News 21 Ottobre 2013 - Area Amministrativa
Ambiente: in Gazzetta Ufficiale il Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti
E' stato pubblicato sulla G.U. n. 245 del 18.10.2013 il Programma Nazionale di prevenzione rifiuti ed entro un anno le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni in esso contenute. Il Programma nazionale è' stato adottato con decreto direttoriale del 7 ottobre 2013 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Tale adozione è avvenuta nel rispetto della scadenza comunitaria prevista dalla Direttiva 2008/98/CE per il prossimo 12 dicembre 2013. La Direttiva europea in particolare definisce "prevenzione" le misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino un rifiuto e che quindi sono in grado di ridurre: a) la quantità dei rifiuti (anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita); b) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana; c) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti. Lo scopo del Programma è dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Poiché la produzione totale dei rifiuti è legata a fattori socioeconomici (la semplice riduzione della produzione totale non si traduce necessariamente nella capacità di un sistema di migliorare la propria efficienza riducendo l’impiego di risorse e la quantità e pericolosità dei rifiuti) è stato scelto di utilizzare come indicatore per gli obiettivi del Programma la produzione di rifiuti rapportata all’andamento del Prodotto Interno Lordo. Sulla base dei dati rilevati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), il Programma fissa dunque i seguenti obiettivi di prevenzione al 2020 rispetto ai valori registrati nel 2010: - Riduzione del 5% della produzione di rifiuti urbani per unità di Pil. Nell’ambito del monitoraggio per verificare gli effetti delle misure, verrà considerato anche l’andamento dell’indicatore Rifiuti urbani/consumo delle famiglie; - Riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di Pil; - Riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di Pil. Sulla base di nuovi dati relativi alla produzione dei rifiuti speciali, tale obiettivo potrà essere rivisto. Per accedere al testo del decreto clicca su "Accedi al Provvedimento".
E' stato pubblicato sulla G.U. n. 245 del 18.10.2013 il Programma Nazionale di prevenzione rifiuti ed entro un anno le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni in esso contenute. Il Programma nazionale è' stato adottato con decreto direttoriale del 7 ot ... Continua a leggere
La P.A. tra trasparenza e privacy: seminario del Garante
Il 24 ottobre 2013 alle ore 10,00 alla Fortezza Da Basso a Firenze nell'ambito della XXX Assemblea dell'Anci il Garante per la privacy ha organizzato il seminario sul tema "La Pubblica Amministrazione tra domanda di trasparenza e protezione dei dati personali". Per accedere al Programma cliccare su"Accedi al Provvedimento".
Il 24 ottobre 2013 alle ore 10,00 alla Fortezza Da Basso a Firenze nell'ambito della XXX Assemblea dell'Anci il Garante per la privacy ha organizzato il seminario sul tema "La Pubblica Amministrazione tra domanda di trasparenza e protezione dei dati personali". Per accedere al Programma cliccare su ... Continua a leggere
Anticipata l'ora legale di sessanta minuti primi dalle ore due di domenica 30 marzo 2014 alle ore tre di domenica 26 ottobre 2014
E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale si statuisce che in attuazione della Direttiva dell'Unione Europea 2000/84/CE l'ora normale e' anticipata, a tutti gli effetti, di sessanta minuti primi dalle ore due di domenica 30marzo 2014 alle ore tre (legali) di domenica 26 ottobre 2014.
E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale si statuisce che in attuazione della Direttiva dell'Unione Europea 2000/84/CE l'ora normale e' anticipata, a tutti gli effetti, di sessanta minuti primi dalle ore due di domenica 30 ... Continua a leggere
Ambiente, il 90% cittadini UE respira sostanze inquinanti
Oltre il 90 per cento delle persone che vive nelle città dell'Unione Europea respira un livello troppo elevato di polveri ultrafini (fino al 96% dei cittadini per le Pm 2,5) e di ozono (fino al 98%). Questo il risultato dell'ultimo rapporto "La qualità dell'aria in Europa" dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) che analizza i dati relativi al periodo 2009-2011. L'Italia e in particolare la Pianura Padana è fra le aree maggiormente colpite da questa minaccia, che non risparmia nemmeno le aree rurali. In cima alla lista tra i responsabili di emissioni inquinanti, il traffico, poi l'industria, l'agricoltura e le abitazioni. Le città italiane al vertice delle graduatorie sono: Padova è al primo posto in Europa per sforamenti dei limiti di ozono con ben 104 giorni di superamenti nel 2011. Poco dietro Lecco, Pavia, Reggio Emilia, Treviso, Parma, Verona, Varese e Modena. Solo la spagnola Caceres interrompe il netto predominio tra le 'prime 10'. E sono ben 23 le città italiane che si piazzano nei primi 30 posti di questa classifica UE. Il Nord Italia, insieme al Sud della Francia, risultano le aree più colpite dall'ozono con livelli che sono oltre tre volte più elevati rispetto alla soglia limite.
Oltre il 90 per cento delle persone che vive nelle città dell'Unione Europea respira un livello troppo elevato di polveri ultrafini (fino al 96% dei cittadini per le Pm 2,5) e di ozono (fino al 98%). Questo il risultato dell'ultimo rapporto "La qualità dell'aria in Europa" dell'Agenzia europea dell ... Continua a leggere
Anticorruzione, e' operativo in Italia il whistleblowing
Con l'entrata in vigore della legge 190 del 2012, l'Italia si è dotata di un sistema organico di prevenzione della corruzione che prevede, fra le misure da adottare, l'introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower (art.54-bis del decreto legislativo 165 del 2001). In tale quadro, la Funzione Pubblica rende nota la proficua collaborazione con Transparency International Italia che in materia di whistleblowing aveva già avviato il progetto promosso dalla Commissione europea, declinato per la parte italiana come "vedette civiche", con la partnership istituzionale del Dipartimento della funzione pubblica. Per approfondire l'argomento cliccare su "Accedi al Provvedimento".
Con l'entrata in vigore della legge 190 del 2012, l'Italia si è dotata di un sistema organico di prevenzione della corruzione che prevede, fra le misure da adottare, l'introduzione nel nostro ordinamento di un sistema di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, c.d. whistleblower (art. ... Continua a leggere
Semplificazione: on line la consultazione pubblica sulle "100 procedure più complicate da semplificare"
Avviata dalla Funzione Pubblica la consultazione pubblica telematica sulle "100 procedure più complicate da semplificare". Partecipare è semplice: basta compilare il questionario on‐line disponibile sul sito della Funzione Pubblica (www.funzionepubblica.gov.it). Si potrà indicare la complicazione efare una proposta per semplificarla. Attraverso questa consultazione, realizzata in collaborazione con l’Anci, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e l’UPI, vengono raccolte indicazioni sulle procedure più complicate e le proposte di intervento che nascono dai problemi vissuti nell'esperienza quotidiana dei cittadini e delle imprese. La consultazione resterà aperta fino al 15 dicembre 2013. Al termine, saranno pubblicate le graduatorie delle complicazioni più segnalate e un rapporto di sintesi sui risultati, sull’esempio della ‘top ten’ realizzata a livello europeo.
Avviata dalla Funzione Pubblica la consultazione pubblica telematica sulle "100 procedure più complicate da semplificare". Partecipare è semplice: basta compilare il questionario on‐line disponibile sul sito della Funzione Pubblica (www.funzionepubblica.gov.it). Si potrà indicare la complicazione e ... Continua a leggere
Decreto del Fare: la guida della Funzione Pubblica sulle nuove misure di semplificazioni
Con un'apposita guida la Funzione Pubblica, per il tramite del Ministro D'Alia e del Capo Dipartimento Naddeo, ha voluto divulgare a cittadini ed imprese le numerose misure di semplificazione introdotte con Il decreto legge n. 69 del 2013 (cosiddetto "decreto del Fare"), convertito con la legge 9 agosto 2013, n. 98. Le tematiche affrontate sono:- Indennizzo per il mancato rispetto dei tempi;- Date uniche per i nuovi obblighi;- Semplificazioni per l’Edilizia;- Semplificazioni in agricoltura;- Semplificazioni in materia di DURC;- Lavoro: meno carte, più sicurezza;- Trasmissione online del certificato medico di gravidanza; - Procedure più semplici per ottenere la cittadinanza;- Zone a burocrazia zero; - Semplificazione del procedimento per l’autorizzazione paesaggistica;- Semplificazioni in materia di ambiente; - Eliminazione di certificazioni sanitarie inutili;- Semplificazioni in materia di mediazione civile e commerciale;- Semplificazioni fiscali.Per accedere alla Guida on line cliccare su "Accedi al Provvedimento".
Con un'apposita guida la Funzione Pubblica, per il tramite del Ministro D'Alia e del Capo Dipartimento Naddeo, ha voluto divulgare a cittadini ed imprese le numerose misure di semplificazione introdotte con Il decreto legge n. 69 del 2013 (cosiddetto "decreto del Fare"), convertito con la legge 9 a ... Continua a leggere
Abilitazione Scientifica Nazionale: prorogato al 30 novembre il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato sulla G.U. n. 242 del 15.10.2013, e' stato prorogato al 30.10.2013 il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicato sulla G.U. n. 242 del 15.10.2013, e' stato prorogato al 30.10.2013 il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitar ... Continua a leggere
Classifica della trasparenza dei siti web della P.A.
Relativamente agli adempimenti previsti dal d. lgs. n.33/2013 inerenti la trasparenza implementata sui siti web della P.A. sul sito la "Bussola della trasparenza" della Presidenza del Consiglio, dal 30 settembre 2013 viene aggiornata automaticamente (ultimo monitoraggio del 14/10/2013 delle ore 00.58) la classifica dei siti istituzionali nell’ottica e in linea con i principi dello "Open government". Con il monitoraggio automatico, oggetto di sperimentazione continua, si da l’opportunità, anche per mezzo del coinvolgimento attivo dei cittadini, di migliorare le performance di trasparenza da parte di tutte le Amministrazioni Pubbliche. Il sistema, come è noto, prevede n. 66 indicatori riordino di trasparenza che esprimono, se totalmente soddisfatti, la percentuale assoluta del 100%. Pertanto, questo innovativo strumento, permette anche alle stesse Amministrazioni di svolgere, tra esse, una competizione virtuosa finalizzata al soddisfacimento delle esigenze di massima trasparenza a beneficio dei cittadini/utenti e di tutti coloro che ne fanno un uso civico; tali dati devono pertanto essere fruibili, come disposto dall’art.7 del suddetto decreto e pubblicati in formato di tipo aperto, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale. Al momento risultano in regola con tutti e 66 gli indicatori soltanto 2.202 Amministrazioni Pubbliche su un totale di 11.191 ovvero circa il 19.7%.
Relativamente agli adempimenti previsti dal d. lgs. n.33/2013 inerenti la trasparenza implementata sui siti web della P.A. sul sito la "Bussola della trasparenza" della Presidenza del Consiglio, dal 30 settembre 2013 viene aggiornata automaticamente (ultimo monitoraggio del 14/10/2013 delle ore 00. ... Continua a leggere
Linee Guida per la razionalizzazione dei CED della PA
Sono disponibili nel sito AgID le Linee Guida per la razionalizzazione delle infrastrutture digitali della PA. Il documento intende contribuire a diminuire i costi di esercizio, semplificare la gestione operativa, aumentare l’efficienza, la flessibilità e la sicurezza Le Linee Guida sono il risultato del recente censimento effettuato dall’Agenzia sull’attuale gestione delle infrastrutture IT nelle PA. Tale analisi ha messo in luce varie problematicità, tra cui la frammentazione delle risorse ICT e la mancanza di interoperabilità tra i sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche. Il processo di razionalizzazione descritto dalle Linee Guida fa leva sulla condivisione delle infrastrutture fisiche e tecnologiche e sulla ricerca di economie di scala nell’acquisto dei servizi di gestione dell’ICT. Per accedere alla lettura delle Linee Guida cliccare su "Accedi al Provvedimento".
Sono disponibili nel sito AgID le Linee Guida per la razionalizzazione delle infrastrutture digitali della PA. Il documento intende contribuire a diminuire i costi di esercizio, semplificare la gestione operativa, aumentare l’efficienza, la flessibilità e la sicurezza Le Linee Guida sono il risul ... Continua a leggere
Mansioni superiori: la retribuibilità delle mansioni superiori nel pubblico impiego presuppone una base normativa che la preveda, l'esistenza in organico di un posto vacante corrispondente alle mansioni che si vanno a svolgere, un atto di incarico ad opera dell'organo competente
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Il giudice amministrativo ravvisa da tempo nella riforma contenuta nel decreto legislativo n. 387 del 1998 una valenza innovativa, precisando che nel pubblico impiego il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di generalità, nel rispetto dei precetti costituzionali, dal citato art. 15, d.lgs. n. 387 del 1998, a decorrere dalla sua entrata in vigore (22 novembre 1998), con norma avente, appunto, natura innovativa e non ricognitiva o retroattiva, ferma restando la necessità di una determinazione formale dell'Amministrazione e della vacanza del posto in organico. Sicché prima di quella data del 22 novembre 1998, quando non vi fosse una specifica normativa speciale che disponesse altrimenti, lo svolgimento da parte del pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento costituiva circostanza irrilevante, oltre che ai fini della progressione in carriera, anche ai fini economici (v., da ultimo, C.d.S., Sez. V, 19 novembre 2012, n. 5852, e le pronunce in essa richiamate). Nel caso di specie i deducenti sono consapevoli che la retribuibilità delle mansioni superiori nel pubblico impiego presuppone una base normativa che la preveda, l'esistenza in organico di un posto vacante corrispondente alle mansioni che si vanno a svolgere, un atto di incarico ad opera dell'organo competente, ma individuano quella base normativa nei generali principi di cui agli artt. 36 della Costituzione e 2126 e 2103 del Codice civile, non già nella specifica previsione richiesta dall’art. 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998, specifica previsione che risulta assente – né peraltro è invocata - nella fattispecie. Né può condividersi l’assunto di un indebito arricchimento dell’Amministrazione, posto che - come anche per questa tematica affermato da orientamento consolidato e pluriennale di questo Consesso - non è configurabile l'azione di indebito arricchimento prevista dall'art. 2041 cod. civ. nel caso di svolgimento di fatto di mansioni superiori da parte del pubblico dipendente, atteso che, mentre l'azione de qua postula, quale indefettibile presupposto, un'effettiva diminuzione patrimoniale sofferta in conseguenza dei fatti dedotti a sostegno della pretesa, nel caso considerato il dipendente non risulta abbia sopportato alcun depauperamento che lo legittimasse all'esercizio dell'azione ex art. 2041, c.c. (v. anche in questo caso, per tutte, la citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5852/2012, e le pronunce in essa richiamate).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Il giudice amministrativo ravvisa da tempo nella riforma contenuta nel decreto legislativo n. 387 del 1998 una valenza innovativa, precisando che nel pubblico impiego il diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte è stato introdotto con carattere di genera ... Continua a leggere
Il controllo del giudice amministrativo sui provvedimenti amministrativi espressione di discrezionalità tecnica è possibile solo quando le valutazioni tecniche appaiano inattendibili a un controllo di ragionevolezza, coerenza tecnica e accettabilità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Un vaglio intrinseco sui provvedimenti amministrativi espressione di discrezionalità tecnica è possibile solo quando le valutazioni tecniche appaiano inattendibili a un controllo di ragionevolezza, coerenza tecnica e accettabilità, in base alle conoscenze attuali, della determinazione amministrativa, teso ad accertarne l'attendibilità (C.d.S., Sezione VI, 12 giugno 2008, n. 2902); e la sindacabilità, da parte del giudice amministrativo, della discrezionalità tecnica esercitata dall'Amministrazione può essere limitata al controllo dell'iter logico seguito, ove ciò appaia sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano elementi tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche, giacché esula dai compiti del giudice il riesame delle autonome valutazioni dell'interesse pubblico, effettuate dalla P.A (C.d.S., Sez. V, 11 agosto 2010, n. 5638).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Un vaglio intrinseco sui provvedimenti amministrativi espressione di discrezionalità tecnica è possibile solo quando le valutazioni tecniche appaiano inattendibili a un controllo di ragionevolezza, coerenza tecnica e accettabilità, in base alle conoscenze attuali, della determinazione amministrativ ... Continua a leggere
Concorsi pubblici: se il candidato allega alla domanda di partecipazione l'elenco dei titoli prodotti in copia l'ufficio deve protocollari distintamente e segnalare mancanze e difformità
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Quando ai fini della partecipazione ad un concorso pubblico viene presentata la domanda con indicazione analitica dei titoli posseduti e viene allegato l’elenco dei titoli prodotti in copia sorge l’onere dell’ufficio che li riceve di verificare senza indugio l’effettiva presenza dei titoli elencati, di protocollarli distintamente, e di segnalare eventuali mancanze o difformità. Il rilascio di copia della domanda o dell’elenco, debitamente protocollati in ricezione, fa nascere correlativamente una presunzione di effettiva avvenuta allegazione dei titoli elencati. Aggiunge il Consiglio di Stato che tale modalità va adottata quanto meno, qualora non sia stata prevista una modalità di attestazione "per ricevuta" estesa anche alla presenza degli allegati (poiché altrimenti non vi sarebbe modo di provare l’avvenuta consegna e di cautelarsi rispetto a smarrimenti o disfunzioni nelle protocollazioni), e qualora il numero dei concorrenti e/o dei titoli non sia talmente cospicuo da rendere difficoltoso l’adempimento burocratico.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Quando ai fini della partecipazione ad un concorso pubblico viene presentata la domanda con indicazione analitica dei titoli posseduti e viene allegato l’elenco dei titoli prodotti in copia sorge l’onere dell’ufficio che li riceve di verificare senza indugio l’effettiva presenza dei titoli elencati ... Continua a leggere
Giudizi elettorali: il ricorso contro l’atto di proclamazione degli eletti va notificato solo all’ente al quale l’elezione di riferisce e, quali controinteressati, ai candidati, con esclusione degli uffici elettorali temporanei e dell’Amministrazione statale (Ministero dell’Interno e della Prefettura)
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Siamo nel Comune di Grotteria e la vicenda giudiziaria riguarda le elezioni del maggio 2012 ove la lista posizionata al secondo posto con un solo voto di scarto rispetto alla lista risultata vincitrice ha impugnato le operazioni elettorali ed il verbale di proclamazione degli eletti, notificandolo,una volta emesso il relativo decreto di fissazione d’udienza da parte del primo giudice, oltre che al Comune ed ai controinteressati, anche alla Prefettura. Il TAR dichiarava improcedibile il ricorso in quanto depositato presso la Segreteria del Tribunale il il decimo giorno successivo al perfezionamento dell’ultima notifica diretta alla Prefettura. Non essendo la Prefettura parte necessaria del giudizio, per essere tempestivo, il deposito avrebbe dovuto essere effettuato mantenendo, quale dies a quo per il computo del termine, la data dell’ultima notifica diretta ad uno dei soggetti specificatamente indicati dal comma 3 del richiamato art. 130 c.p.a. (ossia, per quanto nella specie rileva, "l’ente della cui elezione si tratta" e le "altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un contro interessato"), tra i quali non sarebbe ricompreso il Prefetto. Osserva il Consiglio di Stato come dalla lettura sistematica degli artt. 129 e 130 c.p.a. emerga chiaramente che il legislatore, diversamente dal caso dell’impugnazione degli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni, non abbia inteso assegnare alla Prefettura la qualità di parte necessaria nel giudizio relativo alle operazioni elettorali. Nell’art. 129 , infatti, viene chiaramente indicato che il ricorso deve essere notificato "all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati", mentre, nell’art. 130, laddove vengono individuati i destinatari del ricorso, la Prefettura non compare. Quest’ultima disposizione, invero, prevede che il ricorso debba essere notificato entro dieci giorni dalla data della comunicazione del decreto di fissazione d’udienza ed unitamente a quest’ultimo : "a) all'ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni; b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia; c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato". Se il legislatore avesse voluto ricomprendere anche la Prefettura tra i destinatari del ricorso avverso la proclamazione degli eletti, lo avrebbe espressamente stabilito, così come avvenuto per il ricorso ex art. 129 c.p.a. Del resto, il fatto che tra i controinteressati non possa annoverarsi anche la Prefettura trova conferma nella previsione dell’ottavo comma dell’art. 130 c.p.a., secondo cui "in caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto". Infatti,se la Prefettura fosse stata considerata parte necessaria del giudizio, non avrebbe avuto senso prevede una comunicazione straordinaria diretta al Prefetto, già notiziato della sentenza in via ordinaria, ai sensi dell’art. 89 c.p.a. (...) Per consolidata giurisprudenza della Sezione, la legittimazione passiva debba essere attribuita esclusivamente all'Amministrazione cui vanno giuridicamente imputati i risultati della consultazione elettorale oggetto della lite (nella specie, il Comune di Grotteria) e non all'Amministrazione statale (tra cui rientra il Prefetto) o agli organi, quali l'Ufficio elettorale, che abbiano svolto compiti, anche di primaria importanza, nel procedimento elettorale, ma che sono destinati a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti e che non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti ( cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 2012, 6608). Inoltre il Collegio non ha ritenuto sussistere nel caso di specie neppure l’errore scusabile. Invero, perché si configuri un errore scusabile capace di rimettere in termini la parte che vi sia incorsa, è necessario che sussistano oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto. Nel caso di specie, non sussiste alcuna delle due ipotesi. Per un verso,infatti,gli appellanti non hanno addotto alcun grave impedimento di fatto e per altro verso, come sopra osservato, la disposizione de qua è chiaramente formulata e non sussiste alcuna oggettiva incertezza sulla sua interpretazione o portata applicativa. Invero, fin dalla decisione della Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 16 del 31 luglio 1996, è stato chiarito che gli organi "abilitati a dichiarare, con efficacia costitutiva, i risultati finali del procedimento elettorale, per la loro posizione di neutralità, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti; pertanto, il ricorso avverso le operazioni elettorali non deve essere loro notificato". E, parimenti, la giurisprudenza successiva ha costantemente ed in modo unanime individuato quali parti necessarie, nei giudizi elettorali aventi ad oggetto l’atto di proclamazione degli eletti, solo l’ente al quale l’elezione di riferisce e a cui vanno imputati i risultati elettorali e, quali controinteressati, i candidati all’elezione medesima, con esclusione degli uffici elettorali, di carattere temporaneo, e dell’Amministrazione statale, ossia del Ministero dell’Interno e della Prefettura (in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 18 gennaio 2013, n. 278, che richiama Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2008, n. 496 e 16 ottobre 2006, n. 6135).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Siamo nel Comune di Grotteria e la vicenda giudiziaria riguarda le elezioni del maggio 2012 ove la lista posizionata al secondo posto con un solo voto di scarto rispetto alla lista risultata vincitrice ha impugnato le operazioni elettorali ed il verbale di proclamazione degli eletti, notificandolo, ... Continua a leggere
Personale del corpo forestale: le maggiorazioni dell'indennità di aeronavigazione e volo spettano esclusivamente ai percettori della sola indennità operativa di base
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
L’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 395/1995 dispone che al personale del corpo forestale interessato sono estese le indennità di aeronavigazione, di volo, di pilotaggio e di imbarco nelle stesse misure vigenti per i militati delle Forze armate impiegati nelle medesime condizioni operative. Ciò premesso, il Collegio con le sentenza in esame ha ritenuto di aderire all'indirizzo giurisprudenziale che si è da tempo consolidato - con riferimento a casi nell’ambito delle forze armate o delle diverse forze di polizia - a partire dalle sentenze della IV Sezione del Consiglio di Stato 16 marzo 2004, n. 1349 e 23 aprile 2004 n. 2379 (richiamata anche dalla difesa erariale), 15 luglio 2008, n. 3548. Nello stesso senso anche la sentenza del C.G.A. 26 luglio 2006, n. 449; e i pareri del Cons. Stato, Sez. III, 8 marzo 2005, n. 9873 e 6 aprile 2004; Sez. I, 11 febbraio 2004, n. 5566. In particolare il Collegio fa riferimento, ai sensi dell’art. 74, del c.p.a. alla recente sentenza della IV Sezione del 21 maggio 2013 n. 2737, che ha ribadito tale indirizzo richiamando tutta la giurisprudenza sopra riportata. Tale coerente indirizzo giurisprudenziale ha avuto modo di chiarire definitivamente come l'art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 394/1995 abbia introdotto "...uno specifico beneficio riservato ai militari che, in precedenza impiegati in attività di servizio compensate con speciali indennità operative di importo superiore a quella di base...cessino da tali peculiari incarichi subendo una decurtazione di reddito. Il meccanismo previsto dall'art. 5, comma 2, (c.d. indennità di trasferimento) disvela lo scopo perequativo di attenuare l'improvvisa decurtazione reddituale che subirebbe questa ben individuata categoria di personale..." (così Sez. IV, 15 luglio 2008, n. 3548). Il suddetto indirizzo giurisprudenziale è fondato su una attenta e sistematica ricostruzione della normativa pro tempore applicabile: - l’art. 5 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 (recante "Recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica)"), dopo aver sostituito, al primo comma, la tabella I della legge 23 marzo 1983, n. 78 (recante "Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare"), concernente la misura della indennità operativa di base di cui all'art. 2 della legge citata, al secondo comma dispone che: "Per il personale che anche anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto abbia prestato servizio nelle condizioni di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6, primo, secondo e terzo comma, e 7 della legge 23 marzo 1983, n. 78, le misure di cui alla tabella riportata al comma 1 del presente articolo, sono maggiorate, per ogni anno di servizio effettivo prestato con percezione delle relative indennità e per un periodo complessivo di 20 anni, secondo le percentuali indicate nella Tabella VI annessa alla legge 23 marzo 1983, n. 78"; - tenuto conto che la maggiorazione ivi prevista riguarda l'indennità operativa di base, e considerato che essa, per espresso disposto dell'art. 2 della legge n. 78/1983, compete "...salvo i casi previsti dagli articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7...", già la formulazione della disposizione palesa la riferibilità della maggiorazione soltanto a coloro che percepissero la prima (indennità operativa di base) avendo in passato goduto di indennità operative speciali, quali appunto quelle di cui alle disposizioni ivi richiamate, tra le quali, appunto la indennità di aeronavigazione (art. 5 della legge) e l' indennità di volo (art. 6 della legge). L'inciso "anche anteriormente" vale soltanto a estendere il beneficio della maggiorazione dell'indennità operativa di base a quanti già prima dell'entrata in vigore del provvedimento di concertazione di cui al D.P.R. n. 394/1995 fossero cessati dal particolare impiego che dava titolo all'indennità speciale operativa, e quindi non soltanto a quanti venissero destinati ad altri servizi senza diritto a indennità operative speciali in epoca successiva a tale data; - l'alternatività tra indennità operativa di base e indennità operative speciali, salve le espresse eccezioni stabilite dalla stessa legge, era disposta, in modo inequivoco, dall'art. 17 della legge n. 78/1983, a tenore del quale: "Le indennità previste dai precedenti articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7, salvo il diritto di opzione per il trattamento più favorevole e le eccezioni stabilite dalla presente legge non sono cumulabili fra loro...". Non avrebbe senso, perciò, attribuire la maggiorazione a coloro che già percepiscono una speciale indennità maggiorata, superiore a quella operativa di base; – rileva inoltre la disposizione di cui al D.P.R. 16 marzo 1999, n. 255, in base alla quale il personale militare che cambi condizione di impiego può optare tra l’indennità speciale spettante nella nuova posizione e "qualora più favorevole" l’indennità operativa di base maggiorata ex art. 5, comma 2, D.P.R. n. 394 del 1955". Ne consegue che chi passa ad un nuovo impiego deve necessariamente optare tra l’uno e l’altro trattamento, restando esclusa la possibilità del cumulo; - infine la legge finanziaria per il 2004, all’articolo 3, comma 72, che detta l’interpretazione autentica dell’articolo 5, ha espressamente previsto che le maggiorazioni di cui al comma 2 spettano esclusivamente ai percettori della sola indennità operativa di base di cui alla Tabella riportata al comma 1 del medesimo articolo 5.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
L’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 395/1995 dispone che al personale del corpo forestale interessato sono estese le indennità di aeronavigazione, di volo, di pilotaggio e di imbarco nelle stesse misure vigenti per i militati delle Forze armate impiegati nelle medesime condizioni operative. Ciò preme ... Continua a leggere
Azione contro il silenzio della Pubblica Amministrazione: il giudice può pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa solo quando si tratta di attività vincolata, o se non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Osserva il Consiglio di Stato nella sentenza in esame che, secondo l’art. 31, comma 3, del c.p.a., il Giudice, con riguardo alla azione avverso il silenzio, può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata, o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’Amministrazione.Il G.A., non potendo sostituirsi all'Amministrazione negli accertamenti e nelle scelte ad essa riservati, non può infatti, in nessun caso, "pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati", come dispone il comma 2 dell'art. 34 del c.p.a. (Consiglio di Stato, Sezione VI, 16 febbraio 2011, n. 996).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Osserva il Consiglio di Stato nella sentenza in esame che, secondo l’art. 31, comma 3, del c.p.a., il Giudice, con riguardo alla azione avverso il silenzio, può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata, o quando risulta che non resid ... Continua a leggere
Aziende sanitarie: la retribuzione delle prestazioni in plus orario è subordinata alla necessaria copertura finanziaria dell'apposito fondo
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
La posizione soggettiva del dipendente delle aziende sanitarie che abbia svolto attività in regime di "plus orario" viene qualificata dalla giurisprudenza alla stregua di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, per l'evidente presenza di poteri valutativi dell'Amministrazione, con la conseguenza che va escluso ogni automatismo ai fini della liquidazione del compenso (Cons. di Stato, Sez. V, n. 791 del 3 febbraio 2011; III Sez., n. 6287 del 10.12.2012). Difatti, ai sensi degli artt. 59 e ss. del DPR 348/1983, le attività svolte in regime di "plus orario" sono retribuibili nei limiti e con le modalità disciplinate dalla normativa contrattuale. L’art. 64 del citato D.P.R. stabilisce un monte ore settimanale per ogni categoria di personale, sottintendendo la fissazione di un limite di spesa, e dispone che "il plus orario" concordato con le OO.SS. e successivamente deliberato dall'amministrazione, costituisce debito orario; esso, pertanto, deve essere programmato nei piani di lavoro e verificato attraverso sistemi obiettivi di controllo degli orari di servizio. Ed ancora, "la misura del plus orario reso può trovare compensazione all'interno di un trimestre; le differenze, in difetto o in eccesso, di plus orario reso nel trimestre rispetto a quello dovuto debbono essere compensate nel trimestre successivo. In caso di mancato recupero del plus orario dovuto, non reso e non recuperato, si effettueranno le relative proporzionali riduzioni"(art. 64 cit.). E’ evidente come l’insieme di tali condizioni sia rilevante al fine di individuare esattamente il debito dell’azienda nei confronti del ricorrente e che di tali condizioni nessun cenno è fatto nell’appello. Inoltre, la giurisprudenza del Consesso (tra le tante C.d.S., V, 12.7.1996 n.862; V, 17.9.1996 n.1139; V, 30 settembre 2002, n. 5040; tra le più recenti, V, n. 1259/2009 e 3807/2010; III, n. 6287 del 10.12.2012) è ormai consolidata nell'affermare che la retribuzione delle prestazioni in plus orario è subordinata alla necessaria copertura finanziaria dell'apposito fondo e che, pertanto, in caso di insufficienza delle risorse finanziarie disponibili, rimane del tutto irrilevante la pur intervenuta previa autorizzazione delle ore in plus orario da parte dell’amministrazione; le prestazioni eventualmente effettuate in eccedenza vanno, semmai, retribuite non già alla stregua del compenso incentivante, ma come ore di lavoro straordinario o ad altro titolo ove, beninteso, ne ricorrano le condizioni valutate dall’amministrazione (da ultimo questa Cons. Stato, Sezione III, 4 maggio 2012 n. 2565). La copertura finanziaria, infatti, costituisce un limite vincolante per la remunerazione delle prestazioni lavorative in plus orario in quanto la relativa attività deve essere retribuita esclusivamente attraverso la ripartizione dei fondi aventi siffatta destinazione, fermo restando che la programmazione delle ore di lavoro effettuabili avviene in via preventiva, in relazione alle finalità incentivanti perseguite, mentre il fondo da distribuire è costituito dall’apposito finanziamento regionale che viene determinato e reso disponibile solo a consultivo, onde solo in un secondo momento è reso conoscibile l’importo spettante a ciascun dipendente trattandosi appunto di una retribuzione incentivante, subordinata al raggiungimento di determinati livelli qualitativi e quantitativi di produttività (Cons. Stato, V, 12.7.1996 n.862, cit.). Infine, la giurisprudenza ha ulteriormente chiarito che la tesi secondo la quale il fondo per il pagamento dei compensi per il plus orario deve essere gestito in modo da garantire un parallelismo costante tra prestazioni autorizzate e risorse di copertura, esprime una giusta esigenza di buona amministrazione, ma non ha alcun rilievo giuridico, in quanto la normativa circoscrive la possibilità di utilizzare questa forma di incentivazione esclusivamente nei limiti delle risorse effettivamente disponibili sul fondo in questione (Cons. Stato, V, 30 settembre 2002 cit.; V, 12 aprile 2005 n.1620; V, 5 febbraio 2007 n.436). In sostanza non si determina l'automatica liquidazione, in favore del lavoratore, di un compenso in misura fissa e predeterminata, commisurata allo stipendio tabellare, per le ore di lavoro prestate in plus orario, essendo necessario lo svolgimento di una complessa ed articolata procedura che prevede, prima della liquidazione, una fase di preventivo controllo sulla effettiva maggiore produttività e una verifica sulla compatibilità finanziaria delle prestazioni effettuate. Con la conseguenza che, se il fondo istituito non ha risorse sufficienti, è anche possibile una proporzionale decurtazione delle eventuali spettanze per ogni soggetto avente titolo ( C.d.S., III Sez., n. 6287 del 10.12.2012). Sarebbe, pertanto, plausibile e legittimo che gli "acconti" percepiti dal ricorrente non abbiano ricevuto ulteriore integrazione a consuntivo.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
La posizione soggettiva del dipendente delle aziende sanitarie che abbia svolto attività in regime di "plus orario" viene qualificata dalla giurisprudenza alla stregua di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, per l'evidente presenza di poteri valutativi dell'Amministrazi ... Continua a leggere
Procedimento amministrativo: il mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento non è requisito di validità dell’atto amministrativo
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Benché con la legge generale sul procedimento amministrativo si sia assistito alla generalizzazione del dovere di rispettare il suddetto termine (art. 2, l. n. 241/1990), nessuna disposizione di legge lo ha elevato a requisito di validità dell’atto amministrativo, rimanendo dunque lo stesso confinato sul piano dei comportamenti dell’amministrazione, il quale ha dato luogo all’elaborazione da parte di questo Consesso dell’istituto del silenzio (sin dalla pronuncia della IV Sezione 22 agosto 1922, n. 429). Detto in altri termini, non si è assistito in questo campo a quel fenomeno di trascinamento di obblighi di comportamento sul terreno del giudizio di validità dell’atto, registratosi invece in alcuni settori del diritto civile (come ad esempio per gli obblighi di informativa precontrattuale per i contratti in materia di servizi finanziari conclusi a distanza: art. 67-septies decies, comma 4, cod. consumo). E’ ciò ad avviso del Collegio è agevolmente spiegabile ricordando che l’esercizio della funzione pubblica è connotato dai requisiti della doverosità e della continuità, cosicché i termini fissati per il suo svolgimento hanno giocoforza carattere acceleratorio, in funzione del rispetto dei principi di buon andamento (97 Cost.), efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa (art. 1, comma 1, l. n. 241/1990), e non già perentorio. Conseguentemente, la loro scadenza non priva l’amministrazione del dovere di curare l’interesse pubblico, né rende l’atto sopravvenuto di per sé invalido. A conferma di quanto ora osservato il Collegio richiama nella sentenza in esame la successiva evoluzione normativa, segnata fondamentalmente dall’introduzione di un rito accelerato contro il silenzio (art. 2 l. n. 205/2000, aggiuntivo dell’art. 21-bis l. n. 241/1990; ora art. 117 cod. proc. amm.) e della regola della risarcibilità del danno da ritardo (mediante l’art. 2-bis l. n. 241/1990, introdotto con l. n. 69/2009: ora ), fino alla previsione per esso di una tutela di carattere indennitario (art. 2, comma 1-bis, aggiunto dal d.l. n. 69/2013, conv. dalla l. n. 98/2013). Il costante indirizzo di politica legislativa che si ricava dai citati interventi normativi è in sostanza quello di mantenere l’obbligo di rispettare i termini di conclusione del procedimento sul piano dei comportamenti, fonte di responsabilità patrimoniale in caso di violazione, ma giammai requisito di validità degli atti.(...) Prosegue poi la sentenza rilevando che "grazie all’opera pretoria di questo Consesso, il privato non risultasse anche allora sfornito di mezzi di tutela contro l’inerzia dell’amministrazione. Sin dal 1978, infatti, in epoca dunque antecedente alla generalizzazione dell’obbligo di rispettare i termini di conclusione del procedimento, l’Adunanza plenaria (decisione del 10 marzo 1978, n. 10) aveva affermato in generale l’applicabilità dello strumento della diffida e messa in mora prevista dall’art. 25 del testo unico degli impiegati civili dello Stato (l. n. 3/1957), e dunque uno strumento valevole per proporre l’azione civile di risarcimento danni contro il funzionario inerte, al fine di fare constare il rifiuto dell’amministrazione di provvedere ed il conseguente silenzio-inadempimento, mediante la relativa azione davanti al giudice amministrativo. Inoltre, con specifico riguardo ai procedimenti di rilascio della concessione edilizia, l’art. 4, comma 1, l. n. 10/1977 opera(va) un rinvio all’art. 31 della legge urbanistica n. 1150/1942, in particolare per riguardo concerne la "procedura". La norma richiamata, a sua volta, impone(va) all’amministrazione di provvedere entro 60 giorni dal ricevimento della domanda (comma 6), consentendo al privato istante di "ricorrere contro il silenzio rifiuto" (comma 7)." Pertanto, la parte nel caso di specie ben avrebbe potuto avvalersi di quest’ultimo rimedio, per giunta senza dovere provvedere alla notifica di alcuna diffida. Non può lo stesso, invece, dolersi dell’illegittimità del diniego sopravvenuto alla scadenza del suddetto termine. La verifica di conformità a legge di tale atto, in cui si sostanzia il giudizio di validità, come detto sopra, risulta infatti positiva, visto che il citato art. 4, comma 1, l. n. 10/1977 prescrive(va) che la concessione edilizia sia rilasciata "in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici". Il che è proprio quanto avvenuto nel caso di specie, essendo il diniego motivato sulla base dell’incompatibile destinazione impressa dal sopravvenuto strumento urbanistico alla zona su cui l’intervento oggetto di domanda avrebbe dovuto essere realizzato. Tanto meno l’appellante può dolersi del fatto che la regolamentazione urbanistica dell’area in senso impeditivo dell’intervento edilizio progettato sia stata possibile proprio a causa dell’abnorme durata del procedimento e inferire da ciò una dolosa preordinazione dell’amministrazione di negare in ogni caso il necessario titolo concessorio. Infatti, come sopra detto, la legittimità di un atto amministrativo è data dalla sua oggettiva rispondenza alle norme di legge ed ai principi generali che presiedono all’esercizio della funzione amministrativa, mentre non rilevano a tal fine atteggiamenti meramente soggettivi dei funzionari inseriti nell’organizzazione dell’ente pubblico. Tramontate le ricostruzioni pan-civilistiche, la teoria generale dell’atto amministrativo si è ormai affrancata dagli elementi costitutivi di più diretta matrice contrattualistica ed in particolare dall’elemento della volontà e dalle relative connotazioni soggettivistiche. Più precisamente, nel campo dell’amministrazione la volontà rileva unicamente nella misura in cui si è estrinsecata nella determinazione autoritativa e non già quale espressione di uno stato psicologico dell’organo autore dell’atto.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Benché con la legge generale sul procedimento amministrativo si sia assistito alla generalizzazione del dovere di rispettare il suddetto termine (art. 2, l. n. 241/1990), nessuna disposizione di legge lo ha elevato a requisito di validità dell’atto amministrativo, rimanendo dunque lo stesso confina ... Continua a leggere
Anteposizione di un altro nome e cognome al nome e cognome originali: il Consiglio di Stato consente l'integrazione delle generalità se il nome diverso e' concorrente e conosciuto nella vita di relazione e nell’esercizio dell'attività professionale
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Notoriamente le istanze dei cittadini sono dirette a cambiare nomi ridicoli o vergognosi, nel caso di specie invece la vicenda giudiziaria attiene alla domanda che non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, ma diretta ad aggiungere ad esso un nome diverso che viene utilizzato nella vita di relazione e nell’esercizio della attività professionale. Il Consiglio di Stato nel risolvere la questione ha dapprima richiamato le seguenti norme: - l’art. 6 cod. civ., che nell’ esprimere di massima il favor per la certezza e la stabilità del nome - nel binomio comprensivo del prenome e del cognome - nell’evidente intento di salvaguardare l'interesse pubblico alla certezza di status ed all’agevole individuazione delle persone, al comma terzo consente "aggiunte e rettifiche al nome nei casi e con le formalità" previste dalla legge ordinaria; - l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 - recante la disciplina della materia de qua - che nell’esemplificare le ipotesi in cui il nome può essere cambiato "anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale" non recepisce un criterio di tassatività dei casi in cui l’istanza di mutamento delle generalità può formare oggetto di favorevole assenso (cfr. Cons. St., sez. I, n. 515 del 17 marzo 2004). Su tale quadro normativa il Collegio ne fa derivare che la domanda che si propone ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 può essere sostenuta anche da intenti soggettivi ed atipici, purché meritevoli di tutela e non contrastanti con il pubblico interesse alla stabilità ed alla certezza degli elementi identificativi della persona e del suo status giuridico e sociale. Nella specie, la domanda avanzata dall'istante non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, in quanto diretta ad aggiungere ad esso un altro nome e cognome, così che riceve attenuazione l’interesse primario cui nel provvedimento negativo impugnato l’ Amministrazione dà rilievo, di garantire la continuità ed immutabilità nel tempo degli estremi anagrafici identificativi della persona (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 63 del 25 gennaio 1999; n. 615 del 3 giugno 1997). Peraltro le verifiche effettuate dal Comando provinciale dei Carabinieri hanno dato atto del connubio fra la persona del ricorrente ed il nome con il quale si vuole integrare le generalità anagrafiche, nell’ ambito della comunità di appartenenza e nello stesso contesto lavorativo, legato al mondo dello spettacolo e della comunicazione, così che il nuovo nomen viene a qualificarsi come concorrente, con quello anagrafico, agli effetti della corretta identificazione della persona. In tal senso per il Collegio i motivi posti a sostegno della domanda prodotta non si configurano futili, né avulsi da esigenze concrete, e non si presentano, quindi, recessivi a fronte della motivazione del provvedimento impugnato che - pur espressione della sfera di discrezionalità che nella materia residua in capo all’ Amministrazione - si attesta sulla prevalenza in astratto del principio di immutabilità delle risultanze anagrafiche, in un quadro normativo che, tuttavia,l consente di derogare alla tendenziale stabilità del cognome (che peraltro nella specie non riceve vulnus non determinandosi l’ablazione di quello per filiazione naturale) per ragioni che, come innanzi precisato, l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 non seleziona con carattere di tassatività.
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Notoriamente le istanze dei cittadini sono dirette a cambiare nomi ridicoli o vergognosi, nel caso di specie invece la vicenda giudiziaria attiene alla domanda che non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, ma diretta ad aggiungere ad esso un nome diverso che viene uti ... Continua a leggere
Università: l'obbligo di sostenere i test di ingresso per accedere alle facoltà a numero chiuso sussiste anche nel caso di domanda di accesso dall’esterno direttamente ad anni di corso successivi al primo
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. Stato Sez. VI, 18 settembre 2013, n. 4657; Cons. di Stato, Sez. VI, 24 maggio 2013, n. 2866), dall’esame del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della 2 agosto 1999, n. 264, in relazione all’art. 6d.m. 22 ottobre 2004, n. 270 (recante la disciplina dell’autonomia didattica delle università), non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso per l’accesso alle facoltà a numero chiuso operi unicamente nelle ipotesi in cui (peraltro, secondo id quod plerumque accidit) l’accesso avvenga al primo anno di corso, dovendosi invece ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che il medesimo obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno direttamente ad anni di corso successivi al primo. In tal senso depone, in modo chiaro ed univoco, la previsione di cui al comma 1 dell’art. 4 l. n. 264 del 1999 che, nel prevedere che «l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli Atenei previo superamento di apposite prove», non fa alcuna distinzione fra l'accesso al primo anno di corso e l’ammissione agli anni di corso successivi.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. Stato Sez. VI, 18 settembre 2013, n. 4657; Cons. di Stato, Sez. VI, 24 maggio 2013, n. 2866), dall’esame del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della 2 agosto 1999, n. 264, in relazione all’art. 6 ... Continua a leggere
Permesso di soggiorno: la conversione del permesso stagionale in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato è possibile solo a partire dal secondo soggiorno in Italia
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza in esame ha aderito alla tesi interpretativa (C.d.S., III, Consiglio di Stato sez. III, 21 febbraio 2012, n. 939) secondo cui la conversione del permesso stagionale è possibile solo a partire dal secondo soggiorno in Italia. Tale tesi si fondasulla lettera dell’art. 24, comma 4, D.L.vo 286/1998, che fa obbligo allo straniero, che intende avvalersi della possibilità di convertire il proprio titolo temporaneo, di rispettare le condizioni previste nel permesso stagionale, tra cui l’obbligo di rientro in patria al termine di questo, e sulla lettura complessiva della legge sull'immigrazione, comprese le norme del regolamento di attuazione, da cui emerge che si è inteso agevolare l'immigrazione stagionale, mediante procedure di autorizzazione più semplici, al fine di incentivare i lavoratori stranieri a preferire questa formula rispetto a quella della immigrazione ordinaria e, tuttavia, l’interesse dello straniero di trasformare il proprio status in quello di lavoratore con permesso di soggiorno ordinario trova considerazione da parte del legislatore, che ha individuato un punto di equilibrio con l’opposta esigenza di non eludere le procedure più rigorose e i criteri più restrittivi dettati per l'immigrazione non stagionale, consentendo la conversione del permesso stagionale a partire dal secondo ingresso del lavoratore stagionale, anziché dal primo.
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza in esame ha aderito alla tesi interpretativa (C.d.S., III, Consiglio di Stato sez. III, 21 febbraio 2012, n. 939) secondo cui la conversione del permesso stagionale è possibile solo a partire dal secondo soggiorno in Italia. Tale tesi si fonda ... Continua a leggere
Silenzio-inadempimento della P.A.: il preavviso di rigetto non è idoneo ad assolvere all'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con una determinazione espressa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame ribadisce il principio giurisprudenziale a tenore del quale gli atti endoprocedimentali non fanno venire meno il silenzio inadempimento, atteso che l’obbligo, cui va traguardata l’azione avverso il silenzio della p.a., ha per oggetto l’adozione del provvedimento finale nel termine complessivo stabilito per quel determinato procedimento. come già chiarito dal Consiglio, Sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798: "Il preavviso di rigetto, essendo atto meramente interlocutorio finalizzato a stimolare il contraddittorio infraprocedimentale, non è idoneo ad assolvere all'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con una determinazione espressa, come sancito dall'art. 2 L. 7 agosto 1990 n. 241, sicché nel caso di ricorso proposto ai sensi dell'art. 117 Cod. proc. amm. per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio-rifiuto, il giudice deve dichiarare l'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi con un provvedimento che abbia il carattere sostanziale della definitività".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame ribadisce il principio giurisprudenziale a tenore del quale gli atti endoprocedimentali non fanno venire meno il silenzio inadempimento, atteso che l’obbligo, cui va traguardata l’azione avverso il silenzio della p.a., ha per oggetto l’adozione del pro ... Continua a leggere
Azioni impeditive dell’attività di vigilanza posta in essere dagli Ispettori del Lavoro
Qualsiasi condotta tesa ad ostacolare la funzioni svolte dal personale ispettivo di Tutela del Lavoro è passibile di sanzione, sia essa di natura penale ovvero amministrativa. Specificamente, si fa riferimento alla sanzione penale scaturente dal rifiuto di fornire notizie come anche notizie errateod incomplete. Infatti, ai sensi della legge n.628/1961 art.4 comma7… è penalmente sanzionato con l’arresto sino a due mesi o l’ammenda sino a 516,oo euro il comportamento di "coloro che legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie (…) non le forniscono o le diano scientemente errate od incomplete". Con la sentenza della Cassazione sez. III penale da ultimo depositata si è inteso affermare che il reato in questione si configura anche per l’omessa esibizione di documentazione che permetta agli Ispettori del Lavoro di vigilare compiutamente sull’osservanza delle norme in materia di rapporti di lavoro, previdenza e assistenza sociale, prevenzione e igiene del lavoro, nonché applicazione dei contratti collettivi categoriali, ivi comprese le norme assunzionali e relativi obblighi contributivi.
Qualsiasi condotta tesa ad ostacolare la funzioni svolte dal personale ispettivo di Tutela del Lavoro è passibile di sanzione, sia essa di natura penale ovvero amministrativa. Specificamente, si fa riferimento alla sanzione penale scaturente dal rifiuto di fornire notizie come anche notizie errate ... Continua a leggere
Consulenze esterne o affidamento di incarichi esterni: la Corte dei Conti indica i parametri che escludono il danno erariale
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti
La problematica attenzionata dalla Corte dei Conti con la sentenza in esame si incentra sulla legittimità di una serie di contratti stipulati dall’ANAS - nelle persone in alcuni casi dell'allora suo vertice e, in altri, di alti dirigenti - con soggetti estranei all’amministrazione, per l’espletamento di attività, che potevano e dovevano essere svolte da personale dipendente dell’azienda medesima. La Corte nell'analizzare la vicenda ha in primo luogo evidenziato che nel nostro ordinamento trova accoglimento il principio giuridico secondo cui l’esternalizzazione delle attività sarebbe consentito solo nel caso di constatata impossibilità o inidoneità della struttura pubblica a svolgere una determinata attività e che il ricorso alle prestazioni intellettuali di soggetti estranei all’amministrazione può essere ritenuto legittimo nei casi in cui si debbano risolvere problemi specifici aventi carattere contingente e speciale e difettando nell’apparato burocratico strutture organizzative idonee e professionalità adeguate. Tuttavia il Collegio nel caso di specie afferma di condividere la corretta impostazione della Procura attrice, che sottende all’odierno atto di citazione, secondo cui tali ipotesi non devono porsi in contrasto con il precetto normativo che impone di limitare il ricorso a professionalità esterne solo a casi eccezionali e per attività professionali che non possono essere effettuate dal personale interno, limiti che nella prospettazione attorea sono stati, invece, sostanzialmente elusi in tutti i casi contrattuali contestati. Pertanto, ai fini della definizione della domanda di responsabilità per le vicende contrattuali dedotte in giudizio e delle diverse posizioni delle parti, il Collegio, in primo luogo, ribadisce la piena adesione alla giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, di questa Sezione, che già in precedenti giudizi (ricordati anche da parte attrice) si è pronunciata in maniera del tutto analoga alla ormai costante giurisprudenza, che si richiama interamente in motivazione anche nel caso all’esame (cfr., tra tutte, Sez. giur. Lazio 14 dicembre 2009, n. 1922 e 3 agosto 2010, n. 1598). Risponde a principi di economicità e ragionevolezza la vigenza, in via generale, dell'obbligo delle pubbliche amministrazioni di far fronte alle ordinarie competenze istituzionali con il migliore e il più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui esse dispongono, rendendosi ammissibile il ricorso ad incarichi e consulenze professionali esterne soltanto in presenza di specifiche condizioni quali la straordinarietà e l'eccezionalità delle esigenze da soddisfare, la carenza di strutture e/o di personale idoneo, il carattere limitato nel tempo e l'oggetto circoscritto dell'incarico e/o della consulenza. Sostanzialmente, in materia di consulenze esterne o di affidamento di incarichi all’esterno dell’amministrazione, è stato ripetutamente affermato dal giudice contabile che la P.A., in conformità del dettato costituzionale, deve uniformare i propri comportamenti a criteri di legalità, economicità, efficienza e imparzialità, dei quali è corollario, per ius receptum, il principio per cui essa, nell'assolvimento dei compiti istituzionali, deve avvalersi prioritariamente delle proprie strutture organizzative e del personale che vi è preposto. In proposito la giurisprudenza di questa Corte si è più volte pronunciata indicando i parametri entro i quali tali rapporti e le correlative spese sono da ritenersi lecite e ha ritenuto per lo più antigiuridico e produttivo di danno erariale -giova ribadire- certamente il conferimento di incarichi per attività alle quali si può far fronte con personale interno dell'ente e, a maggior ragione, per attività estranee ai suoi fini istituzionali, ovvero troppo onerose in rapporto alle disponibilità di bilancio. Di converso, in casi particolari e contingenti, è stata ammessa la legittimazione della P.A. ad affidare il perseguimento di determinate finalità all'opera di estranei, purché dotati di provata capacità professionale e specifica conoscenza tecnica della materia di cui vengono chiamati ad occuparsi, ogni volta che si verifichino: a) la straordinarietà e l'eccezionalità delle esigenze da soddisfare; b) la mancanza di strutture e di apparati preordinati al loro soddisfacimento, ovvero, pur in presenza di detta organizzazione, la carenza, in relazione all'eccezionalità delle finalità, del personale addetto, sia sotto l'aspetto qualitativo che quantitativo. Tali parametri, se da un lato attestano che nell'ordinamento non sussiste un generale divieto per la P.A. di ricorrere ad esternalizzazioni per l'assolvimento di determinati compiti, dall'altro, tuttavia, confermano che la utilizzazione del modulo negoziale non può concretizzarsi se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati. Passando poi alle specifiche fattispecie contestate dal Requirente ai convenuti, ad avviso della Corte in nessuno dei casi prospettati è ravvisabile il rispetto dei suddetti limiti e condizioni, con conseguente riscontro a carico degli stessi di tutti gli elementi della responsabilità amministrativa di cui si discute come meglio di seguito dettagliatamente si indicherà. A tal fine nella motivazione della sentenza si legge espressamente che "ha rilievo innanzitutto l’"aggiramento" e, comunque, il contrasto dei contratti posti in essere con la normativa comunitaria e nazionale in materia di gara per l’affidamento di servizio (con divieto, quindi, di procedere ad affidamento diretto). In particolare è emerso che sono stati stipulati negozi con termini brevi (di pochi mesi) per attività di tipo continuativo e periodico o, comunque, richiedenti un lasso di tempo più lungo per l’espletamento, contenenti la clausola di rinnovo tacito. In questo modo si è ricorso a successivi rinnovi automatici con un frazionamento artificioso in lotti prevedibili fin dalla stipula del primo contratto, superando così le soglie comunitarie o di affidamento successivo al medesimo operatore economico con prestazioni tecniche sostanzialmente identiche." La Corte aggiunge poi con riferimento ad ulteriori contratti in contestazione che "la domanda attorea si appalesa fondata in quanto risulta per tabulas che trattasi di fattispecie contrattuali poste in essere senza procedure comparative con altri potenziali contraenti e in assenza di qualsiasi indicazione circa la necessità di specifiche competenze professionali e, comunque, di verifica sulla presenza di figure professionali interne e in servizio idonee allo svolgimento degli incarichi esternalizzati; in disparte la considerazione che, stando all’oggetto degli incarichi, hanno riguardato attività riservate all’apparato amministrativo e sono consistite in un generico c.d. "supporto tecnico-specialistico", che, in diversi casi e per gran parte, non si è tradotto nella produzione di lavori e/o documentazione a corredo dell’attività svolta, precludendo, peraltro, il ragionevole riscontro sul relativo adempimento contrattuale. In realtà, in qualche caso (...) alla luce dei reports prodotti, si è trattato di elaborazione di meri dati statistici e di competenze proprie del personale dirigente ANAS (quale appunto l’organizzazione e ottimizzazione delle risorse, umane e materiali) e, comunque, di attività riservate all’apparato amministrativo. Al riguardo il Collegio condivide la richiamata giurisprudenza (Sez. giur. Trentino Alto Adige n. 8/2010) in base alla quale devesi ritenere che gli illegittimi affidamenti di c.d. "supporto", quali quelli di specie, se non effettivamente necessitati da specifiche e contingenti esigenze, realizzino, viceversa, degli squilibri di competenze interne all’apparato amministrativo, dirigenziali e non, e una inevitabile diseconomicità, atteso che l’attività e le competenze proprie della dirigenza interna, per realizzare una "buona amministrazione", devono vertere in maniera significativa sulla capacità organizzativa e gestionale delle strutture amministrative e della forza lavoro assegnate alle relative strutture. Analoghe argomentazioni valgono del resto anche per tutti gli altri incarichi e, segnatamente, per quelli di cui alle lett. e) ed f) del punto 3, atteso che rientrano appieno nella sfera dirigenziale l’organizzazione e l’ottimizzazione delle risorse, umane e materiali in cui in sostanza consistono. Valgono per tutte le relative fattispecie, anche le considerazioni generali e le rilevate violazioni circa l’attività di fatto scarsamente tecnica commissionata, circa l’assenza di proporzionalità economica dei compensi e la liquidazione forfettaria sindacata dalla giurisprudenza già citata intervenuta in casi del tutto analoghi (Sez. giur. Lazio n. 1598/2010 e Sez. I Centrale d’Appello n. 145/2009)." Per accedere alla lettura integrale del testo della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti
La problematica attenzionata dalla Corte dei Conti con la sentenza in esame si incentra sulla legittimità di una serie di contratti stipulati dall’ANAS - nelle persone in alcuni casi dell'allora suo vertice e, in altri, di alti dirigenti - con soggetti estranei all’amministrazione, per l’espletamen ... Continua a leggere
Il termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo riconosciuto alle Amministrazioni per procedere al pagamento delle somme risultante da provvedimenti giurisdizionali per il giudice amministrativo va applicato anche al giudizio di ottemperanza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Lazio
Al giudizio di ottemperanza trova applicazione il disposto dell’art. 14, I comma, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in l. 30/97, secondo cui le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di danaro, termine decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo (pur se non munito di formula esecutiva: cfr. amplius T.A.R. Lazio, I, 30 ottobre 2012, n. 10127): prima che tale termine scada il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto. La norma di cui al citato art. 14 si riferisce espressamente alla "esecuzione forzata" e non al giudizio di ottemperanza: ma, attesa la finalità della disposizione, di concedere alle Amministrazioni un adeguato intervallo, tra la richiesta di pagamento mediante la notificazione di un titolo, e l’avvio della relativa procedura coattiva, non sembra dubbio a questo Collegio che essa si applichi anche qualora l’esazione sia attuata mediante il giudizio di ottemperanza, essendo evidente l’analoga finalità di quest’ultimo (cfr., in termini, tra le ultime, C.d.S. IV, 6 agosto 2013, n. 4155; id., 13 giugno 2013, nn. 3281 e 3293; T.A.R. Lazio, I, 10127/12, cit.; T.A.R. Liguria, I, 20 luglio 2012, n. 1032; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 14 giugno 2012, n. 1664; T.A.R. Campania, Napoli, IV, 16 dicembre 2011, n. 5920; T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 13 ottobre 2010, n. 2614).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Lazio
Al giudizio di ottemperanza trova applicazione il disposto dell’art. 14, I comma, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in l. 30/97, secondo cui le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giuris ... Continua a leggere