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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Riuso: online il programma per l’erogazione di servizi ai cittadini

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato dell'Agenzia per l'Italia Digitale del 12.12.2013

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L'Agenzia per l'Italia Digitale rende noto che nel catalogo del Riuso è disponibile un nuovo programma realizzato dal Comune di Salerno per la gestione e l’erogazione di servizi ai cittadini quali ad esempio richieste di certificati, autocertificazioni, servizi di annona e altri ancora. Il Sistema informativo Multicanale Enti Locali 2 (S.M.E.L..2) si basa su una banca dati unica ed è stato sviluppato completamente in open source. L’applicativo si caratterizza per le interfacce complete che consentono all’utente di interagire con le pagine in modo rapido ed efficiente. Per maggiori informazioni cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato dell'Agenzia per l'Italia Digitale del 12.12.2013

 
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L'Agenzia per l'Italia Digitale rende noto che nel catalogo del Riuso è disponibile un nuovo programma realizzato dal Comune di Salerno per la gestione e l’erogazione di servizi ai cittadini quali ad esempio richieste di certificati, autocertificazioni, servizi di annona e altri ancora. Il Sistema ... Continua a leggere

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Garanzia Giovani: definita la composizione della Struttura di Missione presso il Ministero del Lavoro

nota del Prof. Stefano Olivieri Pennesi della nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

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Con il Decreto del Segretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, vistato dalla Ragioneria Generale dello Stato, si è definita la composizione della "Struttura di Missione" finalizzata all’attuazione della Garanzia Europea per i Giovani. Tale struttura è stata introdotta dall’art. 5 del d.l. n.76/2013 convertito in legge n. 99/2013 ed è composta dal Segretario Generale del Ministero del Lavoro e dai Direttori Generali competenti di detto Dicastero, nonché dai Presidenti di Isfol e Italia Lavoro e dai rappresentanti della conferenza Stato Regioni, dell’Unione Province Italiane, di Unioncamere e del Miur. La struttura in argomento risulta già pienamente operativa al fine della predisposizione del Piano regolatorio-attuativo del Programma Garanzia Giovani.

nota del Prof. Stefano Olivieri Pennesi della nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

 
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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Anticorruzione: entro il 30.1.2014 deve essere adottato il primo piano triennale anticorruzione mentre e' differito al 31.1.2015 l'inoltro a carico dei responsabili della prevenzione della corruzione della prima relazione annuale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dei chiarimenti della Funzione Pubblica sui termini per la trasmissione della Relazione del responsabile della prevenzione della corruzione

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La Funzione Pubblica con apposito comunicato ha precisato che ai sensi dell'art. 1, comma 14, della l. n. 190 del 2012 il responsabile della prevenzione della corruzione entro il 15 dicembre di ogni anno deve redigere una relazione annuale, a consuntivo delle attività svolte nello stesso anno, sull'efficacia delle misure di prevenzione definite dai P.T.P.C.. Questo documento, come detto nel P.N.A., deve essere pubblicato sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione nonché trasmesso al D.F.P. in allegato al P.T.P.C. dell'anno successivo (P.N.A. paragrafo 3.1.1- pag.30). Considerato che il primo P.T.P.C. deve essere adottato dalle pubbliche amministrazioni entro il 30 gennaio 2014, i responsabili della prevenzione della corruzione dovranno trasmettere la prima relazione entro il 31 gennaio 2015 in concomitanza con la comunicazione del P.T.P.C.. Le modalità di trasmissione saranno indicate con successivo comunicato nella sezione anticorruzione del sito.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti dei chiarimenti della Funzione Pubblica sui termini per la trasmissione della Relazione del responsabile della prevenzione della corruzione

 
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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Abolito il finanziamento pubblico ai partiti

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13.12.2013

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. In particolare si aboliscono il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento. A decorrere dall’anno finanziario 2014, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al 2013, ciascun contribuente può destinare il due per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a favore di un partito politico che si sia dotato di statuto. Sempre a decorrere dal 2014 dall’imposta lorda sul reddito si potranno detrarre le erogazioni liberali in denaro effettuate dalle persone fisiche in favore dei partiti politici per una quota del 37 per cento per importi compresi tra 30 e 20.000 euro annui e del 26 per cento per importi compresi tra 20.001 e 70.000 euro annui. Dall’imposta sul reddito sarà possibile detrarre un importo pari al 75 per cento delle spese sostenute dalle persone fisiche per la partecipazione a scuole o corsi di formazione politica promossi e organizzati dai partiti (tetto massimo di 750 euro annui). Per quanto riguarda l’imposta sul reddito delle società, si potrà detrarre un importo pari al 26% dell’onere per le erogazioni liberali in denaro per importi compresi tra 50 e 100.000 euro. I partiti che intendono avvalersi dei benefici previsti dal decreto legge devono dotarsi di statuto che sarà trasmesso in copia al Presidente del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati che a loro volta li inoltreranno alla "Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici". La Commissione avrà anche il compito di controllare regolarità e conformità della rendicontazione, trasparenza e pubblicità di partiti. Nel caso di mancata ottemperanza agli obblighi la Commissione applicherà una sanzione pecuniaria pari all’importo non dichiarato o difforme dal vero. I partiti, proprio nell’ottica di una maggiore trasparenza e per facilitare l’accesso alle informazioni relative al proprio assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci, dovranno avere un sito internet che assicuri accessibilità anche alle persone disabili. Relativamente ai partiti ammessi alla contribuzione volontaria agevolata e limiti alla contribuzione si statuisce che i partiti politici iscritti nell’apposito elenco depositato alla Commissione possono essere ammessi, a richiesta: - al finanziamento privato in regime fiscale agevolato se hanno almeno un eletto sotto il proprio simbolo alle elezioni per il Senato, la Camera, il Parlamento europeo o in uno dei consigli regionali o delle provincie autonome di Trento e Bolzano o abbiano presentato nella medesima consultazione elettorale candidati in almeno tre circoscrizioni per il rinnovo della Camera, tre regioni per il rinnovo del Senato o in un consiglio regionale o delle province autonome o in almeno una circoscrizione per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettante all’Italia; - Alla ripartizione annuale del 2 per mille se hanno conseguito nell’ultima elezione almeno un eletto sotto il proprio simbolo alle elezioni per il Senato, la Camera o per il Parlamento europeo. Ciascuna persona fisica non può effettuare erogazioni liberali in denaro o comunque corrispondere contributi in beni o servizi in favore di un singolo partito politico per un valore complessivo superiore a 300.000 euro né comunque oltre il limite del 5 per cento dell’importo dei proventi iscritti nel conto economico del partito. Il limite per i soggetti diversi dalle persone fisiche il limite annuo è di 200.000 euro. Per quanto riguarda la parità di accesso alle cariche elettive, il testo stabilisce che se nelle liste alle elezioni di Camera, Senato o Parlamento europeo, uno dei due sessi è rappresentato in misura inferiore al 40% le risorse spettanti al partito sono ridotte dello 0.5 per cento per ogni punto percentuale di differenza tra 40 e la percentuale dei candidati del sesso meno rappresentato (limite massimo complessivo del 10%). Sanzioni anche per quei partiti che non destinano il 10 per cento delle somme ad essi spettanti (destinazione volontario del 2 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche) ad iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne in politica. Per maggiori informazioni cliccare su "Accedi al Provvedimento".

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13.12.2013

 
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Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. In particolare si aboliscono il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento. A decorrere dall’an ... Continua a leggere

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Approvato il decreto legislativo che elimina le discriminazioni tra figli nati nel e fuori dal matrimonio

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13.12.2013

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo di revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione che modifica la normativa al fine di eliminare ogni residua discriminazione rimasta nel nostro ordinamento tra i figli nati nel e fuori dal matrimonio, così garantendo la completa eguaglianza giuridica degli stessi. Dunque, come spiegato dal Presidente del Consiglio, si "toglie dal codice civile qualunque aggettivazione alla parola figli: da adesso in poi saranno tutti figli e basta". Il testo, predisposto nell’ambito della Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri stabilisce: 1) l’introduzione del principio dell’unicità dello stato di figlio, anche adottivo, e conseguentemente l’eliminazione dei riferimenti presenti nelle norme ai figli "legittimi" e ai figli "naturali" e la sostituzione degli stessi con quello di "figlio"; 2) il principio per cui la filiazione fuori dal matrimonio produce effetti successori nei confronti di tutti i parenti e non solo con i genitori; 3) la sostituzione della nozione di "potestà genitoriale" con quella di "responsabilità genitoriale"; 4) la modifica delle disposizioni di diritto internazionale privato con previsione di norme di applicazione necessaria in attuazione del principio dell’unificazione dello stato di figlio. Inoltre, nel recepire la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, si è deciso di: a) limitare a cinque anni dalla nascita i termini per proporre l’azione di disconoscimento della paternità; b) introdurre il diritto degli ascendenti di mantenere "rapporti significativi" con i nipoti minorenni; c) introdurre e disciplinare l’ascolto dei minori, se capaci di discernimento, all’interno dei procedimenti che li riguardano; d) portare a dieci anni il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità per i figli nati fuori dal matrimonio; e) modificare la materia della successione prevedendo la soppressione del "diritto di commutazione" in capo ai figli legittimi fino ad oggi previsto per l’eredità dei figli naturali.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13.12.2013

 
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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Approvato il Piano Destinazione Italia: credito alle imprese, sconti RC auto e taglio alle bollette energetiche

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13.12.2013

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La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha precisato le novità introdotte con il Piano Destinazione Italia: 1) PIÙ CREDITO PER LE IMPRESE. Per la diffusione di canali di finanziamento delle imprese sul mercato alternativi (corporate bonds) e complementari al credito bancario, idonei a contrastare efficacemente il credit crunch, si vogliono mobilitare progressivamente fino a 20 miliardi di euro di credito aggiuntivo, con scarsi oneri per la finanza pubblica (4 milioni annui). Si spinge anche l’investimento degli investitori istituzionali italiani (compagnie di assicurazione e fondi pensione) verso il finanziamento delle imprese italiane. 2) CREDITO D'IMPOSTA sul 50% delle spese per favorire l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo. Si punta sull’innovazione, con un credito d’imposta sul 50% delle spese incrementali in ricerca e sviluppo negli anni 2014-2016, con agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed un budget totale pari a 200 milioni di euro annui, a valere sulla prossima programmazione dei fondi comunitari 2014-2020 (che spesso non sono stati finora pienamente utilizzati dall’Italia). In questo modo potremo attivare nuovi investimenti in ricerca e sviluppo per oltre 600 milioni di euro annui. 3) MISURE PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE delle imprese. Le esportazioni sono un fondamentale fattore di crescita per la nostra economia, e saranno incentivate con un progetto complessivo che prevede il rifinanziamento dell’attività di promozione dell’ICE per 22 milioni di euro per l’anno 2014, l’estensione degli orari di apertura delle dogane e l’ampliamento dei consorzi per l’internazionalizzazione delle imprese agricole, facilitazioni nell’ottenimento di certificati e documenti anche in lingua inglese, e misure volte a favorire il funzionamento delle Camere italo-estere ed estere in Italia. 4) DIGITALIZZAZIONE DELLE PMI - Pianificazione delle frequenze del servizio televisivo digitale terrestre. Al fine di favorire la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico delle PMI si provvede a stanziare finanziamenti a fondo perduto mediante voucher dell’importo massimo di 10.000 euro. Si prevede, inoltre, che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni escluda dalla pianificazione delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre le frequenze riconosciute a livello internazionale ed utilizzate dai Paesi confinanti, pianificate ed assegnate ad operatori di rete televisivi in Italia ed oggetto di accertate situazioni interferenziali. Detta disposizione intende risolvere le numerose situazioni interferenziali nel settore televisivo con i Paesi confinanti. La liberalizzazione di tali frequenze dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2014, o si darà luogo a disattivazione coattiva. Si prevedono misure economiche compensative finalizzate al volontario rilascio dello spettro radioelettrico o per l’erogazione di indennizzi eventualmente dovuti. 5) MUTUI AGEVOLATI A TASSO ZERO per contrastare le crisi industriali. Per contrastare le crisi industriali, anche al di fuori delle aree di crisi complessa, e favorire lo sviluppo dell’autoimprenditorialità e delle piccole imprese, soprattutto ad opera di giovani e donne, si semplificano e razionalizzano le attuali agevolazioni della Legge 185, concentrandole nella forma del mutuo agevolato a tasso zero ed eliminando la parte di contributo a fondo perduto, consentendo di attivare 300 milioni di nuovi investimenti con 3000 nuovi occupati. 6) Attuazione di disposizioni in materia di ASSICURAZIONE R.C. Auto. Le disposizioni approntate mirano, nel pieno rispetto e nel potenziamento della concorrenza tra imprese e della trasparenza del mercato, a conseguire un radicale abbattimento dei premi assicurativi e una ferma lotta alle frodi. Nessun pregiudizio per l’autonomia negoziale delle compagnie che, al contrario, è preservata ed ampliata per effetto di varie previsioni. Tali compagnie, però, incorreranno in una serie di sanzioni pecuniarie ogni volta in cui violeranno i nuovi obblighi posti a tutela degli assicurati e, più in generale, del mercato. Tutti gli introiti derivanti dalle sanzioni confluiranno nel Fondo di garanzia per le vittime della strada. Gli interventi A favore e a tutela degli assicurati mediante riduzione del premio assicurativo a fronte di: a) installazione scatola nera: l’assicurazione ha la facoltà di proporre tale installazione all’assicurato, in sede di stipula del contratto. Se acconsente, l’assicurato fruisce di uno sconto di almeno il 7 per cento; b) risarcimento del danno in forma specifica: l’impresa ogni anno stabilisce se avvalersi della facoltà di risarcire in forma specifica i danni nei confronti dei propri assicurati e dei terzi. In questo caso si avvale di società di riparazione convenzionate; l’assicurato può comunque chiedere che la riparazione sia effettuata da un autoriparatore di propria fiducia il quale, previa presentazione di fattura, riceverà direttamente dall’assicurazione la somma dovuta. La compagnia che intende avvalersi di tale facoltà deve comunicarlo all’IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) entro il 20 dicembre di ogni anno (per il 2014 entro il 30 gennaio). Se intende invece risarcire il danno per equivalente, deve darne informativa all’assicurato all’atto della stipulazione del contratto. Il risarcimento in forma specifica dà diritto alla riduzione del premio in misura almeno pari al 5 per cento. In alcune aree ove le frodi assicurative sono più frequenti, aree individuate dal Ministro dello Sviluppo economico sulla base di tre criteri fissati dal decreto (numero sinistri denunciati, ammontare dei rimborsi, numero frodi accertati da autorità giudiziaria), la riduzione non è inferiore al 10 per cento; c) non cedibilità del diritto al risarcimento del danno: tale divieto scaturisce dall’esigenza di impedire accordi "fraudolenti" tra cedente (danneggiato) e cessionario (es. carrozziere) e consistenti nella cessione (es: al carrozziere) di un credito (il diritto al risarcimento del danno) la cui entità aumenta "artificiosamente" in sede di fatturazione dei lavori. Con tale intervento normativo il credito sarà cedibile solo con l’assenso della compagnia. Se la compagnia non acconsente alla cessione, però, l’assicurato ha diritto alla riduzione del premio in misura non inferiore al 4 per cento; d) riduzione del premio nei casi in cui l’assicurato accetti la clausola contrattuale - che le assicurazioni devono obbligatoriamente proporre - in virtù della quale le prestazioni di servizi medico – sanitari a seguito del sinistro devono essere effettuate da professionisti retribuiti direttamente dalle imprese ed elencati sul sito di queste ultime. In tal caso, la riduzione del premio non può essere di misura inferiore al 7 per cento. Per tutti i casi previsti e per ognuno di essi, le imprese che non applicano la riduzione del premio incorrono in una sanzione pecuniaria, applicata dall’IVASS, che varia da un minimo di 5.000 a un massimo di 40.000 euro; inoltre, all’assicurato spetterà di diritto la riduzione del premio. Il pacchetto di norme prevede poi obblighi d’informazione e trasparenza (che si sostanziano anzitutto in pubblicazioni sul sito internet dell’impresa, in comunicazioni all’IVASS e al Ministero dello sviluppo economico o in comunicazioni da rendere all’assicurato in sede di stipula del contratto) la cui violazione è sanzionata pecuniariamente (da 1.000 a 10.000 euro). Le informazioni che la compagnia è tenuta ad effettuare riguardano, a seconda dei casi: - l’entità della riduzione effettuata del premio; - l’obbligo di comunicare al contraente l’intenzione di non avvalersi delle facoltà previste dalla legge (installazione della scatola nera, risarcimenti in forma specifica, divieto di cessione del diritto al risarcimento): ciò perché sia data la possibilità all’assicurato di rivolgersi ad altra compagnia se è sua intenzione stipulare un contratto che prevede l’inserimento della clausola contrattuale. Tale obbligo è profondamente innovativo in termini di trasparenza e di agevolazione della mobilità tra assicurazioni. Per quanto riguarda la lotta alle frodi a danno delle assicurazioni, per rendere più efficace la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti, assumono particolare rilevanza le disposizioni introdotte in materia testimoniale in caso di sinistri. Viene sancito il principio in base al quale, fatte salve le risultanze contenute in verbali delle autorità di polizia intervenute nel luogo dell’incidente, l’identificazione dei testimoni deve risultare dalla denuncia di sinistro o dalla richiesta di risarcimento dei danni. L’identificazione avvenuta in un momento successivo comporta l’inammissibilità della prova testimoniale addotta. Inoltre in corso di giudizio, il giudice, ove riscontri la presenza di testimoni che negli ultimi tre anni siano stati testimoni in almeno tre cause nel settore di infortunistica stradale, trasmette l’informativa alla Procura della Repubblica competente. Ciò per consentire ulteriori accertamenti e, in particolare, per verificare l’attendibilità del testimone e per assumere eventuali misure coercitive. Sono previsti poteri di controllo e monitoraggio dell’IVASS sull’osservanza di tutte le prescrizioni, su cui l’Istituto relazionerà in Parlamento. Le disposizioni approvate dal Governo introducono poi un termine di decadenza per le proposte di risarcimento. Vengono inoltre previsti termini più lunghi nell’ambito del procedimento di risarcimento; in particolare, è innalzata da 5 a 10 giorni la disponibilità dell’impresa di assicurazione ad ispezionare le cose danneggiate oggetto di richiesta di risarcimento. Infine la particolare procedura (sospensione dei termini per concludere il procedimento, presentazione di querela contro il danneggiato) prevista nel caso siano stati accertati l’esistenza di significativi parametri per temere fenomeni fraudolenti è estesa anche in presenza di altri indicatori di frode, quali ad esempio le indicazioni emerse dai dispositivi elettronici installati negli autoveicoli (scatola nera). 7) RISPARMIO SULLE BOLLETTE ENERGETICHE per 850 milioni di euro Disposizioni per la riduzione di costi gravanti sulle tariffe elettriche con l’introduzione di un sistema incentivante opzionale offerto ai produttori di energia elettrica rinnovabile, per gli indirizzi strategici dell’energia geotermica ed in materia di certificazione energetica degli edifici e di condomini. Il risparmio è quantificato in circa 850 milioni di euro. 8) ACCORDI FISCALI con l’Agenzia delle Entrate Si attua la prima e fondamentale misura del piano "Destinazione Italia" sulla certezza del fisco: si amplia l’ambito di applicazione dell’istituto del ruling di standard internazionale, con accordi per 5 anni tra fisco e imprese presso l’Agenzia delle Entrate, che costituirà un Desk dedicato agli investitori esteri. 9) TRIBUNALE DELLE SOCIETÀ CON SEDE ALL'ESTERO Per rafforzare le funzioni del tribunale per le imprese e stimolare la capacità di attrarre investimenti, si concentrano su un numero ridotto di sedi (9) tutte le controversie nella competenza funzionale del tribunale delle imprese che coinvolgano società con sede principale all’estero, anche se con rappresentanza stabile in Italia. 10) Disposizioni urgenti per EXPO 2015 e per le opere pubbliche Si prevede la revoca di assegnazioni del CIPE relative ad interventi che non sono stati avviati, per un importo di 165,390 milioni di euro, che vengono destinati per 53,2 milioni a progetti cantierabili relativi allo svolgimento di EXPO 2015, cui vengono destinati ulteriori 42,8 milioni (per un ammontare complessivo pari a 96 milioni e per 45 milioni ad opere per l’accessibilità ferroviaria Malpensa-terminal T1-T2. Le residue disponibilità sono destinate ad interventi immediatamente cantierabili finalizzati al miglioramento della competitività dei porti italiani e dell’efficienza del trasferimento ferroviario e modale all’interno dei sistemi portuali, cui vengono destinati le disponibilità derivanti dai fondi statali trasferiti alle autorità portuali, che poi vengono revocati e riassegnate nel limite di 200 milioni per il 2014. Inoltre si autorizza il comune di Napoli a contrarre mutui per la realizzazione della linea 1 della metropolitana di Napoli, in deroga alle disposizioni in materia di riequilibrio finanziario pluriennale. 11) TRASPORTO AEREO. Per quanto riguarda il trasporto aereo, sono state inserite quattro norme che prevedono: la proroga degli ammortizzatori sociali per il personale del trasporto aereo, la riduzione del Cuneo fiscale per il personale navigante (piloti, hostess e steward), l'eliminazione della doppia imposizione (tariffe aeroportuali) per i passeggeri in transito, l'obbligo della trasparenza nella erogazione di contributi ai vettori aerei da parte di enti locali o gestori aeroportuali.

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Niente "Daspo" per il tifoso che si sposta da un settore ad un altro dello stadio profittando di un varco occasialmente aperto da altri

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

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Nel giudizio in esame gli appellati, già ricorrenti in primo grado, sono stati destinatari di un provvedimento di divieto di accesso agli impianti sportivi (c.d. "daspo") emesso dalla Questura di Genova. Il Consiglio di Stato ricorda che le ipotesi nelle quali è prevista la emissione di un "daspo" sono elencate nell’art. 6 (testo attualmente vigente) della legge n. 401/1989. La norma fa riferimento, fra l’altro, ai soggetti che risultino «denunciati o condannati» per varie fattispecie penali, fra le quali sono qui pertinenti quelle previste dall’art. 6-bis della stessa legge. Si tratta del fatto di chi, nel corso di una manifestazione sportiva, «supera indebitamente una recinzione o separazione dell'impianto ovvero invade il terreno di gioco»; il fatto è punito come contravvenzione, ma è delitto se «ne deriva un ritardo rilevante dell’inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica». In effetti, agli attuali appellati non viene ascritto altro che il fatto di essersi spostati da un settore all’altro degli spazi riservati al pubblico. Il fatto non è stato da loro negato, e del resto appare comprovato per il fatto che essi sono stati fotografati, dopo gli incidenti, nel settore "distinti" mentre avevano fatto ingresso nella "curva nord". Essi hanno però dedotto di averlo fatto in modo pacifico, dopo che il varco fra un settore e l’altro era stato aperto da altri; la circostanza non è smentita, e in un certo senso è avvalorata dalla considerazione che gli interessati non sono stati indicati come fomentatori dei disordini, né comunque come partecipi dei comportamenti minacciosi che pure erano stati tenuti (da altri) in quella occasione. Peraltro, il fatto punito, si è visto, è quello di chi «supera ... una recinzione o separazione dell'impianto»; non a caso nella rubrica dell’art. 6-bis esso è denominato «scavalcamento». Si tratta dunque di un fatto diverso (e intuitivamente più grave) di quello di chi pacificamente si sposta da un settore all’altro, profittando di un varco occasionalmente aperto. In altre parole, l’illecito penale (che legittimerebbe l’emanazione del "daspo") si integra quando il soggetto dolosamente supera o scavalca una recinzione, o altro ostacolo materiale. Non sembra necessario dilungarsi nello spiegare perché le due ipotesi siano apprezzabilmente diverse fra loro quanto a pericolosità e riprovevolezza. In conclusione, l’appello del Ministero dell'Interno e' stato respinto.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Silenzio-inadempimento della Pubblica Amministrazione: l’obbligo di provvedere non si può considerare assolto per il solo fatto che siano state emesse pronunce meramente elusive o interlocutorie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ricorda innanzi tutto che in materia di silenzio della p.a. è nozione elementare che l’obbligo di provvedere non si può considerare assolto, e il silenzio-inadempimento non si può considerare venuto meno, per il solo fatto che siano state emesse pronunce meramente elusive, ovvero soprassessorie o interlocutorie (salvo beninteso che queste ultime siano legittima manifestazione di esigenze istruttorie). Nel caso in esame, la nota del 30 ottobre 2012 della Prefettura è stata erroneamente interpretata dal T.A.R. come una risposta conclusiva di diniego, per di più motivata. Al contrario, si tratta di un caso tipico di atto meramente elusivo dell’obbligo di provvedere, o comunque di una interlocutoria non risolutiva.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III

 
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La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ricorda innanzi tutto che in materia di silenzio della p.a. è nozione elementare che l’obbligo di provvedere non si può considerare assolto, e il silenzio-inadempimento non si può considerare venuto meno, per il solo fatto che siano st ... Continua a leggere

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Accesso ai documenti: il diritto del consigliere comunale o provinciale ad avere dall’ente tutte le informazioni che siano utili all’espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato all’osservanza del segreto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ribadisce nella sentenza in esame che nel caso di specie da parte dei consiglieri vi è stato un corretto uso del diritto di accesso ex art. 43 T.U.E.L. e che non è ravvisabile alcuna violazione degli artt. 78 del D.lgs. 267/2000 e dell’art. 97 della Costituzione, né, nella fattispecie risulta essere stato applicato un regolamento comunale diverso da quello considerato dal T.A.R.. Al riguardo occorre premettere che l’interesse del consigliere comunale ad ottenere determinate informazioni o copia di specifici atti detenuti dall’amministrazione civica, non si presta ad alcun scrutinio di merito da parte degli uffici interpellati in quanto, sul piano oggettivo, esso ha la medesima latitudine dei compiti di indirizzo e controllo riservati al consiglio comunale (al cui svolgimento è funzionale). Anche il diritto all’informazione del consigliere comunale è, tuttavia, soggetto al rispetto di alcune forme e modalità. In effetti, oltre alla necessità che l’interessato alleghi la sua qualità, permane l’esigenza che le istanze siano comunque formulate in maniera specifica e dettagliata, recando l’esatta indicazione degli estremi identificativi degli atti e dei documenti o, qualora siano ignoti tali estremi, almeno degli elementi che consentano l’individuazione dell’oggetto dell’accesso (tra le molte Cons. Stato, sez. V, 13.11.2002, n. 6293). Tali cautele derivano dall’esigenza che il consigliere comunale non abusi, infatti del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi od aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’ente civico. Tanto è evidenziato dall’art. 24, terzo comma della legge n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 16 della legge 11 febbraio 2005 n. 15, norma fondamentale per definire i termini del diritto generale di accesso agli atti della pubblica amministrazione. Tra l’accesso ai documenti dei soggetti interessati, di cui agli art. 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, e quello del consigliere comunale, di cui all’art. 43 D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, sussiste un evidente rapporto, poiché il primo è un istituto che consente ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti, al fine di poter predisporre la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese, mentre il secondo è un istituto giuridico rivolto a consentire al consigliere comunale di poter esercitare il proprio mandato, verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali e decisionali del comune. Pertanto, al consigliere comunale non può essere opposto un diniego che non sia motivato puntualmente e adeguatamente.....Quanto alla esigenza di assicurare la riservatezza degli atti oggetto di accesso e il diritto alla privacy dei terzi, in sede di esercizio del diritto di accesso di cui dispongono i consiglieri comunali e provinciali, si osserva che tale necessità è salvaguardata dall’art. 43, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, laddove viene previsto che i consiglieri stessi sono tenuti al segreto nel caso accedano ad atti che incidono sulla sfera giuridica e soggettiva di terzi ( così Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 2004, n. 2716). Il diritto del consigliere comunale o provinciale ad avere dall’ente tutte le informazioni che siano utili all’espletamento del mandato non incontra, conseguentemente, alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato all’osservanza del segreto.

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

 
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La Quinta Sezione del Consiglio di Stato ribadisce nella sentenza in esame che nel caso di specie da parte dei consiglieri vi è stato un corretto uso del diritto di accesso ex art. 43 T.U.E.L. e che non è ravvisabile alcuna violazione degli artt. 78 del D.lgs. 267/2000 e dell’art. 97 della Costituz ... Continua a leggere

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Processo amministrativo: è inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata nel corso del primo grado di giudizio nella memoria ed in difetto di notifica alle controparti

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Nella vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato si controverte dell'ammissibilità della domanda risarcitoria formulata nel corso del primo grado di giudizio che ad avviso del Collegio palesa rilevanti profili di inammissibilità. Infatti con l’atto introduttivo il ricorrente si era limitato a richiedere l’annullamento di un'ordinanza di sospensione dei lavori e non anche il ristoro dei danni conseguenti alla condotta asseritamente negligente posta in essere dall’amministrazione. Solo in corso di giudizio la società appellata ha richiesto "nella conclusiva strutturazione del petitum, di essere tenuta indenne dei pregiudizi subiti, quantificati in termini di danno emergente (…) ed al lucro cessante (…)" (pagine 9 e 10 della sentenza impugnata). Ad avviso del Collegio, nel caso di specie trova applicazione il condiviso orientamento secondo cui "è inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata in memoria ed in difetto di notifica alle controparti atteso che la pur rilevante esigenza di concentrazione dei giudizi e di ragionevole durata dei processi, ribadita dall'art. 30, c.p.a. con l'imposizione di un termine di decadenza, non esime la parte ricorrente dall'obbligo di instaurazione di un regolare contraddittorio tramite la notifica della domanda (ex multis Cons. Stato, V, 5 ottobre 2011, n. 5445)." Per accedere al testo della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Esercizio del potere di autotutela: la legittimità del provvedimento assunto in via di autotutela e' elemento valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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La giurisprudenza del Consiglio ha affermato che nel caso in cui "l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto (Sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662)." Per accedere al testo integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Il verbale della polizia municipale, come tutti i verbali provenienti da pubblici ufficiali, ha efficacia di piena prova, fino a querela di falso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Osserva il Consiglio di Stato nella sentenza in esame che, in base ad un orientamento giurisprudenziale "il verbale della polizia municipale, come tutti i verbali provenienti da pubblici ufficiali, ha efficacia di piena prova, fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c. relativamente alla provenienza dell'atto dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. (Cons. di Stato, Sez. I, 8 gennaio 2010, n. 250)".

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

In caso di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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Costituisce principio consolidato (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 4 settembre 2002, n.4435) che in ipotesi di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che non escludono e anzi consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere; se l'atto negativo dovesse venire reiterato, il nuovo sopravvenuto negativo escluderebbe allo stato la sussistenza del danno risarcibile, derivante dal primo provvedimento, se non eventualmente, ove ritenuto ammissibile, come danno da ritardo, di provvedimento comunque negativo. L'annullamento di un atto disposto dal giudice amministrativo per vizi di ordine formale, al quale consegua il semplice riesercizio del potere amministrativo, impedisce quindi allo stato l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno avanzata con il ricorso, potendo tale domanda essere valutata solo all'esito del nuovo esercizio del potere, tenendo presente che l'atto negativo annullato dal giudice potrebbe essere reiterato e dovendosi dare primario rilievo all'iter procedimentale derivante dall'ordine di esecuzione della sentenza e quindi di riesercizio del potere. La illegittimità provvedimentale derivante da vizi meramente procedimentali (o partecipativi) laddove consente il riesercizio del potere, impedisce di riscontrare l'elemento dello spostamento patrimoniale (secondo la nota teoria c.d. della differenza) derivante dall'asserito illecito, non riscontrandosi alcuna differenza patrimoniale nella parte lesa "tra ciò che è stato e ciò che sarebbe stato in assenza del vizio", in quanto la riedizione del potere e il potere/dovere di rinnovazione impongono di reiterare il procedimento, emendato dai vizi procedimentali e potendosi valutare soltanto all'esito del riesercizio medesimo la spettanza sostanziale del bene della vita oggetto del procedimento amministrativo. In caso di annullamento per vizi soltanto formali (nella specie partecipativi) la restaurazione dell'ordine violato avviene quindi a mezzo della reiterazione e rinnovazione dell'iter procedimentale, emendato dal vizio formale riscontrato dal giudice, e potendosi soltanto all'esito valutare la sussistenza degli estremi del fatto illecito (per esempio, per i danni eventualmente mediotempore subiti in caso di spettanza ab origine del bene della vita preteso oggetto del procedimento).

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

 
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Costituisce principio consolidato (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 4 settembre 2002, n.4435) che in ipotesi di annullamento in via giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi di ordine formale, che non escludono e anzi consentono il riesercizio del potere, la domanda risarcitoria del ... Continua a leggere

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Commissioni di concorso: se il componente ha svolto funzioni incompatibili in periodo antecedente la sua nomina nella commissione di concorso che sono cessate all’atto di questa nomina, ai fini dell’accertamento dell’incompatibilità e' necessario dimostrare la sua possibilità di incidere sul neutrale svolgimento del concorso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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La ratio dell’art. 35, comma 1, lett. e), del d.lgs, n. 165 del 2001 è di evitare che siano componenti delle commissioni di concorso soggetti investiti di cariche comportanti il pericolo della deviazione del giudizio tecnico verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso. Al riguardo il Consiglio di Stato ha sottolineato che: - l’interpretazione di questa normativa comporta la ponderazione dei due principi dell’imparzialità dell’azione amministrativa e della possibilità di accesso per tutti i cittadini agli uffici pubblici essendo necessario, perché il primo principio sia garantito senza sacrificio ingiustificato del secondo, il ricorso a criteri puntuali per l’applicazione dei divieti di partecipazione alle commissioni di concorso (Sez. VI, 1 giugno 2010, n. 3461; Sez. V, 27 luglio 2002, n. 4056); - occorre, di conseguenza, che ricorra un "qualche elemento di possibile incidenza fra l’attività esercitabile da colui che ricopre cariche, politiche, sindacali o professionali e l’attività dell’ente che indice il concorso, altrimenti la disposizione verrebbe a generalizzare in modo eccessivo e senza adeguata giustificazione il sospetto di imparzialità anche nei confronti di soggetti che non gestiscano alcun potere rilevante e perciò non siano comunque idonei, sia pure da un punto di vista astratto, a condizionare la vita dell’ente che indice la selezione " (Sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6526). In questo quadro la norma in esame presuppone che tale incidenza non sussiste per i soggetti "che non siano" titolari delle cariche incompatibili affermandosi con ciò, anzitutto, la necessità che tale titolarità sia in atto, cioè "con la piena attribuzione delle relative funzioni….poiché soltanto con tale effettività diviene possibile l’incidenza sull’attività concorsuale delle funzioni rivestite, essendo la volontà o l’effetto di condizionamento assistiti dalla concretezza dei poteri azionabili." (Sez. VI, n. 3461 del 2010, citata). La particolarità del caso in esame consiste nel fatto che dalla documentazione in atti emerge che il componente ha svolto funzioni di rappresentanza sindacale in periodo antecedente la sua nomina nella commissione di concorso ma, altresì, che tali funzioni erano cessate all’atto di questa nomina. Il componente infatti, che aveva partecipato ai tavoli di contrattazione per la stesura dei contratti integrativi regionali dal 2002 "in qualità di iscritta" (come da sua dichiarazione in atti del 4 maggio 2012; documento allegato all’appello n. 407 del 2013), ha poi sottoscritto gli atti contrattuali "in nome e per conto della UIL Scuola Molise, fin quando la UIL Scuola ha goduto della rappresentatività dell’area V. Successivamente, revocata l’iscrizione della UIL Scuola, ha partecipato ai tavoli di contrattazione/informazione regionale in rappresentanza della FLC-CGIL" (doc. n. 5 della parte appellata nell’appello n. 9106 del 2012, a firma del Segretario regionale della UIL Scuola Molise del 12 giugno 2012), comparendo formalmente come componente della delegazione sindacale e come firmataria degli atti da parte sindacale nel verbale della contrattazione in data 20 ottobre 2008 e nei contratti stipulati il 23 novembre e il 16 dicembre del 2010 per gli anni 2009 - 2010 e 2010 – 2011 (doc. n. 6, n. 8 e n. 10 della parte appellata nell’appello n. 9106 del 2012). Non risulta però che il commissario abbia esercitato tale funzione di rappresentanza dopo la citata stipula contrattuale del 16 dicembre 2010. Non sono dati quindi elementi di prova che, oltre la data del 16 dicembre 2010, il componente in questione abbia continuato a svolgere funzioni di rappresentanza sindacale o ne sia stata investita, emergendo che tali funzioni sono state esercitate da altri soggetti per i contratti integrativi in atti stipulati dopo, neppure rilevando che i contratti in questione riguardino la materia della formazione professionale e non quella retributiva, cui è riferito il contratto del 16 dicembre 2010, a fronte del dato oggettivo dell’assenza per il componente di ogni titolarità o forma di rappresentanza dopo quella assolta nove mesi prima della sua nomina nella commissione. Per giungere allora all’accertamento dell’incompatibilità della dott.ssa sarebbe necessario dimostrare la sua possibilità di incidere sul neutrale svolgimento del concorso non a causa della formale attribuzione o dell’esercizio in atto di un incarico di rappresentanza sindacale ma per il solo effetto della provata proiezione all’attualità dei rapporti costituiti in precedenza o della continuità delle funzioni di rappresentanza pur in assenza di indici formali. Ciò non risulta per i seguenti motivi: -a) quanto alla possibile proiezione all’attualità: - l’articolo art. 35, comma 1, lett. e), del d.lgs, n. 165 del 2001 non stabilisce un periodo di cessazione dalla titolarità della rappresentanza sindacale soltanto dopo il cui decorso l’interessato può essere nominato componente di commissioni di concorso; - essendo basato su una tale logica, ad esempio, l’art. 53, comma 1-bis, del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001 (introdotto dall'art. 52, comma 1, lett. a), d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), per il quale "Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni"; - per cui, nella specie, non vi è ragione di ritenere che il periodo di nove mesi, intercorso tra la firma del contratto il 16 dicembre 2010 da parte della dott.ssa e la sua nomina nella commissione di concorso, sia insufficiente ad evitare la proiezione all’attualità di una possibile capacità di incidenza dell’interessata potendosi ritenere, al contrario, che tale arco di tempo sia lungo abbastanza per inibire ogni attuale efficacia del ruolo dismesso; - essendo comunque opinabile ogni tesi al riguardo, data la mancanza di una prescrizione normativa sulla durata del previo periodo di cessazione dalle funzioni o, per altro verso, della prova effettiva di una indebita influenza, per la quale non appare sufficiente il richiamo, fatto nella memoria difensiva degli appellati, della partecipazione al concorso di un rappresentante dell’organizzazione sindacale di cui si tratta, di per sé non vietata; -b) quanto alla continuità delle funzioni pur in mancanza di indici formali, si osserva che: - la citata disposizione dell’art. 35 non fornisce alcuna definizione o strumento interpretativo della nozione di "rappresentanza sindacale" cui riferire il divieto, a fronte della possibile individuazione di tale funzione variabile in concreto sulla base dello statuto ovvero dell’incarico conferito di volta in volta o permanente per settori o con altre forme ancora; - cosicché la prova della continuità delle funzioni di rappresentanza deve risultare certa, per atti formali o fatti concludenti, che nella specie non risultano, potendosi di conseguenza ritenere che la dott.ssa fosse soltanto iscritta all’organizzazione sindacale all’atto della nomina nella commissione, ciò che non è di per sé preclusivo dovendo valere a tale fine, secondo la norma, non la posizione di iscritto in forza dell’eventualità del conferimento delle funzioni di rappresentanza ma l’effettività di queste, pena altrimenti la lesione della libertà di associazione sindacale (Cons. Stato, Sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5572); -c) non è quindi superabile, nel caso in esame, la prescrizione della norma per cui soltanto la piena attribuzione in atto, ("statutaria" ovvero, come nel caso, in base ad investitura per acta "concludenti", adottati volta per volta, e conseguente ad una prassi dell’organizzazione), delle funzioni incompatibili, impedisce la nomina nelle commissioni di concorso, alla luce di un criterio di applicazione necessariamente puntuale dei divieti posti, come anche richiesto dalla giurisprudenza.

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Decide il giudice ordinario nelle controversie per la giusta posizione o collocazione in una graduatoria ad esaurimento: il Consiglio di Stato rinvia la causa al giudice di primo grado per sollevare la questione di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 11 del 12 luglio 2011, ha affermato - "sulla base della situazione giuridica protetta, della natura dell’attività esercitata dall’Amministrazione e dall’assenza nella fattispecie di una procedura concorsuale in senso stretto " - che sulla materia di cui è causa (relativa alla giusta posizione o collocazione in una graduatoria ad esaurimento) deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario in quanto si verte in tema di accertamento di diritti di soggetti già iscritti in graduatorie e si tratta di atti gestori del datore di lavoro pubblico non inquadrabili in una procedura concorsuale diretta all’assunzione di pubblici impieghi "per la quale sola vale la regola residuale e (speciale) della giurisdizione del giudice amministrativo". Ne deriva che i decreti ministeriali che disciplinano le graduatorie per il conferimento d’incarichi a tempo determinato ed indeterminato non rivestono il carattere di atti di diritto pubblico, espressione del potere organizzatorio - autoritativo della P.A. ma di determinazioni assunte dall’amministrazione con le capacità ed i poteri simili a quelli del datore di lavoro privato dalle quali non possono che scaturire, nei confronti degli interessati, diritti soggettivi volti ad ottenere la conformità alla legge degli atti di gestione delle graduatorie per il conferimento d’incarichi (Cons. di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2012, n. 113). Osserva, inoltre, il Collegio che da quanto precede consegue, come peraltro confermato anche in questo caso dall’orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, che nella materia di cui è causa "il giudice amministrativo non ha giurisdizione ….in quanto al di là del petitum formale, la pretesa fatta valere si configura come situazione giuridica intrinseca al rapporto di lavoro, rispetto alla quale l’Amministrazione esercita poteri negoziali e non poteri amministrativi" (Cons. di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2012, n. 113 e 15 febbraio 2012, n. 774). Rileva, infine, il Collegio che anche le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno in più occasioni precisato che "la gestione delle suddette graduatorie (ad esaurimento) operata dall’amministrazione esorbita dalla competenza del giudice amministrativo per la sua estraneità alle procedure concorsuali e rientra pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario. " E ciò anche in considerazione del fatto che la controversia in esame, avendo ad oggetto la possibilità o meno di modificare determinate graduatorie ad esaurimento mediante l’attribuzione di punteggi aggiuntivi dagli stessi interessati maturati, riguarda in sostanza "l’accertamento del diritto al collocamento nella graduatoria con precedenza rispetto ad altri soggetti" e cioè una pretesa che, come già detto, ha "ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione della graduatoria stessa" (Cass. Civile, Sez. Unite, 10 novembre 2010, n. 22805 e 28 luglio 2009, n. 17466). Da quanto precede deriva, dunque, che correttamente il giudice di prime cure ha ritenuto che la giurisdizione sia sulla materia di cui è causa sia sulla consequenziale azione risarcitoria richiesta dalla signora, dovesse essere attribuita al giudice ordinario senza con ciò violare, come da quest’ultima affermato, neanche in termini sostanziali, le norme ed i principi in materia di giurisdizione amministrativa di cui all’art.7 del cod. proc. amm. .3.1. Quanto precede, tuttavia, non esime il Collegio dall’esprimere condivisione alla censura rivolta dall’appellante alla decisione assunta dal giudice di prime cure di non sollevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 59, comma 3 della legge18 giugno 2009, n. 69, la questione di giurisdizione di fronte alle Sezioni unite della Corte di Cassazione, al fine di stabilire a quale giurisdizione dovesse essere devoluto l’esame della causa, in considerazione del fatto che il Tribunale di Rieti, con la sentenza del 17 maggio 2007, n. 1303, passata in giudicato, aveva a sua volta negato la propria giurisdizione nella materia di cui è causa. A giudizio del Collegio, infatti, a fronte di una situazione come quella appena descritta il giudice di primo grado avrebbe dovuto, soprattutto in relazione alla circostanza che il proprio convincimento era confortato dai consolidati orientamenti giurisprudenziali sia della Corte di Cassazione sia del Consiglio di Stato, sollevare, ai sensi dell’art. 59, comma 3 della legge 18 giugno 2009, n. 69 la questione di giurisdizione dinnanzi alle SS.UU., anche al fine di garantire all’appellante una valida decisione in tempi ragionevoli. Quanto precede, tuttavia, può trovare applicazione anche nella presente fattispecie poiché se è vero che il succitato articolo non ha "coperto l’intero arco delle situazioni processuali provocate da una dichiarazione di difetto di giurisdizione (tanto da non aver determinato l’abrogazione dell’art. 362 c.p.c.)" è anche vero che, come ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, "nel caso in cui il giudice adito all’esito di una pronuncia declinatoria della giurisdizione dichiari, a sua volta il proprio difetto di giurisdizione, mancando di sottoporre la relativa questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, resta ferma la possibilità di far valere in ogni tempo, il conflitto reale negativo di giurisdizione ai sensi dell’art. 362, comma 2, numero 1) c.p.c." "con atto soggetto agli stessi requisiti formali del ricorso per cassazione, .…. indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunzie in contrasto sia passata in giudicato, atteso che il passaggio in giudicato della sentenza sulla giurisdizione serve agli effetti di cui al comma 2 dell’art. 59 l. 18 giugno 2009, n. 69, ma non condiziona il potere del giudice dichiarato competente di sollevare d’ufficio la questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di Cassazione" (Cass. Civile, Sez. Unite, 20 giugno 2012, n. 10139 e 5 luglio 2013, n. 16883). Da quanto precede deriva, dunque, che la causa deve essere rinviata al giudice di primo grado, al quale spetta, ai sensi dell’art. 59, comma 3 della legge 18 giugno 2009, n. 69, di sollevare, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito, la questione di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Tale "incidente" processuale, in base all’inequivoco dato normativo, non può direttamente essere promosso dal giudice d’appello, non investito, nella presente sede di un rito speciale delimitato alla questione di giurisdizione, di alcun potere di "trattazione del merito" della controversia sottoposta alla sua cognizione (appunto delimitata, dal legislatore, al profilo della giurisdizione).

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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Corruzione, l'Italia migliora tre posizioni nella classifica del "Corruption perceptions 2013"

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri

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Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi con apposito comunicato ha precisato che: "La legge anticorruzione che con i ministri Cancellieri e Severino riuscimmo a condurre in porto giusto un anno fa sta dando i primi risultati. L'Italia migliora tre posizioni nella classifica sulla percezione del fenomeno, stilata dal rapporto "Corruption perceptions 2013" a cura di Transparency International. È un’ inversione di rotta dopo un decennio in cui siamo prevalentemente scesi nella classifica. Con il decreto trasparenza, che obbliga le amministrazioni a mettere on line spese degli uffici e redditi di politici e dirigenti, inoltre è aumentata la possibilità di controllo sociale da parte dei cittadini. Certo, tutto ciò è ancora soltanto un primo passo. Molto ancora si potrà fare procedendo sul percorso individuato dalla legge, per esempio con il completamento del varo dell'autorità anticorruzione. La lotta al fenomeno, desidero infine ricordarlo, non è solo un'opera che riguarda forze dell'ordine e magistratura, ordine a cui mi onoro di appartenere. È anche una battaglia culturale che si combatte giorno per giorno sul terreno della prevenzione."

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri

 
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domenica 15 dicembre 2013 22:56

Se il giudice sospende un atto negativo, l'amministrazione non può limitare la propria attività conformativa alla mera rimozione del provvedimento negativo impugnato

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

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In caso di sospensione in sede giudiziale di un atto negativo, non è ammissibile che l’amministrazione limiti la propria attività conformativa alla mera rimozione del provvedimento negativo oggetto d'impugnativa (ovvero – come nel caso di specie – alla conferma del diniego attraverso l’introduzione nella serie procedimentale ormai sostanzialmente conclusa di nuovi elementi ostativi fino a quel momento mai dichiarati). Ed infatti, in tal modo operando, l’amministrazione determina il venir meno del continuum funzionale (anche in chiave procedimentale) che necessariamente deve intercorrere fra lo iussum giudiziale e le conseguenze conformative, risolventisi nella riedizione del potere, secondo l'assetto delineato con il comando del giudice (in tal senso: Cons. Stato, III, 13 settembre 2012, n. 4887). Per approfondire la lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

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martedì 10 dicembre 2013 23:34

Anticorruzione: vanno pubblicati on line i Codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato ANAC del 25.11.2013

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I codici di comportamento adottati dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 54, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, del Codice generale di cui al D.P.R. del 16 aprile 2013, n. 62 e nel rispetto delle Linee guida adottate dall’Autorità Anticorruzione con delibera n. 75/2013, dovranno essere pubblicati sui siti istituzionali delle rispettive amministrazioni. All’Autorità dovrà essere inviato esclusivamente il link alla pagina pubblicata.

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martedì 10 dicembre 2013 23:34

Nuove opportunità per le Pubbliche Amministrazioni nel bando "Premio Nazioni Unite per la Pubblica Amministrazione - edizione 2014"

segnalazione a cura del Prof. Stefano Olivieri Pennesi

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La Presidenza del Consiglio – Dipartimento Funzione Pubblica ha segnalato l’avviso del Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite inerente il bando di concorso per assegnare un premio per le pubbliche amministrazioni che sarà destinato a quattro diverse categorie di Istituzioni, ovvero: amministrazioni centrali, amministrazioni locali, università/scuole, organizzazioni non governative e associazioni professionali. L’intento è quello di premiare le istituzioni che contribuiscono a dare visibilità ad esperienze di buona amministrazione rinnovando i propri servizi resi a cittadini e imprese. Le candidature vanno inviate entro il 18 dicembre 2013 a mezzo del seguente link: http://www.unpan.org/applyunpsa2014

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martedì 10 dicembre 2013 23:34

Concorsi pubblici: il giudice amministrativo non può sindacare i quesiti scelti dalla Commissione se congruenti e attinenti alle materie d'esame

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Nella sentenza in esame la Quinta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito il consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa a tenore del quale "nei concorsi a posti di pubblico impiego la determinazione del concreto contenuto delle prove d'esame costituisce espressione di un ampio potere tecnico discrezionale della Commissione, sindacabile solo per ragioni di assoluta illogicità o incongruenza manifesta, ciò che nella specie non è oggettivamente riscontrabile essendo i quesiti prescelti del tutto congruenti e pienamente attinenti alle materie d'esame".

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martedì 10 dicembre 2013 23:34

Mansioni superiori: rientra nella discrezionalità del legislatore individuare le concrete situazioni nelle quali lo svolgimento di mansioni superiori dà titolo a benefici di contenuto economico o giuridico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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Secondo giurisprudenza pacifica, alla quale può farsi riferimento per i fini di cui all’art. 74 del codice del processo amministrativo (C. di S., VI, 27 luglio 2010, n. 4880; da ultimo C. di S., III, 15 dicembre 2011, n. 6576, che anzi dichiara l’inammissibilità della pretesa di inquadramento fondata sulle mansioni superiori svolte se svincolata dall’impugnazione dell’atto di conferimento della qualifica), nell'ambito del pubblico impiego lo svolgimento di fatto di mansioni superiori a quelle dovute in base all'atto di inquadramento è del tutto irrilevante ai fini sia economici che di progressione in carriera, salvo che una norma non disponga diversamente, a causa dell'inapplicabilità al pubblico impiego dell'art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, dell'art. 2103 cod. civ. e dell'art. 36 Cost., l'operatività di quest'ultimo trovando un limite invalicabile nel successivo art. 97. Quanto alla pretesa alle differenze stipendiali, deve essere rilevato come sia pacifica in giurisprudenza anche l’affermazione secondo la quale "nell'ambito del pubblico impiego lo svolgimento di fatto da parte del dipendente di mansioni superiori a quelle dovute in base all'inquadramento è del tutto irrilevante, sia ai fini economici, sia ai fini della progressione di carriera, salva l'esistenza di un'espressa disposizione che disponga diversamente; né la domanda del dipendente, tesa ad ottenere la retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile, per effetto dello svolgimento delle mansioni superiori, può fondarsi sull'art. 36 cost. in quanto il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e alla quantità del lavoro prestato non trova incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo con altri principi di pari rilievo costituzionale, quali quelli di cui agli art. 97 e 98; ovvero sugli art. 2126 c.c., concernente solo l'ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato, e 2041 c.c. stante, per un verso, la natura sussidiaria dell'azione di arricchimento senza causa e, per altro verso, la circostanza che l'ingiustificato arricchimento postula un correlativo depauperamento del dipendente, non riscontrabile e dimostrabile nel caso del pubblico dipendente che, come nel caso di specie, ha comunque percepito la retribuzione prevista per la qualifica rivestita; comunque, nel pubblico impiego, presupposto indefettibile per la stessa configurabilità dell'esercizio di mansioni superiori è anche l'esistenza di un posto vacante in pianta organica, al quale corrispondano le mansioni effettivamente svolte, oltre che un atto formale d'incarico o investitura di dette funzioni, proveniente dall'organo amministrativo a tanto legittimato, non potendo l'attribuzione delle mansioni e il relativo trattamento economico essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi" (da ultimo C. di S., V, 19 novembre 2012, n. 5852). C. di S., IV, 24 aprile 2009, n. 2626 ha poi precisato che "fino all'entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, che con l'art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell'art. 56, d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29, la retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico non trovava base normativa in alcuna norma o principio generale desumibile dall'ordinamento e, quindi, non nell'art. 2126 c.c., che concerne solo l'ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato, né nell'applicazione diretta dell'art. 36 cost., la cui incondizionata applicazione al pubblico impiego è impedita dalle contrastanti previsioni degli artt. 97 e 98 cost. né, infine, nell'art. 2041 c.c., in ragione della sussidiarietà dell'azione di arricchimento senza causa". Sulla base di tale ricostruzione il Collegio condividendo l’orientamento sopra riportato ha rilevato come nel caso di specie le mansioni superiori vantate dall’appellante sarebbero state svolte in un periodo precedente l’entrata in vigore del d. lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, con la conseguenza che la pretesa risulta in contrasto con la normativa appena richiamata. L’appellante sostiene peraltro che la stessa normativa, in particolare l’art. 15 del d. lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, non è conforme agli articoli 3 e 36 della costituzione, chiedendo quindi che venga sollevato incidente di costituzionalità. La questione deve essere dichiarata manifestamente infondata, per un ordine di ragioni assimilabile a quello che ha condotto alle conclusioni sopra riportate. C. di S., VI, 22 gennaio 2001, n. 177, condivisa dal Collegio, ha affermato che l'art. 36 Cost. non costituisce fonte diretta di integrazione del rapporto di pubblico impiego, per quanto concerne la determinazione dei compensi da corrispondere al dipendente, ma un criterio di valutazione della legittimità degli atti autoritativi adottati dall'Amministrazione; pertanto, la norma de qua non può essere invocata al fine di ottenere un trattamento economico differenziato in caso di svolgimento delle funzioni di qualifica superiore. Inoltre, i requisiti costituzionali di proporzionalità e di sufficienza della retribuzione devono essere valutati, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, « non già in relazione ai singoli elementi che compongono il trattamento economico, ma considerando la retribuzione nel suo complesso », sicché non può essere considerata sproporzionata o insufficiente la retribuzione prevista da una norma per il pubblico dipendente in possesso di una certa qualifica, se questi svolga mansioni il cui esercizio è consentito solo sulla base del previo superamento del concorso. La sentenza richiamata quindi ha rilevato che il solo svolgimento di mansioni superiori non è sufficiente a fondare il diritto a percepire un trattamento retributivo più favorevole in quanto tale elemento deve essere collocato nella più ampia logica del trattamento stipendiale globalmente inteso; inoltre, l’attribuzione di un trattamento economico più favorevole sulla base di una mera situazione di fatto è in contrasto con l’art. 97 della Costituzione. Tale premessa consente di affermare che rientra nella discrezionalità del legislatore individuare le concrete situazioni nelle quali lo svolgimento di mansioni superiori dà titolo a benefici di contenuto economico o giuridico. In altri termini, solo l’apprezzamento compiuto dal legislatore consente di superare il principio secondo il quale soltanto chi supera il prescritto concorso può ricevere un determinato beneficio economico, superiore a quello spettante in base alla qualifica in suo possesso.

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martedì 10 dicembre 2013 23:34

Giudizio elettorale: l'erronea indicazione del prenome del candidato non implica di per sé alcuna incertezza in ordine alla volontà dell'elettore né configura un mezzo di riconoscimento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

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L’indicazione, sia pure inesatta, del nominativo del candidato in corrispondenza della pertinente lista lascia comunque chiaramente intendere la volontà dell’elettore di attribuire sia il proprio voto alla lista, sia la propria preferenza per un candidato che non può che essere identificato, in assenza di omonimie, con l’unico il cui nome risulti consonante con quello apposto sulla scheda. Né può ritenersi che l’erronea indicazione del prenome possa compromettere l’espressione del voto a guisa di segno di riconoscimento. All’uopo occorrerebbe, infatti, che in concreto possa ritenersi "in modo inoppugnabile" che l’elettore intendesse farsi riconoscere (art. 64, comma 2, d.P.R. n. 570/1960), laddove l’errata indicazione del nome del candidato nella specie è invece agevolmente spiegabile in termini di inesatta informazione o di innocua confusione. Secondo l’uniforme interpretazione giurisprudenziale la norma in rilievo, nello stabilire la nullità del voto contenuto in schede che presentino segni tali da denotare una sicura volontà dell'elettore di farsi riconoscere, deve essere intesa in senso oggettivo, ossia considerando nulle quelle schede che rechino scritte o segni estranei alle esigenze di espressione del voto, e che non trovino ragionevoli spiegazioni nelle modalità con cui l'elettore ha inteso esprimere il suffragio (C.d.S., V, 18 novembre 2011, n. 6070; 18 gennaio 2006, n. 109). Ciò posto, nella presente vicenda l’indicazione del prenome del candidato, benché a rigore non necessaria, non può essere ritenuta estranea alle esigenze di espressione del voto, stante la funzione tipica del c.d. nome di battesimo di concorrere alla piena identificazione del soggetto. Quanto alla mera circostanza che nello specifico tale nome sia stato indicato in modo errato, la stessa non può valere, proprio perché ragionevolmente spiegabile in termini di deficit informativo o di innocua confusione, quale indice di una volontà di provocare un riconoscimento (C.d.S., V, 22 febbraio 2001, n. 1020 : l'erronea indicazione del prenome del candidato, in assenza di candidati di altre liste aventi lo stesso cognome, non implica di per sé alcuna incertezza in ordine alla volontà dell'elettore né configura un mezzo di riconoscimento, tale errore ben potendo essere un mero difetto mnemonico, non improbabile poiché il voto di preferenza non necessariamente riflette una conoscenza diretta del candidato prescelto). Senza dire, poi, che l’appellante, per far invalidare a titolo di segno di riconoscimento la scheda in discorso (dal Seggio a tempo debito valutata, sia pure a favore del solo candidato a Sindaco indicatovi), avrebbe avuto l’onere, rimasto invece inadempiuto, di proporre sul punto un rituale e tempestivo ricorso incidentale.

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