News 31 Marzo 2014 - Area Amministrativa


NORMATIVA

In Gazzetta Ufficiale il Nuovo Piano Casa

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E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo 2014 il nuovo Piano Casa elaborato dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture recante "Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015. Il Ministero dei Trasporti illustra le seguentiprincipali novità: · Riduzione dal 15 al 10% della cedolare secca sugli affitti a canone concordato; · Piano di recupero e manutenzione degli alloggi ex Iacp per 500 milioni di euro; · Incremento di 326 milioni dei fondi dedicati al sostegno per locazioni alle fasce più deboli; · Riscatto a termine dell’alloggio sociale (dopo 7 anni); · Aumento delle detrazioni Irpef per chi occupa alloggi sociali (per redditi fino a 30.000 euro); · Agevolazioni per chi affitta alloggi sociali nuovi o ristrutturati · Lotta all’abusivismo: no residenza e allacciamento utenze per chi occupa abusivamente; · Incentivi alla realizzazione di alloggi sociali; Nel dettaglio le misure del nuovo Piano Casa: SOSTEGNO ALL’AFFITTO A CANONE CONCORDATO 1)RIDUZIONE DELL'ALIQUOTA DELLA CEDOLARE SECCA Per il quadriennio 2014-2017, l’aliquota è ridotta al 10 per cento. Dati del MEF indicano che nel 2012 i contratti di locazione registrati sono stati duecentomila in più rispetto al 2010; 2) 100 MILIONI DI EURO AL FONDO AFFITTO (50 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015) Tali risorse si aggiungono ai 100 milioni di euro già stanziati dal decreto legge IMU dello scorso agosto (n. 102/2013)Acquisita l’intesa della Conferenza permanente Stato/Regioni e il concerto del Ministero dell’economia e delle finanze, ho firmato il 12 febbraio 2014 il decreto di riparto tra le regioni dei primi 50 milioni di euro per il 2014 (ora alla Corte dei Conti) 3) 226 MILIONI DI EURO FONDO MOROSITA’ INCOLPEVOLE (distribuiti dal 2014 al 2020) Tali risorse si aggiungono ai 40 milioni di euro stanziati dal decreto legge IMU dello scorso agosto (n. 102/2013)Acquisito il concerto preliminare del Ministero dell’economia e delle finanze (4 marzo 2014), in data 5 marzo 2014 Lo schema di decreto ministeriale, previsto dall’art. 6, comma 5, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, che assegna al Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli 20 milioni di euro per l’anno 2014 ed altrettanti per l’anno 2015, a seguito del concerto preliminare con il Ministero dell’economia e delle finanze (nota del 4 marzo 2014) è stato inviato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome in data 5 marzo 2014 4) AGENZIE DI REPERIMENTO DI ALLOGGI A CANONE CONCORDATO Al fine di attenuare le tensioni sul mercato delle locazioni (2,5 milioni di famiglie in affitto pagano un canone superiore al 40% del reddito) la norma prevede che le risorse del Fondo Affitto sono destinate anche al reperimento di alloggi in locazione a canone concordato, premiando le Agenzie locali che: - assegnano gli alloggi agli inquilini provenienti da alloggi ex IACP o sottoposti a procedure di sfratto esecutivo - hanno intermediato il maggior numero di contratti di locazione a canone concordato nel biennio precedente Sempre al fine di ampliare il mercato delle locazioni a canone concordato, la norma prevede che le procedure previste per gli sfratti per morosità si applicano sempre alle locazioni di cui al presente comma, anche per quelle per finita locazione AMPLIAMENTO OFFERTA ALLOGGI EX IACP 5) PIANO RECUPERO ALLOGGI EX IACP 400 MILIONI DI EURO (risorse derivanti dalle revoche delle opere di legge obiettivo) Il Piano potrà finanziare il recupero di oltre 12 mila alloggi, anche ai fini dell’adeguamento energetico, impiantistico e statico degli immobiliIl Piano va approvato entro 6 mesi con decreto del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell’economia e del Ministro per gli affari regionali, d’intesa con la Conferenza unificata AGGIUNTIVI 67,9 MILIONI DI EURO vanno al recupero di ulteriori 2.300 alloggi ex IACP da destinare alle categorie sociali disagiate (conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, figli fiscalmente a carico e che risultino soggetti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione). Anche queste risorse vengono ripartite tra le regioni con il decreto che approva il Piano. 6) UTILIZZO PROVENTI VENDITA ALLOGGI EX IACP PER REALIZZARE NUOVI ALLOGGI O RECUPERO Entro il 30 giugno 2014 decreto MIT, MEF, Affari regionali, Conferenza unificata sulle procedure di alienazione degli alloggi ex IACP a favore degli attuali inquilini Entro 90 giorni costituzione Fondo per contributo interessi sui mutui ipotecari, con una dotazione di 18,9 milioni di euro per ciascuno degli esercizi dal 2015 al 2020 (113,4 milioni di euro) Accesso al Fondo di garanzia statale per la prima casa del MEF dotato di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016Durata dei mutui non inferiore a 15 (max 30 anni) a valere sul Plafond Casa disciplinato dalla convenzione ABI – CDP SVILUPPO DELL’EDILIZIA RESIDENZIALE SOCIALE 7) AGEVOLAZIONE REDDITI DA LOCAZIONI ALLOGGI SOCIALI NUOVI O RISTRUTTURATI I redditi derivanti dalla locazione di alloggi nuovi o ristrutturati non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini IRPEF/IRES e IRAP nella misura del 40 per cento per un periodo non superiore a dieci anni dalla data di ultimazione dei lavori. 8) DETRAZIONI IRPEF PER IL CONDUTTORE DI ALLOGGI SOCIALI Per il triennio 2014 – 2016 gli inquilini di alloggi sociali beneficiano di una detrazione pari a 900 euro (per redditi non superiori euro 15.493,71) e a 450 euro (per redditi non superiori a euro 30.987,41) 9) RISCATTO A TERMINE DELL’ALLOGGIO SOCIALE Trascorsi almeno 7 anni dalla stipula del contratto di locazione, l’inquilino ha facoltà di riscattare l’unità immobiliare. Con decreto MIT di concerto MEF, previa intesa Conferenza unificata, sono disciplinate le clausole standard dei contratti locativi e di futuro riscatto, ferma restando la validità dei contratti di locazione stipulati prima delle entrata in vigore del presente decreto Chi acquista ha 2 vantaggi: 1) l’Iva dovuta dall’acquirente (che è incassata da chi vende per riversarla allo Stato) viene corrisposta solo al momento del riscatto e non all’inizio; 2) il reperimento del fabbisogno finanziario residuo per l’acquisto è rimandato al momento dell’atto di acquisto. Chi vende rimanda la tassazione IRES e IRAP sui corrispettivi delle cessioni alla data del riscatto 10) INCREMENTO DELL’OFFERTA DI ALLOGGI DI EDILIZIA RESIDENZIALE SOCIALE La norma favorisce l’aumento dell’offerta di alloggi sociali in locazione: - nei Comuni ad alta tensione abitativa - senza consumo di nuovo suolo - valorizzando il risparmio energetico - accelerando l’utilizzo delle risorse dei Fondi immobiliari per il social housing (come il FIA) - attraverso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, interventi di: o ristrutturazione edilizia o sostituzione edilizia mediante anche la totale demolizione dell’edificio e la sua ricostruzione con modifica di sagoma o variazione della destinazione d'uso o creazione di servizi e funzioni connesse e complementari alla residenza, al commercio con esclusione delle grandi strutture di vendita o creazione di quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea dei residenti di immobili di edilizia residenziale pubblica in corso di ristrutturazione o a soggetti sottoposti a procedure di sfratto. Con decreto MIT, previa intesa della Conferenza unificata, sono ripartiti 100 milioni di euro - tra le Regioni che entro 60 giorni definiscono o i requisiti di accesso e di permanenza nell’alloggio sociale o i criteri per la fissazione dei canoni di locazione o i prezzi di cessione per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita o eventuali norme di semplificazione per il rilascio del titolo abilitativo edilizio e riduzioni degli oneri di urbanizzazione - per il finanziamento della quota di alloggi per gli inquilini ERP nonché degli spazi e servizi collettivi dei soli Comuni che entro 90 giorni approvano o i criteri di valutazione urbanistica, economica e funzionale degli interventi o le superfici complessive che possono essere cedute ad altri operatori ovvero trasferite su altre aree di proprietà pubblica o privata Gli interventi sono inseriti in apposite convenzioni che i Comuni stipulano con gli operatori privati anche al fine di accedere al riparto dei 100 milioni di euro. Clicca su "Accedi al Provvedimento" per scaricare il testo della Gazzetta Ufficiale.

 
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INAIL: diramata la Circolare n.20 – nuovo regolamento di organizzazione

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L’INAIL, a firma del Direttore Generale, ha diramato la Circolare n.20 inerente in nuovo regolamento di organizzazione (articolazione territoriale) dell’Istituto Assicurativo con il quale si disciplina, tra l’altro, la nuova articolazione delle strutture di servizio, distinte in base alle funzioni,in Direzioni territoriali e unità operative territoriali di certificazione, verifica e ricerca. Specificamente, le Direzioni territoriali garantiscono l’attività assicurativa e la tutela dei lavoratori utilizzando un sistema integrato di interventi di prevenzione nei luoghi di lavoro, prestazioni sanitarie ed economiche, nonché reinserimento sociale e lavorativo. Le unità operative territoriali di certificazione, verifica e ricerca, garantiscono attività di accertamento tecnico, certificazione, controllo, ispezione e verifica di conformità di attrezzature, macchine e impianti nonché, supporto tecnico per la sorveglianza del mercato. Dette unità operative si configurano come strutture di staff al Direttore Regionale.

 
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Governo: vendita all'asta on line per 151 auto blu

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La vendita delle auto blu tramite asta fino al 16 aprile è stata promossa dal premier Matteo Renzi il 12 marzo scorso nell’ambito delle azioni finalizzate al contenimento dei costi della pubblica amministrazione. Le automobili sono state scelte tra quelle che le Amministrazioni pubbliche reputanonon più essenziali al perseguimento dei fini istituzionali e che anzi implicano costi di custodia e di gestione anche considerevoli. Ad iniziare è il Ministero dell’Interno, le cui auto saranno all’asta su piattaforma elettronica. Una modalità che implementa la trasparenza e la pubblicità delle procedure e contribuisce al processo di dematerializzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione. Questa scelta anticipa di fatto la volontà legislativa già espressa con l’adozione della norma del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 che prevede che nel Programma per l’efficientamento delle procedure di dismissioni di beni mobili delle Pubbliche Amministrazioni possa prevedersi l’impiego di strumenti telematici. Il processo di vendita inizia sul canale eBay. Il Governo, tenendo conto di questa sperimentazione, sta definendo criteri e modalità che assicurano il rispetto della parità di trattamento tra gli operatori del mercato.

 
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Comuni: in G.U. la procedura per la trasmissione telematica al Sistema Informativo del Casellario delle informazioni sull'avvenuta morte della persona

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.72 del 27.3.2014 il decreto del Ministero della Giustizia del 19.3.2014 recante "Regole procedurali di carattere tecnico operativo per la trasmissione telematica al Sistema Informativo del Casellario delle informazioni concernenti l'avvenuta morte della persona da parte dei Comuni, ai sensi dell'articolo 20, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313." Per scaricare il decreto cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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Dimissioni in bianco: la Camera approva il DDL sulla risoluzione del contratto per dimissioni volontarie

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La Camera ha approvato, a maggioranza, il testo della proposta di legge che si prefigge di regolamentare il cosiddetto sistema delle dimissioni in bianco. Tale pratica si basa sulla firma, da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, all’atto dell’assunzione, di una lettera in bianco ovvero "privadi data" sottoscritta in calce con le proprie "dimissioni" volontarie. Detta epistola può essere successivamente utilizzata dal datore di lavoro, discrezionalmente, ciò avviene soprattutto per le lavoratrici donne, in caso di gravidanza, come anche, per ambo i sessi, in caso di malattie prolungate o eventi straordinari (malattie di familiari, scioperi ad oltranza, ecc.) che causano assenze prolungate dal lavoro. Il nuovo testo della proposta di legge, di contro, introduce dei sistemi di tutela quali l’utilizzazione di appositi moduli, certificati e numerati progressivamente, come unico strumento valido (pena nullità delle dimissioni) riconosciuto ai fini della risoluzione del contratto per dimissioni volontarie. La suddetta modulistica può essere rilasciata dagli Uffici territoriali del lavoro, dai Centri per l’impiego e dagli Uffici comunali. Il testo di legge passa quindi all’esame del Senato con la speranza di essere rapidamente approvato senza subire stravolgimenti.

 
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La Camera ha approvato, a maggioranza, il testo della proposta di legge che si prefigge di regolamentare il cosiddetto sistema delle dimissioni in bianco. Tale pratica si basa sulla firma, da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, all’atto dell’assunzione, di una lettera in bianco ovvero "priva ... Continua a leggere

 

Lotta alla Pornografia minorile: in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n. 39/2014

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Entra in vigore il 6 aprile p.v. il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22.3.2014 recante "attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce ladecisione quadro 2004/68/GAI." Il provvedimento diretto a rafforzare la tutela dei minore si compone di cinque articoli e può essere scaricato cliccando su "Accedi al Provvedimento".

 
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Trasparenza: gli OIV devono segnalare l’omessa o carente pubblicazione dei dati relativi agli organi di indirizzo politico dell’Amministrazione vigilata

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L'Autorità Nazionale anticorruzione (A.N.A.C.) al fine di assolvere agli adempimenti di cui all’art. 45, c. 4., con apposito comunicato precisa che tutti gli OIV, o strutture con funzioni analoghe, che nell’ambito dell’attestazione ex delibera 77/2013 sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione per l’anno 2013, hanno riscontrato, nella griglia di rilevazione al 31/12/2013, l’omessa o carente pubblicazione dei dati relativi agli organi di indirizzo politico dell’Amministrazione vigilata, dovranno segnalare tempestivamente i nominativi dei soggetti per i quali non si è proceduto alla pubblicazione dei dati previsti dall’art. 14 del d.lgs. 33/2013 con l’indicazione degli obblighi non adempiuti, utilizzando, a tal fine, la procedura disponibile al seguente link. L’eventuale successivo assolvimento degli obblighi di pubblicazione dei predetti dati da parte dei soggetti di cui è stata segnalata l’inosservanza dovrà essere reso noto da parte dell’OIV, o strutture con funzioni analoghe, all'Autorità mediante attestazione trasmessa all’indirizzo di posta elettronica protocollo@pec.anticorruzione.it.

 
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L'Autorità Nazionale anticorruzione (A.N.A.C.) al fine di assolvere agli adempimenti di cui all’art. 45, c. 4., con apposito comunicato precisa che tutti gli OIV, o strutture con funzioni analoghe, che nell’ambito dell’attestazione ex delibera 77/2013 sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazio ... Continua a leggere

 

Inps, le nuove opportunità per i giovani per costruirsi una pensione

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La pensione si costruisce con i contributi versati nel corso dell’intera vita lavorativa ed è per questo che l'Inps ha realizzato un video che illustra le prestazioni Inps rivolte ai giovani, ai lavoratori saltuari e a coloro che hanno appena perso il lavoro. Nella sezione Multimedia Video/Campagne informative è stato pubblicato un Video che illustra le prestazioni Inps rivolte ai giovani, i quali possono cominciare a costruirsi la propria pensione con il riscatto della laurea o con i voucher per il lavoro accessorio o, se iscritti ad esempio alla Gestione separata, sapere a quale tipo di ammortizzatore sociale hanno diritto per legge, se perdono il lavoro. L’Inps offre l’opportunità, anche a chi non ha ancora iniziato a lavorare, di riscattare gli anni di studio universitario. Anche i lavori saltuari e discontinui se pagati con i buoni lavoro contribuiscono alla pensione: dei 10 euro di valore di ogni ora di lavoro, 2,5 servono a finanziare la copertura assicurativa Inps e Inail. Nella sezione Inps facile del sito dell’Istituto sono disponibili le Guide ‘Come fare per riscattare la laurea’ e ‘Come fare per Utilizzare i buoni lavoro’. L’INPS gestisce poi forme assicurative destinate a chi sta iniziando un’attività lavorativa parasubordinata o autonoma. E’ il caso della Gestione separata – un fondo a cui sono iscritti i collaboratori a progetto (i cosiddetti co.co.pro.) e i lavoratori senza cassa di categoria. Anche chi un lavoro l’ha appena perduto può trovare all’Inps tutele contro la disoccupazione, come l’Aspi, l’Assicurazione sociale per l’impiego - cha dà diritto anche alla contribuzione figurativa valida per il diritto e la misura della pensione - e l’indennità per i co.co.pro. I servizi possono essere richiesti on line, direttamente dal portale dell’Inps.

 
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La pensione si costruisce con i contributi versati nel corso dell’intera vita lavorativa ed è per questo che l'Inps ha realizzato un video che illustra le prestazioni Inps rivolte ai giovani, ai lavoratori saltuari e a coloro che hanno appena perso il lavoro. Nella sezione Multimedia Video/Campa ... Continua a leggere

 

Anticorruzione: incompatibilità e inconferibilita', la bozza di delibera sulle dichiarazioni di insussistenza

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L'Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) ha approvato la bozza di delibera relativa al regime delle dichiarazioni sulla insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità di cui all’art. 20, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 39/2013, il cui testo e' posto in consultazione ai fini della definitiva adozione. Per scaricare la delibera cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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L'Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) ha approvato la bozza di delibera relativa al regime delle dichiarazioni sulla insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità di cui all’art. 20, commi 1 e 2 del d.lgs. n. 39/2013, il cui testo e' posto in consultazione ai fini della defin ... Continua a leggere

 

Strisce blu: niente multa per chi sosta oltre l’orario del ticket

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Per il Ministero dei Trasporti non c'è alcun dubbio "niente multa per chi sosta oltre l’orario pagato", chi prolunga la sosta nelle strisce blu oltre l’orario per il quale ha regolarmente pagato viola il codice della strada e merita una sanzione o deve solo saldare la parte mancante della tariffa?Questa, in poche parole, la domanda posta al ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi da un’interrogazione parlamentare a cui ha risposto questa mattina il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro facendo chiarezza sui dubbi interpretativi sollevati da molti Comuni e su una presunta, ma inesistente, divergenza tra il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il ministero dell’Interno. Il ministero dei Trasporti ha ripetutamente espresso nel tempo il parere che, nel caso di sosta illimitata tariffata, il pagamento in misura insufficiente non costituisca violazione di una norma di comportamento, ma configuri unicamente una "inadempienza contrattuale". Pertanto, nei casi di pagamenti in misura insufficiente, l’inadempienza implica il saldo della tariffa non corrisposta. Niente multa, insomma, perché "in materia di sosta, gli unici obblighi previsti dal Codice sono quelli indicati dall’articolo 157, comma 6, e precisamente l’obbligo di segnalare in modo chiaramente visibile l’orario di inizio della sosta, qualora questa sia permessa per un tempo limitato, e l’obbligo di mettere in funzione il dispositivo di controllo della durata della sosta, ove questo esista; la violazione di tali obblighi comporta la sanzione prevista dal medesimo articolo 157, comma 8, del Codice medesimo". Ma, obiettano alcuni Comuni, un parere del ministero dell’Interno del 2003 dice il contrario. Risponde il Ministero dei Trasporti: "Non risulta alcuna situazione di conflitto interpretativo con il ministero dell’Interno: quest’ultimo, infatti, in seguito a un riesame della propria posizione espressa nel 2003, ha successivamente (nel 2007) condiviso la disamina della tematica svolta dal Mit ed emesso (nel 2010) una serie di pareri in tal senso", pareri condivisi dal Servizio della Polizia Stradale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Come recuperare i mancati pagamenti? Le amministrazioni locali possono affidare al gestore del servizio le azioni necessarie al recupero delle evasioni tariffarie e dei mancati pagamenti, ivi compresi il rimborso delle spese e le penali, da stabilire con apposito regolamento comunale, secondo le indicazioni e le limitazioni fornite dal Codice Civile e dal Codice del Consumo. Clicca su "Accedi al Provvedimento"per il testo integrale della risposta all’interrogazione.

 
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Per il Ministero dei Trasporti non c'è alcun dubbio "niente multa per chi sosta oltre l’orario pagato", chi prolunga la sosta nelle strisce blu oltre l’orario per il quale ha regolarmente pagato viola il codice della strada e merita una sanzione o deve solo saldare la parte mancante della tariffa? ... Continua a leggere

 

Rilancio dell'occupazione e semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese: in Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 34/2014

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014 il Decreto Legge n. 34/2014 recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione, per ridurre gli oneri in capo a cittadini e imprese e per sostenere i contratti di solidarietà. Il provvedimento si compone dicinque articoli. Con particolare riferimento ai primi due articoli, precisa il Ministero del lavoro, essi intendono semplificare il ricorso a rapporti di lavoro a termine e di apprendistato, nella prospettiva di accrescere la diffusione di tali tipologie contrattuali. L'articolo 4 introduce, invece, una procedura informatizzata mediante la quale conseguire la cd. "smaterializzazione" del DURC, riducendo in tal modo i tempi attualmente connessi alla richiesta e al rilascio del documento di regolarità contributiva. Infine, l'articolo 5 introduce specificazioni alla disciplina dei contratti di solidarietà e ne definisce l'ammontare delle risorse finanziarie annualmente disponibili. Cliccare su "Accedi al provvedimento" per scaricare il decreto legge.

 
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GIURISPRUDENZA

L'autenticazione delle firme sul modello di accettazione delle candidature a cariche elettive: il Consiglio di Stato ritiene ammissibile la candidatura anche se l'autenticazione non è intervenuta contestualmente all’apposizione della firma

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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La questione sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato attiene alla natura giuridica dell’autenticazione e alla valenza della contestualità tra la data dell’autenticazione e quella della sottoscrizione cui si riferisce l’autenticazione. Secondo gli appellanti la discrasia temporale tra la sottoscrizione e la identificazione del dichiarante e l’autenticazione renderebbe nulla e inesistente l’autenticazione, costituendo la contestualità, l’essenza stessa dell’autenticazione. Tale prospettazione non può essere condivisa. L’art. 2703 del codice civile definisce l’autenticazione quale "..attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza. Il pubblico ufficiale deve previamente accertare l’identità della persona che sottoscrive". L’autenticazione consiste, quindi, in una dichiarazione di scienza con effetti costitutivi, con la quale il pubblico ufficiale attesta la provenienza della sottoscrizione al fine di dare certezza dell’effettiva provenienza della sottoscrizione, in quanto la firma è apposta in presenza del pubblico ufficiale, che identifica il dichiarante. L’autenticazione fa prova fino a querela di falso della provenienza della dichiarazione dal sottoscrittore, poiché ai sensi del combinato disposto degli artt. 2702 e 2703, si ha per riconosciuta la sottoscrizione autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Sostanzialmente identica è la previsione dell’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445/2000, che si sofferma sul procedimento di autenticazione "…l'autenticazione è redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco; in tale ultimo caso, l'autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio". Come si desume dalla lettura dell’art. 21 del d.p.r. n. 445/2000, il pubblico ufficiale deve indicare tutte le formalità, tra cui la data e il luogo di autenticazione. E’ incontestato che nel caso in esame, tutte le formalità previste dall’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445 del 2000 risultano rispettate, sicché vi è certezza sulla identità dei sottoscrittori e sulla data e luogo dell’autenticazione e del fatto che siano state rese a soggetto autorizzato a ricevere e ad autenticare le sottoscrizioni. In tale contesto perde rilevanza la circostanza che l’autenticazione sia avvenuta a distanza di tempo dal compimento delle operazioni preordinate all’autenticazione, in quanto la discrasia temporale non inficia la valenza giuridica dell’autenticazione. Infatti, la circostanza che, di norma, l’autenticazione segua immediatamente la sottoscrizione del dichiarante non implica che la contestualità temporale sia un elemento essenziale dell’autenticazione, sicché la mancanza della contestualità ne comporti l’inesistenza. Invero, nella fattispecie negoziale l’elemento essenziale deve essere previsto in maniera esplicita, attesa la gravità della sanzione per la mancanza dell’elemento. Una tale previsione non è contenuta nella disposizione dell’art. 21 del citato d.p.r. n. 445/2000, sicché la mancanza della contestualità non può comportare l’asserita nullità o inesistenza dell’autenticazione o incompletezza dell’autenticazione. Tanto meno una tale prescrizione è contenuta nella norma del codice civile. Quanto alla prescrizione dell’art. 21, comma 2, del d.p.r. n. 445 del 2000, secondo cui l’autenticazione va redatta di seguito alla sottoscrizione, essa si riferisce alla continuità spaziale, onde evitare aggiunte nello spazio tra la dichiarazione e l’autenticazione e non implica invece anche l’immediatezza temporale della dichiarazione di autentica. D’altra parte, essendo l’autenticazione atto materialmente distinto dalla sottoscrizione, la discrasia temporale tra la sottoscrizione e l’autenticazione è ammissibile dal punto di vista strettamente giuridico e non inficia la validità dell’autenticazione e l’effetto legale che la legge (art. 2703 cod. civ.) le riconosce, atteso che non rientra tra le formalità prescritte tassativamente dal citato art. 21 del d.p.r. n. 445 del 2000. Peraltro, come rilevato dal giudice di primo grado, il valore dell’autenticazione nella legge n. 445 del 2000 è quella di certificare la verità e autenticità della firma apposta alla presenza del pubblico ufficiale nella data indicata nell’autentica medesima, mentre non viene affatto certificata l’esattezza della data apposta accanto alla firma che risulterebbe pertanto irrilevante. Quanto alla giurisprudenza richiamata dagli appellanti, secondo la quale le invalidità che riguardano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura non assumono un rilievo meramente formale poiché le minute regole mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni, non è pertinente, atteso che nel caso, tutte le formalità sono state rispettate. Assumono gli appellanti che la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che "le discrasie e mere irregolarità non rientrano tra gli elementi sindacabili dalla Sottocommissione elettorale circondariale, elencati in via tassativa dall’art. 30 del d.p.r. n. 570 del 1960". La decisione del TAR, contrariamente a quanto assumono i ricorrenti, va condivisa. L’art. 30 del d.p.r. n. 570 del 1960, nell’indicare le operazioni della commissione elettorale, alla lettera c) prescrive che "..elimina i nomi dei candidati a carico dei quali viene accertata la sussistenza di alcuna delle condizioni previste dal comma 1 dell'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, o per i quali manca ovvero è incompleta la dichiarazione di accettazione di cui al sesto comma dell'art. 28, o manca il certificato di iscrizione nelle liste elettorali ; La discrasia temporale tra la data della sottoscrizione dei candidati e quella dell’autenticazione, non integrando per quanto detto sopra invalidità dell’autenticazione o incompletezza dell’autenticazione, non poteva comportare l’eliminazione delle singole dichiarazioni di accettazione e, quindi, la non ammissione della lista alla competizione elettorale per carenza delle sottoscrizioni. Assumono i ricorrenti che il TAR avrebbe erroneamente richiamato in sentenza la parallela vicenda penale sfociata con l’archiviazione, trattandosi, nel caso, di fatto non rilevante quale reato, ma solamente nell’ambito amministrativo, quale inidoneità alla partecipazione alla competizione elettorale. Sennonché la esistenza e la regolarità dell’autenticazione seppure formalizzata in data successiva al ricevimento della sottoscrizione non solo non è rilevante penalmente, non sussistendo alcun fatto delittuoso, ma non ricade nemmeno in fattispecie sanzionata nell’ambito del diritto amministrativo in genere e in quello elettorale in particolare, atteso che la norma sostanziale, che disciplina il procedimento per la presentazione delle liste, ovvero gli articoli 28 e 30 del d.p.r. n. 570 del 1960 che prevedono la eliminazione delle sottoscrizioni non rese secondo la specifica disciplina in materia, non comprendono la fattispecie in esame che, come detto, non integra nemmeno incompletezza dell’autenticazione (tutte le formalità necessarie ad individuare esattamente le generalità dei sottoscrittori e l’autenticità delle loro dichiarazioni, il luogo e la data dell’autenticazione sono state rispettate). In ordine all’asserita contraddittorietà della sentenza - nella parte in cui si afferma che l’autenticazione è risultata sostanzialmente corretta e che l’unica irregolarità concernerebbe l’apposizione del timbro non disponibile al momento della sottoscrizione – tale contraddittorietà non appare sussistente. Non vi è alcuna affermazione in sentenza sulla rilevanza della timbratura nell’autenticazione quale disciplinata dal d.p.r. n. 445 del 2000, ma solo la constatazione di un fatto, la mancanza della disponibilità del timbro, per cui l’autenticazione si è perfezionata successivamente alle operazioni preordinate all’autenticazione. In conclusione va ribadito che: le firme sul modello di accettazione delle candidature a cariche elettive devono essere autenticate nel rispetto previsto a pena di nullità delle formalità stabilite dall’art. 21, del d.p.r. n. 445 del 2000, che sono formalità essenziali in quanto assicurano la genuinità delle firme dei presentatori di lista, impedendo abusi e contraffazioni; la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione, atteso che l’autenticazione, seppure distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale non integrabile aliunde e non un semplice elemento di prova (per tutte, Cons. Stato, sezione quinta, 11 febbraio 2013, n. 789; 29 ottobre 2012, n. 5504; 1°marzo 2011, n. 1272); fra i vari elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione si annoverano l’apposizione del timbro nonché l’indicazione del luogo e della data di sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente; luogo e data sono due elementi essenziali dell’atto pubblico ex art. 2699 c.c., il luogo in relazione ai limiti spaziali del potere di attestazione del pubblico ufficiale, la data in quanto l’atto pubblico è una narrazione di un fatto storico, collocato nel tempo oltre che nello spazio; la certezza legale, in quanto preclusiva di ogni diverso accertamento, deve consentire una verifica di cui data e luogo sono elementi fattuali indefettibili (Cons. Stato, sezione quinta, 11 febbraio 2013, n. 773); poiché l’autenticazione della firma certifica l’apposizione della stessa innanzi al pubblico ufficiale in un dato momento storico, se diverso rispetto a quello della redazione delle formalità, deve venire esattamente individuato nella formulazione dell’autenticazione. Nel caso è indubbio che in calce a ciascuna delle dichiarazioni di accettazione della candidatura esiste l’autentica della stessa effettuata da pubblico ufficiale secondo le formalità previste dall’art. 21 del d.p.r. n. 445 del 2000, con indicazione della data e del luogo dell’autenticazione. La circostanza che l’autenticazione non è intervenuta contestualmente all’apposizione della firma non toglie valore in alcun modo all’autenticazione e alla circostanza che detta formalità sia intervenuta e tanto basta a rendere ammissibili le candidature. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "accedi al provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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La questione sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato attiene alla natura giuridica dell’autenticazione e alla valenza della contestualità tra la data dell’autenticazione e quella della sottoscrizione cui si riferisce l’autenticazione. Secondo gli appellanti la discrasia temporale tra la sottos ... Continua a leggere

 

Processo amministrativo: i presupposti per proporre l’opposizione di terzo ordinaria e revocatoria

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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L’art. 108 del c.p.a. ha allineato in linea di principio il processo amministrativo a quello civile, prevedendo alla stregua dell’art. 404 c.p.c., sia l’opposizione di terzo cd. ordinaria che quella cd. revocatoria. Allo stesso modo di quanto dispone l’art. 404 c.p.c., infatti, anche l’attuale formulazione dell’art. 108, comma 1, c.p.a., dopo le modifiche portate dal d.lgs. n. 195/2011, incentra la legittimazione a proporre opposizione: a) sulla mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza opposta; b) sul pregiudizio che reca la sentenza ad una posizione giuridica di cui l’opponente risulti titolare. Quanto al primo dei due presupposti, va chiarito che la nozione di terzo va parametrata su quella di parte e – se si tratta di una sentenza che ha deciso su posizioni di interesse legittimo – deve tenere conto della nozione di parte in senso formale nel suo significato riguardante il giudizio amministrativo di legittimità. Quindi, ai fini dell’opposizione di terzo ordinaria, quale ‘terzo’ deve ritenersi il litisconsorte necessario pretermesso, ma non anche i successori delle parti a titolo universale o particolare (Cons. St., Sez. IV, 3 settembre 2008, n. 4109), ovvero i creditori o aventi causa, che possono, invece, utilizzare lo strumento della cd. opposizione revocatoria. Pertanto, il litisconsorte necessario pretermesso (dunque, il controinteressato cui non sia stato notificato il ricorso di primo grado) deriva la sua legittimazione a proporre l’opposizione di terzo direttamente dalla sua qualità soggettiva, a differenza degli altri soggetti ‘terzi’ (siano stati anch’essi legittimati ad impugnare il provvedimento e che vi abbiano fatto acquiescenza, ovvero che siano titolari posizioni di posizioni secondarie derivate, rispetto a quelle di cui siano titolari le parti necessarie del giudizio). Quanto alla delimitazione del secondo dei due presupposti, ossia quella del pregiudizio, mentre nel caso del litisconsorte necessario pretermesso la lesione della sua sfera giuridica deriva in re ipsa dal riconoscimento stesso della sua condizione processuale e dalla sentenza che abbia annullato l’atto per lui favorevole, la questione richiede maggiori indagini per il caso in cui una sentenza (o la sua esecuzione) arrechi un pregiudizio ad una posizione giuridica riferibile ad un soggetto non definibile quale controinteressato e dunque quale litisconsorte necessario pretermesso. Al riguardo, osserva la Sezione che, per la pacifica giurisprudenza, per ‘controinteressato’ si deve intendere quel soggetto titolare di un interesse alla conservazione dell’atto o alla mancata adozione dell’atto, che il ricorrente intende superare, individuato nell’atto stesso o facilmente individuabile (come chiarito da Cons. St., Ad. Plen., 8 maggio 1996, n. 2): ebbene, il controinteressato pretermesso nel caso di mancato coinvolgimento in giudizio assume la qualifica di litisconsorte necessario pretermesso e può agire con lo strumento di cui all’art. 108, comma 1, c.p.a. Accanto a quest’ultima figura, però, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – nella pronuncia n. 2 del 2007 – ha chiarito che esistono altre tipologie di controinteressato, individuandole nel controinteressato sopravvenuto e nel controinteressato occulto, ossia o in colui che abbia conseguito un titolo abilitativo, un beneficio o uno status da un provvedimento ulteriore conseguente alla conclusione di un procedimento autonomo rispetto a quello presupposto già impugnato, ovvero in colui che sia sostanzialmente un controinteressato (in quanto la sentenza di accoglimento del ricorso lederebbe in via immediata l’interesse che questi nutre alla conservazione del provvedimento amministrativo o alla sua mancata adozione), ma non sia facilmente individuabile dalla lettura dell’atto impugnato. Questi ultimi, per proporre l’opposizione di terzo e non avendo la qualità di controinteressato cui andava notificato il ricorso originario, devono risultare titolari di una posizione giuridica autonoma e incompatibile, come in tutte le altre ipotesi nelle quali un terzo pretenda di proporre opposizione. In una ben diversa situazione si trovano coloro che, come gli odierni opponenti, sono titolari di una posizione secondaria, e pertanto accessoria e riflessa, ad es. perché hanno stipulato un contratto con una delle parti necessarie (nella specie, con la società controinteressata in primo grado, ma il principio è ugualmente applicabile anche all’avente causa del ricorrente principale). L’ordinamento, per i titolari delle posizioni secondarie, accessorie e riflesse, non solo non ha previsto il conferimento della qualità di parte necessaria del processo (sicché risultano infondati i primi due motivi d’appello), ma, inoltre, non ha previsto alcun autonomo rimedio di impugnazione avverso la sentenza che sia sfavorevole al proprio dante causa, titolare della situazione primaria, autonoma e sostanziale. La situazione primaria, autonoma e sostanziale (a parte la posizione del ricorrente) è riferibile alla figura del controinteressato in senso stretto, al c.d. controinteressato sostanziale che sia beneficiario dell’atto impugnato (ma in esso non menzionato espressamente) ed a quella del beneficiario del provvedimento finale del procedimento, ovvero successivo e connesso a quello presupposto, originariamente impugnato. A differenza della parte necessaria pretermessa, il titolare della posizione secondaria, accessoria e riflessa (pur potendo intervenire nel giudizio, presentare la domanda di fissazione di udienza e proporre il regolamento preventivo di giurisdizione: Sez. IV, 31 luglio 1981, n. 891, Sez. VI, 15 marzo 1977, n. 239), non è una parte necessaria, si trova in una posizione processuale subordinata a quella della parte principale, non può ampliare in alcuna sede l’oggetto della controversia (o porre in essere atti che comportino la disponibilità del rapporto controverso) e non è legittimato a proporre opposizione avverso la sentenza (di primo o di secondo grado) lesiva per il titolare della posizione principale. Egli (sia o meno intervenuto nel corso del giudizio, anche in sede di appello) non è comunque legittimato a proporre l’opposizione di terzo ordinaria, proprio perché per la pacifica dottrina e giurisprudenza la relativa legittimazione va riconosciuta unicamente al litisconsorte necessario pretermesso ed al titolare di una posizione autonoma, incompatibile e prevalente (cfr. Sez. IV, 20 maggio 1996, n. 655). Infatti, la sussistenza di un interesse ad intervenire nel giudizio (di cui sia parte il dante causa, titolare della posizione giuridica oggetto di una controversia) non comporta che sussista anche la legittimazione ad impugnare la sentenza lesiva per il dante causa (Ad. Plen., 11 giugno 2001, n. 3). Al riguardo, va notato che, prima delle modifiche portate dal d.lgs. 195/2011, il comma 1 dell’art. 108 c.p.a. faceva riferimento esplicito al terzo "titolare di una posizione autonoma e incompatibile", che nel testo vigente è venuta meno. Questa eliminazione non deve far ritenere, però, che sia stato esteso l’utilizzo dello strumento de quo anche ai soggetti titolari di una posizione derivata. La novella, infatti, ha voluto evitare che possa essere richiesto al litisconsorte pretermesso una prova diversa e più gravosa rispetto a quella della sua pretesa processuale alla non integrità del contraddittorio, che inficia la sentenza opposta. La diversità tra le due posizioni porta anche a valutare in modo differente gli strumenti a disposizione delle due categorie di soggetti, giacché, nel caso di litisconsorte pretermesso, la sua opposizione ha un marcato tratto rescindente, tendendo alla demolizione della sentenza ed alla ripetizione del giudizio; nel caso, invece, del terzo titolare di una posizione autonoma e incompatibile l’opposizione ha natura rescindente e rescissoria, poiché mira anche all’accertamento di una pretesa in conflitto con quella accertata giudizialmente. Resta a questo punto da chiarire cosa debba intendersi per posizione giuridica autonoma e incompatibile. Innanzitutto, l’interesse fatto valere non deve essere un interesse di mero fatto, ma una situazione giuridica soggettiva. Inoltre, la situazione giuridica in questione deve essere autonoma, ossia non deve essere direttamente incisa dalla sentenza opposta, né deve risultare in posizione di derivazione o dipendenza rispetto a quella oggetto di accertamento giudiziale. Come rilevato da Cons. St., sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451, "la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti della decisione del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta: a) ai controinteressati pretermessi; b) ai controinteressati sopravvenuti; c) ai controinteressati non facilmente identificabili; d) in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione, con esclusione, di conseguenza, dei titolari di un diritto dipendente, ovvero di soggetti interessati di riflesso, non sussistendo per questi, per definizione, il requisito dell'autonomia della loro posizione soggettiva". Infine, la situazione giuridica deve essere incompatibile, nel senso che l’accertamento giudiziale deve aver prodotto la contemporanea esistenza di poteri e facoltà su di un bene della vita che non possono coesistere, sotto forma di convergenza di interessi ovvero di divergenza di interessi (Cons., St., sez. V, 28 settembre 2011, n. 5391; Cass., Sez. Un., 11 febbraio 2003, n. 1997).

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L’art. 108 del c.p.a. ha allineato in linea di principio il processo amministrativo a quello civile, prevedendo alla stregua dell’art. 404 c.p.c., sia l’opposizione di terzo cd. ordinaria che quella cd. revocatoria. Allo stesso modo di quanto dispone l’art. 404 c.p.c., infatti, anche l’attuale for ... Continua a leggere

 

Conferenza di servizi: il dissenso di un'Amministrazione non può limitarsi ad una mera opposizione al progetto in esame

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Ai sensi dell'art. 14-ter della L. n. 241/1990, il dissenso di un'Amministrazione che partecipa alla conferenza di servizi, per essere validamente espresso, deve essere sorretto da congrua motivazione e contenere altresì una critica construens, non potendo limitarsi ad una mera opposizione al progetto in esame (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23 Maggio 2011, n. 3099 e sez. V, 24 gennaio 2013, n. 434). Per continuare la lettura cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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Ai sensi dell'art. 14-ter della L. n. 241/1990, il dissenso di un'Amministrazione che partecipa alla conferenza di servizi, per essere validamente espresso, deve essere sorretto da congrua motivazione e contenere altresì una critica construens, non potendo limitarsi ad una mera opposizione al proge ... Continua a leggere

 

Società in house: ai fini del controllo analogo il consiglio di amministrazione della Società affidataria "in house" non deve avere rilevanti poteri gestionali e tutte le decisioni più importanti devono sempre essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente pubblico affidante

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza attenzionata, richiamando propri precedenti giurisprudenziali, ha chiarito come il controllo analogo è un controllo non di matrice civilistica, assimilabile al controllo esercitato da un maggioranza assembleare, bensì è un controllo di tipo amministrativo, paragonabile ad un controllo di tipo gerarchico. Infatti, la società in house, lungi dall’essere qualificabile nella sostanza come ente di diritto privato è, in realtà, come recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, assimilabile ad un ente pubblico (cfr. le pronunce citate della Corte di Cassazione, ordinanze 5 aprile 2013, n. 8352, 3 maggio 2013, n. 10299 e sentenza SS.UU. 25 novembre 2013, n. 26283); dunque, i rapporti con l’ente pubblico non possono che essere qualificabili come rapporti pubblicistici, come appena evidenziato, risolvendosi quindi il controllo analogo come controllo di tipo amministrativo, e, in specifico, un controllo di tipo gerarchico. Pertanto, deve essere posto l’accento sulla particolare intensità del controllo: i controlli in presenza dei quali si verifica il fenomeno dell’in house possono essere analizzati prendendo in prestito le coordinate previste per gli analoghi controlli effettuati sugli organi tradizionali dalle pubbliche amministrazioni. I controlli devono essere al tempo stesso sugli organi, e quindi strutturali, e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti (cfr. già la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418): sugli organi nel senso che l’ente locale deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; sulla gestione nella misura in cui l’ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche il potere di autorizzare o di annullare quantomeno tutti gli atti più significativi della società, come il bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più qualificanti della gestione che non si risolvano in meri atti ordinari e burocratici (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762). In linea di principio, come è noto, il regime civilistico dei poteri del socio non soddisfa quel parametro di intensità e di cogenza che è invece necessario perché vi sia una vera e propria mortificazione dell’autonomia manageriale, che sola giustifica l’affidamento in house: si pensi al periodo che intercorre tra la revoca di un amministratore e la nomina di uno nuovo, ove il controllo societario non garantisce la sindacabilità di atti medio tempore adottati e potenzialmente lesivi. A questi fini è allora necessario che accanto alle prerogative sociali, e quindi ai poteri che l’ente locale esercita come socio secondo le regole civilistiche, vi siano anche intensi e significativi poteri pubblicistici concernenti gli atti più significativi che contrastino con le direttive e con gli indirizzi impartiti dallo stesso ente locale (Consiglio di Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5; sez. VI, 3 marzo 2007, n. 1514). Anche la Corte di Giustizia con la citata sentenza Parking Brixen del 13 novembre 2005, n. 458, si è espressa in merito al rapporto tra il controllo analogo e la totalità del pacchetto sociale (sulla cui necessità si era già espressa con le pronunce del 11 gennaio 2005, C-26/03 e del 21 luglio 2005, C-231/03). In questa pronuncia si chiarisce come nel caso in cui il c.d.a. conservi una autonomia di spesa (fino a 5.000.000 € nel caso di specie) anche a fronte della totalità dell’azionariato pubblico, resta ferma la possibilità di effettuare operazioni aventi grande importanza economica ed amministrativa, senza convocare l’assemblea e senza l’approvazione o l’autorizzazione preventiva; ciò rende evidente che residua un’autonomia manageriale non contrastata sufficientemente dalla totalità del pacchetto azionario. Quindi, occorre chiarire che è necessario che il consiglio di amministrazione della Società affidataria "in house" non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità dei soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, che sono invece caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (cfr. la fondamentale sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082). Risulta, quindi, indispensabile che tutte le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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Accesso ai documenti fiscali: l'Agenzia delle Entrate non può negare l'accesso affermando l'inutilità dei dati contenuti nei documenti richiesti, perché tale valutazione spetta al soggetto che eserciti l’accesso in vista della propria difesa in giudizio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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La Quarta Sezione del consiglio di Stato nella sentenza in esame ha richiamato le considerazioni già svolte dalla Sezione (11 febbraio 2011, n. 925), sulla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24 della Legge n. 241/90 che conduce alle seguenti conclusioni: - l’inaccessibilità degli attidel procedimento tributario è temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento stesso, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue l’adozione del provvedimento definitivo; - il comma 7 pone una norma di chiusura, che garantisce comunque l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici e pone come unico limite il fatto che i documenti contengano dati sensibili o giudiziari. Applicando questi principi al caso di specie, conclude il Collegio che: - il procedimento concernente la richiesta di rimborso è solo fittiziamente distinto da quello relativo all’avviso di accertamento o, almeno, è sostanzialmente esaurito e confluito nel secondo; - non vi è dunque ragione per escludere o limitare – come invece l’Agenzia vorrebbe – il diritto di accesso dell’Istituto. 6. Né possono avere miglior fortuna le ulteriori difese dell’Amministrazione: non l’affermata inutilità dei dati contenuti nei documenti richiesti, perché la valutazione di questa spetta esclusivamente al soggetto che eserciti l’accesso in vista della propria difesa in giudizio (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461); non la circostanza che, essendo ora l’Agenzia controparte dell’Istituto in una lite, il diritto di accesso del privato si affievolirebbe ulteriormente, quando proprio l’esigenza, di rilievo costituzionale, di assicurare la parità delle armi nel processo vale piuttosto a rendere ancora più solida la pretesa della parte appellata. Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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La Quarta Sezione del consiglio di Stato nella sentenza in esame ha richiamato le considerazioni già svolte dalla Sezione (11 febbraio 2011, n. 925), sulla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24 della Legge n. 241/90 che conduce alle seguenti conclusioni: - l’inaccessibilità degli atti ... Continua a leggere

 

Apertura di una nuova farmacia: sul Comune non grava alcun obbligo di comunicazione di avvio del procedimento nei confronti dei titolari di sedi farmaceutiche

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza breve del Consiglio di Stato Sez. III

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L’apertura di una nuova sede farmaceutica costituisce un atto di pianificazione e di programmazione, sicché, ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 241/1990, deve escludersi che al relativo procedimento, quand’anche esso sia di secondo grado perché relativo alla convalida di atto emesso da organo (asseritamente) incompetente, possano applicarsi le norme sulla partecipazione e, in particolare, quella relativa all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento nei confronti dei titolari di sedi farmaceutiche già esistenti. Né tale obbligo, escluso in via generale dall’art. 13, comma 1, cit. in relazione ad un atto pianificatorio, quale può considerarsi l’istituzione di una nuova sede farmaceutica anche ai sensi della nuova disciplina dettata dalla l. n. 27/2012, doveva essere assolto dal Comune nei confronti dell’odierno appellante sol perché questi aveva impugnato con l’originario ricorso la delibera della Giunta comunale, poi appunto convalidata dal Consiglio, non bastando certo la proposizione del ricorso a conferire in capo al ricorrente la titolarità di un interesse procedimentale che deve necessariamente precedere, e non certo seguire con una inammissibile inversione causale, l’esperimento del rimedio giurisdizionale; interesse partecipativo, dunque, che, per la ragione evidenziata, deve invece ex lege negarsi.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza breve del Consiglio di Stato Sez. III

 
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L’apertura di una nuova sede farmaceutica costituisce un atto di pianificazione e di programmazione, sicché, ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 241/1990, deve escludersi che al relativo procedimento, quand’anche esso sia di secondo grado perché relativo alla convalida di atto emesso da org ... Continua a leggere

 

Accesso ai documenti amministrativi: gli atti della contrattazione collettiva nazionale di lavoro sono ricompresi fra quelli, la cui sottrazione all’accesso può essere prevista con regolamento governativo, ma questo non esclude che possano essere oggetto anche della normativa regolamentare di singole amministrazioni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Se – a norma dell’art. 22, comma 2, legge 7 agosto 1990 n. 241 – l’accesso ai documenti amministrativi costituisce "principio generale dell’attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza", è anche vero che si richiede al riguardo (art. 24 cit., comma 1, lettera b)) un "interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso", con ulteriore previsione, nell’art. 24 della medesima legge, non solo di una serie tipizzata di atti non accessibili (art. cit., comma 1, lettere a), b), c) e d)), ma anche della possibilità per le pubbliche amministrazioni d’individuare, con propri regolamenti, ulteriori categorie di documenti sottratti all’ambito applicativo dell’istituto in questione, fermo restando che "non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni", essendo tale controllo estraneo alle finalità, perseguite tramite l’istituto in esame (art. 24 cit., commi 2 e 3). Gli atti inerenti alla contrattazione collettiva nazionale di lavoro sono ricompresi fra quelli, la cui sottrazione all’accesso può essere prevista con regolamento governativo, ma questo non esclude che gli stessi possano essere oggetto anche della normativa regolamentare di singole amministrazioni, per i settori di relativa competenza (art. 24, legge n. 241/90 cit., commi 6 e 2). Nel caso di specie, l’art. 18 del regolamento I.n.p.s. sull’accesso prevede appunto tale esclusione, ma non è dall’omessa impugnazione di tale norma che discende l’infondatezza delle argomentazioni dell’appellante (potendo della norma stessa – a certe condizioni – anche postularsi la disapplicazione: cfr. fra le tante Cons. St., sez. V, sent. 7 aprile 2011 n. 2155; sez. VI, sent. 19 giugno 2008 n. 3083).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

 
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Se – a norma dell’art. 22, comma 2, legge 7 agosto 1990 n. 241 – l’accesso ai documenti amministrativi costituisce "principio generale dell’attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza", è anche vero che si richiede al riguardo (art ... Continua a leggere

 

Silenzio della P.A.: il rito speciale in tema di silenzio non può essere attivato per la restituzione dell’immobile ed il pagamento del corrispondente valore per il quale deve essere proposta un’azione di accertamento e di condanna

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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Secondo piani e consolidati principi (Cons. St., Sez. V, 30.9.2013, n. 4835; Sez. IV, 22.1.2013, n. 355; Cons. Giust. Amm. Sic. 17.1.2012, n. 65; Cons. St. Sez. IV, 12.11.2009, n. 7057), il rito speciale in tema di silenzio serbato dalla pubblica amministrazione non ha lo scopo di tutelare , come rimedio di carattere generale, la posizione del privato di fronte a qualsiasi tipo di inerzia comportamentale della p.a., bensì quello di apprestare una garanzia avverso il mancato esercizio di potestà pubbliche discrezionali, dal quale non può prescindersi al fine di valutare la compatibilità con l’interesse pubblico di quello sostanziale dedotto dall’interessato. Conseguentemente, tale rimedio non può essere attivato per la tutela di una posizione di diritto soggettivo allo scopo di ottenere l’adempimento di un obbligo convenzionale, come, nella specie, la restituzione dell’immobile ed il pagamento del corrispondente valore, per il quale deve essere proposta un’azione di accertamento e di condanna ( Cons. St. Sez. V, 27.6.2012, n. 3787; Cons. Giust. Amm., 28 luglio 2011, n. 523; Cons. St., Sez. V, 17 gennaio 2011, n. 210; Sez. IV, 27 febbraio 2008, n. 741). La situazione non muta per effetto della devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie in materia di accordi integrativi o sostitutivi di provvedimenti e di atti e di provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici (art. 133, lett. a, n. 2 e b) c.p.a.), dal momento che anche in sede di giurisdizione esclusiva non è ammessa la tutela di diritti soggettivi mediante il ricorso avverso il silenzio, sussistendo le medesime ragioni dell’esclusione.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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Secondo piani e consolidati principi (Cons. St., Sez. V, 30.9.2013, n. 4835; Sez. IV, 22.1.2013, n. 355; Cons. Giust. Amm. Sic. 17.1.2012, n. 65; Cons. St. Sez. IV, 12.11.2009, n. 7057), il rito speciale in tema di silenzio serbato dalla pubblica amministrazione non ha lo scopo di tutelare , come r ... Continua a leggere

 

L'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo va ricostruita con rigore comportando una sostanziale rinuncia al diritto di agire in giudizio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato nella sentenza in esame come l'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sussiste solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara ed incondizionata volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2013, nr. 4140; Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2012, nr. 5966; id., 25 agosto 2011, nr. 4805), per percepire come nella specie tale univoca volontà, da ricostruire con particolare rigore siccome comportante una sostanziale rinuncia al diritto di agire in giudizio, non possa dirsi sussistente.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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Trasferimento per incompatibilità ambientale: l'interesse del dipendente all’assistenza del familiare disabile a non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso recede di fronte a quello dell’Amministrazione di salvaguardia del suo prestigio e alla rimozione di conseguenze pregiudizievoli

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

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Le vicende processuali penali, salvo che si concludano con un accertamento di insussistenza dei fatti o della loro inascrivibilità al soggetto, non precludono all’Amministrazione l’apprezzamento discrezionale dei comportamenti del dipendente al fine di adottare un trasferimento per incompatibilitàambientale, attesa l’autonomia tra processo penale definito con l’archiviazione ed una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale e, analogamente, tra archiviazione e procedimento disciplinare (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 4.7.2012, n. 3921)....16.1. Sul piano generale questo Consiglio non ha mancato di chiarire, al riguardo, che il provvedimento di trasferimento non deve esplicitare i criteri con i quali sono stati determinati i limiti geografici della incompatibilità e, comunque, la più opportuna nuova dislocazione del proprio dipendente (V., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 29.10.1987, n. 644, nonché, più di recente, Cons. St., sez. III, 2.9.2013, n. 4368), né può essere condizionato alle condizioni personali e familiari del dipendente, le quali recedono di fronte all’interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell’Amministrazione (v., inter multas, Cons. St., sez. VI, 21.3.2006, n. 1504; Cons. St., sez. VI, 6.4.2010, n. 1913)....16.4. La situazione giuridica soggettiva riconosciuta dall’art. 33, comma quinto, della l. 104/1992 al dipendente, pur essendo posta a tutela di un rilevante valore quale quello dell’assistenza in favore del parente disabile, è infatti subordinata alle necessità organizzative dell’Amministrazione e ha conseguente consistenza di interesse legittimo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 1.2.2010, n. 2428) e non di diritto soggettivo assoluto, sicché essa deve necessariamente contemperarsi con le preminenti esigenze dell’ente pubblico (cfr., sul punto, Cons. Stato, sez. IV, 21.2.2005, n. 565). Nel caso di trasferimento per incompatibilità ambientale, previsto dall’art. 55 del d.P.R. 335/1982, il legittimo interesse del dipendente all’assistenza del familiare disabile a non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, a norma dell’art. 33, comma 5, della l. 104/1992, recede di fronte a quello, espresso dall’Amministrazione, alla salvaguardia del suo prestigio e alla rimozione di conseguenze per essa pregiudizievoli, createsi proprio in tale sede e nocive al sereno svolgimento del servizio, e ciò a maggior ragione in un settore sensibile, quale è quello degli operatori di -OMISSIS-, nel quale il rigore della condotta imposto ai dipendenti s’integra strettamente con le connesse esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
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Conferenza di servizi: il dissenso qualificato delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Dal comma 1 dell’art. 14-quater della l. n. 241 del 1990 si desume il principio di base della necessità della manifestazione del dissenso in conferenza, con particolare riguardo al c.d. ‘dissenso qualificato’. Secondo la disposizione, infatti, "il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, […] paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso". Se così ritualmente espresso, un siffatto parere dissenziente genera l’effetto proprio di rendere la conferenza non più competente a trattare la questione e l’inderogabile necessità (cfr. Cons. Stato, VI, 23 maggio 2012, n. 3039) di rimettere la valutazione, se l’amministrazione procedente intenda insistere, ad altro, superiore e centrale livello di governo. Quanto al fondamento della previsione, dal combinato dei commi 6 e 7 dell’art. 14-ter si desume che la partecipazione effettiva alla conferenza si basa sul principio della leale collaborazione istituzionale, di cui costituisce un’espressione per bene procedere all’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti. Non solo: la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha evidenziato che anche le amministrazioni preposte alla cura di valori e interessi sensibili (come quelli qui in rilievo) hanno l’onere di ritualmente esprimere all’interno della conferenza di servizi, proprio per il valore aggiunto del confronto dialettico, il loro eventuale dissenso qualificato (ex plurimis: Cons. Stato, VI, 23 febbraio 2012, n. 451; 23 maggio 2012, n. 3039; 27 novembre 2012, n. 5494; 15 gennaio 2013, n. 220; 24 gennaio 2013, n. 434). Non è però dato far discendere da tali esatti presupposti conseguenze formalistiche, eccessive ed ultronee, che arrivano a negare la stessa ragione di base dei detti principi di confronto dialettico e di leale collaborazione che presiedono alla conferenza di servizi, e con essi i fondanti criteri di economicità e di efficacia che, a norma del principio generale dell’art. 1 l. n. 241 del 1990, debbono comunque presiedere alla complessiva azione amministrativa (anche in riferimento al principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’art. 97 Cost.). Questi principi, su cui si basa la ratio sia dell’istituto in questione che dell’intera disciplina legislativa del procedimento amministrativo, contribuiscono invero a identificare il corretto significato e la giusta portata dell’espressione "a pena di inammissibilità", di cui alla disposizione.

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Dal comma 1 dell’art. 14-quater della l. n. 241 del 1990 si desume il principio di base della necessità della manifestazione del dissenso in conferenza, con particolare riguardo al c.d. ‘dissenso qualificato’. Secondo la disposizione, infatti, "il dissenso di uno o più rappresentanti delle amminist ... Continua a leggere

 

E' sufficiente impugnare l’atto presupposto, già lesivo dell'interesse dell'interessato, se il provvedimento finale ha carattere meramente esecutivo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Secondo un consolidato l'impugnazione dell’atto presupposto (qui: l’approvazione del progetto definitivo), già lesivo dell'interesse dell'interessato, consente di soprassedere senza pregiudizio all’impugnazione dell’atto conseguenziale (qui: l’atto di stipula dell’accordo di programma) quando l'annullamento del primo è ad effetto non meramente viziante del secondo, ma caducante: vale a dire, è tale da causare un’automatico venir meno del secondo, come avviene quando il provvedimento successivo ha carattere meramente esecutivo di quell’atto presupposto, ovvero lo segua nel procedimento in immediata derivazione logica e causale dall'atto precedente (ex multis: Cons. Stato, IV, 27 marzo 2009, n. 1869). Non è necessario impugnare l’atto finale, una volta impugnato quello preparatorio, se fra i due vi è una relazione di presupposizione e consequenzialità immediata, diretta e necessaria, perché l’atto successivo è inevitabile conseguenza di quello precedente, e non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi (ex multis: Cons. Stato, V, 2 novembre 2009, n. 6710; IV, 24 maggio 2013, n. 2823).per continuare nelle lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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Secondo un consolidato l'impugnazione dell’atto presupposto (qui: l’approvazione del progetto definitivo), già lesivo dell'interesse dell'interessato, consente di soprassedere senza pregiudizio all’impugnazione dell’atto conseguenziale (qui: l’atto di stipula dell’accordo di programma) quando l'ann ... Continua a leggere

 

AAMS: decide il giudice civile sulle controversie di natura patrimoniale afferenti al rapporto concessorio in difetto di esercizio di poteri autoritativi da parte dell’Amministrazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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Con la sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma -, pronunciandosi sul ricorso corredato da motivi aggiunti proposto dalla odierna appellante società, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo in ordine alla domandadi annullamento di alcuni provvedimenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. In particolare, l’odierna appellante aveva chiesto l’annullamento: dei provvedimenti n. 7936, n. 7914 e n. 7969 in data 23 febbraio 2009, con i quali l’AAMS aveva chiesto alla società ricorrente il pagamento di penali per complessivi euro 192.071,44, con l’avvertimento che il mancato pagamento avrebbe comportato l’escussione della fideiussione e la decadenza dalla concessione stessa.... L’appello è infondato e va disatteso Il Collegio non intende discostarsi dagli approdi recentemente raggiunti (sent. della Sezione IV n. 3111 in data 5 giugno 2013 ) parimenti fatti propri dal Tar nella gravata decisione. In particolare, nella detta decisione, da intendersi integralmente richiamata in questa sede, è stato fatto presente che il chiaro tenore di cui all’art. 133 del cpa impediva di ritenere che la giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo potesse estendersi a controversie di natura patrimoniale afferenti al rapporto concessorio, come peraltro discendente dall’arresto della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato la parziale illegittimità della antevigente disposizione di legge, ossia dell'art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, poi trasfuso nell’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205), laddove la giurisdizione esclusiva andava a ricomprendere anche le controversie in tema di servizi pubblici aventi ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi (sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204). L’appellante sostiene che la odierna controversia è (almeno in parte) diversa da quella oggetto della citata decisione. Il Collegio non concorda con tale tesi; ed anzi, una analisi del petitum sostanziale proposto da parte appellante induce a pervenire allo stesso convincimento reso dal Tar. Sol che si guardi alla natura delle pretese prospettate, infatti, risulta palese che trattasi di controversia civilistica "pura". E ciò: .- sia nella genesi delle pretese medesime (l’asserito danno arrecato dall’Amministrazione mercè una attività – certamente non provvedi mentale, ma, al più ricognitiva e certificativa - riposa nelle nella errata attestazione dell’importo debitorio residuo a carico del precedente affidatario); .- sia nelle conseguenze che si pretende di trarne (irripetibilità delle dette somme in capo al subentrante); .- sia (parrebbe di comprendere, ancorchè detto petitum non sia stato decisamente prospettato) per una asserita lesione della libertà negoziale dell’appellante, che, ove avesse conosciuto il reale importo debitorio della precedente aggiudicataria, non avrebbe preso la decisione di subentrarvi. Così inquadrata la fattispecie, appare evidente che non solo questo plesso è privo di giurisdizione sulle pretese in concreto, ma anche che il giudice "naturale" di tutte le pretese devolute in sede processuale è il Giudice civile, posto che in nessun passaggio delle presente vicenda processuale v’è stata spendita di potere pubblico o l’esercizio di poteri autoritativi da parte dell’Amministrazione. Per scaricare la presente sentenza cliccare su "Accedi al. Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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Con la sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma -, pronunciandosi sul ricorso corredato da motivi aggiunti proposto dalla odierna appellante società, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo in ordine alla domanda ... Continua a leggere

 

La motivazione del provvedimento amministrativo: il Consiglio di Stato attenua le conseguenze del principio del divieto di motivazione postuma

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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Non è ignoto al Consiglio di Stato il dibattito, anche dottrinario che dopo la introduzione, nel 2005, nel sistema giuridico italiano dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 si è sviluppato intorno alla tematica dell'integrazione postuma della motivazione. Non è da alcuno contrastato, però, ilprincipio per cui, ammesso che tale possibilità possa essere concessa alle amministrazioni, ciò è limitato al perimetro applicativo scolpito ex art. 21 octies della legge n. 241/1990. Il Collegio non intende discostarsi, infatti, da quanto di recente affermatosi in giurisprudenza (Cons. Stato Sez. V, 20-08-2013, n. 4194) laddove si è lucidamente colto che "nel giudizio amministrativo, il divieto di integrazione della motivazione non ha carattere assoluto, in quanto non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione: è il caso degli atti di natura vincolata di cui all'art. 21-octies L. n. 241 del 1990, nei quali l'Amministrazione può dare anche successivamente l'effettiva dimostrazione in giudizio dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, oppure quello concernente la possibilità di una successiva indicazione di una fonte normativa non prima menzionata nel provvedimento, quando questa, per la sua notorietà, ben avrebbe potuto e dovuto essere conosciuta da un operatore professionale E’infatti insegnamento tradizionale e consolidato quello in base al quale, nel processo amministrativo la motivazione deve precedere e non seguire il provvedimento, a tutela oltre che del buon andamento e dell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario degli stessi principi di parità delle parti e giusto processo (art. 2 c.p.a.) e di pienezza della tutela secondo il diritto Europeo (art. 1 c.p.a.) i quali convergono nella centralità della motivazione quale presidio del diritto costituzionale di difesa. Nella citata decisione è stato condivisibilmente posto in luce che (si riporta un breve passaggio motivazionale della stessa) "il divieto di integrazione giudiziale della motivazione non ha carattere assoluto, in quanto non sempre i chiarimenti resi nel corso del giudizio valgono quale inammissibile integrazione postuma della motivazione: è il caso degli atti di natura vincolata di cui all'art. 21-octies L. n. 241 del 1990, nei quali l'Amministrazione può dare anche successivamente l'effettiva dimostrazione in giudizio dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, oppure quello concernente la possibilità di una successiva indicazione di una fonte normativa non prima menzionata nel provvedimento, quando questa, per la sua notorietà, ben avrebbe potuto e dovuto essere conosciuta da un operatore professionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2012, n. 5257). Infatti, sebbene il divieto di motivazione postuma, costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, meriti di essere confermato, rappresentando l'obbligo di motivazione il presidio essenziale del diritto di difesa, non può ritenersi che l'Amministrazione incorra nel vizio di difetto di motivazione quando le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili sulla base della parte dispositiva del provvedimento impugnato o si verta in ipotesi di attività vincolata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 agosto 2012, n. 4610 e sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3376). Inoltre, ed in particolare, la facoltà dell'Amministrazione di dare l'effettiva dimostrazione dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, nel caso di atti vincolati, esclude in sede processuale che l'argomentazione difensiva dell'Amministrazione, tesa ad assolvere all'onere della prova, possa essere qualificato come illegittima integrazione postuma della motivazione sostanziale, cioè come un'indebita integrazione in sede giustiziale della motivazione stessa. Pertanto, alla luce dell'attuale assetto normativo, devono essere attenuate le conseguenze del principio del divieto di integrazione postuma, dequotando il relativo vizio tutte le volte in cui l'omissione di motivazione successivamente esternata: - non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato; - nei casi in cui, in fase infraprocedimentale, risultano percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento gravato; - nei casi di atti vincolati.". Sin qui la lucida motivazione della richiamata decisione, che il Collegio condivide e fa propria. Nel caso di specie, all’evidenza, non sussiste alcuna di tali eventualità: trattavasi di atto discrezionale, la norma asseritamente collidente non era stata mai da alcuno evidenziata, le conseguenze della stessa non erano preconizzabili.

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Il giudice dell'ottemperanza non può interferire nell'attività amministrativa durante la fase in cui l’esecuzione del giudicato è ancora possibile o in corso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha evidenziato come il giudice dell’ottemperanza non può interferire nell’attività amministrativa, durante la fase in cui l’esecuzione del giudicato è ancora possibile o in corso (salvo forse nell’ipotesi, che comunque nella specie non ricorre, in cui tale attività risulti essere totalmente vincolata). Ciò si ricava anche dal generale principio enunciato al comma 2 dell’art. 34 cod. proc. amm., laddove si afferma che in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati.

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