Gazzetta Informa News 10 Maggio 2013 - Area Amministrativa
Debiti della PA: i soldi richiesti dagli Enti Locali per lo sblocco dei pagamenti superano i fondi disponibili
1500 richieste pervenute dalle Amministrazioni Comunali, per un importo complessivo pari a circa 5,8 miliardi di euro; 15 domande presentate dalle Amministrazioni provinciali, per un controvalore di circa 110 milioni di euro ed infine 25 sono le richieste degli altri Enti locali, per circa 53 milioni di euro: questi i dati forniti da Cassa Depositi e Prestiti. Considerando che le cifre richieste superano l’importo delle somme del Fondo dedicato agli Enti locali da 4 miliardi di euro (2 miliardi per il 2013 e 2 miliardi per il 2014), su cui Cassa opera per conto del Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF), si procederà ad un riparto delle somme richieste. Le anticipazioni di liquidità, come previsto dal DL n. 35/2013, saranno concesse entro il prossimo 15 maggio e le erogazioni delle stesse saranno effettuate a seguito del perfezionamento dei relativi contratti. (Cassa Depositi e Prestiti, comunicato congiunto MEF n. 8 del 8.5.2013)
1500 richieste pervenute dalle Amministrazioni Comunali, per un importo complessivo pari a circa 5,8 miliardi di euro; 15 domande presentate dalle Amministrazioni provinciali, per un controvalore di circa 110 milioni di euro ed infine 25 sono le richieste degli altri Enti locali, per circa 53 milio ... Continua a leggere
Pagamento dei debiti della P.A.: nuova circolare della Ragioneria Generale dello Stato che innova le disposizioni per la certificazione di crediti relativi ai residui passivi perenti e semplifica le procedure di rilascio
La Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato la circolare n. 22/2013 che innova le disposizioni relative alla certificazione di crediti relativi ai residui passivi perenti contenute nella circolare n. 35 del 27/11/2012, semplificando le modalità operative delle procedure di rilascio delle certificazioni stesse e le relative richieste di reiscrizione. Le ragioni di tali modifiche: in primo luogo alla luce delle disposizioni contenute nel Decreto-legge 8 aprile 2013, n.35 che, all’art. 7 in tema di certificazione, ha disposto per tutte le amministrazioni pubbliche l’obbligo di accreditamento nonché l’esclusivo rilascio delle certificazione dei crediti sulla piattaforma elettronica; in secondo luogo in relazione alle nuove funzionalità appositamente rilasciate dall’applicativo SIPATR – Sistema del Conto del patrimonio. Per accedere al testo della circolare cliccare sul titolo sopra linkato. (Ragioneria Generale dello Stato, circolare n. 22 del 30.4.2013)
La Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato la circolare n. 22/2013 che innova le disposizioni relative alla certificazione di crediti relativi ai residui passivi perenti contenute nella circolare n. 35 del 27/11/2012, semplificando le modalità operative delle procedure di rilascio delle cert ... Continua a leggere
Sanità: dal 1 maggio e' vietata la vendita ai minori di anni diciotto di sigarette elettroniche con presenza di nicotina
E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'ordinanza del Ministero della salute che vieta la vendita ai minori di anni diciotto di sigarette elettroniche con presenza di nicotina e attribuisce alle autorita' sanitarie e di controllo e gli organi di polizia la vigilanza sull'esatta osservanzadel provvedimento, con applicazione delle conseguenti sanzioni indicate all'art. 25 del regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, e s.m.i. (Ministero della salute, ordinanza 2.4.2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30.4.2013)
E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'ordinanza del Ministero della salute che vieta la vendita ai minori di anni diciotto di sigarette elettroniche con presenza di nicotina e attribuisce alle autorita' sanitarie e di controllo e gli organi di polizia la vigilanza sull'esatta osservanza ... Continua a leggere
Differito il termine per la presentazione dell’attestazione sull’assolvimento degli obblighi di trasparenza e integrità
Civit con il comunicato in esame rende noto che in considerazione della recente entrata in vigore del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 "Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni", viene differito iltermine del 30 aprile previsto dalla delibera n. 4/2012 per la presentazione dell’attestazione sull’assolvimento degli obblighi di trasparenza e integrità che gli OIV devono effettuare ai sensi dell’art. 14, comma 4, lett. g) del D.Lgs. n. 150/2009. Il nuovo termine sarà indicato nelle Linee guida sui Programmi triennali per la trasparenza e l’integrità che la CiVIT sta predisponendo anche alla luce del citato D.Lgs. n. 33/2013. (CIVIT, comunicato del 29.4.2013)
Civit con il comunicato in esame rende noto che in considerazione della recente entrata in vigore del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 "Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni", viene differito il ... Continua a leggere
Elezioni amministrative 2013: tutte le agevolazioni per i viaggi aerei, ferroviari, autostradali e via mare a favore di chi deve spostarsi per votare il 26 e 27 maggio
Il Ministero dell'Interno, in vista delle elezioni amministrative del 26 e 27 maggio 2013 e delle elezioni comunali in Sicilia del 9 e 10 giugno 2013, rende note le principali condizioni relative alle agevolazioni di viaggio che saranno applicate dagli enti e società competenti, a favore degli elettori che si recheranno a votare presso il proprio comune di iscrizione elettorale. In particolare: 1. Agevolazioni aeree: E’ prevista per gli elettori un’agevolazione di viaggio, nella misura del 40%, per l’acquisto del biglietto aereo di andata e ritorno alla sede elettorale di iscrizione, per i viaggi aerei effettuati sul territorio nazionale. L’importo massimo rimborsabile non può essere superiore a 40 euro per il viaggio di andata e ritorno per ogni elettore. A questa iniziativa ha aderito esclusivamente la società Alitalia che applicherà le agevolazioni esclusivamente ai biglietti rilasciati per viaggi di andata e ritorno. 2. Agevolazioni per i viaggi ferroviari: La Società Trenitalia S.p.A. e la Società "Nuovo Trasporto Viaggiatori S.p.A." (N.T.V.) hanno stabilito alcune agevolazioni, applicabili ai viaggi degli elettori residenti in Italia ed ai viaggi degli elettori residenti all’estero, che prevedono la riduzione del prezzo del biglietto fino al 70%. 3. Agevolazioni autostradali: Le Concessionarie autostradali aderiranno alla richiesta di gratuità del pedaggio, sia all’andata che al ritorno, per i soli elettori residenti all’estero, su tutta la rete nazionale. 4. Agevolazioni per i viaggi via mare: Le società di navigazione "Compagnia Italiana di Navigazione" e "Compagnia delle Isole" applicheranno, nell’ambito del territorio nazionale, le consuete agevolazioni a favore degli elettori residenti in Italia e di quelli provenienti dall’estero che dovranno raggiungere il comune nelle cui liste elettorali sono iscritti, per poter esercitare il diritto di voto. Per tali elettori verrà applicata la riduzione del 60% sulla "tariffa ordinaria". Le condizioni previste per usufruire di tutte le agevolazioni sopraelencate sono consultabili cliccando sul titolo sopra linkato. (Ministero dell'Interno, comunicato 8.5.2013)
Il Ministero dell'Interno, in vista delle elezioni amministrative del 26 e 27 maggio 2013 e delle elezioni comunali in Sicilia del 9 e 10 giugno 2013, rende note le principali condizioni relative alle agevolazioni di viaggio che saranno applicate dagli enti e società competenti, a favore degli elet ... Continua a leggere
M5S: il Garante della privacy vieta di pubblicare e detenere le mail hackerate
Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il divieto di divulgare e trattare ulteriormente il contenuto delle mail dei deputati del Movimento 5 Stelle originariamente diffuse in rete. In particolare nel comunicato attenzionato il Garante precisa che le testate giornalistiche, i siti web e chiunque detenga queste mail, per averle eventualmente scaricate, dovrà provvedere a cancellarle, anche dai propri archivi. (Garante privacy, comunicato del 7.5.2013)
Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto il divieto di divulgare e trattare ulteriormente il contenuto delle mail dei deputati del Movimento 5 Stelle originariamente diffuse in rete. In particolare nel comunicato attenzionato il Garante precisa che le testate giornalistiche, i si ... Continua a leggere
Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali: on line la versione aggiornata dal Ministero
E' scaricabile cliccando sul titolo sopra linkato la versione aggiornata del TUEL approvato con Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L'aggiornato e' fino alle modifiche apportate dal decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, recante: "Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190" (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 3 del 4 gennaio 2013). Le modifiche apportate rispetto alla precedente versione del marzo 2012 sono stampate in corsivo ed in grassetto. (Ministero dell'Interno, Dip. Affari Interni e Terr., comunicato del 6.5.2013)
E' scaricabile cliccando sul titolo sopra linkato la versione aggiornata del TUEL approvato con Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L'aggiornato e' fino alle modifiche apportate dal decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, recante: "Testo unico delle disposizioni in materia di incandid ... Continua a leggere
Condanna al pagamento delle spese processuali: nelle spese di giudizio liquidate dal giudice non può essere ricompresa anche la restituzione del contributo unificato che è oggetto di una obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice
Come più volte rilevato dalla unanime giurisprudenza, la condanna alle spese del giudizio è espressione di un ampio potere valutativo del giudice di primo grado, che è sostanzialmente sottratto al sindacato del giudice d’appello, salva l’ipotesi di statuizioni macroscopicamente irragionevoli o illogiche, ravvisabili nel caso della condanna alle spese della parte vittoriosa (C.d.S, sez. V, 30 novembre 2012, n. 6113; sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5854; 16 aprile 2012, n. 2161). Nelle spese di giudizio liquidate dal giudice non può essere ricompresa anche la restituzione del contributo unificato, nel caso di accoglimento della domanda o del ricorso, atteso che detto contributo, ai sensi del comma 6 bis dell’art. 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è oggetto di una obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice, sia quanto alla possibilità di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 2.5.2013, n. 2388)
Come più volte rilevato dalla unanime giurisprudenza, la condanna alle spese del giudizio è espressione di un ampio potere valutativo del giudice di primo grado, che è sostanzialmente sottratto al sindacato del giudice d’appello, salva l’ipotesi di statuizioni macroscopicamente irragionevoli o illo ... Continua a leggere
Responsabilità della pubblica amministrazione per l'adozione di un provvedimento illegittimo: spetta al ricorrente provare di aver subito un danno, non potendo supplire il soccorso istruttorio del giudice
Anche nel giudizio amministrativo spetta al ricorrente, che assume di aver subito un danno dall’adozione di un provvedimento illegittimo o anche da un comportamento della pubblica amministrazione, l’onere della prova, secondo il principio generale fissato dall’art. 2697 c.c. (ex multis, C.d.S., sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967; 18 gennaio 2006, n. 112; sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5747; 22 agosto 2006, n. 4932; 27 febbraio 2006, n. 835), non potendo a tanto supplire il soccorso istruttorio del giudice, trattandosi di prove che sono nella piena disponibilità della parte. E’ stato ripetutamente sottolineato, in tema di responsabilità della pubblica amministrazione, che l’ingiustizia del danno non può considerarsi in re ipsa nella sola illegittimità dell’esercizio della funzione amministrativa o pubblica in generale, dovendo in realtà il giudice procedere ad accertare che sussista un evento dannoso; che il danno sia qualificabile come ingiusto (in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento); che l’evento dannoso sia riferibile, sotto il profilo causale, ad una condotta della pubblica amministrazione; che l’evento dannoso sia imputabile a responsabilità della pubblica amministrazione anche sotto il profilo soggettivo del dolo o della colpa (ex pluribus, Cass. Civ., sez. III, 28 ottobre 2011, n. 22508; 23 febbraio 2010, n. 4326). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 2.5.2013, n. 2388)
Anche nel giudizio amministrativo spetta al ricorrente, che assume di aver subito un danno dall’adozione di un provvedimento illegittimo o anche da un comportamento della pubblica amministrazione, l’onere della prova, secondo il principio generale fissato dall’art. 2697 c.c. (ex multis, C.d.S., sez ... Continua a leggere
Personale del comparto sanità: la triplice condizione che consente, in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego, la retribuzione delle stesse
Ai sensi dell’art. 29 comma 2, d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, al personale del comparto della sanità spetta, in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego, la retribuzione delle stesse, inpresenza della triplice e contestuale condizione inerente: all’esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello; alla previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente, potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell’esercizio delle funzioni primariali; all’espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 5.3.2013, n. 1340). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 2.5.2013, n. 2380)
Ai sensi dell’art. 29 comma 2, d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, al personale del comparto della sanità spetta, in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego, la retribuzione delle stesse, in ... Continua a leggere
Le circolari amministrative non sono vincolanti per i soggetti estranei all'Amministrazione
Le circolari amministrative sono atti diretti agli organi ed uffici periferici ovvero sottordinati, e non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale o, comunque, vincolante per i soggetti estranei all'Amministrazione (Cons. Stato: sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4859; sez. IV, 12 giugno 2010, n. 3877). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2374)
Le circolari amministrative sono atti diretti agli organi ed uffici periferici ovvero sottordinati, e non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale o, comunque, vincolante per i soggetti estranei all'Amministrazione (Cons. Stato: sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4859; sez. IV, 12 giugno 2010 ... Continua a leggere
Spetta alla Regione determinare la capacità operativa massima, per macroarea, delle singole strutture sanitarie accreditate
Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha confermato la correttezza della sentenza del T.A.R., nella parte in cui ha affermato che l’attribuzione di capacità operativa massima spetta alla Regione, che ha anche poteri di vigilanza ai sensi dell’art. 10 del d. lgs. 502/92, sicché la A.S.L. era incompetente a determinare tale capacità e non avrebbe potuto né determinare dapprima in un valore nullo tale capacità, sulla base dell’assunto che presso la struttura non operasse un tecnico di laboratorio specializzato, né successivamente ridurla, dopo il chiarimento dell’autorità regionale, ad un numero minore di prestazioni. La capacità operativa massima costituisce, infatti, quel valore sintetico, che esprime le potenzialità funzionali e strutturali di un centro erogatore di prestazioni sanitarie per conto del S.S.R., così ponendosi come limite massimo, entro il quale può astrattamente estendersi il contenuto del rapporto di provvisorio accreditamento, la cui concreta ed effettiva misura è tuttavia data dalla definizione del limite di spesa, dato valoriale di programmazione generale fissato a livello regionale per macroarea ed a livello aziendale per singola branca di attività (Cons. St., sez. III, 3.10.2011, n. 5427). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 2.5.2013, n. 2379)
Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha confermato la correttezza della sentenza del T.A.R., nella parte in cui ha affermato che l’attribuzione di capacità operativa massima spetta alla Regione, che ha anche poteri di vigilanza ai sensi dell’art. 10 del d. lgs. 502/92, sicché la A.S.L. era i ... Continua a leggere
Le controversie concernenti il pagamento di somme per prestazioni sanitarie erogate in convenzione con il Servizio sanitario nazionale esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo e rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario
A seguito della sentenza della Corte costituzionale del 6 luglio 2004, n. 204, le controversie concernenti il pagamento di somme per prestazioni sanitarie erogate in convenzione con il Servizio sanitario nazionale esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo e rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, come afferma l’ormai costante giurisprudenza in materia (cfr. ex plurimis, in tal senso, Cons. St., sez. V, 7.1.2009, n. 17, in riferimento ad un’azione di condanna delle amministrazioni sanitarie intimate al pagamento dei compensi spettanti per prestazioni effettuate dall’appellante in favore degli utenti del servizio sanitario regionale; Cons. St., sez. V, 21.12.2004 n. 8153; CGA Sicilia, 27.12.2006, n. 787, in materia di pagamenti richiesti da strutture accreditate; Cons. St., sez. V. 28.4.2005 n. 1971, in materia di rimborsi di prestazioni farmaceutiche; Cass. SS.UU., 24.11.2004, n. 22119; Cass., Sez. L, 26.4.2004 n. 7912). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 2.5.2013, n. 2379)
A seguito della sentenza della Corte costituzionale del 6 luglio 2004, n. 204, le controversie concernenti il pagamento di somme per prestazioni sanitarie erogate in convenzione con il Servizio sanitario nazionale esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo e rientrano nella giurisdizion ... Continua a leggere
Solo la data attestata in via ufficiale nel protocollo dell’Ente garantisce la necessaria certezza sull’an e sul quando dell’acquisizione di un determinato documento e, pertanto non rileva di per sé la rilevazione su un foglio dei dati di ‘ricezione di un fax’ o l’apposizione di un generico timbro
Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha prestato puntuale adesione a quanto già affermato con la sentenza della Sezione VI, 6 giugno 2011, n. 3341. Nell’occasione il Consiglio (chiamato a pronunciarsi, appunto, su un’ipotesi di esercizio del potere statale di annullamento di cui all’articolo 159, cit.) ha chiarito che "in via generale l'assunzione di una pratica al protocollo dell'amministrazione ha la funzione di certificare la certezza legale dell'avvenuta ricezione, ai fini sia di costituire un termine iniziale incontestabile per l'esplicazione dei poteri che a tale ricezione si connettono, sia di garantire la conoscenza effettiva da parte dell'organo procedente. Di conseguenza, solo la data attestata dal protocollo va assunta a prova dell'avvenuta conoscenza e considerata quale termine iniziale per la decorrenza del termine, irrilevanti essendo i diversi, eventuali elementi dai quali possa desumersi la ricezione da parte dell'amministrazione, la cui considerazione renderebbe invece incerta ed eventuale l'individuazione di un momento che, viceversa, per la rilevanza che l'ordinamento gli connette, deve emergere come formalmente incontestabile. Nel caso di specie, pertanto, la decorrenza del termine previsto dall'art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 deve computarsi [dal momento dell’acquisizione al protocollo della Soprintendenza dell’atto comunale di autorizzazione ai fini paesaggistici]". In altri termini, quando si debba attribuire rilievo al decorso del tempo (per la verifica della formazione di un silenzio della pubblica amministrazione o del mancato esercizio di un potere di riesame), tranne i casi espressamente tipizzati dalla legge, non rileva di per sé la rilevazione su un foglio dei dati di ‘ricezione di un fax’ o l’apposizione di un generico timbro: ha rilievo la data attestata dal protocollo, facente fede fino a querela di falso, soltanto dopo la quale comincia a decorrere il termine entro il quale il potere può essere esercitato. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2359)
Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha prestato puntuale adesione a quanto già affermato con la sentenza della Sezione VI, 6 giugno 2011, n. 3341. Nell’occasione il Consiglio (chiamato a pronunciarsi, appunto, su un’ipotesi di esercizio del potere statale di annullamento di cui all’artico ... Continua a leggere
A seguito di una richiesta di integrazione documentale da parte della Soprintendenza e per effetto della interruzione prodotta da tale richiesta, l'originario termine di sessanta giorni si prolunga di ulteriori trenta giorni
Sulla questione afferente il decorso del termine di cui al comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo 42 del 2004 il Consiglio di Stato ha richiamato le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza la quale ha chiarito che: a) il termine di sessanta giorni di cui alla richiamata disposizione ha carattere perentorio e decorre dalla ricezione, da parte della Soprintendenza, dell'autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnicoamministrativa, sulla cui base l'autorizzazione è stata adottata; b) nel caso in cui la detta documentazione sia incompleta, "il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti. Quindi il termine decorre dal momento in cui la Soprintendenza riceva la documentazione completa" (Cons. Stato, Sez. II, n. 2449 del 2004); c) la Soprintendenza, oltre all'integrazione della documentazione appena richiamata, può chiedere integrazioni istruttorie, purché non si tratti di ingiustificati aggravamenti del procedimento dati da richieste pretestuose, dilatorie o tardive; d) in questo caso, ai fini del decorso del termine di legge si applica quanto disposto dal sopra citato art. 6-bis del decreto ministeriale n. 495 del 1994, richiamato dal più volte richiamato comma 3 dell’articolo 159 del d.lgs. n. 42 del 2004 (Cons. Stato, Sez. VI: 19 settembre 2008, n. 4311; id., Sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4313; id., Sez. VI, 26 novembre 2007, n. 6032). In particolare, il Collegio ritiene che meriti puntuale conferma quanto affermato da Cons. Stato, VI, 10 gennaio 2011, n. 43, secondo cui, a seguito di una richiesta di integrazione documentale e per effetto della interruzione prodotta da tale richiesta, l'originario termine di sessanta giorni si prolunga di ulteriori trenta giorni, con la conseguenza che – fermo restando il termine minimo di trenta giorni, decorrente dal ricevimento della documentazione integrativa - il tempo decorrente dall'originario ricevimento degli atti fino alla richiesta istruttoria sommato a quello successivo che va dal ricevimento della documentazione integrativa richiesta fino all'adozione del provvedimento di annullamento non deve complessivamente essere superiore a novanta giorni, non tenendosi ovviamente conto del periodo che va dalla comunicazione della richiesta di integrazione al ricevimento degli atti. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2359)
Sulla questione afferente il decorso del termine di cui al comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo 42 del 2004 il Consiglio di Stato ha richiamato le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza la quale ha chiarito che: a) il termine di sessanta giorni di cui alla richiamata disposizio ... Continua a leggere
Con il trasferimento dell'azienda o di un ramo di azienda il subentro del nuovo imprenditore nella posizione di datore di lavoro avviene ope legis, e non richiede particolari formalità o dichiarazioni negoziali espresse, né il consenso del lavoratore
Nel giudizio in esame il Collegio osserva che è nozione elementare che il trasferimento dell’azienda, o di un ramo di azienda, comporta la (o consiste nella) cessione di tutti gli inerenti rapporti giuridici (art. 2558 cod. civ.), compresi naturalmente i contratti di lavoro e d’opera. L’art. 2112 cod. civ. ribadisce la regola che il rapporto di lavoro prosegue con il nuovo titolare dell’azienda, e dispone ciò, essenzialmente, a tutela dei lavoratori: l’alternativa, invero, sarebbe il licenziamento e non già la prosecuzione del rapporto con il vecchio imprenditore, in quanto è ovvio che costui, non essendo più titolare dell’azienda, non avrebbe più alcuna ragione di stipendiare il relativo personale, né si potrebbe esigere che lo facesse. Trattandosi di una norma a tutela dei lavoratori, il subentro del nuovo imprenditore nella posizione di datore di lavoro avviene ope legis, e non richiede particolari formalità o dichiarazioni negoziali espresse, né, comunque, il consenso del lavoratore interessato, salva ovviamente la sua facoltà di licenziarsi. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 30.4.2013, n. 2368)
Nel giudizio in esame il Collegio osserva che è nozione elementare che il trasferimento dell’azienda, o di un ramo di azienda, comporta la (o consiste nella) cessione di tutti gli inerenti rapporti giuridici (art. 2558 cod. civ.), compresi naturalmente i contratti di lavoro e d’opera. L’art. 2112 c ... Continua a leggere
Informativa antimafia: non e' necessario che sui fatti sintomatici di possibile condizionamento vi sia stato un accertamento istruttorio assimilabile a quello proprio della sede giurisdizionale
Si è più volte rimarcato in giurisprudenza che la finalità di prevenzione speciale cui partecipa l’istituto della informativa antimafia, che costituisce una sensibile anticipazione della soglia dell’autotutela amministrativa rispetto a possibili ingerenze della criminalità nell’attività del soggetto che beneficia di un contatto qualificato con una pubblica amministrazione, non richiede che sui fatti sintomatici di possibile condizionamento vi sia stato un accertamento istruttorio assimilabile a quello proprio della sede giurisdizionale. Le informazioni raccolte dal Prefetto in relazione ad "eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate" possono consistere in elementi puramente indiziari, purchè il quadro dei dati raccolti riveli l’attualità del pericolo di condizionamento nella scelte gestionali della società che si trovi in rapporto qualificato con la pubblica amministrazione (per l’elencazione delle fattispecie rilevanti v. all. 3 del d.lgs. n. 490 del 1994 e art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, applicabili ratione temporis alla controversia in oggetto). Nella sentenza in esame ritiene poi il Consiglio di Stato corretta la conclusione del Tar in ordine alla natura vincolata del provvedimento dell’Autorità portuale, adottato in esito ad una informativa prefettizia "tipica" (art. 4 del d.lgs. n. 490 del 1994 e art. 10 del d.P.R. n. 252 del 1998), in quanto in tal caso – ed a differenza di quanto accade nell’ipotesi di informativa "atipica", adottata ai sensi dell’art. 1 septies d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito nella legge 12 ottobre 1982, n. 726 – la misura interdittiva discende direttamente dal’atto prefettizio, senza alcuna possibilità di apprezzamento discrezionale dei fatti da parte dell’autorità destinataria della informativa, che è tenuta pertanto a ritirare, in confronto del soggetto gravato da indizi di infiltrazioni mafiose, l’atto ampliativo a suo tempo rilasciato (Cons. Stato, III, 14 settembre 2011 n. 5130; Cons. Stato, III, 7 settembre 2012, n. 4765). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2361)
Si è più volte rimarcato in giurisprudenza che la finalità di prevenzione speciale cui partecipa l’istituto della informativa antimafia, che costituisce una sensibile anticipazione della soglia dell’autotutela amministrativa rispetto a possibili ingerenze della criminalità nell’attività del soggett ... Continua a leggere
Università: nelle procedure comparative per il conseguimento dell’idoneità all’insegnamento universitario le pubblicazioni scientifiche dei candidati hanno un ruolo centrale
Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha ribadito la centralità, di recente già affermata (v. la sentenza del 25 febbraio 2013, n. 1118), delle pubblicazioni scientifiche dei candidati nelle procedure comparative per il conseguimento dell’idoneità all’insegnamento universitario. La giurisprudenza amministrativa è consolidata da tempo nel ritenere che, pur nell’ambito dei distinti criteri posti a fondamento dell’attività valutativa dei candidati, un ruolo fondamentale assumono le pubblicazioni scientifiche dei candidati, come si desume dalla lettura dell’art. 4 del d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2356)
Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha ribadito la centralità, di recente già affermata (v. la sentenza del 25 febbraio 2013, n. 1118), delle pubblicazioni scientifiche dei candidati nelle procedure comparative per il conseguimento dell’idoneità all’insegnamento universitario. La giurisprud ... Continua a leggere
Nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, vige il principio generale di irrilevanza, sia agli effetti dell'inquadramento che della retribuzione, delle mansioni superiori svolte dal dipendente
Secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 luglio 2011, n. 4104; Cons. Stato, VI, 16 dicembre 2010, n. 9016; n. 1153/2011), in difetto di eccezionali ed espresse previsioni normative che consentano l'utilizzo del dipendente in posizione diversa da quella formalmente rivestita ed attribuiscano a questa destinazione effetti modificativi del suo status, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, vige il principio generale di irrilevanza, sia agli effetti dell'inquadramento che della retribuzione, delle mansioni superiori (alla qualifica di appartenenza) svolte dal dipendente. 4.- Detto indirizzo si collega: a) al carattere rigido delle dotazioni di organico degli enti pubblici e dei relativi flussi di spesa; b) all'assenza di un potere del soggetto preposto al vertice dell'ufficio di gestire in via autonoma la posizione di "status" dei dipendenti ed il relativo trattamento economico; c) alla garanzia della parità di trattamento di tutti i soggetti che operino nella struttura organizzativa dell'ente ed aspirino ad accedere all'esercizio di mansioni di qualifica superiore, ove ne sussistano i presupposti, in condizioni di parità, trasparenza e non discriminazione. 5.- Ciò posto, riguardo alla posizione di impiego rivestita dall'appellata, la rilevanza agli effetti economici dell'esercizio di mansioni non riconducibili alla qualifica formalmente rivestita trova disciplina nelle norme del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed oggetto di successive modifiche ed adattamenti che - come chiarito dalla giurisprudenza in fattispecie analoghe relative a dipendenti appartenenti ai ruoli dell'I.N.P.S. - non consentono la corresponsione di una remunerazione difforme da quella prevista in via tabellare per la qualifica rivestita (cfr. Cons. Stato, VI, 1° settembre 2008, n. 4345 1; 11 settembre 2008, n. 4346; 27 ottobre 2006, n. 6496; 17 marzo 2003, n. 1595). Con dette decisioni, in linea con Cons. Stato, Ad. plen., 18 novembre 1999, n. 22, 23 febbraio 2000, n. 11, e 23 marzo 2006, n. 3, sono stati ribaditi i seguenti principi, applicabili per il periodo di svolgimento del rapporto di lavoro da parte dell'istante: - la retribuzione corrispondente all'esercizio delle mansioni superiori può aver luogo non in virtù del mero richiamo all'art. 36 Cost., ma solo ove una norma speciale consenta tale assegnazione e la maggiorazione retributiva (Ad. plen. n. 22 del 1999, cit.); - l'art. 57 d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante una nuova e completa disciplina dell'attribuzione temporanea di mansioni superiori, è stato abrogato dall'art. 43 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, senza avere mai avuto applicazione, essendo stata la sua operatività più volte differita ope legis prima dell'abrogazione e da ultimo fino al 31 dicembre 1998; - la materia è rimasta disciplinata dall'art. 56 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall'art. 25 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che, nel confermare sostanzialmente l'indirizzo della giurisprudenza amministrativa, ha previsto la retribuzione delle mansioni superiori, rinviandone l'applicazione in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questa stabilita, disponendo altresì che "fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore" (art. 56, comma 6); - le parole "a differenze retributive" sono state poi abrogate dall'art. 15 d.lgs. n. 29 ottobre 1998, n.387, ma "con effetto dalla sua entrata in vigore" (Ad. plen. n. 22 del 1999), con la conseguenza che l'innovazione legislativa spiega effetto dall'entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998, n.387, e cioè dal 22 novembre 1998; - il diritto al trattamento economico per l'esercizio di mansioni superiori – in presenza dei relativi presupposti - ha quindi la fonte in una norma (art. 15 d.lgs. 29 ottobre 1998, n.387) a carattere innovativo, non meramente interpretativo della disciplina previgente, con la conseguenza che il riconoscimento legislativo non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse (Ad. plen. n. 11 del 2000 e da ultimo Ad. plen. n. 3 del 2006); - il carattere non interpretativo della modifica introdotta dal richiamato art. 15 trova conferma nel valore precettivo della disposizione modificata, inidoneo a dar luogo a dubbi cui ovviare attraverso un'interpretazione autentica del legislatore. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2348)
Secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (ex multis, Cons. Stato, VI, 8 luglio 2011, n. 4104; Cons. Stato, VI, 16 dicembre 2010, n. 9016; n. 1153/2011), in difetto di eccezionali ed espresse previsioni normative che consentano l'utilizzo del dipendente in posizione diversa d ... Continua a leggere
L’eccesso di "consultazione" (il fatto ciò che l’Amministrazione chieda pareri non previsti o non imposti) non determina un vizio dell’istruttoria
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato rileva come l’eccesso di "consultazione" (il fatto ciò che l’Amministrazione procedente chieda pareri non previsti o non imposti) non determina un vizio dell’istruttoria, ma, al contrario, ne arricchisce i contenuti. Tale modus procedendi, pertanto, nonè di per sé sufficiente ad inficiare la legittimità del provvedimento che risulti nel suo contenuto dispositivo sostanzialmente corretto. Il motivo di appello, quindi, solleva una questione meramente formale, ma non evidenzia in che modo, l’acquisizione dei due pareri contestati, abbia potuto tradursi in una diminuzione di garanzie procedimentali. Il fatto, invero, che un determinato parere non sia previsto (o non sia reso obbligatorio) non impedisce all’Amministrazione procedente, ove ritenga utili le valutazioni di una diversa Amministrazione o di un determinato organo, di acquisire, prima di decidere, il suo apporto valutativo. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.4.2013, n. 2343)
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato rileva come l’eccesso di "consultazione" (il fatto ciò che l’Amministrazione procedente chieda pareri non previsti o non imposti) non determina un vizio dell’istruttoria, ma, al contrario, ne arricchisce i contenuti. Tale modus procedendi, pertanto, non ... Continua a leggere
Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa
In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale "le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua, con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa, […] tutte le volte che la conoscenza sia comunque intervenuta, sì da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende" la comunicazione prevista dall'art. 7 della legge n. 241 del 1990 (ex plurimis: Cons. di Stato, Sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4925, e 18 aprile 2012, n. 2286). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2350)
In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale "le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto inter ... Continua a leggere
Riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo
Per il "riconoscimento" dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base al citato art. 23 T.U. sulla pesca, dell’adozione, da parte della competente autorità amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento ricognitivo di tali diritti, se ed in quanto "derivanti da antico titolo" ovvero da "lunghissimo possesso", e che attribuisce al riconoscimento della competente autorità amministrativa efficacia costitutiva ai fini della persistenza dei diritti medesimi; in particolare, non è, all’uopo, sufficiente dimostrare l’avvenuta presentazione di una tempestiva domanda di riconoscimento, se non vi è prova della avvenuta adozione dell’insostituibile provvedimento positivo, di "riconoscimento", emesso dall’autorità all’epoca competente (v. in tal senso, per tutte, Cass., Sez. un. civ., 4 dicembre 2009, n. 25493, e gli altri precedenti ivi richiamati)......Altrettanto correttamente, nell’appellata sentenza è stato escluso che i diritti esclusivi di pesca in capo ai danti causa dell’odierna appellante fossero stati accertati, con efficacia di giudicato, dalle citate sentenze della Corte d’appello di Roma del 23 giungo - 25 luglio 1941 della Corte di Cassazione (sentenza n. 766/1947), in quanto: - le richiamate sentenze si limitano a confermare la divisione effettuata, in sede di confinazione tra i Sansone, i Comuni rivieraschi e i pescatori locali, nel 1811 in applicazione delle leggi sulla eversione delle feudalità, e dunque con riguardo alla disciplina precedente alla l. 24 marzo 1921, n. 312 (recepita dal T.U. n. 1604/1931), e non affrontano la questione del riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca vantati dai Sansone, ai sensi della normativa sopravvenuta; - la sentenza della Corte d’appello rileva espressamente che i diritti dei Sansone "consistono oggi nel godimento del totale prodotto della pesca nello specchio d’acqua riservato ai loro danti causa nel 1811, diventato nel 1914 proprietà demaniale dello Stato e attualmente soggetto ad un particolare regime amministrativo" (v. così testualmente, p. 46 della sentenza), in tal modo ponendo fuori dal decisum ogni questione relativa al riconoscimento dei diritti esclusivi di pesca secondo il regime amministrativo introdotto in materia dalla legislazione postunitaria, peraltro in piena coerenza con i passaggi contenuti a pp. 24 e 25 della sentenza, dove si dà atto della mancata adozione di un provvedimento di riconoscimento da parte del competente Ministero. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.4.2013, n. 2339)
Per il "riconoscimento" dei diritti esclusivi di pesca sul demanio marittimo in base al citato art. 23 T.U. sulla pesca, dell’adozione, da parte della competente autorità amministrativa, di un positivo, specifico provvedimento ricognitivo di tali diritti, se ed in quanto "derivanti da antico titolo ... Continua a leggere
Pubblicazioni scientifiche: Una volta valutati, da parte della commissione, l'originalità ed innovatività" dell'opera l'"apporto individuale del candidato", la "congruenza con le discipline ricomprese nel settore scientifico disciplinare", può essere assorbita la valutazione della diffusione dell'opera, siccome ininfluente a modificare il giudizio già espresso
La giurisprudenza ha chiarito che "l'art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 117 del 2000, nelle sue varie lettere, va inteso come un elenco di criteri, di valutazione delle pubblicazioni scientifiche (e del "curriculum"), posti in ordine decrescente di importanza. Sicché, una volta valutati, da parte dellacommissione, l'originalità ed innovatività" dell'opera (lett. a), l'"apporto individuale del candidato" (lett. b), la "congruenza con le discipline ricomprese nel settore scientifico disciplinare" (lett. c), può essere assorbita la valutazione della diffusione dell'opera (lett. d), siccome ininfluente a modificare il giudizio già espresso in base ai criteri delle precedenti lettere a), b), c)" (Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6209) e, quanto alla rilevanza dell’indice dello "impact factor", che esso "rappresenta uno dei criteri di valutazione, ma non certo l'unico o principale criterio al quale la commissione debba attenersi" dovendo, ai sensi del medesimo art. 4 del d.P.R. n. 17 del 2000, essere espresso "un giudizio sulla qualità intrinseca delle pubblicazioni che non può determinarsi solo sulla base di un fattore astratto quale l'impact factor" (Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2010, n. 3561). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.4.2013, n. 2330)
La giurisprudenza ha chiarito che "l'art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 117 del 2000, nelle sue varie lettere, va inteso come un elenco di criteri, di valutazione delle pubblicazioni scientifiche (e del "curriculum"), posti in ordine decrescente di importanza. Sicché, una volta valutati, da parte della ... Continua a leggere
E' legittimo per la Commissione limitarsi a richiamare in toto i criteri di valutazione fissati dal regolamento e farne diretta applicazione, senza introdurre subcriteri né aggiungere ulteriori criteri rispetto a quelli normativamente fissati
L’art. 4 del d.P.R. n. 117 del 2000 dispone, al comma 1, che "Le commissioni giudicatrici predeterminano i criteri di massima e le procedure della valutazione comparativa dei candidati", elenca, nei commi 2 e 3, i criteri per la valutazione e specifica, nel comma 4, i titoli comunque da valutare, con previsione ampia e puntuale e perciò anche idonea rispetto ai diversi settori scientifici. A fronte di ciò il Consiglio di Stato ha ritenuto, con giurisprudenza che "ne consegue che è legittimo per la Commissione limitarsi a richiamare in toto i criteri di valutazione fissati dal regolamento e farne diretta applicazione, senza introdurre subcriteri né aggiungere ulteriori criteri rispetto a quelli normativamente fissati. Ciò in quanto i criteri di cui all'articolo 4 risultano già sufficientemente prescrittivi e dettagliati da costituire idonea traccia operativa su cui incardinare l'operato della Commissione e in quanto la norma delinea l'introduzione di criteri suppletivi come mera facoltà e non come obbligo per la Commissione" (Sez. VI, 23 maggio 2012, n. 2999). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.4.2013, n. 2330)
L’art. 4 del d.P.R. n. 117 del 2000 dispone, al comma 1, che "Le commissioni giudicatrici predeterminano i criteri di massima e le procedure della valutazione comparativa dei candidati", elenca, nei commi 2 e 3, i criteri per la valutazione e specifica, nel comma 4, i titoli comunque da valutare, c ... Continua a leggere
Elusione o violazione del giudicato da parte della P.A.: e' violazione del giudicato quando il nuovo atto emanato dall’amministrazione riproduce i medesimi vizi già censurati ovvero si pone in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla precedente statuizione del giudice, mentre si configura l’elusione del giudicato laddove l’amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione al giudicato, tende sostanzialmente a raggirarlo in modo da pervenire surrettiziamente allo stesso esito, oggetto del recedente annullamento
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, si ha violazione di giudicato quando il nuovo atto emanato dall’amministrazione riproduce i medesimi vizi già censurati ovvero si pone in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla precedente statuizione del giudice, mentre siconfigura la fattispecie dell’elusione del giudicato laddove l’amministrazione, pur formalmente provvedendo a dare esecuzione al giudicato, tende sostanzialmente a raggirarlo in modo da pervenire surrettiziamente allo stesso esito, oggetto del recedente annullamento (C.d.S., sez. IV, 4 marzo 2011, n. 1415; 1° aprile 2011, n. 2070; sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348; sez. VI, 5 luglio 2011, n. 4037). E’ stato anche precisato che l’atto emanato dall’amministrazione dopo l’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo può considerarsi adottato in violazione o elusione del giudicato solo quanto da esso derivava un obbligo talmente puntuale che il suo contenuto era desumibile nei suoi tratti essenziali direttamente dalla sentenza (ex multis, C.d.S., sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3223; sez. VI, 3 maggio 2011, n. 2601; 7 giugno 2011, n. 3415). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.4.2013, n. 2278)
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, si ha violazione di giudicato quando il nuovo atto emanato dall’amministrazione riproduce i medesimi vizi già censurati ovvero si pone in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla precedente statuizione del giudice, mentre si ... Continua a leggere
Incarichi dirigenziali: restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
Gli artt. 19 e seguenti del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), disciplinano le modalità e i criteri per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali. L’art. 63, primo comma, dello stesso decreto stabilisce che «sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni», incluse, tra l’altro, quelle relativa al conferimento e alla revoca degli incarichi dirigenziali. Il quarto comma dello stesso art. 63 dispone, tra l’altro, che «restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni». Nella fattispecie in esame, l’Azienda ospedaliera ha indetto una procedura di selezione per il conferimento di un incarico di struttura semplice dipartimentale. La giurisdizione in relazione ad essa, alla luce del chiaro disposto normativo, spetta al giudice civile. Su un piano generale, l’ambito di applicazione del sopra richiamato art. 63 – che esplicitamente attribuisce al giudice civile le controversie sull’impiego ‘privatizzato’– non possono essere revocate in dubbio in ragione: i) della natura concorsuale della procedura e ii) della natura universitaria del rapporto di servizio. In relazione al primo aspetto, la procedura in esame non ha natura concorsuale in quanto non si effettua «una valutazione comparativa tra candidati» e non si «redige una graduatoria di merito» ma si «esprime esclusivamente un giudizio di idoneità». L’incarico «viene conferito sulla base di una scelta di carattere fiduciario, volta alla ricerca, non del migliore in senso assoluto, ma del migliore anche in relazione alle attitudini necessarie per gestire, organizzare e dirigere il lavoro che afferisce all’incarico da ricoprire, senza che la legge indichi i criteri da seguire, scelta riconducibile alla capacità di diritto privato dell’amministrazione» (Cons. Stato, sez. III, 24 novembre 2012, n. 5946; id, 7 luglio 2010, n. 3009). In relazione al secondo aspetto, la controversia non attiene, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, al rapporto di impiego dei professori universitari, ma al conferimento di un incarico dirigenziale per lo svolgimento di funzioni di direzione in ambito assistenziale. Su un piano specifico non rileva: i) l’esistenza di un precedente obbligo di conferimento di un incarico previsto dalla convenzione del 1999; ii) l’asserita illegittimità della procedura stessa perché non consentirebbe la partecipazione dell’appellante e sarebbe stata svolta in violazione delle modalità sopra indicate. In relazione al primo aspetto, non rientra nella giurisdizione di questo Consiglio valutare il contenuto dell’obbligo convenzionale assunto al fine di annullare la procedura di selezione. La convenzione del 1999 non ha individuato, con specificità, il posto che viene in rilievo in questa sede. Se l’obbligo assunto avesse avuto un contenuto puntuale, si sarebbe potuta realizzare una sorta di "caducazione automatica" della successiva procedura selettiva. La genericità del dovere di assegnazione di un posto di responsabilità, letta congiuntamente alla specificità dell’incarico da assegnare e al tempo trascorso, non consente lo svolgimento del sindacato giurisdizione richiesto. In definitiva, non sarebbe possibile annullare la procedura di selezione senza incidere sull’esercizio di poteri privati il cui sindacato rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario. In relazione al secondo aspetto, compete, anche in questo caso, al giudice ordinario stabilire se le modalità di selezione e i criteri stabiliti sono contrari alla normativa di disciplina della materia e ai principi generali che presiedono al sindacato sui poteri datoriali. In definitiva, la unitarietà della vicenda controversa e la stretta correlazione, più volte posta in evidenza nell’atto di appello, tra l’attuazione dell’obbligo del 1999 e la legittimità della procedura di selezione, impone che la stessa sia conosciuta, nella sua complessità, dal giudice ordinario. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 30.4.2013, n. 2351)
Gli artt. 19 e seguenti del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), disciplinano le modalità e i criteri per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali. L’art. 63, primo comma, dello stesso decreto stabilisce che «s ... Continua a leggere
Controversie di lavoro: il termine di decadenza del diritto di azione e di proponibilità della domanda giudiziale e' il 30 giugno 1998 decorso il quale la domanda non può più essere proposta, né innanzi al giudice amministrativo, né davanti al giudice ordinario
L'articolo 69, comma 7, del D. Lgs. n. 165 del 2001 (riproducendo con una formulazione leggermente diversa, ma irrilevante quanto al suo significato [così C.d.S., sez. III, 3 agosto 2012, n. 4425], il contenuto dell'articolo 45, comma 17, del D. Lgs. n. 80 del 1998) ha stabilito che sono attribuiteal giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 68 dello stesso decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998, aggiungendo, con disposizione giudicata legittima dalla Corte Costituzionale (sentenza 26 maggio 2005 n. 213), che le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data rimangono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000. Tale data, com’è stato ripetutamente osservato dalla giurisprudenza, è concepita dal legislatore, non quale limite alla persistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ma quale termine di decadenza del diritto di azione e di proponibilità della domanda giudiziale, così che, spirato tale termine, la domanda non può più essere proposta, né innanzi al giudice amministrativo, né davanti al giudice ordinario (ex multis, oltre a Corte Cost., 26 maggio 2005, n. 213, C.d.S., sez. III, 7 maggio 2012, n. 2619; sez. IV, 22 marzo 2011 n. 1753; 27 gennaio 2011, n. 625; 27 novembre 2010, n. 8257; 12 luglio 2007, n. 4002; Sez. V, 18 gennaio 2011, n. 309; 26 gennaio 2011, n. 554; 18 febbraio 2009, n. 946; Sez. VI, 23 aprile 2012, n. 2379; 4 giugno 2010, n. 3554; VI, 8 agosto 2008, n. 3909, 13 giugno 2008, n. 2939). Poiché nel caso di specie è pacifico che la richiesta di pagamento dell’indennità di fine rapporto di cui al D.P.C.S. 4 aprile 1947, n. 207, appartenente alla giurisdizione del giudice amministrativo, come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con ordinanza n. 18221 del 5 agosto 2010, è stata proposta dall’odierno appellante ben oltre il termine del 15 settembre 2000, correttamente i primi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.4.2013, n. 2283)
L'articolo 69, comma 7, del D. Lgs. n. 165 del 2001 (riproducendo con una formulazione leggermente diversa, ma irrilevante quanto al suo significato [così C.d.S., sez. III, 3 agosto 2012, n. 4425], il contenuto dell'articolo 45, comma 17, del D. Lgs. n. 80 del 1998) ha stabilito che sono attribuite ... Continua a leggere
Lavoro straordinario: la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla retribuzione
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato evidenzia come la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla retribuzione e l'obbligo dell'amministrazione di corrisponderla atteso che, altrimenti, sideterminerebbe l'equiparazione del lavoro straordinario autorizzato con quello per il quale non è intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto, ma non rispondenti ad alcuna riconosciuta necessità, mentre invece la retribuibilità del lavoro straordinario è in via di principio condizionata all'esistenza di una siffatta autorizzazione formale, la quale svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, cui, ai sensi dell'art. 97 cost., deve essere improntata l'azione della Pubblica amministrazione (cfr. Cons. St., sez. III, 19 febbraio 2013 n. 996). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 24.4.2013, n. 2312)
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato evidenzia come la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l'orario d'obbligo non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla retribuzione e l'obbligo dell'amministrazione di corrisponderla atteso che, altrimenti, si ... Continua a leggere
L'azione di arricchimento senza causa contro la P.A. presuppone non solo il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell'utilità dell'opera o della prestazione
L'azione di arricchimento senza causa nei confronti della p.a. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell'utilità dell'opera o della prestazione; tale riconoscimento, che sostituisce il requisito dell'arricchimento previsto dall'art. 2041 c.c. nei rapporti tra privati, può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo implicito, da atti o comportamenti dell'Amministrazione, dai quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l'utilità della prestazione promanante da organi rappresentativi dell'amministrazione interessata, mentre non può essere desunta dalla mera acquisizione e successiva utilizzazione della prestazione stessa (cfr. Cons. St., sez. V, 4 giugno 2009 n. 3460). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 24.4.2013, n. 2312)
L'azione di arricchimento senza causa nei confronti della p.a. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell'esecuzione di un'opera o di una prestazione vantaggiosa per l'Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell'utilità del ... Continua a leggere
Nelle more del giudizio la P.A. può convalidare l'atto amministrativo
L'ammissibilità della convalida di un atto nelle more del giudizio è da ritenersi ormai fuor di dubbio in virtù delle disposizioni contenute nell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (C.d.S., sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5538), per quanto, proprio con riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 6 della legge 18 marzo 1968, n. 249, è stato affermato che essa consente la convalida o la ratifica degli atti viziati da incompetenza anche in pendenza di gravame, in sede amministrativa o giurisdizionale, anche di appello, con la sola esclusione dell’ipotesi che sia intervenuta una sentenza passata in giudicato (C.d.S., sez. IV 29 maggio 2009, n. 3371; 31 maggio 2007, n. 2894; 28 febbraio 2005, n. 739), fermo restando che essa è tuttora vigente e compatibile con le disposizioni contenute nella legge 7 agosto 1990, n. 241 (C.d.S., sez. VI, 7 maggio 2009, n. 2840). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.4.2013, n. 2278)
L'ammissibilità della convalida di un atto nelle more del giudizio è da ritenersi ormai fuor di dubbio in virtù delle disposizioni contenute nell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (C.d.S., sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5538), per quanto, proprio con riferimento alla disposizione conte ... Continua a leggere
E' irricevibile l'appello avverso il silenzio rifiuto della P.A. qualora la notificazione non venga effettuata nel termine dimezzato di tre mesi dal deposito della sentenza
Il Consiglio di Stato ha dichiarato nel caso di specie l'appello irricevibile rilevando come il dimezzamento dei termini prevista dal codice del processo amministrativo si applica, ai sensi dell’art. 117, anche al giudizio in materia di silenzio rifiuto. Ai sensi del citato art. 117 c.p.a., la notifica dell’atto di appello sarebbe dovuta avvenire entro il 31 marzo 2012, nei tre mesi dal deposito della sentenza di primo grado avvenuta il 31 gennaio 2012, mentre l’atto di appello risulta notificato il 27 luglio 2012, oltre il suddetto termine di tre mesi. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.4.2013, n. 2274)
Il Consiglio di Stato ha dichiarato nel caso di specie l'appello irricevibile rilevando come il dimezzamento dei termini prevista dal codice del processo amministrativo si applica, ai sensi dell’art. 117, anche al giudizio in materia di silenzio rifiuto. Ai sensi del citato art. 117 c.p.a., la noti ... Continua a leggere
Trasferimenti di militari ad altra sede di servizio: le determinazioni che riguardano la mobilità del personale organico alle Forze Armate rispondono a dei fini strettamente organizzativi, per cui, anche in presenza di trasferimenti a domanda, agli atti che definiscono tali istanze non si applica tout court la normativa dettata dalla legge sul procedimento amministrativo
Sono state più volte sottolineate dal Consiglio di Stato la natura e la specialità degli atti riguardanti il trasferimento dei militari (cfr Sez. IV n.623/2011) e si è avuto modo di far presente come in realtà le determinazioni che riguardano la mobilità del personale organico alle Forze Armate risponde a dei fini strettamente organizzativi, per cui, anche in presenza di trasferimenti a domanda, gli atti che definiscono tali istanze, quanto alla normativa di riferimento, subiscono alcuni limiti, nel senso che ad essi non appare applicabile tout court la normativa di tipo garantista dettata dalla legge sul procedimento amministrativo (cfr Sez. IV nn. 6273/09 e 7614/09) e se così è, nella specie, non appare configurabile a carico del provvedimento negativamente assunto il vizio di mancata comunicazione delle ragioni ostative. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.4.2013, n. 2261)
Sono state più volte sottolineate dal Consiglio di Stato la natura e la specialità degli atti riguardanti il trasferimento dei militari (cfr Sez. IV n.623/2011) e si è avuto modo di far presente come in realtà le determinazioni che riguardano la mobilità del personale organico alle Forze Armate ris ... Continua a leggere
Il giudizio di ottemperanza: il giudicato che vincola l’amministrazione non si desume soltanto dal tenore del dispositivo della pronuncia, ma deve trarsi anche dalla parte motiva della sentenza
La verifica della rispondenza dell’attività dell’amministrazione successiva al giudicato amministrativo deve essere compiuta sulla scorta dell’esatta regula juris che la pronuncia del TAR ha enunciato in merito alla fattispecie sottoposta alla sua cognizione. Com’è oramai acquisito a seguito dellacospicua elaborazione giurisprudenziale, il giudicato che vincola l’amministrazione non si desume soltanto dal tenore del dispositivo della pronuncia, ma deve trarsi anche dalla parte motiva della sentenza. Da ciò deriva che non tutte le pronunce di annullamento hanno portata autoesecutiva nel senso che non necessitano di un ulteriore intervento da parte del giudice dell’ottemperanza. La questione è già stata scandagliata da Cons. St., Ad. Plen., 4 dicembre 1998, n. 8, che ha chiarito come la necessità di un intervento da parte del giudice dell’ottemperanza si rende necessaria quando la sentenza resa nel giudizio di cognizione non è di per sé in grado di adeguare la realtà giuridica e materiale al giudicato. Ossia quando non v'è necessità di alcuna ulteriore attività amministrativa per rendere attuale il deciso. L’effetto conformativo che produce il giudicato attraverso la lettura combinata del dispositivo e della motivazione della sentenza passata in giudicato, vincola la riedizione del potere amministrativo, tracciando i confini all’intermo dei quali la successiva attività amministrativa può muoversi senza contrastare con la regola di diritto, prodotto del giudice di cognizione. Allo stesso tempo in sede di ottemperanza si realizza un giudizio composito che non tende soltanto alla mera esecuzione della pronuncia pregressa, ma presenta connotati tipici del giudizio di cognizione in omaggio al principio di effettività della tutela giurisdizionale (Cons. St., Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2). In questo senso si può affermare che, se il giudizio di ottemperanza presuppone la presenza di una pronuncia resa in sede di cognizione, l’accertamento in essa compiuto rappresenta solo la base di partenza dalla quale il giudice dell’ottemperanza deve muoversi per colmare ulteriormente quella richiesta di giustizia che all’indomani della sentenza eseguenda sarebbe rimasta inevasa a giudizio del ricorrente. Il giudizio di ottemperanza, quindi, si connota nel senso di circoscrivere ulteriormente l’esercizio del potere amministrativo, sulla scorta delle ulteriori censure che la parte vittoriosa nel giudizio di cognizione sottopone al giudice dell’ottemperanza. Pertanto, "la giurisdizione di ottemperanza è il mezzo attraverso il quale deve essere assicurato, grazie all'intervento del giudice, il pieno compimento di quell'attività che la p.a. avrebbe dovuto svolgere conformandosi al precedente giudicato, ed è intuitivo che essa non possa spingersi sino ad esiti che neppure all'agire spontaneo della medesima p.a. sarebbero più ormai consentiti" (Cass., Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23302). A tal fine, all’indomani dell’entrata in vigore della novella del 2005 alla l. 241/90 con l’introduzione dell’art. 21-septies e del c.p.a., il giudice dell’ottemperanza ha tra gli strumenti a sua disposizione anche la pronuncia dichiarativa della nullità degli atti amministrativi violativi o elusivi del giudicato. (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.4.2013, n. 2260)
La verifica della rispondenza dell’attività dell’amministrazione successiva al giudicato amministrativo deve essere compiuta sulla scorta dell’esatta regula juris che la pronuncia del TAR ha enunciato in merito alla fattispecie sottoposta alla sua cognizione. Com’è oramai acquisito a seguito della ... Continua a leggere
La mancata indicazione del termine per impugnare e dell’autorità alla quale ricorrere non sono causa di illegittimità dell’atto, ma mere irregolarità
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato ribadisce il principio ormai pacifico in giurisprudenza a tenore del quale l'omessa indicazione del termine per impugnare e dell’autorità alla quale ricorrere non sono causa di illegittimità dell’atto, ma mere irregolarità. (Consiglio di Stato, Sez. IV,sentenza 23.4.2013, n. 2253)
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato ribadisce il principio ormai pacifico in giurisprudenza a tenore del quale l'omessa indicazione del termine per impugnare e dell’autorità alla quale ricorrere non sono causa di illegittimità dell’atto, ma mere irregolarità. (Consiglio di Stato, Sez. IV, ... Continua a leggere
Emersione del lavoro irregolare: il reato di immigrazione clandestina non e' più una causa ostativa alla procedura di emersione
Il reato di immigrazione clandestina, previsto dall'art. 14 comma 5-ter, t.u. 25 luglio 1998, n. 286, non può più ritenersi ostativo ai fini della procedura di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari dopo la direttiva U.E. n. 115 del 2008 che, essendo di immediata applicazione, secondo l'interpretazione datane con sentenza 28 aprile 2011 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, è entrata in vigore, anche prima di essere recepita, trascorsi tre anni dalla sua adozione, e ha determinato l'abolizione del suddetto reato, come tempestivamente riconosciuto dal Consiglio di Stato con le sentenze dell'Adunanza plenaria 10 maggio 2011, n. 7 e n. 8 e da ampia giurisprudenza successiva (Cfr. CdS, III Sezione, nn. 271/2013, 2684/2012, 6780/2011, 6411/2011). L'abolizione del reato previsto dalla disposizione sopra citata opera con efficacia retroattiva, ai sensi dell'art. 2 del codice penale, e pertanto non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell'emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato, in quanto il principio del tempus regit actum esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l'atto inerisce sia irretrattabilmente definito, e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento. In seguito è intervenuta la attuazione legislativa su questo punto della direttiva CE n. 115/2998 con le disposizioni dell'art. 3, comma 1, lettera d), n. 6, del decreto legge n. 89/2011 come convertito dalla legge n. 129/2011. Tali disposizioni hanno sostituito il precedente testo dell'art. 14, comma 5-ter, già citato, che prevedeva la pena edittale fino a 4 anni di reclusione per il reato di violazione dell'ordine di espulsione, con un nuovo testo che prevede una multa nella misura massima di 20.000 euro e che non può evidentemente incidere sui fatti pregressi rispetto alla data della sua entrata in vigore e non potrebbe comunque avere efficacia preclusiva rispetto alle procedure di emersione. (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 23.4.2013, n. 2242)
Il reato di immigrazione clandestina, previsto dall'art. 14 comma 5-ter, t.u. 25 luglio 1998, n. 286, non può più ritenersi ostativo ai fini della procedura di emersione dal lavoro irregolare dei cittadini extracomunitari dopo la direttiva U.E. n. 115 del 2008 che, essendo di immediata applicazione ... Continua a leggere