News 5 Agosto 2014 - Area Amministrativa


NORMATIVA

Concedo Straordinario: a chi spetta, la decorrenza, i requisiti, compatibilità con altri permessi, modalità di pagamento e la presentazione della domanda

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L'INPS ha pubblicato un utile approfondimento sul Concedo Straordinario (L. 388/2000 art. 80, comma 2 - D.lgs. 26.03.2001 n. 151, art. 42 come modificato dal D.lgs. 119/2011). In particolare viene precisato: "A CHI SPETTA Hanno titolo a fruire del congedo straordinario i lavoratori dipendentisecondo il seguente ordine di priorità, che degrada solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi (circ. n. 32/2012 e circ. n. 159/2013): -il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità; -il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente; -uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Si precisa, al riguardo, che la possibilità di concedere il beneficio ai figli conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti); -uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti; -un parente/affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli/sorelle conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Alcuni esempi di parentela/affinità: c’è parentela di primo grado con i genitori e i figli; di secondo grado con i nonni, i nipoti (figli dei figli) e i fratelli/sorelle; di terzo grado con i bisnonni, i pronipoti (figli dei nipoti di 2° grado), i nipoti (figli dei fratelli/sorelle) e gli zii (fratelli/sorelle dei genitori) c’è affinità di primo grado con i suoceri, il genero e la nuora; di secondo grado con i nonni del coniuge, i fratelli/sorelle del coniuge; di terzo grado con i bisnonni del coniuge, i nipoti (figli dei fratelli/sorelle del coniuge) e gli zii (fratelli/sorelle dei genitori del coniuge) CONVIVENZA NEI CASI PREVISTI DALLA LEGGE (circ. 32/2012, punto 6) È necessario il requisito della convivenza qualora a richiedere il congedo siano: il coniuge, i figli, i fratelli/sorelle o i parenti/affini entro il terzo grado del disabile grave. Per convivenza si deve fare riferimento, in via esclusiva, alla residenza, luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell’art. 43 cod. civ., non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di domicilio né la mera elezione di domicilio speciale previsto per determinati atti o affari dall’art. 47 c. c. (msg. 19583/2009). Per l’accertamento del requisito della "convivenza", si ritiene condizione sufficiente solo la residenza nel medesimo stabile, stesso numero civico, ma non anche nello stesso interno (appartamento) (msg. 6512/2010). NON SPETTA Ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari; -ai lavoratori a domicilio; -ai lavoratori agricoli giornalieri; -ai lavoratori autonomi; -ai lavoratori parasubordinati; -in caso di contratto di lavoro part-time verticale, durante le pause di sospensione contrattuale; -quando la persona disabile in situazione di gravità da assistere sia ricoverata a tempo pieno (fatte salve alcune eccezioni previste dalla legge); -nelle stesse giornate di fruizione dei permessi retribuiti ex art. 33 L. 104/1992 COSA SPETTA (Circ. 32/2012, punto 3.3) Due anni di assenza dal lavoro indennizzata nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo straordinario, nell’arco della vita lavorativa. Tale limite è complessivo fra tutti gli aventi diritto, per ogni persona con disabilità grave. In caso di pluralità di figli in situazione di disabilità grave il beneficio spetta per ciascun figlio sia pure nei limiti previsti dalle disposizioni della legge 104/92 e tenendo conto che tali periodi di congedo straordinario rientrano nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore di due anni di congedo, anche non retribuito, per gravi e documentati motivi familiari. Non è mai possibile per lo stesso lavoratore fruire del "raddoppio"; infatti un ulteriore periodo biennale per altri figli in situazione di disabilità grave è ipotizzabile solo per l’altro genitore (ovvero nei casi previsti per i fratelli o sorelle o il coniuge), con decurtazione di eventuali periodi da lui utilizzati a titolo di permessi per gravi e documentati problemi familiari. FRAZIONABILITÀ Il beneficio è frazionabile anche a giorni (interi). Tra un periodo e l’altro di fruizione è necessaria - perché non vengano computati nel periodo di congedo straordinario i giorni festivi, i sabati e le domeniche - l’effettiva ripresa del lavoro, requisito non rinvenibile né nel caso di domanda di fruizione del congedo in parola dal lunedì al venerdì (settimana corta) senza ripresa del lavoro il lunedì della settimana successiva a quella di fruizione del congedo, né nella fruizione di ferie. Le giornate di ferie, la malattia, le festività e i sabati cadenti tra il periodo di congedo straordinario e la ripresa lavoro non vanno computate in conto congedo straordinario (messaggio n. 28379 del 25.10.2006). Il beneficio invece non è riconoscibile, per i periodi in cui non è prevista attività lavorativa, come ad esempio in caso di part-time verticale per i periodi non retribuiti. Se il congedo viene fruito per frazioni di anno, ai fini del computo del periodo massimo previsto per la concessione dei 2 anni di beneficio, l’anno si assume per la durata convenzionale di 365 giorni. LA DECORRENZA Il congedo straordinario e le relative prestazioni decorrono dalla data della domanda. REQUISITI Ai fini della sussistenza del diritto deve essere accertata la presenza dei seguenti requisiti: -essere lavoratori dipendenti (anche se con rapporto di lavoro part time) e assicurati per le prestazioni economiche di maternità presso l’Inps; -la persona per la quale si chiede il congedo straordinario deve essere in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge 104/92 riconosciuta dall’apposita Commissione medica della ASL (art. 4, comma 1 L. 104/92); -mancanza di ricovero a tempo pieno (per le intere 24 ore ) del familiare in situazione di disabilità grave. Per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa (circ. 155/2010). Si precisa che le ipotesi che fanno eccezione a tale presupposto sono (circ. 32/2012): -interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate; -ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine; -ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi precedentemente prevista per i soli minori. Il diritto alla fruizione del congedo straordinario da parte del familiare non può essere escluso a priori, nei casi in cui il disabile svolga, nel medesimo periodo, attività lavorativa, pur premettendo che la necessità o meno dell’assistenza è da valutarsi caso per caso da parte del datore di lavoro (messaggio n. 24705/2011). REFERENTE UNICO (D.lgs. 119/2011) Sia i permessi di cui all’art. 33 della legge n. 104/92 che il congedo straordinario di cui all’art. 42 del D.lgs. 151/2001 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità. È fatta eccezione per i genitori, anche adottivi, di figli disabili in situazione di gravità a cui viene riconosciuta la possibilità di fruire di entrambe le tipologie di benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore fruisce dei permessi, l’altro non può utilizzare il congedo straordinario. La fruizione di tali benefici deve intendersi alternativa, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità. PRESCRIZIONE (circ. n. 41 del 16.03.2009) Il diritto all’indennità si prescrive nel termine di un anno decorrente dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile a titolo di congedo (art. 2963 C.C.). LA CERTIFICAZIONE PROVVISORIA Nel caso di mancato rilascio della certificazione di disabilità grave (ai sensi dell'art. 3, comma 3 della L. 104/92) entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, l'interessato è ammesso a presentare un certificato rilasciato da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso la ASL, che attesti la situazione di gravità (d.l. n. 324/1993 convertito in legge n. 423/1993 - circ. n. 32/2006). La certificazione provvisoria di disabilità in situazione di gravità, per essere ritenuta idonea, oltre ad essere rilasciata dal medico specialista ASL, deve specificare sia la diagnosi che le difficoltà socio-lavorative, relazionali e situazionali che la patologia determina con assunzione da parte del medico di responsabilità di quanto attestato in verità, scienza e coscienza (circ. 32/2006, punto 2). La certificazione provvisoria rilasciata dalla Commissione Medica Integrata ai sensi dell'articolo 4 della L. 104/92 può essere presa in considerazione anche prima dei 90 giorni dalla domanda di riconoscimento di disabilità grave e avrà validità fino alla emissione del provvedimento definitivo. In caso di patologie oncologiche la certificazione provvisoria potrà essere considerata utile anche solo dopo che siano trascorsi 15 giorni dalla domanda alla Commissione Medica Integrata. Qualora il provvedimento definitivo non accerti la disabilità grave si procederà al recupero del beneficio fruito. DURATA DELLA CERTIFICAZIONE PROVVISORIA La certificazione provvisoria avrà efficacia fino all'accertamento definitivo (circ. 53/2008 punto 5). Se la richiesta di congedo straordinario viene effettuata prima che siano trascorsi 90 giorni dalla data della richiesta per il riconoscimento della disabilità grave, la domanda per la fruizione del congedo stesso sarà respinta con l'annotazione che potrà essere riesaminata solo alla luce del provvedimento definitivo di riconoscimento della disabilità grave. QUANTO SPETTA L’indennità è corrisposta nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione entro un limite massimo di reddito determinato annualmente con Decreto ministeriale (per il 2014 pari ad Euro 47.351,12). I periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e trattamento di fine rapporto, ma, essendo coperti da contribuzione figurativa, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità assicurativa. Nel caso di congedo straordinario richiesto durante la sospensione parziale dell’attività lavorativa con intervento della Cassa Integrazione Guadagni (CIG ad orario ridotto) e nel caso di sottoscrizione di un contratto di solidarietà con riduzione dell’orario di lavoro l’indennità va calcolata con riferimento all’ultima retribuzione percepita, al netto del trattamento integrativo (msg. n. 027168 del 25.11.2009). LA CONTRIBUZIONE FIGURATIVA (Circ. 85/2002, punto 1 - circ. 14/2007) Il periodo di fruizione del congedo straordinario di cui trattasi è coperto da contribuzione figurativa valida per il diritto e per la misura della pensione. L'importo della retribuzione figurativa non potrà superare quello massimo settimanale, per i congedi fruiti a settimane intere, o quello massimo giornaliero, per i congedi fruiti a giornate (circ. 14/2007). I datori di lavoro, dovranno altresì determinare il periodo massimo fruibile dagli interessati tenendo in considerazione gli eventuali periodi di congedo già richiesti, a prescindere dalla circostanza che, per tali ultimi periodi, siano stati o meno richiesti il riscatto o la prosecuzione volontaria. TABELLA VALORI MASSIMI INDENNITÀ E RETRIBUZIONE FIGURATIVA (circ. n. 59/2012, circ. n. 59/2013, circ. n. 44/2014) A partire dall’anno 2002 il limite di € 36.151,98 è rivalutato annualmente sulla base delle variazioni ISTAT. Per visualizzare la tabella cliccare su "Accedi al Provvedimento". LA COMPATIBILITÀ CON ALTRI PERMESSI (Circ. 64/2001, punto 7) -non è possibile fruire del congedo straordinario e dei permessi art. 33 legge 104/92, per lo stesso disabile nelle stesse giornate, i due benefici possono essere percepiti nello stesso mese ma in giornate diverse (circ. n. 53/2008); -il verificarsi per lo stesso soggetto di altri eventi che potrebbero giustificare l'astensione dal lavoro durante la fruizione del congedo, non determina interruzione del congedo stesso (Circ. 64/2001, punto 7); -gli eventi di malattia certificata e maternità consentono l’interruzione del congedo straordinario solo se non sono trascorsi più di 60 giorni dall’inizio della sospensione dal lavoro (Circ. 64/2001, punto 7); -il congedo parentale e il congedo per la malattia del medesimo figlio disabile grave nello stesso periodo, da parte dell’altro genitore, è cumulabile con il congedo straordinario (msg. n. 22912 del 20.09.2007). Congedo straordinario in corso di Cassa Integrazione Guadagni (CIG) (msg. n. 027168 del 25.11.2009) -se il lavoratore è già in sospensione totale dal rapporto di lavoro, non può presentare richiesta di congedo straordinario in quanto già assente dal lavoro ad altro titolo; -se il lavoratore è già in congedo straordinario, richiesto prima che l’azienda abbia disposto il collocamento del personale dipendente in CIG, sia ridotta che a zero ore, verrà indennizzato il congedo straordinario. N.B.: La fruizione del congedo straordinario comporta la sospensione del rapporto di lavoro. LE MODALITÀ DI PAGAMENTO (Circ.64/2001, punto 6, circ. 119/1980, messaggio n. 28997/2010) L’indennità in questione è anticipata dal datore di lavoro con la possibilità di conguaglio con i contributi dovuti all’Inps. Per gli operai agricoli a tempo determinato (OTD) e a tempo indeterminato (OTI), per i lavoratori dello spettacolo saltuari o con contratto a termine, l’indennità viene pagata direttamente dall’Inps a seguito di domanda dell'interessato. LA DOMANDA La presentazione delle domande del congedo straordinario (D.lgs 151/2001) deve essere effettuata in modalità telematica (circ. 171/2011) attraverso uno dei seguenti tre canali: WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto - servizio di "Invio OnLine di Domande di Prestazioni a Sostegno del Reddito";Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi; Contact Center Multicanale – attraverso il numero 803164 gratuito riservato all’utenza che chiama da telefono fisso e il numero 06164164 con tariffazione a carico dell’utenza chiamante abilitato a ricevere esclusivamente chiamate da telefoni cellulari. Per scaricare l'approfondimento in PDF cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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L'INPS ha pubblicato un utile approfondimento sul Concedo Straordinario (L. 388/2000 art. 80, comma 2 - D.lgs. 26.03.2001 n. 151, art. 42 come modificato dal D.lgs. 119/2011). In particolare viene precisato: "A CHI SPETTA Hanno titolo a fruire del congedo straordinario i lavoratori dipendenti ... Continua a leggere

 

Permessi Retribuiti: on line l'approfondimento dell'INPS sulla legge 104

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L'INPS ha pubblicato un approfondimento con il quale viene dato un quadro completo di tutto quanto e' necessario sapere sui permessi retribuiti ovvero: - A CHI SPETTANO I permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti: -disabili in situazione di gravità; genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità; -coniuge, parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010). NON SPETTANO -ai lavoratori a domicilio (Circ. 80/95, punto 4); -agli addetti ai lavoro domestici e familiari (Circ. 80/95, punto 4); -ai lavoratori agricoli a tempo determinato occupati a giornata, né per se stessi né in qualità di genitori o familiari circ. 133 /2000 punto 3.3; -ai lavoratori autonomi -ai lavoratori parasubordinati COSA SPETTA I lavoratori disabili in situazione di gravità possono beneficiare alternativamente di: - riposi orari giornalieri di 1 ora o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro; - tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore). Si riporta di seguito la distinzione, specificata nei successivi punti a), b) e c), delle modalità di fruizione dei benefici da parte dei genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità, nonché del coniuge, dei parenti e affini entro il 2° grado di persone in situazione di disabilità grave con: - età inferiore ai tre anni; - età compresa tra tre e otto anni; - età superiore agli otto anni. a) I genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità con età inferiore ai tre anni, possono fruire, anche quando l’altro genitore non ha diritto (perché ad esempio è casalingo/a, lavoratrice/lavoratore autonomo), alternativamente di: un prolungamento del congedo parentale (tale prolungamento può essere fruito dal termine del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente indipendentemente dal fatto che sia stato in precedenza utilizzato o esaurito - msg. n. 22578/2007); i giorni fruiti, fino all’ottavo anno di età del bambino, a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni; riposi orari giornalieri di 1 ora o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro; tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore), sia nel caso in cui l’altro genitore non lavori, sia nel caso in cui siano presenti altri familiari, anche lavoratori, che possono prestare assistenza. I genitori di figli con disabilità grave hanno la possibilità di fruire dei giorni di permesso alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per soggetto disabile. Trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese. b) I genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità di età compresa tra tre e otto anni possono fruire, anche quando l’altro genitore non ha diritto (perché ad esempio è casalingo/a, lavoratrice/lavoratore autonomo), alternativamente di: un prolungamento del congedo parentale (tale prolungamento può essere fruito dal termine del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente indipendentemente dal fatto che sia stato in precedenza utilizzato o esaurito - msg. n. 22578/2007); i giorni fruiti, fino all’ottavo anno di età del bambino, a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni; 2. tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore), sia nel caso in cui l’altro genitore non lavori, sia nel caso in cui siano presenti altri familiari, anche lavoratori, che possono prestare assistenza. I genitori di figli con disabilità grave hanno la possibilità di fruire dei giorni di permesso alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per soggetto disabile. Trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese. c) I genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità, nonché il coniuge, i parenti e gli affini entro il 2° grado di persone in situazione di disabilità grave possono usufruire di: tre giorni di permesso mensile (frazionabili in ore). A titolo esemplificativo sono parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli/sorelle, nipoti in quanto figli dei figli; sono affini di primo grado: suoceri, nuora, genero; sono affini di secondo grado: fratelli/sorelle del coniuge e nonni del coniuge. I genitori adottivi o affidatari possono fruire del prolungamento del congedo parentale per un periodo fino a tre anni, comprensivo del periodo di congedo parentale ordinario, nei primi otto anni decorrenti dalla data di ingresso in famiglia del minore riconosciuto disabile in situazione di gravità, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e comunque non oltre il compimento della maggiore età dello stesso. ESTENSIONE DEL DIRITTO AI PARENTI E AGLI AFFINI DI TERZO GRADO DELLA PERSONA CON DISABILITÀ GRAVE In tutti i casi sopra esposti, il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (L. 183/2010 – circ. 155/2010). L’espressione "mancanti" deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono. La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti). Per quanto concerne le patologie invalidanti, ai fini dell’individuazione di tali patologie si prendono a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000. Frazionabilità ad ore dei 3 permessi giornalieri (msg 15995/07 - msg 16866/2007) Qualora i permessi giornalieri vengano utilizzati, anche solo parzialmente, frazionandoli in ore opera un limite orario mensile. Tale limite massimo mensile fruibile è uguale all'orario normale di lavoro settimanale diviso il numero dei giorni lavorativi settimanali per 3 (msg 16866/2007). I REQUISITI essere lavoratori dipendenti (anche se con rapporto di lavoro part time) e assicurati per le prestazioni economiche di maternità presso l’Inps; la persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi sia in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge 104/92 riconosciuta dall’apposita Commissione Medica Integrata (art. 4, comma 1 L. 104/92); mancanza di ricovero a tempo pieno della persona in situazione di disabilità grave. Per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa (circ. 155/2010). Si precisa che le ipotesi che fanno eccezione a tale presupposto sono (circ. 32/2012): interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate; ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine; ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi precedentemente prevista per i soli minori. Il dipendente che usufruisce dei permessi per assistere persona in situazione di disabilità grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello della sua residenza, ha l’obbligo di attestare con titolo di viaggio o altra documentazione idonea il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito al proprio datore di lavoro (D.lgs. 119/2011). REFERENTE UNICO (D.lgs. 119/2011) I permessi di cui all’art. 33 della legge n. 104/92 ed il congedo straordinario di cui all’art. 42 del D.lgs. 151/2001 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità. E’ fatta eccezione per i genitori, anche adottivi, di figli disabili in situazione di gravità a cui viene riconosciuta la possibilità di fruire di entrambe le tipologie di benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore fruisce dei permessi, l’altro non può utilizzare il congedo straordinario. La fruizione di tali benefici deve intendersi alternativa, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità. QUANTO SPETTA I permessi fruiti a giorni saranno indennizzati sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta (Circ. 80/95 par. 4); i permessi fruiti a ore (assimilati ai permessi per allattamento Circ. 162/93 punto 1, 8° capoverso) saranno indennizzati sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta; quelli concessi a titolo di prolungamento del congedo parentale fino all’8° anno di vita del bambino saranno indennizzati al 30% della retribuzione effettivamente corrisposta o convenzionale se appartenenti a categorie di lavoratori che hanno diritto all’indennità per congedo parentale sulla base di retribuzioni convenzionali. Permessi retribuiti e ANF Durante la fruizione dei permessi retribuiti si ha diritto anche all'assegno per il nucleo familiare (circ. 199/1997) FERIE E TREDICESIMA MENSILITÀ La quota della 13° mensilità (msg 13032/2005), o altre mensilità aggiuntive, è inclusa nella retribuzione giornaliera da prendere a riferimento per il calcolo dell'indennità e pertanto già corrisposta a carico dell'Istituto. Da parte del datore di lavoro quindi non è dovuta la corresponsione della quota relativa alla gratifica natalizia in quanto già compresa nell'indennità erogata dall'Inps. LE MODALITÀ DI PAGAMENTO (Circ. 80/1995, punto 4, circ. 119/1980, messaggio n. 28997/2010) Per i lavoratori, aventi diritto, l’indennità viene anticipata dal datore di lavoro con la possibilità di conguaglio con i contributi dovuti all’Inps. Per gli operai agricoli a tempo determinato (OTD) e a tempo indeterminato (OTI), per i lavoratori dello spettacolo saltuari o con contratto a termine, l’indennità viene pagata direttamente dall’Inps a seguito di domanda dell'interessato. I pagamenti delle prestazioni a sostegno del reddito possono avvenire anche all’estero (msg. 000237 del 09.04.2003) PART-TIME VERTICALE (Circ. 133/2000, punto 3.2) Nel caso di part-time verticale limitato ad alcuni giorni del mese (ad orario pieno o ad orario ridotto), il numero dei giorni di permesso deve essere ridimensionato proporzionalmente e arrotondato all’unità inferiore o superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore. LAVORO AGRICOLO Lavoro agricolo a tempo determinato (mod. HAND/Agr. Msg. 39956/2004). Nel caso di un rapporto di lavoro agricolo a tempo determinato, il riconoscimento dei 3 giorni di permesso è possibile solo se i lavoratori sono occupati con contratto stagionale di almeno un mese e l’attività lavorativa articolata su 6 giorni della settimana o 5 giorni se effettuano la settimana corta. I giorni di permesso non vengono riconosciuti per le frazioni di mese in cui l’attività viene svolta solo per alcuni giorni. LAVORI SOCIALMENTE UTILI Ai lavoratori impegnati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità (LSU/LPU) senza riduzione o sospensione dell’assegno (le domande e la documentazione vanno presentate al soggetto utilizzatore e non all'Inps – Circ. 86/1999, punto g) - Msg. 671 del 10.07.2003) spettano 3 giorni al mese (Circ. 80/95, punto 1) anche frazionabili in ore (msg 15995/07 e msg 16866/2007). CUMULABILITA’ DEI PERMESSI Il prolungamento del congedo parentale, i riposi orari giornalieri e i permessi mensili, da fruire alternativamente, sono compatibili con la fruizione del normale congedo parentale e del congedo per malattia del medesimo figlio fruito dall'altro genitore (art. 42, comma 4, D.lgs. 151/2001). E' compatibile la fruizione dei permessi orari ex lege n. 104/1992 per un figlio con disabilità grave inferiore a 3 anni e dei permessi orari (c.d. per allattamento) per altro figlio. Durante la fruizione del prolungamento del congedo parentale o dei permessi orari, entrambi i genitori non possono fruire del congedo straordinario ex art. 42, c.5 T.U. I permessi giornalieri possono essere cumulati con il congedo parentale e con il congedo malattia per figlio ai sensi dell'art. 42, quarto comma, legge n. 104/1992. Permane l'impossibilità, da parte di entrambi i genitori, di fruire dei benefici di cui all'art. 33 della legge n. 104/1992 durante il periodo di congedo straordinario, trattandosi in tal caso, di benefici diretti al medesimo fine (msg. n. 22912/2007), è invece possibile nello stesso mese fruire di un periodo di congedo straordinario e per un altro periodo dei permessi ai sensi dell’art. 33, c. 3, Legge n. 104/1992 a condizione che non si sovrappongano (circ. n. 53/2008). Si sottolinea inoltre, che come indicato nella circolare n. 155/2010, trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese. Un lavoratore con disabilità grave che fruisce dei permessi di cui al comma 6, art. 33, della legge n. 104/1992, può essere assistito da altro soggetto lavoratore, purché il medico di sede, in relazione alla gravità della disabilità valuti che il disabile abbia una effettiva necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore (circ. n. 37/1999, punto 1.A). Per tale assistenza spettano, i giorni o le ore di permesso di cui al comma 3, art. 33, della medesima legge . Al riguardo, occorre precisare che i giorni di permesso dei due soggetti interessati non devono necessariamente essere fruiti nelle stesse giornate (msg. 24705/2011). Il lavoratore con disabilità grave che già beneficia dei permessi di cui al comma 6, art. 33, legge n. 104/1992 può fruire anche di permessi per assistere altri familiari in situazione di disabilità grave, senza necessità di acquisire alcun parere medico legale (circ. n. 128/2003, p.6 - circ. n. 53/2008). Pluralità dei soggetti disabili Qualora assista più soggetti disabili, il lavoratore può cumulare più permessi tenendo presente che il cumulo di più permessi in capo allo stesso lavoratore è ammissibile solo a condizione che il familiare da assistere sia il coniuge o un parente o un affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora uno dei genitori o il coniuge della persona disabile in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (circ. n. 32/2012). RICORSI Avverso i provvedimenti di reiezione delle domande di permessi retribuiti, è possibile fare ricorso al Comitato Provinciale della Struttura territoriale Inps competente rispetto alla residenza del lavoratore (Circ. 182/1997, punto 11). Il ricorso al Comitato Provinciale non preclude la possibilità di adire le vie giudiziarie. CERTIFICAZIONE PROVVISORIA Nel caso di mancato rilascio della certificazione di disabilità grave (ai sensi dell'art. 3, comma 3 della L. 104/92) entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, l'interessato è ammesso a presentare un certificato rilasciato da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso la ASL, che attesti la situazione di gravità (d.l. n. 324/1993 convertito in legge n. 423/1993 - circ. n. 32/2006). La certificazione provvisoria di disabilità in situazione di gravità deve essere rilasciata dal medico specialista ASL e deve specificare, per essere ritenuta idonea, oltre alla diagnosi, anche le difficoltà socio-lavorative, relazionali e situazionali che la patologia determina con assunzione da parte del medico di responsabilità di quanto attestato in verità, scienza e coscienza (circ. 32/2006 punto 2). La certificazione provvisoria rilasciata dalla Commissione Medica Integrata ai sensi dell'articolo 4 della L. 104/92 può essere presa in considerazione anche prima dei 90 giorni dalla domanda di riconoscimento di disabilità grave e avrà validità fino alla emissione del provvedimento definitivo. In caso di patologie oncologiche la certificazione provvisoria potrà essere considerata utile anche solo dopo che siano trascorsi 15 giorni dalla domanda alla Commissione Medica Integrata. Qualora il provvedimento definitivo non accerti la disabilità grave si procederà al recupero delle somme indebitamente percepite per aver fruito di tali permessi retribuiti. DURATA DELLA CERTIFICAZIONE PROVVISORIA La certificazione provvisoria avrà efficacia fino all'accertamento definitivo (circ. 53/2008, punto 5). LA DOMANDA La presentazione delle domande dei permessi retribuiti (L.104/92) deve essere effettuata in modalità telematica (circ. 117/2012) attraverso uno dei seguenti tre canali: WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto - servizio di "Invio OnLine di Domande di Prestazioni a Sostegno del Reddito"; Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi; Contact Center Multicanale – attraverso il numero 803164 gratuito riservato all’utenza che chiama da telefono fisso e il numero 06164164 con tariffazione a carico dell’utenza chiamante abilitato a ricevere esclusivamente chiamate da telefoni cellulari. La domanda ha validità a decorrere dalla sua presentazione, non scade alla fine dell’anno solare (msg 39956 del 9.12.2004), non deve essere rinnovata annualmente allo scadere dei 12 mesi di validità (circ. 53/2008 punto 4), dovrà essere completa delle previste dichiarazioni di responsabilità e, entro 30 giorni dal cambiamento , il richiedente i permessi dovrà comunicare le eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta (circ. 53/2008 punto 4). La domanda va ripresentata solo in caso di riconoscimento temporaneo della disabilità grave (circ. 53/2008 punto 4) e nell’evenienza di variazione del datore di lavoro. Ai fini della concedibilità dei permessi il lavoratore dovrà fornire informazioni in merito a: -l'eventuale ricovero a tempo pieno del soggetto in condizione di disabilità grave; -la revisione del giudizio di disabilità grave da parte della Commissione Medica Integrata; -le modifiche ai permessi richiesti. Il lavoratore agricolo a tempo determinato, oltre a presentare solo all’Inps il modello di domanda, deve inoltrare anche il MOD. HAND AGR per ciascuno dei mesi interessati. N. B.: Il riconoscimento della disabilità grave produce effetto dalla data del rilascio del relativo attestato, salvo che nello stesso sia indicata una validità decorrente dalla data della domanda (Circ. 80/95) In caso di adozione nazionale/internazionale informazioni relative a: - data ingresso in famiglia; - data di adozione/affidamento; - data di ingresso in Italia; - data del provvedimento; - tribunale competente; - numero provvedimento. Per scaricare l'approfondimento in PDF cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
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L'INPS ha pubblicato un approfondimento con il quale viene dato un quadro completo di tutto quanto e' necessario sapere sui permessi retribuiti ovvero: - A CHI SPETTANO I permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti: -disabili in situazione di gravità; genitori, anche adottivi o aff ... Continua a leggere

 

Contratti a termine, di somministrazione e di apprendistato: on line la circolare n. 18/2014 del Ministero del Lavoro sulle novità introdotte dal Jobs Act

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Con la Circolare n. 18 del 30 luglio 2014, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce al personale ispettivo alcuni orientamenti interpretativi in materia di lavoro a tempo determinato, somministrazione di lavoro e apprendistato, a seguito delle novità introdotte dal D.L. n. 34/2014, convertito dalla L. n. 78/2014. In particolare, la Circolare si sofferma sulla nuova disciplina del contratto a termine specificandone alcuni punti: A prescindere dall’acausalità del contratto, la forma scritta rimane un requisito essenziale e l’apposizione del termine è nulla se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto; andrà comunque indicato nel contratto se si tratta di sostituzione di personale assente o di stagionalità per poter applicare la disciplina speciale relativa a tali ipotesi Rispetto ai limiti quantitativi, in assenza di una diversa disciplina contrattuale applicabile, il datore di lavoro è tenuto a verificare quanti rapporti di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato siano vigenti alla data del 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto o, nel caso delle attività iniziate durante l’anno, alla data di assunzione del primo lavoratore a termine. Tale base di computo è necessaria per valutare il rispetto della percentuale massima del 20% dei contratti a termine rispetto alla forza lavoro. Dal computo dei lavoratori a tempo indeterminato sono esclusi quelli a chiamata privi di indennità di disponibilità, mentre si calcolano gli apprendisti. Quando nella rilevazione, la percentuale del 20% dia luogo ad un numero decimale, il datore di lavoro potrà arrotondare all'unita superiore se il decimale è uguale o superiore a 0,5. Considerata la complessità del profilo interpretativo, il Ministero ritiene che la sanzione, per il superamento del limite massimo dei contratti a termine, non trova applicazione qualora il datore di lavoro, prima della pubblicazione della circolare, abbia proceduto all’assunzione di un numero di lavoratori a termine sulla base di un arrotondamento "in eccesso" Sul nuovo regime delle proroghe, è specificato che la nuova disciplina delle 5 proroghe si applica ai rapporti di lavoro sorti dal 20 maggio in poi; i rapporti costituiti precedentemente al 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del D.L. 34/2014) sono soggetti alla previgente normativa che consentiva di una sola proroga; dal 21 marzo al 19 maggio 2014 le proroghe massime ammesse sono invece 8, perciò non saranno sanzionati i datori di lavoro che durante tale periodo abbiano effettuato le 8 proroghe consentite. La Circolare, poi, precisa che il limite del 20% ai contratti a tempo determinato non può riferirsi alle assunzioni a termine effettuate dalle stesse agenzie di somministrazione nell'ambito della propria attività, poiché inconciliabile con le sue stesse finalità. Rispetto alle novità introdotte dal Job Acts sul contratto di apprendistato, viene specificato che la forma sintetica del Piano Formativo Individuale può contenere esclusivamente Ia formazione finalizzata alla acquisizione di competenze tecnico professionali e specialistiche. Rispetto alla formazione trasversale, prevista per l’apprendistato professionalizzante e di competenza delle Regioni o delle Province Autonome, il personale ispettivo si asterrà dall'applicazione della sanzione per omessa formazione, nelle ipotesi in cui l’informativa regionale o provinciale non sia intervenuta entro i 45 giorni – termine da considerare obbligatorio per tali enti - successivi alla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro. In riferimento alle clausole di stabilizzazione e le possibili deroghe introdotte dalla contrattazione collettiva, il Ministero chiarisce che le parti sociali possono introdurre dette clausole solo per modificare il regime legale, il quale prevede forme di stabilizzazione per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti e la cui violazione comporta il "disconoscimento" dei rapporti di apprendistato avviati in violazione dei limiti. Per l datori di lavoro che occupano sino a 49 dipendenti, invece, la violazione di eventuali clausole di stabilizzazione previste dai contratti collettivi, anche già vigenti, non potrà avere il medesimo effetto di trasformazione del rapporto di lavoro.

 
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Con la Circolare n. 18 del 30 luglio 2014, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce al personale ispettivo alcuni orientamenti interpretativi in materia di lavoro a tempo determinato, somministrazione di lavoro e apprendistato, a seguito delle novità introdotte dal D.L. n. 34/2014 ... Continua a leggere

 

COMPARTO REGIONI-AUTONOMIE LOCALI Quesito su partecipazione dei dipendenti ad attività di formazione e aggiornamento professionale organizzate in tempi non coincidenti con la normale articolazione dell’orario di lavoro ed implicanti il superamento della durata massima della prestazione lavorativa settimanale.

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Può un ente organizzare lo svolgimento di attività formative per il personale nella giornata del sabato, in presenza di una settimana lavorativa articolata su cinque giorni (dal lunedì al venerdì)?

 
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MINISTERI DIRIGENZA Quesito sulla possibilità, per un dirigente neo-assunto, di completare e superare il periodo di prova presso una nuova amministrazione, a seguito di trasferimento per mobilità.

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Mobilità: è possibile il trasferimento ad altra Amministrazione di un dirigente che non abbia ancora superato il periodo di prova?

 
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COMPARTO SANITA’ - Quesito su permessi retribuiti di cui all’art. 21, c.2 CCNL 1 settembre 1995. Gestione dell’istituto in base all’articolazione dell’orario di lavoro ed alle modalità di fruizione dei permessi.

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Qual è la corretta modalità di fruizione dei permessi retribuiti previsti dall’ art. 21, comma 2, del CCNL 1 settembre 1995 del Comparto Sanità nel caso di articolazione dell’ orario di lavoro su cinque giornate con orario di 7h e 12m ?

 
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GIURISPRUDENZA

Diniego trasferimento ai sensi della legge n. 104/1992: avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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Nella sentenza in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come agli effetti del trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per dare assistenza con carattere di continuità a parente o affine entro il terzo grado che versa in condizione di handicap- l’inciso "ove possibile", contenuto nella predetta disposizione, nel settore del pubblico impiego sta a significare che, avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento; - che, nella specie, non è contestata l’esistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 204 del 1992 (situazione di bisogno assistenziale del soggetto in rapporto di parentela ed idoneità del ricorrente a fornire, con carattere di continuità ed effettività, l’apporto esistenziale); - che non è contraddetto, malgrado l’assunto dell’ Amministrazione di "carenza endemica di personale in tutta la Regione Emilia Romagna", che siano stati disposti, nel periodo di interesse, trasferimenti dai ruoli della predetta Regione, di cui alcuni verso l’ Ispettorato Generale C.F.S., sede richiesta dall’appellante; - che - pur non configurandosi il trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1192 come un diritto assoluto del dipendente interessato - nella graduazione degli interessi coinvolti, ove sussista per la qualifica rivestita la disponibilità di posti nella sede richiesta, la necessità di assicurare l’apporto assistenziale alla persona in condizione di handicap si configura prevalente e prioritaria (oltreché derogatoria alla regole ordinarie di mutamento del luogo di servizio), rispetto ai trasferimenti da effettuarsi secondo gli interpelli periodici a livello nazionale, volti a soddisfare, di massima, le esigenze di rientro nella sede di origine in base all’anzianità di servizio maturata. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

 
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Nella sentenza in esame la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come agli effetti del trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, per dare assistenza con carattere di continuità a parente o affine entro il terzo grado che versa in condizione di handicap ... Continua a leggere

 

Scorrimento delle graduatorie concorsuali: l'esclusione dello scorrimento della graduatoria per la copertura di posti di nuova istituzione o trasformati, sebbene prevista dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, costituisce regola espressiva di un principio generale applicabile anche alle altre amministrazioni pubbliche e, quindi, anche alle Aziende sanitarie locali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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L’Adunanza Plenaria, nell’affermare (sent. 28 luglio 2011, n. 14) che lo scorrimento delle graduatorie concorsuali preesistenti ed efficaci rappresenta la regola generale per la copertura dei posti vacanti in organico mentre l’indizione di un nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico (e che tale prevalenza, tuttavia, non è assoluta e incondizionata, essendo individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale mediante nuove procedure concorsuali risulta pienamente giustificabile, con conseguente attenuazione dell'obbligo di motivazione), ha anche aggiunto (punto 36 della motivazione), rispetto a detta regola generale, che "Va rimarcata anche la specifica limitazione ai posti che non siano di "nuova istituzione o trasformazione". La regola, sebbene contenuta nella disciplina degli enti locali, risulta espressiva di un principio generale e, pertanto, trova applicazione comune anche alle altre amministrazioni pubbliche". Nello stesso senso, con specifico riferimento all’impiego sanitario, è stato più recentemente ribadito che l'esclusione dello scorrimento della graduatoria concorsuale per la copertura di posti di nuova istituzione o trasformati, sebbene prevista dall'art. 91, comma 4, del d.lgs. 267/2000 ( Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali ), costituisce regola espressiva di un principio generale applicabile anche alle altre amministrazioni pubbliche e, quindi, anche alle Aziende sanitarie locali. Tale disposizione, infatti, espressione di un principio generale, mira ad evitare che le pubbliche amministrazioni possano essere indotte a modificare la pianta organica, al fine di assumere uno dei candidati inseriti in graduatoria, i cui nomi sono già conosciuti (cfr. TAR Sardegna, I, 17 luglio 2013, n. 552; TAR Basilicata, 6 aprile 2012, n. 171). Alla luce di tale principio la stessa invocata disposizione dell’art. 18, comma 7, del d.P.R. n. 483/1997 (Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale), laddove stabilisce che "le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci … per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili", dev’essere pertanto interpretata nel senso che, per potersi far ricorso alla graduatoria durante il periodo di vigenza della stessa, deve trattarsi della copertura di posti già esistenti ( ed occupati ) alla data della sua approvazione ( o comunque coperti proprio a seguito di tale approvazione ) e che successivamente a tale data si rendano "disponibili". Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato, risulta così fondato il secondo ordine di censure, incentrato sul rilievo che il posto di dirigente medico di epidemiologia, oggetto del concorso, è stato istituito in data largamente posteriore a quella (come esposto, il 14 settembre 2011) di approvazione della graduatoria, in cui è inserito l’odierno appellato. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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L’Adunanza Plenaria, nell’affermare (sent. 28 luglio 2011, n. 14) che lo scorrimento delle graduatorie concorsuali preesistenti ed efficaci rappresenta la regola generale per la copertura dei posti vacanti in organico mentre l’indizione di un nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’app ... Continua a leggere

 

Subentro delle Aziende sanitarie Locali alle soppresse USL: fino a quando non si disporrà l'estinzione delle Gestioni liquidatorie (già gestioni a stralcio), la legittimazione processuale spetterà soltanto ad esse, perché hanno un'autonomia funzionale, amministrativa e contabile e una propria capacità processuale, sia pure limitata alla gestione della situazioni pregresse

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 502 del 1992 e della legge n. 724 del 1994 le nuove aziende sanitarie locali non sono subentrate nei pregressi rapporti obbligatori dei quali erano parti le soppresse U.S.L. Per detti rapporti sono state previste apposite gestioni stralcio con individuazione dell’ufficio responsabile. Con la costituzione delle c.d. gestioni stralcio si è distinta l'attività di accertamento delle obbligazioni degli enti soppressi da quella delle aziende di nuova istituzione. Le regioni hanno attribuito le funzioni di commissari liquidatori ai direttori generali delle A.S.L. con competenza, tra l'altro, ad amministrare e liquidare le situazioni debitorie delle soppresse unità sanitarie locali esistenti alla data del 13 dicembre 1994. Sul punto la giurisprudenza sia del Consiglio di Stato che della Corte di Cassazione si è orientata nel senso che, fino a quando non si disporrà con un provvedimento specifico l'estinzione delle Gestioni liquidatorie (già gestioni a stralcio), la legittimazione processuale spetterà soltanto ad esse, perché, pur essendo prive di personalità giuridica, hanno un'autonomia funzionale, amministrativa e contabile e una propria capacità processuale, sia pure limitata alla gestione della situazioni pregresse (ex multis Cons. St., sez. III, n. 4366 del 2 settembre 2013;. sez V, n. 8548 del 6 dicembre 2010; n. 5264 del 12 settembre 2006; sez. VI, n. 6995 del 21 settembre 2010; Cassazione civile, sez. II, 19 maggio 1999, n. 4847). Nella specie si controverte in ordine a pretese creditorie risalenti al 1993/1994 e l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato all’ A.U.S.L. Roma B, alla Regione Lazio ed al Comune di Roma, ma non alla Gestione liquidatoria della disciolta U.S.L. RM/5, competente alla ricognizione della posizione debitoria ed all’adozione di ogni conseguente determinazione sulla pretesa fatta valere, non surrogabile dalla Regione, anch’essa evocata in giudizio (cfr. art. 6 della legge n. 724 del 1994). Né la trasformazione delle originarie gestioni stralcio in gestioni liquidatorie, per effetto dell’art. 2, comma 14, della legge n. 549 del 1995, determina il venir meno dell’autonomia dell’organo commissariale agli effetti della legittimazione passiva e della corretta costituzione del contradditorio.

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A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 502 del 1992 e della legge n. 724 del 1994 le nuove aziende sanitarie locali non sono subentrate nei pregressi rapporti obbligatori dei quali erano parti le soppresse U.S.L. Per detti rapporti sono state previste apposite gestioni stralcio con individ ... Continua a leggere

 

Comunicazione di avvio del procedimento: la cogenza dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento recede rispetto alle opposte esigenze di celerità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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Pur dovendosi ritenere che la comunicazione dell'avvio del procedimento non sia una mera formalità ma costituisca lo strumento attraverso il quale l’ordinamento garantisce la partecipazione del privato all’azione dell’amministrazione, per consentirgli di esporre le ragioni a tutela dei propri interessi, in particolare quando il procedimento riguarda il suo status personale, tuttavia la comunicazione può ritenersi non necessaria quando sia inidonea ad apportare un qualche arricchimento al procedimento e ad incidere sui contenuti del provvedimento (Consiglio di Stato, sez. V, n. 194 del 17 gennaio 2014). Inoltre, come questa Sezione ha di recente affermato, la cogenza dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento recede rispetto alle opposte esigenze di celerità, laddove sussistano ragioni di impedimento che richiedano, in concreto, l'immediata adozione della determinazione amministrativa, o qualora il contributo partecipativo del privato non sarebbe stato comunque idoneo a determinare un esito diverso del procedimento (Consiglio Stato, sez. III, n. 3581 del 5 luglio 2013).

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Pur dovendosi ritenere che la comunicazione dell'avvio del procedimento non sia una mera formalità ma costituisca lo strumento attraverso il quale l’ordinamento garantisce la partecipazione del privato all’azione dell’amministrazione, per consentirgli di esporre le ragioni a tutela dei propri inter ... Continua a leggere

 

Revoca del permesso di soggiorno: se una pluralità di elementi sussistano in favore della tutela dei vincoli familiari esistenti nel territorio italiano e una durevole permanenza nel contesto familiare e sociale, va motivatamente ponderata l’incidenza di tali circostanze sulla pericolosità desumibile dalle precedenti condanne penali, per quanto gravi

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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Dopo le modifiche introdotte dall'articolo 1 del D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, in attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, l’art. 9, comma 4, del T.U. Immigrazione, di cui al D.Lvo 25 luglio 1998, n. 286, non consente alcun automatismo nel diniego ( e nella revoca ) del "permesso per soggiornanti di lungo periodo" ( c.d. carta di soggiorno), in conseguenza delle condanne penali riportate dallo straniero, rientranti nelle ipotesi contemplate dall’art. 380 c.p.c. e 381 c.p.c., limitatamente ai delitti non colposi, e anche in materia di stupefacenti. La norma, facendo eccezione rispetto alle previsioni di cui all’art. 4, comma 3, dello stesso T.U., anche nel testo vigente all’epoca del diniego impugnato, relative alle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno (che considerano ostativa automaticamente la condanna per reati inerenti gli stupefacenti) espressamente dispone che, nel formulare il giudizio di pericolosità sociale nei confronti del soggetto che è titolare di carta di soggiorno a tempo indeterminato, l’Amministrazione tenga conto non solo delle condanne riportate dallo straniero, ma di un complesso di elementi, quali la durata del soggiorno nel territorio nazionale e l'inserimento sociale, familiare e lavorativo. Nella fattispecie, risulta dal provvedimento impugnato che l’Amministrazione ha tenuto conto unicamente della condanna riportata dal ricorrente (con sentenza n. 1021/2007 del 25.6.2007 del Tribunale di Udine ad anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 18.000 di multa) e del successivo arresto in data 14.11.2008, per il medesimo reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La sentenza appellata non sembra attribuire rilievo alla mancata valutazione degli elementi indicati dall’art. 9, comma 4, T.U. 286/98, ovvero alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, ritenendo, pertanto, legittimo il giudizio di pericolosità dedotto unicamente dalla tipologia dei reati commessi e dalla condotta di vita del ricorrente, che lo farebbero rientrare tra le categorie di persone di cui all’art. 1 della l. 1423/56, venendo con ciò meno "i requisiti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 4, comma 2, del D.L.vo 286/98". Come più volte affermato da questo Consiglio, è illegittima la revoca del permesso per soggiornanti di lungo periodo precedentemente rilasciato, che faccia riferimento al solo fatto che lo straniero è stato condannato in via definitiva alla pena detentiva, senza un autonomo (seppure sinteticamente motivato) giudizio di pericolosità sociale, limitandosi, al contrario, all'affermazione di un vincolante automatismo tra la sentenza di condanna penale riportata e la revoca del permesso (Consiglio di Stato, Sez. VI, 20/02/2007, n. 906 e Sez. III, 25/05/2012, n. 3095 in fattispecie relative a condanna per stupefacenti; Sez. III, 13/09/2013, n. 4539, in fattispecie riguardante condanna per rapina; sez. III, 29/04/2014, n.2205, in fattispecie di condanna per stupefacenti e immigrazione clandestina). Vero è che lo straniero che, anche a prescindere da condanne penali, appartenga a taluna delle categorie di cui all'art. 1 l. n. 1423/1956 (pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, suscettibili di misure di prevenzione) potrebbe essere espulso dal luogo di abituale dimora ed, anzi, il tenore letterale della norma depone nel senso di una causa tipica di espulsione vincolata. Tuttavia, il confronto con l'art. 9 d.lg n. 286/1998, che non contempla il reato di cessione illecita di sostanze stupefacenti tra quelli ostativi al rilascio della carta di soggiorno e prevede le misure di prevenzione ex art. 1 l. n. 1423/1956 come possibile causa di espulsione discrezionale dello straniero titolare di carta di soggiorno, induce a ritenere che lo straniero, quand’anche raggiunto dall'avviso di cui all'art. 1 l. n. 1423/1956, possa essere espulso dal territorio nazionale soltanto in base ad un apprezzamento discrezionale, che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti indicati dallo stesso art. 9, comma 4, possibili indici di una effettiva volontà di non integrazione sociale. Ove tale valutazione sia concludente in senso negativo, è evidente che lo straniero suscettibile di espulsione, a maggior ragione, non potrà ottenere il rilascio né il rinnovo della carta di soggiorno. Ma, viceversa, ove una pluralità di elementi sussistano in favore della tutela dei vincoli familiari esistenti nel territorio italiano e una durevole permanenza nel contesto familiare e sociale, va motivatamente ponderata l’incidenza di tali circostanze sulla pericolosità desumibile dalle precedenti condanne penali, per quanto gravi. E’ pur consapevole il Collegio che la tipologia dei reati e l'entità della condanna impongono di ritenere sussistente una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica anche in base ai parametri comunitari; secondo l'art. 96 par. 2 della Convenzione attuativa dell'Accordo di Schengen sussiste, infatti, una tale minaccia quando sia intervenuta una condanna a pena detentiva superiore a un anno oppure nel caso di reato connesso con la cessione diretta o indiretta di stupefacenti. E, per quanto riguarda il diritto interno, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 148 del 16 maggio 2008 ha stabilito che l'opzione legislativa dell'automatismo espulsivo, applicata alle condanne (anche patteggiate) successive alla data di entrata in vigore della legge 30 luglio 2002 n. 189, non è manifestamente irragionevole, in quanto le ipotesi delittuose previste dal novellato art. 4 comma 3 del Dlgs. 286/1998 implicano spesso contatti profondi con le organizzazioni criminali. Tuttavia, la stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 148/2008 ha ammesso il superamento di tale automatismo per ragioni umanitarie e solidaristiche in situazioni caratterizzate da elementi particolari, come nel caso dei soggiornanti di lungo periodo o del ricongiungimento familiare. Peraltro, proprio in tema di tutela della effettività dei vincoli familiari, va ricordato che di recente, con sentenza n.202 del 18.7.2013, la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 5, comma 5, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che "ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" o al "familiare ricongiunto", e non anche allo straniero "che abbia legami familiari nel territorio dello Stato", con ciò riconoscendo che quando la disciplina dell'immigrazione sia suscettibile di incidere sui diritti fondamentali, che la Costituzione protegge egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino, quale l’effettività dei vincoli familiari, la tutela rafforzata, che permette di superare l'automatismo ostativo alla permanenza sul territorio nazionale del condannato, anche in via non definitiva, per alcuni reati, fra i quali quelli in materia di stupefacenti, va riconosciuta, oltre che nelle eccezioni già normativamente previste dall’art. 5, comma 5, e dall’art. 9, rispettivamente per coloro che hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare e per coloro che richiedono un permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, anche nei confronti dei soggetti che non hanno presentato istanza di ricongiungimento, pur versando nelle condizioni sostanziali per ottenerlo. Se questo è il quadro normativo e giurisprudenziale, che delinea una tutela rafforzata nei confronti della "effettività" della famiglia, per il valore solidaristico, sociale ed educativo che ad essa si riconnette, occorre tenerne conto nell’esame della vicenda dell’appellante. Dunque, nel caso in esame, la situazione personale dello straniero, entrato in Italia per ricongiungersi alla famiglia oltre 10 anni prima del provvedimento impugnato e che qui ha soggiornato ininterrottamente insieme ai familiari, tutti titolari di carta di soggiorno, i quali lavorano (o studiano) stabilmente con inserimento nel tessuto sociale, richiede una valutazione ponderata da parte dell’amministrazione che valorizzi adeguatamente la lunga presenza in Italia, l’effettività dei vincoli familiari e la buona condotta mantenuta successivamente alla condanna, come rappresentata dall’appellante nella memoria del 7 marzo 2014, al fine di pervenire ad un giudizio di pericolosità sociale complessivo, che non tenga conto unicamente dei precedenti penali.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

 
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Dopo le modifiche introdotte dall'articolo 1 del D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, in attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, l’art. 9, comma 4, del T.U. Immigrazione, di cui al D.Lvo 25 luglio 1998, n. 286, non consente alcu ... Continua a leggere

 

Mobbing: il Consiglio di Stato precisa gli elementi costitutivi per la configurabilità delle condotte mobbizzanti del datore di lavoro

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come per mobbing deve intendersi una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta concomportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica e con l’ulteriore conseguenza che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; b) dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (Cons. St., sez. IV, 6 agosto 2013, n.4135; sez. VI, 12 marzo 2012, n.1388). Si è, poi, ulteriormente precisato che l'azione offensiva posta in essere a danno del lavoratore deve essere sistematica e frequente, deve essere posta in essere con una serie prolungata di atti e di comportamenti e deve avere le caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione o rivelare intenti meramente emulativi (Cons. St., sez. IV, 19 marzo 2013, n.1609). Sotto il profilo del rilievo del fattore psicologico del datore di lavoro, è stato, ancora, chiarito che la sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall'accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l'elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito e che è imprescindibile ai fini dell'enucleazione del mobbing (Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2012, n.815). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha rilevato come per mobbing deve intendersi una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con ... Continua a leggere

 

Sanità: la retribuibilità delle mansioni superiori non incontra il limite dei sei mesi previsto dall'art. 121, comma 7, D.P.R. n. 384/1990 in quanto non preclude il riconoscimento delle differenze retributive quando l'Amministrazione, contravvenendo a tale divieto, rinnovi l'incarico o permetta la prosecuzione dell'espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.8.2014

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Ai sensi dell'art. 63, commi 1 e 4, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, mentre, ai sensi dell'art. 69, comma 7, restano devolute allagiurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000. Al fine della corretta discriminazione dei limiti temporali, deve farsi riferimento alla data di notifica dell'atto introduttivo di giudizio, e non a quella del successivo perfezionamento del rapporto processuale che si realizza con il deposito del ricorso, in quanto il richiamo contenuto nell'art. 45 comma 17, seconda parte, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (e poi nell'art. 69, comma 7, d.lg. 30 marzo 2001, n. 165) alla data del 15 settembre 2000, deve considerarsi come termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, e non come limite temporale della persistenza della giurisdizione. 3. - Nel merito, la retribuibilità delle mansioni primariali svolte dall’Aiuto più anziano, in applicazione dell'art. 29, D.P.R. n. 761 del 1979, è subordinata alla sussistenza di un posto in organico vacante e disponibile, non ricoperto, essendo, tra l’altro, irrilevante il difetto di un formale atto di incarico, dal momento che la funzione primariale è indefettibile e l'obbligo di sostituzione, in capo all'aiuto, deriva direttamente dall'art. 7, comma 5, del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128 (Consiglio Stato, sez. V, 13 luglio 2010, n. 4521; Consiglio Stato, sez. V, 19 gennaio 2005, n. 89). Inoltre, va precisato che la retribuibilità delle mansioni superiori non incontra il limite dei sei mesi previsto dall'art. 121, comma 7, D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, posto che quest'ultima previsione normativa si limita a vietarne il rinnovo alla scadenza del periodo massimo di sei mesi, ma non preclude il riconoscimento della spettanza delle differenze retributive quando l'Amministrazione, contravvenendo a tale divieto, rinnovi l'incarico o permetta la prosecuzione dell'espletamento delle mansioni superiori anche oltre il tempo massimo previsto (Consiglio Stato, sez. V, 14 aprile 2009, n. 2292; 20 maggio 2010, n. 3192; 29 marzo 2010, n. 1787, che, peraltro, evidenzia come il pagamento degli importi a titolo di svolgimento di mansioni superiori protrattosi oltre il periodo di sei mesi, potrebbe integrare un danno erariale).

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Ai sensi dell'art. 63, commi 1 e 4, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, mentre, ai sensi dell'art. 69, comma 7, restano devolute alla ... Continua a leggere

 

Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi: nell'impugnazione delle decisioni della Commissione la determinazione della competenza territoriale del TAR va individuata con riferimento al provvedimento in ordine al quale e' stato proposto ricorso alla Commissione e non alla decisone di quest'ultima

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 31.7.2014

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Nella sentenza in esame la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come la giurisprudenza, in tema di impugnative delle decisioni della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (in particolare, T.A.R. Veneto, 13 ottobre 2011 n. 1557), abbia individuato il criterio per la determinazione della competenza territoriale in analogia a quanto valevole in altri casi di procedimento giustiziale interno alla stessa amministrazione (e in particolare, facendo perno sulla giurisprudenza resa nei casi di impugnazione di decisione su ricorsi gerarchici, come in Consiglio di Stato, sez. IV, 29 ottobre 2002, n. 5920; id., sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 723; id., sez. IV, 28 novembre 1994, n. 973). Nel dettaglio, si è ritenuto che la competenza territoriale del T.A.R. vada ritenuta con riferimento al provvedimento avverso il quale è stato proposto ricorso alla Commissione per l'accesso, e non con riferimento alla decisione di quest'ultima, che non costituisce l'atto conclusivo del procedimento, ma un rimedio di tipo giustiziale cui seguono ulteriori fasi procedimentali. Pertanto, essendo fondante il provvedimento amministrativo a monte, il riferimento normativo applicabile è dato dall’art. 13, recante "Competenza territoriale inderogabile" del codice del processo amministrativo che, al secondo periodo del primo comma, recita: "Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede." Nel caso in esame, peraltro, il primo giudice, pur avendo cognizione della su indicata giurisprudenza, ha ritenuto di non doverne fare uso in quanto "tale principio non può trovare applicazione laddove – come nella fattispecie in esame – viene in rilievo non già un profilo relativo al rapporto sostanziale dedotto (accesso rispetto ad un determinato atto emanato dalla Autorità locale) quanto, piuttosto, un vizio proprio del procedimento dinanzi alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi che si è riverberato sull’atto conclusivo del procedimento stesso." Osserva tuttavia la Sezione come la soluzione adottata sia assolutamente incompatibile con il piano ordinamentale. Dal punto di vista del rispetto della norma di legge, non è dato rinvenire nella disciplina processuale un aggancio argomentativo che consenta di radicare la competenza in funzione della tipologia di vizio lamentato, in quanto il sistema costruito nel capo IV del libro I del codice si fonda su elementi dell’atto gravato (autorità emanante, luogo degli effetti, soggetti destinatari) oggettivamente percepibili e non condizionati dalle scelte difensive delle parti. Dal punto di vista dell’efficienza del sistema, la modalità usata dal T.A.R. si presta ad una indicazione della competenza territoriale a geometria variabile, in quanto collegata all’accoglimento o meno delle istanze della parte ricorrente, che non si concilia con le esigenze di certezza e di celerità del rito dell’accesso. Conclusivamente, va accolta l’eccezione, ritualmente proposta a norma dell’art. 15, comma 1 secondo periodo, del codice del processo amministrativo, di incompetenza territoriale dell’adito T.A.R. del Lazio, dovendosi indicare come giudice di prime cure competente il T.A.R. della Lombardia. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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Nella sentenza in esame la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato come la giurisprudenza, in tema di impugnative delle decisioni della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (in particolare, T.A.R. Veneto, 13 ottobre 2011 n. 1557), abbia individuato il criterio per la d ... Continua a leggere

 

Accesso ai documenti tributari: l'inaccessibilità agli atti e' temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 31.7.2014

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Il principio di inaccessibilità degli atti del procedimento tributario di cui all’art. 24 della L. 241/90 riformulato dalla L. 15/2005 – deve essere interpretato alla luce delle modifiche della L. 27 luglio 2000, n. 212 "Statuto dei diritti del contribuente" per cui: -- il ruolo del soggetto passivo dell’obbligazione nell’ambito dell’accertamento tributario è infatti passato da una posizione di mera soggezione passiva ad un ruolo di attiva partecipazione; -- vi è stata una progressiva valorizzazione dei canoni di collaborazione e di contraddittorio fra le parti del rapporto tributario, In tale quadro dunque, l'inaccessibilità agli atti che concernono il contribuente deve essere temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo. Né possono rinvenirsi elementi interpretativi di senso contrario nella diversità testuale tra l'art. 24 nella sua formulazione originaria, che stabiliva che non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'art. 13, tra i quali erano contemplati anche quelli tributari, e quella introdotta per effetto della sostituzione operata dall'art. 16 comma 1 lett. b), l. 11 febbraio 2005 n. 15, tenuto conto che la ratio della modifica è da ricercarsi nell'esigenza di armonizzare dal punto di vista lessicale i due articoli (Consiglio di Stato sez. IV 28/03/2012 n. 1816; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21 ottobre 2008, n. 5144, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13 gennaio 2010, n. 53). Una volta concluso il procedimento di accertamento, il diritto di accesso non può essere ulteriormente differito di talché la parte pubblica deve, su istanza della parte privata interessata, rendere disponibili tutti gli atti di riferimento dato che, di norma, deve riconoscersi in capo al contribuente un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario che lo vede coinvolto. Diversamente opinando, risulterebbe difficile comprendere come la parte privata possa altrimenti far fronte alla necessità di difendersi concretamente in altra sede giudiziaria se non le venisse consentito di accedere agli atti tributari che la riguardano. In linea di principio quindi, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. b) della L. 241/90, il diritto di accesso è esperibile da parte del contribuente,o di qualsiasi altro titolare di un interesse qualificato anche nei procedimenti di natura tributaria, ancorché la disciplina fiscale – cui rinvia espressamente la legge in materia di procedimento amministrativo – nulla disponga al riguardo. Quanto poi all’asserita non suscettibilità dei documenti de quibus di essere oggetto di accesso si ricorda che i requisiti d’interesse richiesti dalla legge per legittimare l’accesso agli atti sussistono implicitamente, e senza necessità di dimostrazione, in tutti i casi in cui il soggetto richiedente è direttamente interessato dal provvedimento amministrativo adottato. Infatti,fatte salve le ipotesi tassative di attività segretate, coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti (ex art. 10, l. n. 241/1990), o che per legge debbono intervenirvi (ex art. 7, 1° comma, l. n. 241), ovvero comunque tutti i soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento (ex art. 9, l. n. 241) hanno diritto di accedere ai documenti amministrativi. Nel caso in questione, sia la nota prot. 54071 del 7 dicembre 2012 della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate, sia la presupposta richiesta di parere dalla Direzione Provinciale di Treviso sull’ipotesi di definizione degli accertamenti emessi nei confronti della società, erano relative ad un procedimento di accertamento con adesione che si è concluso infruttuosamente, per decorrenza dei termini. Dunque si deve ritenere sussistenti nel caso di specie un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza degli atti e delle determinazioni che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a rinunciare alla conclusione del procedimento di adesione avviato da parte contribuente, se ed in quanto tali atti esistono. Infatti se l’Ente non aveva alcun dovere di concludere necessariamente con un provvedimento formale, il procedimento di accertamento con adesione ma ben poteva semplicemente far spirare i termini per la conclusione, ciò non toglie il suo dovere di ostensione dei relativi atti istruttori sulla cui base aveva ritenuto che non vi erano i presupposti per raggiungere una composizione bonaria della vertenza. Infine deve anche respingersi l’argomentazione per cui il parere richiesto fosse un "parere legale" in senso tecnico del termine e come tale dovesse essere escluso dall’accesso in quanto era stato formato nell’ambito dell’iter procedimentale. Come è noto, sono coperti da segreto professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) solo i "pareri legali" che attengono al diritto di difesa in un procedimento giurisdizionale: come è confermato anche dagli artt. 2 e 5 del DPCM 26.1.1996, n. 200. Quindi, se è vero che in virtù del principio di salvaguardia della strategia processuale della parte, questa non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, è anche vero che questo principio non vale con riferimento ai pareri legali interni richiesti nell’ambito dell’attività istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento amministrativo (si veda sul punto Consiglio di Stato, sez. VI, del 30.09.2010 n. 7237). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 31.7.2014

 
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Il principio di inaccessibilità degli atti del procedimento tributario di cui all’art. 24 della L. 241/90 riformulato dalla L. 15/2005 – deve essere interpretato alla luce delle modifiche della L. 27 luglio 2000, n. 212 "Statuto dei diritti del contribuente" per cui: -- il ruolo del soggetto passi ... Continua a leggere

 
 
 
 
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