News 25 Novembre 2013 - Area Amministrativa


NORMATIVA

Disaster Recovery: varata la nuova versione delle Linee Guida 2013

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L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha pubblicato la nuova versione delle "Linee Guida per il Disaster Recovery delle PA". Questa nuova versione introduce: • aggiornamenti e chiarimenti sul ruolo della continuità operativa e sull’importanza delle soluzioni di DR; • precisazioni sui livelli di soluzioni tecnologiche (Tier) adottati convenzionalmente per ciascuna classe di criticità della pubblica amministrazione e le caratteristiche dei Data Center; • chiarimenti su ruoli e responsabilità necessari alla gestione delle soluzioni di DR, con particolare riferimento al ruolo del responsabile della continuità operativa; • precisazioni sugli aspetti e servizi minimi essenziali di cui tener conto, dal punto di vista dell’evoluzione del contesto tecnologico; • nuovi format di "Studio di fattibilità" e di "Piani di Continuità Operativa e di Disaster Recovery" e suggerimenti sugli accorgimenti da adottare per supportare le amministrazioni nella formulazione delle richieste di parere; • informazioni sulle principali criticità e raccomandazioni emerse nelle attività di supporto agli studi di fattibilità tecnica. L’AgID, in qualità di ente preposto a garantire la continuità operativa delle pubbliche amministrazioni, ha emanato queste disposizioni come previsto dall’articolo 50-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). La nuova versione è il risultato di un lavoro congiunto fra AgID, pubbliche amministrazioni e rappresentanze dei fornitori. Gli interventi di razionalizzazione rispettano le evoluzioni delle funzioni dell’Agenzia e del quadro normativo vigente, la normativa in tema di sicurezza informatica, la normativa in tema di tutela della privacy e i provvedimenti del Garante per la protezione di dati personali. Per accedere alla lettura delle Linee Guida cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
Note Legali
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L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha pubblicato la nuova versione delle "Linee Guida per il Disaster Recovery delle PA". Questa nuova versione introduce: • aggiornamenti e chiarimenti sul ruolo della continuità operativa e sull’importanza delle soluzioni di DR; • precisazioni sui livelli d ... Continua a leggere

 

Comparto Scuola: diramata una nuova circolare sugli accertamenti di inidoneità del personale docente

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A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 104 del 12.09.2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 dell’11.11.2013, la Direzione dei servizi del tesoro del Dipartimento, con circolare n. 966 del 19 novembre 2013, ha fornito alle Commissioni mediche di verifica alcune indicazioni applicative sull’accertamento delle condizioni di inidoneità del personale docente del comparto Scuola. Per accedere alla circolare cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 104 del 12.09.2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 dell’11.11.2013, la Direzione dei servizi del tesoro del Dipartimento, con circolare n. 966 del 19 novembre 2013, ha fornito alle Commissioni mediche di verifica alcune indica ... Continua a leggere

 
GIURISPRUDENZA

Retrodatazione della decorrenza economica del rapporto di pubblico impiego: la piena reintegrazione giuridica ed economica del dipendente e' prevista solo in caso d'illegittima interruzione del rapporto in atto e non anche in caso d'illegittima mancata costituzione ex novo del rapporto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza in esame evidenzia come ha già avuto modo di chiarire che, ai fini del diritto alla retrodatazione della decorrenza economica del rapporto di pubblico impiego occorre distinguere tra illegittima interruzione del rapporto in atto, ed illegittima mancata costituzione ex novo del rapporto stesso, potendosi, solo nella prima ipotesi riconoscere una piena reintegrazione giuridica ed economica del dipendente. Per l’ipotesi di ritardata costituzione del rapporto di lavoro, invece, la fictio iuris della retrodatazione giuridica, non può far considerare come avvenuta la prestazione del servizio cui l'ordinamento ricollega il diritto alla retribuzione, ma può porsi eventualmente solo come presupposto per una azione risarcitoria (Cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 23/03/2009, n. 1752). Nel caso di specie la domanda di risarcimento per equivalente è stata respinta per insussistenza del requisito soggettivo della colpa: segnatamente nella decisione si da atto che "dinanzi all’obiettiva incertezza esegetica del quadro normativo (avuto riguardo, come sopra accennato, all’omogeneità del rapporto lavorativo da instaurare e di quello pregresso da far valere ai fini dell’innalzamento del limite), l’amministrazione ha dapprima adottato un atto sulla base di non implausibile opzione ermeneutica, ha poi tenuto un comportamento teso ad elidere le conseguenze dannose per il ricorrente ammettendo con riserva l’istante, infine arrestandosi nella procedura di arruolamento solo dinanzi ad una pronuncia giudiziaria che ha impresso un sigillo di legittimità alla sua azione"; se ne ricava conclusivamente che "la scusabilità dell’errore in cui l’amministrazione è incorsa vale ad escludere la risarcibilità del danno da provvedimento amministrativo, secondo un principio costantemente ribadito dalla Sezione (da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 31 Gennaio 2012, n. 482)".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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L'esclusione dal concorso per tardiva ricezione della raccomandata contenente la domanda di partecipazione e' possibile solo se previsto univocamente nella lex specialis

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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L'Amministrazione se vuole derogare al principio sancito dalla normativa secondo il quale la tempestiva consegna della raccomandata all’ufficio postale comporta il rispetto del termine stabilito dal bando di concorso, deve inserirlo univocamente nella "lex specialis" che, in caso di dubbio, dovrà essere interpretata in senso conforme alla normativa applicabile. E' questo il principio sancito dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato che e' stata investita, appunto, di una controversia riguardante la tempestività della presentazione, da parte dell'appellante, della domanda di partecipazione al concorso, riservato ai dipendenti degli enti della formazione professionale della Regione Calabria per l’inquadramento nel livello VII di cui alla legge regionale 19 aprile 1990, n. 15, nella cui graduatoria egli si era collocato in posizione utile per l’assunzione in ruolo. L’appellante è stato escluso in quanto la raccomandata con avviso di ricevimento con la quale è stata trasmessa la domanda è stata certamente consegnata all’ufficio postale in data utile ma è pervenuta all’Amministrazione in data successiva alla scadenza del termine, previsto dal bando. Le parti concordano sul fatto che, ordinariamente, la tempestiva consegna della raccomandata all’ufficio postale impone di considerare la medesima tempestiva; l’Amministrazione, il cui ragionamento è stato seguito dal primo giudice, ritiene peraltro che, nel caso concreto, la "lex specialis" imponesse, come consentito, di far pervenire le domande all’Amministrazione entro il termine di scadenza. La tesi, criticata dall’appellante, non può essere condivisa. Deve in primo luogo essere osservato che il principio secondo il quale la tempestiva consegna della raccomandata all’ufficio postale comporta il rispetto del termine stabilito dal bando di concorso è espressamente statuito dalla normativa vigente (art. 4, secondo comma, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487) ed è stato più volte affermato dalla giurisprudenza (C. di S., VI, 16 agosto 2001, n. 4409). Di conseguenza, la volontà, dell’Amministrazione, di derogare al suddetto principio (C. di S., IV, 1 giugno 2010, n. 3473) deve risultare univocamente dalla "lex specialis" che, in caso di dubbio, dovrà essere interpretata in senso conforme alla normativa applicabile. Deve essere condivisa l’osservazione dell’appellante il quale rileva come la clausola del bando di cui ora si tratta non enuncia affatto, quanto meno univocamente, tale volontà. Il primo giudice ha ritenuto decisivo il fatto che mentre la legge regionale 19 aprile 1990, n. 15, ai sensi della quale è stata indetta la procedura di cui si tratta, dispone che ogni concorrente nel termine di decadenza ivi previsto "deve inoltrare" la domanda di partecipazione il bando di concorso prevede che entro lo stesso termine i candidati "devono avere presentato" la domanda. Ad avviso del primo giudice, la differenza dei due enunciati deve essere valorizzati attribuendo al primo un significato conforme al disposto dell’art. 4, secondo comma, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, mentre il secondo avrebbe il diverso significato di imporre ai candidati non solo di spedire ma di far pervenire all’Amministrazione la domanda entro il termine di decadenza. Atteso che, nonostante la differenza con il disposto della legge regionale, il bando non è stato impugnato, il ricorso è stato ritenuto infondato e respinto. L’impostazione del primo giudice non può essere condivisa. Ai sensi dell’art. 1367 del codice civile il contratto, ma il principio vale per qualsiasi atto giuridico, deve essere interpretato nel senso in cui può avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno: principio del "magis valeat quam non valeat" (in termini C. di S., V, 31 ottobre 2012, n. 5564). Applicando tale regola al caso di specie deve essere osservato come anche nell’impostazione del primo giudice la disposizione del bando, letta in senso restrittivo, non è conforme alla volontà espressa dal legislatore regionale, tanto da affermare che la mancata impugnazione del bando impone il rigetto della censura. Peraltro, il bando non esprime affatto una volontà univoca di derogare alla regola generale secondo la quale la tempestiva spedizione della raccomandata comporta il rispetto del termine. La frase "devono avere presentato" significa che entro la data stabilita i candidati devono avere completato le formalità di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, ma non significa affatto che queste comprendano la ricezione delle stesse da parte dell’Amministrazione. Afferma, in conclusione, il Collegio che nel caso di specie la normativa del procedimento conformemente alla legge regionale da attuare non conteneva alcuna disposizione derogatoria dell’art. 4, secondo comma, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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L'Amministrazione se vuole derogare al principio sancito dalla normativa secondo il quale la tempestiva consegna della raccomandata all’ufficio postale comporta il rispetto del termine stabilito dal bando di concorso, deve inserirlo univocamente nella "lex specialis" che, in caso di dubbio, dovrà e ... Continua a leggere

 

Scorrimento in graduatoria: e' preciso obbligo dell'Amministrazione, una volta esclusi, per difetto di requisiti, alcuni soggetti da una graduatoria, ed annullata la nomina di incarico conferita, procedere allo scorrimento, ora per allora, della graduatoria degli incarichi, con conseguente interpello di tutti gli aspiranti a suo tempo non nominati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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Per costante giurisprudenza la graduatoria costituisce atto inscindibile, come di recente ribaditosi nella decisione di questa Sezione Quarta del Consiglio di Stato recante n. 01994/2012. Il principio non è nuovo, essendosi in passato posto in luce che (Cons. Stato Sez. VI Sent., 25-01-2008, n. 209 )"costituisce preciso obbligo dell'Amministrazione, una volta esclusi, per difetto di requisiti, alcuni soggetti da una graduatoria, ed annullata la nomina di incarico conferita, procedere allo scorrimento, ora per allora, della graduatoria degli incarichi, con conseguente interpello di tutti gli aspiranti a suo tempo non nominati e divenuti nominabili successivamente a causa dell'intervenuto depennamento e revoca. Pertanto, l'Amministrazione, nel procedere al dovuto scorrimento, non può prescindere dalla situazione che emerge dalla graduatoria in relazione agli aspiranti che precedono il soggetto che è stato l'unico, a suo tempo, a contestare la graduatoria stessa in sede giurisdizionale. Infatti, nell'ipotesi di impugnazione di una graduatoria, che è atto amministrativo inscindibile, il giudicato relativo a tale atto inscindibile conseguito da uno dei destinatari dello stesso, giova anche agli altri, ancorché non abbiano proposto impugnazione; e ciò a maggior ragione qualora siano stati contestati criteri e valutazioni attinenti la formazione della graduatoria medesima." Lo specifico principio finora esposto, si inquadra armonicamente con il più generale orientamento giurisprudenziale secondo il quale (Cons. Stato Sez. III, 20-04-2012, n. 2350 ) "la decisione giurisdizionale di annullamento di un provvedimento amministrativo - che per i limiti soggettivi del giudicato esplica in via ordinaria effetti soltanto fra le parti in causa - acquista efficacia erga omnes solo nei casi in cui gli atti impugnati siano a contenuto generale inscindibile, ovvero a contenuto normativo, nei quali gli effetti dell’annullamento non sono circoscrivibili ai soli ricorrenti, essendosi in presenza di un atto sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri " (si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 07-11-2000, n. 5972 e Cons. Stato Sez. V , 17-09-2008, n. 4390:"si deve ritenere che il principio di efficacia erga omnes delle pronunce del Giudice amministrativo trovi applicazione solo nelle ipotesi in cui si tratti dell'annullamento di atti normativi secondari o amministrativi generali, ossia atti rivolti a destinatari indeterminati ed indeterminabili a priori; soltanto in tali casi, infatti, l'efficacia delle decisioni giurisdizionali si sottrae ai limiti soggettivi del giudicato amministrativo" ). Alla stregua dei superiori, condivisibili principi, conclude il Collegio che i riuniti appelli devono essere dichiarati improcedibili, atteso che l’amministrazione impugnante non ha più alcun interesse alla loro decisione, posto che gli atti originariamente gravati in primo grado avevano certamente natura inscindibile; essi sono stati annullati per motivi identici a quelli contenuti nei mezzi di primo grado in ordine ai quali sono state rese le impugnate decisione; dalla inscindibilità degli atti gravati discende che l’annullamento regiudicato pronunciato dal Tar riveste portata erga omnes, di guisa che nessun effetto utile potrebbe sortire per l’Amministrazione l’eventuale accoglimento degli odierni appelli che devono essere, pertanto, dichiarati improcedibili.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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Per costante giurisprudenza la graduatoria costituisce atto inscindibile, come di recente ribaditosi nella decisione di questa Sezione Quarta del Consiglio di Stato recante n. 01994/2012. Il principio non è nuovo, essendosi in passato posto in luce che (Cons. Stato Sez. VI Sent., 25-01-2008, n. 20 ... Continua a leggere

 

Risarcimento dei danni cagionati dalla P.A: al privato danneggiato e' sufficiente invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa, spetterà all'amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

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La giurisprudenza ha in passato osservato osservato che perché possa configurarsi la responsabilità della p.a. è sufficiente la colpa, anche lieve dell'apparato amministrativo (Consiglio Stato, sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3981). E parimenti si è avuto modo in passato di evidenziare il ridotto onere dimostrativo che grava in subiecta materia sul privato, atteso che "fermo restando l'inquadramento della maggior parte delle fattispecie di responsabilità della p.a., all'interno della responsabilità extracontrattuale, non è comunque richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Infatti, pur non essendo configurabile, in mancanza di un'espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell'amministrazione per i danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, possono invece operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727 c.c., desunta dalla singola fattispecie. Il privato danneggiato può, quindi, invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile. Spetterà, di contro, all'amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile, ad esempio, in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata."(Consiglio Stato , sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3981).".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

 
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Albo pretorio on line: il termine di decadenza per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria decorre, per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione, ad eccezione del caso di strumento urbanistico (di solito una variante) che ha ad oggetto un bene immobile specifico sul quale viene imposto un vincolo espropriativo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Secondo l'indirizzo del Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 28 aprile 2011, n. 2534; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9375; sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3233; sez. V, 10 febbraio 2010, n. 663), ai sensi dell'art. 21, comma 1, legge n. 1034 del 1974 (applicabile ratione temporis alla vicenda in trattazione) ed oggi dell'art. 42, comma 2, c.p.a., in tutti i casi in cui non sia necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia al contempo prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell'atto in un apposito albo, il termine per proporre l'impugnazione decorre dal perfezionarsi delle procedure di pubblicazione. Il normale termine di decadenza per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria decorre, per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza. Sono atti pianificatori, soggetti a pubblicazione necessaria, quelli recanti l'approvazione di piani regolatori generali o loro varianti (a contenuto generale o di ampie zone e comparti territoriali come nel caso di specie), i quali, secondo la costante giurisprudenza, debbono essere contestati in giudizio nel termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione agli interessati né il decorso dell'ulteriore termine di efficacia. Per mitigare il rigore di questo principio la giurisprudenza ha, peraltro, introdotto una deroga sulla decorrenza del termine per impugnare, specificando che qualora lo strumento urbanistico (di solito una variante) abbia ad oggetto un bene immobile specifico sul quale viene imposto un vincolo espropriativo, è necessario che l'atto sia notificato all'interessato oppure che si dia la prova della conoscenza piena (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2011, n. 2534; Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3233). Nel caso di specie, in fatto, l'atto impugnato è una variante generale che, soltanto nelle asserzioni della parte appellante incidentale si concreterebbe nella volontà di sanare un abuso. In generale, la variante al Piano Regolatore Generale, come il medesimo su cui interviene, disciplina l'utilizzo dell'intero territorio. Il termine per l'impugnazione per la variante del piano regolatore generale, pertanto, doveva considerarsi decorrente per tutti gli interessati, dall'avvenuto espletamento delle formalità di pubblicazione (Consiglio Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4858). In ogni caso, per completezza, il Collegio osserva come lo stesso ricorso proposto avverso la variante dovrebbe essere ormai privato dell’attuale interesse a ricorrere, essendo intervenuta l’approvazione del nuovo Piano Generale Territoriale.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

 
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Secondo l'indirizzo del Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 28 aprile 2011, n. 2534; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9375; sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3233; sez. V, 10 febbraio 2010, n. 663), ai sensi dell'art. 21, comma 1, legge n. 1034 del 1974 (applicabile ratione temporis alla vicenda in trattazione ... Continua a leggere

 

Concorso per l'assunzione ad un pubblico impiego: rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la pretesa risarcitoria relativa al periodo anteriore al 30 giugno1998

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Nel giudizio in esame il deducente chiede il risarcimento dei danni derivanti: - dal ritardo nell’assunzione; - dalla interruzione del rapporto di lavoro (in esito alla decisione del Consiglio di Stato n. 806/1995, confermativa delle ordinanze demolitorie del Co.re.co.:) sono alla data di riassunzione in servizio in forza della delibera G.M. n. 307 del 29.5.1997, adottata in esito a rinnovo della procedura concorsuale sulla scorta dei suddetti rilievi del Co.re.co. come confermati dalla citata decisione del Consiglio di Stato n. 806/1995). Il Consiglio di Stato ha affermato nella sentenza in esame che "Il petitum risarcitorio rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo per entrambi i profili, giacché trattasi di asserite illegittimità poste in essere nell'espletamento di un concorso per l'assunzione ad un pubblico impiego con pretese relative al periodo anteriore al 30 giugno 1998, nella vigenza della giurisdizione esclusiva amministrativa in materia di pubblico impiego e nella sussistenza di un collegamento non occasionale tra il danno lamentato dall’aspirante ed il costituendo rapporto di impiego (cfr.Cass.SS.UU.16 dicembre 2008, n.29350 e 24 febbraio 2000, n.17)".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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Nel giudizio in esame il deducente chiede il risarcimento dei danni derivanti: - dal ritardo nell’assunzione; - dalla interruzione del rapporto di lavoro (in esito alla decisione del Consiglio di Stato n. 806/1995, confermativa delle ordinanze demolitorie del Co.re.co.:) sono alla data di riassun ... Continua a leggere

 

Giustizia: ai fini della verifica della tempestività del deposito del ricorso non vanno considerate le notificazioni meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

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In relazione agli articoli 41 e 45 c.p.a., il Consiglio di Stato ritiene che quest’ultima disposizione (richiamata dall’art. 94 c.p.a. per il giudizio di appello), nel prevedere che il deposito del ricorso deve avvenire entro trenta giorni ( quindici nella fattispecie, versandosi nell’ipotesi di cui all’art. 87, comma 3, c.p.a. ) dal momento in cui l'ultima notificazione si è perfezionata anche per il destinatario, si riferisce alle notifiche necessarie ai fini dell'integrità del contraddittorio e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam, perché diversamente sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso; pertanto, una notifica non prescritta dalla legge, avente il mero significato di litis denuntiatio, è inidonea ad impedire la scadenza del termine di trenta giorni (quindici nella specie) per il deposito del ricorso, che decorre dall'ultima notifica utile (cfr. già CS, V, 23 novembre 2010, n. 8154; da ultimo Cons. St., V, 15 luglio 2013, n. 3801 ). Tanto va posto in relazione con il condiviso orientamento giurisprudenziale, secondo cui non è necessario notificare l'atto di appello alla parte cointeressata alla riforma della sentenza di primo grado ( in tal senso: Cons. Stato, VI, 23 dicembre 2005, n. 7380; Cons. St., V, 26 luglio 2010, n. 4874 e, da ultimo, Cons. St., VI, 9 luglio 2012, n. 4011 ), che, rivestendo la medesima posizione processuale dell’appellante, non è parte necessaria del giudizio, sì che nei suoi confronti non occorre procedere all'integrazione del contraddittorio ( in tal senso: Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2007, n. 531). Ne deriva che la stessa, rimasta integralmente soccombente in forza della sentenza oggetto del giudizio, con conseguente onere di impugnare la sentenza medesima in via autonoma ovvero in via incidentale dopo la proposizione dell’appello ex art. 102, comma 1, c.p.a. ( Cons. St., III, 11 febbraio 2013, n. 739 ), non può considerarsi parte interessata "a contraddire" ai sensi dell’art. 95, comma 2, c.p.a., in tale giudizio, nel quale, peraltro, non è legittimata ad intervenire nemmeno per sostenere le ragioni dell’appellante ( Cons. St., IV, 16 maggio 2006, n. 2773 ). Non potendo, in definitiva, ai fini della verifica della tempestività del deposito del ricorso, esser presa in considerazione l’ultima notifica effettuata nei confronti della cointeressata, l’appello, come già detto, va dichiarato irricevibile.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
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In relazione agli articoli 41 e 45 c.p.a., il Consiglio di Stato ritiene che quest’ultima disposizione (richiamata dall’art. 94 c.p.a. per il giudizio di appello), nel prevedere che il deposito del ricorso deve avvenire entro trenta giorni ( quindici nella fattispecie, versandosi nell’ipotesi di cu ... Continua a leggere

 

Processo amministrativo: la rinuncia da parte dell’appellato totalmente vittorioso in prime cure al ricorso di primo grado integra una causa estintiva del giudizio che comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza appellata

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

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La costante giurisprudenza del Consiglio ritiene che "la rinuncia da parte dell’appellato totalmente vittorioso in prime cure al ricorso di primo grado e agli effetti favorevoli della sentenza a lui favorevole integra una causa estintiva del giudizio che comporta – pur in mancanza, nel codice del processo amministrativo, di una norma specifica analoga a quella dell’abrogato art. 34, comma primo, della l. 1034/1971 – l’annullamento senza rinvio della sentenza appellata, configurandosi come una ipotesi di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 11.11.2011, n. 5971)."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
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La costante giurisprudenza del Consiglio ritiene che "la rinuncia da parte dell’appellato totalmente vittorioso in prime cure al ricorso di primo grado e agli effetti favorevoli della sentenza a lui favorevole integra una causa estintiva del giudizio che comporta – pur in mancanza, nel codice del p ... Continua a leggere

 

Ritardata corresponsione delle somme spettanti a titolo di stipendio o di pensione: la Corte Costituzionale dichiara costituzionalmente illegittime le norme della Regione Siciliana che riconoscono al dipendente regionale il diritto di percepire in via cumulativa interessi in misura legale e rivalutazione monetaria

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E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 20.11.2013 la sentenza della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 30, commi 1 e 2, della Legge della Regione siciliana 15 giugno 1988, n. 11. Le disposizioni censurate prevedono che: «Al personale dell'Amministrazione regionale in servizio o a riposo, per i periodi di tempo intercorrenti dal primo del mese successivo alla maturazione del diritto e fino alla data di liquidazione delle competenze economiche spettanti a titolo di stipendio o di pensione, sono dovuti gli interessi nella misura legale nonche' la rivalutazione monetaria del valore del credito [...]» (comma 1) e che: «Le disposizioni del precedente comma si applicano anche per le somme erogate o da erogare al personale in servizio o a riposo ai sensi della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41 [...]» (comma 2). Le norme in questione riconoscono al dipendente regionale il diritto di percepire in via cumulativa interessi in misura legale e rivalutazione monetaria nel caso di tardiva corresponsione delle somme da esse contemplate. Il legislatore regionale nell'attribuire ai dipendenti regionali il diritto a percepire in via cumulativa interessi in misura legale e rivalutazione monetaria in caso di pagamento tardivo del debito di lavoro contemplato dalle disposizioni censurate, esse hanno disciplinato il profilo, prettamente civilistico, dell'adempimento di un particolare tipo di obbligazione pecuniaria e delle conseguenze del suo inadempimento, iniziativa preclusa alla legge regionale (sentenza n. 82 del 1998). In tal modo le norme censurate hanno travalicato il limite del diritto privato - vigente fin dal momento di emanazione della norma - fondato sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole che disciplinano i rapporti privatistici e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (sentenza n. 189 del 2007). Per approfondire la lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 
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E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 20.11.2013 la sentenza della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 30, commi 1 e 2, della Legge della Regione siciliana 15 giugno 1988, n. 11. Le disposizioni censurate prevedono che: «A ... Continua a leggere

 

Concorso pubblico: se il bando prevede tra i requisiti di ammissione che il partecipante non abbia "procedimenti penali in corso" anche la richiesta di rinvio a giudizio determina l'esclusione dalla procedura

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

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"Con la richiesta di rinvio a giudizio, l’indagato diviene imputato e si passa dalla fase del procedimento penale a quella, ben più pregnante, del processo penale. Il ricorrente, in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio, non era quindi più solo indagato, ma imputato, sicché avrebbe dovuto, ea maggior ragione, essere escluso dalla procedura, dato che il primo e decisivo ruolo di "filtro" compete anzitutto al p.m. nel decidere se esercitare o meno l’azione penale, valutando se sussistano di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio". E' questo il principio sancito dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato in virtù del quale è stata annullata la sentenza del Giudice di Prime cure che, appunto ha male interpretato la disposizione del bando nella parte in cui prevede, tra i requisiti di ammissione, "non avere procedimenti penali in corso". Rileva il Collegio che il T.A.R. Puglia valorizza la centralità del decreto di rinvio a giudizio quale elemento discretivo o di "filtro", sul piano temporale, tra la fase pregressa del procedimento penale e quella successiva, rilevando che tale provvedimento presuppone una prima delibazione della notitia criminis e del materiale probatorio, che consente di escludere la necessità di procedere all’emanazione di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 425 c.p.p. L’adozione del decreto di rinvio a giudizio quale parametro per valutare se un soggetto sia o meno interessato da un procedimento penale, per ammetterlo o non ammetterlo alla procedura di gara, costituirebbe – ad avviso del primo giudice – un punto di equilibrio ragionevole tra le esigenze dell’Amministrazione e l’aspirazione del concorrente a prender parte alla procedura concorsuale. Ciò premesso, quindi, il T.A.R. ha rilevato, sul piano fattuale, che, al momento in cui fu emanato l’atto impugnato, fosse stata depositata solo una richiesta di rinvio a giudizio e, quindi, non fosse ancora intervenuto il vero e proprio decreto di rinvio a giudizio, che non è stato nemmeno esibito successivamente, in pendenza del giudizio avanti al T.A.R. stesso. La sentenza impugnata ha quindi annullato, sulla scorta di tali considerazioni, l’atto di esclusione del ricorrente dalla procedura. Ad avviso del Consiglio di Stato il ragionamento del primo giudice è viziato in radice da error in iudicando, poiché l’espressione "procedimento", impiegata dal bando, si riferisce a tutte le ipotesi nelle quali un soggetto assuma la qualità di indagato nella fase delle indagini preliminari. L’Amministrazione non ha usato questa espressione in senso atecnico, come dimostra il rilievo che essa ha tenuto ben distinta l’ipotesi del "non aver riportato condanne penali", ma facendo chiaro riferimento al concetto di "procedimento" proprio del diritto processuale penale, al quale anche il giudice di prime cure avrebbe dovuto attingere, senza introdurre impropri criteri discretivi, per valutare il significato di tale espressione. Il bando si riferisce a procedimenti penali in corso e non distingue tra notitiae criminis fondate o infondate, vagliate o meno dall’autorità giudiziaria, inquirente o giudicante, ma al dato formale che un soggetto risulti nell’attualità almeno indagato nell’ambito di un procedimento penale. Non vi è dubbio che l’interesse del candidato a partecipare alla procedura selettiva sia del tutto recessivo di fronte all’interesse pubblico ad evitare che vi prendano parte soggetti indagati, non essendovi in questa ipotesi alcuna necessità di tutelare una posizione lavorativa già consolidata, come invece accade nella diversa ipotesi, a questa non assimilabile, della sospensione cautelare dal servizio, sulla cui falsariga il giudice ha invece inteso istituire, in modo improprio, il parallelismo a fondamento dell’affermato bilanciamento degli interessi in gioco. Tale bilanciamento, peraltro, non compete al giudice amministrazione, ma alla pubblica amministrazione nel ponderato esercizio della sua discrezionalità, di cui è appunto espressione la previsione del bando, peraltro non impugnata dallo stesso ricorrente in prime cure. Aggiunge il Collegio che il criterio discretivo adottato dal primo giudice, oltre che arbitrario, è del resto in sé errato, poiché discende da una piana applicazione delle regole processualpenalistiche che, allorquando il p.m. esercita l’azione penale nelle più diverse forme previste dal codice di rito e, nel caso di specie, con la richiesta di rinvio a giudizio, l’indagato diviene imputato e si passa dalla fase del procedimento penale a quella, ben più pregnante, del processo penale. Il ricorrente, in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio, non era quindi più solo indagato, ma imputato, sicché avrebbe dovuto, e a maggior ragione, essere escluso dalla procedura, dato che il primo e decisivo ruolo di "filtro", se si vogliono usare le parole del primo giudice, compete anzitutto al p.m. nel decidere se esercitare o meno l’azione penale, valutando se sussistano di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio (art. 125 disp. att. c.p.p.).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

 
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"Con la richiesta di rinvio a giudizio, l’indagato diviene imputato e si passa dalla fase del procedimento penale a quella, ben più pregnante, del processo penale. Il ricorrente, in seguito alla richiesta di rinvio a giudizio, non era quindi più solo indagato, ma imputato, sicché avrebbe dovuto, e ... Continua a leggere

 
 
 
 
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