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NEWS DI RILIEVO
Province: il parere della Corte dei Conti sui divieti di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza e di conferire incarichi di studio e consulenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna n. 64/2015/PAR del 10.4.2015

Il Presidente della Provincia di Ferrara ha inoltrato alla Corte dei Conti una richiesta di parere avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che ha introdotto una serie di divieti a carico delle province delle regioni a statuto ordinario. In particolare l’art. 1, comma 420, della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2015, alle province delle regioni a statuto ordinario è fatto divieto: (…) b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza; (…) g) di attribuire incarichi di studio e consulenza.” Sulla base di tale norma nella richiesta di parere si chiede se i divieti di cui alle lettere b) e g) sussistono anche nei casi in cui le risorse finanziarie non gravino sul bilancio dell’Ente in quanto completamente finanziate da fonti comunitarie e da terzi. Inoltre nel quesito "si chiede, inoltre, qualora la risposta al quesito di cui sopra sia positiva se, a fronte di finanziamenti comunitari per la realizzazione di lavori conseguenti a convenzioni, sia possibile per l’ente Provincia, in costanza del divieto di cui alla lettere b) su indicata, sostenere spese (a carico del proprio bilancio) a titolo di IVA, non rendicontabile alla Comunità europea. Si sottolinea che in caso di risposta negativa è evidente che l’Ente Provincia non potrà più essere il soggetto Capofila di progetti finanziati dalla Comunità europea”. La Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna con deliberazione n. 64/2015/PAR del 10.4.2015 ha evidenziato come la disposizione che prevede il divieto di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza lascia spazio al legittimo svolgimento delle citate attività da parte delle province, qualora le stesse beneficino di un finanziamento proveniente da soggetti terzi, siano essi pubblici o privati. Ciò, in linea con i precedenti sia delle Sezioni riunite di questa Corte, che di questa Sezione secondo i quali, a fronte di disposizioni vincolistiche, sono ammesse operazioni neutre per la finanza degli enti pubblici interessati. Tuttavia, per assicurare il rispetto della previsione normativa, le attività che la Provincia può svolgere senza violare il divieto, devono essere del tutto neutre per il bilancio. Tale circostanza preclude la possibilità di intraprendere iniziative, nel quadro di relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, che implichino, per la Provincia, l'assunzione della spesa per l’IVA a carico del proprio bilancio. 2.3 Per quanto, invece, riguarda gli incarichi di studio e consulenza, il legislatore statale, con la normativa in analisi, non pone per le province un mero divieto di sostenere le relative spese, ma, più radicalmente, precludel’attribuzione di detti incarichi. La previsione normativa, di cui alla lettera g) dell’art.1, comma 420,della legge di stabilità per il 2015, pare introdurre per gli incarichi professionali esterni un regime ben più rigoroso, rispetto a quella introdotta dalla precedente lettera b), regime in grado di precluderne l’affidamento, anche nei casi in cui non vi sarebbero spese a carico dell’ente. Il divieto assoluto in tal modo delineato, peraltro, pare in sintonia con quanto stabilito dal citato comma 420, per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle province. Il legislatore, infatti, ha vietato alle Province delle regioni a statuto ordinario la costituzione di rapporti di lavoro sia a tempo determinato, che indeterminato, nonché l’utilizzo dell’istituto del comando. Il quadro delineato induce a interpretare in modo rigoroso anche il divieto di attribuire incarichi di studio e consulenza.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna n. 64/2015/PAR del 10.4.2015
Il Presidente della Provincia di Ferrara ha inoltrato alla Corte dei Conti una richiesta di parere avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 1, comma 420, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che ha introdotto una serie di divieti a carico delle province delle regioni a statuto ordinario. I ... Continua a leggere
Corte dei Conti: niente rimborso forfettario per le spese di viaggio con il mezzo proprio degli amministratori risiedenti fuori del capoluogo del comune ove ha sede l’ente
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna n. 65/2015/PAR del 10.4.2015

Il Presidente della Provincia di Parma ha inoltrato alla Sezione di Controllo Regione Emilia Romagna una richiesta di parere in ordine alla possibilità di applicare il comma 13 dell’art.77 bis del d.l. 25 giugno 2008, n.112, convertito dalla l.6 agosto 2008 n.133 (che prevede un rimborso forfettario per letrasferte dei consiglieri comunali e provinciali pari a un quinto del costo di un litro di benzina per ogni chilometro) alle spese di viaggio sostenute - in caso di utilizzo del mezzo proprio - dagli amministratori di cui all’art.1 comma 84 del l.56/2014 che risiedano fuori del capoluogo del comune ove ha sede l’ente ed ivi si rechino in occasione della partecipazione alle sedute dei rispettivi organi assembleari. Viene, quindi, richiesto se risulti corretto rimborsareagli amministratori soltanto gli oneri che, in concreto, avrebbe sostenuto l’ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo da parte degli stessi dei mezzi pubblici. Ai fini della risposta al quesito la Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna con deliberazione n. 65/2015/PAR del 10.4.2015 ha in via preliminare effettuato una breve ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. In particolare l’art.1, comma 84, della legge n.56/2014 dispone che “Gli incarichi di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell’assemblea dei sindaci sono esercitati a titolo gratuito”. Inoltre, con successivo periodo introdotto dall’art.23, comma 1, lett.f-bis) del d.l. 24 giugno 2014, n.90, convertito,con modificazioni, dalla l.11 agosto 2014, n.114, è stato ulteriormente puntualizzato che “Restano a carico della provincia gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, relativi ai permessi retribuiti, agli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi di cui agli articoli 80, 84, 85 e 86 del testo unico”. In proposito, il richiamato art.84 del tuel, al comma 3 prevede che “Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate”. Pertanto, già secondo un’interpretazione letterale del quadro normativo, che richiama il criterio dell’effettività della spesa da rimborsare, ad avviso della Corte dei Conti non risulta plausibile un rimborso di tipo forfettario (nella misura pari a un quinto del costo di un litro di benzina) anche nell’ipotesi prevista al comma 3 dell’art.84 del tuel. La giurisprudenza contabile si è ampiamente soffermata sulla fattispecie di cui al comma 1 dell’art.84 del tuel, afferente le spese di viaggio sostenute dagli amministratori in ragione del loro mandato, per cui il rimborso nella misura dell’ indennità chilometrica prevista dall’art.8 della l.417/1978 è precluso, ai sensi dell’art.2 del d.m. del 4 agosto 2011,(cfr. ex multis Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo n.34 del 24 marzo 2015; Sezione regionale di controllo per il Piemonte n.390 del 20 novembre 2013; Sezione regionale di controllo per l’Emilia - Romagna n.208 del 16 aprile 2013). Circa la fattispecie prevista dal comma 3 dell’art.84 del tuel, la giurisprudenza contabile ha affermato, in conformità al dato letterale della norma, che “Il rimborso è dovuto per le sole spese di viaggio … Sono rimborsabili solo le spese effettive e non anche quelle determinate in modo forfettario. E’ rimasto, dunque, il rimborso delle spese di viaggio per gli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente” (c.f.r. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia n.377 del 20 agosto 2012). L’interpretazione letterale è confermata anche sotto il profilo teleologico per cui “la ratio sottesa agli interventi di razionalizzazione della spesa realizzati dal legislatore con le novelle prima del 2007 e poi del 2010, è quella di ancorare i rimborsi ad elementi effettivi della spesa anziché a valori predeterminati. …” (c.f.r. Sezione regionale di controllo per la Liguria n.10 del 21 febbraio 2011). In conclusione, pertanto, la Sezione ritiene che in ordine al rimborso delle spese sostenute dagli amministratori - in caso di utilizzo del mezzo proprio -per la partecipazione alle sedute dei rispettivi organi assembleari (Assemblea dei Sindaci, Consigli e Commissioni Consiliari), non sia applicabile il comma 13 dell’art.77 bis del d.l. 25 giugno 208, n.112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n.133 secondo il quale “Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno, il rimborso per le trasferte dei consiglieri comunali e provinciali è, per ogni chilometro, pari a un quinto del costo di un litro di benzina”. Il criterio dell’effettività della spesa oggetto di rimborso che esclude ogni forfettizzazione è prescritto sia dall’interpretazione teleologica della fattispecie sia da quella letterale del novellato comma 84 dell’art.1 della l.56/2014, che effettua un esplicito rinvio all’art.84 del tuel e, pertanto, al rimborso delle sole spese di viaggio effettivamente sostenute dagli amministratori per la partecipazione alle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi. Peraltro, anche nell’ipotesi delle spese di viaggio degli amministratori che risiedono fuori del capoluogo dell’ente per la partecipazione alle sedute dei rispettivi organi assembleari, resta valido il principio affermato dalla giurisprudenza contabile inerente i criteri di rimborso dei costi sostenuti per l’utilizzo del mezzo proprioche “dovranno necessariamente tenere conto delle finalità di contenimento della spesa … e degli oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto”(cfr. Corte dei conti Sezioni riunite in sede di controllo n.21 del 05 aprile 2011). Quanto sopra anche al fine di evitare i rischi “ … del ricorso a soluzioni applicative che pur formalmente rispettose delle norme si pongano in contrasto con la ratio stessa della disposizione in esame (ridurre i costi degli apparati amministrativi) …” (cfr. Corte dei conti Sezioni riunite in sede di controllo n.21 del 05 aprile 2011).
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione Controllo Regione Emilia Romagna n. 65/2015/PAR del 10.4.2015
Il Presidente della Provincia di Parma ha inoltrato alla Sezione di Controllo Regione Emilia Romagna una richiesta di parere in ordine alla possibilità di applicare il comma 13 dell’art.77 bis del d.l. 25 giugno 2008, n.112, convertito dalla l.6 agosto 2008 n.133 (che prevede un rimborso forfettari ... Continua a leggere
Condono edilizio: la corretta istruttoria sulla domanda mediante richiesta d'integrazione documentale (Comune di Cesena)
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 355

La vicenda attenzionata dal TAR riguarda l'impugnava del provvedimento con cui il Comune ha dichiarato irricevibile la domanda di condono presentata dal ricorrente in relazione al cambio di destinazione d’uso da annesso agricolo a civile abitazione. Tale esito sarebbe stato determinato da una presunta carenza documentale poiché il ricorrente non avrebbe depositato la documentazione fotografica degli interni. Il TAR Emilia Romagna, Bologna con sentenza del 9.4.2015, n. 355 ha ritenuto fondato il ricorso in quanto in presenza di documentazione fotografica descrittiva dall’esterno delle modificazioni avvenute nell’immobile, il Comune avrebbe dovuto richiedere anche le fotografie dell’interno anziché dichiarare irricevibile la domanda. Peraltro una richiesta di integrazione è stata fatta dal Comune ma non comprendeva la documentazione fotografica dell’interno, ma una serie di altri documenti analiticamente indicati, richiesta puntualmente soddisfatta dal ricorrente. Pertanto il Comune non può dolersi della condotta del ricorrente e, laddove avesse ritenuto comunque indispensabile per avere una prova piena dell’avvenuto mutamento di destinazione la documentazione degli interni, avrebbe potuto farne oggetto di una successiva richiesta ulteriore che il ricorrente avrebbe facilmente adempiuto. Il ricorso è stato, quindi, accolto annullando il provvedimento impugnato affinchè il Comune provveda ad esaminare nel merito la documentazione chiedendo se del caso le integrazioni necessarie.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 355
La vicenda attenzionata dal TAR riguarda l'impugnava del provvedimento con cui il Comune ha dichiarato irricevibile la domanda di condono presentata dal ricorrente in relazione al cambio di destinazione d’uso da annesso agricolo a civile abitazione. Tale esito sarebbe stato determinato da una pr ... Continua a leggere
Cartelli pubblicitari: l’allocazione della segnaletica stradale mira a tutelare un valore di primaria importanza quale l’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione veicolare e si concreta in scelte di merito riservate all’Amministrazione competente (Provincia di Ravenna)
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 344

Nella sentenza del TAR Bologna del 9.4.2915 n. 344 viene analizzata, tra l'altro, la censura di una ditta che investe le scelte operate dall’Amministrazione circa la ricollocazione della segnaletica stradale in prossimità degli impianti della ricorrente: da un lato si censura l’omessa comunicazione di avvio del relativo procedimento alla ditta, che avrebbe così potuto far constare la preesistenza dei suoi cartelli pubblicitari e suggerire soluzioni compatibili con la loro sopravvivenza; dall’altro lato, si imputa alla Provincia di Ravenna di avere dislocato taluni segnali stradali a distanza inferiore a quella di legge rispetto agli impianti della ditta, così divenuti contra legem(art. 51, comma 2, lett. d), d.P.R. n. 495/92), e di avere in tal modo del tutto ignorato le esigenze di chi aveva presentato istanze di rinnovo delle autorizzazioni ancora in esame, con un’azione amministrativa conseguentemente connotata da irragionevolezza, vessatorietà e lesione del principio di proporzionalità. Sennonché – osserva il Collegio – la giurisprudenza (v. TAR Puglia, Bari, Sez. II, 10 settembre 2013 n. 1304 e 14 luglio 2011 n. 1092) ha già avuto modo di evidenziare come l’allocazione della segnaletica stradale miri a tutelare un valore di primaria importanza quale l’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione veicolare e si concreti pertanto in scelte di merito riservate all’Amministrazione competente, con la conseguenza che, per essere la posizione del titolare di impianti pubblicitari del tutto recessiva e secondaria rispetto all’interesse generale ad un’ottimale ubicazione dei segnali stradali, non è neppure ipotizzabile che l’Amministrazione sia tenuta a concertare o valutare modifiche della segnaletica stradale funzionali alla sopravvivenza di insegne pubblicitarie che dovessero altrimenti incorrere nell’inosservanza delle distanze minime stabilite dalla legge, a fronte dell’evidente subalternità di dette insegne rispetto alle esigenze pubbliche sottese ad un dato assetto della viabilità e ad una data dislocazione della segnaletica e a fronte della soggezione del concessionario al potere regolamentare dell’ente e dell’obbligo di adeguamento alle relative prescrizioni. Non può essere dunque imputata alla Provincia di Ravenna l’omessa comunicazione di avvio del procedimento alla ricorrente, che rispetto alle scelte in tema di segnaletica stradale non rivestiva comunque una posizione differenziata meritevole di assumere a tali fini rilievo; né, per quanto detto, si può addebitare all’Amministrazione di non avere tenuto conto dei preesistenti impianti pubblicitari della ditta, la quale peraltro non ha neppure denunciato eventuali singoli casi di localizzazione di segnali stradali privi di una reale utilità per le esigenze di tutela della circolazione veicolare. Né, infine, è appropriato il richiamo alla disciplina di cui all’art. 58, comma 2, del d.P.R. n. 495 del 1992 e alla presunta necessità di coinvolgimento del privato nella verifica delle condizioni per il mantenimento o spostamento della preesistente impiantistica pubblicitaria (v. pag. 5 della memoria difensiva della ricorrente depositata il 16 aprile 2007), per trattarsi di discipli-na transitoria destinata ad operare limitatamente al periodo di residua durata delle autorizzazioni pregresse, al fine di non privare le stesse della loro perdurante efficacia, e non di norma applicabile ai casi di autorizzazioni da rinnovare successivamente all’entrata in vigore del regolamento del 1992 (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 17 aprile 2002 n. 1483). Carente di fondamento è anche la censura incentrata sulla violazione dell’art. 23, comma 13-bis, del d.lgs. n. 285 del 1992 (“In caso di collocazione di cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1, l’ente proprietario della strada diffida l’autore della violazione e il proprietario o il possessore del suolo privato, nei modi di legge, a rimuovere il mezzo pubblicitario a loro spese entro e non oltre dieci giorni dalla data di comunicazione dell’atto. Decorso il suddetto termine, l’ente proprietario provvede ad effettuare la rimozione del mezzo pubblicitario e alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell’autore della violazione e, in via tra loro solidale, del proprietario o possessore del suolo…”), in quanto l’avere imposto alla ricorrente la rimozione degli impianti a sue cure e spese entro quindici giorni e l’avere previsto che in caso di inottemperanza avrebbe provveduto d’ufficio l’Amministrazione, pur senza l’impiego del termine «diffida», realizza in ogni caso la schema di legge fondato sull’intervento demolitorio rimesso in prima battuta al privato e sul subentro solo eventuale dell’ente proprietario della strada. Quanto, poi, agli atti del tutto silenti sul punto, se ne deve escludere un immediato effetto lesivo per la ricorrente, che farà valere le sue ragioni solo nel caso in cui l’Amministrazione dovesse unilateralmente provvedere alla rimozione dei relativi impianti.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 344
Nella sentenza del TAR Bologna del 9.4.2915 n. 344 viene analizzata, tra l'altro, la censura di una ditta che investe le scelte operate dall’Amministrazione circa la ricollocazione della segnaletica stradale in prossimità degli impianti della ricorrente: da un lato si censura l’omessa comunicazione ... Continua a leggere
Condono edilizio: la presenza dell’asseverazione del professionista è un elemento essenziale per la valutazione della domanda (Comune di Cesena)
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 353

Il TAR Bologna con sentenza del 9.4.2015 n. 353 ha rigettato il ricorso proposto contro il provvedimento del Comune di Cesena con il quale è stata dichiarata irricevibile la domanda di condono edilizio relativa agli illeciti edilizi presentata dalla società ricorrente nonché di ogni altro atto o provvedimento antecedente, preordinato, presupposto, conseguente o comunque connesso con la Dichiarazione di irricevibilità impugnata sopra, ancorchè non noto, in essi compresi il Parere istruttorio ed il Parere del Responsabile del procedimento. In particolare, l’irricevibilità era stata sancita poiché nella domanda mancava l’asseverazione del professionista richiesta dall’art. 27 L.R. 23/2004. Il Giudice amministrativo ha rigettato il ricorso rilevando che "La presenza dell’asseverazione del professionista era un elemento essenziale per la valutazione della domanda di condono tanto da essere previsto a pena di inammissibilità. In fatti non vi è stata alcuna istruttoria da parte del Comune che si è limitato a rilevare questa causa che gli impediva una valutazione di merito della domanda di condono e tanto ha comunicato all’interessato con il preavviso ex art. 10 bis L. 241/1990".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Bologna del 9.4.2015 n. 353
Il TAR Bologna con sentenza del 9.4.2015 n. 353 ha rigettato il ricorso proposto contro il provvedimento del Comune di Cesena con il quale è stata dichiarata irricevibile la domanda di condono edilizio relativa agli illeciti edilizi presentata dalla società ricorrente nonché di ogni altro atto o pr ... Continua a leggere
Corte dei Conti: corretta individuazione delle spese per pubblicità e rappresentanza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione n. 59/2015/PAR della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo dell'Emilia Romagna del 18.3.2015

Si segnala il parere n. 59 del 18.3.2015 della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo dell'Emilia Romagna avente ad oggetto richiesta di parere del Comune di Noceto sulla corretta individuazione delle spese per pubblicità e rappresentanza. In sintesi la Sezione, premette che le spese di rappresentanza, effettuate allo scopo di promuovere l’immagine o l’azione dell’ente pubblico, mediante attività rivolte all’esterno, non sono necessariamente indirizzate ad autorità, ma possono avere tra i propri destinatari la cittadinanza. Nel merito, la Sezione provvede a classificare le seguenti spese: per l’acquisto e la spedizione di biglietti di benvenuto ai nuovi residenti; per acquisto e spedizione di biglietti augurali in occasione di nomine e festività, indirizzati ad autorità o a singoli cittadini; per manifesti, in occasione di ricorrenze nazionali; per manifesti informativi relativi a eventi di carattere sociale, culturale ed educativo; per acquistare e spedire opuscoli ai neo diciottenni contenenti la riproduzione della Costituzione e, infine, per telegrammi e pubblicazione di necrolog PARERE Quesito: Il Sindaco del Comune di Noceto (Pr) ha inoltrato una richiesta di parere, avente ad oggetto la corretta individuazione delle spese per “relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza”, di cui all’art. 6, comma 8, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, rubricato “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. In particolare, il Sindaco istante ha domandato “se in tale nozione rientrino, e se siano legittime, le spese inerenti a: a) acquisto e spedizione di biglietti di benvenuto ai nuovi residenti accompagnati da note esplicative sui servizi, anche peculiari, che l’Amministrazione offre ai cittadini, con riferimento ai vari Assessorati competenti, e se non rientrino tali attività, piuttosto, fra le funzioni attribuite al Comune; b) acquisto e spedizione di biglietti augurali ai nuovi nati accompagnati dalla citazione del diritto, ed al corrispondente obbligo per i Comuni (superiori ai quindicimila abitanti), di porre a dimora un albero per ciascun albero (…); c) acquisto e spedizione di biglietti augurali in occasione di nomine e festività (es. natalizie e pasquali) ad autorità/personalità, autorità governative a livello provinciale, soggetti esterni particolarmente qualificati in quanto istituzionalmente rappresentativi degli enti cui appartengono, di enti locali, istituzioni o di enti di rilievo sociale, politico, economico, culturale e sportivo, singoli cittadini, ecc.; d) manifesti in occasione delle ricorrenze nazionali (27 gennaio – giornata della memoria (…) Natale, Pasqua); e) manifesti informativi relativi a manifestazioni di carattere sociale, culturale ed educativo; f) acquisto e spedizione di opuscoli ai neo diciottenni contenenti la riproduzione testuale della Costituzione repubblicana, tenuto conto che rientra nelle funzioni del Comune anche la divulgazione dei diritti civici e degli obblighi (…); g) spedizione condoglianze a cittadini emeriti ed illustri, pubblicazione di necrologi per autorità ex sindaci, consiglieri, dipendenti, invio telegrammi ad autorità e privati”. Parere: "Il d.l. n. 78/2010, tramite l’art. 6, comma 8, ha disposto quanto segue: “A decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche… non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità…”. La Corte costituzionale, mediante sentenza 4 giugno 2012, n. 139, ha chiarito che le disposizioni vincolistiche di cui all’art. 6 in analisi “non operano in via diretta, ma solo come disposizioni di principio, anche in riferimento agli enti locali…”, i quali, pertanto, sono liberi “di rimodulare in modo discrezionale, nel rispetto del limite complessivo, le percentuali di riduzione…(delle)…voci di spesa contemplate nell’art. 6”. In seguito, la Sezione delle autonomie di questa Corte, mediante deliberazione n. 26/SEZAUT/2013/QMIG del 30 dicembre 2013, ha ulteriormente esteso la discrezionalità, per gli enti locali, di operare compensazioni nel rispetto del tetto complessivo di spesa risultante dall’applicazione dei singoli coefficienti di riduzione per consumi intermedi, previsti da norme dettate in materia di coordinamento della finanza pubblica. In particolare, la Sezione delle autonomie ha considerato legittimo che lo stanziamento in bilancio, riferito alle diverse tipologie di spese soggette a limitazione, avvenga in base alle necessità istituzionali dell’ente, ritenendo che il comune possa operare compensazioni tra gli importi calcolati nel rispetto dei vincoli di legge, anche al di là delle voci previste dall’art. 6 del d.l. n. 78/2010. 2.2 E’ ora necessario definire le categorie di spesa oggetto della richiesta di parere, la quale fa riferimento, come già evidenziato, a relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. 2.2.1 Le situazioni portate all’attenzione di questo Collegio da parte del Sindaco di Noceto esulano, “icto oculi”, dalle spese per convegni e mostre che, pertanto, non costituiscono oggetto della presente pronuncia. 2.2.2 Per quanto concerne le relazioni pubbliche, è possibile richiamare la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Puglia, n.53 del 4 aprile 2012, che le riconduce alla gestione dei rapporti e delle comunicazioni tra un’organizzazione e il suo pubblico, al fine sia di crearne un’immagine positiva, che di ottenere consenso e sostegno per il suo operato e i suoi scopi. Sempre secondo la citata Sezione regionale, “la nozione così enucleata sotto il profilo contenutistico presenta profili di sovrapponibilità con il concetto di pubblicità, poiché le relazioni pubbliche si attuano non solo attraverso la predisposizione e lo svolgimento di variegati eventi, ma anche tramite l’organizzazione di conferenze stampa e la gestione dell’ufficio stampa, situazioni queste cui normalmente si ricorre anche nel campo della pubblicità”. 2.2.3 Le spese di pubblicità sono ben state delimitate dalla deliberazione delle Sezioni riunite in sede di controllo di questa Corte, n. 50 del 21 settembre 2011, secondo la quale rientrano nel concetto di pubblicità tutte le attività mediante le quali l'ente locale porta all'esterno della propria struttura notizie, anche se riconducibili alle proprie finalità, come quelle riguardanti la comunicazione istituzionale o le informazioni funzionali alla promozione dei servizi pubblici e delle modalità di fruizione degli stessi da parte della collettività. 2.2.4 La nozione di spese di rappresentanza è stata ricostruita da questa Sezione regionale di controllo, nell’ambito della deliberazione n. 271/2013/VSGO del 24 ottobre 2013, recante il controllo-monitoraggio sulle spese di rappresentanza sostenute dagli enti locali dell’Emilia-Romagna nell’anno 2011 (alla quale si rimanda per una più approfondita disamina della materia). In particolare, le spese di rappresentanza sono quelle effettuate allo scopo di promuovere l’immagine dell’ente pubblico, mediante attività rivolte all’esterno. Al centro di tale tipologia di spese si pone quindi lo scopo promozionale dell’immagine dell’ente. Peraltro, secondo la costruzione accolta, le spese di rappresentanza non sono necessariamente indirizzate ad autorità, ma possono avere tra i propri destinatari anche la cittadinanza. 2.2.4.1 La recente pronuncia della Sezione regionale di controllo per le Marche, n. 202/2014/VSG, del 23 dicembre 2014 (in sede di esame sulle spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali), dopo aver richiamato la citata deliberazione n. 271/2013 di questo Collegio, ha considerato preferibile una diversa e più ristretta nozione di attività di rappresentanza, ritenendo che da quest’ultima esulino le spese “erogate nell’ambito dei normali rapporti istituzionali a favore di soggetti che, ancorché esterni all’Ente stesso, non siano rappresentativi degli organismi di appartenenza”. 2.2.4.2 Questo Collegio, tuttavia, non ravvisa ragioni per discostarsi dal proprio indirizzo, per una serie di ragioni, qui di seguito brevemente esposte. Il legislatore non dà una definizione dell’attività di rappresentanza; pertanto, sembra preferibile partire dalla nozione comunemente accolta, cioè quella di un’attività avente lo scopo di offrire all’esterno un’immagine positiva di un determinato soggetto. L’ambito delle spese di rappresentanza rilevante per gli enti pubblici sembra dover tendenzialmente coincidere con quello individuato per gli enti di natura privatistica (ai fini fiscali); ciò in mancanza di specifiche ragioni per differenziare le due nozioni. Orbene, la Corte di cassazione ha più volte ribadito che le spese di rappresentanza costituiscono spese affrontate da un soggetto per iniziative volte ad accrescere il proprio prestigio e la propria immagine, distinguendole dalle spese di pubblicità. Mediante le spese di pubblicità, infatti, è perseguito il diverso scopo di promuovere prodotti, marchi e servizi, perseguendo una diretta finalità promozionale e d’incremento commerciale (da ultimo, Cassazione civile, Sez. VI, n. 16812 del 24 luglio 2014). Da considerare, inoltre, che il codice Siope avente a oggetto l’acquisto di beni per spese di rappresentanza, fa espresso riferimento ad una “Spesa relativa all'acquisto di beni per spese di rappresentanza (ad esempio generi di ristorazione, medaglie, coppe, targhe, libri celebrativi, ecc. )”, in tal modo ricomprendendo anche articoli, quali le coppe, che sembrano con ogni evidenza non essere destinati a soggetti rappresentativi degli organismi di appartenenza, bensì alla cittadinanza. 2.3 E’ possibile ora, sulla base della definizione delle categorie di spesa rilevanti ai fini del presente parere, rispondere alla richiesta del Sindaco di Noceto. La necessaria premessa è che alcune spese, in concreto, si trovano al confine tra due o più categorie (spese di rappresentanza, di pubblicità, di funzionamento e per attività culturali). In ogni caso, è importante innanzitutto distinguere tra le spese che possono essere sostenute dagli enti locali e quelle che, al contrario, se effettuate, determinerebbero un danno all’erario; in secondo luogo, occorre distinguere tra le spese oggetto del regime vincolistico di cui all’art. 6, comma 8 del d.l. n. 78/2010 (in particolare, spese di rappresentanza e di pubblicità) e quelle ad esso estranee (tra esse, le spese di funzionamento e per attività culturali). La distinzione tra spese per pubblicità e di rappresentanza, invece, non rileva ai fini dell’accertamento del rispetto della normativa vincolistica, posto che dette categorie sono soggette al medesime limite di cui al citato art. 6, comma 8. In ogni caso, giova ricordare che, in base al glossario dei codici gestionali Siope, l’inserimento di una spesa come per pubblicità dovrebbe essere residuale rispetto alla considerazione della stessa come di rappresentanza, in quanto le prime sono definite come “Spese per pubblicità a fini istituzionali (escluse quelle di rappresentanza)”: 2.3.1 Tra le spese oggetto della richiesta, quelle concernenti l’acquisto e la spedizione di biglietti di benvenuto ai nuovi residenti, corredatati da note esplicative sui servizi e i biglietti augurali ai nuovi nati, accompagnati dalla citazione dell’obbligo per i comuni di porre un albero per ciascun neonato, possono rientrare, alternativamente, tra le spese di pubblicità o di rappresentanza. 2.3.2 Sono da inserire nell’ambito di queste ultime, le spese di acquisto e spedizione di biglietti augurali in occasione di nomine e festività, indirizzati ad autorità o a singoli cittadini (ove rivolte a quest’ultima categoria di destinatari, purché nel rispetto di un criterio di ragionevolezza, ad esempio per formulare gli auguri ai centenari). 2.3.3 Le spese per manifesti, in occasione di ricorrenze nazionali, a parere di questo Collegio, sono da ricomprendere nell’ambito delle spese di pubblicità. 2.3.4 I manifesti informativi relativi a eventi di carattere sociale ed educativo dovrebbero essere considerati, più propriamente, spese di pubblicità piuttosto che di rappresentanza. Qualora gli eventi de quibus siano di carattere culturale, le relative spese potrebbero altresì essere inserite tra quelle per attività culturali. 2.3.5 Le spese per acquistare e spedire opuscoli ai neo diciottenni contenenti la riproduzione della Costituzione, costituiscono spese di pubblicità. 2.3.6 Le spese per telegrammi e pubblicazione di necrologi riferite a ex sindaci, consiglieri e dipendenti, non solo non possono annoverarsi tra quelle di rappresentanza, ma, ove sostenute, determinano altresì un danno all’erario, poiché i destinatari delle stesse non sono esterni all’ente. Diversamente, ove rivolte ad autorità e cittadini emeriti, sono legittime e costituiscono spese di rappresentanza."
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione n. 59/2015/PAR della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo dell'Emilia Romagna del 18.3.2015
Si segnala il parere n. 59 del 18.3.2015 della Corte dei Conti Sezione Regionale di Controllo dell'Emilia Romagna avente ad oggetto richiesta di parere del Comune di Noceto sulla corretta individuazione delle spese per pubblicità e rappresentanza. In sintesi la Sezione, premette che le spese di r ... Continua a leggere
Caccia: bloccato dal Consiglio di Stato l'abbattimento del daino fino a fine febbraio 2015 (Provincia di Ravenna)
Segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto della Sez. III del Consiglio di Stato del 9.2.2015 n. 608

Il Consiglio di Stato ha esaminato il ricorso proposto dall'Associazione Vittime della Caccia, Earth, Animal Liberation, proposto contro la Provincia di Ravenna per la riforma dell’ordinanza cautelare del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE II n. 00005/2015, concernente l’approvazione del programma di gestione del daino della pineta di Classe - Piano di prelievo 2014/2015 - mcp. Nel giudizio è stata accolta la richiesta di misure cautelari monocratiche considerato che, "in questa sede di sommaria delibazione circa la sussistenza di un pregiudizio estremamente grave ed irrimediabile, appare prevalente l’interesse degli odierni appellanti ad evitare l’abbattimento dei daini, che dovrebbe concludersi entro la fine del presente mese, sino alla prossima camera di consiglio, interesse che non potrebbe essere soddisfatto, in caso di accoglimento del ricorso, laddove l’ordinanza impugnata non fosse interinalmente sospesa, ferma restando, ovviamente, ogni più approfondita e anche diversa valutazione della domanda cautelare, da parte del Collegio, all’esito della stessa camera di consiglio, che qui contestualmente viene fissata" all'udienza del 5 marzo 2015.
Segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del decreto della Sez. III del Consiglio di Stato del 9.2.2015 n. 608
Il Consiglio di Stato ha esaminato il ricorso proposto dall'Associazione Vittime della Caccia, Earth, Animal Liberation, proposto contro la Provincia di Ravenna per la riforma dell’ordinanza cautelare del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE II n. 00005/2015, concernente l’approvazione del pro ... Continua a leggere
Garanzia Giovani, da novembre in Emilia Romagna è possibile attivare anche i tirocini
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Emilia-Romagna del 6.11.2014

I tirocini possono durare sino a 6 mesi e sono finanziati per il 70% dalla Regione e per il 30% dalle imprese ospitanti Il tirocinio è una delle esperienze che i giovani fino a 24 anni possono scegliere di realizzare aderendo al Programma Garanzia Giovani. Il tirocinio non è un rapporto di lavoro ma una modalità formativa finalizzata a sostenere le scelte professionali e a favorire l'acquisizione di competenze mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro (Legge Regionale 17/2005 modificata dalla Legge Regionale 7/2013). Tra le novità introdotte della legge 7, entrata in vigore il 16 settembre 2013, c’è anche il diritto del tirocinante a ricevere un’indennità mensile pari ad almeno 450 euro al mese (commisurati all’effettiva presenza del tirocinante). Al fine di contrastare la disoccupazione giovanile e favorire la realizzazione di esperienze formative in contesti lavorativi, nell’ambito di Garanzia Giovani il 70% (per un massimo di 300 euro) di tale indennità mensile è finanziata della Regione e corrisposta dall’INPS direttamente al giovane, il restante 30% è a carico dell’impresa. Le risorse che la Regione Emilia-Romagna ha destinato a questa misura ammontano a 20.852.973 euro. I tirocini di Garanzia Giovani possono durare al massimo 6 mesi. La durata dei percorsi dipende dagli obiettivi di apprendimento previsti per ciascun tirocinante. Nel caso in cui un datore di lavoro abbia individuato autonomamente un tirocinante e intenda attivare il percorso nell’ambito di Garanzia Giovani, è necessario che il giovane sia iscritto al programma, abbia firmato il patto di servizio col proprio centro per l'impiego, che nel patto sia prevista la misura del tirocinio e che la convenzione sia siglata con un soggetto promotore tra quelli autorizzati dalla Regione. Che cosa serve per attivare un tirocinio I tirocini devono essere regolati da un’apposita convenzione, stipulata tra un soggetto promotore (soggetti che garantiscano la regolarità e la qualità dell'iniziativa) e un soggetto ospitante (datore di lavoro) interessato ad ospitare il tirocinante. Per ciascun tirocinante, i due soggetti devono concordare un progetto formativo individuale, che nel corso dell’esperienza di tirocinio deve essere rispettato, fino al raggiungimento degli obiettivi formativi prefissati. Chi può essere promotore di un tirocinio Per attivare un tirocinio i giovani e le imprese possono rivolgersi ai soggetti promotori autorizzati sul territorio regionale. L’elenco dei soggetti autorizzati nell’ambito di Garanzia Giovani è disponibile a questo indirizzo: https://sifer.regione.emilia-romagna.it/catalogo_tirocini/catalogo_promotori/promotori.php La formalizzazione e certificazione delle competenze acquisite Per rafforzarne la componente formativa e contrastarne i possibili utilizzi elusivi, con delibera di giunta n. 960/2014 la Giunta Regionale ha approvato per tutti i tirocini, compresi quelli attivati nell’ambito di Garanzia Giovani, le modalità per formalizzare e certificare le capacità e le competenze acquisite dal tirocinante durante l’esperienza. Tutti i tirocini dovranno pertanto concludersi con una valutazione obiettiva delle competenze acquisite che, se positiva, prevede il rilascio dell’attestato “Scheda Capacità e Conoscenze”. Gli standard utilizzati per definire gli obiettivi formativi e quelli per poterne valutare il conseguimento – responsabilità in capo al soggetto promotore che deve anche svolgere verifiche in itinere - sono quelli del Sistema regionale delle qualifiche Sarà il tirocinante, all’atto della progettazione del tirocinio, ad individuare, sulla base dell’elenco degli organismi accreditati, il soggetto formativo incaricato di erogare il servizio di SRFC (Sistema Regionale di Formalizzazione e Certificazione delle competenze). Possono erogare il servizio di SRFC gli enti di formazione accreditati, le autonomie scolastiche e le università che hanno sede nel territorio regionale inclusi nell’elenco disponibile a questo indirizzo: https://sifer.regione.emilia-romagna.it/catalogo_tirocini/catalogo_certificatori/certificatori.php
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Emilia-Romagna del 6.11.2014
I tirocini possono durare sino a 6 mesi e sono finanziati per il 70% dalla Regione e per il 30% dalle imprese ospitanti Il tirocinio è una delle esperienze che i giovani fino a 24 anni possono scegliere di realizzare aderendo al Programma Garanzia Giovani. Il tirocinio non è un ... Continua a leggere
Emilia -Romagna: al via la campagna per il congedo parentale per i papà
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Cliclavoro

Sensibilizzare i genitori all'uso dei congedi dal lavoro retribuiti e coperti da contributi previdenziali per le figure paterne è l’obiettivo di una campagna di comunicazione lanciata dalla Regione Emilia-Romagna intitolata “Oggi ci pensa papà”. La campagna è realizzata dalla Regione Emilia-Romagna e finanziata dal Dipartimento delle Pari opportunità (Presidenza del Consiglio dei ministri). Attraverso questo progetto di comunicazione sono divulgate alcune indicazioni rivolte alle famiglie che accolgono un bambino per nascita, adozione o affido: in che cosa consiste e come chiedere il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo Il kit dei prodotti (locandina e cartoline) è disponibile in italiano, inglese e arabo ed è scaricabile all’indirizzo http://sociale.regione.emilia-romagna.it/oggicipensapapa. Per maggiori informazioni clicca su "Accedi al Provvedimento",
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Cliclavoro
Sensibilizzare i genitori all'uso dei congedi dal lavoro retribuiti e coperti da contributi previdenziali per le figure paterne è l’obiettivo di una campagna di comunicazione lanciata dalla Regione Emilia-Romagna intitolata “Oggi ci pensa papà”. La campagna è realizzata dalla Regione Emilia-R ... Continua a leggere
Unioncamere Emilia-Romagna, “Crescere e competere con il contratto di rete”
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Cliclavoro del 29.8.2014

Nell’ambito del progetto “Crescere e competere con il contratto di rete, incubatori di rete e Temporary Network Manager II”, il sistema camerale dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con le Associazioni di categoria e con il supporto scientifico di Universitas Mercatorum, organizza lunedì 22 settembre 2014 alla Camera di commercio di Modena un seminario per la promozione del contratto di rete. L’iniziativa fa parte di un ciclo di laboratori gratuiti di informazione, conoscenza e formazione sulle reti d’impresa che hanno l’obiettivo di offrire agli stakeholders un’occasione di approfondimento sulle potenzialità dello strumento del contratto di rete e di confronto tra le imprese. Gli interessati possono consultare il programma dell’iniziativa sul sito di Unioncamere Emilia-Romagna. Altre informazioni sull’evento del 22 settembre 2014 sono disponibili sul sito della Camera di Commercio di Modena.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del comunicato Cliclavoro del 29.8.2014
Nell’ambito del progetto “Crescere e competere con il contratto di rete, incubatori di rete e Temporary Network Manager II”, il sistema camerale dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con le Associazioni di categoria e con il supporto scientifico di Universitas Mercatorum, organizza lunedì 22 set ... Continua a leggere
Misure in favore delle popolazioni colpite dal terremoto ed eventi alluvionali: in G.U. la legge n. 93/2014 di conversione in legge del dl n. 74/2014
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della legge n. 93/2014 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28.6.2014

Entra oggi in vigore la legge 26 giugno 2014, n. 93 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n, 148 del 28.6.2014) recante "misure urgenti in favore delle popolazioni dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto e dai successivi eventi alluvionali verificatisi tra il 17 ed il 19 gennaio 2014, nonche' per assicurare l'operativita' del Fondo per le emergenze nazionali." Per scaricare la legge cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della legge n. 93/2014 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28.6.2014
Entra oggi in vigore la legge 26 giugno 2014, n. 93 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n, 148 del 28.6.2014) recante "misure urgenti in favore delle popolazioni dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto e dai succ ... Continua a leggere
Comune di Bobbio: nelle more dell'approvazione del piano di zonizzazione acustica di cui alla L. 447/95 devono restare operativi i limiti c.d. “assoluti” di rumorosità e non anche quelli c.d. “differenziali”
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014 n. 185

Nella controversia giunta innanzi al TAR si discute della legittimità dell’ordinanza con cui il Comune di Bobbio ha ordinato al ricorrente l’esecuzione di interventi su una struttura per il ricovero e la custodia di cani. Il ricovero per cani e' stato realizzato nel 2005, in forza di regolare D.I.A., ed è' costituito da una ventina di box, con antistanti piattaforme in cemento, in ciascuno dei quali vi tiene una coppia di pastori tedeschi. La struttura sorge in prossimità di abitazioni sicchè quando i cani abbaiano tutti insieme, superano i livelli di rumore ambientale consentiti dalla legge. Con l’impugnata ordinanza il Sindaco del Comune di Bobbio ha, dunque, ordinato al ricorrente l’esecuzione di misure di contenimento del rumore, suggerite dall’A.R.P.A. all’esito di sopralluogo. Il ricorrente ha impugnato tale ordinanza rilevando il Comune di Bobbio, non avendo approvato il piano di zonizzazione acustica di cui alla L. 447/95, si troverebbe nella fase transitoria di cui all’art. 8 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 e, dunque, potrebbe applicare soltanto i limiti assoluti di cui all’art. 6, comma 1, del D.P.C.M. 1 marzo 1991, ossia 70 Leq diurni e 60 Leq notturni; limiti questi non superati nel caso di specie. Tale doglianza e' stata accolta dal Collegio il quale, pur dando atto dell’esistenza di un diverso orientamento (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488), ritiene più persuasiva la tesi, cui la Sezione ha da tempo aderito (sentenze 21 maggio 2008 n. 259 e 18 settembre 2008, n. 385), secondo cui, nelle more della classificazione del territorio comunale ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a) della L. n. 447 del 1995, devono restare operativi i limiti c.d. “assoluti” di rumorosità e non anche quelli c.d. “differenziali” (cfr. anche T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 13 giugno 2007 n. 2334; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 29 giugno 2005 n. 578; T.A.R. Lombardia, Milano, 1 marzo 2004 n. 813). Alla base di tale impostazione vi è l’univoca formulazione dell’art. 8, comma 1, del D.P.C.M. 14 novembre 1997 (“In attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall’art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991”), nell’assunto che, ove si fosse voluto far sopravvivere integralmente il regime transitorio di cui all’art. 6 della normativa del 1991 (primo comma riferito ai limiti “assoluti” e secondo comma riferito ai limiti “differenziali”), sarebbe stato evidentemente necessario rinviare ad ambedue le fattispecie. La sezione nelle richiamate pronunce si è già espressa nel senso che non persuade la tesi richiamata dal Comune (di cui alla circolare del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio in data 6 settembre 2004) che, per giustificare il silenzio della norma, adduce la diretta applicabilità dei limiti “differenziali” perché ancorati, quanto al loro ambito di riferimento, ad una suddivisione del territorio (aree diverse da quelle “esclusivamente industriali”) che si ricaverebbe ex se dalla disciplina urbanistica, sì da non richiedere una specifica norma che ne autorizzi l’operatività medio tempore. Invero, già nella vigenza del D.P.C.M. 1 marzo 1991 i limiti “differenziali” erano circoscritti alle zone non esclusivamente industriali (v. art. 2, comma 2), e ciò nonostante si fosse avvertita la necessità di effettuarne un esplicito richiamo al fine di garantirne l’operatività fin dalla fase transitoria [“… in attesa della suddivisione del territorio comunale nelle zone …” (art. 6, commi 1 e 2)], con la conseguenza che il rinvio al solo primo comma dell’art. 6 depone inequivocabilmente per una scelta normativa che vuole subordinare l’applicabilità del “criterio differenziale” all’introduzione della disciplina a regime e, cioè, all’adozione del piano comunale di zonizzazione acustica. Non essendo contestato, nel caso di specie, che il Comune di Bobbio non fosse dotato del piano di zonizzazione acustica all’epoca dell’adozione dell’impugnata ordinanza, i valori ai quali parametrare la soglia di rumore non superabile erano quelli c.d. “assoluti”. Ne discende che, stante la fondatezza del primo motivo, il ricorso, assorbite le ulteriori censure, deve essere accolto e l’atto impugnato deve essere annullato. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014 n. 185
Nella controversia giunta innanzi al TAR si discute della legittimità dell’ordinanza con cui il Comune di Bobbio ha ordinato al ricorrente l’esecuzione di interventi su una struttura per il ricovero e la custodia di cani. Il ricovero per cani e' stato realizzato nel 2005, in forza di regolare D.I ... Continua a leggere
Poste Italiane: l’accesso ai documenti amministrativi richiede che la domanda di accesso abbia un oggetto determinato da specificarsi a cura del richiedente affinché l’Amministrazione possa individuare gli atti richiesti e valutare l'interesse del richiedente rispetto al documento richiesto
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 12.6.2014

P"La veste societaria non è di per sé sufficiente ad escludere Poste Italiane dalla disciplina in tema di accesso, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge 241 del 1990, secondo cui nel novero delle "pubbliche amministrazioni assoggettate alla disciplina in materia di accesso rientrano "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” con la conseguenza che “l'attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229; id., 30 dicembre 2005 n. 7624; id., 7 agosto 2002 n. 4152; id., 8 gennaio 2002 n. 67)”. (Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2516) Ciò premesso deve, tuttavia, rilevarsi che l’accesso ai documenti amministrativi richiede che la domanda di accesso abbia un oggetto determinato da specificarsi a cura del richiedente onde rendere possibile all’Amministrazione l'individuazione degli atti richiesti e valutare l'interesse del richiedente rispetto al documento richiesto (TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 6 febbraio 2013, n. 86). Per quanto precede il ricorso deve essere accolto con riferimento alla richiesta dei “cartellini orari relativi all’anno 2013” e non anche quanto alla generica richiesta di “tutta al documentazione dalla qual risultino, anche in forma disaggregata, le prestazioni aggiuntive e straordinarie effettuate nel corso dell’anno 2013”.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 12.6.2014
P"La veste societaria non è di per sé sufficiente ad escludere Poste Italiane dalla disciplina in tema di accesso, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera e), della legge 241 del 1990, secondo cui nel novero delle "pubbliche amministrazioni assoggettate alla disciplina in materia di accesso rie ... Continua a leggere
Comune di Travo: il ricorso diretto ad una pronunzia di accertamento del silenzio assenso alla realizzazione di impianti di telecomunicazione e' inammissibile se diretto ad un'azione generale di accertamento
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 12.6.2014

Come chiarito dalla più recente giurisprudenza, il ricorso diretto ad una pronunzia di accertamento del silenzio assenso alla realizzazione di impianti di telecomunicazione “risulta inammissibile in quanto ipotesi non ricompresa tra quelle previste in via tassativa dall'ordinamento processuale (dall'art. 31 commi 1, 2, 3; 31 comma 4; 34 comma 1 lett. c); 34 commi 3 e 5; 114 comma 4 c.p.a.), che non prevede un'azione generale di accertamento, bensì solo ipotesi tipizzate e tassative. Trattasi pertanto di domanda del tutto atipica ed estranea all'ambito delle azioni ammesse nel giudizio amministrativo e, in quanto tale, inammissibile”. (TAR Puglia, Bari, Sez. III, 18 aprile 2013, n. 588) Quanto alla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente a sostegno dell’ammissibilità della propria domanda (TAR Emilia Romagna, Parma, 22 febbraio 2012, n. 122: TAR Campania, Napoli, 22 marzo 2012, n. 1478; TAR Sardegna, 11 settembre 2009, n. 119) deve rilevarsi che si tratta di decisioni non pertinenti al caso di specie in quanto la domanda di accertamento in quelle sedi proposta si inseriva nell’ambito di un giudizio impugnatorio proposto avverso provvedimenti espressi che negavano il titolo abilitativo all’intervento. Nel caso di specie, invece, il collegio rileva che nessuna impugnazione è stata tempestivamente proposta nonostante siano intervenuti provvedimenti che hanno negato la possibilità di realizzare la modifica richiesta sul presupposto della non conformità dell’intervento alla normativa vigente: atti il cui contenuto dispositivo la ricorrente vorrebbe eludere mediante l’azione in questa sede intrapresa. Si rileva, infatti, che l’Amministrazione comunale, con la citata nota dell’8 febbraio 2011, rappresentava alla ricorrente le ragioni per le quali non era possibile assentire la sopraelevazione dell’impianto, in quella sede specificate richiamando l’art. 26 delle norme di attuazione del PLERT (che richiede al gestore di impianti all’interno dei siti classificati come compatibili la presentazione al Comune territorialmente competente di un progetto specifico contenente modalità e tempi per l’attuazione degli interventi) e l’art. 34 (che vieta l’autorizzazione di nuovi impianti e/o interventi di qualsiasi natura su quelli esistenti nelle aree individuate dal PLERT come siti che necessitano di misure di mitigazione, come risulta essere il sito in questione a norma dell’art. 35 della medesima fonte). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 12.6.2014
Come chiarito dalla più recente giurisprudenza, il ricorso diretto ad una pronunzia di accertamento del silenzio assenso alla realizzazione di impianti di telecomunicazione “risulta inammissibile in quanto ipotesi non ricompresa tra quelle previste in via tassativa dall'ordinamento processuale (dal ... Continua a leggere
Ufficio Scolastico Provinciale di Parma, Ufficio Scolastico Provinciale di Piacenza, Ufficio Scolastico Provinciale di Reggio Emilia: decide il giudice del lavoro sulle controversie avente ad oggetto l'esatta posizione nella graduatoria ad esaurimento degli insegnanti
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014

Nel giudizio in esame le ricorrenti hanno impugnato la graduatoria provinciale ad esaurimento del personale docente di ogni ordine e grado ed educativo per la Provincia di Parma del 30 luglio 2009, compresi gli elenchi per il sostegno, nonché la “coda” alla graduatoria provinciale approvata il 17 agosto 2009. La domanda e' stata rigettata in quanto, secondo giurisprudenza costante, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, nella qualità di giudice del lavoro, la definizione della controversia avente ad oggetto l'esatta posizione nella graduatoria ad esaurimento degli insegnanti, vertendosi in tema di accertamento di diritti soggettivi di docenti già iscritti in graduatorie, stante l’assenza di una procedura concorsuale in senso stretto, ossia strumentale alla costituzione ex novo di un rapporto di pubblico impiego (cfr. da ultimo: T.A.R. Umbria, sez. I, 29 gennaio 2014, n. 67; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 16 gennaio 2014, n. 128; Cons. Stato, sez. II, 3 gennaio 2014, n. 5189). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014
Nel giudizio in esame le ricorrenti hanno impugnato la graduatoria provinciale ad esaurimento del personale docente di ogni ordine e grado ed educativo per la Provincia di Parma del 30 luglio 2009, compresi gli elenchi per il sostegno, nonché la “coda” alla graduatoria provinciale approvata il 17 a ... Continua a leggere
Comune di Alseno: in caso di rinunzia della originaria DIA, l'istante può vantare il diritto alla restituzione del contributo concessorio in quella sede versato, ma non può sottrarsi all’obbligo di corrispondere il contributo relativo alla seconda DIA presentata
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014

Nel giudizio in esame la ricorrente, a sostegno della propria impugnazione, deduce che il contributo a suo tempo versato dovrebbe essere oggetto di integrale restituzione poiché la DIA n. 732 è stata rinunciata e, in conseguenza di ciò, non avrebbe proceduto all’esecuzione dei lavori con la medesima previsti né si sarebbe mai determinato alcun cambio di destinazione d’uso. La posizione espressa troverebbe, sempre secondo la ricorrente, il conforto della giurisprudenza laddove si afferma che “l’amministrazione comunale è tenuta alla restituzione degli oneri di urbanizzazione corrisposti in caso di rinuncia o di inutilizzazione della concezione edilizia” (Cons. Stato, Sez. V, n. 3714/2003). La censura é infondata. L’art. 16 del d.P.R. n. 381/2001 prevede al comma 1 che “il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” ed al comma 23 che “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire”. Analogamente a quanto stabilito dalla disciplina nazionale, l’art. 27 della L.R. n. 31/2002, prevede al 1° comma che “il proprietario dell'immobile o colui che ha titolo per chiedere il rilascio del permesso o per presentare la denuncia di inizio attività è tenuto a corrispondere un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” ed al successivo comma 3, che “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all'atto del rilascio del permesso ovvero all'atto della presentazione della denuncia di inizio attività”. Ai sensi del successivo art. 28, comma 1, della medesima fonte regionale, “gli oneri di urbanizzazione sono dovuti in relazione agli interventi … che determinano un incremento del carico urbanistico in funzione di: …b) un mutamento delle destinazioni d'uso degli immobili con variazione delle dotazioni territoriali”. Ricostruito nei descritti termini il contesto normativo di riferimento, il collegio deve rilevare che la tesi esposta dalla ricorrente in ricorso si fonda su di una parziale rappresentazione della realtà che sconta l’omissione di significativi elementi di fatto. La ricorrente, infatti, non allega che in epoca successiva alla presentazione della DIA n. 732, ha presentato una ulteriore DIA finalizzata alla sanatoria di un abusivo (ed accertato dall’Autorità competente) cambio della destinazione d’uso. La rinunzia di cui alla nota del 5 maggio 2008 è relativa alla sola DIA 732/2007 (e non anche alla DIA n. 3377/2008) ed è intervenuta solo a distanza di oltre un anno dalla rilevata abusiva modifica della destinazione d’uso e dalla presentazione di una seconda DIA. Ne deriva che, a seguito della rinunzia della originaria DIA, la ricorrente può vantare il diritto alla restituzione del contributo in quella sede versato ma non può sottrarsi all’obbligo di corrispondere il contributo relativo alla seconda DIA presentata. L’Amministrazione, pertanto, ha correttamente restituito la sola differenza fra la somma dovuta in relazione alla DIA n. 732 e quella dovuta a seguito di presentazione della DIA n. 3377.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014
Nel giudizio in esame la ricorrente, a sostegno della propria impugnazione, deduce che il contributo a suo tempo versato dovrebbe essere oggetto di integrale restituzione poiché la DIA n. 732 è stata rinunciata e, in conseguenza di ciò, non avrebbe proceduto all’esecuzione dei lavori con la medesim ... Continua a leggere
Comune di Alseno: Alla violazione da parte dell'Amministrazione del termine per la conclusione del procedimento non consegue un effetto invalidante sulla determinazione tardivamente assunta
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014

Nel giudizio in esame la ricorrente deduce la violazione del termine di conclusione del procedimento che, ai sensi, dell’art. 2, comma 3, della L. n. 241/1990, in assenza di diversa espressa previsione, deve intendersi di 90 giorni. Il giudice ha rigettato la doglianza in quanto ai sensi dell’art. 2 invocato dalla ricorrente, la violazione del termine procedimentale normativamente previsto rileva unicamente ai fini di un’eventuale “valutazione della performance individuale” o della “responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente” (comma 9) o ai fini dell’attivazione del potere sostitutivo riconosciuto “al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario” (comma 9 ter). In nessun caso è dato ricavare dalla norma in questione un effetto invalidante sulla determinazione tardivamente assunta dall’Amministrazione il cui potere di provvedere non decade per il solo mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento. Il ritardo, semmai, ai sensi del successivo art. 2 bis, comma 1, potrebbe legittimare il “risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”, ma si tratta di questione estranea al presente giudizio in quanto la relativa domanda non è stata proposta. Per scaricare la sentenza clicca su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna-Parma del 9.6.2014
Nel giudizio in esame la ricorrente deduce la violazione del termine di conclusione del procedimento che, ai sensi, dell’art. 2, comma 3, della L. n. 241/1990, in assenza di diversa espressa previsione, deve intendersi di 90 giorni. Il giudice ha rigettato la doglianza in quanto ai sensi dell’art. ... Continua a leggere
Redditometro, il Vademecum per rispondere ai controlli del fisco
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del Vademecum Consumatori Regione Emilia Romagna del 4.6.2014

Sono in arrivo 20mila lettere con le quali l’Agenzia delle Entrate chiederà conto dello scostamento tra redditi e spese per l'anno d'imposta 2009, ovvero i redditi dichiarati con l’Unico 2010 o con il 730 del 2010. I consigli per tutelarsi li troviamo sul portale delle Regione dove è stato pubblicato un apposito vademecum. I contribuenti individuati come possibili “evasori” stanno già ricevendo le missive con le quali l’Agenzia delle Entrate chiede chiarimenti sulla loro situazione economica. I controlli scattano quando il fisco, ricostruita la situazione economica del contribuente grazie al redditometro, registra una discrepanza superiore al 20% con quanto dichiarato in sede di dichiarazione dei redditi. E siccome il numero delle lettere di controllo è stato notevolmente diminuito, dalle 35mila iniziali si è scesi a 20mila, è probabile che i controlli, almeno in un primo momento, scattino soltanto per coloro che superano di gran lunga la soglia del 20% tra uscite ed entrate dichiarate. “Differenza eclatante” Nel caso in cui il postino recapiti la busta firmata dall’Agenzia delle Entrate la prima regola è: niente panico. È subito possibile dimostrare di essere in regola: insieme alla lettera dall’Agenzia, infatti, arriva anche un prospetto con le spese che il fisco contesta al contribuente e sul quale è possibile indicare l’origine delle entrate che hanno permesso di effettuare la spesa sospetta. Sul fatto che i controlli veri e propri scattano quando il fisco registra una discrepanza superiore al 20% tra i dati del redditometro e le dichiarazioni dei contribuenti, rassicura il direttore dell’Agenzia, Attilio Befera: “Le lettere di avvio dei controlli da nuovo redditometro riguarderanno solo casi in cui la differenza tra reddito dichiarato e speso sia eclatante e solo spese effettivamente sostenute, in linea con le indicazione del garante della Privacy”. Gli accertamenti riguardano le spese certe effettuate dal contribuente per acquistare beni mobili iscritti in pubblici registri (automobili, moto e natanti), beni il cui importo unitario supera i 3.600 euro (tipo spese per viaggi all’estero, crociere, acquisto di prodotti hi-tech, mobilia), immobili intestati e spese per investimenti. Questi dati verranno poi incrociati con quanto risulta all’anagrafe tributaria. Il contribuente che riceve una delle 20mila lettere per i controlli sui redditi prodotti nel 2009 per prima cosa deve leggere la lista delle spese contestate dal fisco. Nel prospetto inviato con la lettera, infatti, vi è uno spazio apposito per modificare i dati “contestati” che risultano in possesso dell’Agenzia o per spiegare l’origine dei soldi con i quali si è effettuato quella spesa. Il contraddittorio La lettera indica una data precisa in cui il contribuente è invitato al contraddittorio presso l’Agenzia territoriale di riferimento. Se si è impossibilitati a presentarsi all’appuntamento, si ha tempo 15 giorni dal ricevimento della lettera per chiederne la spostamento contattando il numero di telefono o l’indirizzo mail riportato nella lettera. È importante presentarsi all’appuntamento con la lettera ricevuta, perché oltre a contenere le spese contestate, indica anche la data di notifica e quindi ha un valore giuridico. Se vengono forniti chiarimenti esaustivi su “spese certe”, “spese per elementi certi”, investimenti e quota di risparmio dell’anno, l’attività di controllo basata sulla ricostruzione sintetica del reddito si esaurisce nella prima fase del contraddittorio e quindi si chiude automaticamente l’attività di controllo sull’utente. In caso contrario il fisco provvederà a effettuare controlli più approfonditi, anche tramite indagini finanziarie e il contribuente sarà nuovamente inviato a un secondo contraddittorio. In caso di mancata presentazione all’incontro o se le risposte fornite fossero incomplete o non veritiere il fisco può decidere di applicare una sanzione da 258 a 2.065 euro. Le diverse fasi dell'accertamento 1. Il contribuente riceve la lettera dell’Agenzia delle Entrate e viene convocato per un accertamento se tra “entrate” e “uscite” risulta uno scostamento superiore al 20%. 2. Si apre il contraddittorio: il contribuente deve motivare le proprie spese in base ai redditi dichiarati. 3. Se il contribuente fornisce giustificazioni, il contraddittorio si conclude con un verbale che lo solleva da qualsiasi conseguenza. 4. Al contrario: se le informazioni non sono sufficienti, l’Agenzia delle Entrate propone un accordo sulla base dello “scostamento” accertato. L’accordo può essere respinto dal contribuente. 5. In caso di mancato accordo, l’amministrazione deve personalizzare l’accertamento sul contribuente. 6. L’ufficio provinciale dell’Agenzia emette il verbale di accertamento. 7. Se il contribuente intende opporsi al verbale deve promuovere un processo dinanzi alla commissione tributaria provinciale. Si può fare sempre il ricorso L’Agenzia, come detto, seleziona una percentuale di contribuenti che in funzione dei redditi dichiarati hanno tenuto un tenore di vita superiore al reddito dichiarato. Ciò è fondamentalmente giusto per far emergere l’emersione di redditi prodotti in nero nel mercato dei beni di lusso. Ad esempio, il possessore di una autovettura di 150 cavalli che ha dichiarato un reddito da impresa di 15.000 euro può essere assoggettato - giustamente - a verifica, dalla quale l’Agenzia cerca di far emergere come e dove il contribuente abbia realizzato utili derivanti da ricavi non dichiarati. Professionisti e artigiani, che forniscono prestazioni senza rilasciare regolare fattura, saranno ovviamente sospettati di avere delle disponibilità superiori a quelle denunciate. Per capirci: i 15.000 euro annui bastano a sopravvivere ma non certo a giustificare il possesso di un bolide da 150 cavalli, per cui è legittimo che l’Agenzia delle Entrate si “incuriosisca”. Quando si verificano tali incongruenze, l’accertatore invita il contribuente, a fornire le giustificazioni delle spese, concedendo al destinatario la possibilità e un termine congruo per poter rispondere. Se le giustificazioni risultano valide in fase di contraddittorio, si verbalizza e si chiude l’accertamento. In caso invece di insufficiente giustificazione, l’Agenzia delle Entrate emette l’avviso di accertamento, con l’addebito della maggiori imposte a seguito dei maggiori introiti presunti. Come fare ricorso Contro l’avviso di accertamento si può fare opposizione alla commissione tributaria provinciale. Quali sono le giustificazione accettabili in sede di istruttoria e di ricorso? Le dazioni di terzi, innanzitutto. Parliamo di somme che il contribuente può ricevere da un genitore, un parente o da una terza persona. Se può dimostrarlo, è sollevato dall’accertamento ovvero dalla rettifica del reddito dichiarato e dalle sanzioni. La medesima giustificazione può valere se dimostra di ricevere un mantenimento temporaneo, che si aggiunge alla disponibilità del reddito prodotto in proprio. Si pensi a un giovane che ha un impiego ridotto e che dalla sua famiglia riceve un “appannaggio gratificante”, un contributo mensile a integrazione del proprio reddito. Oppure può essere il caso di una donna separata (effettivamente o legalmente non fa la differenza) alle cui spese provvede o contribuisce il coniuge. Per accedere direttamente al portale regionale cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti del Vademecum Consumatori Regione Emilia Romagna del 4.6.2014
Sono in arrivo 20mila lettere con le quali l’Agenzia delle Entrate chiederà conto dello scostamento tra redditi e spese per l'anno d'imposta 2009, ovvero i redditi dichiarati con l’Unico 2010 o con il 730 del 2010. I consigli per tutelarsi li troviamo sul portale delle Regione dove è stato pubblica ... Continua a leggere
Comune di Finale Emilia: Nell’ipotesi d’inosservanza del divieto di abbandonare rifiuti, l'art. 192/3°c del D.lgs. n. 152/2006 obbliga l’autore del fatto solidalmente con il proprietario o titolare di diritti reali sull’area, alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi, subordinandone la responsabilità all’accertamento della sussistenza del requisito del dolo o della colpa, accertamento da operarsi in contraddittorio con gli interessati
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 627

Nella controversia in esame l'mpugnativa è diretta all’annullamento dell’ordinanza del sindaco di Finale Emilia (MO) con la quale è stato ingiunto alla ricorrente la bonifica dell’area attigua alla via Cimitero nel Comune mediante rimozione dei rifiuti pericolosi. Riferisce la ricorrente di aver fornito a seguito del sisma del maggio 2012 diverse tonnellate di inerte riciclato per le fondazioni di aree adiacenti e che dall’esito di una prima verifica svolta da ARPA su detti materiali nessuna irregolarità era emersa. Solo successivamente alla data del 6.7.2012 e cioè allorché l’interessata aveva esaurito la propria attività nei confronti del Comune ed altre imprese ed altri soggetti avevano operato nelle aree suddette, una nuova verifica di ARPA riscontrava la presenza di amianto nei materiali esistenti sulle aree direttamente occupate dai container. L’amministrazione comunale individuando nella società ricorrente il soggetto responsabile del deposito di rifiuti pericolosi, adottava nei confronti del medesimo l’ordinanza impugnata. Il ricorso è stato accolto dal TAR che lo ha ritenuto fondato in relazione ai dedotti profili di eccesso di potere per carenza d’istruttoria e di motivazione e inoltre di violazione dell’art. 192/3°c del D.lgs. n. 152/2006. Occorre in primo luogo rilevare che la disposizione di cui all’art. 192/3°c del decreto citato obbliga, nell’ipotesi d’inosservanza del divieto di abbandonare rifiuti, l’autore del fatto solidalmente con il proprietario o titolare di diritti reali sull’area, alla rimozione e al ripristino dello stato dei luoghi, subordinandone la responsabilità all’accertamento della sussistenza del requisito del dolo o della colpa, accertamento da operarsi in contraddittorio con gli interessati. Nel caso in esame, tenuto conto degli elementi e degli atti versati in causa, non si ritiene che il contenuto della citata disposizione risulti osservato in quanto non vi è alcun dato o alcuna circostanza che indichi, con un certo grado di attendibilità, la ricorrente quale autrice del fatto. Inoltre l’area interessata dai controlli, peraltro non appartenente alla società ricorrente, era priva di qualsiasi recinzione ed è stata oggetto di interventi o di accessi da parte di una pluralità di soggetti i quali, pur operando nelle aree in questione non sono mai stati coinvolti negli accertamenti. Ne discende che l’istruttoria svolta dall’amministrazione, peraltro priva di qualsiasi contraddittorio con gli interessati, appare del tutto carente poiché si è limitata alla rilevazione dei fatti, ma non all’accertamento delle posizioni emerse nella vicenda e quindi alla definizione della responsabilità a titolo di dolo o di colpa nei confronti della ricorrente, sicché anche il provvedimento ne risulta insufficientemente motivato e in sostanza contrastante con i rigorosi requisiti richiesti dalla legge.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 627
Nella controversia in esame l'mpugnativa è diretta all’annullamento dell’ordinanza del sindaco di Finale Emilia (MO) con la quale è stato ingiunto alla ricorrente la bonifica dell’area attigua alla via Cimitero nel Comune mediante rimozione dei rifiuti pericolosi. Riferisce la ricorrente di aver f ... Continua a leggere
Comune di Coriano: i Comuni, non possono con disposizioni regolamentari, inibire in via generalizzata l'installazione d'insegne o cartelli pubblicitari sul suolo pubblico all’interno dei centri abitati
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 626

Nella controversia in esame il ricorrente impugna i seguenti provvedimenti: provvedimento recante parere sfavorevole all’autorizzazione all’installazione di nove cartelloni pubblicitari bifacciali e il regolamento comunale delle insegne nella parte relativa alla disposizione di cui all’art. 6 riguardante la collocazione degli impianti nel Comune di Coriano.Va premesso che il regolamento comunale delle insegne all’art. 6 - collocazione, ubicazione e distanze - prevede che il posizionamento degli impianti ed altri mezzi pubblicitari è ammessa esclusivamente sul suolo privato ed inoltre nessuna parte degli impianti deve sporgere sul suolo pubblico ai sensi degli art. 51 e 52 del Codice della Strada.Inoltre la stessa disposizione al quarto comma dispone che sul suolo pubblico potrà essere autorizzata la posa d’impianti ed altri mezzi pubblicitari di interesse pubblico se espressamente previsti da apposite disposizioni nazionali o comunali.Il ricorso è fondato in relazione alla dedotta violazione degli art.: 23 del Codice della Strada e 51 del Regolamento di attuazione.In base alle citate disposizioni è vietato lungo le strade o in vista di esse collocare insegne, cartelli, manifesti, impianti pubblicitari ecc, i quali per dimensione, forma, colore, disegno o ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale ovvero possono renderne difficile la comprensione, o ridurne la visibilità o l’efficacia ovvero arrecare disturbo agli utenti della strada con conseguente pericolo per la circolazione.Tuttavia tale restrizione, secondo una giurisprudenza ormai consolidata alla quale questa Sezione ritiene di aderire, non può tradursi, da parte dei Comuni, in disposizioni regolamentari sui mezzi pubblicitari che dispongano o vengano interpretate come un’inibizione generalizzata di detti cartelli o insegne sul suolo pubblico all’interno dei centri abitati.In ragione dell’ampiezza del divieto imposto dall’impugnato regolamento comunale, esteso all’intero suolo pubblico all’interno del territorio comunale, peraltro non giustificata da situazioni contingenti quali l’adozione ad esempio di un piano generale degli impianti, risulta evidente che la norma regolamentare ed il connesso provvedimento si pongono in un insanabile contrasto con il contenuto delle disposizioni del Codice della Strada e anche con il principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, il quale può essere compresso soltanto in funzione della tutela di principi paritari quali quello della sicurezza della circolazione stradale.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 626
Nella controversia in esame il ricorrente impugna i seguenti provvedimenti: provvedimento recante parere sfavorevole all’autorizzazione all’installazione di nove cartelloni pubblicitari bifacciali e il regolamento comunale delle insegne nella parte relativa alla disposizione di cui all’art. 6 rigua ... Continua a leggere
Comune di Bagno di Romagna: decide il giudice ordinario sulle controversie relative alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 625

In base alla più recente giurisprudenza – C.d.S. Ad plen. n.6 del 29.1.2014 – qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni stabilite in sede di ammissione al contributo stesso – mancata esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione e parziale difformità della ristrutturazione operata rispetto al progetto approvato -, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente titolati come revoca o decadenza.In tale ipotesi, infatti il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione. Per succedere alla sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna Sez. II del 10.6.2014 n. 625
In base alla più recente giurisprudenza – C.d.S. Ad plen. n.6 del 29.1.2014 – qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni stabilite in sede di ammissione al contributo stesso – m ... Continua a leggere
Unione Generale del Lavoro di Parma: nell'Accesso ai documenti la legittimazione ad agire delle organizzazioni sindacali sussiste solo per la salvaguardia dell'interesse indifferenziato delle categorie rappresentate
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Parma Sez. I del 28/5/2014 n. 173

Costituisce principio pacifico in giurisprudenza (da ultimo ribadito da questa Sezione con sentenza n. 82/2014) che ai fini dell’accesso alla documentazione amministrativa sia necessario “un "interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" e che "non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni", essendo tale controllo estraneo alle finalità, perseguite attraverso l'istituto di cui trattasi (artt. 22, commi 3, 1 lettera b e 24, comma 3 L. n. 241/90 cit.)” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515).Ciò comporta che “anche nel caso delle organizzazioni sindacali, ai fini della valutazione sull'accessibilità o meno d'un documento (o di parti esso) occorre verificare il tipo di interesse perseguito che, ovviamente, deve essere giuridicamente rilevante e di cui il sindacato deve essere direttamente portatore in relazione a ciascuna fattispecie” (TAR Basilicata, 21 marzo 2013, n. 143).Nel caso di specie, esattamente come nella fattispecie già esaminata nel giudizio n. 311/2013 definito con la già citata sentenza n. 82/2014, a sostegno della richiesta di accesso presentata, UGL non allega un interesse proprio del sindacato al corretto esercizio delle libertà e prerogative sindacali (interesse di carattere superindividuale spettante all'intera categoria interessata), ma gli interessi particolari dei singoli associati al sindacato lesi da una pretesa illegittima applicazione di atti organizzativi disciplinanti il servizio dai medesimi prestato con la conseguenza che una eventuale e successiva iniziativa processuale (nella specie allegata a sostegno dell’esistenza dell’interesse all’ostensione della documentazione richiesta) non potrà che essere proposta dai singoli dipendenti ai quali, proprio per tale ragione, spetta la legittimazione ad acquisire la documentazione necessaria alla difesa in giudizio.Sul punto si richiama l’ormai pacifico principio giurisprudenziale in base al quale “a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo, ai sindacati, i quali - allo stato della vigente legislazione - hanno natura di associazioni di fatto, mentre è riconosciuta la legittimazione a stare in giudizio per la tutela dell'esercizio della libertà e dell'attività sindacale ai sensi dell'art. 28 della Legge n. 300 del 1970, non è invece riconosciuto un interesse (collettivo) all'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, né la legittimazione ad agire, nell'ambito di una controversia collettiva, per l'applicazione di tali contratti, la quale, pertanto, può essere chiesta soltanto dai singoli lavoratori nell'ambito di una controversia individuale di lavoro”(Cass. Sez. Lav., 3 novembre 1983 n. 6480).Da tale principio deriva che “alle organizzazioni sindacali può essere riconosciuta la legittimazione ad agire in giudizio, ex art. 25 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, solo per la salvaguardia dell'interesse indifferenziato delle categorie rappresentate, consistente nell'esplicazione delle cosiddette libertà sindacali, ma giammai per la tutela degli interessi propri dei singoli associati, garantiti dalla legislazione lavoristica e dalla contrattazione collettiva di settore, (in tal senso Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 febbraio 1995 n. 158 e T.A.R. Abruzzo, 11 ottobre 1995 n. 451)” (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 11 luglio 2005, n. 1165). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Emilia Romagna Parma Sez. I del 28/5/2014 n. 173
Costituisce principio pacifico in giurisprudenza (da ultimo ribadito da questa Sezione con sentenza n. 82/2014) che ai fini dell’accesso alla documentazione amministrativa sia necessario “un "interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegat ... Continua a leggere