficiale il decreto sulle modalità per l'affidamento all'agente della riscossione territorialmente competente

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 29.10.2014 il decreto 21.10.2014 del Ministero dell'Economia e delle Finanze recante "Modalita' procedurali per l'affidamento all'agente della riscossione territorialmente competente dell'attivita' di notifica." Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".
E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 29.10.2014 il decreto 21.10.2014 del Ministero dell'Economia e delle Finanze recante "Modalita' procedurali per l'affidamento all'agente della riscossione territorialmente competente dell'attivita' di notifica." Per scaricare il decreto clicc ... Continua a leggere
Concorsi pubblici: in materia di assunzione degli aventi titolo alla riserva solo le controversie nelle quali non si contesta la graduatoria ma il riparto dei posti dei riservatari nell'ambito delle fasce rientrano nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014

L’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di pubblici dipendenti, sicché la controversia scaturita da una modificazione della graduatoria di merito di un concorso perl'accesso al pubblico impiego, originata dal mancato riconoscimento ad un concorrente della qualifica di riservatario ai sensi della l. n. 68 del 1999, rientra senz’altro nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto ciò che attiene alla corretta quantificazione ed alla legittima elaborazione della graduatoria conclusiva del procedimento inerisce ratione materiae alla procedura concorsuale (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 giugno 2001 n. 3088; 23 settembre 2002 n. 4829; 18 marzo 2003 n. 1077). Quindi in materia di assunzione degli aventi titolo alla riserva solo le controversie nelle quali non si contesta la graduatoria ma il riparto dei posti dei riservatari nell'ambito delle fasce sono al più riconducibili all'ambito privatistico e rientrano nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario, venendo in questione la fase successiva rispetto al procedimento amministrativo ed all'attività autoritativa che si esaurisce con l'approvazione della graduatoria (Cassazione civile, sez. un., 13 febbraio 2008, n. 3409). Nella specie, trattandosi di verificare la legittimità della graduatoria conclusiva del procedimento, la Sezione rileva che sussiste la giurisdizione amministrativa, con conferma sul punto della sentenza appellata.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014
L’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di pubblici dipendenti, sicché la controversia scaturita da una modificazione della graduatoria di merito di un concorso per ... Continua a leggere
Strutture sanitarie: la sussistenza dei presupposti che giustificano il pagamento delle indennità per attività svolta in plus orario presso le strutture sanitarie
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014

La materia controversa in discussione innanzi alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato verte sulla individuazione e sussistenza dei presupposti che giustificano il pagamento delle indennità per attività svolta in plus orario presso le strutture sanitarie. L’attività lavorativa in plus orario rientra nell’istituto economico dell'incentivazione della produttività previsto dagli articoli 59 e segg. del d.p.r. 25 giugno 1983 n. 348, 66 e segg. e 101 e segg. del d.p.r. 20 maggio 1987 n. 270, e dagli artt. 123 e segg. del d.p.r. 28 novembre 1990 n. 384. Conformemente a giurisprudenza consolidata (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, n. 351 del 2004; n. 5967 del 2006; n. 3807 del 2010, n. 754 e n. 791 del 2011; n. 783 del 2012), la liquidazione del compenso incentivante comporta lo svolgimento di una complessa ed articolata procedura che prevede, prima della liquidazione: - la programmazione di tale attività, in relazione alle finalità incentivanti perseguite, tramite l'adozione di atti formali autorizzatori, quanto meno ai fini della giustificazione della spesa a carico del bilancio dell'Amministrazione non potendosi erogare somme che non trovino copertura formale e sostanziale in un esplicito provvedimento, a prescindere da acconti erogati con salvezza di conguagli; - il controllo della compatibilità finanziaria, posto che la retribuzione delle prestazioni in plus orario è subordinata alla copertura finanziaria dell'apposito fondo regionale avente siffatta destinazione; - la trattativa con le organizzazioni sindacali aziendali rappresentative delle diverse categorie di personale del comparto e la stipula di "Intesa" proprio per l'attribuzione del plus orario alle varie strutture interessate e quindi sempre nell'ambito della effettiva copertura finanziaria; - la verificazione del conseguimento degli specifici obiettivi individuati, quindi dell'incremento della qualità ed economicità dei servizi e dell'effettiva maggiore produttività riscontrabile procapite attraverso gli organismi di valutazione previsti dalle disposizioni vigenti (Commissione di verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni e Nucleo interdisciplinare di valutazione, organo autonomo rispetto all'Azienda) nonché i prescritti controlli del Collegio dei Revisori dei Conti e degli organi regionali. Ne consegue l'esclusione di ogni ipotizzabile automatismo e di ogni ravvisabile rapporto paritetico tra le parti, delle quali quella privata risulta portatrice di situazioni catalogabili quali interessi legittimi, per l'evidente presenza di poteri discrezionali in capo all'Amministrazione sanitaria (cfr. citata Sez. V n. 3807 del 2010 e n. 791 del 2011). Quanto poi alla misura del compenso per l'attività prestata in "plus orario", essa trova un limite vincolante ed insuperabile nella copertura finanziaria e quindi nella disponibilità dei fondi a tal fine appositamente costituiti, con la conseguenza che è anche possibile una proporzionale decurtazione delle eventuali spettanze per ogni soggetto avente titolo (invero, come precisato da questa sezione con la sentenza n. 1455 del 2011, il fondo per il pagamento dei compensi autorizzati in regime di incentivazione non può che essere gestito in modo da garantire un parallelismo costante tra le prestazioni autorizzate e le risorse di copertura, per cui tale forma di incentivazione vale solo nei limiti di capienza delle risorse disponibili sul fondo previsto il cui ammontare peraltro può essere determinato solo a posteriori, in quanto connesso alle risorse effettivamente affluite nello stesso fondo secondo le modalità indicate nelle disposizioni contrattuali).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 29.10.2014
La materia controversa in discussione innanzi alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato verte sulla individuazione e sussistenza dei presupposti che giustificano il pagamento delle indennità per attività svolta in plus orario presso le strutture sanitarie. L’attività lavorativa in plus orario rie ... Continua a leggere
Processo amministrativo: Il termine lungo per proporre appello contro le sentenze rese in sede di ottemperanza è di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.10.2014

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza deposita il 28.10.2014 ha confermato che "Il termine lungo per proporre appello contro le sentenze rese in sede di ottemperanza, infatti, è di tre mesi, perché soggiace alla dimidiazione dei termini prevista dal combinato disposto degli artt. 114, comma 9, 92, comma 1, e 87, comma 3, c.p.a., seguendo il procedimento di ottemperanza il rito camerale (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 4.7.2014, n. 3389; Cons. St., sez. V, 17.6.2014, n. 3085)."
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.10.2014
La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza deposita il 28.10.2014 ha confermato che "Il termine lungo per proporre appello contro le sentenze rese in sede di ottemperanza, infatti, è di tre mesi, perché soggiace alla dimidiazione dei termini prevista dal combinato disposto degli artt. 1 ... Continua a leggere
Ordinanze contingibili ed urgenti: nessuna comunicazione di avvio del procedimento quando l’ordinanza extra ordinem non possa tollerare il previo contraddittorio con l’interessato a pena di svuotamento dell'effettività e particolare rapidità necessaria
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello in esame i virtù della giurisprudenza che ha da tempo ritenuto che non sussista l’obbligo di avviso di avvio del procedimento quando l’ordinanza contingibile ed urgente non possa tollerare il previo contraddittorio con l’interessato a pena di svuotamento di quella effettività e particolare rapidità cui la legge preordina l'istituto in questione e di conseguente la compromissione di valori fondamentali quali quello della tutela della salute (Cons. St., Sez. I, 29 ottobre 2008, n. 2442). Né del resto ricorre quell’eccezione che ha caratterizzato il giudizio concluso con la sentenza citata dal primo giudice (Cons. St., V, 9 febbraio 2001, n. 580), relativa ad un’ordinanza contingibile ed urgente avente ad oggetto la realizzazione di opere per contrastare l’elevata soglia di inquinamento acustico provocato dal passaggio dei veicoli lungo l'autostrada. Infatti, nella motivazione della citata pronuncia si legge: "Il collegio è consapevole che proprio in materia di ordinanza contingibile ed urgente questo Consiglio ha ritenuto non necessario l'avviso di avvio del procedimento, in considerazione dell'eccezione normativa relativa alle esigenze di particolare celerità (Cons. Stato, V Sez., 14 aprile 1997 n. 354). Però tali concrete esigenze, come dimostrato, non ricorrono nel caso di specie, sicché vale il principio più sopra affermato, secondo cui l'ordinanza contingibile ed urgente dev'essere assistita da tutte le garanzie che siano effettivamente compatibili con i presupposti e gli effetti dell'atto e, tra di esse, non può che essere assorbita anche la fondamentale garanzia di partecipazione al procedimento… L'inciso iniziale dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, relativo alla sussistenza di ragioni derivanti da particolari esigenze di celerità, non ha l'effetto di esentare una categoria astratta di provvedimenti amministrativi, quelli la necessità ed urgenza, dall'obbligo di comunicare l'inizio del procedimento, ma impone solo la verifica delle effettive e peculiari ragioni di ogni singolo caso. Oltretutto, come anticipato, la partecipazione del destinatario era necessaria rispetto ad un procedimento che si prefiggeva di provvedere in via definitiva alla situazione denunciata dall'Amministrazione comunale. La varietà degli interessi coinvolti, l'obiettiva difficoltà di individuare le concrete misure tecniche e la specificazione del soggetto obbligato avrebbero non solo richiesto la partecipazione del destinatario, ma anche favorito l'adozione di moduli procedimentali fondati sul contatto diretto se non addirittura sull'accordo tra interessati". Nel caso in esame, invece, l’ordinanza contingibile ed urgente ha l’effetto di sospendere un’attività industriale insalubre priva della necessaria autorizzazione, sicché la situazione di pericolo per la salute pubblica ha giustificato un intervento immediato, differendo ad un momento successivo alla sospensione dell’attività pericolosa non autorizzata il contraddittorio con l’amministrazione. Del resto ciò che rileva nell'adozione dell'ordinanza sindacale contingibile ed urgente è l'attualità della situazione di pericolo nel momento in cui il Sindaco provvede, e non anche il tempo trascorso dal momento in cui detta situazione si è per la prima volta manifestata, posto che il decorso del tempo, nella fattispecie un anno da quando era stata denegata l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività, può solo aggravare e non certo sanare il riscontrato pericolo. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.10.2014
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello in esame i virtù della giurisprudenza che ha da tempo ritenuto che non sussista l’obbligo di avviso di avvio del procedimento quando l’ordinanza contingibile ed urgente non possa tollerare il previo contraddittorio con l’interessato a pe ... Continua a leggere
Distacco dei dipendenti degli Enti locali: la Consulta dichiara inammissibile la questione di legittimità dell'art. 271 del TUEL che esclude la possibilità di distaccare il personale presso associazioni diverse da quelle tassativamente indicate

Il comma 2 dell'art. 271 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), i cui primi due periodi prevedono che «Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza.». La legittimità costituzionale di tale norma è stata sollevata nel giudizio promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra la Lega Toscana delle autonomie locali ed altra e il Comune di Lastra a Signa avverso il provvedimento con il quale il Comune di Lastra a Signa ha respinto la richiesta finalizzata ad ottenere il distacco temporaneo di un dipendente comunale presso la sede dell'associazione. La Corte Costituzionale con sentenza del 24.10.2014, n. 241 ha dichiarato la questione di costituzionalità inammissibile sotto diversi profili. Si legge nella parte motiva della sentenza: "Va, preliminarmente, rilevato che l'intero impianto motivazionale dell'ordinanza di rimessione - che muove dalla riaffermazione (non contestata) del carattere tassativo della norma censurata - risulta incentrato sulla lamentata lesione del principio di uguaglianza per ingiustificata disparita' di trattamento a sfavore delle associazioni diverse da quelle tipizzate dalla norma medesima entro un numerus clausus di associazioni potenzialmente beneficiarie dei distacchi in esame. A giudizio del Collegio a quo, tale disparita' (il cui potenziale lesivo viene posto a fondamento di tutte le censure riferite ai singoli parametri evocati) sarebbe altresi' accentuata dalla «cristallizzazione delle associazioni beneficiarie che opera in modo avulso dalla verifica del dato, potenzialmente variabile, dell'effettiva assunzione di un altrettanto o piu' rilevante grado di rappresentativita' e meritevolezza anche da parte di associazioni diverse». 3.1.- Tale essendo la prospettazione, risulta innanzi tutto come la generale denuncia della lesione del principio di uguaglianza (rappresentata, come detto, quale vulnus che connota anche tutte le altre censure) sia svolta dal rimettente sulla base di un assunto, non altrimenti argomentato (e pertanto in se' apodittico), che prescinde dalla formulazione (e dalla soluzione) di quel giudizio di relazione tra la disciplina censurata e quella proposta quale modello di coerenza costituzionale, che dovrebbe costituire la premessa argomentativa necessaria per affrontare (e risolvere) il sotteso controllo di ragionevolezza della norma impugnata. Questa Corte ha, infatti, affermato che «il parametro della eguaglianza non esprime la concettualizzazione di una categoria astratta, staticamente elaborata in funzione di un valore immanente dal quale l'ordinamento non puo' prescindere, ma definisce l'essenza di un giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente dinamico» (sentenza n. 89 del 1996). Pertanto, poiche' «il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtu' del quale a situazioni eguali deve corrispondere l'identica disciplina e, all'inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, cio' equivale a postulare che la disamina della conformita' di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul "perche'" una determinata disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo». 3.2.- A fronte di siffatta giurisprudenza - che muove dalla constatazione secondo la quale, «essendo qualsiasi disciplina destinata per sua stessa natura ad introdurre regole e, dunque, a operare distinzioni, qualunque normativa positiva finisce per risultare necessariamente destinata ad introdurre nel sistema fattori di differenziazione» -, il giudice a quo non ha specificamente argomentato (se non assertivamente affermandola) l'effettiva comparabilita' di tali fattori. L'ordinanza di rimessione risulta, infatti, carente di una adeguata motivazione, sia delle ragioni sottese alla formulazione della regola contenuta nella normativa oggetto di censura (di cui viene denunciato esclusivamente il carattere tassativo), sia dei motivi della ritenuta (ma, anch'essa, non altrimenti motivata) omogeneita' (quanto a caratteri, struttura associativa, compiti e funzioni) delle associazioni ricorrenti rispetto a quelle contemplate dalla norma, omogeneita' che determinerebbe la necessita' di estendere ad esse la disciplina in esame. Una tale lacuna risulta ancor piu' evidente ove si ponga mente al fatto che il rimettente neppure considera (se non altro per contestarne le affermazioni) la decisione, pronunciata nel primo grado dello stesso giudizio a quo, che ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimita' costituzionale, per esclusione del dedotto carattere immotivato e discriminatorio della formulazione dell'elenco di cui alla norma impugnata (sull'assunto che esso «comprende tipologie precise di associazioni di Enti locali, individuandone una per ogni tipologia»: Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione seconda, 14 ottobre 2009, n. 1542). 3.3.- Il Collegio si limita viceversa a richiamare, da un lato, quanto disposto dall'art. 270 dello stesso d.lgs. n. 267 del 2000 (che, nella particolare materia di riscossione dei contributi associativi, estende la favorevole portata dispositiva anche alle altre associazioni, diverse da quelle enumerate); e, dall'altro lato, la giurisprudenza di questa Corte, che (in tema di verifica della rappresentativita' delle associazioni sindacali) ne sottolinea l'esigenza al fine di evitare una identificazione aprioristica delle stesse. Nel contempo, tuttavia, esso non spende alcuna argomentazione in ordine alla configurabilita' di quella eadem ratio della disciplina impugnata con quella degli evocati tertia comparationis (sentenza n. 142 del 2014; ordinanze n. 101 e n. 16 del 2014) che sola porterebbe a ritenere "irragionevole", e per cio' stesso arbitraria, la scelta discrezionale del legislatore di differenziare il trattamento di situazioni di comprovata omogeneita'. Ne' giustifica la auspicata estensione del criterio di "maggiore rappresentativita'" (enucleato dalla giurisprudenza della Corte in rapporto alla specificita' - di diretta matrice costituzionale - della regolamentazione delle organizzazioni sindacali: da ultimo sentenza n. 231 del 2013) per individuare le associazioni di enti locali destinatarie del beneficio in esame. 4.- Altrettanto priva di sufficiente apporto argomentativo risulta la censura riferita alla violazione dell'art. 18 Cost., dedotta in quanto l'asserita irragionevole preclusione dell'operativita' del beneficio in favore di altre associazioni produrrebbe un deterrente rispetto all'adesione dell'ente locale a tali associazioni ed «una discriminazione, non ancorata a concreti parametri giustificativi, delle associazioni costituite mediante l'estrinsecazione della liberta' cristallizzata da detto precetto costituzionale». Anche rispetto a tale vulnus, manca una qualche argomentazione circa le prospettate ragioni di incostituzionalita' con riguardo alla concreta diretta incidenza della mancata fruizione del beneficio sulla liberta' di associazione (e quindi sul ventaglio dei diritti a tale liberta' correlati). Peraltro, il rimettente omette di argomentare in ordine alle conseguenze (in termini di configurabilita' o meno della esistenza di situazioni giuridiche attive facenti capo alla associazione, che sarebbero compromesse dalla norma) del fatto che la possibilita' del distacco temporaneo del personale degli enti pubblici presso gli organismi delle associazioni menzionate dalla norma censurata rappresenta una mera facolta' attribuita alla discrezionalita' degli enti stessi e che quindi la possibilita' di essere destinatarie del beneficio non puo' dar luogo a pretese da parte delle associazioni de quibus (neanche di quelle menzionate dalla norma). 5.- Del tutto immotivate (poiche' genericamente riferite agli evocati parametri, senz'altra argomentazione) si configurano anche le denunciate ulteriori violazioni che la norma arrecherebbe agli artt. 114, 118 e 119 Cost., «nella misura in cui lede l'autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali»; ed all'art. 97 Cost. nella parte in cui la previsione dell'elencazione tassativa «discrimina i soggetti che entrano in contatto con gli enti locali». 6.- A siffatti profili di inammissibilita' della sollevata questione, per carenza di motivazione in ordine alla sua non manifesta infondatezza, si aggiunge infine quello derivante dalla specifica formulazione della richiesta di pronuncia di incostituzionalità della norma, censurata «nella parte in cui esclude la possibilita' per gli enti locali di distaccare il proprio personale anche presso associazioni diverse da quelle tassativamente indicate» nella norma stessa. Tale petitum, per la ampiezza della sua portata additiva - in cui, tra l'altro, l'evocato principio della maggiore rappresentativita' neppure viene contemplato quale criterio per l'attribuzione del beneficio de quo -, non si configura come unica soluzione costituzionalmente obbligata (sentenze n. 81 e n. 30 del 2014), in quanto diretta ad una generale ed indiscriminata estensione dell'ambito di applicabilita' del beneficio medesimo a tutte le altre associazioni di enti locali. " Per scaricare la sentenza per esteso cliccare su "Accedi al provvedimento"
Il comma 2 dell'art. 271 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), i cui primi due periodi prevedono che «Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tem ... Continua a leggere