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martedì 26 marzo 2013 00:00

La prescrizione del credito di lavoro del pubblico dipendente non può essere eccepita, per la prima volta, in appello dalla pubblica amministrazione

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La giurisprudenza più recente applica anche al processo amministrativo l’art. 345, comma 2, del codice di procedura civile con la conseguenza che la prescrizione del credito di lavoro del pubblico dipendente non può essere eccepita, per la prima volta, in appello dalla pubblica amministrazione (C.d.S., Sez. V, 12 dicembre 2009, n. 7802; Sez. VI, 5 dicembre 2008, n. 6012; Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6977). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 18.3.2013, n. 1581)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Mobbing: screzi o conflitti interpersonali nell’ambiente di lavoro privi volontà persecutoria, collegati a fenomeni di rivalità, ambizione o antipatie reciproche non bastano per ottenere il risarcimento del danno

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Il danno da mobbing è una fattispecie che si fa risalire , quanto alla natura giuridica, alla responsabilità datoriale, di tipo contrattuale, prevista dall’art.2087 del codice civile che pone a carico del datore di lavoro l’onere di adottare nell’esercizio di impresa tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro ( cfr Cassazione sezione lavoro 25 maggio 2006 n.1244). Il concetto di mobbing sia in punto di fatto che in punto di diritto è alquanto indeterminato, ancorchè, quanto ad una ragionevole sua definizione , possa considerarsi tale quell’insieme di condotte vessatorie e persecutorie del datore di lavoro o comunque emergenti nell’ambito lavorativo concretizzanti la lesione della salute psico-fisica e dell’integrità del dipendente e che postulano, ove sussistenti, una adeguata tutela anche di tipo risarcitorio ( in tal senso, Cass. Sezione Lavoro 26 marzo 2010 n.1307). Attesa la indeterminatezza della nozione, la giurisprudenza si è preoccupata di indicare una serie di elementi e/o indizi caratterizzanti il fenomeno del mobbing dai quali far emergere la concreta sussistenza di una condotta offensiva nei sensi sopra esposti, come tradottasi con atti e comportamenti negativamente incidenti sulla reputazione del lavoratore, su i suoi rapporti umani con l’ambiente di lavoro e sul contenuto stesso della prestazione lavorativa. Così per aversi mobbing è richiesto l’azione offensiva posta in essere a danno del lavoratore deve essere sistematica e frequente posta in essere con una serie prolungata di atti e avere le caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione o rivelare intenti meramente emulativi (Cass. Sezione lavoro n.4774/2006; Trib. Roma 7marzo 2008 n.69). Di contro non si ravvisano gli estremi del mobbing nell’accadimento di episodi che evidenziano screzi o conflitti interpersonali nell’ambiente di lavoro e che per loro stessa natura non sono caratterizzati da volontà persecutoria essendo in particolare collegati a fenomeni di rivalità, ambizione o antipatie reciproche che pure sono frequenti nel mondo del lavoro. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.3.2013, n. 1609)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

L’annullamento d’ufficio non deriva in via automatica dall’accertata originaria illegittimità dell’atto essendo altresì necessaria una congrua motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla reintegrazione del preesistente stato di legalità

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Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato ha precisato che l’annullamento d’ufficio è il risultato di un’attività discrezionale dell’Amministrazione e non deriva in via automatica dall’accertata originaria illegittimità dell’atto essendo altresì necessaria una congrua motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla reintegrazione del preesistente stato di legalità Per costante orientamento giurisprudenziale, l’annullamento d’ufficio è il risultato di un’attività discrezionale dell’Amministrazione e non deriva in via automatica dall’accertata originaria illegittimità dell’atto essendo altresì necessaria una congrua motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla reintegrazione del preesistente stato di legalità. In particolare, la giurisprudenza amministrativa è assolutamente granitica nel precisare che l’interesse alla reintegrazione dell’ordine pubblico deve essere specificato e dimensionato in relazione alle esigenze concrete ed attuali, avuto riguardo anche gli interessi privati che militano in senso opposto, senza peraltro ricorrere in sede di motivazione a clausole di stile (ex multis, Cons. Stato VI 17 febbraio 2006 n. 671). Ebbene, non pare che il provvedimento di autotutela qui in discussione sia rispettoso dei parametri giurisprudenziali sopra ricordati, se è vero che nella parte narrativa dell’atto si fa lapidariamente accenno alla necessaria prevalenza, nella valutazione comparativa, dell’interesse pubblico alla conservazione dello stato dei luoghi, nel che è ravvisabile una semplicistica formula stereotipa. Ora che nella specie a carico dell’amministrazione vi fosse un ben più pregnante onere di motivazione, non adeguatamente assolto dall’utilizzo di una clausola di stile apposta a sostegno della determinazione assunta, è un dato agevolmente rilevabile dalla circostanza per cui l’annullamento viene adottato a distanza di oltre otto anni dal rilascio dell’autorizzazione al restauro rilasciata in favore del sig. Viola senza che sia stata presa in considerazione la posizione del beneficiario del titolo ad aedificandum in questione. L’assenza di una idonea motivazione conforme ai principi ripetutamente sanciti dalla giurisprudenza rende invalido l’atto di annullamento d’ufficio qui in contestazione fatta salva, s’intende, l’adozione da parte dell’intimato Comune di ogni ulteriore provvedimento. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.3.2013, n. 1605)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Arruolamento nell'Amministrazione militare: il possesso di marijuana, isolato e risalente, non può essere posto a base di una valutazione di contenuto negativo della personalità del candidato e non legittima un provvedimento di esclusione dalla procedura selettiva

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La giurisprudenza ha avuto modo di osservare che la condizione di possedere una "condotta incensurabile" richiesta per l’arruolamento nelle forze di polizia dall’art.26 della legge n.53 del 1090, mediante il richiamo alla normativa dell’ordinamento giudiziario per l’ammissione in magistratura, deve essere oggetto di una adeguata valutazione in relazione alla concreta situazione di fatto in base alla quale effettuare quel giudizio di disvalore per cui l’aspirante non darebbe affidamento per il futuro, tenuto conto dei delicati compiti che è chiamato a svolgere (Cons. Stato Sez. IV, 24 ottobre 1994 n. 836; idem 23 maggio 2001 n. 2851).Questo Consiglio di Stato ha poi, in particolare statuito come la valutazione della presenza o meno della condotta incensurabile costituisce esercizio di un potere discrezionale , ma il giudizio deve pur sempre fondare su elementi di fatto concreti (Sez. IV 15 luglio 2010 n.4585) afferenti direttamente la persona dell’aspirante o comunque a rapporti di frequentazione o convivenza che si si riverberano sulla persona stessa del candidato...Ora ai fini qui rilevanti, va dato atto che questo Consesso in alcune occasioni ha avuto modo di affermare come un unico, singolo episodio non può di per sé essere considerato ostativo al possesso della condotta incensurabile di soggetti candidati all’arruolamento nelle forze armate e corpi di polizia. (Sez. IV 31 dicembre 2007 n. 6848)Nondimeno in altre non dissimili circostanze questo Consiglio di Stato ha ritenuto che la gravità dell’unico, "sfavorevole" episodio addebitato all’arruolando sia tale da rivelarsi decisiva ai fini di un giudizio prognostico di carattere negativo, tale da giustificare legittimamente l’adottata misura espulsiva. (Cons. Stato Sez. IV 4 luglio 2012 n.3929).Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha precisato che un isolato e risalente episodio, in cui è stato contestato il possesso di marijuana nei confronti di una pluralità di persone fra le quali non risulta identificato l’effettivo detentore, non può essere posto a base di una valutazione di contenuto negativo della personalità del candidato, formulata a distanza di otto anni dalla vicenda e non è sufficiente a giustificare legittimamente l’adozione di un provvedimento di espulsione dalla procedura selettiva. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.3.2013, n. 1604)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Conosci la tua pensione: in arrivo il "Calcolatore della pensione", il "Simulatore della pensione" e "l’Estratto Conto Integrato"

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Sono i tre nuovi servizi in corso di attivazione con i quali si avvia un percorso verso una maggiore trasparenza e una più completa informazione sul futuro previdenziale dei lavoratori italiani. Il percorso è scandito da un calendario preciso, articolato in tre distinte fasi: la prima riguarda l’operazione 'Estratto Conto Integrato'; la seconda è il rilascio del servizio 'Calcolatore della pensione; la terza sarà la definizione del servizio 'Simulatore della pensione. 1) L’Estratto Conto Integrato (ECI): In Italia esiste una platea stimata di 5-6 milioni di lavoratori che hanno contributi previdenziali versati in differenti gestioni Inps o presso diverse Casse previdenziali. Per assicurare una completa informazione (e un possibile controllo) dello stato della loro contribuzione previdenziale è stato avviato il progetto 'Estratto conto integrato' (ECI), che fornirà la visione completa della contribuzione previdenziale individuale, con un’unica operazione di consultazione. L’ECI potrà essere consultato sui portali degli enti che forniscono le informazioni previdenziali al Casellario dei Lavoratori Attivi, istituito presso l’Inps (Inps, Enasarco e Casse previdenziali degli ordini professionali). Ciascun contribuente potrà verificare la propria posizione contributiva on line, con accesso personalizzato, sul portale dell’ultimo Ente in cui risulta iscritto. Il servizio è interattivo e permette la segnalazione di eventuali problemi e incongruenze, che vengono indirizzate all’ente di competenza. 2) Il "Calcolatore della pensione": a partire dal prossimo mese di aprile sarà attivata sul sito dell’Inps (tra i servizi online) una procedura denominata 'Calcolatore della pensione' che consentirà agli iscritti all’Inps di conoscere in via previsionale la data del proprio pensionamento e l’importo presuntivo della pensione; 3. Il "Simulatore della pensione": per i lavoratori più giovani, per i quali la lontananza dal momento della pensione non consente di formulare ipotesi sufficientemente attendibili di calcolo della pensione (troppe le variabili: l’evoluzione retributiva individuale, gli anni e la continuità del lavoro, la scelta del periodo di pensionamento, etc.), è in corso di realizzazione una procedura che consentirà comunque di eseguire una simulazione del calcolo della propria pensione. Il rilascio del servizio avverrà entro la fine del corrente anno. Partendo dall’estratto conto dei contributi effettivamente versati all’Inps, il 'Simulatore della pensione' fornirà ai lavoratori più giovani uno strumento in grado di elaborare differenti scenari previdenziali (sulla base di profili codificati) proiettando ipotesi collegate all’atteso futuro lavorativo. I lavoratori più giovani avranno così a disposizione, entro la fine dell’anno, uno strumento fondamentale di educazione al risparmio previdenziale e di grande valore formativo, che potrà fornire indicazioni utili per compiere con maggiore consapevolezza le scelte che si troveranno a dover compiere nel loro futuro lavorativo e nell’eventuale scelta di forme di integrazione previdenziale. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, comunicato del 20.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

"Lavoratori svantaggiati": firmato il decreto che individua i soggetti che rientrano nella specifica categoria

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Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha firmato il decreto con il quale sono individuati i cd. 'lavoratori svantaggiati', in applicazione dei principi stabiliti dal regolamento comunitario CE n. 800/2008. Viene in tal modo definita una specifica categoria di lavoratori per i quali, nel caso di stipulazione di un contratto di lavoro in somministrazione a tempo determinato, sarà possibile derogare alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo che ordinariamente sono necessarie per poter instaurare tali rapporti di lavoro. Il decreto, che si compone di un unico articolo, stabilisce che sono da considerarsi lavoratori svantaggiati quanti: a) non hanno un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ovvero i soggetti che, negli ultimi sei mesi, non hanno prestato attività lavorativa di natura subordinata della durata di almeno sei mesi o che, negli ultimi sei mesi, hanno svolto attività lavorativa di natura autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione; b) non possiedono un diploma di scuola media superiore o professionale (ISCED 3), ovvero coloro che non abbiano conseguito un titolo di studio d’istruzione secondaria superiore, rientrante nel livello terzo della classificazione internazionale sui livelli d’istruzione; c) sono occupati in uno dei settori economici dove c’è un tasso di disparità uomo-donna che supera di almeno il 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici italiani e appartengono al genere sottorappresentato, considerando a tal fine i settori annualmente individuati dalla Rilevazione Continua sulle Forze di lavoro effettuata dall’ISTAT. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, decreto del 20.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Dipendenti della P.A.: borse di studio per la partecipazione a Master e Corsi universitari di perfezionamento

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Pubblicati i bandi INPS in favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione e dei loro figli. Il Ministero rende noto che nell’ambito delle iniziative Homo Sapiens Sapiens, azioni a sostegno della formazione universitaria, post universitaria e professionale, l’INPS Gestione Ex INPDAP seleziona, a livello nazionale e internazionale, Master Universitari di primo e secondo livello e Corsi Universitari di Perfezionamento, nonché Master o Corsi formativi equivalenti promossi da Atenei stranieri, di specifiche caratteristiche qualitative e ad elevate opportunità occupazionali, al fine di permetterne la partecipazione ai propri utenti. Attraverso specifici bandi, l'INPS mette a disposizione borse di studio in favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione, iscritti alla Gestione ex INPDAP, e dei giovani figli e orfani di iscritti e di pensionati della medesima Gestione ex INPDAP, a copertura integrale o parziale dei costi di partecipazione. Nell'ambito delle diverse iniziative formative in corso di attivazione, viene segnalato in particolare il Master di primo livello "Lavorare nel Non Profit: Management, Comunicazione e Finanza", promosso dall'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, la cui scadenza per le iscrizioni è prorogata al prossimo 3 aprile. Per visualizzare i bandi cliccare sul titolo sopra linkato. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, comunicato del 22.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

La Gazzetta Ufficiale UE verrà pubblicata solo in formato elettronico

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Il Consiglio dell’Unione Europea ha stabilito, con regolamento n. 216/2013 del 7 marzo 2013 che, a decorrere dal quarto mese dall’entrata in vigore del regolamento, la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea sarà pubblicata, nelle lingue ufficiali dell’Unione, esclusivamente in formato elettronico. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale reca una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, conformemente alla direttiva 1999/93/ CE. Il certificato qualificato e i suoi rinnovi sono pubblicati sul sito web EUR-Lex al fine di permettere al pubblico di verificare la firma elettronica avanzata e l’autenticità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale. (Regolamento n. 216/2013 del 7.3.2013, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 13.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Anticorruzione: prime indicazioni dell’ANCI sulle misure e gli adempimenti che i Comuni devono adottare in materia di anticorruzione

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Il 28 novembre è entrata in vigore la legge 6 novembre 2012 n. 190 contenente le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. La legge, nel complesso, reca misure volte a prevenire e reprimere la corruzione e l’illegalità nella PA ed introduce nel Codice penale modifiche alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione. Con il presente documento l'Anci divulga le primissime indicazioni ai Comuni in ordine alle principali misure ed adempimenti da porre in essere al fine di dare una effettiva attuazione delle disposizioni di legge. In sintesi, tra l'altro, viene chiarito che: 1) Il Sindaco e' il titolare del potere di nomina del responsabile della prevenzione della corruzione va individuato nel; 2) la Giunta e' competente all'adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione; 3) nelle more dell’adozione delle Intese, viene suggerito alle Amministrazioni, in via prudenziale, di avviare il lavoro per la definizione delle Prime Misure in materia di prevenzione alla corruzione; ciò al fine di dare una piena e sollecita attuazione al complesso delle disposizioni recate dalla legge n. 190 ed inconsiderazione del rilevante apparato sanzionatorio che comunque ricade in capo al responsabile della prevenzione nel caso in cui si verifichi un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato (art. 1, c.12, 13 e 14). 4) Si rammenta che ai sensi del comma 6 dell’art. 1, ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il Prefetto, su richiesta, fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione. 5) In merito alla concreta attuazione delle misure anticorruzione, l’attuale assetto legislativo prevede un ruolo molto attivo dei dirigenti in materia di azioni volte alla prevenzione della corruzione. (ANCI, nota del 21.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Le ultime leggi regionali a rischio di legittimità costituzionale

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Il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale per sei leggi: 1) Legge Regione Abruzzo n. 2 del 10 gennaio 2013 "Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013 – 2015 della Regione Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2013)" in quanto alcune disposizioni prevedono spese i cui oneri sono privi di copertura finanziaria, in violazione dell’art. 81 della Costituzione. 2) Legge Regione Abruzzo n. 3 del 10 gennaio 2013 "Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013 – Bilancio pluriennale 2013 -2015" in quanto alcune disposizioni finanziarie si pongono in contrasto col principio di equilibrio del bilancio contenuto nell’art. 81, quarto comma, della Costituzione. 3) Legge Regione Molise n. 4 del 17 gennaio 2013 "Legge finanziaria regionale 2013" in quanto alcune disposizioni riguardanti l’assunzione di personale regionale violano i principi di coordinamento della finanza pubblica, riservati allo Stato dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Altre disposizioni violano inoltre i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, violano l’articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’"ordinamento civile", e contrastano altresì con i principi di imparzialità e di buon andamento della amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione. 4) Legge Regione Molise n. 5 del 17 gennaio 2013 "Bilancio regionale di competenza e di cassa per l’esercizio finanziario 2013 – Bilancio pluriennale 2013/2015" in quanto alcune disposizioni finanziarie si pongono in contrasto col principio di equilibrio del bilancio contenuto nell’art. 81, quarto comma, della Costituzione. 5) Legge Regione Puglia n. 6 del 5 gennaio 2013 " Modifiche e integrazioni all’articolo 5 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), modificata e integrata dalla legge regionale 1° agosto 2011, n. 21 e all’articolo 4 della legge regionale 13 dicembre 2004, n. 23" in quanto alcune disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale nelle materie "governo del territorio" e "protezione civile, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione. 6) Legge Regione Liguria n. 3 del 4 gennaio 2013 "Modifiche alla legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell’attività edilizia) e alla legge regionale 5 aprile 2012, n. 10 (Disciplina per l’esercizio delle attività produttive e riordino dello sportello unico)in quanto alcune disposizioni in materia di edilizia si pongono in contrasto sia con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di "governo del territorio", in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, sia con le norme del Codice per i beni culturali (d.lgs. n. 42/2004), in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dip. Affari Regionali, comunicato marzo 2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Professori Universitari: per l'Abilitazione Scientifica Nazionale e' impraticabile la pubblicazione delle mediane e gli indicatori per tutti i settori scientifico-disciplinari

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L'ANVUR ci ripensa. In data 22 gennaio 2013, infatti, l'ANVUR aveva comunicato l'intenzione di pubblicare le mediane degli indicatori per l'abilitazione nazionale per tutti i settori scientifico-disciplinari, indipendentemente dalle condizioni di multi-modalità dei settori concorsuali di afferenza. La pubblicazione era motivata dalla opportunità che le commissioni tenessero "adeguatamente in conto le differenze interne ai settori concorsuali circa le pratiche di pubblicazione scientifica ed i relativi indicatori". Successivi approfondimenti svolti hanno, tuttavia, mostrato l'impraticabilità della pubblicazione, essendo il ruolo dell’ANVUR nell’ambito dell’abilitazione scientifica nazionale limitato al calcolo e relativa pubblicazione delle mediane dei settori concorsuali e alla selezione degli idonei fra i candidati commissari italiani e stranieri. (ANVUR, comunicato del 21.3.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Anagrafe: cambio di residenza in tempo reale

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Il Ministero dell'Interno con la circolare n. 8/2013 che segue la precedente n. 9/2012, al fine di sensibilizzare i Sindaci dei Comuni, ribadisce che le comunicazione tra il Comune d'iscrizione anagrafica e quello di provenienza degli interessati devono aver luogo esclusivamente in via telematica secondo le seguenti modalità: 1) inviò tramite posta elettronica certificata del documento; 2) inviò tramite posta elettronica semplice del documento sottoscritto con firma digitale; 3) inviò tramite posta elettronica semplice del documento non sottoscritto con firma digitale, ma dotato di segnatura di protocollo ex art. 55 DPR n. 445/2000; ovvero in casi eccezionali tramite via fax. I Comuni non possono utilizzare modalità difformi, quale quella postale. (Ministero dell'Interno, circolare n. 8 del 11.3.2013)

 
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Il Ministero dell'Interno con la circolare n. 8/2013 che segue la precedente n. 9/2012, al fine di sensibilizzare i Sindaci dei Comuni, ribadisce che le comunicazione tra il Comune d'iscrizione anagrafica e quello di provenienza degli interessati devono aver luogo esclusivamente in via telematica s ... Continua a leggere

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martedì 26 marzo 2013 00:00

Rimborso delle spese di viaggio agli amministratori locali che fanno uso del mezzo proprio nell’espletamento del mandato istituzionale: e' possibile il ricorso a regolamentazioni interne volte a disciplinare, per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione, forme di ristoro del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti

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Il Sindaco del Comune di Lioni (AV), ha formulato una richiesta di parere in merito alla possibilità e alle norme di utilizzo, esclusivamente per adempimenti istituzionali, del mezzo proprio per il raggiungimento di luoghi diversi dal Comune ove ha sede l’ente, nonché in relazione al diritto al rimborso delle spese di viaggio. La Corte dei Conti dopo aver ricostruito il quadro giuridico di riferimento ha precisato che le Sezioni Riunite in sede di Controllo della Corte dei conti con le delibere n. 8/2011 e n.9/2011, hanno interpretato la vigente normativa e fornito importanti indicazioni sull’applicazione dell’art. 6, comma 12, del decreto L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in L. con la L. 30 luglio 2010, n. 122, con particolare riferimento al rimborso delle spese per l’uso del mezzo proprio autorizzato dagli enti locali. Le Sezioni Riunite in entrambe le deliberazioni hanno aderito all’interpretazione resa dalla Sezione regionale della Toscana, con deliberazione del 17 novembre 2010, n. 170, in linea con la Circolare della Ragioneria Generale dello Stato del 22 ottobre 2010 n. 36, secondo cui: " ... " le disposizioni in esame non si applicano al personale adibito a funzioni ispettive... nonché, avuto riguardo alla natura dell’attività svolta, dei soggetti impegnati nello svolgimento di funzioni istituzionali relative a compiti di verifica e controlli", viceversa per il personale impegnato in funzioni diverse "l’autorizzazione è finalizzata esclusivamente alla copertura assicurativa dovuta dall’amministrazione in base alle vigenti disposizioni in materia, esclusa ogni possibilità di rimborso delle spese per l’utilizzo del mezzo proprio". Ne consegue che non è più possibile ritenere che l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio legittimi il dipendente a conseguire il rimborso di una parte delle spese sostenute per l’acquisto del carburante. Tali considerazioni, in virtù del rinvio di cui al citato art. 2 del D.M. 4 agosto 2011, valgono anche per gli amministratori pubblici, che per il rimborso delle spese di viaggio sono destinatari dei medesimi limiti previsti per i dirigenti degli enti locali. L’amministratore che intenda avvalersi del mezzo proprio, al fine di rendere più agevole il proprio spostamento, sarà abilitato a farlo, previa autorizzazione del Sindaco o del Presidente del consiglio comunale, ma con il limitato effetto di ottenere la copertura assicurativa dovuta in base alle vigenti disposizioni. E’ evidente che il legislatore ha inteso favorire l’esigenza di contenimento della spesa per le missioni applicando limiti stringenti, tuttavia, non si può non evidenziare che, in sede interpretativa, le Sezioni Riunite della Corte dei conti con la recente Delibera n. 21 del 16 febbraio 2011 depositata in data 5 aprile 2011, hanno riconosciuto: " ... possibile il ricorso a regolamentazioni interne volte a disciplinare, per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione, forme di ristoro del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti che, però, dovranno necessariamente tenere conto delle finalità di contenimento della spesa introdotte con la manovra estiva e degli oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto ... " (Cfr. in tal senso: Corte dei conti, SS. RR. in sede di Controllo delibere n. 8/2011 e n.9/2011, Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, delibera n. 20 del 7 – 10 maggio 2012, Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, Delibera n. 4 del 30 gennaio – 2 febbraio 2012). Pertanto, osserva il Collegio che sussiste, nei limiti suindicati, un alveo operativo entro il quale riconoscere il rimborso delle spese di viaggio agli amministratori locali che fanno uso del mezzo proprio nell’espletamento del mandato istituzionale. (Corte dei Conti, Sez. Reg. Campania, Parere n. 21/2013 del 14.2.2013)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

Decide il giudice ordinario sulla legittimità dei provvedimenti concernenti le graduatorie finalizzate a fini assuntivi

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La decisione della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11 del 4 luglio 2011 ha definitivamente risolto il contrasto giurisprudenziale ed ha avuto modo di ribadire in via definitiva che: "la questione sottoposta va decisa confermando la tesi della giurisdizione del giudice ordinario, per le ragioni fondate sulla base della situazione giuridica protetta, della natura della attività esercitata dall’amministrazione e della assenza, nella fattispecie, di una procedura concorsuale in senso stretto; si verte in tema di accertamento di diritti di docenti già iscritti e deve ritenersi esclusa la configurabilità di una procedura concorsuale." "infatti, da un lato, si tratta di atti gestiti dal datore di lavoro pubblico; dall’altro lato, non è configurabile la procedura concorsuale diretta all’assunzione in un impiego pubblico, per la quale sola vale la regola residuale (e speciale) della giurisdizione del giudice amministrativo…". Preso atto che dal richiamato orientamento giurisprudenziale emerge chiaramente che i provvedimenti concernenti le graduatorie finalizzate a fini assuntivi (e nel caso di specie anche l’impugnato D.M. che detta disposizione per le graduatorie per il 2009/2011) non assumono vere e qualificazioni di atti di diritto pubblico espressione di esercizio di poteri organizzatori autoritativi ma di atti"… che non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato… di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi, avendo la pretesa ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione della graduatoria utile per l’eventuale assunzione. (TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, sentenza 14.3.2013, n. 2669)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

L’omessa indicazione della struttura amministrativa competente e del responsabile del procedimento non dà luogo a vizio di legittimità, salvo che sia dimostrato un concreto pregiudizio

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Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato enuncia i seguenti principi: - la mancata indicazione del termine di conclusione del procedimento non costituisce vizio invalidante, applicandosi in tale ipotesi il termine "suppletivo" fissato in via generale dall’art. 2 della legge nr. 241 del 1990; - neanche l’inosservanza di detto termine determina l’illegittimità del provvedimento, essendo pacifico che la scadenza dello stesso non consuma il potere di provvedere dell’Amministrazione, potendo determinare bensì conseguenze in termini di legittimazione dell’interessato all’esercizio del rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento, di responsabilità del dirigente proposto etc.; - l’omessa indicazione della struttura amministrativa competente e del responsabile del procedimento non dà luogo a vizio di legittimità, salvo che sia dimostrato un concreto pregiudizio (ciò che nella specie non è), applicandosi la norma suppletiva di cui all’art. 5 della citata legge nr. 241 del 1990, a tenore della quale nella prospettata ipotesi è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa competente (cfr. Cons. Stato, sez. II, 16 maggio 2007, parere nr. 86). (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.3.2013, n. 1632)

 
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martedì 26 marzo 2013 00:00

L’obbligo della P.A. di esaminare le memorie e i documenti presentati dagli interessati nel corso dell’iter procedimentale non impone un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dagli stessi

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Conformemente alla consolidata giurisprudenza, che l’obbligo di esaminare le memorie e i documenti presentati dagli interessati nel corso dell’iter procedimentale non impone un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione dell’amministrazione alle deduzioni difensive dei privati (Cons. St., sez. VI, 7 gennaio 2001, n. 17). (TAR Campania, Napoli, Sez. II, sentenza 22.3.2013, n. 1581)

 
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lunedì 18 marzo 2013 23:21

Principi giurisprudenziali in materia di procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura

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Nella vicenda in esame il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello proposto da Niccoli Francesco quale candidato escluso della Lista provinciale di Campobasso "Noi per il Molise - Frattura Presidente" e in conferma della sentenza resa dal TAR ha evidenziato che le Amministrazioni interessate prima, ed il T.a.r. poi, hanno fatto buon governo delle norme e dei principi elaborati dalla giurisprudenza (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. St., Sez. V, 29 ottobre 2012, n. 5504; Sez. V, 1 marzo 2011, n. 1272; Sez. V, 6 luglio 2010, n. 4322), in materia di autenticazione delle sottoscrizioni dei soggetti che accettano di candidarsi, atteso che: a) le invalidità che riguardano il procedimento di autenticazione delle firme dei cittadini che accettano la candidatura non assumono un rilievo meramente formale poiché le minute regole da esse presidiate mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni, con la conseguenza che l’autenticazione, seppur distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale – non integrabile aliunde - della presentazione della lista o delle candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare che le sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180° giorno fissato per la presentazione delle candidature; b) le firme sul modello di accettazione della candidatura a cariche elettive devono essere autenticate nel rispetto, previsto a pena di nullità, delle formalità stabilite dall’art. 21, t.u. n. 445 del 2000, sicché la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione; c) fra i vari elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione si annoverano l’apposizione del timbro nonché l’indicazione del luogo e della data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente; d) sotto tale angolazione è del tutto irrilevante, ai fini del perfezionamento e della validità della procedura di autenticazione, che il modulo utilizzato in concreto, predisposto dal Ministero dell’Interno, faccia riferimento al d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (t.u. in materia di incandidabilità, pubblicato nella G.U. del 4 gennaio 2013 n. 3 ed entrato in vigore il successivo 5 gennaio 2013), e dunque dimostri che la sottoscrizione e l’autenticazione non sono antecedenti al 180° giorno fissato per la presentazione delle candidature; e) il presupposto interpretativo da cui muovono gli appellanti in ordine all’art. 14, comma 3, l. n. 53 del 1990, secondo cui tale disposizione prevederebbe come unica causa di nullità l’anteriorità dell’accettazione della candidatura e della relativa autenticazione al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, è erroneo, in quanto quella in esame è, con tutta evidenza, una nullità aggiuntiva a quelle ordinarie per inosservanza della forma dell’atto e non già sostitutiva; dunque, ogni argomento circa la prova della non anteriorità di sottoscrizioni e autenticazioni al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature è inconferente; f) nel caso di specie è pacifico che l’autenticazione della sottoscrizione della dichiarazione di accettazione della candidatura da parte del ricorrente è priva della indicazione della data e del luogo; Richiamate e condivise, in conclusione, tutte le argomentazioni svolte dalle autorità emananti nonché dall’impugnata sentenza, che conducono alla reiezione dei mezzi posti a sostegno del gravame. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.3.2013, n. 788)

 
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lunedì 18 marzo 2013 23:21

Piacenza, ribaltata la sentenza del TAR, ritorna il Sindaco Sandra Ponzini. Il Consiglio di Stato sancisce che l’art. 73, decimo comma, del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, deve essere interpretato nel senso che qualora la coalizione collegata al candidato sindaco eletto non raggiunga il 60 per cento dei voti debba comunque esserle attribuito il 60 per cento dei seggi, arrotondando il risultato all’unità superiore quando il calcolo relativo non dia un numero intero

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Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, Parma, il sig. Marco Colosimo nella duplice qualità di cittadino elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Piacenza e di candidato nella lista Piacenza Viva, unitamente al sig. Matteo Monfasani in qualità di elettore, impugnavano l’atto di proclamazione degli eletti al Consiglio comunale di Piacenza a seguito delle operazioni elettorali svoltesi nei giorni 6 e 7 maggio 2012 e 20 e 21 maggio 2012 per il turno di ballottaggio, unitamente ad ogni altro atto presupposto e connesso, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere nonché violazione dell’art. 73, comma 10 del d. lgs. n. 267 del 2000, assumendo che l’arrotondamento del numero di seggi da assegnare alle liste collegate al candidato sindaco eletto sig. Dosi, dovesse essere effettuato per difetto. Conseguentemente, secondo i ricorrenti, il seggio in questione andava attribuito alla lista Piacenza viva, collegata al candidato sindaco Andrea Paparo e, dunque, doveva risultare eletto consigliere il candidato Marco Colosimo, risultato maggior suffragato della lista con 114 preferenze. Con sentenza n. 266 in data 10 luglio 2012, il Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, sede di Parma, accoglieva il ricorso sulla base di quanto affermato da questo Consiglio di Stato con la sentenza della Quinta Sezione 21 maggio 2012, n. 2928, per l’effetto annullando gli atti impugnati limitatamente alla nomina della signora Sandra Ponzini in luogo del signor Marco Colosimo. Avverso la predetta sentenza la signora Sandra Ponzini ha proposto ricorso che e' stato accolto dal Consiglio di Stato. Si legge nella parte motiva che il Collegio non ignora il contrasto giurisprudenziale formatosi in seno alla stessa Quinta Sezione del Consiglio di Stato in ordine all’interpretazione dell’art. 73, decimo comma, del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ai sensi del quale: "qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8". Si discute infatti se qualora il calcolo del 60 per cento dei seggi porti ad un numero non intero, come nel caso di specie, il necessario arrotondamento debba avvenire per difetto, e quindi all’unità inferiore, come ritenuto da C. di S., V, 21 maggio 2012, n. 2928, richiamata dal primo giudice, ovvero per eccesso, e quindi all’unità superiore, come affermato da C. di S., V, 1 marzo 2012, n. 1197, e 18 aprile 2012, n. 2260. Il Collegio condivide l’orientamento espresso dalle ultime due sentenze citate. Invero, appare decisivo il fatto che la norma della cui applicazione si discute usa la congiunzione "almeno" per indicare la percentuale minima dei seggi spettanti alla coalizione vincente. La norma infatti stabilisce che qualora la coalizione non abbia ottenuto "almeno" il 60 per cento dei seggi questa percentuale le deve essere comunque attribuita. La volontà del legislatore è quindi chiara nell’attribuire alla coalizione collegata al candidato sindaco eletto non meno del 60 per cento dei consiglieri spettanti al comune, per evidenti motivi di governabilità, che il legislatore ha ritenuto prevalenti. Di conseguenza, l’arrotondamento per difetto, preteso dall’odierno appellato, si pone in contraddizione con la volontà espressa dal legislatore. Deve essere poi sottolineato come le argomentazioni appena esposte, fondate sull’esegesi del testo, prevalgano sulle apprezzabili considerazioni logiche svolte nel precedente cui si è uniformato il primo giudice. Afferma, in conclusione, il Collegio che l’art. 73, decimo comma, del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, deve essere interpretato nel senso che qualora la coalizione collegata al candidato sindaco eletto non raggiunga il 60 per cento dei voti debba comunque esserle attribuito il 60 per cento dei seggi, arrotondando il risultato all’unità superiore quando il calcolo relativo non dia un numero intero. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.2.2013, n. 810)

 
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Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna, Parma, il sig. Marco Colosimo nella duplice qualità di cittadino elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Piacenza e di candidato nella lista Piacenza Viva, unitamente al sig. Matteo Monfasani in qualità di elettore, impugna ... Continua a leggere

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lunedì 18 marzo 2013 23:21

Accesso ai documenti: il limite di valutazione della p.a. sulla sussistenza di un interesse concreto, attuale e differenziato all'accesso, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull'esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti

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E' pacifica in giurisprudenza l’affermazione secondo la quale l’azione per l’accesso agli atti della pubblica amministrazione può essere proposta anche sulla base di un interesse di contenuto tale da non legittimare la proposizione dell’azione per l’annullamento di un provvedimento amministrativo. Più precisamente, il limite di valutazione della p.a. sulla sussistenza di un interesse concreto, attuale e differenziato all'accesso, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull'esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato a un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque sull'azione amministrativa, espressamente vietato dall'art. 24, comma terzo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in termini, da ultimo, C. di S., III, 07 agosto 2012 n. 4530). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12.3.2013, n. 793)

 
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E' pacifica in giurisprudenza l’affermazione secondo la quale l’azione per l’accesso agli atti della pubblica amministrazione può essere proposta anche sulla base di un interesse di contenuto tale da non legittimare la proposizione dell’azione per l’annullamento di un provvedimento amministrativo. ... Continua a leggere

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lunedì 18 marzo 2013 23:21

Le controversie tra p.a. e sindacato devono essere decise dal giudice ordinario. Riformata dal Consiglio di Stato la sentenza che accoglieva il ricorso del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia contro la ripartizione dei contingenti complessivi dei distacchi sindacali retribuiti autorizzabili

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Nel giudizio in esame il Sindacato unitario lavoratori di polizia (SIULP) domandava l’annullamento del Decreto in data 8.11.2004 del Ministro per la funzione pubblica recante la ripartizione dei contingenti complessivi dei distacchi sindacali retribuiti autorizzabili (per il biennio 2004-2005) per violazione dell’art. 35 del DPR n.164/2002 e dell’art. 43, comma 1, del Decreto leg.vo n.165/2001, nonché eccesso di potere per difetto di motivazione. Il Tribunale adìto accoglieva il ricorso, rilevandone la fondatezza nel merito. Detta decisione è stata impugnata innanzi al Consiglio di Stato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui appello e' stato accolto relativamente all'eccepito difetto di giurisdizione. Invero l’azione è proposta da un organizzazione sindacale che contrasta un atto amministrativo recante una disciplina di ripartizione, tra le varie forze sindacali presenti nel settore della Polizia di Stato, dei distacchi sindacali. Muovendo da quest’ultimo contenuto, si deve rilevare anzitutto che la materia si pone del tutto al di fuori del rapporto di pubblico impiego sotto il profilo soggettivo, poiché la relazione giuridica che viene in rilievo intercorre tra la p.a. ed un sindacato, mentre quella di pubblico impiego corre tra la p.a. ed il singolo dipendente. Conseguentemente non possono venire in soccorso, al fine di individuare la giurisdizione amministrativa, le norme (indicate dall’appellato) che regolano il rapporto di pubblico impiego, soprattutto poiché i contestati criteri, adottati da atto amministrativo, tuttavia non incidono sul singolo dipendente (o incidono, ma sempre ed solo indirettamente, sul singolo dipendente che vanti titolo ad un distacco sindacale), ma investono le modalità di esercizio della funzione sindacale nel suo complesso. Con specifico riferimento a quest’ultima ed alla luce della posizione attribuita al sindacato nel sistema delle relazioni "industriali", va tenuto conto che il meccanismo dei distacchi è uno degli strumenti attraverso i quali il sindacato realizza la propria autonomia di organizzazione e quindi contribuisce ad articolare le proprie funzioni. In altri termini, proprio la natura della posizione azionata, indubbiamente non di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo (come sottolineato dall’appellante), in indissolubile correlazione con la peculiare natura del soggetto titolare, appare decisiva al fine di non radicare la giurisdizione amministrativa, ove si consideri che: - si tratta di diritto soggettivo che non figura tra le materie affidate alla giurisdizione esclusiva; - la titolarità di tale diritto costituisce attribuzione tipica di una organizzazione sindacale; e, attesa tale peculiarità del soggetto agente, la giurisdizione deve essere attribuita in stretto riferimento agli artt. 28 della legge n. 300/1970 e 6 e 7 della legge n.146/1990 (norme indicate dall’appellante), in base ai quali il Sindacato in quanto tale può azionare la tutela delle proprie posizioni in materia solo innanzi al giudice ordinario. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 14.2.2013, n. 1523)

 
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Nel giudizio in esame il Sindacato unitario lavoratori di polizia (SIULP) domandava l’annullamento del Decreto in data 8.11.2004 del Ministro per la funzione pubblica recante la ripartizione dei contingenti complessivi dei distacchi sindacali retribuiti autorizzabili (per il biennio 2004-2005) per ... Continua a leggere

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lunedì 18 marzo 2013 23:21

L’accesso ai documenti riguarda i soli documenti rappresentativi di atti già esistenti, non essendo tenuta l’Amministrazione ad elaborare dati in suo possesso per soddisfare le domande di accesso

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La sentenza in esame viene attenzionata in quanto affronta la questione afferente alla individuazione di ciò che può qualificarsi "documento amministrativo" ai fini della relativa accessibilità. Si legge nella statuizione che "problematica è la questione relativa all’accessibilità dello specifico "documento" del quale si chiede l’esibizione, tenuto conto che per espressa disposizione di legge (art. 22 della L. 241/90) si intende per «documento amministrativo», "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale". Nel caso di specie la ricorrente richiede alla Regione Lazio "la certificazione del numero di accessi e minuti complessivi di consultazione telematica dei progetti (sia pure in forma anonima) eseguiti tra il 18 giugno 2012 (data della nomina della Commissione) ed il 25 giugno 2012 (data della prima riunione della Commissione)". La norma dell’art. 22 della L. 241/90 dà una nozione di "documento" molto ampia, non avente necessariamente natura cartacea, richiede però che si tratti di una rappresentazione del contenuto di atti; la norma regolamentare (art. 2 comma 2 del D.P.R. 184/06), a sua volta, specifica che: "Il diritto di accesso si esercita con riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della richiesta e detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge, nei confronti dell'autorità competente a formare l'atto conclusivo o a detenerlo stabilmente. La pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso". Entrambe le disposizioni chiariscono in modo incontrovertibile che l’accesso riguarda i soli documenti rappresentativi di atti già esistenti, non essendo tenuta l’Amministrazione ad elaborare dati in suo possesso per soddisfare le domande di accesso. La giurisprudenza ha costantemente affermato che l' accesso è un istituto preordinato alla conoscenza di documenti preesistenti e non può essere utilizzato allo scopo di promuovere la costituzione di nuovi documenti in cui siano contenute le informazioni richieste (T.A.R. Lecce Puglia sez. II 8 marzo 2012 n. 453; TAR Campania - Napoli, Sez. V, 2 luglio 2008, n. 6673; TAR Calabria - Reggio Calabria, 21 settembre 2004, n. 712). Nel caso di specie, viene richiesta la predisposizione di una certificazione in merito agli accessi informatici da parte dei Commissari, al fine di verificare – in sostanza – quanto tempo abbiano dedicato alla disamina preventiva dei progetti. E’ del tutto evidente che per soddisfare la domanda di accesso della ricorrente la Regione dovrebbe predisporre una ricognizione ad hoc – servendosi all’occorrenza della società che si è occupata della gestione informatica della procedura - per ricavare i dati richiesti, e formare quindi il documento di cui si chiede l’esibizione, attività questa che fuorisce dal ristretto campo dell’accesso agli atti amministrativi, che presuppone – come già detto – la preesistenza del documento. Risulta quindi pienamente condivisibile la tesi della Regione Lazio secondo cui la certificazione richiesta fuorisce dal concetto di "documento amministrativo" di cui all’art. 22 della L. 241/90 con conseguente inammissibilità della domanda di accesso. Ciò però non esclude che il Collegio – ove lo ritenga necessario – possa acquisire le medesime informazioni in via istruttoria, non essendovi in questo caso preclusioni derivanti dalla particolare natura della certificazione. (TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, sentenza 12.3.2013, n. 2581)

 
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lunedì 18 marzo 2013 23:21

Provvedimenti di recupero di indebito per congedo parentale: per pacifica giurisprudenza il recupero deve essere effettuato al netto e non al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, potendo avere a oggetto soltanto quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente

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Per pacifica giurisprudenza la percezione da parte del pubblico dipendente di emolumenti non dovuti impone all’amministrazione di ripetere le relative somme ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., non essendo a ciò di ostacolo l’affidamento e la buona fede del dipendente in considerazione del danno per l’erario derivante da un illegittimo esborso di denaro pubblico (la non ripetibilità può semmai trovare riscontro solo in specifiche disposizioni normative, nella specie non ricorrenti; cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2704, e giurispr. ivi richiamata). Né l’iniziativa restitutoria dell’amministrazione è impedita dall’art. 34 d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tenore del quale l’indennità di congedo parentale (pari al 30 per cento della retribuzione) spetta al dipendente "fino al terzo anno di vita del bambino" e per un periodo di congedo "massimo complessivo tra i genitori di sei mesi" (co. 1) ovvero, per durate superiori, "a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria" (co. 3). È sufficiente rilevare in proposito come il ricorrente non abbia dedotto né provato (com’era suo onere ai sensi degli artt. 2697 cod. civ. e 64 c.p.a.) di versare nella situazione contemplata dalla norma (e in particolare dal menzionato comma 3, risultando dai provvedimenti di congedo un’età del figlio superiore ai tre anni). Va parimenti disattesa la domanda volta all’accertamento dell’irrilevanza del congedo parentale sul computo della tredicesima mensilità e dell’indennità giudiziaria, in ossequio al chiaro disposto: - dell’art. 34, co. 5, d.lgs. n. 151/2001 cit., a tenore del quale "i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia"; e - dell’art. 3, 1° comma, l. 19 febbraio 1981, n. 27 (come modificato dall’art. 1, co. 325, l. 30 dicembre 2004, n. 311), secondo cui l’indennità giudiziaria (spettante ai magistrati "in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività") va corrisposta "con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa". Non spetta perciò al ricorrente, per il fruito periodo di congedo parentale, alcun emolumento per i titoli in questione. È invece meritevole di accoglimento il capo di domanda concernente l’entità del recupero, che per pacifica giurisprudenza deve essere effettuato al netto e non al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, potendo avere a oggetto soltanto quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente (v. ex multis Cons. Stato, sez. III, 4 luglio 2011, n. 3984; Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1164; v. anche Cons. Stato, comm. spec. p.i., ad. 5 febbraio 2001, n. 478/2000, nonché, in termini, Cass. civ., sez. lav., 2 febbraio 2012, n. 1464). (TAR Lazio, Roma, Sez. III, sentenza 13.3.2013, n. 2661)

 
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