News 24 Settembre 2013 - Area Amministrativa


NORMATIVA

P.A. immediatamente Trasparente a costo zero con l'applicativo gratuito del Governo

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Ormai quasi 1/3 delle Pubbliche Amministrazioni pubblica i dati sulla Trasparenza utilizzando l'applicativo gratuito del Governo che Vi invitiamo a scaricare visitando la sezione Albo e Trasparenza. L'applicativo MIPA e' l'unico aggiornato in tempo reale con le modifiche normative, le circolari delMIPA e le interpretazioni della CIVIT. Lo staff e' a disposizione delle P.A. per l'immediata attivazione del servizio ai n. Tel. 06.3242351- 06.3242354 o mail servizi@gazzettaamministrativa.it, info@gazzettaamministrativa.it

 
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Ormai quasi 1/3 delle Pubbliche Amministrazioni pubblica i dati sulla Trasparenza utilizzando l'applicativo gratuito del Governo che Vi invitiamo a scaricare visitando la sezione Albo e Trasparenza. L'applicativo MIPA e' l'unico aggiornato in tempo reale con le modifiche normative, le circolari del ... Continua a leggere

 

Partono i primi controlli sulla Trasparenza. Entro il 30 settembre gli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV) dovranno attestare la regolare pubblicazione da parte delle Amministrazione da questi valutate

del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a delibera Civit

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Entro il 30 settembre 2013 gli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV) devono attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità pubblicando sul sito istituzionale nella Sezione "Amministrazione Trasparente" il Documento di Attestazione corredato della relativa Griglia. E' questo lo strumento di cui si avvale la CiVIT per la verifica sull’effettività degli adempimenti in materia di trasparenza per l’anno 2013, nell’esercizio dei poteri in materia di vigilanza e controllo sulle regole della trasparenza, ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190, e del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33. Sulla necessità di monitoraggio in corso d’anno del rispetto degli obblighi di pubblicazione, la Civit già nella delibera n. 50/2013 ha previsto di chiedere agli OIV di effettuare verifiche mirate sull’assolvimento di specifiche categorie di obblighi di pubblicazione in alcune tipologie di amministrazione, che vanno ad affiancarsi alle Attestazioni generali da predisporre e trasmettere entro il 31 dicembre 2013. La delibera n. 71/2013 fornisce ora indicazioni sullo svolgimento di tali verifiche mirate e descrive le modalità con cui la Commissione eserciterà la propria attività di vigilanza e controllo muovendo dagli esiti del monitoraggio effettuato dagli OIV o da strutture che svolgono funzioni analoghe. In particolare: 1. Selezione degli obblighi di pubblicazione In sede di predisposizione dell’attestazione, gli OIV, o le strutture che svolgono funzioni analoghe, si avvalgono della collaborazione dei Responsabili della trasparenza che forniscono tutte le informazioni necessarie a verificare l’effettività e la qualità dei dati pubblicati, tenuto conto di quanto stabilito nell’Allegato 2 alla delibera n. 50/2013. Si ricorda infatti che, ai sensi dell’art. 43, c. 1, il Responsabile della trasparenza svolge stabilmente una attività di controllo sull’adempimento degli obblighi di pubblicazione segnalando gli esiti di tale controllo agli OIV. Alla luce degli esiti del monitoraggio effettuato nel 2012 e delle recenti previsioni normative in materia di trasparenza, in uno spirito di gradualità la CiVIT ritiene utile che gli OIV, o le altre strutture interne a ciò deputate, attestino l’assolvimento dei seguenti obblighi di pubblicazione: a) dati relativi alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni che sono state recentemente interessate dagli interventi di riduzione della spesa, messa in liquidazione e privatizzazione previsti dall’art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95. In proposito, l’art. 22, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 33/2013, dispone che le amministrazioni pubblichino e aggiornino l’elenco delle società di cui detengono direttamente quote di partecipazione anche minoritaria, specificandone l’entità, con l’indicazione delle funzioni attribuite e delle attività svolte in favore dell’amministrazione o delle attività di servizio pubblico affidate. Il medesimo articolo, al c. 2, dispone inoltre la pubblicazione dei dati relativi alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell’amministrazione, alla durata dell’impegno, all’onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul bilancio dell’amministrazione, al numero dei rappresentanti dell’amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari, ai dati relativi agli incarichi di amministratore dell’ente e al relativo trattamento economico complessivo; b) pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione maturati al 31 dicembre 2012, rispetto ai quali l’assolvimento degli obblighi di trasparenza è tanto più rilevante in quanto consente di rendere conto dell’attuazione del recente d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni in legge 6 giugno 2013, n. 64, che ha puntato a sbloccare il pagamento dei debiti suddetti. In proposito, l’art. 5, c. 1, del citato decreto, dispone la pubblicazione dell’elenco, in ordine cronologico e con l’indicazione dei relativi importi, dei debiti scaduti per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a fronte dei quali non sussistono residui passivi anche perenti. L’art. 6, inoltre, al c. 3, prescrive la pubblicazione dei Piani dei pagamenti per importi aggregati per classi di debiti, e al c. 9 dispone la pubblicazione dell’elenco completo, per ordine cronologico di emissione della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti per i quali è stata effettuata comunicazione ai creditori, con indicazione dell’importo e della data prevista di pagamento comunicata al creditore; c) procedimenti amministrativi, per i quali la pubblicazione dei dati assume rilievo anche in considerazione dell’introduzione, da parte del d.l. n. 35/2013, di un indennizzo alle imprese in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento a istanza di parte. In proposito, l’attività di monitoraggio da parte degli OIV sulle tipologie di procedimento sarà focalizzata sui dati di cui all’art. 35, c. 1, lett. c), f), m), del d.lgs. n. 33/2013: nome del responsabile del procedimento, unitamente ai recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica istituzionale; termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con l’adozione di un provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante; nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonchè modalità per attivare tale potere, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale. Con particolare riguardo ai procedimenti ad istanza di parte, saranno oggetto di monitoraggio da parte degli OIV i dati di cui all’art. 35, c. 1, lett. d), relativi agli atti e ai documenti da allegare all’istanza e agli uffici e alle modalità per la presentazione dell’istanza stessa; d) servizi erogati agli utenti, con riferimento ai costi contabilizzati, evidenziando quelli effettivamente sostenuti e quelli imputati al personale per ogni servizio erogato, e ai tempi medi di erogazione, ai sensi dell’art. 32, c. 2, lett. a) e b), del d.lgs. n. 33/2013, dell’art. 10, c. 5 del medesimo decreto, nonché dell’art. 1, c. 15, della legge n. 190/2012. e) accesso civico, introdotto dall’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 con riferimento ai documenti, alle informazioni e ai dati per i quali è previsto uno specifico obbligo di pubblicazione, nei casi in cui questa sia stata omessa. In proposito, ai sensi dell’ art. 5, c. 1, del suddetto decreto, le amministrazioni sono tenute a pubblicare il nome del Responsabile della trasparenza cui inoltrare la richiesta di accesso civico, nonché le modalità per l’esercizio di tale diritto, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale. Inoltre, l’art. 5, c. 4, dispone che, nel caso in cui il Responsabile della trasparenza non ottemperi alla richiesta, colui che ha presentato l’istanza possa ricorrere al titolare del potere sostitutivo il cui nome è pubblicato unitamente ai recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale. L’Allegato 1– "Griglia di Rilevazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione" riporta in dettaglio gli obblighi per i quali gli OIV sono chiamati ad effettuare l’Attestazione (N. B. l’Allegato 1 si compone di n. 3 fogli). 2. Pubblicazione delle Attestazioni Sulle modalità che gli OIV dovranno seguire per effettuare l’Attestazione, la Civit rinvia a quanto disposto con delibera n. 4/2012 (paragrafi 4 e 7), che dovrà essere applicata compatibilmente con le finalità indicate nella presente delibera e tenuto conto delle novità previste dal d.lgs. 33/2013 e dalla delibera n. 50/2013. Per approfondire l'argomento ed visualizzare le delibere sopra richiamate cliccare su "Accedi al provvedimento"

del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a delibera Civit

 
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Entro il 30 settembre 2013 gli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV) devono attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità pubblicando sul sito istituzionale nella Sezione "Amministrazione Trasparente" il Documento di Attestazione corredato della relativa Gr ... Continua a leggere

 

La Guardia di Finanza farà controlli a campione sulla trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni

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Dopo il 30 settembre, data entro la quale gli Organismi di Valutazione indipendente devono attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità pubblicando sul sito istituzionale nella Sezione "Amministrazione Trasparente" il Documento di Attestazione corredato della relativa Griglia, si aprirà la fase di vigilanza e controllo diretto ed indiretto svolta dalla Civit. In particolare l’attività di vigilanza e controllo DIRETTA ha per oggetto l’avvenuta pubblicazione, sul sito istituzionale delle amministrazioni, del Documento di Attestazione e della Griglia di rilevazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione, nonché la verifica della loro corrispondenza ai dati pubblicati dalle amministrazioni. L’attività INDIRETTA di vigilanza e controllo viene svolta con riferimento alle amministrazioni per le quali la Commissione ha ricevuto, da parte del Responsabile della trasparenza e/o della prevenzione della corruzione o da privati cittadini, una segnalazione di mancata o incompleta pubblicazione dei dati oggetto degli obblighi di trasparenza. Alla verifica diretta e indiretta effettuata dalla Civit sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni seguirà un controllo svolto a campione dalla GUARDIA DI FINANZA, al fine di riscontrare l’esattezza e l’accuratezza dei dati attestati dagli OIV. Il controllo della Guardia di Finanza si baserà sull’estrazione di un campione casuale semplice che garantisca imparzialità e le stesse probabilità, per ogni amministrazione, di entrare a far parte del campione.

 
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Dopo il 30 settembre, data entro la quale gli Organismi di Valutazione indipendente devono attestare l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità pubblicando sul sito istituzionale nella Sezione "Amministrazione Trasparente" il Documento di Attestazione corredato della re ... Continua a leggere

 

CIVIT, approvato in via definitiva il Piano Nazionale Anticorruzione

nota informativa del Prof. Avv. Enrico Michetti

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La Civit, Autorità Nazionale Anticorruzione, ha approvato in via definitiva il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) che permette di disporre di un quadro unitario e strategico di programmazione delle attività per prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico e crea le premesse perché le amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione e, di conseguenza, predisporre gli strumenti previsti dalla legge 190. Predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica e trasmesso a metà luglio alla Civit, il PNA recepisce le osservazioni formulate il primo agosto dall’Autorità, nella logica di collaborazione istituzionale e al fine di favorire l’applicazione della legge 190. Le osservazioni hanno riguardato, tra l’altro, l’ambito soggettivo di applicazione del Piano, i contenuti minimi dei piani triennali delle amministrazioni e l’aggiornamento annuale del Piano, che dovrebbe essere un documento programmatico a scorrimento. Nella stessa seduta, la Civit ha anche stabilito di segnalare al Ministro l’esigenza di prevedere, in fase di aggiornamento nel 2014, ulteriori integrazioni e specificazioni con riferimento ad aspetti, quali l’affinamento degli indicatori per la misurazione dell’efficacia di politiche e strumenti di prevenzione della corruzione, la definizione dei contenuti minimi dei piani di formazione in tema di anticorruzione e dei criteri in base ai quali viene articolata l’offerta formativa pubblica in tema di anticorruzione, la definizione degli aspetti organizzativi della funzione di coordinamento nelle diverse categorie di amministrazioni, l’articolazione delle politiche di prevenzione differenziate per settore, l’introduzione di iniziative nazionali di prevenzione a carattere trasversale, l’individuazione di buone pratiche, nonché la previsione e il coordinamento di iniziative per la diffusione del Piano e della cultura della legalità per migliorare l’efficacia delle politiche di prevenzione.

nota informativa del Prof. Avv. Enrico Michetti

 
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La Civit, Autorità Nazionale Anticorruzione, ha approvato in via definitiva il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) che permette di disporre di un quadro unitario e strategico di programmazione delle attività per prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico e crea le premesse perché l ... Continua a leggere

 

Antitrust, sanzione da 250.000 ad Eni per pratica commerciale scorretta

del Prof. Avv. Enrico Michetti

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Costa cara all'ENI la campagna pubblicitaria relativa all’offerta ‘ENI 3’. Per l’Antitrust, gli spot andati in onda sulle principali emittenti televisive nel periodo novembre–dicembre 2012, che promuovevano l’offerta dedicata alle tariffe gas, luce e carburante, erano ambigui e omissivi, in gradodi falsare in misura apprezzabile le scelte dei consumatori in relazione ai servizi pubblicizzati. Il messaggio pubblicitario, infatti, attraverso le immagini e la voce fuori campo, veicolava ai potenziali nuovi clienti una promessa particolarmente allettante consistente nella possibilità di bloccare il prezzo della bolletta di luce e gas per 36 mesi e di ottenere uno sconto immediato di 6 cent. sull’acquisto di un litro di carburante. In realtà il blocco dei prezzi di luce e gas riguardava soltanto una quota delle bollette (la c.d quota energia) difficilmente quantificabile da parte dei consumatori, mentre per ottenere lo sconto sulla benzina era comunque necessario aderire ai programmi di fidelizzazione della società nella vendita di carburanti. Le altre informazioni necessarie per chiarire gli effettivi meccanismi dell’Offerta erano trasmesse in modo del tutto marginale, con caratteri molto piccoli e per pochi attimi solo in chiusura di filmato. Il consumatore, pertanto, non era messo in grado di assumere una decisione commerciale consapevole sulla convenienza della proposta Eni.

del Prof. Avv. Enrico Michetti

 
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Costa cara all'ENI la campagna pubblicitaria relativa all’offerta ‘ENI 3’. Per l’Antitrust, gli spot andati in onda sulle principali emittenti televisive nel periodo novembre–dicembre 2012, che promuovevano l’offerta dedicata alle tariffe gas, luce e carburante, erano ambigui e omissivi, in grado ... Continua a leggere

 

Agenzia per l'Italia Digitale: rese pubbliche le Linee guida sui pagamenti elettronici della Pubblica Amministrazione

del Prof. Avv. Enrico Michetti

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Si e' conclusa l’attività di predisposizione delle Linee guida sui pagamenti elettronici come disciplinati dall’articolo 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale. In attuazione dei principi di trasparenza e partecipazione, le Linee guida sui pagamenti elettronici della P.A. sono quindi state rese pubbliche per rimanere in consultazione sul sito dell’Agenzia fino al 30 settembre 2013 con la possibilità di inviare osservazioni all’indirizzo lineeguidapagamenti@agid.gov.it. Al termine della fase di consultazione, sentita la Banca d’Italia, l’Agenzia provvederà alla pubblicazione di una circolare recante le Linee guida in Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione delle Linee guida completa il quadro normativo di riferimento per consentire alle pubbliche amministrazioni di ottemperare all’obbligo di mettere a disposizione della propria utenza, strumenti e applicazioni per eseguire pagamenti elettronici a favore della PA come stabilito dall’articolo 81 del Codice dell’Amministrazione Digitale. Le Linee guida si compongono del documento principale contenente le disposizioni normative e di due allegati tecnici: "Specifiche attuative dei codici identificativi di versamento, riversamento e rendicontazione" contenente le indicazioni a cui i soggetti interessati dovranno attenersi nel predisporre le informazioni necessarie per eseguire le operazioni di pagamento; "Specifiche attuative del Nodo dei pagamenti-SPC" che descrivono il modello di funzionamento del Sistema e dei processi dei pagamenti della PA, nonché le modalità a cui i prestatori di servizi di pagamento e pubbliche amministrazioni dovranno attenersi per aderire al suddetto Sistema. Per consultare le Linee Guida cliccare su "Accedi al Provvedimento".

del Prof. Avv. Enrico Michetti

 
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Si e' conclusa l’attività di predisposizione delle Linee guida sui pagamenti elettronici come disciplinati dall’articolo 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale. In attuazione dei principi di trasparenza e partecipazione, le Linee guida sui pagamenti elettronici della P.A. sono quindi state res ... Continua a leggere

 

Amministrazione Trasparente: i Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti non sono obbligati a pubblicare on line le situazioni patrimoniali dei politici

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

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A fronte delle numerose richieste di parere pervenute alla Gazzetta Amministrativa si ritiene utile rappresentare che l'obbligo di pubblicazione delle situazioni patrimoniali dei politici grava esclusivamente sui Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti. Sul punto si invita alla letturadella delibera della Civit n. 65 (visualizzabile cliccando nella Sezione "Accedi al Provvedimento") nella quale, tra l'altro, si precisa che con specifico riferimento all’individuazione dei comuni a cui si applica l’art. 14, comma 1, lett. f), stante l’abrogazione dell’art. 41-bis del d.lgs. n. 267/2000 da parte del d.lgs. n. 33/2013, occorre considerare il riferimento all’art. 1, comma 1, n. 5) della legge 5 luglio 1982, n. 441. Pertanto, ai sensi della richiamata norma, sono soggetti agli obblighi di pubblicazione relativamente alla situazione reddituale e patrimoniale dei titolari di cariche elettive i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, fermo restando l’obbligo di pubblicazione per tutti i comuni, indipendentemente dal numero di abitanti, dei dati e delle informazioni di cui alle lettere da a) ad e) del medesimo art. 14, comma 1. Quanto alle forme associative di comuni si precisa che l’obbligo si riferisce agli organi di indirizzo politico delle stesse se la popolazione complessiva supera i 15.000 abitanti. Tenuto conto, inoltre, della formulazione dell’art. 14, comma 1 del d.lgs. n. 33/2013 che individua quali soggetti tenuti alla pubblicazione dei dati e delle informazioni i "titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico", deve ritenersi che nei Comuni sono assoggettabili agli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 14, comma 1, lett. f), il sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

 
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I chiarimenti della Civit sulle sanzioni e i soggetti imputabili per la violazione degli obblighi di trasparenza

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti estratto delibera Civit

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L’articolo 47 del d.lgs. n. 33/2013 prevede l’irrogazione di sanzioni specifiche per la violazione degli obblighi di comunicazione e pubblicazione ai sensi del D.lgs n. 33/2013 Chiarisce la Civit che le sanzioni previste dal legislatore presentano diversa natura. Sono infatti disposte: - sanzioniamministrative pecuniarie sia nei confronti dei soggetti tenuti a comunicare i dati previsti dall’art. 14 e dall’art. 47, c. 2, secondo periodo, che nei confronti dei soggetti tenuti a pubblicare i dati di cui all’art. 22, c. 2; - sanzioni per la violazioni degli obblighi di trasparenza (trasmissione e/o pubblicazione dei dati) del d.lgs. n. 33/2013, previste dagli artt. 45 e 46 del medesimo decreto, che attengono i profili disciplinari e della valutazione della responsabilità dirigenziale, con eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione e valutazione dell’inadempimento anche ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. A queste sanzioni si aggiungono le seguenti misure ulteriori: - con riferimento alla violazione degli obblighi di cui all’art. 14, la pubblicazione, da parte della CIVIT, dei nominativi dei soggetti interessati per i quali non si è proceduto alla pubblicazione dei dati previsti dal medesimo articolo e, da parte dell’amministrazione o dell’organismo interessato, la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio irrogato a carico del responsabile della mancata comunicazione dei dati di cui all’art. 14; - per la mancata o incompleta pubblicazione degli obblighi previsti dall’art. 22, c. 2, il divieto di erogare somme a qualsiasi titolo in favore degli enti pubblici vigilati, degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle società partecipate. Nello specifico, per le informazioni e i dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell’incarico al momento dell’assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado (art. 14, c. 1, lett. f), nonché per tutti i compensi cui dà diritto l’assunzione della carica (art. 14, c. 1, lett. c), primo periodo, il legislatore dispone, in caso di mancata o incompleta comunicazione, l’irrogazione, a carico del responsabile della mancata comunicazione, di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro e la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio sul sito internet dell’amministrazione o dell’organismo interessato. La sanzione pecuniaria di cui sopra è applicabile, esclusivamente, nei confronti dei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico. Nessuna sanzione è applicabile nei confronti del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, stante la subordinazione prevista dal legislatore per la diffusione dei relativi dati a un espresso consenso da parte dei medesimi, così come nessuna sanzione pecuniaria è prevista per il soggetto tenuto alla pubblicazione di tali dati che pur avendoli ricevuti non ha provveduto a pubblicarli. Sono a quest’ultimo applicabili le sanzioni per la violazioni degli obblighi di trasparenza previste dagli artt. 45 e 46 del d.lgs. n. 33/2013. Analoga sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro è disposta sia a carico del responsabile della violazione degli obblighi di pubblicazione previsti dall’art. 22, c. 2 del d.lgs n. 33/2013 (soggetto tenuto a pubblicare), che nei confronti degli amministratori societari che non comunicano ai soci pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di risultato, entro trenta giorni dal percepimento in virtù dell’art. 47, c. 2, secondo periodo. Pubblicazione sul sito della CiVIT dei casi di mancata attuazione degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 14 In caso di mancata attuazione degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 14, c. 1, dalla lett. a) alla lett. f) del d.lgs n. 33 /2013 relativi agli organi di indirizzo politico, la CIVIT pubblica sul proprio sito istituzionale, ai sensi dell’art. 45, c. 4, ultimo periodo, i nominativi dei soggetti ai quali quelle informazioni si riferiscono e per i quali non si è proceduto alla pubblicazione. E’ sanzionata pertanto la mancata pubblicazione, sia che derivi dalla mancata o incompleta comunicazione da parte dell’interessato, che dalla inerzia del funzionario responsabile della pubblicazione il quale, pur disponendo dei dati, non ha provveduto a pubblicarli. Ne consegue che qualora il Responsabile della trasparenza – o altro soggetto individuato dal Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, o da un atto organizzativo interno, o da altra disposizione anche regolamentare di ciascuna amministrazione (si rinvia, in merito, al paragrafo 2.2. della delibera CiVIT n. 50/2013) – non riceva i dati che i soggetti sono tenuti a comunicare per la pubblicazione, ovvero il Responsabile della trasparenza o l’OIV accertino che il responsabile della pubblicazione – qualora diverso dal Responsabile della trasparenza in base agli atti sopra citati – non ha provveduto a pubblicare i dati e le informazioni di cui all’art. 14, sono tenuti a segnalare alla CIVIT l’inadempimento rilevato. Il Responsabile è tenuto, altresì, a comunicare l’eventuale successivo adempimento. La pubblicazione da parte della CiVIT dei nominativi dei soggetti per i quali non si è proceduto alla pubblicazione può conseguire, altresì, da una segnalazione da parte dell’OIV o derivare dall’attività di vigilanza e controllo sul rispetto delle regole sulla trasparenza e sull’esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione attribuiti alla CiVIT dalla legge n. 190/2012 e dal d.lgs n. 33/2013. I nominativi rimangono pubblicati sino al completo adempimento da parte dell’amministrazione che dovrà essere tempestivamente segnalato alla CiVIT da parte del Responsabile della trasparenza.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti estratto delibera Civit

 
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Amministrazione Trasparente: le Pubbliche Amministrazioni devono adottare il regolamento per disciplinare il procedimento sanzionatorio per la violazione degli obblighi di trasparenza

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

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Nelle more dell’adozione del regolamento gli enti, nell’esercizio della loro autonomia, sono tenuti ad indicare un soggetto cui compete l’istruttoria ed uno a cui compete l’irrogazione delle sanzioni. Qualora gli enti non provvedano al riguardo, tali funzioni sono demandate, rispettivamente, al Responsabile della prevenzione della corruzione e al responsabile dell’ufficio disciplina. La Civit con apposita delibera interviene a chiarire come sia necessario che le P.A. adottino tempestivamente il regolamento individua, il soggetto competente ad avviare il procedimento di irrogazione della sanzione e il soggetto che irroga la sanzione di norma, e compatibilmente con l’autonomia riconosciuta agli enti territoriali, individuati tra i dirigenti o i funzionari dell’ufficio di disciplina.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

 
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Nelle more dell’adozione del regolamento gli enti, nell’esercizio della loro autonomia, sono tenuti ad indicare un soggetto cui compete l’istruttoria ed uno a cui compete l’irrogazione delle sanzioni. Qualora gli enti non provvedano al riguardo, tali funzioni sono demandate, rispettivamente, al Res ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Nessun obbligo di avvio del procedimento grava sulla Pubblica Amminsitrazione se l’accertamento del fatto illecito e' avvenuto in contraddittorio con il responsabile

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato

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L’accertamento del fatto illecito avvenuto in contraddittorio con il responsabile, accertamento di cui fa fede il verbale di contestazione, esime l’Amministrazione titolare del potere sanzionatorio dall’obbligo di comunicazione, quale che sia l’organo accertatore, perché con la contestazione formale dell’infrazione, mediante consegna del relativo verbale, l’interessato ha conoscenza dell’inizio del procedimento per l’applicazione a suo carico delle sanzioni che la legge annette a quella determinata infrazione e, in tal modo, è messo in grado di parteciparvi (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 12.10.2004, n. 6557). A nulla rileva che tale sanzione abbia contenuto vincolato o discrezionale, perché con l’accertamento dell’illecito avvenuto in contraddittorio costituisce la causa e, insieme, l’avvio del procedimento sanzionatorio, del quale l’interessato acquisisce conoscenza per il fatto stesso dell’infrazione constatata in sua presenza.

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato

 
Note Legali
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L’accertamento del fatto illecito avvenuto in contraddittorio con il responsabile, accertamento di cui fa fede il verbale di contestazione, esime l’Amministrazione titolare del potere sanzionatorio dall’obbligo di comunicazione, quale che sia l’organo accertatore, perché con la contestazione formal ... Continua a leggere

 

La prescrizione non è' rilevabile d'ufficio e non può essere proposta per la prima volta in grado d'appello

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Com’è noto, quella di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto e come tale rimessa alla volontà della parte che di essa intende giovarsi, non è rilevabile d'ufficio. Sicché, nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., tal eccezione non può essere proposta per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cons. St., III, 8 agosto 2012 n. 4535) e, ove assorbita o non esaminata in primo grado, va espressamente ribadita a cura della parte che intenda avvalersene nella fase di gravame (in materia di prescrizione eccepita, ma non valutata, cfr. Cass., sez. lav., 7 sett. 2007 n. 18901; id., sez. un., 1° febbraio 2012 n. 1417).

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Accertamenti svolti dalle Commissioni mediche in sede di reclutamento, il Consiglio di Stato ammonisce il TAR a non disporre verificazioni

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Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del TAR Lazio che aveva accolto il ricorso proposto da un aspirante finanziere annullando il giudizio di non idoneità e la consequenziale esclusione dalla procedura concorsuale per titoli ed esami per il reclutamento di novecentocinquantadue allievi finanzieri indetto con determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza. Il T.A.R. Lazio in particolare aveva disposto la verificazione, affidata all'Ospedale Militare "Celio" di Roma, per accertare la sussistenza o meno della problematica rilevata dalla Commissione medica ed in esito alla quale, con sentenza in forma semplificata aveva appunto accolto il ricorso, rilevando che l’accertamento espletato "…ha dato esito favorevole al ricorrente…(e che)…le risultanze della verificazione…hanno acclarato che il ricorrente è idoneo". Ad avviso del Consiglio di Stato gli accertamenti svolti dalle commissioni mediche in sede di reclutamento e in generale nelle procedure concorsuali, di natura squisitamente tecnico-discrezionale, hanno natura meramente dichiarativa e trovano consacrazione in verbali che rivestono efficacia di fede privilegiata, non essendo ripetibili, né potendo a essi sostituirsi accertamenti successivi disposti dal parte del giudice amministrativo (cfr. tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1767 e 17 ottobre 2012, n. 5311), con la conseguente irrilevanza della verificazione che il T.A.R. non avrebbe potuto e dovuto disporre. Ciò senza tralasciare di considerare che le condizioni psico-fisiche rilevanti sono quelle, e solo quelle, verificate al momento della visita psico-fisio-attitudinale, e dagli organi tecnici competenti, e non anche in momenti antecedenti o successivi, secondo orientamento ormai granitico della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 20 settembre 2012, n. 5039). Né, vertendosi in ambito di squisita discrezionalità tecnica, quando non sia revocata in dubbio la correttezza delle metodiche diagnostiche impiegate, il sindacato giurisdizionale amministrativo può impingere il giudizio con le medesime espresso.

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Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del TAR Lazio che aveva accolto il ricorso proposto da un aspirante finanziere annullando il giudizio di non idoneità e la consequenziale esclusione dalla procedura concorsuale per titoli ed esami per il reclutamento di novecentocinquantadue allievi f ... Continua a leggere

 

Ai fini del risarcimento del danno da ritardo cagionato dalla pubblica amministrazione il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico deve essere riconducibile ad un comportamento gravemente negligente od ad una intenzionale volontà di nuocere

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Si segnala la sentenza in esame in quanto interviene a chiarire il quadro dei presupposti necessari ai fini della sussistenza di una responsabilità della P.A. causativa di un danno da ritardo. Nella sentenza in particolare il Consiglio di Stato dapprima ribadisce il principio a tenore del quale "Il solo, mero ritardo nell’emanazione dell’atto, in linea di principio ben può costituire elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto, con conseguente obbligo di risarcimento nel caso di procedimento amministrativo che sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario" (in tal senso Cons. Stato se.. IV 23 marzo 2010 n.1699), per poi precisare come la ragione di fondo sottesa alla risarcibilità del danno da ritardo risiede nel fatto che il risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla pubblica amministrazione in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa dei tempi di definizione del procedimento presuppone che il tempo è un bene della vita per il cittadino e il ritardo nella conclusione d un procedimento ha un suo costo (Cons. Stato Sez. V 28 febbraio 2011 n.1271); il che, in presenza dei dovuti presupposti, è suscettibile di ristoro patrimoniale secondo lo schema della responsabilità c.d. aquiliana. Relativamente poi agli elementi strutturali connotanti la tipologia di risarcimento all’esame, che la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento favorevole, se, da un lato, deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, per l’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro lato, in ossequio al principio di atipicità dell’illecito civile, costituisce una fattispecie sui generis, del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ivi prevista, con la prima conseguenza che non è possibile presumersi danno risarcibile da ritardo iuris tantum, necessitando la prova degli elementi costitutivi (Cons. Stato Sez. IV 4 maggio 2011 n.2675; Cons. Stato Sez. V 21 marzo 2011 n.1739). Del pari, secondo lo schema paradigmatico di cui al citato art. 2043 Cod. civ., aggiunge il Consiglio di Stato, occorre verificare la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subito), nonché quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante), dovendosi, con riferimento a questi ultimi profili di configurazione dell’illecito aquiliano in capo alla P.A., dare contezza degli elementi univoci indicativi della sussistenza della colpa dell’amministrazione (Cons. Stato 29 maggio 2008 n. 2564). In particolare, ai fini della sussistenza di una responsabilità della P.A. causativa di danno da ritardo, la valutazione dell’elemento della colpa non può essere affidata al dato oggettivo del procrastinarsi dell’adozione del provvedimento finale, bensì alla dimostrazione che la p.a. abbia agito con dolo o colpa grave, di guisa che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento gravemente negligente od ad una intenzionale volontà di nuocere, in palese contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost. (Cons. Stato sez. V 27 aprile 2006 n.2359; Cons. Stato sez. IV 11 ottobre 2006 n. 6059). Per visualizzare il testo per esteso della sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

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Si segnala la sentenza in esame in quanto interviene a chiarire il quadro dei presupposti necessari ai fini della sussistenza di una responsabilità della P.A. causativa di un danno da ritardo. Nella sentenza in particolare il Consiglio di Stato dapprima ribadisce il principio a tenore del quale " ... Continua a leggere

 

Collocamento a riposo del personale della scuola: rigettato dal Consiglio di Stato il ricorso contro la nuova disciplina in materia di trattamenti pensionistici

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Il Consiglio di Stato conferma con la sentenza in esame il proprio difetto di giurisdizione sul ricorso presentato dalla Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC - CGIL) con il quale impugnava innanzi al Tar del Lazio la circolare del Ministero della Funzione Pubblica n.2/12, avente ad oggetto:"decreto legge n. 201 del 2011 convertito in legge n.214/2011 art.24 - limiti massimi per la permanenza in servizio nelle pubbliche amministrazioni", illustrativa della nuova disciplina in materia di trattamenti pensionistici, nonché la circolare n.23 del 12/3/2012 del Ministero della Istruzione, dell’Università e della Ricerca.L'Organizzazione sindacale, nel rilevare il contenuto irrazionale, ingiustamente penalizzante e discriminatorio delle disposizioni recate dall’art. 24 della legge n.214 /2011, che, per il personale della scuola, ha introdotto un cambiamento delle modalità e dei requisiti del collocamento a riposo, senza alcuna gradualità e previsione transitoria, contestava la legittimità delle impugnate circolari, recanti, a suo dire, misure organizzative e concrete per l’applicazione della legislazione de qua, incorrendo tali atti nei vizi di eccesso di potere per disparità di trattamento e di violazione di legge, in particolare sotto l’aspetto della violazione della precedente disciplina, che attribuiva ai docenti il diritto di andare in pensione all’inizio dell’anno scolastico 2012-2013.L’adito Tribunale amministrativo, con sentenza n.6120/2012, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, sul rilievo che la controversia ha ad oggetto rapporti di lavoro di personale contrattualizzato, con riferimento alla materia dei requisiti per il diritto soggettivo al collocamento a riposo, per la quale il giudice amministrativo difetta di giurisdizione, con conseguente devoluzione della domanda davanti al giudice ordinario.Ad avviso del Consiglio di Stato ai fini dell’individuazione del discrimen, occorre fare riferimento, come sancito dalla Corte regolatrice (cfr. Cass. SS. UU. 27 marzo 2007 n. 7388) al c.d. criterio sostanziale della causa petendi e cioè alla intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio come individuata in relazione al rapporto giuridico disciplinato dalla norma.Con riferimento al primo aspetto, l'appellante contesta la legittimità degli atti impugnati (circolari ministeriali) sul rilievo che gli stessi avrebbero introdotto, per i docenti dipendenti della pubblica istruzione, un regime penalizzante per quanto riguarda i termini e le modalità di acquisizione del diritto ad essere collocati a riposo, venendo ingiustificatamente ritardato il pensionamento, anche di diversi anni. In tal modo vengono in rilievo posizioni giuridiche soggettive inerenti il rapporto di lavoro contrattualizzato aventi la dignità di diritti soggettivi, che, come tali, devono trovare la loro tutela innanzi al giudice istituzionalmente dotato della relativa giurisdizione, quello ordinario.Il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo è peraltro rilevabile avuto riguardo anche al criterio del petitum, cioè l’oggetto della richiesta di annullamento.Invero oggetto di "impugnativa" sono due circolari, l’una della Presidenza del Consiglio dei Ministero, l’altra del Ministero dell’Istruzione: trattasi, dal punto di vista formale, di atti amministrativi a contenuto generale, ma che non recano misure di tipo organizzativo e neppure hanno contenuto autoritativo e/o dispositivo, atteggiandosi, invece, ad atti esplicativi o meramente applicativi delle disposizioni recate da una normativa di rango primario costituita dall’art. 24 del dl n.201/ 2011, alle quali unicamente è da rapportare la definizione del rapporto giuridico in contestazione.Sotto tale "versante" (quello della natura e portata contenutistica degli atti in contestazione) non ci si trova di fronte a poteri discrezionali e/o organizzativi della P.A., la quale, con le "istruzioni" dettate a mezzo delle prefate circolari, si limita a meglio esplicare il contenuto e la portata applicativa delle disposizioni legislative dettate in subjecta materia, sicché in mancanza di manifestazioni di attività amministrativa tout court ed in assenza di correlate posizioni qualificabili come interessi legittimi di tipo pretensivo, va esclusa la possibilità di ravvisare la sussistenza della cognizione del giudice amministrativo quale l’organo giurisdizionale deputato a conoscere delle questioni introdotte con la controversia all’esame.Per non dire poi che, anche sotto un ulteriore dato, quello di diritto positivo, va esclusa la giurisdizione del g.a: infatti, attenendo la pretesa qui rivendicata ad un rapporto di lavoro privatizzato, lo stesso legislatore ha avuto cura, con il decreto legislativo n.80 del 1998, prima, e con il dlgs n.165/2001, dopo, di individuare l’organo giurisdizionale chiamato ad occuparsi delle relative controversie (il g.o.)In forza delle suestese considerazioni, il Collegio ha ritenuto corrette le osservazioni e prese conclusioni del primo giudice in ordine al rilevato difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,in favore dell’autorità giudiziaria ordinaria, innanzi alla quale la domanda potrà essere riproposta.

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del Consiglio di Stato

 
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Il Consiglio di Stato conferma con la sentenza in esame il proprio difetto di giurisdizione sul ricorso presentato dalla Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC - CGIL) con il quale impugnava innanzi al Tar del Lazio la circolare del Ministero della Funzione Pubblica n.2/12, avente ad oggetto: ... Continua a leggere

 

Consiglieri Comunali, il Consiglio di Stato dice no all'accesso ai documenti delle società miste se il Comune ha una limitata quota di capitale sociale

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"Deve escludersi che il consigliere comunale possa esercitare l'accesso nei confronti di società mista, sia pure a prevalente partecipazione di capitale pubblico, della quale il comune di appartenenza detenga limitata quota di capitale sociale, tale da non poterne assicurare il controllo". E' questo il principio sancito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza attenzionata con la quale, in riforma della sentenza del TAR, ha respinto il ricorso proposto in primo grado da un consigliere comunale del Comune di Trento avverso il diniego di accesso opposta dalla Società Autostrade Brennero S.p.A., ai documenti relativi alle tessere di libera circolazione autostradale con indicazione dei beneficiari, dell'ente che effettua il pagamento finale, nonché degli importi totali fatturati. Il giudice amministrativo trentino aveva fondato il riconoscimento del diritto d'accesso richiamando l'art. 13 del D.P.Reg. 1 febbraio 2005 n. 3/L, ossia del decreto del Presidente della Regione Autonoma Trentino Alto Adige recante il "Testo unico delle leggi regionali sull'ordinamento dei comuni della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige", disposizione sovrapponibile a quella dell'art. 43 comma 2 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante " Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali"), emanata in funzione della riserva di competenza normativa di cui al precedente art. 1 comma 2. Aveva quindi il TAR escluso poi che potesse assumere rilievo preclusivo o ostativo la natura giuridica del destinatario della richiesta di ostensione della documentazione richiesta, e superando i rilievi difensivi della società Autostrada del Brennero S.p.A. con l'osservazione "che la dipendenza di enti o aziende prevista dall’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, è rinvenibile anche nel caso in cui l’ente o l’azienda non sia, interamente o per la maggior parte, controllata dall’ente pubblico, essendo rilevante ai fini dell’ostensibilità de qua, che vi sia denaro pubblico impegnato in un’attività aziendale". Cassate dal Consiglio di Stato le suddette conclusioni in quanto l'art. 13 del D.P.Reg. 1 febbraio 2005 n. 3/L, non meno che l'omologo art. 43 comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 circoscrivono il diritto di accesso dei consiglieri comunali agli atti e provvedimenti, e relativa documentazione e informazioni, riferibili all'ente, e quindi a tutti gli organi e gli uffici comunali, nonché alle aziende ed enti dipendenti dal comune, "non appare pertinente il richiamo, contenuto nella sentenza, a precedente orientamento della Sezione autonoma di Bolzano, come espresso nella sentenza 4 gennaio 2011, n. 1, confermata dalla VI Sezione di questo Consiglio con sentenza n. 2434 del 19 aprile 2011, quest'ultima invocata dall'appellata nelle proprie deduzioni. In quella fattispecie, infatti, si trattava di diniego d'accesso, opposto dal Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano a consiglieri provinciali, relativo a un contratto stipulato tra la Società Elettrica Altoatesina per azioni, partecipata per il 93,88% dalla predetta Provincia, e la società Edison S.p.A. per la costituzione di altra società (Hydros S.r.l.) cui venivano conferite centrali idroelettriche della Edison e partecipazioni azionarie detenute da S.E.L. S.p.A. in altre due centrali, con assunzione da parte di S.E.L. S.p.A. di quota azionaria di maggioranza nella nuova compagine societaria così creata. Come chiarito dalla VI Sezione S.E.L. S.p.A. ha "...natura di società a scopo vincolato per espressa previsione normativa e statutaria, essendo stata costituita...in funzione della gestione del passaggio delle centrali idroelettriche di grande derivazione e delle relative concessioni (nuove e/o rinnovate), ...a un ente controllato dalla Provincia...", non potendosi revocare in dubbio che essa sia società controllata assumendo rilievo, oltre al controllo amministrativo, "...anche in quello conseguente all’acquisizione del pacchetto di maggioranza della società stessa o, comunque, della quota di capitale sociale idonea in concreto ad assicurarne il controllo". Nel caso di specie, al contrario, Autostrada del Brennero S.p.A. non è società controllata dal Comune di Trento, che detiene appena il 4,2319% del capitale sociale, né opera in sfera d'attività di competenza comunale e/o comunque locale, non esercendo alcun servizio pubblico locale e svolgendo, invece, attività in concessione relativa alla costruzione e gestione di reti autostradali, e quindi di reti infrastrutturali, quanto all'autostrada A22 peraltro per convenzione con Anas S.p.A. Essa quindi non può qualificarsi in alcun modo come ente o azienda dipendente dal Comune, nemmeno nel senso chiarito, con riguardo a società a partecipazione controllata, dalla ricordata sentenza della VI Sezione n. 2434/2011. Sotto altro aspetto, conclude il Collegio è evidente che la pur innegabile ampia connotazione dello speciale diritto d'accesso riconosciuto ai consiglieri degli enti territoriali, e in specie comunali e provinciali, misura la propria estensione oggettiva in relazione alle prerogative connesse al mandato elettivo riferite all'attività propria di organi, uffici, enti e aziende che esplicano attività amministrative e/o anche di natura imprenditoriale nei settori precipui dell'attività istituzionale comunale o provinciale, in quanto funzionali a verificare "...la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale" (così, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963), o in altri termini "... verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del comune..." (così, questa Sezione, 21 agosto 2006, n. 4855).In base quindi a tali coordinate esegetiche, viene esclusa dal Consiglio di Stato la possibilità che il consigliere comunale possa esercitare l'accesso nei confronti di società mista, sia pure a prevalente partecipazione di capitale pubblico, della quale il comune di appartenenza detenga limitata quota di capitale sociale, tale da non poterne assicurare il controllo, di tal che, nemmeno mediatamente, la conoscenza di profili generali di gestione dell'attività della società possa ritenersi afferente alla sfera di un sindacato per dir così ispettivo espresso mediante le prerogative conoscitive riconosciute in relazione all'espletamento del mandato elettivo.

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Manca il "siero immune antivipera", legittima la sospensione dell'esercizio della farmacia

del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza del Consiglio di Stato

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha confermato la legittimità dell’ordinanza adottata dal Comune di Genova con la quale si disponeva la sospensione, per cinque giorni, dell’esercizio della Farmacia San Raffaele in quanto durante una visita ispettiva straordinaria, effettuata nel marzo 1994,veniva rilevata la mancata disponibilità di una specialità medicinale obbligatoria per legge, costituita dal "siero immune antivipera". Rileva il Collegio, tra l'altro, l'infondatezza del motivo di censura, con il quale le parti appellanti deducono la mancanza di adeguata motivazione che sorregga il provvedimento impugnato, atteso che a loro dire la sospensione dell’esercizio della farmacia, per la sua gravità, postulava l’estrinsecazione di pregnanti motivazioni che sarebbero venute a mancare nel caso di specie. Ad avviso del Consiglio di Stato esattamente il giudice di prime cure ha rilevato che l’accertata mancanza di un farmaco obbligatorio, come il siero antiofidico, costituisce la grave violazione e, insieme, l’adeguata motivazione, ben evidenziata dal provvedimento, che giustifica la misura sospensiva adottata dall’Amministrazione, peraltro nella misura minima di cinque giorni, in aggiunta a quella pecuniaria già comminata. A nulla vale poi sostenere il difetto l’elemento soggettivo in quanto il siero antivipera non era al tempo di facile reperibilità, sicché la farmacia non era colpevole del mancato approvvigionamento. Infatti la mancata dotazione di siero antiofidico, obbligatoria per legge, non può essere giustificata, sul piano soggettivo, dalla mera difficoltà nel procurarselo, atteso che il farmacista, il quale sia a conoscenza di tale difficoltà, deve organizzarsi per tempo in modo tale da far fronte ad essa, laddove essa sia prevedibile e prevenibile, con l’ordinaria diligenza, senza poter addurre a propria giustificazione temporanee e transeunti carenze verificatesi nella rete distributiva del prodotto. Soltanto un fatto eccezionale, avente il carattere dell’imprevedibilità, potrebbe determinare l’assenza di colpa in capo al responsabile. Come afferma, infatti, la costante giurisprudenza di questo Consiglio, la previsione di cui al comma 1 dell’art. 3 della l. 689/1981 – secondo cui "nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione o omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa" – va interpretata non già nel senso dell’indifferenza in ordine alla sussistenza o meno di un comportamento – quanto meno – colposo, bensì nel senso di porre una presunzione iuris tantum di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che l’abbia commesso, riservando poi a quest’ultimo l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa.

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha confermato la legittimità dell’ordinanza adottata dal Comune di Genova con la quale si disponeva la sospensione, per cinque giorni, dell’esercizio della Farmacia San Raffaele in quanto durante una visita ispettiva straordinaria, effettuata nel marzo 1994, ... Continua a leggere

 

Accesso ai documenti della Pubblica Amministrazione: il Consiglio di Stato chiarisce i casi nei quali l’interessato può reiterare l’istanza di accesso già tacitamente disattesa o respinta dalla p.a.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza del Consiglio di Stato

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Nella sentenza da ultimo depositata dal Consiglio di Stato viene evidenziato come in base ai princìpi di diritto sanciti dal Cons. Stato, Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6, il processo in tema di diritto di accesso ai documenti amministrativi ha struttura impugnatoria e il termine di trenta giorni (dalla conoscenza del provvedimento di diniego dell’accesso, ovvero dalla formazione del correlativo silenzio significativo, ivi legalmente previsto) dell’art. 25, comma 5, l. 7 agosto 1990 n. 241, per l’esercizio dell’azione giudiziaria ha natura decadenziale, ne consegue l’inammissibilità di un ricorso interposto avverso una seconda (o ulteriore) determinazione amministrativa negativa, che si presenta come meramente reiterativa della prima, cioè di quella già a suo tempo assunta dalla p.a. e non tempestivamente impugnata. In questo ordine, l’interessato può risultare legittimato a reiterare l’istanza di accesso tacitamente disattesa o respinta dalla p.a. (con determinazione non tempestivamente impugnata), solo in presenza cumulativa o alternativa di:a) fatti nuovi, sopravvenuti o anche solo successivamente conosciuti, non rappresentati nell’istanza originaria;b) una diversa e fondata prospettazione della consistenza dell’interesse giuridicamente rilevante ovvero della posizione legittimante l’accesso invocato.Ma in assenza di siffatti nuovi elementi (come è nella fattispecie), anche per esigenze di certezza dei rapporti e di efficienza della funzione amministrativa, l’amministrazione non si può considerare obbligata a riesaminare l’istanza (pur potendo procedervi). Ne consegue che l’ulteriore determinazione sfavorevole quanto all’accesso ha valore meramente confermativo della precedente, ed è inidonea alla riapertura del termine (decadenziale, non prescrizionale) per il ricorso, che non può, dunque, trovare accoglimento.

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti nota a sentenza del Consiglio di Stato

 
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PROVVEDIMENTI REGIONALI

Regione Lazio, TAR rigetta le richieste del M5S

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a sentenza del TAR Lazio I ter 19.9.2013

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"Non si ravvisano, ad un sommario esame, motivi per ritenere che i provvedimenti impugnati non siano stati correttamente adottati", questa la motivazione con la quale la Sezione Prima ter del TAR Lazio ha rigettato le richieste formulate da Gaia Pernarella, Silvana Denicolò, Valentina Corrado, Silvia Blasi, consiglieri del movimento cinque stelle che hanno impugnato sia la deliberazione del Consiglio regionale Lazio del 25.3.2013 con cui è stato eletto come Presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori nonché le delibere di nomina dei vice presidenti e dei consiglieri segretari.Non sussistano quindi le ragioni richieste dalla legge per l’accoglimento della sospensiva, così conclude il guidice amministrativo "tenuto conto di quanto rappresentato dalle parti resistenti in ordine al rapporto sussistente tra la presenza femminile nel Consiglio Regionale e la stessa presenza nell’Ufficio di Presidenza nonché della sicura rilevanza rivestita dal principio di rappresentanza". L'ordinanza peraltro condanna le ricorrenti, in solido ed in parti uguali, al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.

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