
News 5 Dicembre 2014 - Area Amministrativa
MIUR: in Gazzetta Ufficiale il Calendario delle festivita' e degli esami per l'anno 2014/2015
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza del Ministero dell'istruzione

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 283 del 5 dicembre 2014 l'ordinanza 6 agosto 2014 del Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca recante " Calendario delle festivita' e degli esami per l'anno 2014/2015." Per scaricare l'ordinanza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dell'ordinanza del Ministero dell'istruzione
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 283 del 5 dicembre 2014 l'ordinanza 6 agosto 2014 del Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca recante " Calendario delle festivita' e degli esami per l'anno 2014/2015." Per scaricare l'ordinanza cliccare su "Accedi al Provvedimento". ... Continua a leggere
Funzione Pubblica: la circolare sui divieti di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza

Il Ministro per la Semplificazione e Pubblica Amministrazione ha diramato la circolare n. 6 del 4 dicembre per chiarire la portata dell'art. 6 del DL n. 90/2014 convertito nella Legge n. 114/2014 che ha introdotto nuove disposizioni in materia di "incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza".Nella circolare vengono precisati sia la cadenza temporale di applicazione dei nuovi divieti, sia i soggetti interessati, nonché la tipologia di incarichi vietati, incarichi consentiti ed infine gli incarichi gratuiti. Per scaricare la circolare cliccare su "Accedi al provvedimento".
Il Ministro per la Semplificazione e Pubblica Amministrazione ha diramato la circolare n. 6 del 4 dicembre per chiarire la portata dell'art. 6 del DL n. 90/2014 convertito nella Legge n. 114/2014 che ha introdotto nuove disposizioni in materia di "incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza". ... Continua a leggere
Comuni: i nuovi adempimenti degli Ufficiali dello stato civile in materia di separazione personale, cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio

La legge n. 162/2014 ha introdotto importanti novità volte a semplificare le relative procedure in tema di separazione personale, cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio. Il Ministero dell'Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali ha adottato apposita circolare per chiarire i nuovi adempimenti.Per scaricare la circolare cliccare su "Accedi al Provvedimento".
La legge n. 162/2014 ha introdotto importanti novità volte a semplificare le relative procedure in tema di separazione personale, cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio. Il Ministero dell'Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali ha adottato apposita circola ... Continua a leggere
Pensioni: in Gazzetta Ufficiale il decreto MEF sulla perequazione automatica delle pensioni

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2.12.2014 è stato pubblicato il decreto del MEF recante "Perequazione automatica delle pensioni per l'anno 2014 e valore definitivo per l'anno 2013". In particolare la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2013 è determinata in misura pari a +1,1 a aperture dall'anno 2014, mentre per l'anno 2014 e' determinata in misura pari a +0,3 dal 1° gennaio 2015, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l'anno successivo. Per scaricare il decreto del MEF cliccare su "accedi al provvedimento".
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2.12.2014 è stato pubblicato il decreto del MEF recante "Perequazione automatica delle pensioni per l'anno 2014 e valore definitivo per l'anno 2013". In particolare la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 20 ... Continua a leggere
Prevenzione dell'allontanamento dei minorenni dalle famiglie d'origine: approvato l'elenco degli ambiti territoriali ammessi al finanziamento nazionale

Pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale Inclusione e Politiche Sociali – il Decreto Direttoriale n. 234/2014 del 24 novembre 2014 riguardante l’approvazione dell’elenco degli ambiti territoriali ammessi al finanziamento nazionale. Le relative proposte sonostate avanzate e presentate dalle Regioni nonché dalle Province Autonome che si sono rese disponibili aderendo alla sperimentazione del modello di intervento P.I.P.P.I. (Programma di interventi per la prevenzione dell’Istituzionalizzazione), tematica questa inerente, concretamente, la prevenzione dell’allontanamento dei minorenni dalle famiglie di origine. L’importo complessivo stanziato e presente sui capitoli di spesa attribuiti al Dicastero del Lavoro, per l’implementazione di detto Programma, ammonta a complessivi € 2.500.000.
Pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale Inclusione e Politiche Sociali – il Decreto Direttoriale n. 234/2014 del 24 novembre 2014 riguardante l’approvazione dell’elenco degli ambiti territoriali ammessi al finanziamento nazionale. Le relative proposte sono ... Continua a leggere
Processo amministrativo: va annullata la sentenza di primo grado se a fondamento è stata posta una questione rilevata d'ufficio senza previa indicazione in udienza o assegnazione di un termine per controdedurre
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 3.12.2014

Il porre a fondamento della sentenza di primo grado una questione rilevata d'ufficio senza previa indicazione in udienza o assegnazione di un termine per controdedurre al riguardo costituisce violazione del diritto di difesa − anche rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 73 comma 3 Cod. proc. amm.−, pertanto, il giudice d'appello deve annullare la sentenza e rimettere la causa al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 105 comma 1 stesso codice (Cons. St., Sez. V, 24 luglio 2013, n. 3957).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 3.12.2014
Il porre a fondamento della sentenza di primo grado una questione rilevata d'ufficio senza previa indicazione in udienza o assegnazione di un termine per controdedurre al riguardo costituisce violazione del diritto di difesa − anche rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 73 comma 3 Cod. proc. amm. ... Continua a leggere
Enti Locali: in presenza di assunzioni effettuate in violazione di legge, la sanzione della nullità è rilevabile da chiunque e d'ufficio, imprescrittibile e insanabile
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014

È ormai consolidato in giurisprudenza il principio che il rapporto di lavoro instaurato con gli Enti locali, in contrasto con norme che sanciscono la nullità di assunzioni al di fuori dei casi da esse disciplinate (sia esso rapporto a termine o a tempo indeterminato), nasce e vive come rapporto difatto, rispetto al quale gli indici rivelatori del pubblico impiego assumono soltanto funzione di astratta qualificazione al fine della determinazione della giurisdizione e della disciplina economica e previdenziale relativa alle prestazioni lavorative; ciò in quanto la sanzione della nullità, comminata per i provvedimenti di assunzione contra legem, utilizza la nozione di nullità in senso proprio, con la conseguenza di rendere tale vizio, oltre che rilevabile da chiunque e d'ufficio, imprescrittibile e insanabile (Consiglio di Stato, sez. V, 30 aprile 2014, n. 2270). In caso di non configurabilità del rapporto di pubblico impiego, ma in presenza di assunzioni effettuate in violazione di legge, può comunque ricorrere il diritto degli interessati ad ottenere differenze retributive, nonché prestazioni contributive e previdenziali, quando sia provata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato di fatto, rispetto al quale gli indici rivelatori del pubblico impiego assumono soltanto funzione di astratta qualificazione, ai fini della determinazione della disciplina economica e previdenziale relativa alle prestazioni lavorative in essere (Consiglio di Stato, sez. V, 9 dicembre 2013, n. 5878). In tema di qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, gli indici sostanziali che possono considerarsi come rivelatori di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego consistono nella natura pubblica dell'Ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell'attività lavorativa prestata con i fini istituzionali, nell'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'ente, nell'orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata ed a cadenza mensile e nel carattere continuativo, professionale e in via prevalente, se non esclusiva, delle prestazioni lavorative effettuate (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 dicembre 2013, n. 5799). In relazione a detti indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego incombe, peraltro, su chi ne invoca la sussistenza, l'onere di fornire almeno principi di prova al riguardo (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 dicembre 2013, n. 5799). (...) In sede di verifica dell'effettiva esistenza di un rapporto di impiego pubblico è stata invero ritenuta dalla giurisprudenza irrilevante la circostanza che per lo svolgimento del servizio il dipendente fosse tenuto al rispetto di orario di lavoro fisso e anche all'obbligo di firma dei fogli di presenza, atteso che tali adempimenti sono garanzie rivolte a provare l'effettiva ed adeguata prestazione dei servizi a lui affidati, all'interno del contenuto naturale delle modalità esecutive connesse al tipo di contratto tra le parti, compatibili, cioè, anche quanto ai connessi poteri di verifica dell'adempimento, con l'esecuzione di un appalto o prestazione d'opera (Consiglio di Stato sez. V, 9 dicembre 2013, n. 5878). Il semplice inserimento nella struttura pubblica per il conseguimento dei fini propri dell'Ente, ed anche la predeterminazione di un orario complessivo di lavoro mensile, l'erogazione del compenso per un ammontare fisso da corrispondere con cadenza mensile, non sono infatti sufficienti alla dimostrazione della sussistenza di un rapporto di pubblico impiego, rappresentando elementi comuni anche al contratto d'opera ex art. 2222 ss. c.c. e in assenza, come nel caso di specie, dell'inserimento del lavoratore nella struttura dell'Ente con rapporto di subordinazione gerarchica. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014
È ormai consolidato in giurisprudenza il principio che il rapporto di lavoro instaurato con gli Enti locali, in contrasto con norme che sanciscono la nullità di assunzioni al di fuori dei casi da esse disciplinate (sia esso rapporto a termine o a tempo indeterminato), nasce e vive come rapporto di ... Continua a leggere
Compensazione delle spese processuali: la pronuncia sulle spese processuali è censurabile solo se le spese sono state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte vittoriosa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014

Nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla sulla base del criterio equitativo, potendo a tal fine valutare ogni elemento utile, senza peraltro essere tenuto ad indicare specificamente le ragioni della decisione presa (Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2014, n. 3131), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio, o disporre statuizioni abnormi. La pronuncia inerente alle spese processuali risulta, quindi, censurabile solo se le spese sono state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte vittoriosa mentre, viceversa, la valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 dicembre 2013, n. 5861). I giusti motivi, in base ai quali il giudice amministrativo dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio in deroga al criterio generale della soccombenza, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., richiamato dall'art. 26 c.p.a., anche se non puntualmente specificati, possono quindi essere desumibili dal contesto della decisione (Consiglio di Stato, sez. III, 14 luglio 2014, n. 3682).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014
Nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla sulla base del criterio equitativo, potendo a tal fine valutare ogni elemento utile ... Continua a leggere
Processo amministrativo: la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014

La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3, del c.p.a., è infatti ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva del capoverso dell'art. 1227 del c.c., sicché, pur non sussistendo una pregiudizialità di rito già nel quadro normativo anteriore all'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, deve (e doveva) ravvisarsi immanente nell'ordinamento il principio che la mancata impugnazione del provvedimento amministrativo costituisce un comportamento contrario a buona fede, qualora sia accertato che una tempestiva reazione avrebbe evitato o mitigato il danno (Consiglio di Stato, sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2610). La mancata tempestiva impugnazione di un provvedimento amministrativo impedisce infatti di considerare illecita la condotta della Pubblica Amministrazione e di conseguire il risarcimento del danno derivante da quel medesimo atto, con la conseguenza che l'applicazione del principio della "pregiudiziale amministrativa" non comporta una preclusione di ordine processuale all'esame nel merito della domanda risarcitoria, ma determina un esito negativo nel merito dell'azione, perché la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non, o tardivamente, ovvero inammissibilmente, impugnato è ammissibile ma infondata nel merito, in quanto la mancata corretta impugnazione dell'atto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo (dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti e imponendone l'osservanza ai consociati), così impedendo che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dalla P.A. in esecuzione dell'atto in oppugnato (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917). Nel caso di specie non può ritenersi che la posizione del ricorrente fosse di diritto soggettivo e comunque l'omessa rituale proposizione del ricorso per l'annullamento del provvedimento lesivo (a causa del tardivo deposito della copia del ricorso notificata) denota una condotta che, nell'ambito di una valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa, autorizza il giudice ad escludere il risarcimento, in quanto la ammissibile proposizione del ricorso per l'annullamento dell'atto lesivo avrebbe potuto evitare i danni da quest'ultimo derivanti. Non deve essere quindi risarcito il danno che l’attuale appellante non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui era tenuto, secondo correttezza; ciò con la precisazione che la giurisprudenza più recente ha adottato un'interpretazione estensiva ed evolutiva del comma 2 dell'art. 1227 del c.c., secondo cui il creditore è gravato non soltanto da un obbligo negativo (astenersi dall'aggravare il danno), ma anche da un obbligo positivo (tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili e possibili, rivolte ad evitare o ridurre il danno).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 1.12.2014
La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3, del c.p.a., è infatti ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un' ... Continua a leggere
Rito dell'accesso: la dimidiazione dei termini processuali concerne anche il termine per il deposito del ricorso, il quale è fissato in soli 15 giorni dall’avvenuta notifica
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

Nel caso del c.d. rito dell’accesso, disciplinato dall’art. 116 c.p.a., opera la dimidiazione di tutti i termini processuali, prevista per la generalità dei riti camerali dal comma 3 dell’articolo 87 del c.p.a. (con la sola eccezione del termine per la notificazione del ricorso di primo grado). Ladimidiazione in questione concerne anche il termine per il deposito del ricorso, il quale resta fissato, nell’ottica acceleratoria del processo, in soli 15 giorni dall’avvenuta notifica ( e cioè nella metà del termine previsto dall’art. 45 c.p.a. in via generale per il deposito in trenta giorni e che la disposizione medesima qualifica come perentorio). Sul punto è concorde la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. St. sez. VI, n. 1403 del 12 marzo 2012; n. 2516 del 2 maggio 2012 – in tema specifico di accesso – e in via generale per i procedimenti in camera di consiglio sez. V, n. 6074 del 18 dicembre 2013; n. 5246 del 31 ottobre 2013).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014
Nel caso del c.d. rito dell’accesso, disciplinato dall’art. 116 c.p.a., opera la dimidiazione di tutti i termini processuali, prevista per la generalità dei riti camerali dal comma 3 dell’articolo 87 del c.p.a. (con la sola eccezione del termine per la notificazione del ricorso di primo grado). La ... Continua a leggere
Gli atti amministrativi, a prescindere dal nomen iuris, vanno interpretati non solo in base al tenore letterale, ma soprattutto risalendo alla effettiva volontà dell’Amministrazione ed al potere concretamente esercitato
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014

Ai fini della qualificazione, come ripetutamente sostenuto dalla giurisprudenza del Consiglio, gli atti amministrativi vanno interpretati non solo in base al tenore letterale, ma soprattutto risalendo alla effettiva volontà dell’Amministrazione ed al potere concretamente esercitato, cosicché occorre prescindere dal nomen iuris adottato dall’Amministrazione ai fini dell’inquadramento degli stessi all’interno delle tradizionali categorie dell’annullamento, che opera per vizi di legittimità, con effetto ex tunc, e della revoca, in presenza di vizi di merito, che opera ex nunc (v., ex plurimis, Cons. St., Ad. Plen., 23.1.2003, n. 3; Cons. St., sez. V, 15.10.2003, n. 6316).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 27.11.2014
Ai fini della qualificazione, come ripetutamente sostenuto dalla giurisprudenza del Consiglio, gli atti amministrativi vanno interpretati non solo in base al tenore letterale, ma soprattutto risalendo alla effettiva volontà dell’Amministrazione ed al potere concretamente esercitato, cosicché occorr ... Continua a leggere
Stabilizzazione e mobilità esterna, sulle controversie decide il giudice ordinario
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.11.2014

Il Consiglio di Stato, Sez. III nella sentenza del 28 novembre 2014 ha precisato che rientra quindi nella giurisdizione del giudice ordinario, sia la controversia avente ad oggetto il diritto alla stabilizzazione, che la controversia avente ad oggetto la mobilità esterna con trasferimento del dipendente pubblico tra enti del medesimo comparto o tra enti di comparti diversi. Questa ultima, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (9 sett. 2010 n.19251), si configura come cessione del contratto di lavoro, si verifica nel corso di un rapporto di lavoro già instaurato, non determina la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione ma la sola modificazione soggettiva del rapporto di lavoro già in atto. Analoghe considerazioni, quanto alla giurisdizione, devono essere formulate con riguardo alle procedure di stabilizzazione che non si basano su una scelta comparativa tra più aspiranti, ma sulla esigenza apprezzata a livello legislativo di consolidare, con rapporti di lavoro a tempo indeterminato, posizioni lavorative a tempo determinato a condizione che siano preventivamente verificati i requisiti previsti legislativamente, ed in specie, che il conseguimento del rapporto di lavoro a tempo determinato sia avvenuto mediante procedure selettive di natura concorsuale.(...) La Suprema Corte regolatrice della giurisdizione ha osservato che in tutti i casi in cui vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela di posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio davanti al giudice ordinario, nel quale la tutela è assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri riconosciuti a tale giudice dal secondo co. dell’art. 63 del d.lgs. 165/ (SS.UU. ord. 5.6.2006 n.13169; idem sentenza 6.3.2009 n.5458). Carente di giurisdizione è inoltre il giudice amministrativo sulla domanda dei ricorrenti in primo grado, di declaratoria di inefficacia dei contratti a tempo indeterminato del personale precario nelle more stipulati in virtù delle procedure di stabilizzazione in quanto siffatta domanda, investendo atti estranei alla procedura concorsuale, successivi all’assunzione è attratta dalla giurisdizione del giudice ordinario. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 28.11.2014
Il Consiglio di Stato, Sez. III nella sentenza del 28 novembre 2014 ha precisato che rientra quindi nella giurisdizione del giudice ordinario, sia la controversia avente ad oggetto il diritto alla stabilizzazione, che la controversia avente ad oggetto la mobilità esterna con trasferimento del dipen ... Continua a leggere
Corte dei Conti: indebito stipendiale per "illegittimo o arbitrario esercizio di funzioni per illegittimità o illiceità dell’assunzione" e "arbitraria assenza dal servizio", le problematiche sulla giurisdizione e sulla legittimazione passiva
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti Sezione giurisdizionale per il Lazio del 24.11.2014

Con atto di citazione la Procura contabile ha convenuto in giudizio il direttore amministrativo di un'azienda USL per sentirlo condannare al risarcimento del danno, quantificato in € 72.992,57, per avere lo stesso "formalmente accettato la nomina a Direttore Amministrativo dell’azienda USL ed avereprodotto la certificazione attestante il possesso dei requisiti", mentre non risultava dal curriculum presentato dal convenuto, il possesso di un requisito essenziale, e cioè lo svolgimento, da parte dello stesso, per cinque anni, di una qualificata attività di direzione tecnica od amministrativa in enti e strutture sanitarie pubbliche o private, richiesto dall’articolo 3 comma 7 del d. lvo 502 del 1992. Secondo la prospettazione dell’accusa la condotta del convenuto - sotto il profilo del dolo omissivo o, quantomeno, sotto il profilo dalla colpa gravemente omissiva – si configura nell’aver egli taciuto in ordine al difetto dei requisiti, allo scopo di favorire il conferimento di un incarico illegittimo e, dunque, nell’indebita percezione del trattamento economico nel periodo 6 dicembre 2011 - 31 agosto 2012. Il danno viene imputato alla descritta condotta - connotata in tesi dall’elemento psicologico del dolo omissivo – posta in essere dal convenuto e da colui che lo aveva nominato (oggi defunto) ai quali si richiede l’intero dovuto, in via solidale. Il Collegio in via preliminare ha rilevato - al fine di rigettare per infondatezza l’eccezione della difesa in merito al prospettato difetto di giurisdizione di questa Corte (basata sul presupposto che nella fattispecie mancherebbe l’elemento essenziale della responsabilità amministrativa, costituito dal c.d. "esercizio delle funzioni" del funzionario o del dipendente pubblico, per cui nel caso di specie si tratterebbe soltanto di un mero "indebito stipendiale") - che il contestato danno erariale per "illegittima prestazione lavorativa o di servizio" (nella fattispecie per causa coeva alla stessa chiamata in servizio) è ipotesi di fatto speculare ed equiparabile alla ipotesi di "arbitraria assenza dal servizio", sindacabile a titolo di responsabilità amministrativa (sez. giur. Lazio n. 660 del 2 ottobre 2014). La giurisprudenza, ormai da lungo tempo, si è affermata nel senso che le assenze illegittime dal servizio comportano un danno all’erario, perseguibile a titolo di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei conti, atteso che il dipendente pubblico, ancorché non eserciti di fatto in tale situazione le "sue funzioni", rimane pur sempre incardinato nella struttura amministrativa della quale fa parte e che, agli effetti della sussistenza del presupposto della giurisdizione contabile, nella nozione di danno cagionato "nell’esercizio delle funzioni", deve comprendersi anche l’ipotesi di "mancato esercizio" delle funzioni stesse. Trattasi, infatti, anche in tale ipotesi, di un giudizio di danno che presenta tutti gli elementi richiesti (danno arrecato ad una pubblica amministrazione da un soggetto ad essa legato da un rapporto di impiego o di servizio, nell’esercizio di una attività commissiva od omissiva connessa a tale rapporto (Sez. I giur. n. 71 del 4 marzo 1991; Sez. II giur. n. 2 del 18 gennaio 1979). In tal senso, peraltro, in precedenza si era pronunciata anche la suprema Corte di Cassazione (Sez. U n. 6009 del 19 novembre 1979). Ciò detto, analogamente può sostenersi, in punto di giurisdizione, per le ipotesi, come quella di specie, di illegittimo o arbitrario esercizio di funzioni per illegittimità o illiceità dell’assunzione, oggetto della citazione all’esame. Quanto sopra serve, peraltro, a differenziare l’ipotesi all’esame da quella che si realizza nel caso di semplice "indebito stipendiale", che consegue da un raffronto sempre correlato alle controprestazioni lavorative "normalmente" rese (in conformità, cioè, alla predeterminata articolazione contrattuale delle stesse, sia quanto alle ore di lavoro, alla qualifica rivestita dal lavoratore e anche alle eventuali assenze "giustificate" dal servizio) (cfr. Sez. giur. Lazio n. 613 del 28 agosto 2013 e n. 1589 del 10 novembre 2011), analogamente a quanto si verifica nelle ipotesi del c.d. "indebito pensionistico" (Sez. giur. Lazio n. 281 del 17 febbraio 2011). Presupposta la vicenda come esposta in narrativa, il Collegio rileva che, nella fattispecie, si pone un problema diverso, non già di giurisdizione - della quale non vi è difetto per le ragioni dianzi esposte - bensì di sussistenza o meno della legittimazione passiva in capo al soggetto chiamato a rispondere nel presente giudizio a titolo di responsabilità amministrativa per il prospettato danno erariale. In proposito, alla luce della formulazione della domanda attorea, e tenuto conto, in particolare, dei presupposti di fatto posti a fondamento della stessa domanda e del comportamento in concreto contestato al convenuto, la Corte ha ritenuto do dichiarare, nei confronti dello stesso, il difetto di legittimazione passiva nel presente giudizio di responsabilità amministrativa per il danno erariale di cui trattasi. La problematica processuale della legittimazione passiva attiene, nelle sue linee essenziali, all’individuazione dei soggetti che possono essere responsabili nel giudizio contabile e, cioè, quelli che possono essere convenuti in giudizio di fronte alla Corte dei conti e, guardando ai profili sostanziali della responsabilità amministrativa, involge anche la individuazione del soggetto al quale può essere riferito il requisito del "rapporto di servizio" (Sez. giur. Lazio n. 513 del 2012). Al riguardo -in disparte la considerazione che, nel caso di specie, l’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativa e della conseguente addebitabilità del prospettato danno erariale non può prescindere dal nesso causale, che discende dall’attività di adozione dei provvedimenti di selezione e/o di nomina per l’incarico che si presume illegittimamente rivestito dall’odierno convenuto- devesi rilevare che, rispetto al soggetto danneggiato, non è ipotizzabile che, al tempo e in ragione della sola presentazione del curriculum da parte del convenuto, vi fosse in concreto un "rapporto di servizio" con quest’ultimo, rapporto di servizio che è elemento indefettibile per configurare la responsabilità amministrativa di cui si discute. La Sezione ha pertanto, dichiarato, in riferimento alla domanda attorea proposta avverso il convenuto, il difetto di legittimazione passiva dello stesso nel presente giudizio di responsabilità amministrativa, il che consente di ritenere assorbita ogni altra eccezione e deduzione delle parti avanzata al riguardo. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti Sezione giurisdizionale per il Lazio del 24.11.2014
Con atto di citazione la Procura contabile ha convenuto in giudizio il direttore amministrativo di un'azienda USL per sentirlo condannare al risarcimento del danno, quantificato in € 72.992,57, per avere lo stesso "formalmente accettato la nomina a Direttore Amministrativo dell’azienda USL ed avere ... Continua a leggere