Gazzetta Informa News 10 Aprile 2013 - Area Amministrativa


NORMATIVA

Il Ministro per la P.A. fa il resoconto sulle attività svolte ed auspica "una politica pubblica riformista, che determini un processo graduale ma irreversibile verso il cambiamento"

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In vista della cessazione del mandato il Ministro Cons. Dott. Filippo Patroni Griffi ha ritenuto doveroso portare all’attenzione di coloro che si occupano di funzione pubblica e di riforme istituzionali l’esperienza acquisita in questi circa quindici mesi di lavoro nei settori della delega. In particolare la delega affidata al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione nel Governo viene peno resoconto schematizzata nei seguenti settori: - organizzazione delle pubbliche amministrazioni e lavoro pubblico; - contrasto preventivo alla corruzione; - semplificazioni e digitalizzazione p.a.; - riforme istituzionali. L’ampiezza della delega con riferimento sia agli assetti istituzionali sia al funzionamento del settore pubblico ad avviso del Ministro richiede oggi, sia pure in maniera sintetica, una doverosa rendicontazione di quanto è stato fatto e consente alcune riflessioni da segnalare al futuro Governo e, in particolare, a chi sarà investito delle deleghe in questione. A tal fine sono state predisposte alcune schede di sintesi per ciascuno dei settori sopra indicati, che precedute da brevi considerazioni sulle prospettive che si ritengono aperte a futuri interventi. Si riporta di seguito la conclusione del Ministro effettuata con una citazione ed una riflessione. La citazione: "E’ noto che non vi ha niente di più sciocco e noioso dei discorsi che si fanno, si son sempre fatti e sempre si faranno col censurare l’andamento delle pubbliche amministrazioni e notare negligenze, oziosità falsità, imbrogli, ruberie, viltà, per conchiudere che le cose vanno male, e anzi che il mondo peggiora e corre alla rovina. Il presupposto di queste censure, chiamate a ragione critiche facili, il presupposto da cui nasce la loro perpetuità, è la perfetta amministrazione, in cui ciascuno adempia con intelligenza perfetta e perfetta volontà il proprio dovere: cioè uno schema astratto che, come tale, non può trovare rispondenza nella realtà". Così Benedetto Croce scrive nella raccolta di saggi su Etica epolitica; il filosofo però continua: "Dal che non si trae, dunque, la conseguenza del lasciar correre, che è quella di tutti gli inetti e i cinici...La conseguenza è invece il dovere di un atteggiamento, non certo impaziente, ma fermo e combattente". La riflessione: E’ viva l’esigenza di una politica pubblica riformista, che determini un processo graduale ma irreversibile verso il cambiamento. (Ministero per la P.A. e la Semplificazione, comunicato del 2.4.2013)

 
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Forze Armate: Taglio a 170.000 unita' delle dotazioni organiche dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare

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E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha disposto la riduzione dell'entita' complessiva delle dotazioni organiche delle Forze armate e rideterminazione della relativa ripartizione, di cui all'articolo 799 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Per accedere al testo del decreto clicca sul titolo sopra linkato. (DPCM 11.1.2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3.4.2013)

 
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Tirocini al Parlamento europeo: scade il 15 maggio il termine per presentare la candidatura

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Il Parlamento europeo offre diverse possibilità di tirocinio all'interno del suo Segretariato generale. Entro il 15 maggio è possibile inviare la propria candidatura per i tirocini Robert Schuman (per laureati) e per il programma pilota per persone con disabilità. Per ulteriori informazioni cliccare sul titolo sopra linkato. (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dip. Politiche europee, comunicato del 3.4.2013)

 
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Sigarette elettroniche vietate ai minori di anni 18

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Il Ministro della Salute con ordinanza adottata il 2 aprile ha innalzato il divieto di vendita delle sigarette elettroniche con presenza di nicotina da 16 a 18 anni. Viene così modificata l’ordinanza dello scorso settembre, che è in vigore fino al 23 aprile 2013. Dopo quella data e fino al 31 ottobre 2013 il divieto di vendita vale per i minori di anni 18. La nuova ordinanza precisa il Ministero si è resa necessaria in coerenza con la norma del "Decreto Balduzzi", che dal 1 gennaio 2013 eleva a 18 anni il limite di età per la vendita dei prodotti del tabacco. Le sanzioni per l’inosservanza dell’ordinanza sono le stesse previste dal "Decreto Balduzzi" per la vendita di prodotti del tabacco a minori di anni 18. Il Ministro Balduzzi aveva chiesto all’Istituto Superiore di Sanità un parere in merito alla valutazione del rischio connesso all'utilizzo delle sigarette elettroniche, in particolare sui minori, sulla base degli ultimi aggiornamenti scientifici. L’Istituto superiore di sanità ha fornito le proprie valutazioni il 20 dicembre 2012, proponendo una metodologia per la valutazione della pericolosità che prevede l’applicazione di un modello che misura l’assorbimento di nicotina dalle diverse cartucce disponibili, considerando il ricorso alla sigaretta elettronica da parte di "fumatori" a moderata, media e forte intensità di utilizzo. Lo studio condotto dall’Istituto superiore di sanità ha evidenziato come, anche per i prodotti a bassa concentrazione, la dose quotidiana accettabile di nicotina – come determinata dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – è superata anche solo con un uso moderato delle sigarette elettroniche. Tale evidenza è ancora più significativa negli adolescenti. Quindi non si possono escludere effetti dannosi per la salute. Il Ministro ha chiesto in seguito un ulteriore parere al Consiglio Superiore di sanità. In particolare, il Consiglio superiore di sanità dovrà valutare lo studio condotto dall’Istituto superiore di sanità in merito alla pericolosità delle sigarette elettroniche nonché stabilire se le sigarette elettroniche, e le ricariche contenenti nicotina o altre sostanze, possano ricadere nella definizione di "medicinale per funzione", pur in assenza di un’esplicita destinazione d’uso in tal senso da parte del responsabile dell’immissione in commercio. Il CSS ha iniziato l’esame della questione in data 19 marzo scorso. (Ministero della Salute, comunicato del 2.4.2013)

 
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Una task force contro Google: il Garante per la privacy avvia un'istruttoria per verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali con un'azione coordinata con le Autorità per la protezione dei dati di Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna

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Il Garante per la privacy italiano ha aperto un'istruttoria nei confronti di Google Inc. per verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali e, in particolare, la conformità dei trattamenti effettuati dalla società di Mountain View ai principi di pertinenza, necessità enon eccedenza dei dati trattati nonché agli obblighi riguardanti l'informativa agli utenti e l'acquisizione del loro consenso. Tale iniziativa è stata assunta nell'ambito di un'azione congiunta intrapresa dalla task force, appositamente costituita, composta dalle Autorità per la protezione dei dati di Francia, Italia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna. Tra il marzo e l'ottobre 2012 il Gruppo che riunisce le Autorità della privacy dei 27 Paesi dell'Ue ha, infatti, analizzato la privacy policy di Google per stabilire se fosse in linea con i requisiti fissati nella Direttiva europea sulla protezione dei dati (Direttiva 95/46/CE). Le nuove regole privacy adottate da Google consentono, tra l'altro, alla società californiana di incrociare in via generalizzata i dati degli utenti che utilizzano i servizi offerti (da Gmail a YouTube a Google Maps solo per citarne alcuni). Alla luce dei risultati di questa analisi, i Garanti europei hanno chiesto a Google Inc. di adottare, entro 4 mesi, una serie di modifiche ritenute necessarie per assicurare la conformità dei trattamenti alle disposizioni vigenti. Decorso tale periodo, alcuni rappresentanti di Google Inc. hanno chiesto un incontro con la task force che si è tenuto il 19 marzo scorso, a seguito del quale tuttavia la società, nonostante avesse manifestato la propria disponibilità, non ha ancora adottato alcuna concreta iniziativa nel senso auspicato. Ciascuna delle sei Autorità coinvolte condurrà, pertanto, ulteriori accertamenti con il formale avvio di procedimenti distinti anche se simultanei ed in stretto coordinamento tra loro. (Garante per la protezione dei dati personali, comunicato del 2.4.2013)

 
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Trasparenza nella P.A.: sull'accessibilità dei siti e dei servizi i cittadini possono segnale le inadempienze all’Agenzia per l’Italia digitale

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E' stata pubblicata la circolare n. 61/2013 relativa agli obblighi di accessibilità per le PA con la quale si informano le pubbliche amministrazioni sui nuovi adempimenti posti a loro carico dalla recente normativa. In particolare, con riferimento agli obiettivi di accessibilità, l’Agenzia per l’Italia digitale intende anche fornire alle pubbliche amministrazioni sia un questionario, che esse possano utilizzare per effettuare un’autovalutazione circa lo stato di adeguamento dei propri siti e servizi web alla normativa sull’accessibilità, sia un esempio di format per la pubblicazione sui siti web degli obiettivi annuali di accessibilità. Al contempo nella circolare si precisa che il comma 8 dell’art. 9 del decreto legge n. 179/2012 prevede che "gli interessati" che rilevano inadempienze in ordine all'accessibilità dei servizi erogati dai soggetti di cui al nuovo articolo 3, comma 1 della legge n. 4/2004, "fanno formale segnalazione, anche in via telematica, all’Agenzia per l’Italia digitale". Con tale previsione normativa si consente al cittadino di difendersi in prima istanza dalle eventuali inadempiente della pubblica Amministrazione in tema di accessibilità dei servizi erogati attraverso una segnalazione formale all’Agenzia, senza necessariamente ricorrere in giudizio. L’Agenzia per l’Italia digitale, pertanto, è chiamata a ricevere le segnalazioni e, qualora le ritenga fondate, richiede al soggetto erogatore l'adeguamento dei servizi alle disposizioni in tema di accessibilità assegnando al soggetto medesimo un termine, non superiore a 90 giorni, per adempiere. L’invio delle suddette segnalazioni potrà essere effettuato, in via telematica, al seguente indirizzo di casella di posta elettronica certificata messo a disposizione, a tal fine, dall’Agenzia per l’Italia digitale: protocollo@pec.agid.gov.it ; ovvero, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, al seguente indirizzo: Agenzia per l’Italia digitale Viale Marx n. 31/49 00137 Roma. Per accedere alla circolare ed ai questionari cliccare sul titolo sopra linkato. (DigitPA, circolare n. 61/2013)

 
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Ministero del Lavoro e Inps consentono l'accesso ai propri archivi

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Da aprile 2013 il Ministero del Lavoro e l'Inps mettono a disposizione, per scopi di ricerca, due archivi per l’analisi e la valutazione dell’evoluzione del mercato del lavoro: - un campione casuale di lavoratori dipendenti ed autonomi desunti dalle banche dati Inps, che traccia le storie lavorative individuali dal 1985 al 2010; - un sottoinsieme del Sistema delle Comunicazioni Obbligatorie riferite ad un campione casuale di individui dipendenti e parasubordinati, integrato da eventi di lavoro autonomo desunti dagli archivi Inps. La procedura di accesso alle banche dati prevede la compilazione di una richiesta on line, corredata da un progetto di ricerca e analisi. Il modulo di richiesta deve essere inviato all'indirizzo uffstatistica@lavoro.gov.it. Per approfondimenti cliccare sul titolo sopra linkato. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, comunicato del 2.4.2013)

 
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GIURISPRUDENZA

Concorsi pubblici: nei giudizi afferenti prove di esame o di concorso il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabile ictu oculi dalla sola lettura degli atti

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In base a un consolidato orientamento sui giudizi afferenti prove di esame o di concorso, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabile ictu oculidalla sola lettura degli atti. Pertanto, solo in siffatte ipotesi è ammissibile il sindacato del giudice in subiecta materia, senza che si verifichi uno sconfinamento nel merito amministrativo e, quindi, una non ammessa sostituzione di una valutazione propria del giudice a quella rientrante nelle competenze proprie della Commissione di concorso (in tal senso –ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 16 aprile 2012, n. 2196; id., III, 13 luglio 2011, n. 4229; id., VI, 23 dicembre 2010, n. 9339; id., VI, 27 agosto 2010, n. 5988). (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.4.2013, n. 1883)

 
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Limiti di accesso ai Corsi di Laurea sotto la lente del Consiglio di Stato-Sul numero chiuso dei posti disponibili per l'accesso al Corso di laurea specialistica in Odontoiatria e Protesi Dentaria il Consiglio di Stato avvia un'istruttoria, il Ministero dell’istruzione deve chiarire i criteri seguiti, sia in generale che per ciascuna singola sede universitaria, con i quali ha definito il numero dei posti disponibili

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Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ritenuto necessario acquisire in via istruttoria una documentata e dettagliata relazione, redatta a cura del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in cui siano esplicitati gli effettivi criteri seguiti, sia in generale che per ciascuna singola sede universitaria, al fine di definire il numero dei posti disponibili per accedere al corso di laurea sopra indicato nell’anno accademico di riferimento (2005/2006), con verifica del dato fattuale sopra indicato e dell’attività istruttoria espletata, per accertare il fabbisogno di professionisti nel settore odontoiatrico a livello comunitario. Per accedere alla sentenza per esteso cliccare sul titolo sopra linkato. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.4.2013, n. 1878)

 
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Accademia di belle arti di Napoli, nessun commissariamento: per il Consiglio di Stato e' legittima la nomina effettuata dal Ministero del presidente del Consiglio di amministrazione

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Ribaltata dal Consiglio di Stato la sentenza del TAR Campania che aveva accolta il ricorso proposto dall’avvocato Adolfo Maiello, già presidente del Consiglio di amministrazione della predetta Accademia, avverso i decreti ministeriali di data 2 marzo 2006 numeri 80, con cui sono state affidate al professor Lucio D’Alessandro, in veste di commissario, le funzioni previste per l’incarico di presidente dall’Accademia di belle arti di Napoli, e 81, di ricostituzione del Consiglio di amministrazione della stessa Accademia. Ad avviso del Collegio nella specie, il Ministero non ha commissariato l’Accademia, a fronte di una sua impossibilità di funzionamento (che, infatti, non sussisteva, essendo stata in precedenza prevista la permanenza del vecchio Cda fino alla costituzione del nuovo consiglio di amministrazione previsto dallo Statuto di autonomia). Non rileva, quindi, interrogarsi sulla sussistenza o meno in capo al Ministero di un potere di commissariamento dell’Accademia, ossia sulla permanenza, dopo la riforma delle istituzioni artistiche e musicali, di un potere di vigilanza del Ministero stesso e così di quello, ad esso riconducibile, di intervenire in caso di impossibilità di funzionamento di tali istituti. Il Ministero ha, invece, esercitato il potere di nomina del soggetto incaricato delle funzioni di presidente del Consiglio di amministrazione nell’ambito della procedura di espletamento delle nuove nomine a seguito dell’approvazione dello Statuto; potere attribuitogli dalla normativa e non venuto meno a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 4923 del 2005, relativa alle modalità di tale nomina per quanto attinente alla designazione della terna tra cui scegliere il presidente. Non potendo ricorrere alle modalità in precedenza contemplate dall’art. 5 del d.P.R. n. 132 del 2003, annullato in parte qua, e non essendo ancora entrato in vigore il citato art. 5, il Ministero ha giunto alla determinazione di incaricare delle funzioni di presidente un commissario, in applicazione di un principio generale volto a fronteggiare eccezionali situazioni di impasse, con il chiaro intento non già di sovrapporsi all’Accademia, ma di assecondare il pieno dispiegamento dell’autonomia dell’Istituto secondo il nuovo statuto, prevedendo comunque, a rimarcare il carattere non intrusivo dell’atto, un espresso limite a qualche mese della nomina effettuata. Tale principio generale indubbiamente sussiste, anche in considerazione del fatto che il legislatore, malgrado la riforma delle istituzioni artistiche e musicali, non ha espressamente abrogato l’art. 2, comma 6, della legge n. 262 del 1963, avente la sua ratio di consentire l’ordinato esercizio delle funzioni da parte degli istituti del settore. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 5.4.2013, n. 1875)

 
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Ribaltata dal Consiglio di Stato la sentenza del TAR Campania che aveva accolta il ricorso proposto dall’avvocato Adolfo Maiello, già presidente del Consiglio di amministrazione della predetta Accademia, avverso i decreti ministeriali di data 2 marzo 2006 numeri 80, con cui sono state affidate al p ... Continua a leggere

 

Accesso ai documenti: Aeroporti di Roma in virtù della sub concessione pubblica debbono consentire l'accesso agli atti anche se trattasi di società privata e gli atti richiesti in ostensione sono riconducibili alla disciplina privatistica

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Come ha evidenziato da tempo la giurisprudenza amministrativa (v. le decisioni nn. 4, 5 e 16 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato), l’ambito di applicazione delle norme in materia di accesso involge non solo l’attività puramente autoritativa, ma tutta l’attività funzionale alla cura degliinteressi pubblici, inclusi gli atti di diritto privato, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni o da soggetti privati, gestori di pubblici servizi. E’ noto che l’accesso ai documenti è stato introdotto "al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale" (art. 22, comma 1, l.n. 241/1990) e dunque in attuazione del principio di rango costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Il ‘diritto’ di accesso ai documenti amministrativi previsto dagli artt. 22 e 23 l. 7 agosto 1990, n. 241, la cui applicabilità riguarda non solo la pubblica amministrazione in senso stretto ma anche tutti i soggetti di diritto pubblico e di diritto privato, comprese le società commerciali (v., ad esempio, con riferimento alla società Poste Italiane s.p.a , Cons. Giust. Amm. Sic. 4 febbraio 2010, n. 108 e Cons. Stato, VI, 25 gennaio 2010, n. 252), limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, è correlato non soltanto all’attività di diritto amministrativo, ma anche a quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità (cfr. Cons. Stato, VI, 2 maggio 2012, n. 2516, e 26 gennaio 2006, n. 229). Soggetti legittimati passivi dell’istanza di accesso, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e) della legge n. 241 del 1990 sono le pubbliche amministrazioni intese come "Tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario": l’art. 1, comma 1 ter, della stessa legge prevede che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa, tra cui sono inclusi quelli della pubblicità e della trasparenza. L’ambito dei soggetti tenuti sul piano sostanziale al rispetto dei sopra citati art. 22 e ss. è stato tenuto bel presente dal legislatore delegato, in sede di redazione del codice del processo amministrativo, il cui art. 7, comma 2, stabilisce che "Per pubbliche amministrazioni ai fini del presente Codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo": i soggetti privati, gestori di un servizio pubblico (siano o meno essi concessionari in senso tecnico), per il fatto che sono a contatto col pubblico e con gli utenti, vanno qualificati come titolari di poteri pubblicistici nei casi previsti dalla legge, tra cui rientra quello dell’esame delle domande d’accesso, ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, che ha tenuto conto delle normative di settore che – sulla base dei princupi comunitari e costituzionali - consentono a soggetti privati di svolgere attività di natura imprenditoriale, caratterizzate dalla gestione di interessi pubblici e comunque superindividuali. Correlativamente i documenti ostensibili – come già rilevato dalla richiamata giurisprudenza della Adunanza Plenaria - devono concernere attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblica o privata della loro disciplina sostanziale. Soggetti legittimati all’accesso sono, ai sensi dell’art. 22 della legge citata, "i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso". Il collegamento, ossia il rapporto di strumentalità, tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza deve essere inteso in senso ampio (col solo limite del non trasmodare in uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’attività del soggetto cui è rivolta), ossia nel senso che la documentazione richiesta deve costituire un mezzo potenzialmente utile alla tutela (non necessariamente giudiziale) della situazione giuridicamente rilevante, non richiedendosi che essa sia idonea a costituire strumento di prova diretta della lesione dell’interesse tutelato (in tema cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 24 aprile 2012, n. 7 e, fra le tante, Cons. Stato, Sez. III 13 gennaio 2012, n. 116; Sez. IV 30 agosto 2011, n. 4883; Sez. V, 14 maggio 2010, n. 2966); l’interesse all’accesso ha, inoltre, consistenza autonoma e va considerato in astratto, escludendosi che in relazione ai casi specifici competa all’amministrazione compiere apprezzamenti in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante e così alla fondatezza o all’ammissibilità delle eventuali domande giudiziali ipoteticamente proponibili dal soggetto che ha chiesto l’accesso documentale (v., per tutte, la già richiamata sentenza della Sezione n. 2516 del 2012). Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, ne consegue l’infondatezza dell’odierno appello. La veste privatistica di Aeroporti Di Roma, così come l’addotta riconducibilità alla disciplina privatistica degli atti richiesti in ostensione, non sono di per sé sufficienti ad escludere l’obbligo di trasparenza e l’applicabilità della disciplina in tema di accesso. L’assunto dell’appellante della non afferenza di detta documentazione ad un tratto della sua azione di rilevanza pubblica non persuade, in quanto la sub concessione di aree all’interno dell’aeroporto – proprio perché costituisce un titolo legislativamente ammesso per attribuire la disponibilità e comunque l’utilizzo del sedime aeroportuale - è espressione di potere pubblicistico (mutuando la natura autoritativa della concessione che ne è il necessario antecedente), mentre non rilevano gli accenni alla non esclusività dell’utilizzo consentito ad Alitalia così come quelli al miglior perseguimento delle finalità della gestione aeroportuale, non venendo qui in discussione la legittimità degli atti di disposizione posti in essere da ADR e la scelta o i criteri di scelta di assegnazione di tali aree, ma unicamente la sussistenza dei presupposti per l’esercizio - da parte delle richiedenti operatrici del settore dell’handling - del diritto di conoscere il contenuto di tali atti, ossia le ‘condizioni’ giuridiche ed economiche dell’utilizzo delle aree aeroportuali sub concesse. (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 28.3.2013, n. 1835)

 
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Come ha evidenziato da tempo la giurisprudenza amministrativa (v. le decisioni nn. 4, 5 e 16 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato), l’ambito di applicazione delle norme in materia di accesso involge non solo l’attività puramente autoritativa, ma tutta l’attività funzionale alla cura degli ... Continua a leggere

 

Il concetto di conoscenza dell’atto dal quale decorre il termine per impugnare è integrato dalla percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso

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Negli ultimi anni la giurisprudenza amministrativa ha mostrato maggiore sensibilità nella lettura della nozione di conoscenza dell’atto dalla quale decorre il termine per impugnare, sposando un approccio più attento alle ragioni del ricorrente, che deve poter essere in grado di apprezzare l’esercizio del potere dell’amministrazione e valutare anche le possibilità dell’esito favorevole del rimedio giurisdizionale. Tutte le pronunce richiamate dall’appellante ribadiscono un principio ormai acquisito dalla giurisprudenza di questo Consiglio: la conoscenza dell’atto non può essere separata dalla piena conoscenza della lesività dell’atto e dai possibili vizi che hanno inficiato l’agere dell’amministrazione (sul tema da ultimo la rimessione operata all’Adunanza Plenaria da Cons. St., sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 790). Così, pronunce chiariscono che: "Il concetto di "piena conoscenza" — il verificarsi della quale determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale — è integrato dalla percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso, mentre la conoscenza "integrale" del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi" (Cons. St., 2974/2012). Nella fattispecie la piena lesività dell’atto era già conoscibile nel momento della lettura dello stesso, atteso che l’attività sostanzialmente vincolata dell’amministrazione di inquadramento secondo le tabelle contenute nella l. regionale 8/1979, sin da subito evidenziava la portata lesiva degli effetti ed i possibili vizi di legittimità che sulla stessa potevano gravare, che non a caso sono stati indicati dall’odierno appellante sin dall’atto introduttivo nel giudizio di prime cure. In questo senso non appare convincente sostenere che il difetto di motivazione, ossia la doglianza principale portata contro l’atto gravato, sia indicato quale ragione dell’assenza di quella piena conoscenza utile a far decorrere il termine decadenziale e vizio di legittimità che comporterebbe la caducazione dell’atto di inquadramento. Lesività ed eventuale illegittimità dell’atto di inquadramento, infatti, si colgono all’unisono al momento del controllo circa l’inquadramento in concreto operato dall’amministrazione nel fare applicazione della disciplina contenuta nella citata legge regionale. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1829)

 
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Negli ultimi anni la giurisprudenza amministrativa ha mostrato maggiore sensibilità nella lettura della nozione di conoscenza dell’atto dalla quale decorre il termine per impugnare, sposando un approccio più attento alle ragioni del ricorrente, che deve poter essere in grado di apprezzare l’eserciz ... Continua a leggere

 

Nell’impiego privato il patto di prova deve essere predisposto in forma scritta a pena di nullità, con la conseguenza che, in mancanza di detta formalità lo stesso deve considerarsi nullo e l’assunzione del lavoratore va considerata definitiva. Nel pubblico impiego invece il periodo di prova scaturisce direttamente per effetto ex lege e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale

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Come ha chiarito la giurisprudenza il rapporto di lavoro alle dipendenze di Pubbliche Amministrazioni (oggi regolato dal d.lgs. n. 165 del 2001) è disciplinato da una lex specialis, che deroga, rendendolo inapplicabile, l’art. 2096 c.c. ed i principi elaborati dalla giurisprudenza sulla base di detta norma (cfr. Corte di Cassazione, sezione lavoro, 13 agosto 2008, n. 21586, nonché Corte Costituzionale nn. 313-1996, 309-1997, 89-2003 e 199-2003). In altre parole, mentre nell’impiego privato è pacifico ritenere che il patto di prova debba essere predisposto in forma scritta a pena di nullità, con la conseguenza che, in mancanza di detta formalità lo stesso deve considerarsi nullo e l’assunzione del lavoratore va considerata definitiva, nel pubblico impiego il periodo di prova scaturisce direttamente per effetto ex lege e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale. Nel caso di specie, l’esito completamente e radicalmente negativo del periodo di prova è stato ampiamente e motivatamente dimostrato dall’Amministrazione, potendosi così prescindere da ogni questione del tutto formale circa la complessiva valutazione del servizio prestato, vista l’entità e il contenuto di tale giudizio negativo che indubbiamente esprimono un mancato superamento della prova, a prescindere dal fatto che lo stesso fosse o meno compiuto e che la valutazione avesse riguardo al servizio effettivamente prestato a titolo di prova, trattandosi di un giudizio di idoneità dell’appellante a rivestire il ruolo per il quale avrebbe dovuto essere assunto. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1821)

 
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Il vizio di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del petitum e delle eccezioni dedotte, o su questioni non sollevate, attribuisce alla parte un bene non richiesto o non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda

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Sulla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., il Consiglio di Stato osserva che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, detto vizio (di extrapetizione) sussiste solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del petitum e delle eccezioni dedotte, o su questioni non sollevate, attribuisce alla parte un bene non richiesto o non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, non ricorrendo invece allorquando il giudice, rimanendo nei limiti della domanda e del petitum ovvero dei motivi di ricorso, per quanto specialmente concerne il processo amministrativo, fonda la sua decisione sulla valutazione unitaria delle risultanze processuali, anche sulla base di argomentazioni o considerazioni non prospettate dalle parti (ex multis, Cass. civ., sez. II, 23 novembre 2012, n. 20731; sez. III, 26 ottobre 2009, n. 22595; C.d.S., sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 475; sez. V, 2 novembre 2009, n. 6713). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1817)

 
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Sospensione dal servizio e privazione dello stipendio per infrazioni disciplinari: i termini del procedimento

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Per giurisprudenza costante il rispetto delle regole relative al procedimento disciplinare non rappresenta un mero formalismo, essendo le stesse preordinate ad offrire, sul piano sostanziale, all'incolpato le più ampie garanzie in ordine alla possibilità di difesa, dovendo quest'ultimo in ogni momento essere posto in condizione di conoscere gli addebiti posti a suo carico. A cominciare dalla disciplina contenuta negli artt. 107, 110, 111, 112 e 120 d.P.R. n. 3/1957, l'ordinamento ha sempre inteso apprestare un sistema in grado di garantire il dipendente dall'eventualità di essere inquisito per addebiti manifestamente infondati, circondando la fase di apertura e di conclusione del procedimento disciplinare che si intende instaurare a suo carico da una serie di cautele e precauzioni, preventivamente, attraverso una verifica della sussistenza dei presupposti per l'instaurazione del predetto procedimento e, successivamente, imponendo la chiusura del procedimento entro un termine. Nella fattispecie, inoltre, proprio l’art. 18 del regolamento sopra citato, da un lato, rinvia al regime contenuto nel d.P.R. n. 3/1957, per quanto non espressamente ivi previsto. Dall’altro, all’ultimo comma dispone che il procedimento si estingue in caso di inosservanza dei termini previsti dal citato art. 18. Previsione quest’ultima che consente di richiamare la giurisprudenza di questo Consiglio secondo la quale: "In materia di procedimenti disciplinari i termini previsti dalle disposizioni infraprocedimentali non hanno carattere perentorio, bensì ordinatorio, ove non sia prevista alcuna decadenza per la loro inosservanza, ne’ sia stabilita l’inefficacia degli atti compiuti dopo la loro scadenza, essendo garanzia sufficiente per l’incolpato quella del termine perentorio fissato per l’intero provvedimento disciplinare" (Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2506). Ipotesi, invece, che si verifica nella fattispecie de qua. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1827)

 
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Concorsi pubblici: i requisiti necessari per la partecipazione al concorso devono essere posseduti alla data di scadenza prevista per la presentazione delle relative domande

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I requisiti prescritti per la partecipazione ad una selezione concorsuale debbano essere posseduti alla data di scadenza prevista per la presentazione delle relative domande (Cons. Stato, sez. VI, 4 febbraio 2002 n. 6010). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.4.2013, n. 1969)

 
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L'individuazione del titolo di studio necessario per partecipare al concorso rientra nella discrezionalità amministrativa sindacabile dal giudice solo per manifesta inadeguatezza, irragionevolezza, illogicità o arbitrarietà

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La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato che rientra nella discrezionalità amministrativa, già in sede di predeterminazione delle regole della procedura concorsuale, al fine di ottenere la migliore qualificazione possibile dei candidati, prevedere l’individuazione specifica del titolo di studio necessario (vedi Consiglio di Stato, V, 13.4.2012 n. 2098; Consiglio di Stato VI, 19.8.2009 n. 4994). Diversamente l’esercizio di tale potere discrezionale può essere sindacato in sede giurisdizionale nell’ipotesi di manifesta inadeguatezza, irragionevolezza, illogicità o arbitrarietà rispetto alle funzioni inerenti al posto messo a concorso. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1814)

 
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Ricostruzione della posizione di carriera di un pubblico dipendente: ai fini della corresponsione degli emolumenti non percepiti durante il periodo di interruzione del servizio illegittimamente disposta dall'amministrazione dalle somme dovute sono sottratti quegli emolumenti che presuppongano l'effettiva prestazione del servizio, quali per esempio gli straordinari

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In caso di ricostruzione della posizione di carriera di un pubblico dipendente, ai fini della corresponsione degli emolumenti non percepiti durante il periodo di interruzione del servizio illegittimamente disposta dall'amministrazione, le somme attribuibili per il detto periodo sono dovute in virtùdell'effetto ripristinatorio e, per quanto giuridicamente e materialmente possibile, restitutorio della sentenza di annullamento dell'atto interruttivo del rapporto di servizio. Coerente con la natura restitutoria del credito così insorto è che dalle somme dovute siano sottratti quegli emolumenti che presuppongano l'effettiva prestazione del servizio (evenienza che non può farsi rientrare nella fictio juris di ricostruzione "ex post" degli effetti di un rapporto di impiego ipotizzato come operante anche durante il periodo di interruzione), quali ad esempio gli straordinari o corrispettivi legati all'effettiva presenza o alla valutabilità della qualità del lavoro (Consiglio Stato, sez. VI, 20 marzo 2007, n. 1315). Pertanto solo se le pretese del ricorrente fossero state assistite da idonea prova circa la effettiva prestazione della attività lavorativa poteva essere riconosciuto il relativo diritto. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1778)

 
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L’impugnazione di una violazione amministrativa o di un verbale di accertamento esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo. L'illegittimità della sanzione della rimozione degli impianti pubblicitari deve quindi essere decisa dal giudice ordinario

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Conformemente a giurisprudenza consolidata (cfr. Cons. Stato, sezione quinta, 27 giugno 2012, n. 3786 e 3787) l’impugnazione di una violazione amministrativa o di un verbale di accertamento esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché la situazione giuridica di cui si chiede tutelaha la consistenza di diritto soggettivo e l’esercizio dell’attività sanzionatoria non è espressione di attività discrezionale ma vincolata dell’amministrazione, perché retta dal principio di legalità, sicché, ove l’amministrazione accerti che un comportamento integri gli estremi di un illecito previsto da una norma di legge, deve applicare la sanzione, senza alcun margine di scelta. Tale conclusione riguarda tutti gli atti del procedimento sanzionatorio, compreso il verbale di accertamento e contestazione. Né rileva in contrario, che esso non sia espressamente indicato tra gli atti impugnabili davanti al giudice ordinario, essendo espressione dello stesso potere che dà luogo alla irrogazione della sanzione, costituendone anzi il presupposto, sicché la giurisdizione non può che appartenere all’unico giudice, quello ordinario (cfr. Cass. Civ. , sez. II, 21 dicembre 2011, n. 28045; 14 aprile 2009, n. 8890). Peraltro, l’orientamento della Corte di Cassazione è nel senso di considerare il verbale di accertamento, atto privo di autonoma lesività, con la mera funzione di portare a conoscenza dell’interessato la contestazione, sicché questi possa apprestare le proprie difese, cui consegue l’irrilevanza e la svalutazione del ruolo del procedimento amministrativo sanzionatorio, anche perché il giudice ordinario può conoscere direttamente del rapporto sanzionatorio (cfr. Cass. Sez. unite, 28 gennaio 2010, n. 1786; sezione prima, 15 gennaio 2010, n. 532). In ragione di quanto esposto, atteso che la sanzione della rimozione degli impianti pubblicitari prevista dal comma 13 quater dell’art. 23 del Codice della Strada, costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal precedente comma 11 dell’art. 23, per l’installazione di impianti pubblicitari su strade demaniali abusivamente installati, ne consegue il difetto di giurisdizione di questo giudice, appartenendo la materia de qua al giudice ordinario. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1777)

 
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Conformemente a giurisprudenza consolidata (cfr. Cons. Stato, sezione quinta, 27 giugno 2012, n. 3786 e 3787) l’impugnazione di una violazione amministrativa o di un verbale di accertamento esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché la situazione giuridica di cui si chiede tutela ... Continua a leggere

 

Termine di impugnazione delle delibere comunali pubblicate sull'Albo Pretorio on line: se la delibera contiene disposizioni non di indirizzo, ma di gestione non immediatamente operative il termine per la impugnazione decorre dal momento in cui sono stati adottati gli atti concretamente applicativi

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In caso di delibera comunale, per la cui pubblicità è prescritta la pubblicazione all'albo, il termine decadenziale, ex art. 124, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, per la sua impugnativa, per quanto concerne i terzi, decorre dal quindicesimo giorno da detta pubblicazione, mentre decorre dalla datadi notifica o comunicazione dell'atto o di quella dell'effettiva piena conoscenza solo con riferimento a quei soggetti direttamente contemplati nell'atto o che ne siano immediatamente incisi anche se in esso non contemplati. Tuttavia, a prescindere dalla circostanza se la attuale appellante fosse direttamente incisa o meno dagli effetti di detta deliberazione, va ricordato che per un provvedimento come quello di specie, conteneva bensì disposizioni non di indirizzo, ma di gestione (come meglio specificato in seguito), ma non immediatamente operative (la deliberazione n. 41/2006 incaricava il Responsabile del Servizio Ragioneria di effettuare le opportune variazioni in bilancio ai fini dell’acquisto del mezzo della Prinoth nelle more della concessione del contributo regionale richiesto, senza determinare la definitiva ed attuale espressione negoziale conclusiva del contratto, rinviata, in modo del tutto atipico, successivamente alla variazione contabile del Responsabile); in tale peculiare fattispecie, il termine per la impugnazione decorre dal momento in cui si è verificata la lesione dell'interesse sostanziale, cioè dal momento in cui sono stati adottati gli atti concretamente applicativi (nel caso di specie le deliberazioni del Responsabile del Servizio del Territorio di detto Comune n. 120 del 21 febbraio 2006, recante impegno di spesa per l’acquisto di un battipista Prinoth mod. Husky, e n. 408 del 16 giugno 2006, con cui è stato disposto l’acquisto di detto mezzo), rispetto alla conoscenza dei quali il ricorso di primo grado era pienamente tempestivo. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1775)

 
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In caso di delibera comunale, per la cui pubblicità è prescritta la pubblicazione all'albo, il termine decadenziale, ex art. 124, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, per la sua impugnativa, per quanto concerne i terzi, decorre dal quindicesimo giorno da detta pubblicazione, mentre decorre dalla data ... Continua a leggere

 

Giudizio elettorale: l’impugnazione può essere proposta non solo dai cittadini elettori, in quanto portatori dell’interesse generale del corpo elettorale, ma anche dai candidati non eletti che hanno un personale e diretto interesse alla modifica del risultato elettorale

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Ai sensi dell’art. 83/11 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, aggiunto dall’art. 2 L. 23 dicembre 1966 n. 1147 (le cui norme procedurali sono state tenute ferme dall’art. 19, ultimo comma, L. 6.12.1971 n. 1034, per i giudizi in materia di operazioni elettorali comunali, provinciali e regionali) – poiabrogato dal d.lgs. n. 104/2010 - può proporre impugnazione contro le operazioni per l’elezione dei consiglieri comunali "qualsiasi cittadino elettore del Comune o chiunque altro vi abbia diretto interesse". La disposizione è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che l’impugnazione può essere proposta non solo dai cittadini elettori, in quanto portatori dell’interesse generale del corpo elettorale, ma anche dai candidati non eletti che hanno un personale e diretto interesse alla modifica del risultato elettorale (Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n. 259). Ma la posizione del candidato è indubbiamente diversa da quella del cittadino elettore sia per legittimazione che per interesse ad agire, in quanto il primo fa valere l’interesse proprio a ricoprire l’incarico elettivo mentre il secondo esercita una vera e propria azione popolare di tipo correttivo nell’interesse generale. In materia di contenzioso elettorale è affermato il principio secondo cui l’attore popolare ha facoltà di proporre gravame anche quando non sia stato parte nella precedente fase di giudizio, proprio perché colui che sperimenta l’azione popolare agisce uti civis e non uti singulus, ossia nell’interesse generale del buon andamento della P.A., onde si giustifica la fungibilità processuale dei soggetti legittimati all’appello ai sensi degli artt. 82/2 e 83/12 D.P.R. n. 570/1960 e successive modificazioni (Cons. Stato, Sez. V, nn. 4001/2001, 1150/1996, 790/1996, 92/1994, 912/1991, 526/1989 e 861/1966). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.4.2013, n. 1968)

 
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Ai sensi dell’art. 83/11 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, aggiunto dall’art. 2 L. 23 dicembre 1966 n. 1147 (le cui norme procedurali sono state tenute ferme dall’art. 19, ultimo comma, L. 6.12.1971 n. 1034, per i giudizi in materia di operazioni elettorali comunali, provinciali e regionali) – poi ... Continua a leggere

 

La convalida del provvedimento amministrativo: l'atto di convalida deve contenere una motivazione espressa e persuasiva delle "ragioni di interesse pubblico" giustificatrici del potere di sostituzione

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Ai sensi dell'art. 21 nonies, comma 2, della l. n. 241 del 1990, che fa salva la possibilità del ricorso all’istituto della convalida (in cui è compresa anche la ratifica) del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole, l'Amministrazione ha il potere di convalidare o ratificare un provvedimento viziato. Del resto, il potere di sanatoria rientra in via di principio nella potestà di autotutela spettante all'Autorità amministrativa, senza entrare in contrasto con i principi di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nella misura in cui costituisce un implicito riconoscimento dei vizi da cui è affetto il provvedimento, anticipando la pronuncia del competente Giudice e nel contempo emendando l'azione amministrativa, senza attendere la instaurazione del giudizio e la successiva riedizione conformata del potere amministrativo all'esito di un giudicato, sempreché ovviamente si tratti di vizi che lasciano salvo l'eventuale successivo esercizio della funzione amministrativa. L’atto di convalida deve tuttavia contenere una motivazione espressa e persuasiva in merito alla sua natura e in punto di interesse pubblico alla convalida, essendo insufficiente la semplice e formale appropriazione da parte dell'organo competente all'adozione del provvedimento, in assenza dell'esternazione delle "ragioni di interesse pubblico" giustificatrici del potere di sostituzione e della presupposta indicazione, espressa, della illegittimità per incompetenza in cui sarebbe incorso l’organo che ha adottato l’atto recepito in via "sanante". Pur se non è necessario che l'organo adottante il provvedimento di convalida debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, è invero quanto meno necessario che emergano chiaramente dall'atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà dell'organo di assumere tale atto (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2011, n. 2863). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1775)

 
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Ai sensi dell'art. 21 nonies, comma 2, della l. n. 241 del 1990, che fa salva la possibilità del ricorso all’istituto della convalida (in cui è compresa anche la ratifica) del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole, l'Amministrazion ... Continua a leggere

 

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è utilizzabile nel processo amministrativo non avendo alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'Amministrazione

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Sotto il profilo della colpa dell'Amministrazione, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, 14 novembre 2012, n. 5761; sez. V, 31 luglio 2012 n. 4337). In definitiva, l'azione amministrativa, nel caso di specie, può ritenersi, in assenza di detta dimostrazione, che stata tale da rendere la stessa non conforme ai principi di buon andamento ed imparzialità dell'Amministrazione affermati dall'art. 97 Cost., con la conseguenza che la stessa deve essere qualificata colposa. Sulla base delle suesposte premesse, la condotta amministrativa, cristallizzatasi con l'adozione di un atto illegittimo, consente di apprezzare la presenza di un danno ingiusto idoneo a determinare la risarcibilità della posizione giuridica lesa, quale conseguenza della stessa. Accertata l'esistenza di un danno ingiusto e l'ascrivibilità al Comune resistente della relativa responsabilità, la Sezione deve spostare l'indagine sulla valutazione, in concreto, del danno subito. Il titolare dell'interesse pretensivo al provvedimento che lamenta di avere patito un danno ingiusto da ritardo deve, invero, provare con rigore, ai sensi dell'art. 2697 c.c., la sussistenza del pregiudizio economico asseritamente derivante dal ritardo, che può essere riconosciuto quando sia dimostrato innanzitutto che si è verificata una lesione economicamente valutabile alla sfera giuridica del soggetto, poiché tale lesione è direttamente connessa con la violazione delle regole procedimentali da parte dell'Amministrazione. La sussistenza di un danno, infatti, non può presumersi "iuris tantum" quale automatica conseguenza della tardiva adozione di un provvedimento favorevole all'interessato nei tempi ritenuti congrui da quest'ultimo, ma occorre che il ricorrente dimostri di non avere potuto rivolgere le proprie energie alla cura di altri interessi e attività lavorative (che determinerebbero la detrazione dell'" aliunde perceptum" secondo il principio della "compensatio lucri cum damno"). In proposito la generica affermazione di non aver lavorato nel periodo di riferimento, non può considerarsi sufficiente per escludere anche l'esercizio di altre attività da cui il ricorrente potrebbe comunque aver tratto un utile (incluso quello non patrimoniale). Nel caso di specie l’attuale appellante si è limitata in primo grado a dedurre in ricorso la sussistenza del danno ingiusto subito a causa degli atti comunali dichiarati illegittimi e, con memoria difensiva, che il danno si è concretizzato nella mancata percezione degli emolumenti che sarebbero spettati in caso di tempestiva assunzione in servizio, nonché a depositare dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con cui attestava che, negli anni 1993/1995 non aveva espletato attività lavorativa e non aveva percepito alcun reddito, dichiarazione sostitutiva di certificazione del padre attestante che era stata aiutata dallo stesso e un certificato di stato di famiglia. La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è invero utilizzabile nel processo amministrativo, trattandosi in sostanza di un mezzo surrettizio per introdurre in quest'ultimo un'atipica prova testimoniale, non ha alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'Amministrazione (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, 7 agosto 2012, n. 4527). (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1774)

 
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Sotto il profilo della colpa dell'Amministrazione, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico dell'Amministrazione l'one ... Continua a leggere

 

Ritardata costituzione del rapporto di impiego per illegittima esclusione dal concorso: nessuna retribuzione e' dovuta per il periodo di ritardo nell'assunzione spettando all'interessato solo il riconoscimento della medesima decorrenza giuridica attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente

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In caso di ritardata costituzione di un rapporto di impiego, conseguente all'illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, spetta all'interessato il riconoscimento della medesima decorrenza giuridica attribuita a quanti siano stati nella medesima procedura nominati tempestivamente mentre non può riconoscersi il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell'assunzione (cfr., Cons. di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2005, n. 5261). Ciò in quanto detto diritto, in ragione della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l'avvenuto svolgimento dell'attività di servizio. Tuttavia, pur non potendo la "fictio iuris" della retrodatazione mai far considerare come avvenuta la prestazione del servizio, cui l'ordinamento ricollega il diritto alla retribuzione, pena la violazione del principio di corrispondenza tra esercizio dell'attività lavorativa e retribuzione, può spettare relativamente a detto periodo, in presenza dei presupposti di legge di cui all'art. 2043 c.c., il risarcimento del danno....Va tuttavia osservato che, in ipotesi di omessa assunzione, la quantificazione del danno non può automaticamente identificarsi con la mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione (elementi che comporterebbero una vera e propria "restitutio in integrum" e che possono rilevare soltanto sotto il profilo, estraneo al presente giudizio, della responsabilità contrattuale), occorrendo invece, caso per caso, indicare e dimostrare l'entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta illecita del datore di lavoro (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010 n. 8020). La Sezione è tenuta quindi a valutare la ricorrenza nel caso di specie dei presupposti del danno ingiusto collegato alla illegittimità degli atti amministrativi, nonché, in caso positivo, le modalità attraverso le quali può essere conseguito il ristoro del pregiudizio subito a causa della stessa illegittimità di atti amministrativi. In primo luogo deve sussistere una lesione dell'interesse legittimo di cui è portatore il ricorrente, condizione questa, peraltro, necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 Cod. civ., in quanto occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole dell'Amministrazione pubblica, l'interesse al bene della vita al quale, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, l'interesse legittimo effettivamente si collega. Ne consegue che la concreta risarcibilità del danno derivante dalla lesione di detto interesse legittimo può dirsi subordinata alla verifica delle sussistenza delle tre condizioni di un evento lesivo, dell'ingiustizia del danno, e della responsabilità dell'Amministrazione, e cioè la riferibilità del danno ad una sua condotta colpevole. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1773)

 
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Messo conciliatore: il decreto del Presidente del Tribunale di nomina del messo ha natura di provvedimento autorizzativo di un rapporto di impiego con il Comune, che può atteggiarsi come lavoro autonomo o subordinato

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L'Ufficio di conciliazione, ex art. 256 del R.D. n. 2271 del 1924, è ufficio statale sottoposto alla sorveglianza del Conciliatore, ma facente parte dell'apparato organizzativo del Comune, ed il decreto del Presidente del Tribunale di nomina del messo ha natura di provvedimento autorizzativo di unrapporto di impiego con il Comune, che può atteggiarsi come lavoro autonomo o subordinato (cfr., Cons. stato, V, n. 5937/2010 ). Ne consegue che ai fini della qualificazione del rapporto sono determinanti il contenuto, la quantità e le modalità con cui sono espletate le prestazioni lavorative del personale, sicché la sussistenza del rapporto di impiego pubblico con il Comune del Messo di conciliazione può essere riconosciuta solo se sussistano gli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro dipendente, quali la predeterminazione della retribuzione e delle prestazioni, l'obbligo del rispetto dell'orario di servizio ed il vincolo di gerarchia nei confronti della potestà autoritativa dell'amministrazione, ovvero l'inserimento del soggetto nell'organizzazione burocratica dell'Ente, (Consiglio Stato, sez. V, 3 giugno 1994, n. 607; Sez. V, 7 settembre 1989, n. 531). Nel caso di specie non v’è prova dell’inserimento del ricorrente, nella qualità di messo conciliatore, nella organizzazione dell’ente. Non rilevano a tal fine il tipo e la quantità di prestazioni di norma rese (notifica degli atti inerenti l'Ufficio di conciliazione, atti esecutivi, procedure di vendita) compatibili, in astratto, sia con la configurazione in regime di autonomia, che di subordinazione del rapporto di cui si discute, trattandosi del contenuto minimo, tipico ed indefettibile a cui deve assolvere l'attività stessa di Messo della conciliazione. Né rileva che la nomina sia disposta dal Presidente del Tribunale, avendo tale atto natura di autorizzazione e non di atto costitutivo di un rapporto di pubblico impiego (Consiglio Stato, Sez. V, 26 marzo 2001 n. 1723). Quanto all'asserita osservanza di eventuali direttive non è circostanza idonea, da sola, a connotare l'assoggettamento al potere disciplinare dell'Amministrazione comunale. Sono invero necessari atti o dichiarazioni attestanti il rispetto, da parte dei lavoratori, di determinati orari di servizio (con disciplina delle ferie, dei permessi, dei congedi e delle aspettative corrispondente a quella propria dei dipendenti comunali), nonché l’obbligo di giustificazione delle assenze e documenti formali di qualsiasi specie, comunque in grado (direttamente o indirettamente) di svelare l'esistenza di un rapporto tra il Comune e i lavoratori stessi. (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.3.2013, n. 1764)

 
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L'utilizzazione e la valenza nel giudizio amministrativo delle prove acquisite nel giudizio penale

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In mancanza di un divieto di legge e in ossequio al principio di atipicità delle prove, il giudice amministrativo può legittimamente utilizzare, come fonte anche esclusiva del proprio convincimento, le prove raccolte nel giudizio penale conclusosi con sentenza non esplicante autorità di giudicato nei confronti di tutte le parti della causa amministrativa e ricavare gli elementi di fatto dalla sentenza e dagli altri atti del processo penale, purché le risultanze probatorie siano sottoposte a un autonomo vaglio critico svincolato dall’interpretazione e dalla valutazione che ne abbia già dato il giudice penale e purché la valutazione del materiale probatorio sia effettuata in modo globale e non frammentaria e limitata a singoli elementi di prova (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2012, nr. 4120; Cons. Stato, sez. VI, 28 marzo 2012, nr. 1833). (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 5.4.2013, n. 1904)

 
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Sanità: la preposizione di un pubblico dipendente ad un posto apicale ha rilevanza, sotto il profilo giuridico, solo se il posto è stato istituito mediante un idoneo provvedimento di organizzazione e la sua titolarità è stata conferita dagli organi competenti

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L'esercizio di fatto di mansioni superiori che non corrispondano ad alcun posto nella pianta organica dell'Unità sanitaria locale è, in via di principio, improduttivo di conseguenze giuridiche ai fini del riconoscimento delle differenze retributive (Consiglio di Stato sez. III, 14 novembre 2012, n.5734). Nel comparto sanitario la preposizione di un pubblico dipendente ad un posto apicale ha rilevanza, sotto il profilo giuridico, solo se detto posto è stato istituito mediante un idoneo provvedimento di organizzazione e la sua titolarità è stata conferita dagli organi competenti nel rispetto della legge e mediante i procedimenti previsti dalle norme. (Consiglio Stato, sez. V, 18 settembre 2008, n. 4490). Pacificamente la giurisprudenza ha affermato che "Il diritto dei dipendenti sanitari al trattamento retributivo differenziato per lo svolgimento di mansioni superiori sorge esclusivamente se queste ultime corrispondono ad un posto istituito e vacante nella pianta organica della p.a. datrice di lavoro, indipendentemente dal fatto che questa sia, o no, definitiva, piuttosto che provvisoria, in quanto la giustificazione delle mansioni superiori si fonda nella temporanea assenza del titolare del posto che si sostituisce e non già su una mera scelta organizzatoria della p.a. stessa, ossia sulla convenienza di essa di utilizzare i propri dipendenti per compiti diversi da quelli che a costui possono essere richiesti in ragione della qualifica funzionale rivestita." (Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 7233; sez. V, 30 marzo 1998 , n. 390). (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5.4.2013, n. 1895)

 
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