ULTIME NEWS
Trasparenza: entro il 28 luglio on line le situazioni patrimoniali di Ministri, vice Ministri e Sottosegretari
Presidenza Consiglio dei Ministri
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi ha adottato una apposita circolare indirizzata a tutti i Ministri, a tutti i Vice Ministri e a tutti i Sottosegretari affinché, in ottemperanza delle normative sulla trasparenza, pubblichino, sul sito istituzionale, tutti i dati sulla loro situazione patrimoniale. L’articolo 14 del d.lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 prevede infatti che le pubbliche amministrazioni pubblichino entro tre mesi dalla elezione (28 aprile-28 luglio) o dalla nomina dei titolari di incarichi politici i seguenti documenti e informazioni: • L’atto di nomina o di proclamazione, con l’indicazione della durata dell’incarico o del mandato elettivo; • il curriculum; • i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; • i dati relativi all’assunzione di altre cariche presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti; • gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti; • le dichiarazioni previste dalla legge per il coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado ove gli stessi vi consentano. Per accedere alla lettura della circolare cliccare sul titolo sopra linkato.
Presidenza Consiglio dei Ministri
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi ha adottato una apposita circolare indirizzata a tutti i Ministri, a tutti i Vice Ministri e a tutti i Sottosegretari affinché, in ottemperanza delle normative sulla trasparenza, pubblichino, sul sito istituzionale, ... Continua a leggere
La P.A. non può sospendere sine die i propri provvedimenti
Consiglio di Stato
Un provvedimento di sospensione sine die è illegittimo perché contrasta radicalmente con la finalità attributiva di tale potere, questo il principio ribadito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato che ha evidenziato come l’ordinamento riconosce infatti alla p.a. un generale potere – desumibile dall’art. 7, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241, e ora espressamente disciplinato dall’art. 21-quater della medesima legge – di natura cautelare e durata temporanea, consistente nella sospensione degli effetti dell’atto amministrativo precedentemente adottato. Deve tuttavia essere rimarcata la necessità della prefissione di un termine che salvaguardi l’esigenza di certezza della posizione giuridica della parte, restando così scongiurato il rischio di una illegittima sospensione sine die (cfr., in termini, Cons. St., V, 4.3.2008, n. 904, Cons. St., sez. VI, 11.2.2011, n. 905). Orbene il provvedimento del Comune, nella misura in cui ha sospeso senza prefissare alcun termine la validità del permesso di costruire, si pone in netta antitesi con il principio di cautela e con il fine di certezza sottesi al provvedimento di sospensione, quale configurato dall’astratto paradigma legislativo, ed è in quanto tale illegittimo, sicché rettamente il giudice di prime cure ne ha pronunciato l’annullamento, osservando che l’atto stesso si traduce, di fatto, in una revoca definitiva del provvedimento autorizzatorio.
Consiglio di Stato
Un provvedimento di sospensione sine die è illegittimo perché contrasta radicalmente con la finalità attributiva di tale potere, questo il principio ribadito dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato che ha evidenziato come l’ordinamento riconosce infatti alla p.a. un generale potere – desumibile ... Continua a leggere
Graduatoria provinciale permanente per la nomina dei docenti di scuola materna: l'attribuzione del doppio punteggio per il servizio prestato in comuni montani
Consiglio di Stato
La ricorrente in primo grado, oggi appellata, ha impugnato innanzi al Consiglio di Stato la graduatoria provinciale permanente per la nomina dei docenti di scuola materna lamentando la mancata attribuzione del doppio punteggio per il servizio prestato in varie scuole del Comune dell’Aquila, considerato montano ai sensi della legge n. 134/04 di conversione del d.l. n. 97/04, che alla lett. h) richiama i comuni di montagna di cui alla legge n. 90/1957. La sentenza impugnata ha richiamato la decisione della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 2207/2005 per fondare l’accoglimento del ricorso in primo grado proposto dall’odierna appellata. Tale orientamento (Cons. Stato, VI, 9.5. 2005, n. 2207). e' stato nuovamente confermato anche dal Consiglio di Stato laddove nella sentenza in esame ha affermato che a norma dell’art. 27, comma 3, del T.U. n. 267/2000, è affidato alla Regione il compito di individuare gli ambiti e le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane; e la legge della Regione Abruzzo n. 11 del 2003 (art. 4 e tab. A) individua i comuni totalmente montani, tra cui è compreso il comune di L’Aquila. "Non può ritenersi che la legge regionale abbia invaso le competenze statali, previste dall’art. 117 Cost., poiché: - la legge regionale ha classificato i comuni, in coerenza con l’art. 27, comma 3, del testo unico, in un sistema per il quale non vanno di volta in volta accertate le caratteristiche dei comuni (come disponeva la legge n. 991 del 1952), ma una volta per tutte rileva la classificazione regionale, con indubbia valorizzazione del principio di certezza delle relazioni giuridiche; - la medesima legge non ha in alcun modo inciso sull’esercizio dei poteri ordinamentali ed organizzativi dello Stato relativi al servizio scolastico, poiché ha operato una qualificazione di uno degli elementi concorrenti per la sussistenza di un presupposto di fatto, rilevante per la verifica della concreta sussistenza del disagio, connesso alla attribuzione del punteggio in misura doppia. Tali considerazioni, unitamente alla natura meramente ricognitiva degli elenchi redatti dal Ministero dell’istruzione, comportano il rigetto delle censure dell’appellante".
Consiglio di Stato
La ricorrente in primo grado, oggi appellata, ha impugnato innanzi al Consiglio di Stato la graduatoria provinciale permanente per la nomina dei docenti di scuola materna lamentando la mancata attribuzione del doppio punteggio per il servizio prestato in varie scuole del Comune dell’Aquila, conside ... Continua a leggere
Trasparenza, calendario delle prossime scadenze a carico delle Amministrazioni
Civit
Tutte le scadenze per le P.A. emergenti dalle norme sulla "Trasparenza Amministrativa" sono indicate in sintesi dalla Civit che con apposito documento precisa che: 1) a Settembre/Dicembre 2013 (CiVIT indicherà la data) l'OIV dovrà procedere alle attestazioni mirate sull’assolvimento di specifiche categorie di obblighi di pubblicazione in alcune tipologie di amministrazione; 2) 31 Dicembre 2013 l'OIV dovrà Attestare l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione per il 2013 (CiVIT renderà disponibile la nuova griglia che sostituisce quella relativa al 2012 allegata alla delibera 4/2012); 3) 31 Gennaio 2014 le Amministrazioni dovranno Adottare il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016; 4) entro il 28 Febbraio 2014 il Responsabile della trasparenza (solo per le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici nazionali) dovra' inserire sul Portale della trasparenza il Programma triennale 2014-2016 e compilare la scheda illustrata nell’Allegato 3 alle Linee Guida per l'aggiornamento del Programma; 5) entro 28 Febbraio 2014 l'OIV (solo per le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici nazionali) dovrà procedere alla rilevazione e comunicazione degli esiti dei riscontri effettuati sull’avvio del ciclo della trasparenza 2014 attraverso la compilazione della scheda illustrata nell’Allegato 4; 6) entro il 31 Dicembre 2014 a carico dell'OIV e' prevista l'attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione per il 2014.
Civit
Tutte le scadenze per le P.A. emergenti dalle norme sulla "Trasparenza Amministrativa" sono indicate in sintesi dalla Civit che con apposito documento precisa che: 1) a Settembre/Dicembre 2013 (CiVIT indicherà la data) l'OIV dovrà procedere alle attestazioni mirate sull’assolvimento di specifiche ... Continua a leggere
Civit approva le linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016
Civit
Alla luce delle rilevanti modifiche normative, la Civit ha elaborato delle nuove Linee guida che forniscono, a integrazione delle delibere CiVIT n. 105/2010, "Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità", e n. 2/2012, "Linee guida per il miglioramento della predisposizione e dell’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità", le principali indicazioni per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità e per il suo coordinamento con il Piano di prevenzione della corruzione previsto dalla legge n. 190/2012, per il controllo e il monitoraggio sull’elaborazione e sull’attuazione del Programma. Nella seduta del 4 luglio 2013 la Commissione, infatti, a seguito di consultazione pubblica, ha approvato le "Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016". Secondo quanto in esse indicato, la verifica sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione da parte degli Organismi indipendenti di valutazione e la relativa attestazione è completata e inviata alla Commissione entro e non oltre il 31 dicembre 2013. Le amministrazioni, invece, adottano il Programma triennale entro il 31 gennaio 2014.
Civit
Alla luce delle rilevanti modifiche normative, la Civit ha elaborato delle nuove Linee guida che forniscono, a integrazione delle delibere CiVIT n. 105/2010, "Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità", e n. 2/2012, "Linee guida per il miglioramento ... Continua a leggere
Amministrazione Trasparente, on line l'elenco degli obblighi di pubblicazione vigenti e dei soggetti obbligati al rispetto del D.lgs n. 33/2013
Civit
Nell'allegato 1 alle linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016 la Civit ha reso disponibile anche l’elenco degli obblighi di pubblicazione attualmente vigenti per le amministrazioni pubbliche con l’individuazione dei rispettivi ambiti soggettivi di applicazione. L’allegato, in particolare, si compone di due fogli. Il foglio 1 "Elenco obblighi" contiene la ricognizione degli obblighi di pubblicazione mentre nel foglio 2 "Ambito soggettivo" sono riportati i diversi ambiti soggettivi di applicazione degli obblighi. Nel foglio 1 per ciascuno degli obblighi riportati nella colonna "Ambito soggettivo" è indicata una lettera dell’alfabeto, cui corrisponde un particolare ambito soggettivo, esplicitato nel foglio 2 sotto il profilo dei soggetti che vi sono ricompresi. In particolare, il foglio 1, sulla scorta di quanto già previsto dall’allegato A del d.lgs. n. 33/2013, indica come è opportuno sia articolata la sezione "Amministrazione trasparente" di ogni sito istituzionale delle amministrazioni che sostituisce la sezione "Trasparenza, valutazione e merito", già prevista dall’art. 11, c. 8, del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Nello specifico, sono riportate le sotto-sezioni di primo e di secondo livello nelle quali la sezione "Amministrazione trasparente" deve strutturarsi e, per ciascuna delle sezioni di secondo livello, sono indicati gli obblighi di pubblicazione ricompresi, con il relativo riferimento normativo che ne costituisce il presupposto (v. colonna "Riferimento normativo"). Per favorire l’utilizzo di nomenclature standardizzate da parte delle amministrazioni, nella colonna "Denominazione del singolo obbligo" è attribuita, a ciascun dato o gruppo di dati, una denominazione e, laddove ritenuta opportuna, è proposta la pubblicazione dei dati in tabelle. Ciò risulta funzionale alla comparazione dei dati pubblicate dalle diverse amministrazioni e al controllo da parte della CiVIT. Si fa presente che, con riferimento agli obblighi per i quali si suggerisce la pubblicazione in tabelle, è opportuno utilizzare formati di tipo aperto (v. allegato 2) e nel caso in cui nelle tabelle occorra inserire atti o documenti, è possibile riportare direttamente i documenti o, in alternativa, i link agli stessi. In aggiunta, nella colonna "Contenuti dell’obbligo" sono riportati, per ciascun obbligo, i contenuti specifici previsti dalle relative discipline e, qualora esse rinviino ad altre norme, queste sono esplicitate, così da rendere immediatamente disponibile l’elencazione dei dati e delle informazioni oggetto dell’obbligo di pubblicazione. Infine, nella colonna "Aggiornamento" sono specificate le cadenze di aggiornamento di dati, informazioni e documenti. Nel dettaglio, con riferimento al d.lgs. n. 33/2013 è indicata la tempistica di aggiornamento espressamente prevista per ogni singolo obbligo di pubblicazione e, qualora assente, è individuata come "tempestiva" in virtù di quanto disposto dall’art. 8 del medesimo decreto. In relazione, invece, agli obblighi di pubblicazione contenuti in altre disposizioni normative si indica, se presente, la cadenza di aggiornamento richiamata dalla norma e, qualora mancante, è riportata una proposta della Commissione.
Civit
Nell'allegato 1 alle linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016 la Civit ha reso disponibile anche l’elenco degli obblighi di pubblicazione attualmente vigenti per le amministrazioni pubbliche con l’individuazione dei rispettivi ambiti soggett ... Continua a leggere
Elaborato dalla Funzione Pubblica il Piano Nazionale Anticorruzione
Funzione Pubblica
Il Ministro Gianpiero D'Alia ha trasmesso alla CIVIT la proposta di Piano Nazionale Anticorruzione elaborata dal Dipartimento della Funzione pubblica che ora dovrà essere approvato dalla CIVIT. Destinatari sono tutte le P.A. di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. Per le regioni, gli enti del S.S.N., gli enti locali e gli enti ad essi collegati alcuni adempimenti attuativi saranno definiti attraverso intese in sede di Conferenza unificata (art. 1, commi 60 e 61, legge 190/2012). Per il personale in regime di diritto pubblico (art. 3 del d.lgs. 165/2001), dovranno essere assicurate iniziative e misure di prevenzione analoghe a quelle previste per il personale contrattualizzato. Le Autorità amministrative indipendenti, gli enti pubblici economici, gli enti di diritto privato in controllo pubblico, le società partecipate e le società da esse controllate (art. 2359 c.c.) sono destinatari per le parti in cui sono espressamente indicati. Il Piano e' diviso in tre Sezioni: 1) Prima sezione: sono esposti gli obiettivi strategici e le azioni da implementare a livello nazionale. La responsabilità è in capo al Dipartimento della funzione pubblica e degli altri soggetti istituzionale che operano per la prevenzione a livello nazionale. 2) Seconda sezione: è dedicata all'illustrazione della strategia di prevenzione a livello decentrato ossia a livello di singola amministrazione e contiene le direttive alle pubbliche amministrazioni per l'applicazione delle misure di prevenzione tra cui quelle obbligatorie per legge. 3) Terza sezione: contiene indicazioni circa la comunicazione dei dati e delle informazioni al D.F.P. e la finalizzazione dei dati successivamente alla raccolta, per il monitoraggio e lo sviluppo di ulteriori strategie. Per accedere alla lettura del Piano cliccare sul titolo sopra linkato.
Funzione Pubblica
Il Ministro Gianpiero D'Alia ha trasmesso alla CIVIT la proposta di Piano Nazionale Anticorruzione elaborata dal Dipartimento della Funzione pubblica che ora dovrà essere approvato dalla CIVIT. Destinatari sono tutte le P.A. di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001. Per le regioni, gli enti ... Continua a leggere
Amministrazione Trasparente: la Civit chiarisce le modalità di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici
Civit
La Civit, a fronte dei sottoriportati numerosi quesiti interviene con un'apposita deliberazione in tema di "Pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati (artt. 26 e 27, d.lgs. n. 33/2013)". Quesiti: 1. Note del 10 maggio e del 26 giugno 2013 del Segretario del Comune di Martinengo con le quali si chiede se le aziende speciali siano tenute agli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs. n. 33/2013 ed in particolare a quelli di cui all’art. 26, considerato che l’art. 11 del decreto, relativo all’ambito soggettivo di applicazione, non le menziona e queste ultime non sono citate nemmeno dall’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 alla quale l’art. 11 rimanda. Tuttavia, si fa presente che l’art. 18 del d.l. n. 83/2012, ora abrogato, si applicava, per espressa previsione della norma, anche alle aziende speciali. 2. Nota del 22 maggio 2013, con la quale la Provincia di Genova chiede se sia corretto ritenere che, in virtù dell’art. 26 del d.lgs. n. 33/2013, siano da pubblicare sussidi, aiuti e provvidenze e non corrispettivi e compensi in favore di professionisti, imprese e privati dovuti in forza di una prestazione, sebbene l’art. 27 preveda la pubblicazione del curriculum del soggetto incaricato, implicitamente lasciando intendere l’esistenza di un obbligo di pubblicazione dei pagamenti di corrispettivi per incarichi. 3. Nota del 30 maggio 2013 del Dirigente dell’Area Finanze del Comune di Sala Consilina, con la quale si chiede se sia corretto interpretare l’art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 come volto ad imporre la pubblicazione di sussidi, aiuti e provvidenze, con esclusione dei dati relativi a corrispettivi e compensi in favore di professionisti, imprese e privati dovuti in forza di una prestazione. 4. Nota del 18 giugno 2013 della Provveditrice della Camera di Commercio di Ancona, con la quale si osserva che gli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 non prevedono la pubblicazione dei dati dell’albo dei beneficiari di provvidenze di natura economica di cui all’art. 1 del d.P.R. n. 118/2000, e si chiede pertanto se detta pubblicazione possa considerarsi assorbita o se si tratta di un obbligo ulteriore cui le amministrazioni sono comunque tenute ad adempiere. 5. Nota del 1 luglio 2013 del Responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, con la quale si chiede in primo luogo se sia corretto interpretare l’art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 come volto ad imporre la pubblicazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici, con esclusione dei dati relativi a corrispettivi e compensi in favore di professionisti, imprese e privati dovuti in forza di una prestazione, ed in secondo luogo se sia necessario pubblicare solo gli atti di concessione di vantaggi economici di importo superiore a mille euro annui. 6. Nota del 15 luglio 2013, con la quale il Comune di Molteno chiede se sia corretto interpretare l’art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 come volto ad imporre la pubblicazione dei contributi erogati a persone, enti ed imprese con esclusione dei dati relativi a corrispettivi alle imprese per lavori, servizi e forniture. Tenuto conto di quanto previsto dall’art. 10, c. 1, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013, ad integrazione della delibera n. 5072013 recante "Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016", coerentemente con le funzioni di vigilanza e controllo sull’esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione attribuiti a questa Commissione dall’art. 45, c.1, del d.lgs. n. 33/2013 AVVISO della Civit: Ambito soggettivo di applicazione Va innanzitutto precisato che, per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, le "pubbliche amministrazioni" cui gli artt. 26 e 27 fanno riferimento sono tutte quelle menzionate dall’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001, in virtù della previsione dell’art. 1, c. 34, della l. n. 190/2012 e del rinvio operato dall’art. 11, c. 1, del d.lgs. n. 33/2013. Pertanto, sono tenute all’applicazione degli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN, le Agenzie di cui al d.lgs. n. 300/1999 e, fino alla revisione organica della disciplina di settore, anche il CONI. Le autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione provvedono all’attuazione della norma secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti. Inoltre, sono tenuti all’adempimento degli obblighi di pubblicazione delle informazioni di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 anche gli enti pubblici nazionali, ivi comprese le aziende speciali assimilate dalla giurisprudenza agli enti pubblici economici, considerato che, in base all’art. 1, c. 34, della l. n. 190/2012 agli enti pubblici nazionali, senza distinzione tra enti pubblici economici e non economici, si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, cc. 15 a 33, della medesima legge, relative, tra l’altro, alla pubblicazione delle informazioni dei procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati. Infine, sono sottoposte agli obblighi di pubblicazione dei dati di cui agli artt. 26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013 anche le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni summenzionate e le società da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile. Infatti, l’art. 11, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013 prevede che a queste si applichino, limitatamente all’attività di pubblico interesse, le disposizioni di cui al citato art. 1, cc. da 15 a 33 della l. n. 190/2012. Ambito oggettivo di applicazione Per quanto attiene l’ambito oggettivo di applicazione, si rileva che l’art. 26, c. 2, impone la pubblicazione, nella sezione "Amministrazione trasparente", sotto-sezione di primo livello "Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici", degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati ai sensi dell’art. 12 della l. n. 241/1990, di importo superiore a mille euro. Tale pubblicazione costituisce condizione legale di efficacia del provvedimento concessorio. Si deve quindi ritenere che la disposizione si riferisca a tutti quei provvedimenti che, sulla base della normativa vigente, sono volti a sostenere un soggetto sia pubblico che privato, accordandogli un vantaggio economico diretto o indiretto mediante l’erogazione di incentivi o agevolazioni che hanno l’effetto di comportare sgravi, risparmi o acquisizione di risorse. Non è prevista dall’art. 26 del decreto la pubblicazione dei compensi dovuti dalle amministrazioni, dagli enti e dalle società a imprese e professionisti privati come corrispettivo per lo svolgimento di prestazioni professionali e per l’esecuzione di opere, lavori pubblici, servizi e forniture. In ogni caso, i compensi comunque denominati relativi al rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione vanno pubblicati, nella sezione "Amministrazione trasparente", all’interno delle sotto-sezioni di primo livello "Consulenti e collaboratori" e "Personale", secondo quanto previsto dall’art. 15, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 33/2013; parimenti, ai sensi dell’art. 37, c. 1, del decreto e dell’art. 1, c. 32, della l. n. 190/2012, è prevista la pubblicazione, nell’ambito della sotto-sezione di primo livello "Bandi di gara e contratti", delle somme liquidate per lo svolgimento di lavori, servizi e forniture. Deve concludersi, pertanto, che, ai sensi dell’art. 26, sono da pubblicare i dati relativi alle somme da corrispondere ad imprese e professionisti privati unicamente nella misura in cui questi sono individuati da specifiche disposizioni quali destinatari di provvedimenti di ausilio finanziario consistenti in sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzioni di vantaggi economici. L’art. 26, c. 2, del d.lgs. n. 33/20013, inoltre, stabilisce che la pubblicazione è obbligatoria e condizione di efficacia solo per importi superiori a mille euro. In base a quanto stabilito dalla norma, questi sono da intendersi sia se erogati con un unico atto, sia con atti diversi ma che nel corso dell’anno solare superino il tetto dei mille euro nei confronti di un unico beneficiario. Ove, quindi, l’amministrazione abbia emanato più provvedimenti i quali, nell’arco dell’anno solare, hanno disposto la concessione di vantaggi economici a un medesimo soggetto, superando il tetto dei mille euro, l’importo del vantaggio economico corrisposto, di cui all’art. 27, c. 1, lett. b), del decreto, è da intendersi come la somma di tutte le erogazioni effettuate nel periodo di riferimento. In tali casi, l’amministrazione deve necessariamente pubblicare, come condizione legale di efficacia, l’atto che comporta il superamento della soglia dei mille euro, facendo peraltro riferimento anche alle pregresse attribuzioni che complessivamente hanno concorso al suddetto superamento della soglia. Nel caso di attribuzioni di vantaggi economici effettuate su base pluriennale si deve ritenere che l’amministrazione sia comunque tenuta a pubblicare l’atto di concessione, ancorché emesso in epoca precedente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013, ove le somme erogate siano di pertinenza del bilancio di previsione degli anni successivi al suddetto decreto. Peraltro, tenuto conto che, in forza dell’art. 26, c. 3, del d.lgs. n. 33/2013, la pubblicazione sul sito istituzionale degli atti di concessione è condizione per l’efficacia, i suddetti atti devono essere pubblicati tempestivamente e, comunque, prima della liquidazione delle somme oggetto del beneficio. Infine, la Commissione esprime l’avviso che, qualora l’amministrazione provveda a modificare o revocare un atto di concessione di vantaggi economici, le informazioni già pubblicate sul sito istituzionale non debbano essere sostituite ma soltanto integrate da apposita comunicazione in cui si dia atto delle avvenute modificazioni. Modalità di pubblicazione I dati devono essere pubblicati nella sezione "Amministrazione trasparente", sotto-sezione di primo livello "Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici", sotto-sezioni di secondo livello "Criteri e modalità" e "Atti di concessione". Si rinvia, comunque, a quanto previsto nell’allegato 1 alla delibera n. 50/2013, recante "Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016". L’art. 27, c. 2, impone che la pubblicazione delle informazioni debba avvenire secondo modalità di facile consultazione, in tabelle in formato aperto che ne consentano l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo, e che annualmente debbano essere organizzate in un unico elenco per singola amministrazione. Con riferimento alla qualità delle informazioni pubblicate, la Commissione ha già fornito indicazioni all’interno dell’allegato 2 alla delibera sopra citata. In proposito, la Commissione è dell’avviso che le informazioni, suddivise per anno, debbano essere pubblicate in elenchi, consultabili sulla base di criteri funzionali (ad esempio, titolo giuridico di attribuzione, ammontare dell’importo, ordine alfabetico dei beneficiari etc.). Per evitare una duplicazione degli adempimenti e semplificare il più possibile le attività delle amministrazioni, i suddetti elenchi devono essere strutturati in modo tale da assolvere anche le funzioni dell’Albo dei beneficiari che, stando all’art. 1 del d.P.R. n. 118/2000, le amministrazioni dello Stato, le Regioni, comprese le Regioni a statuto speciale, le Province autonome di Trento e Bolzano, gli enti locali e gli altri enti pubblici devono istituire e aggiornare annualmente. Si ritiene, inoltre, che nel caso di amministrazioni complesse articolate in uffici periferici la pubblicazione possa considerarsi unitaria anche laddove i dati siano pubblicati nelle pagine degli uffici periferici alle quali si deve pervenire attraverso link collocati nell’ambito della sezione "Amministrazione trasparente" del sito istituzionale dell’amministrazione centrale.
Civit
La Civit, a fronte dei sottoriportati numerosi quesiti interviene con un'apposita deliberazione in tema di "Pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati (artt. 26 e 27, d.lgs. n. 33/2013 ... Continua a leggere
Anticorruzione: chiarimenti della Civit sull'applicabilità delle norme sull'inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti
Prof. Avv. Enrico Michetti a delibera Civit
Importante chiarimento della Civit in tema di applicabilità del d. lgs. n. 39/2013 ai Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti o forme associative tra Comuni della medesima regione aventi la medesima popolazione. In particolare la delibera oggi attenzionata interviene a fonte delle numerose richieste di chiarimenti sotto indicate:1. Nota del 15 giugno 2013 del Segretario generale del Comune di Bibbiano (RE) (popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) con la quale si chiede alla Commissione se vi sia incompatibilità tra l’incarico di responsabile del servizio assetto ed uso del territorio e dell’ambiente del Comune di Bibbiano e la carica di assessore esterno di un comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti. Inoltre, lo stesso Segretario chiede se vi sia incompatibilità con la posizione rivestita da tale dipendente e la sua nomina a Presidente del Consiglio di amministrazione dell’azienda speciale consortile trasporti di Reggio Emilia. 2. Nota del 10 giugno 2013 del Segretario comunale del Comune di Pandino (CR) con la quale si chiede alla Commissione se l’incarico di Presidente dell’azienda speciale sia conferibile ad un consigliere comunale del Comune di Pandino, comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, che ha rassegnato le propri dimissione prima della nomina. 3. Nota del 14 giugno 2013 del Sindaco del Comune di Valverde (CT), con la quale si chiede alla Commissione se l’incarico di Assessore di un Comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti sia conferibile ad un dottore commercialista e revisore contabile che ricopre il ruolo di componente del collegio sindacale di una società a totale capitale pubblico di cui il citato Comune di Valverde sia socio azionista.AVVISO DELLA COMMISSIONE:"Le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 7, commi 1 e 2 lett. a) e d); art. 8, comma 5; art.11, comma 2 lett. b); comma 3 lett. b) e c); art. 12 comma 3 lett. b) comma 4 lett. b) e c); art. 13 commi 2 lett. b) e c) e 3; art. 14, comma 2 lett b) e c) del decreto n.39/2013) trovano applicazione – ¬secondo l’ espressa previsione del decreto legislativo – soltanto ai Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o forme associative tra Comuni della medesima regione aventi la medesima popolazione. Le disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui agli artt. 3, 4 e 9 del citato decreto legislativo n. 39/2013 trovano generale applicazione."Importante chiarimento della Civit in tema di applicabilità del d. lgs. n. 39/2013 ai Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti o forme associative tra Comuni della medesima regione aventi la medesima popolazione. In particolare la delibera oggi attenzionata interviene a fonte delle numerose richieste di chiarimenti sotto indicate:1. Nota del 15 giugno 2013 del Segretario generale del Comune di Bibbiano (RE) (popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) con la quale si chiede alla Commissione se vi sia incompatibilità tra l’incarico di responsabile del servizio assetto ed uso del territorio e dell’ambiente del Comune di Bibbiano e la carica di assessore esterno di un comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti. Inoltre, lo stesso Segretario chiede se vi sia incompatibilità con la posizione rivestita da tale dipendente e la sua nomina a Presidente del Consiglio di amministrazione dell’azienda speciale consortile trasporti di Reggio Emilia. 2. Nota del 10 giugno 2013 del Segretario comunale del Comune di Pandino (CR) con la quale si chiede alla Commissione se l’incarico di Presidente dell’azienda speciale sia conferibile ad un consigliere comunale del Comune di Pandino, comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, che ha rassegnato le propri dimissione prima della nomina. 3. Nota del 14 giugno 2013 del Sindaco del Comune di Valverde (CT), con la quale si chiede alla Commissione se l’incarico di Assessore di un Comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti sia conferibile ad un dottore commercialista e revisore contabile che ricopre il ruolo di componente del collegio sindacale di una società a totale capitale pubblico di cui il citato Comune di Valverde sia socio azionista.AVVISO DELLA COMMISSIONE:"Le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 7, commi 1 e 2 lett. a) e d); art. 8, comma 5; art.11, comma 2 lett. b); comma 3 lett. b) e c); art. 12 comma 3 lett. b) comma 4 lett. b) e c); art. 13 commi 2 lett. b) e c) e 3; art. 14, comma 2 lett b) e c) del decreto n.39/2013) trovano applicazione – ¬secondo l’ espressa previsione del decreto legislativo – soltanto ai Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o forme associative tra Comuni della medesima regione aventi la medesima popolazione. Le disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui agli artt. 3, 4 e 9 del citato decreto legislativo n. 39/2013 trovano generale applicazione.
Prof. Avv. Enrico Michetti a delibera Civit
Importante chiarimento della Civit in tema di applicabilità del d. lgs. n. 39/2013 ai Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti o forme associative tra Comuni della medesima regione aventi la medesima popolazione. In particolare la delibera oggi attenzionata interviene a fonte delle numero ... Continua a leggere
Anticorruzione: chiarimenti della Civit sull'applicazione delle norme sull’inconferibilità ed incompatibilità nel settore sanitario
Prof. Avv. Enrico Michetti a Delibera Civit
Con apposita delibera la Civit interviene a chiarire l'interpretazione delle nuove norme del d.lgs n. 39/2013 nel settore sanitario. Tale delibera muove dai vari quesiti, di seguito trascritti, inoltrati alla Commissione sui dubbi interpretativi afferenti sia l'individuazione delle strutture sanitarie che gli incarichi dirigenziali soggetti alle nuove disposizioni QUESITI: " 1. Nota del 14 maggio 2013 del Responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Chivasso (TO) che chiede alla Commissione un parere in merito al rapporto intercorrente tra l’art. 12, co. 4, lett. b) (riferito genericamente agli incarichi dirigenziali nelle pp.aa.) e l’art. 14 del d.lgs. n. 39/2013 (che prevede, invece, specificamente, tre casi di incompatibilità: Direttore Generale, Direttore Amministrativo e il Direttore Sanitario delle aziende sanitarie locali). Nello specifico si chiede di sapere se la carica di Sindaco del suddetto Comune (oltre 15.000 ab.) sia compatibile con l’incarico di medico primario del Reparto Oncologia, e come tale inquadrato nel ruolo di dirigente dell’azienda ospedaliera "Città della Salute e della Scienza di Torino", precisato, altresì, che l’azienda ospedaliera si differenzia dall’azienda sanitaria locale per competenze diverse previste nel Piano Sanitario Regionale. 2. Nota del 30 aprile 2013 del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria n. 1 Imperiese del Comune di Bussana di Sanremo, con la quale si sottopongono i seguenti quesiti in tema di applicazione del d.lgs. n. 39/2013: a) se al personale appartenente alla Dirigenza Medica e Veterinaria, Sanitaria, Professionale, Tecnica e Amministrativa delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale siano da intendersi applicabili le incompatibilità di cui all’art. 12 (in particolare commi 3 e 4) del citato decreto; b) chiarimenti sull’efficacia temporale dell’art. 12 (assunzione e/o mantenimento nel corso dell’incarico); c) cosa accade in riferimento alle cariche di cui alle lett. a), b) e c) dei citati commi 3 e 4 dell’art. 12 assunte dal personale dirigente prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni e se si possa optare per il mantenimento dell’incarico dirigenziale mediante rinuncia alle altre cariche. 3. Nota del 20 maggio 2013 del Dirigente responsabile anticorruzione dell’Azienda ospedaliera-universitaria (Consorziale Policlinico) della Regione Puglia che formula quesiti: a) se la funzione di direttore generale di azienda ospedaliera universitaria è incompatibile con il ruolo di componente del Consiglio degli Affari Economici dell’Ente ecclesiastico Ospedale regionale "F.Miulli" di Acquaviva delle Fonti; b) se la funzione di dirigente capo area esercente l’attività di controllo analogo in materia di personale della società in house per conto del direttore generale è incompatibile con la funzione di amministratore unico della società Policlinico Servizi Sanitari s.r.l.; c) se la funzione di Presidente del Collegio Sindacale della Policlinico Servizi Sanitari s.r.l., società in house dell’Azienda Policlinico è incompatibile con l’incarico di Direttore amministrativo dell’Istituto di ricerca e di ricovero e assistenza "Istituto Tumori Giovanni Paolo II. 4. Nota del 16 maggio 2013 del Presidente della Provincia di Parma con la quale si chiede se l’incompatibilità sancita dall’art. 12, co. 3, d.lgs. n. 39/2013 si applica anche al "personale medico di Azienda Unitaria Sanitaria Locale o di Azienda Ospedaliera, non esercitante poteri di amministrazione e gestione, ma avente responsabilità professionale. 5. Nota del 9 maggio 2013 del Segretario Generale del Comune di Palo del Colle (BA) che sottopone alla Commissione due quesiti: a) se l’art. 12, co. 3, d.lgs. n. 39/2013 si applica ai dirigenti di struttura ospedaliera semplice; b) se il citato decreto legislativo deve ritenersi applicabile anche ai soggetti che ricoprono il ruolo di medici di medicina generale, che hanno "un rapporto di tipo convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale". 6. Nota del 13 maggio 2013 con la quale il Segretario generale del Comune di Bitonto (Bari) con popolazione superiore a 15.000 abitanti, chiede alla Commissione se l’incompatibilità prevista dall’art. 12, commi 3 e 4 , lett. b) del decreto legislativo n. 39/2013 si applica anche ai dirigenti medici dipendenti a tempo indeterminato dell’Azienda sanitaria locale di Bari. 7. Nota del 14 maggio 2013 del sindaco del Comune di Lonigo (Vicenza) con la quale si chiede alla Commissione, ai sensi dell’art. 16 del decreto legislativo n.39/2013, se versi in una situazione di incompatibilità, sancita dall’art. 12, secondo comma del citato decreto legislativo, il consigliere comunale, che rivesta anche la carica di assessore, che sia dirigente dell’azienda sanitaria locale nel cui ambito ricade lo stesso Comune. 8. Nota del 21 maggio 2013 del Segretario generale del Comune di Fidenza (Parma), con la quale si segnala che il Sindaco è dipendente dell’azienda sanitaria locale con incarico di "dirigente" di struttura complessa e che due consiglieri comunali sono dipendenti dell’azienda sanitaria locale con incarico di dirigente medico responsabile di struttura complessa. Si chiede, inoltre, se il ruolo del Sindaco "è compatibile con l’incarico presso l’azienda sanitaria locale di "dirigente responsabile del presidio ospedaliero aziendale e della direzione amministrativa dell’ospedale di Fidenza" (Parma). 9. Nota del 17 giugno 2013 del Presidente del Consiglio di amministrazione dell’Azienda pubblica di servizi alla persona del distretto di Fidenza (Parma) con la quale si chiede di sapere se: a) la disciplina di cui al d.lgs. n. 39/2013 operi con riferimento agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della norma in questione e, in caso affermativo, quali siano gli obblighi/adempimenti che competono all’ente/azienda presso cui il soggetto svolge l’incarico; b) se, relativamente alla posizione del Direttore (componente del Consiglio comunale di Parma) sia applicabile la disciplina del d.lgs. n. 39/2013. 10. Nota del 7 giugno 2013 del Responsabile della prevenzione della corruzione dell’Azienda sanitaria locale di Parma, con la quale si chiede a quali figure dirigenziali sia applicabile il d.lgs. n.39/2013, tenuto conto anche dell’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione. 11. Nota in data 27 maggio 2013, con cui il Sindaco del Comune di Cerignola chiede il parere della Commissione in ordine alla sussistenza di cause di incompatibilità o di inconferibilità tra l’incarico di dirigente medico ospedaliero (di I livello) e quello di Sindaco e tra quest’ultimo e l’eventuale futuro conferimento di incarico di dirigente medico ospedaliero di II livello. 12. Nota del 4 giugno 2013 con la quale l’Azienda sanitaria locale savonese pone un quesito preliminare in materia di applicabilità dell’art. 12 del d. lgs. n. 39/2013 alle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in considerazione della "presenza di una disciplina specifica per il Servizio Sanitario Nazionale, vale a dire quella prevista dagli artt. 8 e 14", e, in subordine, pone alcuni quesiti di portata generale, relativi anche all’efficacia temporale dell’art. 12. 13. Nota del 4 giugno 2013 con la quale il Segretario generale, responsabile anticorruzione, del Comune di Bari chiede alla Commissione se l’art. 12, comma 4, lett. b del d. lgs. n. 39 del 2013 debba essere applicato anche ai medici incaricati dalle aziende sanitarie locali. Tenuto conto di quanto previsto dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 39/2013 La Civit ha espresso IL SEGUENTE AVVISO: "1. Individuazione delle strutture sanitarie alle quali si applica il d.lg. n. 39/2013. La prima questione, tenuto conto che il decreto fa riferimento soltanto alle aziende sanitarie locali, ha ad oggetto l’applicazione delle norme del d.lgs. n. 39/2013 anche alle aziende ospedaliere, agli istituti di ricerca e di ricovero e assistenza, alle aziende pubbliche di servizi alla persone. La Commissione ritiene applicabile il d.lgs. n. 39/2013 a tutte le strutture del servizio sanitario che erogano attività assistenziali volte a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo. A favore di questa interpretazione, si citano i seguenti argomenti. Innanzitutto, si ricorda che l’art. 1, commi 49 e 50 della l. n. 190/2012, nel delegare il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzioni di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, al secondo capoverso, lett. d) prevede il criterio direttivo secondo cui devono essere ricompresi, tra gli incarichi oggetto della disciplina, gli incarichi di Direttore generale, Direttore sanitario e Direttore amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Occorre ricordare, poi, che, più in generale, l’art. 1, co. 59 della l. 190/2012 prevede che le disposizioni della legge si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2 del d.lgs. n. 165/2001 in cui rientrano espressamente e più in generale le Aziende del Servizio Sanitario Nazionale. Un ultimo argomento a favore della tesi esposta è rappresentato anche dall’organizzazione delle stesse aziende sanitarie locali, tenuto conto che le Regioni, al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza, si avvalgono anche delle aziende ospedaliere e dei presidi ospedalieri a cui si estende la disciplina prevista per le aziende sanitarie locali (artt. 3 e 4, d.lgs. n. 502/1992, "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della l. n. 421/1992"). Per specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonché di didattica del Servizio Sanitario Nazionale possono essere costituiti o confermati in aziende disciplinate dall’art. 3 del d.lgs. n. 502/1992: gli istituti di ricerca e di ricovero e assistenza (con le particolarità procedurali e organizzative previste dalle disposizioni attuative dell’art. 11, co. 1, lett. b) della l. n. 59/1997), le aziende ospedaliere di rilievo nazionale o interregionale di cui all’art. 6 della l. n. 419/1998 ("Ridefinizione dei rapporti tra università e Servizio sanitario nazionale") (art. 4, co. 1, d.lgs. n. 502/1992). Si ritiene, pertanto, che, nell’espressione "Aziende Sanitarie Locali", si intendono ricomprese tutte le strutture preposte all’organizzazione e all’erogazione di servizi sanitari, incluse anche le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, gli istituti di ricerca e di ricovero e assistenza e le aziende pubbliche di servizi alla persona. 2. Applicabilità anche alle strutture sanitarie della Delibera n. 46/2013 in tema di efficacia nel tempo delle norme sull’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico di cui al d.lgs. n. 39/2013. Un’ulteriore questione posta all’attenzione della Commissione riguarda l’incidenza delle disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità sugli incarichi in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 39/2013. La Commissione, sul punto, ha già espresso un avviso di carattere generale (cfr. la delibera n. 46 del 2013) – e a cui si rimanda per ulteriore approfondimento – che conclude nel senso che la nuova disciplina è di immediata applicazione e cioè che gli incarichi e le cariche disciplinati dal d.lgs. n. 39/2013 comportano l’espletamento di funzioni e poteri che si protraggono nel tempo (quali, ad esempio, atti di gestione finanziaria, atti di amministrazione e gestione del personale, ecc.) e, trattandosi di un rapporto di durata, dunque, il fatto che l’origine dell’incarico si situa in un momento anteriore non può giustificare il perdurare nel tempo di una situazione di contrasto con la norma, seppur sopravvenuta a causa del mutamento della normativa. 3. Ambito e limiti di applicabilità delle disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità ai dirigenti sanitari. La Commissione ha esaminato, inoltre, il problema dell’applicabilità alle diverse figure dirigenziali esistenti del settore sanitario delle fattispecie di inconferibilità e incompatibilità previste, genericamente, per gli incarichi dirigenziali. Il dubbio interpretativo è dovuto al fatto che il legislatore ha riservato al settore sanitario una specifica disciplina, considerando, espressamente, solo la dirigenza rappresentata dal vertice delle aziende sanitarie ovvero il Direttore Generale, il Direttore Amministrativo e il Direttore Sanitario delle aziende sanitarie locali (artt. 5, 8, 10 e 14 del d.lgs. n. 39/2013). La Commissione ritiene, peraltro, che le cause di inconferibilità e di incompatibilità non possono essere applicate soltanto ai detti soggetti. L’applicabilità dell’art. 12 del citato decreto deve, invece, affermarsi considerando che anche i dirigenti sanitari possono avere responsabilità di amministrazione e gestione e non solo responsabilità professionale (art. 15 del d.lgs. n. 502/1992). Ciò premesso, la Commissione ritiene, sul punto, che si deve tener conto della peculiarità della disciplina del personale medico caratterizzata dall’attribuzione formale della qualifica dirigenziale a tutti gli appartenenti. Ne deriva che per decidere in ordine all’applicabilità del decreto in esame si devono individuare le posizioni che, implicando oltre che la responsabilità professionale anche forme di responsabilità di amministrazione e gestione, non possono essere trattate diversamente dal complesso della dirigenza della pubblica amministrazione, che pure, in alcuni settori, prevede posizioni dirigenziali molto variegate. La Commissione, pertanto, ritiene di dover concludere nel senso che: a) il d.lgs. n. 39/2013 non trova applicazione al personale medico c.d. di staff che non esercita tipiche funzioni dirigenziali (come nel caso di sole funzioni di natura professionale, anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché funzioni ispettive e di verifica); b) al contrario, i dirigenti di distretto, i direttori di dipartimento e di presidio e, in generale, i direttori di strutture complesse rientrano sicuramente nel campo di applicazione della disciplina in esame; c) il problema più delicato è rappresentato dai dirigenti di struttura semplice. Per quanto riguarda i dirigenti di struttura semplice va, infatti, preliminarmente rilevato come nel quadro normativo delineato dalla l. n. 190/2012 e dai decreti di attuazione, l’art. 41, co. 2 del d.lgs. n. 33/2013 preveda espressamente che la disciplina in materia di trasparenza sia applicabile soltanto ai dirigenti di struttura complessa ma non anche a quelli che dirigono la struttura semplice. La Commissione ritiene che, nel silenzio del legislatore, tale netta distinzione non possa operare anche per quanto riguarda la materia dell’inconferibilità e dell’incompatibilità attesa la grande varietà dei compiti che possono essere affidati ai dirigenti di struttura semplice e le conseguenti implicazioni che ne possono derivare proprio in materia di incompatibilità. Alla luce di quanto osservato, per i dirigenti di strutture semplici non inserite in strutture complesse deve concludersi per la applicabilità della disciplina in esame. Per i dirigenti che dirigono strutture semplici inserite in strutture complesse la disciplina non è applicabile tranne il caso in cui, tenuto conto delle norme regolamentari e degli atti aziendali (art. 3, co. 1 bis e art. 15, d.lgs. n. 502/1992), al dirigente di struttura semplice sia riconosciuta, anche se in misura minore, significativa autonomia gestionale e amministrativa."
Prof. Avv. Enrico Michetti a Delibera Civit
Con apposita delibera la Civit interviene a chiarire l'interpretazione delle nuove norme del d.lgs n. 39/2013 nel settore sanitario. Tale delibera muove dai vari quesiti, di seguito trascritti, inoltrati alla Commissione sui dubbi interpretativi afferenti sia l'individuazione delle strutture sanita ... Continua a leggere
Per esercitare il diritto di accesso ai documenti amministrativi il richiedente deve provare che il documento e' detenuto dalla pubblica amministrazione
Prof. Avv. Enrico Michetti a Consiglio di Stato
Per accedere ai documenti amministrativi e' necessario che ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d), l. n. 241/1990 questi siano detenuti dalla pubblica amministrazione nei confronti del quale è esercitato il diritto di accesso. E' questo il principio sancito dal Consiglio di Stato che nella sentenza in esame precisa altresì che l’onere di fornire la prova in ordine a tale circostanza grava, ai sensi dell’art. 2697, comma 1, cod. civ., sulla parte che agisce in giudizio. Né si può ritenere che sia l’amministrazione a dovere offrire la prova di non detenere i documenti oggetto dell’istanza, non essendo concepibile la prova di un fatto negativo. Quest’ultima può invece offrire la prova di fatti positivi contrari.
Prof. Avv. Enrico Michetti a Consiglio di Stato
Per accedere ai documenti amministrativi e' necessario che ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d), l. n. 241/1990 questi siano detenuti dalla pubblica amministrazione nei confronti del quale è esercitato il diritto di accesso. E' questo il principio sancito dal Consiglio di Stato che nella senten ... Continua a leggere
Polizia di Stato: la permanenza dell'idoneità fisica, psichica e attitudinale del dipendente allo svolgimento di compiti che sono connessi all'ordine pubblico e alla sicurezza può e deve essere accertata nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell'assunzione)
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Consiglio di Stato è ormai fermo nel ritenere che, anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell'assunzione), per i dipendenti della Polizia di Stato può e deve essere accertata la permanenza dell'idoneità fisica, psichica e attitudinale allo svolgimento di compiti che sono connessi all'ordine pubblico e alla sicurezza e richiedono specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale (cfr. III, 19 giugno 2012, n. 3566; 1 febbraio 2012, n. 512; 4 luglio 2011, n. 3991). Ciò, in quanto, in base all'articolo 2, comma 3, del d.m. 198/2003 «Il giudizio di idoneità al servizio … [oltre che ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei d.P.R. 738/1981 e 339/1982] può essere chiesto dall'Amministrazione in occasione di istanze presentate dal personale per congedo straordinario, aspettativa per motivi di salute, riconoscimento di dipendenza da causa di servizio di infermità, concessioni di equo indennizzo, ai fini della dispensa dal servizio per motivi di salute oppure, con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate d'ufficio dalle quali obbiettivamente emerga la necessità del suddetto giudizio».In particolare, nei precedenti richiamati, ad integrare le "specifiche circostanze" utili a rendere possibile ed opportuna una nuova e accurata verifica attitudinale del dipendente, è stata ritenuta sufficiente la obiettiva circostanza che questi non avesse prestato servizio per un lungo arco temporale.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Il Consiglio di Stato è ormai fermo nel ritenere che, anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell'assunzione), per i dipendenti della Polizia di Stato può e deve essere accertata la permanenza dell'idoneità fisica, psichica e attitudinale allo svolgimento di compiti che sono ... Continua a leggere
Concorso pubblico: e' sufficiente il voto numerico per motivare l'esito della valutazione resa dalle commissioni per le prove scritte e orali
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La questione della sufficienza del voto numerico, quale esito della valutazione da parte delle commissioni per le prove scritte e orali di un concorso pubblico, ha assunto oramai una tendenziale stabilizzazione in quanto la giurisprudenza (ora anche di livello costituzionale, Corte costituzionale, 20 marzo 2009 n. 78) ha evidenziato come in tal modo si esprima e sintetizzi il giudizio tecnico-discrezionale operato. In questo senso, la motivazione espressa numericamente risponde al principio di economicità e proporzionalità dell'azione amministrativa di valutazione, rende possibili le valutazioni di merito compiute dalla commissione e consente il sindacato sul potere amministrativo esercitato.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La questione della sufficienza del voto numerico, quale esito della valutazione da parte delle commissioni per le prove scritte e orali di un concorso pubblico, ha assunto oramai una tendenziale stabilizzazione in quanto la giurisprudenza (ora anche di livello costituzionale, Corte costituzionale, ... Continua a leggere
P.A. digitale: i diritti dei cittadini nei video tutorial di Linea Amica
Linea Amica
Identificarsi on line, pagamenti elettronici, dialogare con la pubblica amministrazione, svolgere pratiche via web, questi imtemi dei 4 video tutorial realizzati da Linea Amica per aiutare i cittadini a partecipare alla vita amministrativa attraverso internet. Nei video si parla di come richiedere un pin, una casella di posta certificata, come ottenere, ad esempio, un certificato anagrafico e sono cosi suddivisi: 1) Video su Partecipazione al procedimento amministrativo; 2) Video su Dialogare con la pa; 3) Video su Strumenti per identificarsi e ottenere servizi online; 4) video su Pagamenti elettronici. Per accedere ai video cliccare sul titolo sopra linkato.
Linea Amica
Identificarsi on line, pagamenti elettronici, dialogare con la pubblica amministrazione, svolgere pratiche via web, questi imtemi dei 4 video tutorial realizzati da Linea Amica per aiutare i cittadini a partecipare alla vita amministrativa attraverso internet. Nei video si parla di come richiedere ... Continua a leggere
L'eccezionalità e la delicatezza delle funzioni svolte dai Servizi Segreti gli consente di non tenere in considerazione le richieste di ricollocamento dello 007 dimissionario relativamente ad opportunità sopravvenute
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La sentenza in esame riguarda il settore dei Servizi Segreti che per delicatezza, eccezionalità e specificità degli aspetti relazionali ed informativi gode di un'ampia discrezionalità in merito alle scelte riguardanti il personale. Nel caso di specie un colonnello del SISDE dopo aver rassegnato le proprie volontarie dimissioni chiedeva di potere accedere a nuovo collocamento in altro settore della Pubblica Amministrazione a seguito della richiesta, avvenuta successivamente alle sue dimissioni, di restituzione di un determinato numero di dipendenti alle amministrazioni di provenienza, formulata dal Direttore del SISDE. Il Consiglio di Stato ha rigetto il ricorso confermando la sentenza resa dal TAR Lazio affermando che la vicenda rientra in un settore, quale è quello degli organismi di informazione, che rappresenta il massimo di specialità nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, come è non solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di "deroghe" alla disciplina generale (anche penale), che la legge prevede. Né la presenza di "deroghe", rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, può essere di per sé ritenuta costituire una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.). Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011 n. 5411), "la non riconducibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione (latamente intesa) ad un modello unico (di modo che possono aversi valutazioni differenti di un medesimo episodio in ragione di impieghi diversi), è già desumibile dalla stessa Costituzione, laddove, all’art. 98, comma terzo, prevede che, per determinaste categorie di pubblici dipendenti . . . possano essere disposte limitazioni finanche all’esercizio dei diritti politici (nella specie, iscrizioni ai partiti), purchè con legge ed in evidente considerazione della specificità e delicatezza delle loro funzioni". Ne consegue che "l’esercizio della discrezionalità da parte dell’amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz’altro conto della particolarità e delicatezza delle funzioni" che il candidato (ove risultante vincitore del concorso), nel caso considerato dalla sentenza citata, o - più in generale - il dipendente dovrà o deve svolgere. Conclude, quindi,il Collegio rilevando che la natura eccezionale delle funzioni svolte dagli appartenenti agli organismi informazione, il fatto che le stesse afferiscono alla indipendenza e sicurezza della stessa Repubblica, alla tutela dei suoi principi democratici, al conseguente mantenimento delle garanzie costituzionali per i cittadini, non può che costituire, per un verso, fondamento di una lata discrezionalità nelle previsioni di organizzazione dei servizi, anche con riferimento allo status giuridico ed economico dei soggetti ad essi appartenenti; per altro verso, costituisce parametro interpretativo delle disposizioni concretamente adottate, potendosi le stesse ritenere illegittime nella misura in cui risultino violative di fondamentali diritti dell’uomo e di garanzie costituzionali inalienabili, ovvero appaiono di totale irragionevolezza. Da ultimo, è appena il caso di osservare che la restituzione di una pluralità di dipendenti del SISDE non può essere considerata un disegno organizzativo avente carattere generale, non incidendo sulla struttura del servizio, ma solo una verifica di adeguatezza professionale con conseguente avvicendamento.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La sentenza in esame riguarda il settore dei Servizi Segreti che per delicatezza, eccezionalità e specificità degli aspetti relazionali ed informativi gode di un'ampia discrezionalità in merito alle scelte riguardanti il personale. Nel caso di specie un colonnello del SISDE dopo aver rassegnato le ... Continua a leggere
Nel processo amministrativo la differente composizione del collegio in sede cautelare ed in sede di merito non integra alcuna causa di nullità o comunque alcuna illegittimità della decisione
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Nel giudizio in esame si lamenta che illegittimamente vi sarebbe stato un mutamento del collegio tra la fase cautelare e la fase di discussione del merito. n particolare l'appellante sostiene che se è vero che sensi dell'articolo 184 c.p.c. non è ammessa la sostituzione del giudice istruttore, sarebbe anche vero che il collegio originario nel suo plenum avrebbe dovuto conoscere integralmente la causa. Il Consiglio di Stato ha ritenuto assunto privo pregio. In assenza di una specifica disposizione nell’ambito dell’art. 9 dell’all. 2 del c.p.a., che ponga espresse preclusioni in tal senso, la differente composizione del collegio in sede cautelare ed in sede di merito non integra alcuna causa di nullità o comunque alcuna illegittimità della decisione. Nel giudizio amministrativo, il mutamento della composizione del collegio giudicante rispetto alla fase cautelare è una circostanza di per sé neutra, che non costituisce causa di compromissione della decisione del merito. Non vi sono elementi di diritto per ritenere che la cristallizzazione dei collegi, nell'ambito dello stesso ufficio, costituisca, di per sé sola, una garanzia assoluta dell’imparzialità o anche solo di migliore di funzionalità dell’organo giudicante, perché, al contrario, l’intervento nelle successive fasi processuali di magistrati diversi può anche garantire un rinnovato, e maggiore, approfondimento dei motivi di gravame oggetto del contendere. La scelta del legislatore del Codice appare del resto perfettamente coerente non solo ad un archetipo di processo tipicamente connotato dall’istanza e dall’impulso di parte ed anche dalla natura tipicamente "di diritto" delle questioni trattate; ma anche a non secondarie esigenze di natura organizzatoria connesse con la naturale rotazione, anche solo feriale, dei magistrati tra le diverse Sezioni e tra i Tribunali.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Nel giudizio in esame si lamenta che illegittimamente vi sarebbe stato un mutamento del collegio tra la fase cautelare e la fase di discussione del merito. n particolare l'appellante sostiene che se è vero che sensi dell'articolo 184 c.p.c. non è ammessa la sostituzione del giudice istruttore, sare ... Continua a leggere
007 collocati in quiescenza d’ufficio a 57 anni di età anagrafica, 40 anni di anzianità contributiva e 20 anni di attività
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Per chi vuole approfondire lo speciale settore degli organismi di informazione e sicurezza troverà interessante la sentenza in esame nella quale si controverte della legittimità del DPCM 30 luglio 2010 n. 2, con il quale è stato disposto il collocamento in quiescenza d’ufficio del personale degli Organismi di informazione e sicurezza, al raggiungimento dei tre requisiti di 57 anni di età anagrafica, 40 anni di anzianità contributiva e 20 anni di attività negli organismi di informazione e sicurezza. Già il TAR Lazio in primo grado aveva rilevato che "il collocamento a riposo d’ufficio del personale, previsto, per il triennio 2011 – 2013, alla maturazione dei requisiti di cui al DPCM 2/2010 . . . è assistito da una giustificazione più che congrua, in quanto finalizzato all’ottimizzazione della spesa e dei costi, nonché al riordinamento organizzativo delle strutture". P effetto delle norme sul collocamento a riposo di ufficio, si ottiene una riduzione della spesa complessiva ed un numero di dipendenti degli Organismi sensibilmente ridotto rispetto all’assetto organizzativo precedente, ed inoltre i requisiti individuati "hanno carattere oggettivo, sicchè non è ipotizzabile alcuna disparità di trattamento tra i singoli dipendenti degli organismi". È' insorto avverso la sentenza del TAR lo 007 "omissis" che si duole dell’epurazione di massa" e ritiene, tra l'altro che "è impossibile ritenere ispirato a logicità e ragionevolezza un sistema che si libera indiscriminatamente di personale cinquantasettenne", peraltro violando anche l’art. 19, co. 6, d. lgs. n. 165/2001 secondo cui il conferimento di incarichi dirigenziali è legato alle attitudini e capacità professionali vagliati alla luce dei risultati conseguiti". La sentenza dopo aver ricostruito il quadro legislativo e regolamentare del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ha rigettato l'appello, tra l'altro affermato che Innanzi tutto, il Collegio non ritiene che la norma primaria evocata (art. 21 l. n. 124/2007) difetti nell’indicazione di principi, criteri e limiti, nell’esercizio della potestà regolamentare. Al contrario, tale articolo appare (come emerge soprattutto dalla elencazione di casi di cui al comma 2) estremamente specifico e dettagliato. Né, come si è già avuto modo di osservare, ricorre la mera ipotesi del regolamento di delegificazione (per il quale l’indicazione di principi e criteri direttivi è obbligatoria), posto che non vi è alcun trasferimento di disciplina di una materia dalla legge al regolamento, ma solo la parziale autorizzazione concessa a quest’ultimo a disciplinare in deroga alle norme di legge, ma pur sempre nell’ambito delle disposizioni di cui alla legge n. 124/2007. D’altra parte, occorre ricordare che l’indicazione di principi, criteri e limiti all’esercizio della potestà regolamentare non può risolversi in una puntuale indicazione di ipotesi astratte e/o casi di specie, poiché – se è vero che la norma regolamentare costituisce una integrazione della norma primaria – è altrettanto vero che la "pervasività descrittiva" di quest’ultima renderebbe inutile lo stesso esercizio della potestà regolamentare. Al contrario, come si è già affermato, in assenza di criteri più puntuali, il parametro di riferimento è offerto dalle norme primarie, ed innanzi tutto da quelle su cui si fonda l’esercizio della potestà regolamentare e da quelle cui il regolamento è destinato a dare attuazione (e sui principi da esse desumibili), ma è offerto anche dalle norme costituzionali e del diritto dell’Unione Europea, alle quali può essere riconosciuto un contenuto precettivo. In questo contesto,anche la previsione del comma 8, secondo il quale "il regolamento disciplina i casi di cessazione dei rapporti di dipendenza, di ruolo o non di ruolo", deve essere letta nell’ambito dei principi espressi dalla legge n. 124/2007 e dalle norme costituzionali operanti in materia, ma soprattutto tenendo conto della assoluta specialità del settore entro il quale i soggetti , se pure pubblici dipendenti, esplicano la propria attività.. D’altra parte, se la ricostruzione dogmatica della fonte regolamentare dipende anche dalla "funzione" del medesimo, e quindi, in ultima analisi, dall’oggetto della sua disciplina e dal contesto normativo di riferimento, occorre considerare che il caso di specie (ordinamento del personale degli organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica) rappresenta il massimo di specialità nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, come è non solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di "deroghe" alla disciplina generale (anche penale), che la legge n. 124/2007 prevede. Né la presenza di "deroghe", rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, può essere di per sé ritenuta costituire una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.). Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2011 n. 5411), "la non riconducibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione (latamente intesa) ad un modello unico (di modo che possono aversi valutazioni differenti di un medesimo episodio in ragione di impieghi diversi), è già desumibile dalla stessa Costituzione, laddove, all’art. 98, comma terzo, prevede che, per determinaste categorie di pubblici dipendenti . . . possano essere disposte limitazioni finanche all’esercizio dei diritti politici (nella specie, iscrizioni ai partiti), purchè con legge ed in evidente considerazione della specificità e delicatezza delle loro funzioni". Ne consegue che "l’esercizio della discrezionalità da parte dell’amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz’altro conto della particolarità e delicatezza delle funzioni" che il candidato (ove risultante vincitore del concorso), nel caso considerato dalla sentenza citata, o il dipendente dovrà o deve svolgere. Per accedere gratuitamente al testo integrale della sentenza cliccare sul titolo sopra linkato ed inserire le proprie credenziali.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Per chi vuole approfondire lo speciale settore degli organismi di informazione e sicurezza troverà interessante la sentenza in esame nella quale si controverte della legittimità del DPCM 30 luglio 2010 n. 2, con il quale è stato disposto il collocamento in quiescenza d’ufficio del personale degli O ... Continua a leggere
Le differenze tra le due figure processuali della sopravvenuta carenza d'interesse e della cessazione della materia del contendere
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La sopravvenuta carenza di interesse opera solo quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell’assetto del rapporto tra la pubblica amministrazione e l’amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determina quando l’operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell’interesse azionato. Proprio perché la valutazione dell’interesse alla prosecuzione dell’azione spetta unicamente al ricorrente, la sua carenza può essere conseguenza anche di una valutazione esclusiva dello stesso soggetto, in relazione a sopravvenienze anche indipendenti dal comportamento della controparte (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 marzo 2013 n. 1477; id., 31 dicembre 2009 n. 9292). Nella vicenda in trattazione innanzi l Consiglio di Stato e' tale ultima evenienza che si realizzata in quanto la parte ricorrente, chiedendo di dichiarare la cessazione della materia del contendere, ha dichiarato di non aver più interesse alla prosecuzione dell’azione, imponendo conseguentemente la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La sopravvenuta carenza di interesse opera solo quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell’assetto del rapporto tra la pubblica amministrazione e l’amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determin ... Continua a leggere
Farmacisti: il diritto a percepire l'indennità di residenza e gli sconti farmaceutici, le problematiche connesse alla delimitazione ISTAT delle località abitate
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La vicenda giunta al Consiglio di Stato parte dalle Regione Toscana dove alcuni farmacisti titolari di sedi farmaceutiche rurali (fino al 1994/95, "sussidiate"), rivendicano, per il biennio 1996/1997, il diritto all’indennità di residenza ex art. 2 della legge 221/1968, ed il correlato "sconto" farmaceutico di cui all’art. 7, comma 1, della legge 724/1994, chiedendo la condanna della Regione Toscana al pagamento delle relative somme, maggiorate di interessi e rivalutazione, e dei danni consequenziali, ciò, previa disapplicazione, se occorra, della delibera del direttore generale della AUSL 3 di Pistoia n. 507/1997, che ha negato la spettanza dei suddetti benefici, e della nota della Regione Toscana n. 3971/1997, che ha riclassificato le loro farmacie come rurali (ma non anche "sussidiate"). Il Consiglio di Stato ha confermato la statuizione resa dal TAR Toscana, Firenze ed ha rigettato l'appello precisando che l’art. 4 della legge 221/1968, nel disciplinare la presentazione dell’istanza per il conseguimento dell’indennità, prevede che il farmacista interessato produca «un certificato del sindaco attestante che la farmacia o il dispensario sono aperti». L’art. 5 stabilisce che la valutazione sul diritto all’indennità debba avvenire «in base ai dati ufficiali della popolazione residente in ciascun capoluogo, frazione, o centro abitato, pubblicati dall’Istituto centrale di statistica o in mancanza su attestazione della prefettura ed in base alla documentazione prodotta dal farmacista rurale … ». Va rimarcato come l’esigenza di basare detta valutazione su criteri certi ed univoci, trova conferma nel rilievo che al Prefetto è attribuita la vigilanza sull’anagrafe della popolazione residente ex art. 12 della legge 1228/1954 e 52 e 54 del d.P.R. 223/1989 (alla regolare tenuta dell’anagrafe provvede il Sindaco quale Ufficiale di Governo, ex art. 4, della legge 1228/1954). Funzione che riguarda sia la consistenza numerica della popolazione, sia la ripartizione del territorio attraverso la delimitazione delle località abitate (centri e nuclei abitati). Come risulta dagli artt. 38 e 39 del d.P.R. 223/1989, la delimitazione delle località abitate, compiuta in occasione del censimento generale della popolazione, deve rimanere invariata sino al successivo censimento, salvi gli aggiornamenti periodici che avvengono sempre secondo le istruzioni impartite dall’ISTAT. Ai sensi dell’art. 9, della legge 1228/1954, i Comuni devono provvedere alla individuazione e delimitazione delle località abitate ed alla suddivisione del territorio in frazioni, ma il piano topografico che ne risulta deve essere esaminato ed approvato dall’ISTAT (nello stesso senso, l’art. 18 del d.P.R. 254/1991, recante il regolamento di esecuzione del 13° censimento generale della popolazione). Dall’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, deve dunque rilevarsi che, in generale, i Comuni, nella delimitazione e nell’aggiornamento delle località abitate, compiti che rientrano nel servizio anagrafico, siano soggetti al potere conformativo ed alla supervisione dell’ISTAT. Ciò per garantire continuità e coerenza (e quindi confrontabilità) tra i dati rilevati con cadenza periodica. Può aggiungersi che il servizio anagrafico è funzione statale (cfr. Corte Cost. nn. 730/1988 e 12/1962) ed è oggetto di potestà legislativa esclusiva statale, come conferma oggi l’art. 117, secondo comma, lettera i), Cost. Così ricostruito il quadro normativo nazione, il Collegio si e' poi domandato come impatti, sulla disciplina statale suindicata, l’art. 5, comma 1, della l.r. Toscana 73/1976 (poi abrogata dall’art. 55 l.r. 16/2000), secondo cui «le domande da presentarsi a norma dell’art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 221, debbono essere corredate da un certificato del Sindaco che attesti la consistenza della popolazione residente al 31 dicembre dell’anno precedente di ogni biennio nelle località o agglomerato rurale in cui è ubicata la farmacia, nonché da un certificato di residenza del titolare, gestore provvisorio o direttore responsabile», disposizione che gli appellanti pongono alla base delle loro pretese. Ad avviso del Collegio, poiché al Comune non è consentito modificare la delimitazione ISTAT delle località abitate, e poiché, del resto, la disposizione regionale non prende espressamente in considerazione tale aspetto, deve ritenersi che il Sindaco, nel certificare i dati aggiornati della popolazione residente, debba tener conto delle delimitazioni territoriali esistenti ai fini del censimento ISTAT. In altri termini, la disposizione regionale richiede il necessario aggiornamento del dato numerico, ma tiene ferma la delimitazione degli agglomerati urbani; integra, ma non abroga l’art. 5 della legge 221/1968. In definitiva, conclude il Consiglio di Stato sia perché le disposizioni richiamano i dati ISTAT, sia per le esigenze operative legate alla circostanza che si tratta di delimitare ambiti territoriali non aventi caratteristiche oggettive, quindi assai incerti ed opinabili (accanto al capoluogo ed alle frazioni, i "centri abitati" ovvero le "località" o gli "agglomerati rurali, diversi dalle "case sparse"), non si può fare a meno di riferirsi a dati omogenei e progressivi definiti in un contesto generale, quale appunto quelli stabiliti nell’articolazione territoriale predisposta in collaborazione con l’ente nazionale di settore (risulta che l’ISTAT abbia trasmesso ai Comuni, con nota prot. 17891 in data 29 novembre 1995, le "basi territoriali" di ciascun Comune, rappresentate dai confini amministrativi, dalle "località abitate" e dalle "sezioni di censimento", allegando cartografie, tabulati e richiamando la disciplina dettata dall’art. 38 del d.P.R. 233/1989). Ferma restando la necessità di tener conto degli aumenti/decrementi demografici in quelle stesse località, come certificati dai Sindaci. E nel caso specifico, è stato affermato dal TAR (e non viene confutato dagli appellanti) che l’istruttoria compiuta dalla ASL con riferimento alle certificazioni dei Comuni, applicando le risultanze ISTAT circa le "località" rispetto alle quali calcolare la popolazione residente, ha evidenziato – di volta in volta, anche sulla base della contiguità con altre località/frazioni, o dell’incertezza dei confini o delle denominazioni – che le località in cui sono ubicate le farmacie rurali dei ricorrenti devono ritenersi al di sopra del limite di 3000 abitanti, soglia che, ai sensi dell’art. 2, della legge 221/1968, non consente di ottenere i benefici in questione a prescindere dal limite di reddito (è questa, si è detto, la sostanziale materia del contendere).
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La vicenda giunta al Consiglio di Stato parte dalle Regione Toscana dove alcuni farmacisti titolari di sedi farmaceutiche rurali (fino al 1994/95, "sussidiate"), rivendicano, per il biennio 1996/1997, il diritto all’indennità di residenza ex art. 2 della legge 221/1968, ed il correlato "sconto" far ... Continua a leggere
Domanda di trasferimento per motivi di famiglia: il beneficio dell’assegnazione temporanea - accordato ai dipendenti di amministrazioni pubbliche con figli minori sino a tre anni di età dall’art. 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 - si applica anche al personale militare
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La materia del contendere si incentra sulla richiesta formulata dalla Sig.ra caporal maggiore dell’Esercito, di trasferimento o l’assegnazione temporanea ad altra sede stante che la situazione familiare difficile (due figli in tenera età, il marito residente altrove e impossibilitato a trasferirsi per ragioni di lavoro, la madre affetta da serie patologie). A fondamento delle sue richieste, ha richiamato anche l’art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2006 che esponendo una situazione familiare difficile (due figli in tenera età, il marito residente altrove e impossibilitato a trasferirsi per ragioni di lavoro, la madre affetta da serie patologie), Il comma 1 di tale articolo stabilisce che "il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda". Il Consiglio di Stato è stato fermo nel ritenere che questa particolare disciplina di favore non valesse per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, assoggettato alle disposizioni proprie dei rispettivi ordinamenti (cfr. sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7506; sez. III, 26 ottobre 2011, n. 5730). Senonché tale giurisprudenza è stata declinata con riferimento a vicende avvenute in epoca anteriore all’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare, l’art. 1493, comma 1, del quale recita che "al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonché le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione". Ritenere che il codice abbia voluto solo riassumere la normativa preesistente significa – almeno sotto il profilo di specie – assoggettare la disposizione a un’interpretazione abrogatrice, che non può essere consentita anche nel quadro di una visione complessiva delle linee di tendenza dell’ordinamento. Valga, a tal fine, il raffronto con la più recente formulazione dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992, in ordine al quale la giurisprudenza del Consiglio di Stato, dopo alcune iniziali oscillazioni, si è consolidata nel senso di ritenere applicabile la nuova versione del testo anche agli appartenenti alle Forze armate e di polizia e ai pubblici dipendenti a questi equiparati, non potendo rappresentare un ostacolo, a quest’effetto, il rinvio a futuri provvedimenti legislativi fatto dall’art. 19 della legge di riforma (cfr. ex plurimis, da ultimo, sez. IV, 19 febbraio 2013, n. 1005, ove più dettagliata motivazione e riferimenti ulteriori). Trattandosi di disposizioni rivolte a dare protezione a valori di rilievo costituzionale, ne segue che ogni eventuale limitazione o restrizione nell’applicazione dovrebbe essere espressamente dettata e congruamente motivata. Il che evidentemente non sembra essere nel caso in questione, anche perché non è certo sufficiente rievocare una iniziativa legislativa depositata prima dell’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare e con riguardo a una giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi su un assetto normativo ormai superato (si veda la relazione all’atto Senato n. 1282 della XVI legislatura) per negare al codice quell’efficacia innovativa che esso indubbiamente riveste. L’affermazione che l’art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 è norma di favore, che opera a vantaggio anche dei dipendenti delle Forze armate e delle Forze di polizia, va tuttavia meglio precisata, proprio alla luce delle spiccate analogie con le problematiche tipiche dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992. Con particolare riguardo alla previsione dell’art. 33, comma 5, il Consiglio di Stato è sempre stato netto nell’escludere che la posizione del dipendente pubblico, il quale richieda la concessione del beneficio, possa qualificarsi come un diritto soggettivo. Come appare dall’inciso "ove possibile", racchiuso nel comma 5 ora ricordato, la situazione soggettiva azionata costituisce un interesse legittimo, nel senso che all’Amministrazione spetta valutare la richiesta del dipendente alla luce delle esigenze organizzative e di efficienza complessiva del servizio. Tale inciso ha un corrispondente puntuale, anche se non testualmente conforme, nel comma 1 dell’art. 1493 del codice, che estende i benefici in discorso al personale militare "tenendo conto del particolare stato rivestito". In conclusione: l’art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 vale anche per il personale militare, e dunque la signora legittimamente ne rivendica l’applicazione a proprio beneficio. Nel fare ciò, peraltro, l’Amministrazione della difesa dovrà valutare la richiesta del privato anche alla luce dell’interesse pubblico e, motivando congruamente, accordare il beneficio richiesto quando a ciò non siano di ostacolo prevalenti esigenze organizzative e di servizio (si veda Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 5 febbraio 2013, n. 405).
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La materia del contendere si incentra sulla richiesta formulata dalla Sig.ra caporal maggiore dell’Esercito, di trasferimento o l’assegnazione temporanea ad altra sede stante che la situazione familiare difficile (due figli in tenera età, il marito residente altrove e impossibilitato a trasferirsi ... Continua a leggere
Incompatibilità ed inconferibilità: la CIVIT sospende l’attività consultiva
Civit
L'Autorità Nazionale Anticorruzione con comunicato del 26 luglio 2013 ha reso di noto di aver temporaneamente sospeso le proprie decisioni sulle richieste di parere pervenute ai sensi dell’art. 16 comma 3 del d. lgs. 39/2013 nelle more dell’approvazione definitiva della legge di conversione del d.l. n. 69/2013 Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, per doveroso rispetto delle scelte del Parlamento. Per evitare possibili errate interpretazioni, la Commissione si è' premurata anche di aggiungere che all’esito dell’iter parlamentare di conversione, la Commissione opererà, come ha sempre fatto, nel pieno rispetto della legge, esprimendo i pareri richiesti, se il disegno di legge fosse modificato in tal senso, o trasmettendo, per competenza, al Dipartimento della funzione pubblica le richieste pervenute e informandone le amministrazioni richiedenti.
Civit
L'Autorità Nazionale Anticorruzione con comunicato del 26 luglio 2013 ha reso di noto di aver temporaneamente sospeso le proprie decisioni sulle richieste di parere pervenute ai sensi dell’art. 16 comma 3 del d. lgs. 39/2013 nelle more dell’approvazione definitiva della legge di conversione del d.l ... Continua a leggere
La Consulta dichiara l'incostituzionalità dell'obbligo posto a carico delle Regioni ordinarie di dismettere le società controllate che svolgono attività strumentali
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui si applicano alle Regioni ad autonomia ordinaria. Con sette distinti ricorsi, le Regioni Lazio (n. 145 del 2012), Veneto (n. 151 del 2012), Campania (n. 153 del 2012) e Puglia (n. 171 del 2012), nonché le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia (n. 159 del 2012), Sardegna (n. 160 del 2012) e la Regione siciliana (n. 170 del 2012) hanno promosso questioni di legittimità costituzionale, in via principale, di numerose norme del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e, tra queste, dell’art. 4 ed in specie di alcuni commi del medesimo articolo. Le ricorrenti impugnano il citato art. 4 nella parte in cui: dispone lo scioglimento, entro il 31 dicembre 2013, delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e quindi anche dalle Regioni e dagli enti locali, che, nel corso dell’anno 2011, abbiano conseguito un fatturato da prestazione di servizi a favore delle pubbliche amministrazioni stesse superiore al 90 per cento dell’intero fatturato (comma 1); prescrive, in alternativa, l’alienazione, mediante procedure di evidenza pubblica, delle relative partecipazioni entro il 30 giugno 2013 (comma 1), prevedendo, in caso di mancato adeguamento, il divieto di nuovi affidamenti diretti di servizi e del rinnovo degli affidamenti di cui le predette società siano titolari (comma 2); prevede che le predette disposizioni non si applichino, oltre che ad una serie di società specificamente individuate (commi 3 e 13), solo «qualora per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l’amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato», sottoponendo, peraltro, gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per l’acquisizione del parere vincolante, parere poi da comunicarsi alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 3); sottopone al «previo parere favorevole» di un organo statale, e cioè del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, l’approvazione degli eventuali piani «di ristrutturazione e razionalizzazione delle società controllate» che le Regioni abbiano predisposto entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (comma 3-sexies); impone alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di acquisire sul mercato i beni e i servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» (comma 7); condiziona, a decorrere dalla medesima data, la possibilità di affidamenti diretti a favore di società a capitale interamente pubblico alla circostanza che «il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell’affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui», nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house (comma 8). Il medesimo art. 4 è inoltre censurato nella parte in cui detta disposizioni puntuali in ordine alla composizione ed al funzionamento dei consigli di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001 e quindi anche dalle Regioni e dagli enti locali (commi 4 e 5); impone limitazioni in ordine all’assunzione di personale ed al relativo trattamento economico (commi 9, 10, 11 e 12); vieta, a pena di nullità, di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio ovvero di atti convenzionali comunque denominati, intercorrenti tra società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, e amministrazioni statali e regionali (comma 14). Le ricorrenti sostengono che una simile dettagliata disciplina, considerata nel suo complesso o anche solo con riguardo a specifici commi, impedendo o comunque condizionando la scelta delle Regioni in ordine alla forma giuridica da adottare per organizzare ed erogare i propri servizi, soprattutto con la previsione di una drastica riduzione delle ipotesi di ricorso all’affidamento in house, determinerebbe la violazione: della competenza legislativa regionale residuale in materia di "organizzazione amministrativa regionale e degli enti pubblici regionali", nonché in materia di "servizi pubblici locali"; della potestà legislativa regionale primaria spettante, in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione", alle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia, Sardegna ed alla Regione siciliana (nonché in materia di "stato giuridico ed economico del personale", "ordinamento degli enti locali", "trasporti su linee automobilistiche e tranviarie" per la Regione Sardegna; in materia di "regime degli enti locali", "legislazione esclusiva ed esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo" per la Regione siciliana); della competenza statutaria in tema di determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione (Regione Lazio); dell’autonomia regolamentare e delle competenze amministrative degli enti locali, nonché dell’autonomia amministrativa e finanziaria regionale. Le norme impugnate, inoltre, recherebbero vulnus anche alla competenza legislativa regionale concorrente in tema di coordinamento della finanza pubblica, non recando meri principi di coordinamento della finanza pubblica, ma disposizioni dettagliate ed autoapplicative (Regioni Lazio, Veneto, Campania, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna). Infine, impedendo alle Regioni di procedere ad affidamenti in house, a prescindere da qualsivoglia valutazione discrezionale della stessa, si porrebbero anche in contrasto con la normativa dell’Unione europea che consente la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale (Regioni Lazio, Veneto, Campania), nonché con i principi di ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa (Regione Veneto). Le Regioni Campania, Sardegna e Puglia censurano il citato art. 4 anche nella parte in cui, delineando una procedura ad hoc per le società che esercitano servizi pubblici locali in ordine alle quali sia precluso un utile ed efficace ricorso al mercato in ragione di peculiari caratteristiche, nonché riducendo la possibilità di affidamenti diretti dei medesimi servizi pubblici locali (commi 3 ed 8), con la più grave sanzione dello scioglimento o della privatizzazione delle società controllate direttamente o indirettamente dagli enti locali (comma 1), ed il divieto di nuovi affidamenti diretti di servizi e del rinnovo degli affidamenti in essere (comma 2), riprodurrebbe, di fatto, una disciplina già espunta dall’ordinamento, dapprima a seguito del referendum del 12-13 giugno 2011 e poi per effetto della sentenza di questa Corte n. 199 del 2012, in violazione degli artt. 75 e 136 Cost. e con conseguente lesione delle competenze costituzionali e statutarie delle Regioni nella materia dei servizi pubblici. La Regione Veneto impugna i commi 3 e 13 del citato art. 4 in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. ed al principio di leale collaborazione (artt. 5 e 120 Cost.), in quanto, nell’individuazione delle società cui non trova applicazione detta norma non sarebbe stato previsto alcun coinvolgimento delle Regioni neppure mediante l’intervento della Conferenza unificata Stato-Regioni. Siffatta Regione censura anche il comma 14 per violazione della potestà legislativa regionale (residuale) in materia di "organizzazione amministrativa della Regione" e degli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui, pur vietando di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio tra società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, e amministrazioni statali e regionali, fa salve le clausole arbitrali contenute nei contratti tra le amministrazioni e le società pubbliche quando si siano già costituiti i relativi collegi arbitrali. La stessa Regione impugna, inoltre, i commi 1, 3, 3-sexies, 7 ed 8, ritenendo che essi violino l’art. 117, primo comma, Cost., ponendosi in contrasto con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria e con la Carta europea delle autonomie locali. Secondo la Regione Puglia, i commi 1 ed 8 della norma in esame violerebbero gli artt. 41, 42 e 43 Cost., in quanto altererebbero irrimediabilmente l’equilibrio tra proprietà pubblica e proprietà privata, tra impresa pubblica ed impresa privata, nonché l’art. 77 Cost., per l’assenza delle ragioni di straordinaria necessità ed urgenza, che avrebbero potuto giustificare l’adozione del decreto-legge. I motivi dei ricorsi sono stati accolti solo in parte. In particolare la Corte ha affermato come abbia già ripetutamente ribadito che è consentito imporre limiti alla spesa di enti pubblici regionali alla duplice condizione: a) di porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; b) di non prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenza n. 289 del 2008). Può essere, in altri termini, imposto alle Regioni un «limite globale, complessivo, al punto che ciascuna Regione deve ritenersi libera di darvi attuazione, nelle varie leggi di spesa, relativamente ai diversi comparti, in modo graduato e differenziato, purché il risultato complessivo sia pari a quello indicato nella legge statale» (sentenza n. 36 del 2013; sentenza n. 211 del 2012). Nella specie, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8, delineano, invece, una disciplina puntuale e dettagliata che vincola totalmente anche le amministrazioni regionali, senza lasciare alcun margine di adeguamento, anche a Regioni e Province autonome, con conseguente lesione dell’autonomia organizzativa della Regione, nonché della competenza regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Pertanto, e' stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies, ed 8 dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012 nella parte in cui si riferiscono anche alle Regioni ad autonomia ordinaria. Quanto alle Regioni ad autonomia speciale deve, invece, dichiararsi la non fondatezza delle questioni proposte, posto che le disposizioni censurate, come si è già detto, non si applicano alle medesime, in virtù dell’operatività della clausola di salvaguardia di cui all’art. 24-bis.
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3, secondo periodo, 3-sexies ed 8 dell’art. 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazio ... Continua a leggere